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IL DESIGNER Piero Lissoni

IL DESIGNER PIERO LISSONI. LO STUDIO LISSONI & PARTNERS HA SEDE A MILANO E A NEW YORK. Siamo vivi, un po’ pesti ma ci siamo. Questo dona senso al nostro futuro. La pandemia ci sta insegnando a vivere diversamente, a partire dalle case che abitiamo. Le città stanno già cambiando: è un processo cominciato da qualche anno, ma adesso dovranno trasformarsi ancora di più e per farlo ci sarà bisogno di tenere i piedi ben radicati a terra. Questi lunghi mesi di emergenza sanitaria, al di là della drammaticità, ci hanno ricordato l’importanza dei gesti semplici e delle cose che davamo per scontate, come andare a prendere un caffè al bar, camminare per strada, andare in bici, incontrare degli amici, pochi, per mangiare insieme un piatto di pasta. Questa necessità vitale delle relazioni umane è straordinaria. Ma c’è un’altra cosa che come architetto e designer mi piace. Prima pensavamo che avere vestiti, auto e scarpe bellissime fosse più importante che abitare in case confortevoli, adesso abbiamo capito che le nostre abitazioni sono i luoghi dove passiamo la maggior parte della nostra vita e che, forse, meritano più rispetto. La casa è diventata un nuovo punto di partenza perché in questi mesi tutto si è concentrato nel nostro paesaggio domestico. Allo stesso tempo, però, temo che, come scimmie molto evolute, appena ritorneremo alla normalità dimenticheremo tutto. C’è una bellissima fiaba thailandese che racconta di tre scimmiette che tutte le sere, quando arrivano le piogge monsoniche, piangono e si ripromettono di farsi abiti di foglie per proteggersi. Ma poi il giorno dopo c’è il sole e tornano a giocare, dimenticandosi che la sera arriverà la pioggia. Non siamo così anche noi? Eppure penso che le città cambieranno in meglio. La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha parlato di realizzare la “città a 15 minuti”, per favorire la quotidianità di chi sa di poter contare su servizi nelle immediate vicinanze. Ecco le nostre città devono potersi trasformare pensando a ciò che è possibile. Progettando il presente con in testa il futuro dei prossimi dieci anni. Penso ad Amsterdam che, dal 2030, vieterà la circolazione di tutti i veicoli a benzina e diesel come parte del programma di bonifica dell’aria urbana. Milano sta aumentando le piste ciclabili e mi auguro che utilizzerà al meglio superfici e spazi delle nuove aree urbane, accettando la sfida di diventare una città con grandi campus universitari per puntare sempre di più su ricerca e alta formazione. A chi chiede più alberi, immaginando un’imminente svolta ecologica, dico di fare attenzione: sono creature che non sempre possono vivere nei viali delle nostre città, semplicemente perché sotto quei viali passano le metropolitane e un’infi-

QUI, LA SEDE DELL’AZIENDA NAUTICA SANLORENZO, A LA SPEZIA. A DESTRA, IL SOFÀ EDA-MAME DISEGNATO DA LISSONI PER B&B ITALIA; IL PROGETTO DELLO STUDIO LISSONI PER LO SHANGRI-LA SHOUGANG PARK A PECHINO, IN CINA.

nità di altre cose. Anche passare all’auto elettrica non è così semplice: chi produrrà tutta l’energia che serve? Dovremo ragionare su una transizione più graduale che contempli convivenza e integrazione di più fonti energetiche. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una “moltiplicazione dei pani e dei pesci” fuori controllo. Pensiamo ai palazzi per uffici che presto saranno semivuoti perché si lavorerà da casa in smart working. E adesso? Bisognerà rammendarle le città, soprattutto le periferie, come dice l’architetto e senatore a vita Renzo Piano. Riparare una cosa per farla tornare come nuova: un concetto sparito dall’attuale modello culturale ed economico basato sul ciclo breve delle cose. Rammendare è un termine un po’ desueto che non è roboante come il “nuovo umanesimo” di cui molti parlano quando pensano che ci sarà una sorta di rinascita dopo la pandemia. Ma nel mio mondo la sostenibilità sta nella durata delle cose e ricucire ha una funzione rivoluzionaria. Ai designer come me dico: facciamo prodotti che durino, oggetti dalla vita lunga, è questa la sostenibilità. Fare un prodotto destinato a essere riciclato è un controsenso, mentre è necessario progettare oggetti usando materiali nel rispetto della provenienza che non impoveriscano le nostre foreste e quelle di altri Paesi. Il compito di noi architetti sta nel costruire edifici che non costino troppo, che abbiano manutenzione minima e che possano essere smantellati quando non saranno più efficienti. E basta con il virtuale e la realtà aumentata per vivere un nuovo tipo di esperienza, lo trovo folle e disumano. Rimettiamo al centro la fisicità. La tradizione è un libro aperto su quello che siamo stati capaci di fare in questi anni, per imparare a gestire meglio gli errori, ma anche a riflettere sulle esperienze che ci hanno migliorato. Nel 1500 Venezia disegnava gli ospedali fuori dalla città per proteggersi dalle pandemie. Milano ragionava su come gestire le vie d’acqua. Oggi chiedo di essere concreti e realisti e di piantarla di parlare dello smart working come della nuova panacea. Se sono in vacanza al mare, non voglio lavorare, non voglio essere iperconnesso per raggiungere il resto del mondo. Le città sono ancora luoghi che ci rendono liberi, non megalopoli. Però le piccole città italiane dovranno avere maggiore infrastrutture per essere collegate ai grandi centri. Alle periferie, anche se non sono impeccabili, va restituita dignità. Facciamo gesti concreti e misurati come ricostruire la medicina di territorio, gestire il ciclo dei rifiuti, organizzare e migliorare la scuola. Ricuciamo e non spariamola grossa. Pensiamo a un modello rivoluzionario di normalità. Quando si costruisce un tempio buddhista l’ultimo gesto è colorare gli occhi di Buddha. È un tocco semplice che serve per dare vita al tempio. Io vorrei rimanere in quel mondo lì. (Testo raccolto da Lucia Valerio) ■

Catrinel Marlon per

ph: azzurra piccardi/starssystemagency

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