Msoi thePost Numero 14

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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, desidera proporsi come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulterà riconoscibile nel mezzo di informazione che ne sarà l’espressione: MSOI thePost non sarà, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE: Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Giada Barbieri, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Simona Graceffa, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Vladislav Krassilnikov, Daniela Lasagni, Andrea Mitti Ruà, Giulia Mogioni, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Silvia Perino Vaiga, Emanuel Pietrobon, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Silviu Rotaru, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Francesco Turturro, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


SPECIALE ELEZIONI USA

Di Vladislav Krassilnikov COME FUNZIONANO LE ELEZIONI? Martedì 8 novembre 2016 si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America. Il successore di Barack Obama verrà scelto mediante una procedura lunga e complessa, che si articola formalmente nel corso di dieci mesi sull’intero territorio nazionale. Le vere e proprie elezioni presidenziali sono precedute, infatti, dalla nomina del candidato alla Presidenza espresso da ciascuno dei maggiori partiti statunitensi tramite elezioni primarie. Ognuno dei 50 Stati federati e i territori degli Stati Uniti concorrono a tale processo, che si compone a sua volta di primarie e caucus. Mentre le primarie sono elezioni a scrutinio segreto, non diverse dalla tipologia di elezioni cui è abituato l’elettorato italiano, i caucus, comunemente definiti assemblee di partito, si svolgono solitamente in spazi pubblici, dove gli elettori si raggruppano fisicamente in gruppi diversi corrispondenti ai candidati specifici, per poi venire conteggiati da funzionari di partito.

Fondamentale è il fatto che nelle elezioni primarie i voti individuali non vanno direttamente ai candidati alla Presidenza, bensì corrisponderanno ad un numero predeterminato di delegati per ogni Stato e territorio, i quali esprimeranno successivamente il proprio voto alla convention estiva di partito. In altri termini, le elezioni primarie mettono in palio i cosiddetti pledged delegates, talvolta con metodo proporzionale, talvolta con metodo maggioritario.

gono contemporaneamente ovunque. Al contrario, l’ordine di voto nei diversi Stati influisce persino sulla rilevanza relativa di ciascuna elezione, se non altro a livello psicologico. Si pensi al fatto che tradizionalmente i primi Stati a votare sono l’Iowa e il New Hampshire. Si tratta di Stati demograficamente poco rilevanti non soltanto in termini di numero di abitanti e, quindi, di delegati in palio, ma anche in termini di rappresentatività dell’elettorato nazionale, essendo essi in prevalenza popolati da elettori È importante precisare che, a bianchi. differenza dei Repubblicani, i Democratici si avvalgono anche Ciò nonostante, una vittoria nei pridegli unpledged delegates o super- mi Stati è in grado di dare un impulso delegates: come dice l’espressione, si importante ad una campagna elettotratta di delegati – solitamente cariche rale. Altro appuntamento cruciale è dei diversi livelli dell’amministra- il cosiddetto Super Tuesday, il primo zione statunitense e leader di partito martedì di marzo, in cui si vota in ben – non vincolati agli esiti del voto po- 11 Stati. Il numero di delegati in palio polare, liberi di esprimere la propria è talmente elevato che frequentemenpreferenza in sede di convention di te gli esiti di tali consultazioni sono in partito e sovente dotati del potere di grado se non di determinare, quantomodificare gli equilibri elettorali in meno di far intravedere il più probamaniera decisiva. bile candidato del partito. A questo punto, ciascun nominato anInfine, particolare attenzione merita nuncerà un rispettivo candidato alla la distribuzione temporale dei diversi Vice Presidenza e la campagna elettoappuntamenti elettorali. rale, che vedrà dunque scontrarsi un Infatti, le elezioni primarie non si ten- ticket Democratico contro un ticket MSOI the Post • 3


Repubblicano, entrerà nel vivo fino all’Election Day. In tale occasione, la procedura elettorale presenta alcune similarità rispetto alle elezioni primarie. In particolare, si tratta nuovamente di una procedura indiretta: gli elettori sono chiamati ad esprimere sì una preferenza rispetto ad un candidato, ma il numero complessivo di voti a favore di ognuno verrà convertito in uno specifico numero di cosiddetti Grandi Elettori per ciascuno Stato.

Hillary Clinton si è dotata di una macchina politica formidabile: non soltanto è comunemente percepita come il candidato dell’establishment democratico, grazie ad un supporto quasi unanime da parte del partito, ma ha anche ricevuto il supporto di numerosi media di primo piano, capaci di plasmare significativamente l’opinione pubblica, nonché copiosi finanziamenti di super PAC (comitati politici di raccolta fondi da cui spesso dipendono le sorti delle campagne elettorali). Non pochi, tuttavia, sono i punti critici del frontrunner democratico: i suoi detrattori sostengono che all’esperienza non sempre si sia accompagnato buon giudizio, che i legami con il mondo della grande finanza possano influenzare la sua azione politica e che i suoi standard morali non siano fra i più alti.

Il metodo largamente utilizzato è quello maggioritario: il candidato che raccoglie il più ampio consenso popolare in ciascuno Stato vince tutti i Grandi Elettori in palio nello Stato medesimo. Verrà, infine, eletto nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America colui il quale ottiene almeno 270 voti su 538. Egli si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca il 20 gennaio. Non di rado, infatti, Bernie Sanders ha messo vigorosamente in evidenza le differenze fra lui e la Clinton. CHI SONO I CANDIDATI? Senatore indipendente dallo Stato La corsa alla Presidenza è stata par- del Vermont, Sanders si pone in netticolarmente affollata nel corso della to contrasto con lo status quo: fra i presente tornata elettorale, soprat- punti principali della sua campagna tutto dal lato Repubblicano. elettorale, spiccano, infatti, l’opposiA partire dal 23 marzo 2015, un totale zione all’influenza delle lobby, oltre di 23 personalità politiche hanno an- all’estensione della copertura sanitanunciato la propria candidatura. ria universale e all’abolizione delle Attualmente, le elezioni primarie ve- tasse nelle università pubbliche. dono sfidarsi Hillary Clinton e Bernie Auto-dichiaratosi social-democraSanders all’interno del Partito Demo- tico di stampo europeo, Sanders ha cratico, mentre nella competizione sfidato sin da subito un’etichetta che repubblicana sono ancora in gara Do- ad oggi rimane un tabù negli Stati nald Trump, Ted Cruz, Marco Rubio, Uniti e che non pochi osservatori hanJohn Kasich e Ben Carson. Hillary no usato per attaccare il candidato, Clinton vanta una invidiabile car- spesso definito ineleggibile. Eppure, riera politica: ex-First Lady, è stata l’ampio consenso raccolto da Sanders Senatrice dallo Stato di New York e l’ha reso una seria minaccia a quelha prestato servizio come Segretario la che molti si aspettavano sarebbe di Stato nella prima amministrazione stata una coronazione quasi dinastica Obama. Proprio l’esperienza è la prin- dell’ex-First Lady. cipale prerogativa di Hillary Clinton, Se tradizionalmente i candidati alle che tenta di porsi in diretta continuità elezioni presidenziali si sono attestacon il Presidente uscente in termini ti su posizioni centriste per strappare di policy, soprattutto sul piano inter- quelle frange di consensi più moderano – e d’altra parte, Barack Obama ha ti allo schieramento opposto, Sanders lasciato intendere di avere maggiori ha perseguito una strategia diamepunti di contatto con lei. tralmente opposta, rivolgendosi so4 • MSOI the Post

prattutto a quelle fasce di popolazione, in particolare a quella giovanile, che tendono a non prendere parte al processo politico, ma capaci, anche in tempi recenti, di determinarne gli esiti. In campo repubblicano, invece, Donald Trump si conferma dopo ogni appuntamento elettorale il fenomeno politico più interessante di queste primarie. Magnate newyorkese dell’edilizia plurimiliardario e celebrità televisiva, è innegabile che Trump abbia colto di sorpresa non soltanto l’elettorato americano, ma anche entrambi i maggiori partiti statunitensi e soprattutto il mondo dei mass media – tanto che le testate giornalistiche che inizialmente avevano deciso di occuparsi della sua campagna nella sezione intrattenimento sono state costrette loro malgrado a ricredersi. Trump ha articolato un messaggio tanto semplice quanto efficace di “Rendere l’America di nuovo grande”, il quale, pur in assenza di una vera e propria traduzione in politiche pratiche, è supportato da una potente retorica populista. Ad oggi, i punti programmatici – oltre alla costruzione di un muro fra gli Stati Uniti e il Messico, per il quale il Messico stesso dovrebbe pagare – sono molto scarsi, ma un linguaggio aggressivo verso i propri avversari, la proposta di soluzioni semplici a problemi complessi e il ricorso enfatico ad un vocabolario ristretto ma incisivo si confermano ripetutamente una ricetta vincente, capace di galvanizzare l’elettorato più vario. Innumerevoli sono state le controversie, ma paradossalmente ciascun incidente pare aver rafforzato Trump, facendo sembrare l’imprenditore prestato alla politica un candidato disposto a dire le cose come stanno e indifferente alla political correctness, dominante in quella Washington paralizzata da politici tradizionali. Alcuni analisti politici sostengono che Trump altro non sia che il prodotto dello stato attuale del Partito


Repubblicano: radicalizzatosi nel corso degli ultimi anni nel tentativo di screditare la Presidenza Obama, è sfuggito dalle mani dei suoi dirigenti, tendenzialmente moderati, per finire sotto il controllo di un candidato che ha dimostrato una rara capacità di interpretare l’attuale clima politico dominante. Non sorprende, pertanto, il fatto che l’imbarazzato Partito Repubblicano stia incontrando non pochi problemi a proporre un leader espressione dell’establishment, capace di contrapporsi efficacemente a Trump, anche a fronte della dispersione del voto moderato fra ben altri 4 candidati ancora in gara. Fra questi, particolare attenzione meritano Ted Cruz e Marco Rubio. Il primo, quantomeno in termini di delegati conquistati, pare porsi come il più serio rivale di Trump alla nomina repubblicana. Attuale Senatore proveniente dallo Stato del Texas, noto per il suo carattere poco compromissorio, Ted Cruz sta conducendo infaticabilmente una campagna sul territorio, intercettando soprattutto il voto della destra religiosa e ultraconservatrice, un tipo di elettorato cruciale in campo repubblicano. Nel frattempo, il Partito Repubblicano pare aggregarsi, però, attorno alla figura di Marco Rubio, attuale Senatore dalla Florida. Nonostante il giovane e carismatico oratore stia rac-

il voto delle minoranze afroamericane e ispaniche, elettorato chiave dei Democratici, impermeabili al messaggio fortemente progressista del Senatore dallo Stato del Vermont. Tuttavia, Sanders ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di ritirarsi, se non altro con il fine di orientare la discussione interna ai DemocratiQUALI SONO LE PROSPETTIVE? ci più a sinistra e, d’altra parte, non Dagli esiti dei già numerosi appunta- avrebbe ragione di farlo adesso, in menti elettorali tenutisi fino a questo vista delle prossime primarie in Stati momento emerge un quadro utile per in cui l’elettorato storicamente è più formulare una cauta previsione de- affine alle sue posizioni. gli ulteriori sviluppi che ci attendono. Dei 2.383 delegati necessari per Se per Bernie Sanders la strada è tutta assicurarsi la nomina democratica, in salita, per Donald Trump è tutta in Clinton ne ha finora guadagnati 1.052 discesa, fintanto che il campo Repub(di cui 457 superdelegati), mentre blicano rimarrà così affollato. Nulla Sanders 427 (di cui 22 superdelegati). sembra poter invertire il trend che Dei 1.237 delegati necessari per ga- vede il magnate newyorkese come rantirsi la nomina repubblicana, Tru- frontrunner del Grand Old Party, se mp ne ha finora guadagnati 319, Cruz non, appunto, la concentrazione del 226, Rubio 110, Kasich 25 e Carson voto moderato verso un unico candi7. dato espressione dell’establishment repubblicano. Sul piano strettamente matematico, la Ci si avvia, dunque, verso uno scongara è ancora aperta, ma il mero dato tro Clinton-Trump? È ancora presto formale deve essere corretto da alcu- per dirlo, anche se molti dati lo sugne considerazioni di sostanza. gerirebbero. Per il momento è saggio Mentre Bernie Sanders fatica a con- seguire con spirito critico le elezioni vertire il formidabile entusiasmo in primarie. Da queste e dalle successivoti e l’attenzione mediatica nei suoi ve elezioni presidenziali non soltanconfronti, sin dall’inizio molto conte- to emergerà un chiaro vincitore, ma nuta, cala ulteriormente, Hillary Clin- anche una nuova direzione della vita ton sta godendo di un impeto impor- politica e sociale degli Stati Uniti tante sulla scia di una serie di vittorie, d’America. talvolta schiaccianti. Cruciale è stato cogliendo numerose dichiarazioni di supporto dal mondo della politica, dei media e degli interessi organizzati, grazie alle sue posizioni moderate in linea con quelle tradizionali del partito, da ciascun appuntamento elettorale egli emerge, nel migliore dei casi, come eterno secondo.

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EUROPA 7 Giorni in 300 Parole FRANCIA Prosegue lo sgombero nella giungla di Calais. Dopo le tensioni dei giorni scorsi fra migranti, attivisti no-border e polizia, il 1 marzo sono riprese le operazioni di dispersione e ricollocazione dei profughi asserragliati all’interno del campo. Secondo le stime della Prefettura locale, gli abitanti del campo sono più di 3.500. Durante il lavoro degli operai per lo smantellamento, inoltre, sono stati dati alle fiamme circa 14 delle baracche di fortuna allestite dai migranti, un gesto di protesta significativo per dimostrare la propria contrarietà ad uno spostamento nell’area nord della località francese, ove i profughi sarebbero costretti a richiedere asilo politico direttamente al governo di Parigi. GERMANIA Il nazismo torna alla sbarra. La corte costituzionale, infatti, si riunirà per tre giorni al fine di decretare le sorti del movimento neo-nazista NPD. La richiesta di sentenziare il partito è arrivata dal Bundesrat, il Senato Tedesco che riunisce i rappresentanti dei 16 Lander. Il movimento, avente rappresentanti nella regione Meclenburgo-Pomerania anteriore, nonché un deputato presso il Parlamento Europeo, subì già nel 2003 un processo di delegittimazione, non andato in porto per una indagine interna del Ministero della Difesa. Per la Germania sarebbe il terzo divieto per un partito politico, con l’ultimo caso risalente al 1956, quando si decretò lo scioglimento del Kdp.

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MIGRANTI, UNA CRISI MAI RISOLTA Scontri a Calais e sul confine greco-macedone

Di Giulia Ficuciello Grazie all’autorizzazione del Tribunale amministrativo di Lille del 25 febbraio, lunedì 29 febbraio sono cominciate le operazioni di sgombero della giungla di Calais. Il numero dei migranti che vivono nel campo è incerto. Secondo le autorità locali sarebbero 3.500, secondo l’associazione Help Refugees sarebbero, invece, 5.497. Lo sgombero riguarda solo il sud della tendopoli: l’obiettivo è quello di lasciare circa 2.000 persone all’interno del campo, il che garantirebbe migliori condizioni igieniche e una maggiore sicurezza. Nonostante l’invito della polizia a lasciare volontariamente le baracche, alcuni migranti e attivisti no-border hanno lanciato sassi contro gli operai addetti allo smantellamento e contro le autorità, che hanno risposto con il lancio di lacrimogeni. L’operazione impiegherà alcune settimane e Hollande ha garantito a coloro che sono già stati mandati via posti in centri di accoglienza e container riscaldati. La situazione non è migliore sul fronte greco. Attualmente si contano circa 6.500 persone stanziate al confine macedone, dove scarseggiano acqua e viveri. La tensione è aumentata lunedì 29 febbraio, quando alcuni

migranti, esasperati dalla lunga attesa, sono riusciti a sfondare un tratto della barriera al confine con la Macedonia. Le persone rimaste ferite durante lo scontro sono almeno 30, tra le quali dei bambini. La Macedonia, dal canto suo, fa entrare un esiguo numero di profughi nel proprio territorio; nel recente vertice balcanico, infatti, è stato deciso di ridurre il flusso di migranti nella “rotta balcanica”. A tal proposito, Tsipras si è detto molto amareggiato nel constatare come alcuni Stati membri, tra cui l’Austria, si siano sottratti a quanto stabilito in sede europea in merito alla crisi dell’immigrazione. L’Austria è, infatti, in conflitto con la Commissione Europea a causa della sua volontà di imporre un tetto massimo di migranti a cui dare asilo mensilmente o annualmente, richiesta che è stata considerata illegittima dall’esecutivo dell’UE. La Germania, invece, continua ad affermare la necessità di una più stretta collaborazione tra gli Stati, criticando l’adozione di soluzioni unilaterali. Mentre il ministro greco Mouzalas dichiara di non voler far diventare la Grecia “un magazzino di anime”, la Commissione Europea analizza il piano di emergenza trasmessole, in cui sono elencati tutti gli strumenti necessari per far fronte alla crisi.


EUROPA BELGIO Destano particolare preoccupazione le condizioni strutturali dei reattori nucleari di Tihange e Doel, nei quali sono state riscontrate varie crepe e malfunzionamenti. La situazione si sviluppa dopo l’ottenimento, da parte del governo di Bruxelles, di un prolungamento decennale delle concessioni per l’attività delle due centrali, le quali, in virtù del referendum 2003, avrebbero dovuto cessare le loro attività alla fine del 2015. Preoccupazione da parte del sindaco della città tedesca di Aquisgrana, Marcel Philipp, il quale denuncia il rischio di “incapacità di gestione di eventuali situazioni critiche generate da malfunzionamenti dei reattori”, mentre gli abitanti di Liegi, a pochi km dalle centrali, si mostrano tranquilli, dato soprattutto il mercato del lavoro che, nell’area, ruota intorno ai due impianti. SPAGNA Dopo la richiesta di fiducia per governare da parte del leader socialista Pedro Sanchez, il 2 marzo il Parlamento ha respinto la richiesta. Sanchez, sostenuto dal Partito anti-sistema Ciudadanos, ha ottenuto solo 130 consensi, mentre 220 deputati hanno respinto la sua richiesta. Dure le parole del presidente uscente Mariano Rajoy, che ha accusato apertamente il leader socialista circa la sua “prepotenza” nella richiesta di fiducia. In risposta, Sanchez ha accusato il capogruppo del partito centrista di aver causato questa situazione di stallo con la sua “mancanza di coraggio politico”. A cura di Simone Massarenti

L’ITALIA VUOLE RIACCENDERE L’EUROPA Le proposte del Bel Paese in tema di integrazione eruopea

Di Andrea Mitti Ruà Il periodo di crisi identitaria che attualmente sta investendo l’Unione Europea è il più grave tra tutti quelli vissuti nei 60 anni di esistenza della comunità. In questo scenario senza precedenti, l’Italia sta cercando di emergere come uno dei principali promotori di una rinnovata integrazione europea, al fine di rimettere in moto quel processo di perfezionamento fermo dagli anni precedenti la crisi economica globale. Diverse istituzioni e vari organi di governo si sono mossi in questo senso: già a settembre la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha proposto ai Presidenti delle Camere basse europee un documento che risvegli la volontà di una maggiore integrazione, trovando immediato sostegno negli omologhi lussemburghese, francese e tedesco. Ad essi si sono poi aggiunti i colleghi cipriota, bulgaro, austriaco, portoghese e maltese, che hanno portato così a 9 il numero dei sostenitori del progetto. In maniera analoga, il ministro degli Esteri Gentiloni ha incontrato il 9 febbraio i rappresentanti degli altri 5 Paesi fondatori per discutere su come “continuare nel processo volto a creare un’unione ancora più stretta fra i popoli d’Europa”, in quanto “L’UE è molto più che la somma dei suoi 28 Stati Membri”.

La dichiarazione congiunta dei 6 ministri è servita come base della proposta presentata il 22 febbraio dal governo italiano alla Commissione Europea. Il documento invita l’istituzione ad implementare e migliorare l’occupazione e lo sviluppo, ricordando che l’Unione Europea “è una grande opportunità, ma il progetto europeo sta soffrendo una crisi senza precedenti”: per questo motivo “dobbiamo individuare e offrire ai cittadini le soluzioni che si aspettano”. Secondo l’Italia, il progetto comune deve proporsi diversi obiettivi: un utilizzo pieno delle risorse, che stimoli crescita ed occupazione; il conseguimento della garanzia dei depositi europei, in modo da giungere ad una concreta unione bancaria; la pianificazione e l’attuazione di una politica unica per rispondere alla crisi migratoria. La proposta invita inoltre alla creazione di una sorta di “super-ministro” delle finanze dell’Eurozona, idea avanzata nei mesi scorsi dal ministro dell’Economia Padoan. Questa figura avrebbe il compito di “assicurare la stabilità finanziaria e il coordinamento delle politiche economiche per evitare sbilanciamenti tra i membri dell’Eurozona”, poiché “la risposta a turbolenze sistemiche deve essere sistemica, non la si può gestire caso per caso”. MSOI the Post • 7


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI D’AMERICA Gli uomini della Delta Force hanno catturato nel nord dell’Iraq un “importante miliziano” dell’ISIL la cui identità è per ora ancora sconosciuta. Per evitare un nuovo caso Abu Ghraib, dato che gli interrogatori sono già cominciati, sono state prese numerose precauzioni ed è stata, inoltre, resa nota la cattura del prigioniero al Comitato Internazionale della Croce Rossa. Per affermazione del Segretario alla Difesa, cyber-attacchi sarebbero stati rivolti contro i membri del Daesh con l’obiettivo di far perdere fiducia nei mezzi a loro disposizione e mirando a spezzare le catene di ordini e comandi che avvengono nella quasi totalità attraverso i social network. Il 3 marzo Aaron Smith, poliziotto bianco, 23 anni, è stato incolpato in Alabama per l’omicidio di Gregory Gunn, un nero di 59 anni. L’agente aveva fermato l’uomo per comportamenti ritenuti sospetti, nella concitazione seguente l’ufficiale di polizia ha sparato e ucciso la vittima che però, secondo le fonti ufficiali, al momento dello sparo avrebbe avuto in mano un bastone.

PIÙ SICUREZZA PER I FLUSSI TRANSATLANTICI DI DATI

Presentato, tra le polemiche, lo scudo UE-USA per la privacy

Di Silvia Perino Vaiga Ogni giorno i cittadini europei inviano attraverso la rete milioni di informazioni personali ad aziende come Google, Facebook, Ebay e Amazon, permettendo che i loro dati vengano trasferiti oltreoceano. Questi trasferimenti quotidiani costituiscono un enorme flusso transatlantico di dati, il cui trattamento è da tempo oggetto di intense diatribe giuridiche. Il rischio è che le aziende statunitensi, entrando in possesso di tali dati, non assicurino il livello di tutela della riservatezza garantito entro i confini dell’Unione Europea. È proprio per ovviare a questo rischio che è stato pensato il Privacy Shield, lo scudo UE-USA per la privacy. Il pacchetto, presentato lo scorso 29 febbraio dalla Commissione Europea, contiene una serie di provvedimenti volti a garantire che le aziende statunitensi, una volta entrate in possesso delle informazioni provenienti dall’Europa, applichino standard di riservatezza equivalenti a quelli garantiti entro i confini dell’UE. La proposta prevede, inoltre, che gli Stati Uniti attivino un meccanismo di riscorso per i singoli cittadini UE, basato sulla figura di un Mediatore che sarà indipendente dai servizi di sicurezza nazionali. Il provvedimento, di per sé me-

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ramente tecnico, porta in realtà profonde implicazioni a livello commerciale. È stato infatti fortemente voluto da entrambe le sponde dell’Atlantico per rinnovare la fiducia dei consumatori, incrementando la fluidità del mercato digitale transatlantico. In altre parole, il Privacy Shield rappresenta anche uno strumento politico, che si inserisce nel più ampio progetto di integrazione dei mercati europeo e statunitense. A questo proposito, il parallelismo con il più celebre e dibattuto Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è quasi spontaneo. Sebbene il Privacy Shield rappresenti un provvedimento di portata minore, volto a regolamentare un settore commerciale ben più limitato, le critiche che molti avanzano non sono dissimili dalle polemiche sollevate nei confronti del TTIP. Gli scettici accusano, infatti, lo scudo per la privacy di essere uno strumento debole e facilmente raggirabile, che rischierebbe di “vendere” i dati dei cittadini europei oltreoceano. Stando alle parole del direttore della ONG European Digital Rights, il Privacy Shield non fornirebbe reali tutele in quanto “si basa solamente su impegni non vincolanti da parte degli Usa”. Quella del Privacy Shield resta comunque una storia ancora tutta da scrivere. Il provvedimento dovrà infatti passare all’esame del Congresso degli Stati Uniti, nonché del Parlamento Europeo e del Consiglio, prima che le parti possano procedere alla firma dell’accordo.


NORD AMERICA CANADA

TRUDEAU MANTIENE LA PROMESSA 25.000 siriani accolti in Canada

Chystia Freeland, ministro canadese al Commercio Internazionale e Cecilia Malmstroen, commissaria dell’Unione Europea al Commercio, hanno, infatti, annunciato una riforma giuridica del CETA (Comprensive Economic and Trade Agreement) l’accordo che lega economicamente e commercialmente il Canada all’Unione Europea. Ottawa e Bruxelles hanno raggiunto l’accordo per la creazione di un Tribunale permanente che verrà interpellato ogni qual volta potranno crearsi delle dispute tra gli investitori e lo Stato. Ulteriore beneficio derivante dalle ultime modifiche è l’eliminazione della quasi totalità dei dazi doganali, senza contare che metterà fine ad ogni tipo di limitazione nell’accesso agli appalti pubblici sulle due sponde dell’Atlantico. Il primo ministro Justin Trudeau ha annunciato che il Canada abrogherà la legge sulla decadenza della cittadinanza per quei cittadini condannati per atti di terrorismo, spionaggio o alto tradimento. John McCallum, ministro dell’immigrazione canadese, presentando il progetto di legge per l’abrogazione della precedente C-24 ha infatti detto che non è possibile avere “due classi di Canadesi perché c’è una sola classe di Canadesi dato che tutti i Canadesi sono uguali”. Dopo appena un anno dalla sua applicazione questa legge dovrebbe essere approvata a breve. A cura di Alessandro Dalpasso

Di Simone Potè L’emergenza migranti tocca sempre più i Paesi europei, tra le preoccupazioni per l’arrivo di altre migliaia di profughi sulle coste pugliesi, gli sgomberi di «giungle», le tensioni crescenti al confine Grecia-Macedonia, gli «ingressi a pagamento» e le continue espulsioni. C’è chi ha parlato di un’Europa schizofrenica, incapace di portare avanti una politica comune in questo ambito. In Canada, il neo-eletto primo ministro Justin Trudeau può vantarsi di essere riuscito (seppur parzialmente) a mantenere la propria promessa: accogliere entro la fine del 2015 almeno 25.000 migranti siriani. Il già leader del Partito Liberale del Canada, dalle posizioni tendenti al liberismo economico ma largamente progressiste in ambito sociale, ha fatto del tema uno dei suoi cavalli di battaglia contro il rivale conservatore Stephen Harper, il quale proponeva una risoluzione del problema attraverso un incremento

della presenza militare nelle zone interessate. Pur con un paio di mesi di ritardo (per via di problemi logistici e amministrativi), la notte tra il 27 e il 28 febbraio il ministro dell’immigrazione John McCallum ha twittato “25.000 reasons why Canadians should be proud today #WelcomeRefugees”. Inoltre, stando alle dichiarazioni del governo, altri 12.000 migranti verranno accolti entro la fine del 2016. La cosiddetta crisi dei migranti sembra farsi rivelatrice dell’inefficacia della cooperazione internazionale. L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) ha però già offerto a ben 70.000 siriani in Libano e Giordania di emigrare in Canada: meno della metà si è mostrato interessato. Gioca un ruolo fondamentale, infatti, la paura dell’enorme distanza, che renderebbe difficile un ritorno presso la propria terra, un fattore che probabilmente si attenuerebbe se la il Paese di accoglienza fosse membro dell’Unione Europea

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MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole IRAN Vittoria dei riformisti-moderati, sostenitori dell’attuale presidente Rohani. I riformisti si sono aggiudicati 30 seggi su 30 al collegio elettorale di Teheran. I moderati, invece, 73, ottenendo dunque la maggioranza in Parlamento, il Majlis (che consta di 290 seggi). Ai conservatori sono stati assegnati 68 seggi. Gli indipendenti, invece, sono riusciti a conquistarne 25. Per altri 52 seggi si andrà al ballottaggio in un nuovo turno alla fine di aprile. Trionfano i riformisti anche all’Assemblea degli Esperti, ottenendo il 59 % dei seggi. Elette 15 donne in Parlamento su 500 candidate. Secondo il Ministero degli Interni iraniano, il 62% degli elettori si sarebbe recato alle urne.

SIRIA Secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani (ONDUS), dopo soli 2 giorni di cessate il fuoco diversi raid aerei hanno colpito 6 città nella provincia di Aleppo e nella zona di Hama. Secondo fonti locali si tratterebbe di aerei russi (non vi è comunque conferma). DAESH, non incluso nella tregua, avrebbe lanciato un’offensiva a nord di Raqqa per prendersi la città di Tal Abyad, in mano ai curdi dell’YPG. L’attacco è stato comunque respinto. 10 • MSOI the Post

LA PROVA DI FORZA DI HUSSAIN

Un caso che da anni divide il Pakistan giunge a una svolta

Di Lorenzo Gilardetti Il 29 febbraio scorso in un carcere a Rawalpindi è stato impiccato Mumtaz Qadri, fondamentalista islamico protagonista di un caso che da anni divide in Pakistan la comunità musulmana e quella cristiana. Qadri era una guardia del corpo di Salmaan Taseer, governatore del Punjab, regione nel nord del Pakistan, al confine con l’India. Taseer era scortato perché perseguitato dalla comunità islamica. Aveva, infatti, preso le difese della prima donna dello Stato ad essere condannata a morte per blasfemia, reato introdotto con una legge del 1986 voluta dal dittatore Zia-ul Haq. Asia Bibi, 37 anni, operaia agricola e madre di due figli, aveva ricevuto la sentenza di colpevolezza per “discorsi blasfemi” pronunciati in un’animata discussione tra colleghi nel novembre del 2010. La donna, di fede cristiana, avrebbe, infatti, risposto a coloro che le facevano pressioni affinché si convertisse all’Islam: “Gesù è morto in croce per l’intera umanità, mentre di Maometto non si potrebbe forse dire lo stesso”. Dal giorno della sentenza, que-

sta vicenda divenne un caso nazionale e un nuovo motivo di scontro per le comunità religiose. Numerose, inoltre, le minacce da parte dei fondamentalisti islamici verso chiunque si fosse schierato a favore della donna. Il 4 gennaio 2011, uscendo da un locale di Islamabad il governatore Taseer fu ucciso proprio da uno di quegli uomini che avrebbe dovuto salvaguardare la sua vita, Mumtaz Qadri. L’assassino, reo confesso, è divenuto presto in Pakistan un idolo nazionale per la maggioranza islamica, che fino a pochi giorni fa ha continuato a esercitare pressioni per far sì che l’uomo ottenesse dal Presidente pakistano la grazia. Il presidente Mamnoon Hussain, nonostante i rischi per la sua incolumità e quella dei suoi familiari, ha però deciso di ratificare la condanna a morte, suscitando le ire del popolo islamico che è sceso in piazza in diverse città del Paese. Intanto Asia Bibi, che è ancora detenuta, è stata trasferita e sottoposta a custodia speciale dopo l’allerta sulla sua sicurezza scattata a poche ore dalla condanna.


MEDIO ORIENTE Secondo Zeid Raad al Hussein, responsabile per i diritti umani all’ONU, “potrebbero essere migliaia le persone morte di fame nelle aree assediate”, dove risiedono circa mezzo milione di civili. La tregua decretata avrebbe dunque lo scopo di permettere l’arrivo di aiuti umanitari nelle 17 aree ancora sotto assedio. IRAQ Il 28 febbraio un duplice attentato rivendicato dal Daesh in un mercato a Baghdad ha fatto registrare 73 morti e 100 feriti. Sembrerebbe che dopo l’esplosione della prima bomba, un kamikaze si sia fatto saltare in aria tra la gente accorsa sul posto. Nello stesso giorno, 17 persone, soprattutto militari, sono morte in un assalto ad un centro di comando di Abu Ghraib. Inoltre 14 civili sono rimasti coinvolti in altri due attentati nella cittadina di Mahmoudiya. L’ambasciata USA a Baghdad ha messo in guardia i residenti sul fiume Tigri per un probabile cedimento della diga di Mosul. Non vi sono segnali particolari che facciano presagire un imminente crollo, tuttavia il governo iracheno ha subito messo a punto un piano di emergenza da attuare nel caso.

GOLFO Gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), ovvero Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar, hanno dichiarato che l’organizzazione libanese Hezbollah sarebbe un gruppo terroristico e questo a causa delle “azioni ostili della milizia che recluta giovani per atti terroristici” . A cura di Martina Scarnato

L’AUDACE IRANIENNE

L’inattendue victoire aux législatives du Président Rhoani

De Jean-Marie Ruere Les élections législatives sont finalement terminées vendredi dernier (26.2) et le monde entier attendait avec appréhension ce résultat, car les enjeux sont majeurs. En effet L’Iran, sous son Président Rhoani, est en train de se mesurer à de périlleuses décisions politiques qui jusqu’ici ont été affrontées avec détermination. L’Iran, r visant à s’affirme à nouveau comme puissance, vu aussi les conditions géopolitiques très particulières de la région qui peuvent lui être favorables, a du faire un choix : s’attaquer d’abord aux problèmes internes du pays ou bien essayer de résoudre ceux externes. Certes la décision de commencer par la question du nucléaire -et les sanctions internationales- a été risquée, un hasard peut-être, mais elle a repayé les efforts. La République Islamique, désormais libre des restrictions, peut conter sur une croissance d’environ 5% dans les prochaines années, et donc relancer un économie qui a été stagnante trop longtemps. Une victoire des partis réformiste et modéré. L’autre

obstacle

qu’il

fallait

franchir était l’opposition interne des ultra-conservateurs, hostiles à l’ouverture envers l’Occident, et le terrain de l’affrontement était les élections législatives. Une bataille qui s’est jouée surtout au niveau de l’affluence : il faut en effet considérer que sur 46 millions de votants, la moitié a moins de 30 ans et se sent donc moins concernée par la défense des valeurs de la révolution. Déjà en 1997 d’ailleurs, le réformiste Khatani fut élu grâce à une forte affluence aux urnes (80%), chose très rare vu la crise de confiance qui a investi aussi l’Iran. Si les observateurs voyaient par contre une campagne, commencée dès 2014, “molle“, menée sans trop d’enthousiasme et qui pouvait bien faire penser a une victoire des conservateurs, c’est parce qu’ils n’avaient pas tenu en compte la campagne fébrile sur le réseau Telegram. 85 sièges sont désormais aux mains des réformistes et 73 des conservateurs modérés, soit 158 sièges sur 290, au Parlement sont tenus par le coalition du Président, ce qui lui permettra un espace de manœuvre majeur et renforce son mandat, en attendant les résultats du ballottage (Avril 2016) pour les 59 sièges restants. En outre il paraît que la coalitions ait remporté aussi la compétition pour le Conseil des Experts, l’organe qui permet d’élire le nouveau chef suprême d’Iran, le vrai homme fort de la République, après la mort de son prédécesseur (aujourd’hui le presque octogénaire, très conservateur, Khomeiny).

MSOI the Post • 11


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole KOSOVO Il ministro degli Esteri serbo Ivica Dacic denuncia con preoccupazione i ritardi nella creazione della Associazione delle comunità serbe in Kosovo, che avrebbe dovuto essere il punto chiave degli accordi raggiunti tra Belgrado e Pristina con la mediazione UE. Ha aggiunto: “Nonostante in tutti i rapporti del Segretario Generale dell’ONU si sottolinei la necessità di formare al più presto tale associazione, nulla è stato fatto finora da Pristina. Ciò costituisce un messaggio negativo per la comunità serba, ma anche per la UE in qualità di mediatore e per le Nazioni Unite”. ROMANIA Secondo il portale Romania Insider, la Coalizione per la famiglia, composta da numerose associazioni e organizzazioni romene, avrebbe già raccolto più di 2 milioni di firme in sostegno alla richiesta di una modifica della Costituzione che sancisca il matrimonio come unione tra uomo e donna. L’associazione spinge, inoltre, per il rafforzamento di politiche in grado di rilanciare la natalità, in un Paese che ormai da diversi anni sta subendo un evidente crollo demografico.

MOLDAVIA E’ stato inaugurato a Bucarest il Consiglio moldavo-romeno per i mass media, con lo scopo 12 • MSOI the Post

I BALCANI INNALZANO UN MURO

UE e Balcani: due risposte diverse allo stesso problema

Di Giulia Bazzano Il summit tenutosi a Vienna il 24 febbraio rappresenta una svolta nella gestione della crisi migratoria. Nove Paesi dei Balcani occidentali - Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia - hanno, infatti, dichiarato la necessità di ridurre notevolmente il numero di ingressi. Tra le motivazioni elencate vi sono la scarsità di risorse e la minaccia alla sicurezza nazionale. I governi dei Nove hanno deciso di aiutarsi reciprocamente con l’invio di agenti di polizia nelle zone di confine particolarmente colpite dai flussi migratori. Inoltre, è stato stabilito un numero massimo di profughi ammessi, che sarà di 280 al giorno, e le procedure di registrazione verranno unificate. Le prime restrizioni sono iniziate nello scorso novembre, quando potevano attraversare il confine tra Grecia e Macedonia solo i profughi provenienti da Paesi SIA (Siria, Iraq e Afghanistan). Ora viene negato l’accesso anche agli afghani, che rappresentano il 30% dei migranti. 5.000

persone

sono

rimaste

bloccate in Grecia dopo l’inasprimento dei controlli alle frontiere voluti dalle autorità macedoni. Per il ministro delle Politiche Migratorie di Atene Yanis Mouzalas, questi provvedimenti potrebbero portare al blocco in territorio greco di un numero di migranti che oscilla tra i 50.000 e i 70.000 uomini. L’assistenza umanitaria per le persone intrappolate alle frontiere è minima e i rischi di essere soggetti a violenze ed abusi sono molti, come affermano i coordinatori dei progetti per le migrazioni di MSF (Medici Senza Frontiere). “Più severi sono i criteri di ingresso al confine greco-macedone, tanto più cresce il mercato nero dei trafficanti e fabbricanti di documenti”, afferma l’ambasciatore italiano a Skopje. Sembra dunque finita l’epoca degli oltre 2.000 attraversamenti al giorno, registrati ancora il 14 febbraio. Il blocco compatto dei nove Stati si muove in direzione diametralmente opposta a quella dell’UE e non sembra volersi arrestare. La scelta unilaterale dei governi balcanici rimette in discussione la coesione in cui speravano molti leader europei, mentre la soluzione alla crisi dei migranti rimane un’incognita.


RUSSIA E BALCANI di trasmettere le norme e i valori europei in Moldavia. Quest’organo però, secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, ha il solo scopo di allontanare l’informazione della Moldavia dall’influenza esercitata dai media russi. ALBANIA Secondo i recenti dati diffusi dall’agenzia albanese Ata, l’import di prodotti italiani in Albania a gennaio è aumentato del 18,3% e ammonta a 11 miliardi di lek, l’equivalente di circa 80 milioni di euro. L’Italia si riconferma quindi il principale partner commerciale del Paese balcanico grazie ai suoi scambi che rappresentano il 42,3% del commercio totale del Paese.

BIELORUSSIA Secondo i recenti dati dell’agenzia nazionale per la statistica Belstat, lo stipendio medio lordo imponibile in Bielorussia è calato, nel mese di gennaio, del 2,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, raggiungendo lo stipendio medio nazionale di 290 euro. La più bassa media è stata fatta registrare nel settore dei servizi sociali, con 170 euro, mentre i lavoratori nell’ingegneria dei software hanno fatto segnare il picco di massimo delle misurazioni: 1.509 euro di media. A cura di Lorenzo Bardia

TRANS ADRIATIC PIPELINE L’alternativa al gas russo

Di Leonardo Scanavino Dopo anni di incontrastata predominanza russa nel settore del rifornimento del gas, il gasdotto Trans-Adriatico si presenta come la prima alternativa valida e concreta. Con il Corridoio Meridionale i Paesi caucasici potrebbero vendere il proprio gas all’Europa: Azerbaijan, Armenia e Georgia potranno beneficiare di buoni profitti grazie a prezzi più competitivi rispetto a Mosca. Il gasdotto è stato strutturato in moda tale da divenire una vera e propria estensione verso la penisola italiana del Corridoio Sud del Gas. Il TAP, infatti, si collegherà al confine grecoturco con il TANAP (Trans Anatolian Pipeline), a sua volta collegato al SCP (South Caucasus Pipeline). Questi gasdotti formeranno una rete che dal Mar Caspio porterà il gas direttamente all’Europa. Il tracciato previsto partirà dall›allacciamento con il TANAP, attraversando la Grecia settentrionale da est a ovest per raggiungere nel territorio montuoso dell’Albania. Infine, il gasdotto attraverserà l’Adriatico con un tratto on-shore e uno off-shore, approdando in Italia presso Meledugno.

Con le recenti crisi in Ucraina e in Libia gli Stati europei hanno dovuto far fronte ad approvvigionamenti piuttosto incerti, soprattutto in contesti delicati come quello italiano. Quando nel 2018 scadranno i contratti di fornitura russi, Kiev potrebbe rimanere senza la sua unica fonte di gas naturale. I Paesi balcanici, inoltre, dipendono dal transito del gas russo in territorio ucraino, non disponendo di depositi di stoccaggio e rischiando così di rimanere senza forniture. Il TAP potrebbe essere la soluzione per le necessità di approvvigionamento energetico della regione. Il 28 giugno 2013 a Baku una joint venture di aziende energetiche europee ha firmato i contratti di fornitura per quella che si prevede sarà la più grande vendita nella storia del gas. I primi lavori di posa delle condutture dovrebbero iniziare a maggio 2016 e si stima che le prime forniture verranno erogate nel 2019. La prossimità della scadenza dei contratti energetici con la Russia rende il progetto una priorità a livello europeo, in un’ottica di diversificazione delle fonti energetiche.

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ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole CINA La crescita del settore dei servizi a subito un rallentamento in Cina nel mese di febbraio, l’indice PMI (Purchasing Managers’ Index) secondo Caixin/Markit ha rallentato di 1,2 punti tra gennaio e febbraio. La frenata del settore dei servizi si aggiunge alla preoccupazioni delle autorità cinesi riguardo il ben più importante rallentamento dell’industria, in cui sono stati già avviati pesanti licenziamenti, per cui il governo ha stanziato dei fondi. MYANMAR È stato anticipato di una settimana il voto per la nomina di Presidenza della Birmania, che si terrà quindi il 10 marzo. Sono state interrotte quindi le trattative per la modifica dell’articolo 59F della Costituzione che avrebbe permesso la candidatura di Aung San Sun Kyi.

GIAPPONE Il Partito Liberal Democratico al governo prevede di accettare l’introduzione del cosiddetto metodo di Ada (un metodo matematico per il calcolo delle poltrone) proposto da un comitato consultivo al presidente della Camera, come base per la riforma elettorale dell’elezione per la Camera bassa. 14 • MSOI the Post

LA SVOLTA REALISTA DELL’INDONESIA

La nuova politica estera del presidente Jokowi Di Gennaro Intoccia, na del colpo di Stato della giunSezione MSOI Napoli ta militare in Tailandia da parte dell’Association of Southeast Sin dall’inizio del suo manda- Asian Nations (ASEAN) - la cui to, il presidente dell’Indonesia fondazione era stata promossa Jokowi ha dichiarato di voler proprio da Giacarta - fu un’ulpromuovere un cambiamento teriore prova della debolezza decisivo nel modo di condurre della dottrina diplomatica indola politica estera, improntando nesiana. quest’ultima alla tutela ed al conseguimento dell’interesse Il presidente Jokowi ha dichianazionale. La portata ed il con- rato essere di primaria importenuto delle sue dichiarazioni tanza garantire la sicurezza hanno riecheggiato in tutto l’e- nazionale (con un chiaro rifestremo oriente, attirando così rimento agli attentati di pochi l’attenzione dei sempre vigili mesi fa), ridefinendo gli obiettivicini. vi della diplomazia. Tenere conto dello scenario Per molti anni, soprattutto du- orientale non privo di tensioni rante la presidenza di Susilo e abbandonare il multilateraBambang Yudhoyono, l’Indo- lismo, a favore di una politica nesia ha incentrato la propria estera più realista ed attenta attività diplomatica sui valori agli interessi economici naziodella democrazia e del rispetto nali, sarebbero le nuove linee dei diritti civili, preferendo con- guida. durre negoziazioni multilaterali ed evitando coinvolgimenti di- Quanto all’economia, già in criretti in zone critiche. si all’epoca del suo predecessoQuesta forma di non interven- re, Jokowi ritiene necessario il tismo è stata portata avanti varo di riforme economiche soprattutto nei periodi di forte strutturali, per raggiungere tensione internazionale verso i un’ulteriore apertura del Paese Paesi musulmani, come duran- ai mercati asiatici e assicurarte la Global War on Terrorism si investimenti esteri, così da condotta da Bush. soddisfare la domanda interna di lavoro. Secondo gli esperti, la In realtà, il multilateralismo di crescita demografica nel Paese Yudhoyono, fu visto dai suoi potrebbe rendere l’Indonesia il elettori come una scusante per motore di sviluppo della regioeludere l’assunzione di respon- ne-ASEAN. sabilità. La mancata condan-


ORIENTE COREA DEL NORD In data 2 marzo, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU all’unanimità ha approvato nuove sanzioni contro la Corea del Nord e si suoi test balistici e l’uso di armi nucleari. La risposta di Pyongyang non si è fatta attendere: giovedì 3 marzo sono stati lanciati missili a corto raggio in mare, a largo della costa orientale. Le sanzioni, emesse dopo una lunga contrattazione tra Stati Uniti e Cina, sono le più dure mai emesse contro la Corea del Nord e comprendono anche ispezioni per i carichi che arrivano ed escono dal territorio, il divieto di vendere armi al regime nordcoreano e l’espulsione dei diplomatici del Paese coinvolti in azioni illegali. La Cina, storica alleata della Corea del Nord ha cercato di evitare che fossero inserite sanzioni che avrebbero potuto mettere in pericolo l’economia del Paese. Barack Obama in un comunicato ha invitato Pyongyang ad abbandonare questi test e lo sviluppo delle armi di distruzione di massa.

AUSTRALIA Le famiglie australiane, hanno contribuito insieme all’aumento della spesa pubblica e al settore edilizio, a spingere la crescita del Paese al 3% negli ultimi tre mesi del 2015, rispetto ad appena un anno prima. Il risparmio delle famiglie è calato dall’8,7 per cento al 7,6 per cento, la domanda interna è quindi cresciuta, nonostante le esportazioni, invece, siano ferme, e le imprese stiano ancora contribuendo poco con gli investimenti. A cura di Emanuele Chieppa

IL SOTTILE FILO DI SPERANZA DEL MYANMAR

La clausola che impedisce la presidenza a Aung San Suu Kyi potrebbe essere sospesa

Di Carolina Quaranta Giorni di tensione per Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia. Lo scorso novembre il suo partito ha vinto le elezioni in Myanmar conquistando l’80% dei seggi, un risultato epocale che ha messo fine alla dirigenza dei militari del Partito di Unione, Solidarietà e Sviluppo (USDP). Nonostante la schiacciante vittoria, che ha permesso al partito di insediarsi al Parlamento lo scorso 1° febbraio, la Lady birmana non potrà essere Presidente del suo Paese: una clausola costituzionale impedisce di ricoprire tale ruolo a chi ha familiari o parenti che hanno giurato fedeltà ad un’altra Nazione. Suu Kyi è, infatti, vedova di Michael Aris, studioso inglese di cultura tibetana e professore a Oxford, dal quale ha avuto due figli, entrambi cittadini britannici. Il Presidente attuale, l’ex generale Thein Sein, lascerà il suo posto ad aprile, quando si terranno le elezioni per nominare il suo sostituto. Le due camere del Parlamento proporranno entro il 17 marzo un candidato ciascuna, mentre un terzo concorrente verrà selezionato da un gruppo di rappresentanti militari. Non è ancora stato nominato un eventuale vice da parte di NLD,

il partito di Suu Kyi, la quale però non si mostra preoccupata dalla situazione attuale e assicura che anche senza la presidenza formale sarà comunque fortemente presente nei processi decisionali. La clausola che le impedisce la presidenza può essere sospesa, ma perché ciò accada è necessario il voto favorevole da parte dei due terzi del Parlamento, di cui i militari possiedono il 25% dei seggi. Il NLD, partito di Suu Kyi, non dispone dei numeri sufficienti per abolire autonomamente la clausola e, dal momento che la Costituzione ora vigente è stata scritta dai militari stessi, appare evidente come il processo non sia automatico. In Myanmar i militari avevano preso il potere nel 1962, diffondendo negli anni seguenti un clima di paura e repressione. Questa situazione è terminata, di fatto, soltanto con le elezioni dello scorso novembre, in seguito alle quali è stato convocato per la prima volta dopo 50 anni il Parlamento eletto da libere elezioni. Negli ultimi anni il Paese, sotto la guida dell’attuale presidente Thein Sein, ha intrapreso un lento ma costante processo di riforme volte a una maggiore democratizzazione della società. MSOI the Post • 15


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole SUD SUDAN Il leader dei ribelli, Riek Machar, ha annunciato che farà ritorno nella capitale Juba con le sue truppe. Il leader, ex-Vice Presidente non mette piede nella capitale dal 2013, anno in cui è scoppiata la guerra civile. Intanto, in attesa di una pace duratura, si aggrava la crisi umanitaria che ha portato molte persone a scappare dalle proprie case ed abbandonare la propria occupazione.

NIGERIA La polizia di Lagos è impegnata nella ricerca di 3 ragazze rapite il 2 marzo da un uomo armato in una scuola privata della capitale. Si sospettano miliziani jiahdisti. L’America ha annunciato l’invio di truppe nel nord del Paese per aiutare le forze nigeriane a contrastare i miliziani di Boko Haram. SOMALIA Il 29 febbraio, un doppio attacco terroristico ha colpito la città di Baidoa, nel sud del Paese. Le due esplosioni, causate rispettivamente da un kamikaze e da un’auto bomba, hanno provocato la morte di circa 30 persone e ne hanno ferite altrettante. Il 1 marzo a Mogadiscio hanno invece perso la vita 5 militari in un attacco bomba ad un convoglio. Entrambi gli atti terroristici sono stati rivendicati dai miliziani di Al-Shabaab. 16 • MSOI the Post

WIRED AFRICA

Verso la digitalizzazione Di Fabio Tumminello In aggiunta alle difficoltà tecniche, l’assenza di una preTra gli Obiettivi del Millennio cisa regolamentazione sul tema che l’Organizzazione delle Na- scoraggia gli investimenti strazioni Unite fissò nel 2000, una nieri. Sono però decuplicati gli delle sfide maggiori consisteva accessi da Internet Point, ornel ridurre il digital divide tra mai molto diffusi anche in zone l’Africa e il resto del mondo. rurali, dove pochissimi possono Il continente africano, infatti, permettersi un cellulare o un era già all’epoca la regione più computer. arretrata del globo, anche a causa dell’instabile situazione Non va sottostimata l’imporpolitica, economica e sociale, tanza cruciale che Internet può che non permetteva grandi in- avere in questa regione: oltre vestimenti nel campo delle tele- a sopperire alla mancanza di comunicazioni. media classici, come televisione, radio o giornali, una stabile Nel corso di questi anni, lo svi- connessione alla rete faciliteluppo è stato perlopiù disomo- rebbe la nascita di progetti relageneo: accanto a un’espansione tivi all’istruzione (insegnamenti quasi esplosiva della connettivi- a distanza o in teleconferenza), tà mobile a basso prezzo, solo all’ambiente e all’agricoltura, alcuni Stati (generalmente quel- migliorando notevolmente la li del Maghreb o quelli in espan- qualità generale della vita. sione industriale e più vicini al mondo occidentale, come il Su- Nel 2016, finalmente, la situadafrica) hanno conosciuto una zione sembra essere avviata maggior diffusione di Internet e verso una svolta decisiva: il condegli host per accedervi. sorzio Internet.org, che raccoglie le principali aziende nel Ma dopo quasi 15 anni, poco è campo delle telecomunicazioni cambiato e poco è stato fatto, (tra cui Samsung, Nokia e Facesia a livello locale sia a livello book), sta avviando un progetto internazionale, per promuovere per consentire un più semplice uno sviluppo omogeneo del con- accesso ad Internet anche in tinente in questo ambito. L’In- zone impervie o difficilmente ternational Telecommunication raggiungibili da cavi con messa Union, un’agenzia specializzata a terra. Il satellite Amos-6 si unirà dell’ONU, pur impegnandosi in al suo predecessore, Amos-5, progetti di alfabetizzazione garantendo una copertura del digitale anche nei Paesi più segnale omogenea, dal Sahel poveri, afferma che solo il 15% fino alla parte meridionale del della popolazione africana ha continente. un accesso a Internet stabile.


AFRICA TUNISIA Il governo inglese ha annunciato che a breve saranno mandati aiuti militari ed addestratori dell’esercito in Tunisia. Lo scopo sarebbe quello di aiutare il governo a difendere i 500 km di confine con la Libia. REPUBBLICA CENTRAFRICANA La corte costituzionale ha convalidato le elezioni del 14 febbraio scorso e ha confermato vincitore Faustin-Archange Touadéra con oltre il 60% dei voti. Il 31 marzo avrà termine il periodo di transizione e Touaederà sarà ufficialmente investi to della carica di Presidente.

LIBIA Nella notte del 2 marzo a Sirte, gli jihadisti si sono scontrati con dei civili armati. I miliziani del Daesh hanno fatto irruzione in un appartamento cercando di catturare “il cecchino”: una persona che da settimane prende di mira i miliziani in città. La Francia conferma la presenza di forze speciali di terra a Bengasi e non solo per fronteggiare le truppe dell’ISIL. A cura di

HUNGER GAMES IN REPUBBLICA CENTRAFRICANA

Intervento contro l’emergenza umanitaria di governo, FAO e WFP

di Chiara Zaghi La Repubblicana Centrafricana versa in una grave crisi alimentare: l’agricoltura del Paese, infatti, è stata pesantemente danneggiata dai conflitti e dalla fuga dei coltivatori, fattori ai quali si sono aggiunti lo scarso rendimento agricolo, le perturbazioni dei mercati e l’aumento dei prezzi. A dare l’allarme, il 1° marzo scorso, è stata l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che ha compiuto la Missione di Valutazione della Produzione e della Sicurezza Alimentare (CFSAM) congiuntamente con il Programma Alimentare Mondiale (WFP). Il rappresentate nazionale della FAO, Jean-Alexandre Scaglia, ha annunciato che la situazione attuale del Paese è estremamente grave: gran parte della popolazione è costretta a razionare i pasti e cibarsi di alimenti che hanno uno scarso valore nutritivo. Una situazione che appare ancora più pesante se si pensa che il 75% della popolazione è dipendente dall’agricoltura. Da 3 anni il Paese è teatro di conflitti, razzie e saccheggi. Circa un milione di persone è sfollato, il numero di capi

di bestiame è stato quasi dimezzato, la produzione ittica è calata di circa il 40%, il potere d’acquisto di un terzo, la produzione cerealicola del 70% rispetto a prima della crisi. Ad aggravare tutto, poi, c’è il forte grado di percezione dell’insicurezza che dilaga fra la popolazione. Il governo della Repubblica Centrafricana ha iniziato a impegnarsi per risollevare il settore agricolo e per sostenere le famiglie contadine nel miglioramento della loro capacità produttiva. L’intervento di FAO e WFP dovrebbe consentire una ripresa significativa della produzione agricola e una maggiore sicurezza alimentare. La FAO, nel 2015, ha offerto sementi e strumenti a 170.900 famiglie, permettendo la produzione di 40mila tonnellate di prodotti (che hanno sfamato circa 854.500 persone) e ha condotto una campagna di vaccinazione per il bestiame. Il WFP ha poi fornito sostegno distribuendo razioni alimentari ad oltre 65.000 famiglie contadine, per far sì che il raccolto non venisse usato per la sussistenza, ma apportasse benefici all’economia del Paese. L’impegno è stato rinnovato da entrambe le organizzazioni per il 2016.

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SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole ARGENTINA A 15 anni dalla bancarotta, l’Argentina di Macri si appresta ad un versamento di circa 4,65 miliardi di dollari in favore dei fondi avvoltoi. Ad affermarlo è Daniel Pollack, mediatore statunitense nella disputa tra il Governo argentino e i creditori esclusi dagli accordi di ristrutturazione del debito del 2005 e 2010. Ora la palla passa al giudice americano Griesa, che dovrà esprimersi riguardo alla legittimità di tutte le trattative. Ma l’ultima parola spetterà al Congresso di Buenos Aires. BRASILE Sia l’agenzia Moody’s sia Standard’s&Poor’s hanno declassato il rating della più grande economia sudamericana. La decisione sembra essere dettata dalle difficoltà legate al prezzo delle materie prime, di cui il Paese è grande esportatore e dalla confusione politica che regna nel Governo. I dati sull’economia evidenziano il grave stato recessivo e sono in molti ormai a scommettere sul default carioca. VENEZUELA Il crollo del prezzo del barile ha provocato la crisi del sistema sociale del Paese che si reggeva sulle alte rendite dell’oro nero. Il Governo, onde evitare il crack, ha varato una maxi-manovra che prevede tagli alla spesa pubblica e l’aumento del 6.000% del 18 • MSOI the Post

CIUDAD JUAREZ: RECORD DI VIOLENZA E FEMMINICIDI

La visita di papa Francesco nella città più pericolosa del mondo

Di Giulia Botta «Juarez es amor»: questo il manifesto che tappezzava le strade del centro di Ciudad Juarez, ultima tappa del viaggio pastorale in Messico di papa Francesco. Qui si è celebrata la prima messa transnazionale, una “messa di confine” tra il Paese e gli USA, alla quale hanno partecipato 400mila persone. Ciudad Juarez è una città di frontiera situata sul Rio Grande, di fronte a El Paso (Texas), con cui forma la maggiore area metropolitana binazionale sul confine americano dopo quella di Tijuana-San Diego. Lungo la frontiera si snoda una barriera metallica di separazione, voluta dagli USA per bloccare l’attraversamento di immigrati. Sul confine il numero di immigrati clandestini è sempre crescente: arresti e morti, lungo il “muro della vergogna”, sono sempre più diffusi. A 80 metri da El Paso si è levata la voce del Papa, con un appello contro lo sfruttamento degli immigrati, dei poveri e delle donne: una denuncia contro la violenza che dilaga nel Paese e in particolare a Ciudad Juarez, la città più pericolosa al mondo, con picchi di 3.000 morti all’anno. Qui, alla tragedia umana delle

migrazioni forzate, si affianca la spirale di violenza alimentata dalla guerra del narcotraffico, gestito da pandillas (bande armate) e dal Cartello Juarez. Ciudad Juarez è, inoltre, città simbolo del femminicidio: dal 1993 si contano 4.500 donne scomparse e 775 omicidi di giovani, vittime di atroci torture e sevizie; si registra che spariscono circa 3 donne ogni due giorni. Si tratta di donne tra i 10 e i 35 anni d’età, di umile estrazione sociale, spesso sfruttate nelle maquiladoras, fabbriche di assemblaggio delle multinazionali, o vittime del sistema del narcotraffico e della prostituzione. Simbolo di questo tragico bilancio sono le tante croci rosa che svettano nel panorama desertico di Ciudad Juarez e che recano il nome delle “desaparecidas”. Differenti sono le ipotesi d’indagine (sette sataniche, narcotraffico, snuff movies, serial killer) riguardo agli omicidi, spesso accomunati da dinamiche simili. Tuttavia, sinora i colpevoli restano impuniti nel 97% dei casi, nonostante le pressioni di associazioni dei familiari delle vittime, come la “Nuestras Hijas de Regreso a Casa”, fondata da Norma Andrade, madre di una sedicenne uccisa nel 2001.


SUD AMERICA prezzo carburante. Numerose proteste si sono verificate contro il rincaro dei prezzi e la conseguente crisi sociale. Il presidente Nicolas Maduro, per affrontare la difficile situazione politica che lo vede in minoranza all’Assemblea Nazionale, è ricorso alla Corte Suprema che ha limitato i poteri del Parlamento ai soli esecutivi. C’è chi inizia a sostenere che la Fuerza Armada Nacional possa mettere in atto un colpo di Stato per evitare lo sconvolgimento sociale a seguito di un sempre più possibile fallimento del Venezuela. BOLIVIA Tra pochi giorni potrebbe concludersi un’intesa tra Bolivia e Federazione Russa nel campo dell’energia nucleare. Lo afferma Sergey Kiriyenko, direttore generale di Rosatom, l’agenzia statale russa per la gestione dell’energia atomica. L’accordo prevedrebbe la realizzazione di un laboratorio di ricerca cogestito in cui è presente un reattore nucleare. Per ora si tratterebbe sono di un accordo preliminare, che potrebbe portare, in futuro, a una maggiore cooperazione energetica tra Russia e Bolivia. A cura di Michelangelo Inverso

EL CHAPO CHIEDE L’ESTRADIZIONE NEGLI USA “Solo con sentenza ragionevole e carcere di media sicurezza”

Di Andrea Incao Joaquin “El Chapo” Guzman detta le condizioni della “resa” tramite il suo legale, Jose Refugio Rodriguez. L’emittente televisiva CNN afferma che il capo del cartello di Sinaloa sarebbe pronto ad accettare l’estradizione negli Usa pur di fuggire alle quotidiane “torture mentali e fisiche” che sta subendo nella prigione messicana di massima sicurezza dov’è attualmente carcerato. Stando alle indiscrezioni trapelate, sarebbe anche disposto a dichiararsi colpevole dei reati di omicidio e narcotraffico di cui è imputato in Texas, a Chicago e a New York, a patto che si trovi un accordo per una “sentenza ragionevole”. Juan Pablo Badillo, altro avvocato de El Chapo, dichiara che il suo assistito verrebbe “svegliato ogni due ore durante la notte”. Pur di sottrarsi a tale situazione, avrebbe contattato un avvocato americano per discutere dell’estradizione. Intanto, il premier messicano Enrique Pena Nieto sta lavorando affinché l’estradizione sia il più rapida possibile, considerata anche la situazione di forte imbarazzo dell’estate scorsa, quando il boss era fuggito per la seconda volta da un carcere di massima sicurezza tramite un tunnel sotterraneo lungo un chilometro e mezzo. Non è la prima volta che gli Stati Uniti acquisiscono un ruolo di primo piano nel caso El Chapo.

L’ultima cattura del narcoboss, infatti, sarebbe avvenuta grazie ad un pedinamento della star americana Sean Penn, intenta a raggiungere il covo segreto del boss per realizzare un’intervista da pubblicare sulla rivista musicale Rolling Stone. I mass-media messicani, d’altra parte, sono totalmente concentrati sui risvolti non processuali che la cattura di Joaquin Guzman sta avendo in Messico. Il vuoto di potere che è venuto a crearsi sta facendo risorgere il cartello dei fratelli Beltran Leyva, che negli ultimi tempi si era indebolito e che ora è pronto ad occupare a qualsiasi costo i territori persi dal cartello di Sinaloa a seguito di contrasti interni. Questi scontri avevano opposto da una parte lo stesso “Chapo” e il suo braccio destro Ismael “El Mayo” Zamabada e dall’altra 35 persone, che sono state uccise. La sociologa Laura Etcharren sostiene che “la realtà del narcotraffico messicano non è una questione solamente nazionale”. Non deve stupire il ruolo di protagonisti nella lotta ai cartelli messicani di Paesi dell’America Latina come Perù, Paraguay, Colombia e Argentina. L’indagine di 9 anni compiuta dalla sociologa mette in evidenza la presenza in territorio argentino di cellule di vari cartelli messicani, intenti ad espandere lo smercio di sostanze stupefacenti e, in particolar modo, ad occupare il mercato di droghe sintetiche dell’intero Sud America.

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SPERIMENTARE PER CREDERE

EU Model Torino, a sei giorni dalla chiusura delle iscrizioni, giovedì 10 marzo Di Federico Camurati Parlare di Europa oggi è piuttosto complicato. La crisi greca, la questione migranti e il rischio di uscita del Regno Unito dall’Unione non fanno che evidenziare il momento difficile per le istituzioni europee. Il movimento euroscettico è in crescita in tutti i Paesi membri e la minaccia terroristica ha messo in discussione anche la libera circolazione delle persone che è sempre stata uno dei principi fondanti dell’ordinamento comunitario.

del Parlamento o del Consiglio e riprodurre in maniera semplificata la c.d. procedura di codecisione. La Commissione, formata dagli organizzatori, propone una bozza di direttiva che verrà discussa dai partecipanti.

A questo proposito, la scelta del tema affrontato durante la simulazione è ogni anno cruciale. L’anno scorso ci si è occupati di gestione dei flussi migratori e delle richieste di asilo, proponendo una riforma del regolamento di Dublino III. Quest’anno un altro tema In questo scenario, dunque, centralissimo: la cooperazione penale proporre un’attività incentrata sul in relazione al fenomeno dei foreign funzionamento delle istituzioni fighters. europee sembrerebbe una scelta ardua. Noi, per primi in Italia, Posso dire di aver vissuto EU Model abbiamo introdotto a partire dall’anno Torino da due prospettive differenti. scorso una simulazione dei lavori Da un lato, aver partecipato come dello European delle istituzioni dell’Unione, dedicata rappresentante External Action Service (EEAS) mi agli studenti universitari. Per 4 giorni, i partecipanti sono ha dato la possibilità di studiare a chiamati ad impersonare i membri fondo il tema, confrontarmi con gli

altri partecipanti e sperimentare a livello pratico i processi decisionali europei. Dall’altro lato, aver fatto parte dell’organizzazione dell’attività mi ha permesso di offrire ad altri studenti come me un’esperienza formativa diversa dalla normale lezione universitaria. In questo senso, la cosa più apprezzata da chi ha preso parte all’iniziativa è stata proprio l’approccio pratico e la chance di mettersi in gioco in prima linea. Concepire un evento di tale portata ha anche implicato la responsabilità di proporre un approfondimento su temi molto controversi, come si diceva in apertura. Tuttavia noi, da convinti europeisti, abbiamo voluto ribadire la convinzione che di Europa si debba discutere e si debba sperimentare, poiché, “la via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!” (Altiero Spinelli, Manifesto di Ventotene).

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16. 20 • MSOI the Post


EU MODEL TORINO 2016 IS COMING! The deadline for applicationns is approaching: 10th March!

Are you passionate about European politics? Are you eager to put your debating, negotiating, and teamwork skills to test? Are you looking for an authentic international experience? Then EU Model Torino 2016 is the place to be!

EU Model Torino 2016 consists of two different phases. The first phase is called EU Know and it represents the moment of study and learning. During the academic year, the project will include a number of events such as conferences and seminars in which students will discover

EU Model Torino 2016 is a large-scale simulation of the EU law making procedure. From March 21st to March 25th students from all over Europe will convene in Turin in order to impersonate Members of the European Parliament and Members of the Council of the European Union with the purpose of drafting a European regulation or decision. The topic of the simulation is the rapprochement of national legal systems with respect to common criminal laws on the incrimination of foreign fighters.

the main topics of the European debate from the viewpoint of scholars and experts who will contribute their expertise and competence. All these events are intended to facilitate dialogue and debate. This is why the audience will be playing an active role in the discussions between students and experts. The second phase, which is called EU Make, is the simulation of the functioning of the European institutions. The participants will debate two legislative proposals and simulate EU lawmaking by acting as Members of the European Parliament or

Members of the Council of the European Union. The staff of M.S.O.I. will be playing the role of the European Commission. The project is thus designed to embrace the two typical moments of scientific learning: analytical on one hand, empirical on the other. EU Model Torino 2016 is therefore a unique opportunity and an invaluable experience, whose primary aims are to let the participants deepen their knowledge of the main topics of European political debate, improve their understanding of the functioning of European institutions, and develop their European identity. For further information and the application form please visit the official website www.eumodeltorino.org.

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledÏ dalle 12 alle 16. MSOI the Post • 21


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