Msoi thePost Numero 13

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MSOI thePost

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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, desidera proporsi come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulterà riconoscibile nel mezzo di informazione che ne sarà l’espressione: MSOI thePost non sarà, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE: Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Giada Barbieri, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Simona Graceffa, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Andrea Mitti Ruà, Giulia Mogioni, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Silvia Perino Vaiga, Emanuel Pietrobon, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Silviu Rotaru, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Francesco Turturro, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole GRAN BRETAGNA To Brexit or not to Brexit. Gli ultimi sondaggi mostrano il Paese su due fronti: il 38% dei cittadini è in favore dell’uscita dall’UE, mentre il 37% vuole restare. Secondo il sondaggio, l’’effetto Boris Johnson - il sindaco di Londra ha aderito alla campagna per l’uscita dall’Europa - è stato per ora limitato.

BELGIO Il Belgio sospende temporaneamente il Trattato di Schengen sul confine con la Francia, per paura di un flusso di immigrati respinti dal campo di Calais. L’annuncio arriva direttamente dal ministro degli Interni Jan Jambon, che ha tenuto a precisare di averlo già comunicato alla Commissione Europea. Il Tribunale Amministrativo francese ha intanto autorizzato l’espulsione dei migranti dal campo di Calais, respingendo il ricorso fatto dagli stessi profughi e da alcune associazioni.

GERMANIA Il Bundestag ha approvato a larga maggioranza le norme sull’inasprimento delle misure inerenti il diritto d’asilo, già varate a novembre dal governo. Il testo passa ora al Bundesrat per ottenere l’approvazione definitiva.

EUROPE WITHOUT ENGLAND? il paradosso di un’Unione sempre più divisa Di Federica Allasia “L’UE cui tutti noi aspiriamo ha perso il suo potere magico; vogliamo tutti farne parte, ma non si tratta più di un grande sogno come in passato”: così il primo ministro serbo Vučić ha riassunto la situazione attuale. Negli ultimi anni si è, infatti, assistito ad un progressivo venir meno non soltanto del potere attrattivo dell’Unione Europea, ma anche di quel sentimento genuino che nel lontano 1957 aveva spinto sei Stati a porre le basi di una Comunità Europea. Tale Comunità era destinata a divenire una Unione di interessi politici, economici e sociali, capace di ergersi al di sopra dei nazionalismi e di garantire quella pace e quella prosperità che i due conflitti mondiali avevano compromesso. Attualmente sono sempre più numerose le correnti antieuropeiste che rischiano di mettere in crisi la stabilità dell’Unione. A preoccupare i mercati non sono però i proclami di partiti euroscettici, quali Front National o Lega Nord, ma la presa di posizione del sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson. Acceso sostenitore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, egli è una pedina fondamentale sulla scacchiera del referendum che il prossimo 23 giugno porrà gli inglesi di

fronte alla complicatissima scelta relativa alla permanenza o meno nell’Unione. Secondo Johnson, una vittoria della Brexit al referendum garantirebbe un nuovo negoziato con Bruxelles, consentendo alla Gran Bretagna di puntare a condizioni migliori rispetto a quelle ottenute lo scorso 20 febbraio dal premier Cameron. L’accordo Regno Unito-UE, con il quale si rafforza lo status di “membro speciale” della Gran Bretagna, prevede la riduzione dei benefici fiscali concessi ai cittadini provenienti da altri Paesi dell’UE, una maggiore indipendenza dall’Unione delle società finanziarie con sede nel Regno Unito e la garanzia che la Gran Bretagna “non farà mai parte del super Stato europeo, né mai di un esercito europeo”. Nel suo intervento alla Camera dei Comuni, Cameron ha invece affermato che “l’uscita dall’UE sarebbe un salto nel buio economico che minaccerebbe la sicurezza economica e nazionale del Paese”. Il Primo Ministro non sembra peraltro essere l’unico a pensare che, per guidare l’Europa, la Gran Bretagna debba necessariamente continuare a farne parte: dopo l’annuncio della data del referendum e le pronunce di Johnson a favore dell’uscita dall’UE, la sterlina britannica ha perso l’1,3% sul dollaro, piombando ai minimi da 7 anni.

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EUROPA Tra le proposte della normativa: creazione di 5 centri per i migranti con scarse possibilità di ottenere asilo, misure per velocizzare procedure di asilo e rimpatrio, contributo obbligatorio di 10 euro mensili per i richiedenti asilo ammessi a corsi di lingua tedesca. SPAGNA Il partito della sinistra radicale Podemos ha rotto le trattative con i socialisti del PSOE. Il contenzioso riguarda l’investitura, prevista per la settimana prossima, del leader della controparte Pedro Sanchez come Primo Ministro. In precedenza era stato siglato l’accordo fra i socialisti e il partito liberale di centro Ciudadanos.

ITALIA La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per il rapimento e la detenzione illegale dell’ex imam Abu Omar. L’Italia è colpevole del reato di tortura e maltrattamenti e di aver applicato corettamente il principio del segreto di Stato, assicurando che i responsabili dei fatti “non dovessero rispondere delle loro azioni”. PORTOGALLO Il Premier portoghese ha scritto una lettera agli esecutivi di Austria, Grecia, Italia e Svezia dicendosi pronto ad accogliere 10.000 migranti per contrastare l’invecchiamento della popolazione. A cura di Giada Barbieri 4 • MSOI the Post

LA GRANDE SCOMMESSA SU DEUTSCHE BANK Se Atene piange, Berlino non ride

Di Michelangelo Inverso Se le banche greche o italiane sembrano sempre in crisi, questa pare non essere una sindrome solo mediterranea. Negli ultimi 12 mesi, infatti, il primo gruppo bancario tedesco, Deutsche Bank, ha visto calare di oltre il 45% il proprio peso a Francoforte, passando da un valore di capitalizzazione borsistica di 40 miliardi a uno di circa 20. La Deutsche Bank è vincolata alla redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali, gli IAS/IFRS, che implicano, tra le altre regole, l’iscrizione dell’attivo al fair value, ovvero al valore di mercato. Durante i cicli economici espansivi, gli asset in bilancio assumono un maggior valore e viceversa. Infatti, un requisito IAS è l’immediatezza dell’iscrizione del valore, per consentire agli investitori di effettuare le relative valutazioni ed evitare di illuderli con un valore non rappresentativo degli asset. Oggi ci troviamo in una situazione di ribasso sui mercati internazionali, di conseguenza l’attivo sarà molto basso e si riscontreranno ingenti perdite dovute alle svalutazioni. Ma Deutsche Bank, approfittando delle difficoltà oggettive di valutazionedeiprodottifinanziari

derivati e avvalendosi di modelli di valutazione arbitrari, non ha svalutato correttamente e tempestivamente questi prodotti, con l‘obiettivo di presentare un bilancio meno tetro di quanto non lo realmente (già Lehman Brothers operò in modo simile a suo tempo). Questi prodotti, essendo titoli tossici, sono per il 96% difficilmente i vendibil sul mercato. Molti sono ancora garantiti da mutui subprime, quelli della crisi Lehman Brothers. Tutto ciò è dovuto al fatto che Deutsche Bank ha portato avanti una gestione poco chiara degli affari sui mercati finanziari. Pur di entrare nella cerchia della finanza che conta, quella di Wall Street, ha privilegiato, infatti, un incremento quantitativo anziché setacciare il mercato in cerca di asset sicuri. Questa situazione è emersa ultimamente con forza sempre maggiore e i timori di un possibile crack di Deutsche Bank si sono fatti oggi più concreti: gli investitori hanno iniziato a scommettere sul suo fallimento. Se questi segnali divenissero reali, allora un rischio Lehman Brothers esisterebbe anche in Europa, anzi, in Germania, il Paese che sinora ha sorvegliato i partners europei.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole USA Mercoledì 24 febbraio – Donald Trump conquista il Nevada con il 45% dei voti e si aggiudica la terza vittoria consecutiva dopo il New Hampshire e il South Carolina. A seguirlo Marco Rubio e Ted Cruz, pronti ad affrontare strategicamente il Super Tuesday del primo marzo. Martedì 23 febbraio – Entro la fine dell’anno Guantanamo deve essere chiusa. Identificati 13 siti idonei all’accoglimento dei detenuti da trasferire. Il Presidente Obama, in conferenza stampa, ha presentato il nuovo piano di chiusura della struttura penitenziaria e, intenzionato a raggiungere questo obiettivo entro il termine del suo mandato, si prepara a combattere contro i membri del Congresso, a repubblicani e non solo. Costi elevati e pericolo per la sicurezza nazionale sono tra le principali motivazioni portate avanti dal Presidente.

Lunedì 22 febbraio – Raggiunta l’intesa finale tra Stati Uniti e Russia per il raggiungimento di una tregua in Siria. Il cessate il fuoco tra il regime di Bashar al Assad e i gruppi ribelli è atteso a partire dalla mezzanotte di sabato 27 febbraio, ma i termini dell’accordo raggiunto dovranno essere accettati dalle forze coinvolte nel conflitto entro mezzogiorno del precedente giorno. Restano escluse dall’intesa le milizie dello Stato Islamico e di Al-Nusra, affiliato locale di Al-Qaeda, contro le quali proseguiranno le operazioni

CESSATE IL FUOCO!

L’accordo con la Russia per interrompere le azioni militari nella regione

Di Simone Potè

Il 22 febbraio 2016 Vladimir Putin e Barack Obama hanno avuto un contatto telefonico nel quale hanno ufficializzato i termini per il cessate il fuoco in Siria: entrambi sembrano fiduciosi. Dopo settimane di lavori negoziali che hanno visto impegnati il segretario di Stato USA, John Kerry, e il suo omologo russo, Serghei Lavrov, la conferma arriva direttamente dai rispettivi capi di Stato. In realtà, l’intesa era già stata trovata a Monaco il 12 febbraio e prevedeva una cessation of hostilities per il 20 febbraio, ma i risultati erano stati fallimentari. In entrambi i casi, la tregua esclude Daesh, il fronte Al Nusra (gruppo estremista affiliato ad Al-Qaeda) e altre organizzazioni considerate «terroriste» dall’ONU. C’è già chi ha interpretato i recenti massacri ad Aleppo come la volontà di ostacolare ogni tentativo di coalizione. Questa, infatti, isolerebbe i diversi gruppi, escludendoli dai giochi di potere nell’area. L’opposizione USA-Russia, inoltre, ha sinora favorito il terrorismo. I due Paesi giocano un ruolo fondamentale nella regione. Gli Stati Uniti supportano i ribelli al regime di Assad, i quali, ormai 5 anni fa, nel contesto della Primavera Araba, hanno avviato la lotta per l’im-

posizione di una reale democrazia, lotta che è poi sfociata nella guerra civile attuale. La Russia sostiene invece Assad nella lotta contro i ribelli. Inoltre, la zona è interessata dalla presenza delle milizie curde che tentano di difendere la propria minoranza sia da Assad sia da Stato Islamico e movimenti affini. Con questo cessate il fuoco si avvierebbe una cooperazione più efficace e focalizzata contro Daesh e Al Nusra, alleviando la tensione della guerra civile e permettendo l’invio di aiuti alla popolazione. L’inviato speciale ONU Staffan de Mistura sembra positivo a riguardo e ha dichiarato che «non si può trattare mentre si combatte»; la tregua rappresenterebbe quindi una tappa fondamentale. Tuttavia non mancano gli scetticismi di fronte al secondo cessate il fuoco in due settimane: Stati Uniti e Russia non sarebbero attori credibili nella regione, considerati gli interventi fallimentari dei primi nel corso degli anni e le costanti violazioni da parte della seconda delle norme internazionali e nelle tregue precedenti. Altri critici sostengono poi che manchi una reale volontà delle parti di costruire un percorso di pace, laddove non vi è neppure consenso sulla definizione di gruppi terroristi. MSOI the Post • 5


NORD AMERICA militari di bombardamento. Sabato 20 febbraio - “Nos vemos en La Havana”. Si è concluso con queste parole il consueto discorso settimanale del Presidente statunitense. Il leader americano si prepara a quello che, il prossimo 21 e 22 marzo, diventerà uno storico incontro con Raul Castro. Durante il suo discorso Obama ha ricordato i “grandi progressi effettuati nel normalizzare le relazioni con Cuba”, sottolineando “l’importanza della promozione dei valori americani a sostegno del popolo cubano”. CANADA Entro il 22 febbraio il Canada avrà posto completamente fine alle operazioni di bombardamento dei centri di interesse appartenenti allo Stato Islamico in Siria e Iraq. Scaduto il termine, l’intervento canadese, come già in precedenza comunicato dal primo ministro Justin Trudeau, avrà come obiettivo primario il solo addestramento delle truppe locali ed una possente missione umanitaria dal valore di 602 milioni di dollari da svolgere nei territori bombardati. \

A cura di Erica Ambroggio

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CUBA - STATI UNITI: LA SVOLTA

Una ritrovata alleanza nel segno della realpolitik Di Alessandro Dalpasso

massimo di contante che un cubano residente negli USA può inviare, El bloque, l’embargo. Questo è ogni trimestre, a casa. l’ultimo ostacolo rimasto prima di Infine, gli Stati Uniti hanno rivisto tornare ad una totale normalizza- il ruolo di Cuba sullo scacchiere inzione dei rapporti tra gli Stati Uniti ternazionale, revocando lo status di e Cuba. Ma il disgelo fra i due Paesi Paese sponsor del terrorismo: ciò procede e, dopo le dichiarazioni del permetterà, sul piano diplomatico, 17 dicembre 2014, sembra che un un margine di manovra maggiore e ulteriore passo avanti possa con- fino ad oggi impossibile. cretizzarsi questa primavera con la visita di Obama a L’Avana (in pro- Quanto all’embargo, Obama ha digramma per il 21 e 22 marzo). Sarà chiarato di volerlo rimuovere, ma il primo Presidente statunitense a per farlo ha bisogno del voto favorecarsi sull’isola dopo Calvin Cooli- revole del Congresso, ora in mano dge, la cui visita risale al 1928. ai Repubblicani. Potrebbe anche ricorrere a un ordine esecutivo e Partendo dal pretesto di uno scam- procedere per via presidenziale bio di prigionieri, è già in vigore un alla rimozione. primo accordo tra i due Paesi che va oltre la riapertura dei colle- Si stima che in 54 anni il blocco gamenti aerei: non solo sarà più sia costato 1.2 miliardi di dollafacile per gli americani andare a ri l’anno di mancati introiti. Cuba fare visita ai propri parenti rimasti aveva negli USA il maggior partner a Cuba, ma sono anche state ria- commerciale, verso cui esportava il perte le ambasciate nelle rispetti- 60% dei suoi prodotti e da cui imve capitali. Inoltre, gli statunitensi portava il 70% delle merci (il prinpotranno riportare in patria fino a cipale partner commerciale de L’A$400 di prodotti acquistati in loco vana attualmente è il Venezuela). ed è stato alzato a $2.000 il limite


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole LIBANO L’Arabia Saudita ha ritirato l’offerta di finanziamento all’esercito del Libano, in seguito alla decisione di Beirut di non allinearsi agli altri Paesi della regione nel condannare l’Iran, comunicata durante l’ultimo incontro della Lega Araba. Ha inoltre diminuito il personale diplomatico sul posto e consigliato ai propri cittadini di lasciare il Libano per motivi di sicurezza. Hanno seguito la decisione del regno wahhabita anche Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Kuwait. SIRIA Il regime siriano e i ribelli, su pressione della coalizione internazionale capeggiata da Stati Uniti e Russia, hanno accettato una tregua di due settimane. Un cessate il fuoco parziale, che non comprende né lo Stato Islamico né il fronte jihadista al-Nusra, ma che servirà – se rispettato – ad avviare delle negoziazioni e permetterà alle Nazioni Unite di entrare nel Paese per portare gli aiuti umanitari necessari alla popolazione. Secondo Mosca, sia l’Iran sia l’Arabia Saudita sostengono la tregua.

EGITTO Il governo egiziano ha decretato l’ordine di chiudere il Centro El Nadeem per la Riabilitazione delle Vittime di Violenza. Il centro, di fondamentale importanza in Egitto, ha accolto vittime di abusi sessuali, torture e violenze di qualsiasi genere.

“SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COM’È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI” Il voto in Iran e i suoi retroscena

Di Lorenzo Gilardetti È iniziata il 18 febbraio scorso la breve finestra di campagna elettorale. Una settimana per accompagnare al voto gli iraniani, chiamati ad esprimersi il 26 febbraio riguardo al Parlamento e all’Assemblea degli Esperti, l’organo incaricato alla scelta del leader supremo. Se è difficile parlare di vere e proprie “fazioni”, si può però fare riferimento ad una questione cruciale: i rapporti con il mondo occidentale. Essi determinano la politica estera del Paese che negli scorsi mesi sembra aver trovato un compromesso sulla questione del nucleare, ma identificano anche i gruppi politici. Da una parte ci sono i fedeli all’ayatollah Ali Khamenei, integralista e conservatore col timore delle infiltrazioni statunitensi negli affari politici iraniani e di un’apertura democratica. Dalla sua parte l’Assemblea degli Esperti e soprattutto il Consiglio dei Guardiani, ovvero l’organo incaricato di ratificare le candidature per Parlamento e Assemblea (ma che di fatto applica una corposa selezione), i cui membri sono nominati dall’ayatollah stesso. Dall’altra parte i sostenitori del capo dell’esecutivo, Rouhani. Il primo presidente iraniano a far visita agli Stati europei, moderato, con un programma che strizza l’occhio ai più riformisti,

ha registrato un aumento del consenso, dopo aver sgravato il Paese dalle pesanti sanzioni internazionali per la questione del nucleare, e ha in agenda nuovi accordi sempre più mirati alla collaborazione perpetua con l’occidente. In 12.123 i candidati per i 290 seggi in Parlamento, che il Consiglio dei Guardiani ha già scremato a 6.300: se quelli vicini a Khamenei sono stati immediatamente approvati, quelli legati a Rouhani sono stati respinti in gran numero e probabilmente arriveranno alle elezioni decimati, in 30 su circa 3.000, e tra quelli dichiarati ineleggibili spiccano 50 membri attuali del Parlamento. Per quanto riguarda l’Assemblea invece, ce l’hanno fatta 165 su 810, ma tra loro, deliberatamente, non ci sono donne. Se si può ingenuamente pensare di seguire delle elezioni effettivamente determinanti per il futuro dell’Iran, bisogna essere consapevoli che solo una questione è di comune interesse per i due vertici della Repubblica Islamica: la conservazione del regime e del potere. La rivalità sta solo nel modo diverso di intenderla. L’Iran a breve affronterà grandi problemi legati alla crisi economica del Paese e alla successione dell’ayatollah, ma una cosa è certa: chi vincerà sarà comunque ininfluente. Anche se tutto cambia, tutto resta uguale. MSOI the Post • 7


MEDIO ORIENTE Human Rights Watch e Amnesty International hanno duramente condannato la decisione di chiudere uno dei centri più importanti per la difesa dei diritti umani in Egitto. I responsabili di El Nadeem hanno accusato il governo di aver attuato una pratica sistematica per chiudere tutti i centri di protezione dei soggetti vulnerabili e di essere dei perpetratori di torture. Il governo ha però negato, riconducendo le torture ad episodi isolati e non continuativi. Il presidente Al-Sisi ha dichiarato che l’abbattimento dell’aereo russo dello scorso Ottobre è stato un attacco terroristico volto ad incrinare i rapporti tra Egitto e Russia.

IRAN Le elezioni legislative si svolgeranno in un momento di apertura internazionale per Teheran, successiva alla fine delle sanzioni e all’accordo sul nucleare,. Venerdì 26 febbraio il popolo iraniano sceglierà tra oltre 4.900 candidati (inizialmente superavano i 6.000, ma poi molti sono stati esclusi o si sono ritirati in favore di altri candidati), di cui il 10% donne. Le persone da eleggere sono 260 membri del Parlamento e 88 membri dell’Assemblea degli Esperti. A cura di Lucky Dalena

BREVE STORIA DEI FRATELLI MUSULMANI Parte II: l’eccezione giordana

Di Martina Terraglia I Fratelli Musulmani hanno sempre incontrato l’opposizione dei governi. Eppure, la Giordania ha rappresentato un’eccezione, almeno fino agli anni ’90. La Giordania ha basi socio-politiche deboli. Nel 1921, la Gran Bretagna ne affida il governo a uno sharif della Mecca, Abdallah, discendente del Profeta. L’appartenenza alla dinastia profetica garantisce legittimità a un governo fondato su legami tribali e clientelari. Il carattere religioso della monarchia lascia una sostanziale autonomia a un movimento islamista come quello dei Fratelli Musulmani, giunti nel 1945. La relazione col governo diventa sempre più stretta: nel 1970, in occasione di settembre nero, la Fratellanza appoggia le istituzioni giordane nella repressione della rivolta palestinese. La mossa, per quanto rischiosa, si dimostrerà vincente: venuta meno la fede nell’OLP, anche i Palestinesi profughi in Giordania iniziano a guardare ai Fratelli Musulmani come ai loro portavoce. L’islamismo politico penetra in vari strati della popolazione, soprattutto nei ceti medi e popolari, attratti dalle promesse di welfare della Fratellanza, e nei Palestinesi. È importante ribadire il fattore unificatore rappresentato alla Fratellanza. Paese costruito a tavolino, la Giordania è un crogiolo di etnie (Arabi, Circassi e Ceceni) e religioni (musulmani e cristiani). I Fratelli Musulmani hanno sempre garantito che la popolazione restasse unita al Re, anche grazie a un processo di profonda islamizzazione; in cambio, hanno ottenuto l’egemonia sulla società civile, senza però accaparrarsi il potere politico. Incarnate le esigenze della popolazione, tra gli anni ‘70 e ‘80 i Fratel

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li Musulmani iniziano a interessarsi anche a un altro ambito: il mercato. È al Movimento che si deve la Jordan Islamic Bank, la prima banca islamica giordana: attirando soprattutto gli appartenenti al ceto medio islamizzato, la banca islamica rappresenta per la Fratellanza una nuova via per ottenere il controllo della società civile, laddove quello politico gli è ancora precluso. Il sempre maggiore interesse per il mercato e la crescente influenza esercitata sulla componente palestinese da Hamas porteranno alla crisi interna del movimento negli anni ‘90. Si crea una scissione all’interno della Fratellanza: da un lato, i moderati del ceto medio educato giordano, che faticano a tenere la situazione; dall’altro, l’ala palestinese più movimentista, che chiede azioni più dirette. Il dualismo diviene incoerenza politica e porterà monarchia e governo a diffidare dei Fratelli Musulmani e ad aumentare le repressioni nei loro confronti. Attualmente, il ruolo dei Fratelli Musulmani in Giordania è incerto: con la crisi siriana, nuove ondate di profughi raggiungono un Paese la cui coesione sociale è da sempre in bilico. Tuttavia, se in passato la Fratellanza aveva garantito la coesione del Paese, l’attuale controllo a cui è sottoposta le rende difficile svolgere un simile ruolo. La situazione potrebbe rapidamente cambiare, soprattutto in seguito ai successi elettorali ottenuti dal Movimento in Tunisia ed Egitto dopo le primavere arabe e in vista di una possibile salita alla ribalta dei Fratelli Musulmani siriani.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole BALCANI Il portavoce dell’UNHCR Filippo Grandi ha espresso preoccupazioni per le restrizioni sul passaggio di migranti attraverso i confini balcanici: ciò implicherebbe rallentamenti del flusso di persone in fuga. A questa constatazione si aggiunge il monito dell’U.E., che auspica una maggiore cooperazione tra i Paesi interessati: Albania, Bosnia, Bulgaria, Kosovo, Croazia, Grecia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia. Il 24 febbraio si è svolto un incontro per definire regole procedurali comuni da adottare, dopo le proposte avanzate la settimana precedente a Zagabria. Il premier ellenico Tsipras si è lamentato dell’esclusione dai colloqui, indirizzando il suo disappunto ai vertici dell’Unione. Tra le proposte, un documento unico sul quale apporre il timbro ad ogni frontiera attraversata dai migranti, aiuti sostanziali alla Macedonia e l’istituzione di un maggior numero di punti di accoglienza. Infine è stata confermata l’accoglienza solo ai “rifugiati”.

CECENIA A pochi giorni dall’anniversario dell’omicidio dell’oppositore politico Boris Nemtsov, Ilya Yashin, suo collega nel partito Parnas, ha accusato pubblicamente il Cremlino di sostenere il presidente in carica ceceno Razdan Kadyrov. Secondo le accuse, Kadyrov

LA CRIMEA E LA SUA ANNESSIONE ALLA RUSSIA Come vivono e come vivevano i 2 milioni di abitanti della penisola

Di Giulia Andreose Sono ormai passati due anni da quando, nel marzo 2014, il governo della Crimea ha votato per la secessione dall’Ucraina e la richiesta di annessione alla Federazione Russa. Secondo le autorità locali, il 97% della popolazione della Crimea, chiamata al voto senza il beneplacito di Kiev, si sarebbe espresso a favore dell’annessione alla Russia. I gruppi etnici ucraini e tatari, contrari a un riavvicinamento della Crimea a Mosca, hanno invece boicottato i seggi. La comunità internazionale ha ritenuto il referendum illegittimo, in quanto violava il diritto internazionale e la Costituzione Ucraina. È stato, invece, ritenuto valido dalla Russia. Dopo che Gazprom, il principale produttore russo di gas naturale, ha annunciato la sospensione delle sue forniture a Kiev e ha minacciato di sospendere quelle di carbone, i contrasti tra i due Paesi sono peggiorati. Nel novembre del 2015, dopo il sabotaggio delle linee elettriche che ha lasciato al buio la Crimea, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza. La penisola e i suoi due milioni di abitanti, si stanno affidando a generatori d’emergenza per soddisfare le proprie esigenze

elettriche di base. Putin a dicembre è andato in Crimea per inaugurare la prima parte del ponte energetico con la Russia che sarà completato nel mese di maggio. Crisi energetica a parte, l’annessione alla Russia non ha risposto alle aspettative dei cittadini, i quali, pur riconoscendo che alcuni servizi (come ospedali e scuole) sono migliorati, lamentano una situazione nel complesso peggiore. I maggiori disagi derivano dal fatto che non si possono più fare acquisti e operazioni bancarie online e la burocrazia è sempre più opprimente. Inoltre, l’embargo sui prodotti europei ha sensibilmente ridotto l’offerta di beni alimentari. Qualsiasi movimento verso l’estero, dovendo passare per Mosca, è diventato più complicato e costoso. Secondo Reuters, il primo ministro della Crimea Sergei Aksyonov ha affermato che il consenso verso Putin in Crimea e è quasi al 100% e che nove persone su dieci sostengono l’annessione alla Russia. A prescindere dalla veridicità di questi dati, qualora le difficoltà economiche in cui si trovano la Russia e la Crimea non venissero risolte al più presto il consenso verso Putin potrebbe risentirne notevolmente. MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI può fare affidamento su una formazione militare tra le meglio organizzate nell’area grazie a miliardi di dollari di finanziamento provenienti da Mosca. Parnas vuole sottolineare la minaccia che può costituire questa collusione tra i poteri forti dei due Paesi. RUSSIA Tra il 2002 e il 2014 le spedizioni geografiche russe in Antartide si sono fatte sempre più frequenti. Il 9 febbraio Mosca ha richiesto una revisione dei confini antartici che includa nel dominio russo le aree sottoposte ai nuovi studi. Le altre nazioni presenti nella regione non si sono formalmente opposte, ma alcune hanno implementato la presenza militare nell’area, esattamente come la Russia.

LE FERITE DEL KOSOVO

Il governo kosovaro si trova sotto pressione sul piano interno e internazionale

Di Daniele Baldo Lo scorso venerdì alcuni membri dell’opposizione del Parlamento del Kosovo hanno lanciato diverse bombolette di gas lacrimogeno in aula. L’episodio è solo l’ultimo di una serie di numerose proteste contro la corruzione del Paese, l’alto livello di disoccupazione e gli accordi diplomatici che il governo ha stipulato con Serbia e Montenegro. Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, ottenendo il riconoscimento da parte di molti Paesi, tra cui i membri dell’Unione Europea e gli Stati Uniti.

KAZAKHISTAN Il 25 Febbraio McDonald’s ha aperto il suo primo punto vendita nell’ex Paese sovietico. Lo sbarco della multinazionale americana è stato preceduto da quello di altre grandi aziende. A cura di Leonardo Scanavino

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La Serbia si è però opposta all’indipendenza e la Russia, sua alleata, ha bloccato i tentativi del Kosovo di unirsi alle Nazioni Unite. L’U.E., dal canto suo, ha fatto pressioni sulla Serbia per il riconoscimento del Kosovo e la normalizzazione delle relazioni, se vorrà entrare a far parte del blocco europeo. La maggior parte dei kosovari è di etnia albanese e musulmana, ma una minoranza è di etnia serba e cristiano-ortodossa; queste differenze etniche e religiose hanno impedito sia l’unità nazionale sia la stabilità regionale. Lo scorso anno kosovare erano

le autorità riuscite a

raggiungere un’intesa con la Serbia che garantiva più poteri alla minoranza serba del Paese, ma la Corte Suprema del Kosovo ha messo in dubbio la legalità dell’accordo. Un altro accordo, raggiunto sempre lo scorso anno e molto criticato, avrebbe dovuto rimarcare il confine tra Kosovo e Montenegro. Pur avendo riconosciuto l’indipendenza del Kosovo nel 2008, i nazionalisti kosovari sostengono che i nuovi confini proposti dal Montenegro siano troppo lontani da quelli tracciati nella Costituzione jugoslava del 1974. La disoccupazione e la corruzione sono causa di malcontento tra la popolazione del Kosovo, Paese in cui l’età media è di soli 28 anni. L’economia cresce del 3% l’anno, un ritmo che, secondo il FMI, non è abbastanza sostenuto per garantire introiti al livello dello standard regionale o per creare sufficienti posti di lavoro. La scorsa settimana migliaia di manifestanti hanno occupato la piazza centrale della capitale Pristina, chiedendo le dimissioni del governo. La maggior parte delle proteste era rivolta verso Hashim Thaci, vecchio capo dell’Esercito di liberazione del Kosovo, ex premier (dal 2008 al 2014) e attualmente Ministro degli Esteri. Thaci, leader del Partito Democratico, è ora sulla via per diventare Presidente ad aprile.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole AUSTRALIA Proteste per la decisione del governo di rimandare nel centro di detenzione per i richiedenti asilo sull’isola di Nauru una rifugiata nepalese di un anno, portata a Canberra per avere cure mediche urgenti. INDIA 19 morti e 200 feriti il bilancio delle violente manifestazioni della comunità rurale Jat per ottenere la possibilità di entrare nelle università e nell’amministrazione pubblica. Gli scontri hanno causato il danneggiamento di strade, reti ferroviarie, negozi, case. La rete idrica di Nuova Delhi è rimasta interrotta per giorni. Intervenuto anche l’esercito. Dopo anni di sterilizzazione femminile come metodo contraccettivo, il governo centrale annuncia l’introduzione dell’iniezione contraccettiva gratuita. Opposizione diffusa, proveniente anche da diversi movimenti femministi. CINA La Cina ha raggiunto il 3° posto tra i Paesi esportatori di armi dopo USA e Russia, grazie anche all’aumento degli investimenti militari. PAKISTAN Negli scorsi giorni si sono verificati diversi attacchi armati a diverse sedi di polizia. Si suppone che gli artefici provengano da cellule ISIL. Il Daesh ha annunciato anche futuri attacchi.

FUOCO E PIETRE NELLE STRADE DI PAMPORE I disordini in Kashmir minacciano il tentato riavvicinamento tra India e Pakistan

Di Giusto Amedeo Boccheni Lunedì 22 febbraio, dopo 3 giorni di scontri a fuoco, le forze armate indiane hanno liberato l’Istituto per lo Sviluppo Imprenditoriale in Jammu Kashmir, a Pampore, nella periferia di Srinagar. Il campus è stato il rifugio di 3 militanti separatisti, forse componenti di Lashkar-e-Taiba, che sabato scorso hanno attaccato un convoglio paramilitare. Con loro, il bilancio finale del lungo scontro a fuoco è di 9 morti. Tra essi un civile, 2 riservisti e 3 soldati d’elites indiani. Durante le operazioni la popolazione locale, ignorando l’ordine di allontanarsi, ha assediato le truppe indiane, scagliando pietre e inneggiando alla liberazione (azadi). Sebbene i militanti godano in genere di un certo supporto, è raro che i civili attacchino direttamente le forze armate. Di recente, tuttavia, gli abitanti del Kashmir si sono dimostrati meno propensi a reagire in modo meramente passivo. Il 14 febbraio, nell’area di Kakapora, le forze armate hanno aperto il fuoco contro la folla in

protesta per l’uccisione di un militante secessionista, ferendo 13 persone ed uccidendo 2 studenti. La regione a maggioranza musulmana del Kashmir è già stata teatro di guerre tra India e Pakistan nel 1948 e nel 1965. Dal 1989, inoltre, una resistenza organizzata in diversi gruppi si è opposta all’amministazione indiana, dando luogo a numerosi scontri e causando oltre 45.000 vittime. Attualmente l’India mantiene circa mezzo milione di truppe sul territorio. Risale a più di un mese e mezzo fa l’attacco alla base aerea di Panthankot da parte di un altro gruppo separatista, Jaishe-Mohammed. Esso ha portato alla sospensione del dialogo tra India e Pakistan, che era stato riaperto solo a dicembre, dopo un silenzio durato 3 anni e a dispetto della fredda reazione pakistana all’elezione di Narendra Modi. La morte a gennaio di Mufti Mohammad Sayeed, ministro in Capo di Jammu Kashmir e promotore del riavvicinamento, porta altra acqua al mulino dei separatisti. MSOI the Post • 11


ORIENTE \12 militanti affiliati ad Al Qaida sono stati uccisi al confine con l’Afghanistan dalle forze pakistane.

LE CONTESE ISOLE DOKDO Continuano i negoziati bilaterali fra Corea del Sud e Giappone

COREA La Corea del Nord ha chiesto il ritiro delle truppe americane dalla penisola. La Casa Bianca ha respinto la proposta, chiedendo in cambio la sospensione del programma di sviluppo delle armi nucleari. Cina e USA presenteranno congiuntamente al Consiglio di Sicurezza ONU un piano per opporsi al programma nucleare di Pyongyang. Le banche cinesi hanno sospeso tutte le operazioni finanziarie con la Corea del Nord.

A cura di Simona Graceffa

12 • MSOI the Post

Di Gennaro Intoccia Giappone e Corea del Sud sono separati da un tratto di mare lungo il quale affiora un complesso articolato di scogli e isolotti di piccole dimensioni, soprannominati dai coreani Dokdo. Recentemente, le relazioni di reciproca collaborazione economica, commerciale e militare fra Seul e Tokyo si sono incrinate a causa dell’importanza delle isole, cruciali fonti di sviluppo e sostentamento energetico per le notevoli risorse di idrocarburi rinvenute nel sottosuolo. La Corea del Sud vanta anni di controllo sulle isole e reclama la sovranità su di esse in quanto territorio formalmente coreano dal 512 d.C. Tuttavia, le isole furono conquistate dal Giappone nel 1910. Terminata la seconda guerra mondiale, il Giappone, in quanto sconfitto, fu costretto a cedere le isole, che rientrarono nella sfera di sovranità coreana. Verso la fine del 2015 le controparti diplomatiche del negoziato si sono più volte incontrate. Tokyo ritiene le rivendicazioni di Seul illegali, in quanto non trovano pronta legittimità in nessuna normativa internazionale. Il confronto divenne più acuto quando, in seguito ad una visita ufficiale del capo di Stato coreano, Tokyo richiamò

l’ambasciatore coreano per rendere noto il suo disappunto. Intanto Washington osserva attentamente gli sviluppi della vicenda, senza potersi schierare esplicitamente a favore di nessuno dei due contendenti. Essi erano infatti considerati alleati troppo preziosi nella regione del Pacifico e ciò rendeva auspicabile un ulteriore svolgimento dei negoziati. La rigidità del Giappone sembrerebbe dovuta al timore delle possibili conseguenze sulla credibilità della classe politica nazionale, nel caso in cui dovesse cedere alle prerogative coreane. Il Giappone è infatti impegnato in controversie ben più spinose con la Cina, come quelle sulle isole Senkaku, che contribuiscono a rendere vivo il dibattito politico e che assicurano una certa visibilità alla compattezza del Paese in politica estera. La Corea, secondo gli esperti, non sembra essere spaventata dai toni concitati. Un’evoluzione dai connotati militari parrebbe uno scenario poco credibile e difficilmente immaginabile, viste le restrizioni costituzionali imposte all’esercito giapponese e i proficui rapporti commerciali che legano i due vicini.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole LIBIA Gli Stati Uniti hanno cominciato a bombardare le postazione dell’ISIL in Libia. A Sabrata, nel nord-ovest del Paese, si contano circa 40 morti, tra cui Nourredine Chouchane, leader locale del gruppo jihadista. Due funzionari dell’ambasciata serba, tenuti ostaggi dai militanti dello Stato Islamico dallo scorso novembre, sono rimasti uccisi in un raid statunitense. Controffensiva dell’esercito libico nei pressi di Benghasi contro alcune postazioni dell’IS: si contano circa 20 morti e 45 feriti. Intanto, secondo alcune fonti, militari francesi starebbero compiendo operazioni segrete sul territorio. SUD SUDAN In Sud Sudan, scontri all’interno del campo profughi di Malakal hanno causato un grande incendio in cui sono morte18 persone e quasi 30 sono rimaste ferite. Si teme una nuova emergenza umanitaria e sanitaria nella regione, flagellata da anni di conflitto postindipendenza. CAMERUN Il 19 febbraio due donne si sono fatte esplodere in un mercato a Meme, nel nord del Paese. L’attentato non è stato ancora rivendicato, ma le autorità credono che la responsabilità sia da attribuire al gruppo terroristico Boko Haram. L’esplosione ha causato 19 morti e più di 50 feriti.

LAND GRABBING

Il nuovo colonialismo impoverisce i Paesi in via di sviluppo

Di Jessica Prieto

all’acquisto di terreni agricoli.

Il termine “Land Grabbing” significa letteralmente “accaparramento della terra” ed è entrato a far parte del nostro vocabolario in seguito alle crisi alimentari del 2008 e 2011.

Un caso emblematico è quello della tribù Kwegu in Etiopia. Questa popolazione indigena vive nella bassa valle del fiume Omo, dove da tempo è in corso la costruzione di una diga, Gibe III, voluta da committenti cinesi. La diga dovrà deviare il corso del fiume per incanalare l’acqua verso i terreni acquistati dalla multinazionale e sottratti alla tribù. Gli Kwegu stanno portando avanti una strenua resistenza contro il governo, visto come responsabile di ciò che la popolazione considera un sopruso.

Queste crisi furono causate da una concomitanza di fattori: il rialzo del costo del greggio, l’aumento della domanda di beni di prima necessità da parte dei Paesi emergenti e la speculazione finanziaria sui generi alimentari. Questi elementi portarono ad un aumento del prezzo delle derrate alimentari, mettendo in difficoltà le già fragili economie dei Paesi in via di sviluppo del mondo, in particolare quelli africani. Negli stessi anni la Banca Mondiale, nel tentativo di rilanciare le economie dei Paesi colpiti dalle crisi, promosse l’intervento del capitale privato estero nel settore agricolo. In questo modo si sarebbe dato un nuovo slancio all’agricoltura e i Paesi dipendenti sarebbero tornati competitivi sul mercato mondiale. Tuttavia, tale intervento si trasformò presto in una nuova forma di colonialismo, uno “scramble del XXI secolo”, come è stato definito dai media internazionali. Diverse multinazionali e governi esteri, infatti, iniziarono una corsa

Per fermare questa pratica sono sorte diverse iniziative, come il Land Matrix, un osservatorio globale interattivo on-line per mappare e individuare simili compravendite. La Banca Mondiale, insieme alla FAO, per porre un freno a un fenomeno che ha in precedenza avallato, ha introdotto la cosiddetta responsabilità d’impresa, un codice di condotta per i nuovi investitori. Purtroppo, nonostante gli sforzi internazionali, il Land Grabbing è in costante aumento e rappresenta un pericolo per il futuro dell’intero pianeta, in quanto alimenta lo sfruttamento e l’esodo delle popolazioni più vulnerabili, oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti umani. MSOI the Post • 13


AFRICA BURUNDI Il 23 febbraio il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha incontrato il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza per cercare una mediazione tra il governo e l’opposizione. In Burundi, infatti, le tensioni politiche si sono trasformate in acceso conflitto da quando, l’anno scorso, Nkurunziza ha violato la Costituzione, presentandosi alle elezioni per un terzo mandato. Nonostante i tentativi di mediazione, non si sono arrestate le violenze: in uno scontro a Bujumbura si contano una vittima e decine di feriti.

UGANDA Per la quinta volta consecutiva Yoweri Museveni è stato confermato primo ministro con oltre il 60% dei consensi. Museveni è in carica dal 1986. L’opposizione, tramite il suo leader Kizza Besigye (attualmente agli arresti domiciliari), ha rifiutato il risultato delle elezioni, criticando, insieme ad osservatori europei, il clima di intimidazioni messo in atto dalle forze di sicurezza governative e i presunti brogli compiuti dalla commissione elettorale. NIGER Tempo di elezioni anche in Niger: l’attuale presidente, Mahamadou Issoufou, resta tra i favoriti, mentre l’opposizione è in crisi a causa delle continue divisioni interne. Cominciate il 21 febbraio, le procedure di voto sono state prolungate fino al giorno successivo per problemi tecnici in alcuni seggi e l’opposizione ha sollevato dei dubbi sulla regolarità degli scrutini. REPUBBLICA CENTRAFRICANA Faustin-Archange Touadéra è stato eletto presidente della Repubblica Centrafricana. L’ex premier ha ottenuto una larga vittoria (62,7%) sul candidato dell’opposizione Anicet-George Dologuélé. A cura di Fabio Tumminello

14 • MSOI the Post

BURUNDI, TRA TENSIONI E TENTATIVI DI DIALOGO

La visita di Ban Ki-moon potrebbe aprire la via a nuove trattative Di Chiara Zaghi Il 22 febbraio il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon è atterrato a Bujumbura, la capitale del Burundi, per incontrare il presidente Pierre Nkurunziza, il ministro degli Esteri Alain-Aime’ Nyamitwe e i leader di alcuni partiti politici. Il Burundi, nonostante la guerra civile sia terminata da dieci anni, sta attraversando una crisi politico-militare che ha recentemente portato a numerosi episodi di violenza. Il presidente Nkurunziza, 10 mesi fa, ha annunciato la volontà di rinnovare il suo mandato per la terza volta, sebbene viga una norma costituzionale che limita la rieleggibilità a due mandati. Egli è stato rieletto nel luglio scorso con elezioni giudicate non regolari dagli osservatori internazionali e che hanno innescato una serie di scontri. Pare che fino ad oggi siano state uccise più di 400 persone e che più di 240.000 siano fuggite dal Paese, molte altre sono state arrestate. L’ultimo attacco è avvenuto poche ore prima dell’arrivo di Ban Ki-moon per mano di gruppi eversivi e ha provocato nei pressi di Bujumbura almeno due morti e due feriti.

Ulteriori tensioni derivano dalle persecuzioni contro i partiti di opposizione, i cui leaders spesso si trovano esiliati all’estero, e dal rifiuto da parte del governo di accettare l’aiuto dell’Unione Africana, una missione di pace. Il Segretario Generale ha cercato, nel corso della sua visita ufficiale, d i convincere il Presidente del Burundi “ad accettare un dialogo inclusivo e senza condizioni”. Il mancato rispetto dei diritti umani è un’ulteriore aggravante della crisi del Paese. Ban Ki-moon ha anche tentato di aprire un’inchiesta internazionale a riguardo e di ottenere il consenso del governo affinché si possano trovare delle soluzioni in questa direzione. La scorsa settimana l’esecutivo del Burundi sembra essersi reso disponibile a un parziale dialogo: ha riaperto due emittenti radiofoniche e ha concesso l’autorizzazione alla visita nel Paese di tre esponenti dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il timore che il Burundi scivoli di nuovo in un conflitto generalizzato rimane però motivo di tensione.


SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole BRASILE In occasione del Mobile World Congress 2016 il commissario europeo per l’Economia digitale Oettinger e il ministro brasiliano per le comunicazioni Figueiredo hanno siglato un accordo di cooperazione per lo sviluppo riguardante la della tecnologia 5G nel settore della comunicazione mobile. La collaborazione, avviata nel 2008, migliorerà la cooperazione tra i partner e renderà più veloci le comunicazioni tra i cittadini. Il vice presidente brasiliano Mihel Temer e la sua omologa argentina Ganrela Michetti hanno concordato in data 23 febbraio la volontà di incrementare il commercio bilaterale e la necessità di coordinare le azioni contro i trafficanti di droga. BOLIVIA Il premier Evo Morales, primo presidente di origine indigena, non potrà essere rieletto. Il referendum del 21 febbraio indetto dal’esecutivo di La Paz per confermare una modifica costituzione riguardante la rieleggibilità del presidente ha sancito la vittoria del fronte dei no con il 51% dei voti.

EVO MORALES: LA FINE DI UN’ERA Un ventennio interrotto volge forse al termine

Di Stefano Bozzalla Cassione Domenica 21 febbraio si è svolto in Bolivia il referendum che, in caso di vittoria del sì, permetterebbe di modificare la Costituzione (l’articolo 168) e consentirebbe così la ricandidatura, per il quarto mandato consecutivo, del presidente Morales alle elezioni presidenziali del 2019. Il presidente Morales, leader del Movimento per il Socialismo (MAS), è in carica dal 2006 ed è al suo terzo mandato. È il primo Presidente della Bolivia di origini indigene e già in passato ha modificato la Costituzione per assicurarsi la rielezione. Al referendum hanno partecipato circa 6,5 milioni di boliviani e, nonostante l’ottimismo da parte del quartier generale del MAS a La Paz, già dai primi exit poll e con circa il 74% dei seggi scrutinati si delineava la sconfitta per Morales. La prima dal 2006. I dati parlano e la prevalenza del no è stata 51,3% contro un 48,7% dei sì. Il Presidente ha pagato una campagna basata su attacchi e

antiamericanismo, ben diversa da quella del 2014, quando si concentrò sull’integrazione e vinse con percentuali ben superiori al 50%. Aumento della corruzione, insoddisfazione per l’andamento dell’economia, diminuzione dei controlli fiscale e amministrativi e assenza di politiche per i settori in difficoltà sarebbero le ragioni della sconfitta secondo il periodico locale El Tiempo. Oltre che dalle accuse di corruzione dirette a molti dei membri del partito di Morales dopo le indagini sul caso Fondo Indígena, l’immagine del Premier è stata adombrata dallo scandalo che lo vorrebbe come colpevole di aver fatto vincere alcuni appalti alla società cinese Camc Engineering, diretta dall’ex compagna Gabriela Zapata. Ora la sfida riparte in vista delle prossime presidenziali e se i risultati del referendum verranno confermati, allora il governo dovrà trovare un degno successore di Morales e l’opposizione dovrà evitare le divisioni interne che l’hanno contraddistinta in questi anni.

MSOI the Post • 15


SUD AMERICA MESSICO Il ministro dell’energia messicano Pedro Joaquin Coldwell ha duramente osteggiato l’aspirante presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha più volte dichiarato (in caso di elezione) la volontà di costruire un muro al confine con il Messico. “Per Noi gli Stati Uniti rappresentano il principale partner commerciale e penso che alla fine chi vuole costruire ponti, e gasdotti, avrà la meglio” , ha asserito Coldwell a poche ore prime del dibattito repubblicano di Houston. COLOMBIA La corte costituzionale colombiana si è dichiarata contraria alle trivellazioni di gas e petrolio nel parco Sumapaz Paramo. Le trivellazioni erano state autorizzate tramite un escamotage legislativo.

16 • MSOI the Post

CASO PETROBAS: MANDATO D’ARRESTO PER JOAO SANTANA

Implicato il “mago” del marketing della campagna elettorale di Dilma Rousseff di costruzioni del Paese, i cui dirigenti sono in manette per corruzione nello scandalo Petrobras.

Di Andrea Incao Dopo qualche mese di quiete, ecco tornare su tutto il Brasile la tempesta della corruzione. Il caso Petrobras miete nuove e illustri vittime: martedì 23 febbraio le autorità brasiliane hanno rilasciato un mandato d’arresto per il pubblicitario Joao Santana, collaboratore fidato delle ultime 3 campagne elettorali del Partido do trabalhadores (PT).

Gli investigatori hanno ragione di pensare che il denaro versato illecitamente sui conti di Joao Santana possa essere la retribuzione per i servizi prestati al Partido do Trabalhadores durante le campagne politiche del 2010 e del 2014. Non è la prima volta che un curatore dell’immagine politica di esponenti del PT mette in difficoltà il leader del partito al governo. Duda Mendoca dichiarò alla commissione d’inchiesta di aver ricevuto per vie non i ufficial il compenso per la campagna elettorale di Lula del 2003: 4 milioni di dollari.

La polizia federale brasiliana avrebbe visto emergere il nome del pubblicitario durante ricerche riguardanti un vasto sistema di tangenti all’interno del colosso statale Petrobras. Pare che l’operazione, di nome “Lava Jato” (“Autolavaggio”), abbia scoperto una tangente da 7,5 milioni di dollari di tangente sul conto della Shellbill Finance, impresa offshore controllata dal “mago” del marketing e da sua moglie.

Il caso di impeachment avviato dai partiti di opposizione si infittisce. Quella che sembrava solamente una “pugnalata” politica alle spalle del presidente Rousseff continua ad espandersi a macchia d’olio, inficiando la credibilità e la stabilità di un governo che negli ultimi anni ha visto crollare i suoi consensi tra disastri ambientali, corruzione, tangenti, ritardi e sperperi, concentrati questi ultimi negli appalti per il Mondiale di Calcio del 2014.

Una parte della tangente sarebbe stata versata tramite conti appartenenti alla più grande holding brasiliana, la Odebrecht: a San Paolo, Rio de Janeiro e Salvador sono state effettuate perquisizioni negli uffici della maggiore azienda

Ora arriva un altro banco di prova per il governo, i Giochi della XXXI Olimpiade di Rio 2016: i ritardi sono già realtà e il Comitato Olimpico si è esposto dichiarando che “i preparativi sono i peggiori mai visti. La situazione è critica”.


EU MODEL TORINO 2016: ENJOY THE EXPERIENCE Tips and tricks for beginners

The fourth suggestion is use facts and be confident: always keep in mind that everyone can argue with opinions but no one can argue with facts. Referencing facts will make your speeches effective. Moreover, in order to be more persuasive, make eye contact, speak clear and address a specific delegation when you deliver your speech: this will bring you to the center of attention.

EU MODEL TORINO 2016: ENJOY THE EXPERIENCE Tips and tricks for beginners Di Giulia Marzinotto

My last suggestion is have fun: the amusement is a big part of the conferences. Social events are included in the hectic schedule of such simulations to allow people to socialize. Remember that you will do not be afraid of taking part in leave the conference with a deeper something new and remember that knowledge of international affairs, half of the attendees in any conference lifelong skills that you can apply have never attended any before. anywhere in life and new like-minded friends with your same passion. Everything will be immediately clear once you see it in practice, so if you do not feel confident with the procedures, just pay close attention for the first hour of the committee session and you will easily learn by example.

The idea of being part of a Model European Union for the first time always brings up questions like “Will I be able to perform as a real delegate” or “Will I say ridiculous things and make a fool of myself?”. It happened to everyone, so do not panic and keep in mind some suggestions before the event takes place. The second suggestion is make sure you are ready: prepare yourself EU MODEL Torino 2016 will give thoroughly, study the topic deeply you a priceless chance to put both and know your country’s or political your academic and communication party’s point of view. Try to figure skills to test, so believe in yourself, out solutions which you want to put bring out your diplomatic side and forward and try to achieve them. simply enjoy the event. A few years Devising a rigorous plan to follow is ago I was in your shoes: terrified of essential. being judged by others, I hesitated a lot before applying for my first MUN My third suggestion is get involved experience but when it finished, I in the simulation: stay focused was grateful to my friends for having and listen carefully to what other convinced me to join in. delegations are saying in order to keep the whole situation under control. My first suggestion is do not panic: In this way you will be able to react to the other delegations’ speeches, negotiate in an effective way and really enjoy the game.

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16. MSOI the Post • 17


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