Msoi thePost Numero 4

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MSOI thePost

27/11 - 4/12

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MSOI Torino

M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino

MSOI thePost

MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, desidera proporsi come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulterà riconoscibile nel mezzo di informazione che ne sarà l’espressione: MSOI thePost non sarà, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost

REDAZIONE: Direttore Jacopo Folco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Aamministrazione e Logistica Emanuele Chieppa e Davide Tedesco Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Giada Barbieri, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Lorenzo Gilardetti, Simona Graceffa, Luca Imperatore, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Giulia Mogioni, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Silvia Perino Vaiga, Emanuel Pietrobon, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Silviu Rotaru, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Martina Terraglia, Tiziano Traversa, Francesco Turturro, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Le nostre copertine sono realizzate dall’artista Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA

7 Giorni in 300 Parole

REGNO UNITO 52% è il numero, secondo un sondaggio realizzato dal quotidiano “The Independent” rappresentante i britannici favorevoli alla brexit. Negli ultimi due sondaggi degli scorsi mesi, i cittadini britannici favorevoli alla permanenza nell’UE erano sempre stati in vantaggio con quote del 55% nelle analisi di giugno e luglio e del 53% a settembre. Secondo un’analista di Moody, “l’economia ricca e diversificata” del Regno Unito possono funzionare anche al di fuori dell’U”. Per altri, invece, si consumerebbe uno dei più gravi errori strategici della storia britannica. FINLANDIA 50.000 le firme raccolte affinché sulla questione Fixit (l’uscita della Finlandia dall’euro) si svolga un dibattito parlamentare. “La zona euro non è un’area valutaria ottimale e le persone stanno diventando consapevoli delle vere ragioni della nostra crisi”, ha detto l’eurodeputato e presidente onorario del Partito di Centro Paavo Vayrynen, promotore della petizione. La Finlandia, infatti, sta attraversando da ormai tre anni una difficile situazione economica che solo nell’ultimo trimestre ha visto una flessione del PIL dello 0.6%. Rimane comunque improbabile che si possa effettivamente innescare un percorso che porti al referendum popolare ed eventualmente all’uscita.

IL WEEKEND ANOMALO DELLA CAPITALE EUROPEA

Bruxelles città fantasma per lo stato di allerta Di Matteo Candelari, Corrispondente da Bruxelles per MSOI thePost Da venerdì notte il governo belga ha deciso di innalzare a Bruxelles lo stato di allerta al massimo (livello 4 su una scala cha va da 1 a 4) a causa del rischio serio e imminente di attentati terroristici. Il primo ministro belga Charles Michel ha spiegato in conferenza stampa che la decisione è stata presa sulla base di informazioni precise. Stando a quanto riportano alcuni organi di stampa belgi, la polizia avrebbe trovato, nel corso di una perquisizione di un appartamento nel quartiere di Molenbeek, un arsenale di armi e materiale esplosivo. Sarebbe proprio questo uno dei motivi che avrebbe spinto il governo a innalzare il livello di allerta. Da sabato mattina, perciò, sono state prese alcune misure precauzionali ritenute necessarie dalle autorità. Tutte le linee della metropolitana sono state chiuse. I concerti, le manifestazioni, le competizioni sportive previste per il weekend sono state annullate. L’apertura dei maggiori centri commerciali è stata vietata, mentre mol-

ti teatri hanno cancellato gli spettacoli. Varie unità dell’esercito e della polizia hanno iniziato a pattugliare diverse zone della città. E così quella che doveva essere la prima domenica dei mercatini di natale a Bruxelles si è trasformata in una domenica deserta. La capitale europea è divenuta una città fantasma. I luoghi di svago e di divertimento del sabato sera sono rimasti chiusi, così come molti negozi. Al centro della Grand Place (la piazza principale di Bruxelles) è stato installato e decorato il tradizionale albero di Natale sotto gli occhi vigili delle forze dell’ordine in un’atmosfera surreale. Tra la notte di domenica e la mattina di lunedì la polizia belga ha condotto numerose operazioni in varie zone di Bruxelles che hanno portato all’arresto di una ventina di soggetti sospetti. Nel corso delle operazioni non sono però state trovate armi o materiali esplosivi, mentre è stata ritrovata una cifra pari a 26.000 euro all’interno di uno degli appartamenti perquisiti.

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GERMANIA 650 sono i soldati che andranno a rafforzare la presenza tedesca in Mali, dove per rappresaglia contro la presenza internazionale si è verificato venerdì un attacco terroristico. Primo gesto in risposta all’appello lanciato dal presidente Hollande in cui si auspicava un maggiore intervento della Germania nella lotta all’ISIS. Intervento che ha sterzato rispetto al tradizionale disimpegno militare tedesco, ma come ha risposto la Cancelliera: “Quando sono richiesti impegni aggiuntivi, non ci tiriamo indietro”.

PORTOGALLO 2 settimane dopo il crollo del governo, il presidente Anibal Cavaco Silva rende noto con un comunicato di aver incaricato di formare un nuovo governo il leader del Partito Socialista anti-austerity Antonio Costa, con il sostegno del Partito comunista e del Blocco di sinistra. La prima prova sarà senza dubbio la definizione e la presentazione alla Commissione europea e all’Eurogruppo del bilancio 2016. L’Eurogruppo si è detto “rassicurato” sul fatto che il Portogallo sottoporrà la legge finanziaria 2016 “il più presto possibile”, ma intanto ha già lanciato un avvertimento: il margine di sicurezza del deficit/PIL portoghese “è limitato”. A cura di Fabio Saksida

LE BOCCHE CUCITE DEI MIGRANTI DIMENTICATI

Le drammatiche proteste in Macedonia di Federica Allasia

una guerra, ma dalla miseria in cui vivono. Sono bloccati dopo la decisione delle autorità di Skopje di consentire l’ingresso in Europa soltanto ai profughi di guerra provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan. Solo una settimana fa Slovenia, Croazia e Serbia avevano adottato la stessa misura come rimedio all’emergenza migranti. Il governo spiega che la Macedonia è ormai al collasso, non avendo ricevuto da Bruxelles i fondi necessari per risolvere il problema, mentre le organizzazioni impegnate nella difesa dei rifugiati considerano illegittima la misura, dal momento che il diritto d’asilo dev’essere garantito a tutti, indipendentemente dalla nazionalità.

Gevgelija, 10°. Nonostante il freddo pungente intorpidisca le loro mani, alcuni bangladesi tolgono la maglietta e con un rossetto scrivono sul petto “Sparateci o salvateci”, “Sparateci, non torneremo mai indietro”. Nonostante il dolore straziante, sei iraniani si cuciono la bocca con un filo di nylon e rimangono seduti per tutto il giorno davanti alla polizia macedone. “Noi non siamo terroristi, aiutateci!”: poche parole prima di compiere il gesto estremo armati di ago e filo; poi le lacrime, prontamente immortalate dagli obiettivi dei fotografi, iniziano a scendere lungo le guance. La fame, il dolore e il silenzio come prezzo da pagare per la libertà. La tensione, già altissima, è destinata a crescere Al confine tra la Macedonia e nei prossimi giorni a la Grecia migliaia di persone causa dell’imminente protestano da giorni, dopo arrivo dell’inverno e del che il 19 novembre scorso conseguente drastico calo la frontiera tra i due Stati è delle temperature; i posti per stata definitivamente chiusa. dormire sono pochi, mancano acqua corrente e servizi, e Si tratta dei migranti la possibilità di trovare una economici: uomini, donne e soluzione appare purtroppo bambini che non scappano da ancora un miraggio.


7 Giorni in 300 Parole UNITA’ DI INTENTI Il 24 novembre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ricevuto alla Casa Bianca la visita di Francois Hollande. Il tema centrale dell’incontro, è stato il rinnovato impegno nella lotta contro l’ISIS. Obama ha espresso parole di solidarietà nei confronti di quello che è stato definito il “nostro più vecchio alleato”, che ha subito un attacco terroristico paragonabile a quello dell’11 settembre. USA e Francia, nelle parole delle loro più alte cariche, condividono gli stessi ideali e gli stessi valori, ma anche la medesima determinazione nell’annientare lo Stato Islamico, il nemico comune che “non può essere più tollerato, deve essere distrutto”.

TENSIONI CRESCENTI Il rapporto tra la Russia e l’Occidente vive un momento particolarmente difficile dopo che la Turchia ha abbattuto un caccia russo colpevole, secondo Ankara, di aver invaso il suo spazio aereo. Le reazioni: il presidente russo Vladimir Putin parla di una “pugnalata alla schiena” e minaccia “gravi conseguenze”; Obama, invece, difende la Turchia appellandosi al “diritto di difendere il proprio territorio” e sposando la versione approvata dalla NATO.

USA

LA STRAGE DI PARIGI INFUOCA LA POLITICA AMERICANA

di Erica Ambroggio L’onda d’urto generata dall’attacco al cuore della Francia lo scorso 13 novembre, non ha risparmiato le terre oltreoceano. Lotta al terrorismo e immigrazione sono divenuti i temi caldi della corsa alle presidenziali ed innumerevoli sono state le reazioni alle dichiarazioni di Obama, ancora intenzionato ad accogliere 10.000 rifugiati siriani nel prossimo 2016. Dal fronte repubblicano, la dichiarazione di Ted Cruz non lascia spazio ad interpreta zioni:“ Nes suno sano di mente può pensare di mettersi in casa migliaia di rifugiati siriani, di cui non possiamo determinare chi sia o non sia un terrorista.” Donald Trump, il più agguerrito tra i repubblicani in tema di immigrazione, si scatena contro l’amministrazione Obama, definendo il suo piano di accoglimento un “cavallo di Troia.” Jeb Bush e Ben Carson: “Preferenza ai rifugiati cristiani.” Scontro aperto anche tra Obama e la Camera, che il 19 novembre ha approvato, con inaspettato sostegno di 47 esponenti democratici, lo stop all’accoglienza dei rifugiati siriani ed iracheni che non abbiano superato

rigidi controlli di sicurezza messi in atto dalle agenzie di intelligence e dall’FBI. Un provvedimento sul quale Obama si dichiara intenzionato a porre il veto, qualora il medesimo esito si avesse anche in Senato. Innumerevoli, dunque, le opposizioni ai piani del Presidente, ai quali si aggiunge la ferma oppugnazione dei Governatori. Alabama, Michigan e Texas, i primi a prendere distanza dal Refugee Admission Program e ad affermare la chiusura dei confini ai rifugiati in arrivo; linea condivisa, nei giorni successivi, da più della metà degli Stati e definita dal Presidente Obama come vergognosa. Sul fronte democratico, invece, Clinton, Sanders e O’Malley si dichiarano pronti ad accogliere un numero di rifugiati anche superiore a quanto previsto, ma non mancano scintille anche sul palco della Duke University di Des Moines, in Iowa. Sanders attacca Hillary e la sua nota politica interventista in Iraq, considerandola l’origine di tutti i mali. L’ex first lady, nonostante abbia sostenuto a gran voce la necessità di sconfiggere lo Stato Islamico e non solo di doverlo contenere, si difende dichiarando che un intervento diretto sarà solo un’ultima risorsa.

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GLI ERRORI DA NON COMMETTERE Il vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in un discorso del 21 novembre, ha ribadito la posizione del governo in merito al pericolo derivante dall’ISIS: il popolo statunitense non si deve lasciare terrorizzare dagli attacchi jihadisti che hanno colpito la Francia, il Libano, L’Iraq e la Nigeria la scorsa settimana e rinnegare la proprià identità di Stato liberale ed aperto. “Chiudere le porte in faccia agli immigrati” e “voltare le spalle ai musulmani” equivale a tradire l’essenza degli Stati Uniti, non a migliorarne la sicurezza dei cittadini.

LE VALCHIRIE DI OBAMA

L’utilizzo dei droni da parte dell’esercito USA di Alessandro Dalpasso I droni sono aerei a pilotaggio remoto (in inglese UAV: Unmanned Aerial Vehicle) utilizzati in svariati contesti bellici - Afghanistan, Yemen e Pakistan su tutti dall’amministrazione statunitense per operazioni di monitoraggio, ma soprattutto di targeting nel contesto di azioni antiterrorismo. Sin dai loro primi impieghi, perlopiù in operazioni di individuazione ed eliminazione di potenziali minacce per la sicurezza interna americana, la domanda sulla liceità del loro utilizzo, ancora oggi fonte di dibattito, sorse spontanea.

IL VIDEO CHE HA SCOSSO (DI NUOVO) L’AMERICA E’ stato recentemente diffuso il video che testimonia l’uccisione del giovane afroamericano Laquan McDonald da parte del poliziotto veterano bianco Van Dyke che gli ha sparato 16 volte; questi dovrà scontare in prigione una pena di almeno venti anni. Le proteste non sembrano destinate a spegnersi in breve tempo. A cura di Francesco Turtu

Nel 1976, il presidente Gerald Ford firmò l’ordine esecutivo nº11905 con cui vietò gli assassinii mirati a scopi politici. Con questo atto il presidente volle mettere un freno ad una serie di omicidi politici portati a compimento dalla CIA, soprattutto in Sud America, per evitare l’ascesa al potere di leader politici ritenuti “scomodi”.

Chi oggi si oppone all’utilizzo dei droni spesso rileva una netta analogia fra i fatti dell’epoca e il modo di condurre le operazioni in questi anni. Negli ultimi anni, il fondamento giuridico per le operazioni di antiterrorismo e l’uccisione mirata dei membri di Al-Qaeda portate avanti dagli USA è stata l’Autorizzazione per l’Uso della Forza Militare, approvata dal Congresso americano il 14 settembre 2001. I sostenitori della legittimità delle operazioni portate a termine coi droni sostengono, però, che non si possa parlare di omicidi politici (vietati con l’ordine esecutivo numero 12333 del 1981 dall’allora presidente Ronald Reagan), bensì di un’operazione di target killing, ovvero un’uccisione effettuata in un contesto bellico in cui la vittima è un soggetto specifico che partecipa alle ostilità. Devono, invece, essere sempre e comunque evitati, a pena di incorrere nel divieto imposto dal 12333, vittime civili e danni collaterali.


MEDIO ORIENTE

7 Giorni in 300 Parole

EGITTO Dopo la chiusura del secondo turno delle elezioni parlamentari (le prime dopo la deposizione di Morsi nel 2013), 4 poliziotti sono rimasti uccisi e 12 persone ferite in un attentato ad Al-Arish, nel nord Sinai. È stato colpito lo Swiss Inn Hotel, che ospitava i giudici elettorali. Le autorità egiziane fanno sapere che per il momento l’unica rivendicazione è stata quella di Wilayat Sinai (cellula ISIS in Egitto), che parla di una “vendetta per l’arresto, da parte dell’esercito apostata, di donne musulmane”.

TURCHIA L’aeronautica militare turca ha abbattuto un caccia russo vicino al confine con la Siria “per la violazione dello spazio aereo turco” e “dopo aver avvertito ripetutamente” i piloti. Mentre la NATO nell’incontro straordinario sull’accaduto ha sposato la versione turca, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha cancellato la visita ad Ankara prevista per il 25 novembre. ARABIA SAUDITA Il poeta di origine Palestinese Ashraf Fayadh è stato condannato a morte “per aver promosso l’ateismo con la raccolta Le istruzioni sono all’interno, per relazioni illecite e per minacce alla moralità saudita”. Membro dell’associazione Edge of Arabia, era già stato precedentemente condannato a 4 anni di prigione e 800 frustate dal tribunale di Abha.

LO SCONFINAMENTO DELLA DIPLOMAZIA

I legami Mosca-Ankara sul filo di un confine Di Samantha Scarpa Nella mattina del 24 Novembre un aereo jet SU-24 dell’aviazione russa è stato abbattuto da due F-16 turchi al confine tra la Siria - dove la Russia attua operazioni militari aeree contro il gruppo Stato Islamico - e la Turchia. Dei due piloti eiettatisi dal velivolo, uno è stato ucciso dalle milizie turche durante il paracadutaggio su ordine dello stesso Presidente Erdogan. All’arrivo dei soccorsi russi per recuperare il secondo pilota, le milizie hanno nuovamente aperto il fuoco sull’elicottero di salvataggio, uccidendo un secondo militare. Differenti le versioni dell’incidente per Mosca e per Ankara. Il governo russo ha confermato di non aver sconfinato oltre il territorio siriano, rimanendo almeno 3 km entro i confini del Paese. Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, al contrario, sostiene che i velivoli russi avevano già altre volte oltrepassato il confine turco e che, proprio in quell’ultimo episodio, era stato loro ripetutamente intimato di rimanere entro il territorio siriano. Il presidente russo Vladimir Putin ha, inoltre, accusato la

Turchia di ricevere rifornimenti di gas naturale e petro lio da pozzi sotto il controllo dello Stato Islamico. Per tutta risposta, l’esecutivo turco ha provocato il Cremlino chiedendo prove concrete di tali affermazioni. Una riunione straordinaria della NATO richiesta dal governo di Ankara alle 17 dello stesso giorno ha riconosciuto veritiera la versione turca dei fatti. Immediata la reazione del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, il quale ha giudicato l’accaduto “una provocazione”, e del Presidente Vladimir Putin, che giudica quella di Erdogan una “pugnalata alle spalle”. Sottolineando tuttavia la volontà di “non fare la guerra alla Turchia”, il Primo Ministro russo Medvedev ha chiesto l’attuazione di misure economiche ai danni della Turchia quali il congelamento di alcuni investimenti, limitazioni all’importazione di verdura e carne e una campagna per sconsigliare ai propri cittadini la Turchia come meta turistica. Sul fronte militare, il ministro della Difesa Shoigu ha dislocato vicino alla base aerea di Latakia (nel nord della Siria) il sistema missilistico antiaereo S-400 di difesa.

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IRAQ La Commissione sicurezza e difesa del Parlamento ha annunciato che è stato raggiunto un accordo con Mosca per la vendita di armi russe all’esercito iracheno. Circa un mese fa da Baghdad era arrivato il via libera per i bombardamenti aerei sovietici contro l’ISIS all’interno dell’Iraq.

NEL CUORE DELLO SCIISMO LIBANESE di Lucky Dalena, Corrispondente dal Medio Oriente per MSOI thePost

Mentre noi tenevamo gli occhi sulle vicende della belle ville, Beirut, ancora una volta, andava a fuoco. «Stiamo bene» dicono i ISRAELE Uccisa a colpi di arma da fuoco una ra- miei amici da lì «il problema è gazza del campo profughi di Qalandiya, a sud della città, nei territori di Hezbollah». Nessuno ha che nel mercato Mahane Yehuda di Gedavvero paura, a Beirut.

rusalemme si era resa protagonista, insieme alla cugina, di un accoltellamento Ma in un Paese in cui la guerra ai danni di un palestinese settantenne è ormai abitudine, qual è il di Betlemme. ruolo degli sciiti, ai loro occhi e a quelli dell’Occidente? Perché ISIS ha deciso di PALESTINA Nella giornata di martedì l’esercito isra- colpire i territori di Hezbollah?

eliano ha violato nuovamente l’accordo israelo-palestinese, siglato nell’agosto del 2014, compiendo un attacco aereo su Gaza che non ha fatto registrare vittime. Si tratta di una reazione a un missile partito proprio dalla striscia di Gaza ed esploso nel territorio sud-israeliano.

Il tessuto sociale libanese è uno dei più variegati del Medio Oriente; l’esempio più celebre è il muhassasah taifiyya, il sistema governativo su base confessionale, che raccoglie al suo interno differenti gruppi religiosi. Nonostante i musulmani siano la maggioranza della, esiste una SIRIA Jerusalem Post riferisce che la Russia netta divisione tra sunniti e sciiti, ha inviato a sostegno di Assad carri che rappresentano ciascuno il 30% della popolazione totale.

armati T-90, che con supporto aereo avrebbero colpito obiettivi strategici in mano alle forze ribelli a Idlib e Latakia, e nelle provincia di Damasco, Hama e Raqqa.

Gli sciiti, in Libano, sono sempre stati un gruppo marginalizzato, a livello sia sociale sia economico. A partire dagli anni Ottanta, A cura di Lorenzo Gilardetti ispirata dal leader Musa al-Sadr (del partito più moderato Amal), la comunità sciita cominciò a farsi spazio nella società libanese. La nascita del partito di dio, Hezbollah, segnò un tentativo degli sciiti di dare una voce alle loro istanze e, soprattutto, di permettere loro la costruzione di una propria identità. I conflitti sviluppatisi all’interno della comunità, tra le fazioni più moderate e quelle più favorevoli ad una resistenza armata, hanno costituito un primo ostacolo alla creazione di un’identità pubblica comune. I legami con il mondo occidentale di alcuni membri della comunità hanno poi inasprito ulteriormente il conflitto, incoraggiando i leader di Hezbollah allo sviluppo di un

sistema educativo fortemente orientato alla fede: programmi scolastici basati sull’insegnamento religioso, ma anche organizzazioni ludiche mirate all’apprendimento delle sacre scritture. Il rifiuto della costruzione di uno Stato secolare e il bisogno della religione come base morale della società sono stati i principi che hanno portato il movimento sciita radicale ai margini della società, confinandoli anche territorialmente a sud della capitale. ISIS è un movimento sunnita che, a detta dei libanesi stessi è «globalizzato, d’ispirazione occidentale e capitalista»: un po’ troppo hollywoodiano, insomma, per essere vero Islam. Ma perché, quindi, attaccare un movimento impopolare come Hezbollah? Al di là della semplice contrapposizione su base religiosa, che rende i due movimenti - seppur affini teologicamente incompatibili, il vero cuore del conflitto ha ragioni militari. Essendo il braccio armato dello sciismo, il partito di dio rappresenta una minaccia alle mire espansionistiche di ISIS e ostacola, tramite il controllo militare di alcune zone a sud del Libano, l’agognato ritorno alla situazione geopolitica del Medio Oriente prima di SykesPicot, in cui il Libano non è lo stato multi-confessionale che non ha paura, ma solo una piccola, insignificante provincia della Grande Siria.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole

RUSSIA Il 24 novembre un caccia russo Su-24 è stato abbattuto dall’esercito turco al confine tra Turchia e Siria e le versioni dei due Paesi sono contrastanti sotto diversi punti di vista. Ankara sostiene che sono stati lanciati ripetuti avvertimenti al velivolo russo, e che esso era ormai penetrato inequivocabilmente nello spazio aereo. Mosca, al contrario, sostiene che non sono stati dati avvertimenti e che il caccia avrebbe sconfinato solo per qualche centinaio di metri, oltre ad affermare che l’esercito turco è in costante allerta per questo tipo di sconfinamenti. Dei due piloti presenti a bordo, uno è stato ucciso da brigate turcomanne, mentre l’altro è stato messo in salvo dopo una missione dell’esercito russo in territorio siriano. Le tensioni tra Mosca e la Turchia si fanno a questo punto pesanti e, mentre il Segretario Generale della NATO invita ad una “de-escalation”, Medvedev afferma che il danno sia difficile da risanare e che gli accordi commerciali e culturali tra i due Paesi rischiano di essere cancellati. UCRAINA Il Ministro dell’Energia di Kiev ha annunciato che l’Ucraina non è intenzionata a comprare gas russo, poiché questo ha costi maggiori rispetto a quello europeo. A seguito di questa notizia, Gazprom ha bloccato le forniture, con il rischio per l’Europa di ritrovarsi senza gas per l’inverno.

AL TAVOLO CON HOLLANDE La posizione del Cremlino nella coalizione anti-ISIS

Di Daniele Baldo Dopo gli attacchi terroristici di Parigi di due settimane fa, il premier francese François Hollande si è trovato ad assumere la leadership di una coalizione internazionale che, in un raro momento di unità politica e nazionale, sembrerebbe puntare a un unico obiettivo – sconfiggere le forze di Daesh e porre fine alla guerra civile siriana – senza aver però definito chiaramente le modalità con cui raggiungere questo scopo. Una delle criticità di questa operazione è il rifiuto da parte degli USA di collaborare militarmente con i russi, che sono entrati nel conflitto siriano lo scorso mese. Dall’altra parte, Putin ha più volte rimarcato la sua solidarietà alla Francia dopo gli attentati, reagendo alla tragedia in maniera enfatica, dopo aver confermato che l’ISIS è il responsabile dell’esplosione del jet russo sul Sinai.

La coalizione globale antiISIS di Hollande appare vantaggiosa per Putin. Legittima, infatti, il ruolo della Russia in Siria, toglie i riflettori dalla figura di Assad e mette definitivamente in secondo piano la discussione sulla Crimea. Il Cremlino ha dunque ordinato alla flotta navale russa di disporsi nel Mediterraneo orientale per cooperare con l’esercito francese. Come Washington, ha escluso l’intervento di truppe di terra, promettendo comunque ai francesi di fare di più di quanto non si faccia ora.

I segnali di una collaborazione sempre più intensa tra la Francia - che, come Obama ha osservato, è uno degli alleati più antichi della Casa Bianca - e la Russia hanno avuto un fortissimo riscontro negli USA. Di particolare rilevanza è sicuramente la decisione di Hollande di non richiedere, per ora, l’aiuto della NATO, dal momento che la Francia Nell’incontro bilaterale tra è sempre stata incerta Obama e Putin, tenutosi sull’alleanza guidata dagli il 15 novembre durante il Stati Uniti. G20 di Antalya, il leader statunitense ha approvato un Putin potrebbe sfruttare riavvio del processo di pace questa frattura a suo favore, in Siria mediato dalle Nazioni trovandosi comunque Unite. costretto a rispondere, su un Tra Washington e Mosca altro fronte, alla distruzione rimane comunque forte di un caccia russo da parte disaccordo riguardo al futuro della Turchia sul confine del presidente siriano Bashar siriano, avvenuta martedì. al-Assad. L’incidente, che potrebbe Sul fronte militare, le essere stato provocato possibilità che gli Stati intenzionalmente, apre una Uniti condividano dati di seria crisi tra la Nato, che si intelligence o conducano è schierata con Erdogan, e operazioni congiunte con la la Russia, che ha promesso Russia è nulla. “pesanti conseguenze”. 9


A VENT’ANNI DAGLI ACCORDI DI DAYTON

BOSNIA-ERZEGOVINA Enes Omeragić, un uomo di 34 anni, si è reso responsabile dell’omicidio di due militari a Sarajevo. In un primo momento sembrava che la sua azione fosse un’iniziativa individuale, tuttavia la polizia ha comunicato in un secondo momento che il cognato nel 2008 era stato arrestato, e successivamente condannato, perché sospettato di preparare attentati terroristici.

Di Fabrizio Pusineri

erano attaccati a obsolete retoriche etnonazionali, vuote di prinIl 21 novembre 1995, esattamente cipi politici universali e condivisi. vent’anni fa, Alija Izetbegović, Slobodan

Milošević

e

Franjo I più importanti tra questi Tuđman, in rappresentanza di momenti di sincera coesione Bosnia-Erzegovina,

Repubblica sociale sono stati la “rivoluzione Federale di Jugoslavia e Croazia, dei bebè”, l’esperienza -

I legami di Omeragić con i gruppi presso la base seppur limitata - dei plenum fondamentalisti erano già noti, ma firmarono egli era considerato come un fedele americana di Dayton (Ohio) ed infine le alluvioni del più che come un radicale dei gruppi lo storico accordo che maggio 2014. fondamentalisti. sancì

formalmente

la

fine

Dopo l’uccisione dei militari, l’uomo si è della dissoluzione jugoslava. tolto la vita nel suo appartamento. KOSOVO

L’accordo, risultato di estenuanti

A seguito del blocco dei lavori del Parlamento di Pristina da parte dell’opposizione, la corte costituzionale ha stabilito una sospensione temporanea dei “principi che governano la creazione dell’associazione/comunità delle municipalità a maggioranza serba del Kosovo”. Tali principi sono contenuti negli accordi firmati ad agosto 2015 a Bruxelles tra i rappresentanti serbi e kosovari, accordi che sembravano aver iniziato una fase di collaborazione tra i due Paesi.

negoziati e preceduto da diversi

L’opposizione nazionalista di Pristina non si ritiene soddisfatta dell’attuale verdetto, propendendo per una sospensione definitiva degli accordi di Bruxelles.

piani

circa

bosniaco,

il

non

futuro

assetto

solo

metteva

fine al conflitto in Bosnia,

ma

diede le basi costituzionali per la

Bosnia-Erzegovina,

intesa

come Repubblica sovrana ed indipendente. Com’è noto, Dayton prevedeva la divisione del territorio in due entità all’interno della cornice unitaria statale: la Federazione di Bosnia-Erzegovina e la Republika Srpska (rispettivamente 51% e 49% del territorio); vi era poi il Distretto di Brčko, a cavallo fra i due territori.

In base a ciò che sostiene l’opposizione, il governo sarebbe troppo influenzato Tuttavia, oggi è opinione diffusa da Belgrado.

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che l’Accordo servì sì a far terA cura di Leonardo Scanavino minare la guerra, ma non riuscì a porre solide basi affinché venisse garantito un futuro istituzionale alla BosniaErzegovina, che infatti dal ’95 ad oggi sembra aver cristallizzato le linee di guerra, in uno stato paralizzato dai criteri etnocentrici figli dello stesso accordo. Negli ultimi vent’anni, tuttavia, la Bosnia ha avuto la possibilità di cambiare non soltanto at traverso un processo di riforme politiche, ma ancheattraverso episodi più spontanei, che hanno avuto il merito di scardinare le questioni sociali dalla logica degli interessi dei partiti maggioritari, quegli stessi che già nel 1995

La domanda circa un accordo migliore di quello di venti anni fa è tuttora tema di discussione per politologi e accademici a livello mondiale. Infatti, mentre tutti sembrano essere concordi circa la sua efficacia nel terminare un conflitto tanto lungo quanto inutile, si potrebbe allo stesso tempo sostenere che esso stesso contenesse, paradossalmente, il germe per nuovi conflitti. A tal proposito, la questione riguarderebbe la sovranità ed integrità territoriale della BosniaErzegovina. Il collasso della Jugoslavia costrinse la Bosnia a oscillare tra una sua spartizione tra Serbia e Croazia e un’eventuale nuova federazione. La terza scelta, l’indipendenza, si è rivelata la più inappropriata, sia per le élites politiche che la proponevano sia per l’esito sanguinario che ne è conseguito.
 La pace portata da Dayton non ha impedito agli stessi protagonisti della guerra di continuare la pulizia etnica e inoltre la divisione in entità autonome (in luogo di un decentramento amministrativo meno federalista) si è rilevata poco funzionale per Sarajevo, anche per l’esercizio delle più normali funzioni statali. Il fragile equilibrio della BosniaErzegovina si regge oggi sull’appoggio della comunità internazionale, ma il Paese è tuttora ostaggio di partiti le cui azioni suggeriscono interessi personalistici piuttosto che volontà di concretizzare il bene nazionale.


ORIENTE

7 Giorni in 300 Parole

CINA Il presidente cinese Xi Jinping parlerà alla Conferenza sul clima di Parigi (Cop21). Tuttavia il ministro degli Esteri Liu Zhemin ha affermato che da parte del suo Paese non ci saranno nuove proposte sul tema, sottolineando che un eventuale accordo dovrà essere trovato sulla base degli impegni presi nel novembre 2014 durante il viaggio in Cina del presidente statunitense Barack Obama. La Cina costruisce la prima base militare in Africa a Gibuti. Nel continente africano la Cina ha forti interessi economici; una base in quel territorio dovrebbe poter permettere un maggiore controllo sulla stabilità interna della regione. La Cina è pronta ad investire più di 1000 miliardi di Yuan all’estero, lo ha affermato il 25 novembre il primo ministro Li Keqian ad una conferenza economica-commerciale. Nonostante il rallentamento della crescita economica che sta spaventando gli investitori, la Repubblica Popolare Cinese sembra convinta delle proprie possibilità di incremento economico futuro.

IL DIFFICILE EQUILIBRIO DELLA REGIONE PACIFICA

Un focus sugli accordi economico-politici Di Giusto Amedeo Boccheni, del summit di domenica è staCorrispondente dal Giappone ta però la decisione di stabiper MSOI thePost lire una comunità formale, economica, politica, di siLa settimana scorsa, i verti- curezza e socio-culturale ci APEC e ASEAN di Manila tra i 10 Paesi membri. Con e Kuala Lumpur hanno dato una popolazione di 625 miliomodo ai 25 paesi coinvolti ni di persone e un prodotto di discutere della situazione di 2.6 trilioni di dollari, l’AEC economica e politica della re- (Association for Economic Cogione. operation) mira a favorire la libera circolazione di persone Il 18 novembre, a Manila, Xi e capitali. Jinping ha confermato il supporto cinese all’Asian Infra- Restano comunque gravati da structure Investment Bank ed tariffe e barriere alcuni setalla New Development Bank tori di considerevole rilievo, BRICS. quali l’agricoltura e la produzione di automobili e acciaio. Obama ha però sottolineato A differenza di quelli dell’Ula necessità di fermare la po- nione Europea, inoltre, i Paesi litica assertiva di Pechino nel membri dovranno fare i conti Mar della Cina per garantire con una rara varietà di forla “libertà di navigazione”. me di governo e con il proNella zona contesa con Bru- blema comune della corruzionei, Filippine, Vietnam, Ma- ne. lesia e Taiwan, in cui transita ogni anno oltre un terzo del L’AEC sarà pienamente opepetrolio venduto nel mondo, rante a partire dal 31 dicemgli Stati Uniti hanno recen- bre. C’è però chi teme che temente condotto missioni di l’accordo favorirà in primo pattugliamento marittimo e luogo gli interessi delle coraereo. porations. L’ASEAN Civil Society Conference e l’ASEAN A Kuala Lumpur, alla presen- Peoples’ Forum hanno richiaza di Ban Ki-moon, la questio- mato l’attenzione sui rischi ne è riemersa, così come si è di una crescita disomogenea, parlato ancora della neces- che lascerebbe spazio a posità di unire le forze per re- vertà, sperequazione e diseagire alla rampante minaccia guaglianza interna ai singodell’IS, dopo gli attacchi in li Paesi e tra gli stessi Paesi Francia, Libano e Mali. membri. Il più importante traguardo

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COREA DEL SUD Accordo Corea del Sud e Cina per la produzione di animali clonati da macello che andranno a soddisfare il crescente fabbisogno cinese. I due Paesi hanno stimato la clonazione di un milione di animali all’anno. La ricerca che la Cina porta avanti sulla clonazione di animali potrebbe avere conseguenze importanti per l’economia globale. INDIA Anche l’India parteciperà alla COP21, il governo ha affermato di voler investire nell’energia solare per ridurre fortemente l’uso del carbone. La transizione verso energie rinnovabili e pulite non è semplice per un Paese in forte crescita e altamente industrializzato; ma, per il governo, la ricerca su nuove fonti energetiche apre spiragli cooperazione economica e sociale creando molte possibilità di lavoro. Nessun miglioramento, questa settimana, nei rapporti con il Nepal verso il quale continua il blocco commerciale di cui abbiamo trattato nello scorso numero.

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A cura di Tiziano Traversa

CINA AL LAVORO!

L’impegno per rispettare la Convenzione contro la tortura Di Simona Graceffa È in corso a Ginevra la 56esima sessione (dal 9 novembre al 9 dicembre) del Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite. La Cina è in attesa di una valutazione della sua attuazione della Convenzione, dal momento che, fino a pochi giorni fa, è stata criticata da Amnesty International (e altre ONG) poiché le forze dell’ordine e i militari del Paese si sarebbero macchiati del reato di tortura. Wu Hailong, rappresentante della delegazione cinese, ha dichiarato che il dialogo con il Comitato si è svolto con uno spirito costruttivo e professionale. Numerose sono state le domande circa lo stato di diritto, l’attuazione della giustizia e l’indipendenza dei giudici. È evidente dall’ultima implementazione della Convenzione la Cina ha fatto dei passi in avanti. Infatti, dall’entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale, nel 2012, è stata posta maggiore attenzione al rispetto e alla tutela dei diritti umani. Le misure successivamente adottate si sono sviluppate nei seguenti punti: 1. aumento delle leggi per il rispetto e la protezione dei diritti umani; 2. prevenzione e correzione degli abusi di giustizia; 3. maggior accessibilità ai canali disponibili per fare ricorso e per rimediare a errori giudiziari; 4. rafforzamento della supervisione nell’attività della polizia e in

quella giudiziaria, con relativo inserimento della formazione obbligatoria anti-tortura per tutti i funzionari dei centri di detenzione. La vigilanza all’interno delle carceri, con più di 14.000 controlli a sorpresa, ha anche portato ad un aumento degli organi statali puniti per attività di tortura; 5. protezione dei diritti degli avvocati e delle loro attività. Nel 2014 è stata attuata una legge per garantire la possibilità di reclami, informazioni, incontri con i clienti e interrogatori. I miglioramenti sono stati concreti e significativi e si sta puntando all’esclusione totale delle prove ottenute illegalmente. Dal 2013 al 2015 i giudici hanno dichiarato innocenti, escludendo le prove ottenute illegalmente, 2.191 persone. La Cina sottolinea che le strategie sono state adottate prendendo in considerazione situazioni interne di squilibrio tra le regioni e di difficoltà nell’accesso alla giustizia per mancanza di risorse economiche. Da quello che emerge, si può notare che le manovre effettuate sono state parecchie, ma ci sarà ancora del lavoro da fare prima della totale eliminazione della tortura.


AFRICA

7 Giorni in 300 Parole

TUNISIA Esplode nel centro di Tunisi, sull’Avenue Mohamed V, un automezzo con a bordo uomini della guardia presidenziale. Una fonte della sicurezza afferma che la gran parte delle guardie che viaggiavano sul bus è deceduta; per ora sono accertate almeno 12 morti e decine di feriti. Due le ipotesi: una bomba oppure un kamikaze a bordo. Il portavoce del Ministero dell’Interno, Moez Sinaoui, parla di un attacco terroristico ma per il momento non ci sono rivendicazioni. Il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi ha proclamato lo stato di emergenza che si protrarrà per 30 giorni, mentre il coprifuoco sarà ogni sera dalle 21 alle 5.

MALI, TERRORE IN ALBERGO

di Chiara Zaghi Venerdì 20 novembre, ore 8.49 italiane, è stato preso d’assalto l’Hotel Radisson Blu, il più grande albergo di Bamako, Mali. Ad effettuare l’attacco, un commando di Al-Mourabitoun, gruppo jihadista di Al Qaeda.

L’hotel ospitava 140 clienti e 30 dipendenti di 14 nazionalità diverse. Tra i vari ospiti alloggiavano delegati delle Nazioni Unite e della Francia, i membri di MALI un equipaggio di Air France, Un commando di uomini armati di granate attacca l’hotel Radisson Blu, alcuni dirigenti cinesi e russi, il più grande albergo della capitale nonché moltissimi turisti. Bamako, al grido di “Allah Akbar” e prende in ostaggio 170 persone Gli attentatori hanno tenuto tra ospiti dell’albergo e membri dello in ostaggio 170 persone e staff. Nell’albergo soggiornano i hanno lasciato andare solo rappresentanti delle delegazioni di coloro che hanno recitato i Nazioni Unite e Francia, oltre a turisti primi versi del Corano. Dopo e uomini d’affari stranieri. un primo tentativo fallito Le forze speciali maliane riescono con dell’esercito malanio, le teste un blitz a liberare gli ostaggi dopo di cuoio francesi e i soldati un’azione durata diverse ore. Il bilancio dei morti è di 27 ostaggi e due americani dell’ONU sono intervenuti con un secondo terroristi. Il Mali ha dichiarato 10 giorni di stato blitz, affiancando le forze locali, e hanno liberato gli di emergenza e 3 di lutto nazionale. Il gruppo Morabitun, affiliato ad ostaggi. Le vittime sono state Al Qaeda , e recentemente unitosi 21. all’Isis, ha rivendicato la responsabilità dell’assalto, prima con un tweet, poi con Questo attentato sembra una registrazione audio direttamente sia stato un tentativo di ad Al Jazeera. destabilizzare il governo del Mali, forse perché appoggiato dall’estero e, inoltre, di spaventare coloro che supportano l’Accordo di Algeri per la pace e la riconciliazione nel Paese,

firmato dal governo malanio a Bamako il 15 maggio 2015. Infine, l’assalto potrebbe essere considerato come reazione del gruppo di Al Qaeda agli attentati di Parigi del 13 novembre e rivendicati dall’Isis; i due gruppi terroristici infatti, combattono per il dominio sulla jihad globale. Quanto accaduto può essere collegato anche al fatto che, il 10 gennaio 2013, il Presidente francese François Hollande avvia dato il via alla Operazione Serval, con l’intento di sostenere militarmente e in ambito logistico il governo del Mali per la lotta contro gli islamisti radicali, che avevano invaso vaste aree nel territorio nord del Paese. A seguito di quanto accaduto il 20 novembre, il Presidente del Mali, Ibrahim Boubacar Keita, ha dichiarato lo stato d’emergenza in tutto il Paese per 10 giorni e il lutto nazionale per 3 giorni. Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’UE, ha mandato un messaggio ai Paesi del G5 Sahel e ha incontrato il Presidente del Mali per esprimere la sua vicinanza e per confermare la disponibilità e l’impegno europeo affinché si rafforzino la sicurezza e la difesa contro il terrorismo.

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KENYA Una cinquantina di persone, tra cui molti atleti, si è barricata nella sede della Federazione di atletica leggera a Nairobi per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle recenti vicende che hanno visto coinvolto l’ente. La federazione è accusata di aver incoraggiato forme di doping e di essersi appropriata illegalmente di fondi non suoi, compresi 700mila dollari messi a disposizione da uno sponsor tecnico per lo sviluppo dell’atletica in Kenya.

È GENOCIDIO.

Un’escalation di violenza annunciata in Burundi Di Francesco Raimondi “Credete che non possiamo dare l’ordine di lavorare? Ditegli che, se hanno un fucile, che lo consegnino e non gli faremo nulla. Se i nostri inizieranno a lavorare, faranno come in Somalia”. Queste le criptiche parole registrate di nascosto a Ndikuriyo, il Presidente del Senato della seconda nazione più povera del mondo, il Burundi.

LIBERIA Nel Paese, già l’epicentro di diffusione del virus negli ultimi anni, si registrano questa settimana nuovi casi di ebola, nonostante l’epidemia fosse stata dichiarata debellata da settembre. Le autorità sanitarie hanno segnalato altri Il significato che soggiacetre casi a Monrovia, tra cui un bambino rebbe al “lavoro” cui si fa di 10 anni. Un ragazzo di 15 anni è morto a causa del virus in questi giorni. riferimento è agghiacciante: secondo numerose fonti indipendenti del Paese alluderebbe, infatti, ad un piaA cura di Sara Corona no genocida paragonabile a quello rwandese del 1994, studiato dal governo e denominato appunto Kora Kora, “lavora lavora”, teso ad eliminare la minoranza tutsi presente sul territorio. Il Presidente Nkurunziza - a capo del partito hutu CNDDFDD - vede, infatti, nei tutsi (che rappresentano il 14% dei circa 10 milioni di abitanti totali) la principale componente dell’opposizione che gli contesta l’illegittimità del terzo mandato da lui recentemente assunto.

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Numerose testimonianze oculari avrebbero dimostrato la presenza del gruppo terroristico rwandese Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR) nel

Paese, insieme con quella di mercenari somali, congolesi e angolani, il cui aumento sarebbe dovuto alle diserzioni dei soldati regolari e delle forze di polizia burundesi. Il regime era, infatti, consapevole che, a differenza del Rwanda, la maggior parte degli Hutu, soprattutto nella capitale e nelle principali città non avrebbe risposto all’appello genocida, opponendovisi in difesa delle istanze democratiche sostenute dalle frange ribelli, e così è stato. Nonostante questo, però, il massacro sarebbe iniziato: alle 300.000 vittime della guerra civile del 1993-2004 si aggiungerebbero ora le centinaia di persone che in questi giorni sarebbero state brutalmente assassinate dai miliziani filo-governativi. Il 24 novembre la Casa Bianca ha sanzionato quattro alti funzionari burundesi, avendo ricevuto “molteplici, credibili, e ripetute segnalazioni di uccisioni mirate, arresti arbitrari, torture e repressione politica per mano delle forze di sicurezza e di giovani milizie affiliate al partito al governo” nel Paese. Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ha poi condannato fermamente l’escalation di violenza, per fermare la quale la Francia non esclude un’operazione di peacekeeping attraverso l’azione dei caschi blu.


SUD AMERICA

7 Giorni in 300 Parole

CILE Enel guarda verso l’America Latina. Il 26 novembre l’azienda italiana ha notificato l’intenzione di stipulare numerosi accordi con la Empresa Nacional de Electricidad (Endesa Chile, controllata da Enersis). Il piano prevede che Enel condivida con l’azienda cilena numerosi piani di sviluppo tra cui quello che riguarda le energie rinnovabili. VENEZUELA Luis Manuel Diaz, membro del partito Azione Democratica (AD) e oppositore del premier Maduro, è stato ucciso durante un comizio politico il 26 novembre 2015. Henry Ramos Allup, presidente del partito, ha successivamente scritto su twitter: “Luis Manuel Diaz, segretario generale di Azione democratica ad Altagracia de Orituco (Stato di Guarico) è stato ucciso a colpi di arma da fuoco”.

LE ECONOMIE LATINOAMERICANE SI ALLARGANO I Paesi latino-americani e l’asse pacifico-Asiatico.

Di Stefano Bozzalla Cassione Per la prima volta anche i rappresentati della Colombia (assieme a Cile, Messico e Perù, membri da quasi vent’anni) sono stati invitati a partecipare congiuntamente agli altri membri della Pacific Alliance al Summit APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), tenutosi nelle Filippine nel mese di novembre.

I 4 membri del blocco commerciale Pacific Alliance hanno espresso soddisfazione per la possibilità di partecipare all’importante forum multilaterale; al tavolo 21 Paesi, compresi gli Stati Uniti PERÙ Il 26 novembre, il sud-ovest del Paese è d’America, la Cina e il Giapstato colpito da un terremoto di magni- pone. tudo 7,6. La scossa è stata avvertita in tutta la zona meridionale e centrale del Il presidente peruviano, OlPerù, in Brasile, in alcune regioni delle lanta Humala, ha dichiarato: “C’è stato un riconoscimento Bolivia, del Cile e dell’Argentina. da parte dei Paesi membri dell’APEC nei confronti delCOLOMBIA Timoleonte Jimenez, detto “Timo- la Pacific Alliance in quanto shenko”, capo dell’organizzazione rappresenta oggi un modello guerrigliera FARC ha accettato l’invi- ambizioso sulla falsariga del to del primo ministro colombiano Juan libero mercato”. Manuel Santos ad accelerare le trattaL’invito alla Colombia a tive di pace. partecipare al meeting, nonostante non sia membro BOLIVIA Il primo ministro russo Vladimir Putin dell’APEC a causa di una moe il presidente boliviano Evo Morales si ratoria che ha afflitto diversono incontrati a Teheran per discutere si Paesi negli ultimi 25 anni, di una cooperazione bilaterale riguar- testimonierebbe proprio il dante i settori dell’alta tecnologia e riconoscimento dell’importanza economica e commerdell’ingegneria elettrica. Putin e Morales hanno, inoltre, discus- ciale della Pacific Alliance. so di una collaborazione in ambito tecnico-militare.

Il presidente del Messico Enrique Peña Nieto ha approfittato del meeting per proporre l’istituzionalizzazione del dialogo tra l’Alleanza del Pacifico e l’APEC. L’intenzione sarebbe quella di creare un gruppo di lavoro apposito che spinga sulla cooperazione per questioni di interesse comune, come le piccole e medie imprese, l’integrazione economica regionale e lo sviluppo del capitale umano. Per arrivare a questa cooperazione è già stata proposta un’iniziativa concreta, ovvero la creazione di un fondo di venture capital dell’ammontare iniziale di 100 milioni di dollari, operativo dal 2017. La presenza dei Paesi latino-americani in patti di natura economico-commerciale nell’aera pacificoasiatica non è limitata soltanto a quest’alleanza. Cile, Messico e Perù, infatti, fanno anche parte Trans-Pacific Partnership (TPP), formato da 12 paesi che rappresentano ben il 40% dell’economia mondiale. Quindi l’asse pacifico-asiatico ha sempre più interesse a coinvolgere in trattative e commerci le economie latino-americane che, in questa fase di cambiamento e crescita, acquisiscono sempre più peso all’interno delle dinamiche economiche mondiali.

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ARGENTINA Domenica 22 novembre il liberale Mauricio Macri è stato eletto presidente. Macri, leader della coalizione ”Cambiems “ ha sconfitto al ballottaggio con il 51,4% delle preferenze l’avversario Daniel Scioli della coalizione “Frente para la victoria” . EQUADOR Il FUT (Frente Unitario de los Trabajadores) ha annunciato che organizzerà una manifestazione per protestare contro gli emendamenti costituzionali che non pongono limiti temporali alla rielezione del Presidente.

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A cura di Sara Ponza

¡VIVA MAURICIO!

La rivoluzione politica dell’Argentina Di Daniele Pennavaria Prima delle elezioni politiche argentine del 25 ottobre, ben pochi avrebbero scommesso su di lui, nemmeno quelli che si erano accorti di quanto fosse traballante la candidatura di Daniel Scioli, l’uomo scelto dalla presidente Cristina Fernández de Kirchner per la campagna del Partito Giustizialista. Eppure, lo scorso mese, Mauricio Macri ha raggiunto l’obbiettivo di arrivare ad un ballottaggio contro il suo avversario filogovernativo, su cui ha poi prevalso nella seconda votazione del 22 novembre. Con una coalizione (Cambiemos) guidata da Proposta Republicana (PRO), il partito fondato dal presidente entrante, nato soltanto nel 2005, Macri è riuscito a interrompere la serie di governi di stampo peronista nel Paese. Al di là del nome della coalizione, la sua elezione è un fatto storico. Da quasi un secolo, infatti, gli argentini non eleggevano un presidente democratico che non fosse peronista o radicale. Questo è prima di tutto un segnale forte alla leadership da parte di una nazione che ha bisogno non solo di volti nuovi, ma anche di un nuovo slancio, soprattutto se vuole mantenere la posizione di terza economia latinoamericana. Le misure che il PRO propone in questo senso sono di stampo liberale, incentrate sulla promessa di mobilità sociale e sulla lotta alla corruzione e agli sprechi all’interno dell’amministrazione pubblica.

Macri si è guadagnato la fiducia di parte dell’opposizione - che lo ha, infatti, sostenuto - e ora anche degli argentini. Il suo percorso, dai quartieri agiati di Buenos Aires alla dirigenza del Boca Junior – importante squadra calcistica della sua città – fino al municipio della capitale, arriva ora al suo apice, ma dovrà raggiungere i risultati che ha conseguito nelle passate cariche per consolidare il consenso popolare. Il pensiero del clima post elettorale, come sempre, volge alle promesse da mantenere, anche data l’incidenza sul suo trionfo elettorale del voto di scontento di molti argentini che ora desiderano vedere nei fatti i cambiamenti a lungo attesi. Per imporre realmente una svolta rispetto alla costante peronista, che pareva ormai connaturata in Argentina, la strada di Macri inizia adesso, tentando di riconciliare con la politica una larga fetta della popolazione che dalla crisi del 2001 vi si era allontanata progressivamente e fronteggiando quelli che sono i primi attacchi alla sua leadership. Sono state, infatti, avviate delle indagini a proposito dei contratti per la pubblicità della campagna elettorale del PRO e questo potrebbe porre in cattiva luce il Presidente entrante, specialmente alla luce delle sue affermazioni contro la corruzione.


MSOI thePost Torino Ogni settimana un focus sulle nostre attività

4 RISOLUZIONI IN 4 GIORNI Di Stefano Bozzalla Cassione Il Simulation Game di M.S.O.I. Torino consiste in una simulazione di una seduta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, durante la quale i partecipanti diventano diplomatici per un giorno, rappresentando fedelmente di fronte agli altri delegati la posizione dello Stato loro assegnato rispetto ad una questione di rilevanza internazionale.

ad una risoluzione sul difficile e delicato tema della Seconda Guerra del Golfo del 2003. Una grandissima partecipazione da parte di delegati davvero preparati sul topic ha permesso dibattiti e confronti appassionati ed appassionanti, contribuendo ad innalzare il livello del MUN MSOI Torino anche quest’anno.

Ripudiando in linea generale l’intervento militare, tutte e quattro le giornate di simulazioSi è conclusa giovedì l’edizione di quest’anno, ne hanno condotto ad una risoluzione decisadopo 4 giorni, 4 sedute del Consiglio di Si- mente più diplomatica, che avrebbe condotto curezza dell’ONU e 4 risoluzioni approvate. il corso della storia verso scenari futuri forse più orientati alla pace. Ma d’altronde il bello 120 partecipanti hanno rappresentato le quin- della simulazione è anche questo, immaginadici nazioni del Consiglio cercando di arrivare re come sarebbe andata se…

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