Msoi thePost Numero 16

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MSOI thePost

18/03 - 25/03

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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, desidera proporsi come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulterà riconoscibile nel mezzo di informazione che ne sarà l’espressione: MSOI thePost non sarà, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE: Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Giusto Amedeo Boccheni, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Simona Graceffa, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Andrea Mitti Ruà, Giulia Mogioni, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Silvia Perino Vaiga, Emanuel Pietrobon, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole FRANCIA Il livello di allerta antiterrorismo resta elevato. Mercoledì mattina sono state arrestate 4 persone sospettate di aver progettato un attacco “imminente” nel centro di Parigi. Si tratterebbe dei due fratelli Aytac e Ercan B. di origine turca, del pregiudicato Yussef E. e di sua moglie. Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno, ha incoraggiato alla prudenza “nel diffondere questo tipo di notizie” dato che si contano già 74 arresti dall’inizio del 2016. A seguito delle proteste di piazza Valls è stato costretto a rivedere la legge di riforma sul lavoro. Taglio della retribuzione degli straordinari, flessibilità dell’orario di lavoro settimanale, portato a 46 ore, e minori garanzie sulle indennità sono i punti più controversi.

BELGIO Quattro poliziotti feriti, un sospetto terrorista morto ed altri due in fuga: questo è il bilancio del blitz effettuato il 15 marzo in rue du Dries a Forest, periferia sud di Bruxelles. Si è trattato di un’operazione congiunta tra le forze di polizia belghe e francesi avente il fine di sgominare un gruppo logistico, specializzato nella falsificazione di documenti e nel sostegno al

IL VERTICE ITALIA-FRANCIA

L’8 marzo a Venezia il 33° summit transalpino

Di Benedetta Albano L’8 marzo si è svolto a Venezia il 33° vertice italo-francese, dove Matteo Renzi ha accolto François Hollande,. La scelta della data e della città non è stata casuale: vuole ricordare Valeria Solesin, la giovanissima italiana fra le vittime degli attentati di Parigi dello scorso anno. In un clima di forti contestazioni, soprattutto a causa della manifestazione organizzata in concomitanza dai gruppi contrari alle Grandi Opere e alla TAV, la riunione delle istituzioni si è focalizzata sulle intese e sulla collaborazione fra i due Stati. Renzi ha dichiarato l’affinità di vedute e di valori fra Italia e Francia,valoriispiratoridellelinee guida in politica estera, difesa e interni. Si è discusso anche del vertice europeo a Bruxelles del giorno precedente, riguardante il tema dei rifugiati, e si è espressa una forte critica verso i recenti casi di repressione della libertà di stampa in Turchia. La lotta al terrorismo è stato un altro tra i punti importanti discussi dai due capi di Stato: si è parlato di un intervento rivolto contro lo Stato Islamico in Siria, di contrastare il fenomeno dei foreign fighters e di un’azione in Libia, cercando anche la collaborazione di Turchia e Russia. Renzi ha, inoltre, ricordato che l’obiettivo principale in Libia sarà aiutare la formazione di

un governo autonomo. Il presidente Hollande, parlando della “questione Siria”, ha rimarcato l’importanza dell’utilizzo della tregua come negoziato, nella speranza che si possa arrivare a una transazione politica. Ma sono stati anche altri i temi trattati: la situazione dei giovani in Italia e Francia, il rafforzamento dello scambio culturale fra i due Paesi con il servizio civile (la prima collaborazione in Europa), la partnership per la protezione dei beni culturali. Tutto questo nello spirito delle parole di apertura dell’incontro, che rimandavano a “un’Europa non fatta solo di numeri, ma di ideali, valori e speranze”. Altro risultato significativo è l’intesa firmata dai Ministri delle Infrastrutture, Delrio e Vidalies: un protocollo sulla tratta Torino-Lione, al centro ormai da vent’anni di proteste e rallentamenti, per incentivare l’avvio dei lavori. Il protocollo in questione è appunto il motivo della manifestazione che ha animato Venezia il primo giorno di summit, con scontri fra manifestanti e polizia. La Francia e l’Italia hanno quindi rinnovato la loro cooperazione e, con essa, la speranza in un’Europa che si basi non solo su un’unione economica, ma anche sulla solidarietà civile e sociale. MSOI the Post • 3


EUROPA terrorismo. Le operazioni di ricerca dei due fuggitivi sono ancora in corso e la zona è stata chiusa al pubblico ed al traffico. A causa di questi avvenimenti lo stato d’emergenza di livello 3 è stato prolungato. GERMANIA Il 13 Marzo si sono concluse le elezioni nei tre Länder: Baden-Württemberg, RenaniaPalatinato e Sassonia-Anhalt. La CDU, guidato dalla Merkel, è stato sconfitto in due delle tre regioni. Al contrario l’AfD, partito di destra e populista, trionfa alla guida di Frauke Petry entrando a far parte, per la prima volta, dei tre parlamenti regionali. Queste elezioni erano viste come un test sulla politica della “porta aperta”, perseguita dalla cancelliera, che ha portato all’accoglienza di un milione di profughi nel 2015. La Merkel invoca una soluzione europea a tal proposito. GRECIA Dimitris Avramopoulos, commissario UE per la Migrazione, ha esortato gli Stati ad adempiere i loro impegni. Secondo una stima della stessa commissione, infatti, dei 22.504 ricollocamenti da effettuarsi entro luglio ne sono stati effettuati soltanto 4.555. Lunedì la Macedonia ha respinto migliaia di migranti mentre passavano il confine attraverso il fiume Suva Reka, nelle cui acque hanno perso la vita 3 afghani. Lungo la rotta balcanica, ormai da una settimana, tutti i Paesi hanno chiuso le frontiere. A cura di Giulia Ficuciello

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CAOS IBERICO

Spagna: tra stallo politico e rischio nuove elezioni Di Simone Massarenti La Spagna è in piena crisi di governance: il mese di marzo vede una situazione di stallo governativo che sta seriamente minando la generale stabilità del Paese. Dopo il coraggioso tentativo di Pedro Sanchez, leader del PSOE, di costituire un governo attraverso la fiducia (fallito con uno scarto di 88 voti fra favorevoli e contrari), la risoluzione sembra sempre più lontana. Si apre ora uno scenario che, secondo alcuni analisti, è il preambolo di nuove elezioni. Se entro il 2 maggio non vi sarà la composizione di un governo, infatti, le camere verranno sciolte e gli spagnoli saranno chiamati alle urne. La “politica ombra”, però, non ha mai cessato la sua attività: per questo ci si potrebbe chiedere che cosa stia accadendo oggi nelle stanze del Palacio de las Cortes. Il PP, Partido Popular, si pone sempre più come partito di opposizione. Il suo leader, Mariano Rajoy, presidente uscente, ha intrapreso una linea di contestazione molto dura nei confronti del PSOE e di Ciudadanos. Come riporta la testata El País, Rajoy vorrebbe incontrare singolarmente i leader dei due partiti, Pedro Sanchez e Albert Rivera, con l’unica condizione di ricercare un accordo “su foglio bianco” e senza l’imposizione di linee guida. Parallelamente, Rajoy critica la linea di Ciudadanos, ex alleato ed ora tacciato di “aver fatto le valigie a favore del PSOE”.

Molto più duro il portavoce del PP Casado, il quale sostiene che Sanchez sia “la causa in caso di nuove elezioni” e, rivolgendo lo sguardo al più defilato Podemos, ne accusa apertamente il leader, Pablo Iglesias, per “aver tenuto un discorso monotono e antisistema volto alla guerra civile”. Negli ultimi giorni, inoltre, si parla di un asse PSOE-Podemos in via di consolidamento: in una dichiarazione congiunta del 13 marzo, Sanchez e Iglesias richiedono una totale revisione delle leggi del governo Rajoy. Tra queste leggi va annoverata quella relativa all’autodeterminazione catalana, in quanto Sanchez ha difeso “l’importanza della sovranità nazionale”. Quest’ultima affermazione ha scatenato l’ira di Ciudadanos, spostando nuovamente l’attenzione sulla questione Catalana. Gli alleati di Sanchez, di matrice indipendentista liberale catalana, minacciano, nel caso di impedimenti per il referendum, una rottura dell’accordo governativo. Sanchez, per correre ai ripari, il 15 marzo ha incontrato il presidente della Generalità Catalana Carles Puigdemot; il colloquio, come espresso dai due leader in una conferenza stampa congiunta, ha portato ad un “disgelo” e, secondo il leader socialista, il processo referendario potrà procedere solo se sarà “ordinato e legale”. Dopo questo incontro vi sarà un giro di consultazioni: la comunità Catalana spera che il dibattito si sviluppi su tutti i fronti, senza l’imposizione di alcun limite.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI Venerdì 11 marzo Donald Trump è stato costretto ad annullare un comizio elettorale a causa di proteste violente da parte di oppositori politici, avvenute all’interno dell’Università dell’Illinois e nelle strade circostanti. Il candidato repubblicano ha così commentato: “E’ triste dover annullare un comizio. Cos’è accaduto alla libertà di parola?”.

USA-CANADA, ARIA D’INTESA

L’esito dell’incontro bilaterale tra Obama e Trudeau

Di Lorenzo Bazzano

Lunedì 14 marzo la Camera dei Rappresentanti ha passato a larghissima maggioranza due risoluzioni che accusano, rispettivamente, lo Stato Islamico di genocidio e il Presidente siriano Bashar alAssad di crimini di guerra. Il voto solleva la pressione sull’amministrazione Obama, che proprio in questi giorni è al lavoro sul dossier che deciderà formalmente se le azioni dell’ISIS sono da considerarsi genocidio. Nuove primarie il 15 marzo in Florida, Missouri, Illinois, North Carolina e Ohio. I risultati non fanno che confermare la predominanza dei due candidati di punta, su entrambi i fronti. Tra i democratici, Clinton ha conquistato 4 Stati su 5, assestando ulteriormente il suo vantaggio sul rivale Sanders. Sul fronte repubblicano, doppio successo per Donald Trump: il candidato è uscito vittorioso in 3 Stati mentre Marco Rubio,

L’incontro bilaterale fra il presidente americano uscente Obama e il giovane primo ministro canadese Trudeau conferma la nuova aria d’intesa che si respira fra Stati Uniti e Canada, dopo anni di rapporti non facili sotto la guida del conservatore Stephen Harper. I due leader hanno trovato punti di incontro importanti, in particolare sul tema del clima e del riscaldamento globale. Come ha riportato il NY Times, Obama ha apprezzato il messaggio di speranza e cambiamento che Trudeau è riuscito a trasmettere durante la campagna elettorale, un messaggio dai toni molto simili a quelli che lo stesso Obama aveva usato dieci anni fa per la sua prima elezione. La questione ambientale è uno dei punti nodali del programma di Trudeau e proprio su questo i due politici hanno trovato la maggior sintonia. Entrambi hanno ribadito che si atterrano agli accordi stipulati alla Conferenza sul Clima di Parigi. Hanno inoltre promesso di ridurre le emissioni di metano

dal petrolio e dal settore del gas del 40-45% entro il 2025, di ridurre le emissioni di idrocarburi e di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute al trasporto su gomma. Altra questione che ha visto Obama e Trudeau indirizzati sulla stessa strada è la difesa e la preservazione dell’Artide: la loro intenzione è di estendere la protezione di questo territorio. Obama e Trudeau hanno anche avuto modo di discutere su questioni relative alla sicurezza: i due leader convengono sulla necessità di stringere accordi per coordinare i controlli alle rispettive frontiere, così da impedire a possibili foreign fighters di spostarsi liberamente fra Stati Uniti e Canada. Obama ha detto, scherzando, che l’unica cosa su cui lui e Trudeau non sono d’accordo è chi, tra Canada e Stati Uniti, abbia la migliore squadra di hockey e chi la miglior birra. Una battuta che conferma il clima disteso in cui i due Paesi intendono operare in futuro: un futuro che potrebbe vederli vicini non più soltanto geograficamente, ma anche politicamente. MSOI the Post • 5


NORD AMERICA sconfitto anche nel suo Stato, la Florida, ha annunciato il suo ritiro dalla corsa. Mercoledì 16 marzo il presidente Obama ha formalmente annunciato il nome del giudice designato per la Corte Suprema che dovrà sostituire il giudice Scalia, la cui morte lo scorso mese ha lasciato un posto

vacante. Il prescelto è Merrick Garland, 63 anni, progressista moderato e attualmente Presidente della Corte d’Appello di Washington D.C. La nomina apre una sfida negli equilibri politici del Paese, dal momento che i repubblicani nel Congresso non sembrano disposti ad approvarla. CANADA Il primo ministro Trudeau ha ufficialmente annunciato, nella giornata di mercoledì 16 marzo, che il Canada punta ad assicurarsi un seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2021-2022. “Siamo determinati a sostenere le Nazioni Unite nella protezione di tutta l‘umanità. Per il Canada è tempo di ergersi ancora una volta”: queste le parole di Trudeau, che sottolineano con forza come il Primo Ministro voglia imprimere un’accelerazione al ruolo internazionale del suo Paese. A cura di Silvia Perino Vaiga

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L’EREDITÀ DI OBAMA

Un breve bilancio dopo 8 anni di presidenza Di Alessandro Dalpasso soprattutto derivanti da solare ed eolico, del 25,2%. Durante i suoi 8 anni alla guida L'export di beni e servizi si degli Stati Uniti, Barack Obama attesta ad oggi su un +39% ha inevitabilmente cambiato il rispetto a otto anni fa e il dato Paese. non potrà che aumentare nei Dal punto di vista della poprossimi anni, grazie ai trattati litica interna ha ottenuto i commerciali conclusi, o in via risultati più insperati ed ecladi definizione, dalla presidenza tanti, nonostante alcune piccole Obama: il TTP è infatti oramai pecche. Per quanto riguarda una realtà ed il TTIP sembra l'occupazione, i posti di lavoro destinato ad esserlo. sono aumentati di 7,2 milioni di unità, facendo scendere il Le critiche maggiori si regitasso di disoccupazione del strano nel campo della politica 5,5% e soprattutto ponendo estera. Il Presidente deve giufine alle sofferenze di 136.000 stificare il ruolo sempre meno disoccupati di lungo periodo. In interventista degli Stati Uniti secondo luogo, grazie a leggi sullo scacchiere mediorientapiù severe, le morti sul lavoro le. Obama ha tentato, in una sono calate del 18% e, in ultima recente intervista rilasciata a analisi, le start-up, sempre più The Atlantic, di dividere con gli

vettore di crescita economica, sono aumentate del 19%. Innegabile, inoltre, il successo della riforma del sistema sanitario nazionale, nota come Obamacare. Sebbene ancora 35 milioni di aventi diritto non siano coperti da questo provvedimento, 16 milioni di americani ne godono appieno. Della bilancia commerciale il Presidente può dirsi altrettanto soddisfatto. La dipendenza dell'America dall'importazione di petrolio è calata del 59%, di pari passo sono aumentati gli investimenti e di conseguenza l'energia ricavata da fonti rinnovabili,

alleati le colpe di alcune scelte infelici, come le operazioni in Libia. Josef Joffe, docente di Stanford, dipinge Obama come un’isolazionista, mentre David Samuels tratteggia su Society un parallelo con G.W. Bush, descrivendo Obama come un uomo che "ha creduto, come il predecessore, che gli Stati Uniti potessero essere un modello per il mondo, volendone quindi applicare ovunque il modello". Critiche contrapposte, dunque, che lasciano intendere come la complessità delle scelte di Obama necessiterà di molti anni per essere valutata.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole PAKISTAN Nella prima mattinata di mercoledì 16 marzo un pullman privato che portava a lavoro alcuni impiegati statali verso la città di Peshawar è esploso, provocando 16 morti e una trentina di feriti, di cui 8 in gravi condizioni. Al momento non vi sono rivendicazioni, nonostante la regione sia da tempo terreno di scontro tra le forze governative e alcuni militanti jihadisti, coordinati con i Taliban pakistani.

EGITTO “Mi rivolgo a voi come padre prima che come Presidente”. Nell’esclusiva intervista a La Repubblica, il presidente egiziano Al-Sisi ribadisce la totale disponibilità a collaborare con i 7 inviati italiani in Egitto per fare luce sul caso Regeni, il 28enne trovato torturato ed ucciso il 25 gennaio scorso. “Vi prometto che faremo luce ed arriveremo alla verità” assicura Al-Sisi, dopo aver ricordato alcune sparizioni irrisolte di personalità egiziane in territorio italiano registrate negli ultimi anni. ISRAELE Martedì la Radio dell’Esercito Israeliano ha annunciato la conquista di oltre 230 ettari nel territorio occupato della Cisgiordania - vicino alla città palestinese di Gerico e al Mar Morto. Secondo il movimento PeaceNow, alcuni progetti turistici e commerciali sarebbero già stati progettati dal governo israelia-

OUSTANDING WOMEN IN ARAB CINEMA The rise of the feminine side in middle eastern movies

Di Lucky Dalena, Corrispondente dal Libano

In western stereotype, Arab women are framed as dependent and exploited. Western feminists stand in solidarity with those women wearing the veil and staying home without working, thinking that in Middle East they are mute and not able to claim their independence. But reality is different, and we can see it through the 7th art. The cinematographic field, globally, is still a male thing: in 2012, among the 250 top movies of the year, just 9% of directors were female. At the Academy Awards, there is still a specific category for female actresses and the nominations for the other categories are strongly unbalanced between the two genders In the Arab world in the last years, actually, more and more women took their place in the Arab cinema, in front of the camera but, most importantly, behind it. Nadine Labaki, Lebanese actress and director, is probably the leader of this movement of Arab women making cinema. In a country deteriorated by the phantoms of the civil war, garbage, corruption and political

instability but that still conserves a vibrant cultural life, Labaki chose to tell the everyday life of her country. Her first successful movie, Sukkar Banat (Caramel, in English) is the simple story of five women of different generation and different backgrounds, especially religious, all working in a beauty salon. The movie revolves around sex and love in a very light-hearted mix that makes the audience empathize with the characters. Caramel is set one year after the 2006 war with Israel, and it shows a Beiruti atmosphere that is far from every cliché about Arab world and Arab women. The tragic imagery of a city destroyed by the war it’s a secondary issue and shows that, despite everything, the life in the city goes on. But Nadine Labaki is not alone. Egyptian, Palestinian, Yemeni, Algerian women are telling stories about their countries through movies, trying to get rid of the stereotypes imposed by Western culture and media. Yes, they have to fight against a patriarchal society. Yes, they focus on topics that are considered taboo in their society and this is not easy. But the result is a political activism that allows them to (almost) freely express themselves in their own community, investigating issues such as human rights, identity construction, religious and sectarian conflicts, social revolution and sexual violence from a very special perspective, that of a camera lens. MSOI the Post • 7


MEDIO ORIENTE no. Forti le proteste da parte delle associazioni per i diritti umani.

PIANO B, SENZA PIANI A

Il secondo round negoziale della conferenza sul futuro della Siria

SIRIA Il ritiro delle forze armate russe dalle zone di conflitto in Siria ha permesso all’esercito regolare di avanzare verso la città di Palmyra per riconquistare importanti roccaforti attualmente in mano al sedicente Stato Islamico. Nel Nord della Siria i curdi di 3 aree autonome - non invitati ai negoziati di pace di Ginevra di questa settimana - dichiareranno la creazione di una democrazia federale. Il progetto, sostenuto da importanti personalità curde civili e militari, potrebbe sconvolgere gli equilibri politici della regione e far approdare la popolazione curda ai tavoli di Ginevra.

TURCHIA L’esplosione di un’autobomba nel centro di Ankara è stata rivendicata giovedì mattina dal gruppo curdo TAK - i Falchi per la Libertà del Kurdistan. Il TAK precisa che non vi è alcun legame con il Partito Curdo dei Lavoratori (PKK) e che l’attacco sarebbe stato pianificato a seguito delle violente repressioni del governo turco nei territori curdi del Sud-Est del Paese. Il TAK si dichiara pronto ad attaccare nuovamente il Paese. Dopo l’attentato di domenica, la Turchia ha attaccato le basi curde della Siria settentrionale, uccidendo 45 persone e bombardando un importante deposito di munizioni nell’area di Qandil. A cura di Samantha Scarpa 8 • MSOI the Post

Di Jean-Marie Reure “L’unico piano B – ha dichiarato l’inviato speciale ONU, Staffan De Mistura- è il ritorno alla guerra”. La tregua in vigore dal 27 febbraio, che per altro non coinvolge due entità assai presenti nei conflitti siriani come Al Nusra e Daesh, avrebbe speranze incerte se non fosse seguita da decisioni politiche di un certo peso. Il cessate il fuoco è già stato violato a più riprese, e se non fosse per le pressioni esercitate da USA e Russia nei confronti dei loro alleati, le ostilità sarebbero probabilmente già riprese. Le aspettative dei Paesi occidentali sono dunque grandi e ben si rispecchiano nella preoccupazione dell’inviato ONU: siamo quasi al sesto anno di un conflitto che ha causato più di 270.000 morti e fatto fuggire circa metà della popolazione. Se i pesanti bombardamenti russi degli ultimi mesi hanno permesso all’esercito regolare siriano di riorganizzarsi - e, dunque, in altre sedi, hanno restituito potere negoziale al governo di Bashar Al Assad hanno anche acuito le tensioni attorno ai tavoli ginevrini. Walid Mouallem, ministro degli esteri siriano, in un comunicato

rilasciato sabato 12 marzo, confermando la partecipazione alle trattative in corso a Ginevra, parlava di una “linea rossa da non superare”, ossia lo stesso presidente Assad, e invitava chiunque avesse voluto mettere in discussione la sua presidenza a non prendere parte ai negoziati. Frattanto l’ACN (Alto Comitato per i Negoziati), che riunisce alcuni dei maggiori gruppi dissidenti, ribadiva la propria volontà di porre un termine a questo sanguinoso conflitto purché venissero riconosciute le istanze portate avanti dai dissidenti e dunque si lavorasse per strutturare un nuovo governo di transizione. Alla base di queste divergenze di opinioni soggiace una diversa concezione di governo di transizione, per gli uni si tratta di un governo allargato anche agli oppositori del regime ma presieduto sempre da Assad, per gli altri invece di un governo che non preveda quest’ultimo. I ritmi serrati auspicati da De Mistura, il quale vorrebbe delle presidenziali nel 2017, precedute 18 mesi prima da elezioni legislative, paiono dunque scontrarsi con le differenze fra le parti chiamate in causa.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole ALBANIA Mentre i Paesi circostanti adottano politiche di chiusura delle frontiere sempre più restrittive, Tirana si trova in difficoltà. Il governo rende nota la possibilità che in un futuro molto prossimo i trafficanti incomincino ad utilizzare la tratta adriatica per trasferire i migranti direttamente in territorio italiano. Da Roma sono arrivati degli agenti del servizio di sicurezza per verificare la situazione sul posto. ARMENIA Si è svolto venerdì 11 marzo un incontro a Mosca tra il presidente russo Vladimiri Putin e il suo omologo armeno Serzh Sargsyan. Nell’incontro si è discusso di cooperazione e sviluppo in vari settori, e la tradizionale alleanza tra i due Paesi ne è uscita rafforzata. ESTONIA Apre a Tallinn una nuova sede della piattaforma online Sputnik. Questa, come altre inaugurazioni in Paesi ex-URSS, rientra nei piani del Cremlino di darsi un nuovo volto in quei Paesi dove la sua immagine è deteriorata dalle dinamiche della caduta dell’URSS. Sputnik è una piattaforma internazionale di news direttamente riconducibile

all’agenzia di stampa governativa russa Rossiya Segodnya. Essa fa parte di un programma del governo di Mosca per offrire un punto di vista politico, economico

LE PROTESTE DEI RUSSI

Le ripercussioni della crisi energetica sui cittadini Di Daniele Baldo Molti tra le donne e gli uomini che recentemente hanno protestato di fronte alle banche moscovite pochi anni fa erano abbastanza ricchi da potersi permettere costosi appartamenti in centro. Ora si trovano vacillanti, in un contesto economico la cui criticità è alimentata da conflitti geopolitici e dalla caduta del prezzo del petrolio. Gli incassi provenienti dal settore energetico, da sempre linfa vitale dell’economia russa, si stanno esaurendo e i cittadini ne stanno facendo le spese.

Le avventure russe fuori dai confini nazionali, in Ucraina prima e in Siria poi, hanno portato ad una drastica riduzione delle risorse finanziarie adoperabili per far fronte ai problemi in patria. La vertiginosa caduta dei prezzi delle risorse energetiche ha prosciugato le casse del governo e reso il rublo debole. Le sanzioni occidentali, poi, hanno ulteriormente aggravato la situazione russa mettendo in crisi le banche. Nel primo decennio della presidenza Putin, la classe media aveva fatto la sua fortuna, mentre ora sta rapidamente affondando. Continuano a nascere proteste in zone diverse del Paese e, anche se secondo alcune agenzie

di sondaggi indipendenti l’indice di gradimento di Putin resta molto elevato, il numero di cittadini che ritiene che la Russia sia sulla strada giusta verso la ripresa è passato dal 64% di giugno al 45% di gennaio. Il pessimismo sembrerebbe essersi impadronito del Paese. Pochi però ritengono che le proteste, nel complesso ancora piuttosto isolate, si tradurranno in un cambiamento politico. Nonostante ciò, mentre le risorse iniziano a diminuire, è logico credere che i problemi potrebbero aumentare, se i prezzi del greggio continueranno a restare bassi a lungo.

Per molti le difficoltà sono già cominciate. Dopo che il rublo ha iniziato a perdere valore, infatti, acquisti e pratiche un tempo comuni sono diventati un lusso. Molte delle persone colpite dalla crisi affermano di essere state vittime delle promesse di Putin. Il tacito accordo sottoscritto fra i cittadini e il leader russo comprendeva, in cambio del consenso politico, prosperità per tutti. Ora i cittadini in crisi si chiedono perché il governo non stia facendo di più per loro e la risposta a questa domanda condizionerà il futuro della Russia, anche in vista delle elezioni del 2018. MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI e culturale alternativo a quello dei media occidentali. KOSOVO Nella notte tra 11 e 12 marzo alcuni individui si sono avvicinati al Parlamento di Pristina, lanciando alcune molotov in direzione dell’edificio. È stato preso di mira in particolare l’ufficio del presidente della Repubblica Atifete Jahjaga. Gli attentatori si sono dileguati a bordo di un’auto. MACEDONIA Nella mattina di lunedì 14 centinaia di profughi provenienti dalla Grecia hanno attraversato il confine. La risposta di Skopje non si è fatta attendere e il governo ha subito mosso l’esercito. Tra coloro che hanno oltrepassato la frontiera, circa 25 stavano tentando di attraversare a nuoto il fiume Suva Reka. Sfortunatamente in 3 sono morti, mentre gli altri sono stati tratti in salvo dai soccorritori. RUSSIA Lunedì 14 marzo il presidente russo ha ordinato il ritiro delle truppe dal territorio siriano. Putin vuole continuare a dettare le regole nell’ambito della lotta al Daesh e nella guerra civile in Siria. Il Cremlino vuole, oggi come all’inizio del conflitto, la presenza di Assad alla guida del Paese. Secondo quanto sostengono a Mosca, sarebbero peggiori i risultati di una rimozione forzata del regime di Damasco, come ad esempio in Iraq o in Libia. Le motivazioni sono da ricondurre ai forti interessi russi nell’area: la base aerea di Hemeimeem e quella navale di Tartou sul Mediterraneo. A cura di Leonardo Scanavino

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SANGUE E OLIGARCHIA Washington: trovato il cadavere del Ministro della Comunicazione nel primo governo Putin Di Emanuel Pietrobon e auto-esiliarsi all’estero per un certo periodo. 4 novembre 2015, Dupont Circle Hotel (Washington D.C.), in Secondo la teoria della matrice una camera dell’albergo viene politica del delitto, ripresa rinvenuto il corpo senza vita di anche dal Moscow Times, il Mikail Lesin, ministro della Ministro delle Comunicazioni si Comunicazione sotto il primo sarebbe trovato a Washington governo Putin. per stipulare un accordo con Lesin, storico protagonista del l’FBI, data la sua conoscenza panorama mediatico russo, è dei legami tra politica, grande noto per le sue campagne di industria e crimine organizzato espropriazione di reti televisive, russo. Circostanza che non stazioni radio e giornali privati sarebbe sfuggita in madre di opposizione, ma è ricordato patria, portando alla sua soprattutto per aver ideato e uccisione anzitempo. fondato Russia Today. La teoria è stata arricchita dal blogger d’opposizione Il caso esplode pochi giorni Oleg Kozyrev, secondo cui, fa, quando gli esiti della prima l’oligarca avrebbe inscenato la perizia, che riconducevano il sua morte, trovandosi, adesso, decesso ad un infarto, vengono in un programma federale di sconfessati da una nuova protezione testimoni. autopsia, che ha portato alla luce gravi traumi causati da un Nonostante il rischio di un oggetto contundente. reciproco scambio di accuse di responsabilità, favorito dal Mentre il governo russo, difficile contesto politico, una attraverso la portavoce Maria cosa è certa: l’ombra dello StatoZakharova, chiede informazioni Mafia denunciato da Alexander e la possibilità di partecipare Litvinenko e Luke Harding, alle indagini, Stati Uniti e tra gli altri, è sempre in agguato. opposizione anti-Putin vagliano Quella di Lesin, è solo l’ultima, la vita di Lesin, alla ricerca di di tante storie di oligarchi russi indizi utili a far luce sul delitto. finite nel sangue. Prima di lui, soltanto tra il 2013 Lesin, durante sua carriera e il 2014, a Londra avevano politica e imprenditoriale, aveva luogo gli apparenti suicidi del accumulato un patrimonio di magnate in esilio Boris Berecentinaia di milioni di dollari, in zosvkij e del suo socio Scot buona parte investito in immobili Young, coinvolti in un ambizionella contea di Los Angeles, so progetto edilizio multimiliarragion per cui il senatore dario poi sfumato. Dietro i loro Roger Wicker chiese alla FBI decessi Scotland Yard aveva l’apertura di un fascicolo a suo ipotizzato un coinvolgimento carico, per riciclaggio, nel della mafia russa su mandato 2014. del FSB, a sua volta operante Mentre viaggi e investimenti per conto dell’oligarchia russa. negli Stati Uniti aumentavano, Un’ipotesi che sarebbe piaciuta in Russia le ostilità nei suoi a Litvinenko, che denunciò i leconfronti si accentuavano, tanto gami tra mafia, oligarchia, polida portare Lesin a decidere di tica e FSB sino alla sua morte. abbandonare Gazprom Media


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole INDIA Al via l’accordo con l’Iran per la costruzione di un imponente gasdotto sottomarino. La struttura sarà in grado di approvvigionare l’India di 30 milioni di metri cubi di gas al giorno. Un simile progetto era stato ipotizzato qualche anno fa e avrebbe dovuto passare via terra attraverso il Pakistan; tuttavia l’opposizione degli Stati Uniti non aveva permesso la realizzazione dell’opera. Il viadotto sottomarino, che esclude il Pakistan, è la soluzione ad un problema durato alcuni anni. MYANMAR Htin Kyaw è stato eletto Presidente. E’ considerato il braccio destro di Aung San Suu Kyi ed è il primo Presidente civile dopo 54 anni di dittatura militare che ha governato il Paese. San Suu Kyi non poteva accedere alla presidenza a causa di alcune incompatibilità costituzionali, ma Kyaw è un rappresentante storico dell’opposizione.

L’India e le case farmaceutiche

Braccio di ferro tra governi, corporations e ONG nella più grande democrazia del mondo.

Di Giusto Amedeo Boccheni Circa un mese fa, lo USIndia Business Council, ente no-profit per il sostegno al commercio tra India e Stati Uniti, ha “privatamente rassicurato” il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) che il governo indiano si sarebbe astenuto dal concedere il permesso di produrre medicinali brevettati senza il consenso del titolare alle case farmaceutiche locali.

PAKISTAN Esplosione di un autobus, morti 15 funzionari statali, 30 i feriti. Il mezzo stava viaggiando in direzione di Peshawar quando un ordigno, nascosto sull’autobus, è deflagrato.

Lo USTR, che in questo frangente rappresenta gli interessi delle major statunitensi operanti nel settore, spinge da tempo per la modifica della sezione 48 dell’Atto Indiano Brevetti, che legittima tali misure per ragioni di salute pubblica.

Nessun gruppo ha, per ora, rivendicato l’attentato, ma il nordovest del Pakistan è una zona alquanto soggetta agli attacchi dei talebani. Il primo ministro Nawaz Sharif

Il comunicato dello USIBC ha suscitato le concitate reazioni di Medici Senza Frontiere, che in India si batte per dissolvere i monopoli nella vendita di medicinali. L’11 marzo l’organizzazone ha presentato opposizione al brevetto di un vaccino per la polmonite (PCV13), commercializzato da Pfizer come Prevenar. La polmonite è la prima causa di morte infantile nel Paese (circa un milione di vittime all’anno)

e la manifattura del vaccino è riservata a due compagnie: Pfizer e Glaxo Smith Kline. Il prezzo della vaccinazione, che MSF vorrebbe portare a 5$, è aumentato di 68 volte dal 2001 e ha fruttato nel 2015 oltre 6 miliardi di dollari alla Pfizer. Ad ora, il miglior prezzo ottenibile, grazie al sostegno di organizzazioni come Gavi Alliance e solo in alcuni Paesi in via di sviluppo, supera i 10$, ma certi produttori indiani affermano di poter arrivare a 6$. Il 12 marzo, inoltre, il Ministro della Salute e del Benessere Familiare ha bandito 344 farmaci a combinazione fissa, sulla base della delibera di un comitato di esperti nominati dal governo, in quanto “terapeuticamente privi di giustificazione”. Tra questi figurano vari medicinali antibiotici, causa di una sempre più diffusa resistenza alle cure, ed altri contenenti codeina, un derivato dell’oppio (ad esempio due sciroppi per la tosse prodotti da Pfizer ed Abbot). La misura, che dovrebbe ostacolare i fenomeni di abuso e traffico illegale di sostanze narcotiche nella regione, ha causato perdite considerevoli alle due corporation, che lunedì sono rispettivamente scese del 5,2% e del 3% (NSEI -0,76%). Sia Pfizer sia Abbott hanno presentato ricorso all’Alta Corte di Nuova Delhi, opponendo la mancata presentazione da parte del Ministero di un ordine di esibizione che precedesse la messa al bando. MSOI the Post • 11


ORIENTE ha dichiarato che attacchi di questo genere non potranno fermare la lotta che il Paese sta muovendo al terrorismo. COREA DEL NORD Uno studente americano è stato condannato a 15 anni di lavori forzati da un tribunale Nordcoreano. La colpa del giovane sarebbe stata quella di aver tentato di appropriarsi indebitamente di un manifesto politico affisso in un albergo. La sentenza emessa 16 giorni dopo la confessione dello studente è, chiaramente, in linea con le inflessibili politiche Nordcoreane. CINA

Il piano quinquennale è stato approvato dal congresso nazionale del Partito Comunista Cinese. Il testo non è rimasto immutato ed è stato approvato con solo 53 voti contrari contro 2.700 favorevoli. Il premier Kequiang ha ribadito il dovere della Cina nel rispettare gli obbiettivi. GIAPPONE Il governatore della Banca Centrale Giapponese (BOJ) Haruhiko Kuroda fa un passo indietro sull’ eventuale riduzione dei tassi di interesse (da un -0,1% a -0,5%) che era stato ventilato qualche giorno fa. A cura di Tiziano Traversa 12 • MSOI the Post

LA POLVERIERA COREANA

Kim Jong-un non cede alle pressioni per il disarmo. Di Giulia Tempo Il quarto test nucleare nordcoreano ha avuto luogo a gennaio, nella base di Punggye-ri, e ha dato vita a onde sismiche di magnitudo 5.1. Mentre per gli esperimenti del 2006 e del 2009 erano stati impiegati ordigni al plutonio, non è chiaro se nel terzo e quarto test sia stato utilizzato l ’ u r a n i o . Il leader nordcoreano Kim Jongun ha affermato che non si è trattato di un test sulle potenzialità dell’atomica, ma su quelle della bomba a idrogeno, sebbene alcuni esperti si siano dichiarati dubbiosi. La bomba H risulta significativamente più potente di quella atomica ed è strutturata diversamente: si basa non sulla fissione, ma sulla fusione nucleare. Stati Uniti, Russia, Corea del Sud, Giappone e perfino la Cina – storica alleata della Corea del Nord – hanno tentato di indurre la DPRK a porre fine alle sperimentazioni nucleari e missilistiche. Dopo il lancio, il 3 marzo scorso, di due missili a corto raggio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha incontrato Wang Yi, suo corrispettivo cinese, a Mosca, esortando Pyongyang al dialogo. Lavrov ha sottolineato che la Russia, dall’epoca staliniana a questa parte, ha cessato di essere un fedele alleato della Corea del

Nord e ha anzi definito le azioni della DPKR “irresponsabili”. Il numero di esercitazioni militari statunitensi e sudcoreane è aumentato in risposta alle crescenti tensioni. Stephen Evans, il corrispondente della BBC in Corea, ha messo in luce l’attenzione mediatica che Seul ha dedicato alle numerose esercitazioni che si stanno svolgendo in questi giorni. “È tutto volto a mandare un messaggio a Pyongyang”, ha affermato in un servizio per la BBC. “Le truppe statunitensi e sudcoreane stanno collaborando”, ha aggiunto, sottolineando però il risentimento, nella Corea del Sud, o meglio quello di alcune fazioni che simpatizzano per il Nord. Dal canto suo, Kim Jong-Un non ha ammorbidito la propria posizione, affermando, invece, che il Paese necessita di nuovi test nucleari e che i missili devono essere costantemente pronti per essere lanciati. Il 9 marzo Pyongyang ha dichiarato di aver miniaturizzato la bomba nucleare, così da poterla collocare su missili balistici intercontinentali (ICBM). Seul si è dichiarata inizialmente scettica riguardo all’effettiva riuscita di questa impresa, mentre l’ammiraglio americano Bill Gortney ha consigliato di agire con prudenza di fronte alla minaccia nordcoreana.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole COSTA D’AVORIO Il 13 marzo, a pochi chilometri da Abidjan, un gruppo di uomini armati appartenenti ad Al-Qaeda hanno assaltato una spiaggia affollata, vi erano principalmente ivoriani. L’obiettivo erano però i resort lungo la costa, frequentati dagli occidentali. Le stime parlano di circa 18 morti e 30 feriti. Tra le vittime 3 soldati ivoriani.

SUD AFRICA La giustizia sudafricana ha criticato aspramente la decisione del governo di Pretoria di autorizzare il presidente sudanese Omar Al-Bashir a lasciare il Paese dopo aver partecipato al vertice dell’Unione Africana. Azione criticata per il mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale che ha accusato Al Bashir di essere responsabile di crimini di guerra e genocidio durante il conflitto del Darfur. La Corte Suprema ha giudicato illegale la decisione del governo di non arrestare il Presidente sudanese. Secondo le dichiarazioni del segretario generale del partito di opposizione del governo, il presidente Zuma avrebbe rapporti ambigui con una delle famiglie più potenti del paese, i Gupta. Secondo le sue parole infatti il Paese rischierebbe di diventare uno Stato-mafia.

LA LIBIA NEL CAOS

Divisa, il Daesh avanza, l’ONU progetta un intervento

Di Sara Corona La Libia versa in condizioni critiche da 4 anni, ma la situazione della sicurezza generale si sta progressivamente aggravando. Dopo il golpe di Gheddafi nel 1969, il Paese era stato organizzato su principi nazionalisti e anti-occidentali, avvicinandosi progressivamente a numerosi gruppi terroristici, di cui era diventato il maggiore finanziatore. Agli inizi del 2000, un’ondata di rivolte colpisce il nord Africa, dando il via, in Libia, ad una rivoluzione contro il regime, capeggiata dal Consiglio Nazionale Libico (CNL). Nel 2011 la NATO interviene militarmente, sostenendo per 7 mesi gli insorti. Significative le recenti dichiarazioni di Obama: il suo appoggio all’intervento militare nel Paese è stato “un errore”, perché “non ha funzionato” e ha lasciato la Libia “nel caos”. Il 20 ottobre 2011 Gheddafi viene catturato e ucciso. È la fine della guerra solo formalmente. Nel 2012 il CNL cede il potere alla nuova Assemblea Congressuale, eletta il 7 luglio con le prime votazioni democratiche dopo 40 anni. Il Paese, però, è già in preda alle violenze dei miliziani, ex ribelli che non hanno ceduto le armi dopo la caduta del regime, e l’Assemblea è a sua volta controllata da partiti islamisti. Nei mesi successivi, molte am-

basciate occidentali vengono prese di mira: a settembre viene attaccato il consolato USA e ucciso l’ambasciatore Chris Stevens. Anche l’ambasciata italiana chiude. Nel maggio 2014 alcuni militari gheddafiani riescono a riprendere il potere sul Paese, istituendo un nuovo Parlamento. Ma una parte del Paese non lo riconosce e resta fedele al Parlamento di Tripoli. Si genera così una violenta spaccatura politica: il nuovo governo ottiene il riconoscimento internazionale, ma è costretto dai tumulti a fuggire a Tobruk, vicino al confine egiziano, da dove governa una piccola porzione del Paese. Il vecchio Parlamento continua a governare la capitale e la città di Misurata. Intanto, Bengasi è sotto il controllo armato di un terzo gruppo insurrezionale. Infine, nell’ottobre del 2014 un gruppo di uomini nella città di Dera giura fedeltà al sedicente Stato Islamico, istituendo un avamposto del Califfato nel centro del Paese. Oggi il potere in Libia è conteso da almeno 4 città-Stato, e la guerra civile prosegue, dato che non esiste un unico governo centrale. Negli ultimi mesi le Nazioni Unite stanno discutendo della possibilità di intervenire in Libia per fermare l’avanzata del Daesh verso ovest. Attualmente si sono poste a tutela di un nuovo governo libico di unità nazionale.

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AFRICA NIGERIA Due donne imbottite di esplosivo si sono fatte esplodere in una moschea a Maiduguri, città nel nord-est del Paese. Le vittime accertate sono 22, ma il numero potrebbe crescere a causa dei feriti gravi. Maiduguri è considerata il luogo nascita del gruppo islamista Boko Haram.

UNA SOVRANITÀ DIMEZZATA, PARTE SECONDA L’indipendenza del Somaliland

Di Fabio Tumminello

ALGERIA Sono 8 i militanti condannati ad un anno di reclusione nelle carceri algerine per aver partecipato ad una manifestazione pacifica nei pressi della città di Tamanrasset. Amnesty International ne chiede la scarcerazione immediata e parla di “prigionieri d’ opinione” che come unico crimine hanno avuto quello di esprimere le proprie idee. A cura di Francesco Tosco

Nato nel 1884, lo Stato del Somaliland ha sempre dovuto combattere per la propria esistenza e per la propria indipendenza. Sebbene si sia dichiarato fin da subito un’entità autonoma, il Somaliland, ex protettorato britannico, negli anni ‘60 è stato costretto ad unirsi alla Somalia, a sua volta ex colonia italiana, per formare quella che poi divenne la Repubblica di Somalia. Questa unità nazionale imposta “dall’alto” non ha però fermato il desiderio di indipendenza del popolo somalo: la sanguinosa guerra civile che è seguita al processo di decolonizzazione ha portato, nel 1991, al collasso della Somalia e all’affermazione di micro-regioni autonome. Il Somaliland, così, ha potuto finalmente dichiararsi autonomo: uno Stato giovane, ma con un governo saldo e i cui Presidenti vengono eletti tramite regolari elezioni, con un esercito stabile e un’amministrazione interna capillare. Un’eccezione rispetto a quanto accade nelle nazioni vicine, a partire proprio dalla Somalia.

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Ad oggi la “Terra dei Somali” è coinvolta da quasi un decennio in una disputa territoriale con

il Puntland, regione che si è dichiarata a sua volta autonoma dal governo di Mogadiscio e la cui città principale, Las Anod, è stata occupata dalle truppe del Somaliland. Rappresentanti dell’ONU e dell’Etiopia, chiamata ad un ruolo di mediazione, stanno cercando una via politica per concludere un conflitto che rischia di trasformarsi in una vera e propria guerra. Il Somaliland, nonostante goda di scarso riconoscimento a livello internazionale, può contare sull’appoggio dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Alcuni parlamentari di ALDE, partito liberal-europeista, stanno lavorando per rendere più stretti i rapporti tra UE e Somaliland e per giungere ad un riconoscimento internazionale ufficiale. L’amministrazione Obama ha, inoltre, avviato i negoziati e il governo statunitense sta considerando la possibilità di appoggiare e di riconoscere espressamente l’esistenza della piccola repubblica del Corno d’Africa. Grazie a questi endorsement il Somaliland, nei prossimi anni, potrebbe essere chiamato a ricoprire un ruolo fondamentale nella regione, come guida verso la pace dopo anni di conflitto.


SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole BRASILE L’ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, secondo quanto riportato dal quotidiano “O Globo”, avrebbe deciso di accettare l’incarico ministeriale proposto dal governo di Dilma Rousseff. L’incarico di Ministro Capo della Segreteria della Presidenza potrebbe essergli stato proposto per proteggerlo dal mandato di arresto della procura di San Paolo nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Petrobras. Le indagini nei confronti dei Ministri in carica è di competenza del Supremo Tribunale Federale, organo di nomina politica. Il Partido dos Trabalhadores governa ininterrottamente da 13 anni, dunque Lula si troverebbe di fronte a giudici nominati da se stesso o dalla Rousseff.

VENEZUELA La ricerca dei 17 minatori scomparsi a Tumeremo qualche giorno fa si conclude con la scoperta di una fossa comune contenente 17 corpi, conferma delle prime testimonianze che parlavano di una mattanza dalle motivazioni ancora sconosciute. La zona, una delle più ricche al mondo di oro, è infatti al centro di traffici di bande paramilitari, una dellequaliguidatadall’ecuadoriano soprannominato El Topo, che è ora in stato d’arresto e ritenuto

UNA QUESTIONE DI PRIVACY

Scontro tra WhatsApp e il governo brasiliano

Di Giulia Botta WhatsApp, la piattaforma di messaggi acquistata da Facebook per $19 miliardi nel 2014, conta oggi circa 1 miliardo di utenti e un flusso giornaliero di 30 miliardi di messaggi scambiati, ricoprendo ormai un ruolo centrale nel campo delle comunicazioni. Il Brasile, con 150 milioni di navigatori internet, rappresenta uno dei principali mercati dominati dai social: WhatsApp ha qui 100 milioni di utenti, circa la metà della popolazione del Paese. Negli ultimi tempi, il Brasile, come già gli USA con il caso Apple-FBI, è stato teatro di uno scontro tra colossi della tecnologia e autorità giudiziarie. La questione è quella della privacy, in particolare per gli utenti coinvolti in attività criminali e al centro del ciclone si trova proprio WhatsApp. Il 1° marzo è stato arrestato, e rilasciato dopo un giorno, Diego Dzodan, vicepresidente di Facebook per l’America Latina, su mandato di un giudice della città di Lagarto. L’accusa nei confronti di Facebook è di non aver collaborato con la polizia, che aveva chiesto ripetutamente di accedere a messaggi scambiati tramite WhatsApp per un’indagine sul narcotraffico.

“Siamo amareggiati. Si tratta di una decisione estrema e non proporzionata”: questo il commento di un portavoce di Facebook riguardo all’arresto di Dzodan. La posizione della società è chiara, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal: “Non possiamo fornire informazioni che non possediamo. Abbiamo collaborato al massimo delle nostre capacità in questo caso e se da una parte rispettiamo il lavoro importante delle forze dell’ordine, dall’altra siamo fortemente in disaccordo con la loro decisione”. €230.000 è la sanzione per la mancata consegna dei dati dei narcotrafficanti, a cui si aggiunge, ogni giorno, una multa di €11.500 per il mancato pagamento. Si tratta della terza volta in un anno in cui il colosso di Zuckerberg si trova coinvolto in una simile situazione. Il 17 dicembre 2015 si è assistito alla sospensione per 48 ore di WhatsApp in tutto il Paese: l’interruzione, presto revocata dal tribunale di San Paolo grazie alla protesta di milioni di utenti, era dovuta all’aver negato alle autorità l’accesso ai dati di criminali. Analogamente, a febbraio si è rischiata un’altra sospensione del servizio, per il rifiuto a un giudice di accedere a dati personali nel corso di un’indagine su un network di pedofili.

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SUD AMERICA il principale dell’omicidio.

organizzatore

ARGENTINA La Prefettura Navale affonda un peschereccio cinese che aveva violato le acque territoriali per pescare calamari e che aveva ignorato i ripetuti avvertimenti. Pochi giorni prima, alcuni colpi di avvertimento erano stati già sparati da un’imbarcazione della Prefettura Navale contro un altro peschereccio cinese che era entrato in acque argentine in Patagonia. URUGUAY L’instituto de Regulaciòn y Control del Cannabis (IRCCA) dell’Uruguay e le associazioni di farmacie del Paese hanno siglato un accordo sulle condizioni di vendita e distribuzione di marijuana nei loro negozi. Essa dovrebbe partire per la metà dell’anno. L’accordo prevederebbe un “marchio di adesione per le farmacie che volontariamente vi aderiscono, così da poter vendere questo prodotto in modo sicuro”. Il progetto dell’ex-presidente José Mujica, era stato approvato del Parlamento nel dicembre 2013. COLOMBIA Arrestate 16 persone a Bogotà durante una manifestazione dei tassisti contro Uber, l’operatore statunitense che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un’app è accusato di operare illegalmente sul suolo colombiano. 6 agenti di polizia sono rimasti feriti negli scontri. A cura di Andrea Incao 16 • MSOI the Post

SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA

La tangentopoli brasiliana e il fermo all’ex presidente Lula

E c’è chi inizia a parlarne come la “tangentopoli brasiliana”. Ad affermarlo non sono solo i media, ma lo stesso giudice Sergio Moro, che coordina la maxioperazione. Moro dice di ispirarsi ad Antonio di Pietro, quando, all’epoca l’ex magistrato era in prima linea nei processi che sconvolsero il sistema dei partiti in Italia terminando la cosiddetta Prima Repubblica. E non poche sono le somiglianze tra il caso brasiliano e quello italiano.

Come Mani Pulite anche Lava Jato è un procedimento giudiziario fortemente mediatico, ma, a differenza del caso italiano, tutti i principali mass media sono in mano all’opposizione liberista, che sta cavalcando l’onda delle emozioni. Riguardo gli scandali giudiziari, i partiti dell’opposizione non sono certamente immacolati in quanto a corruzione, ma la narrazione dei mezzi di comunicazione mainstream è compatta contro il solo governo. E così, anche se ancora non ci sono prove che inchiodino gli imputati, in modo particolare Lula, i cittadini sono scesi in piazza, con l›impressionante numero di 3 milioni di persone, per protestare contro il governo e lo scandalo, chiedendo le dimissioni della Rousseff. È evidente che la politicizzazione di un caso giudiziario simile sia troppo ghiotta.

In primo luogo l’operazione Lava Jato (“autolavaggio”) è partita da presunte tangenti nel settore pubblico, si è allargata all’edilizia (settore chiave dell’economia brasiliana) e ora è culminata con l’arresto dell’ex presidente Lula. Non immune dalle carte d’inchiesta anche l’attuale presidente Dilma Rousseff che rischia infatti un impeachment proprio per le tangenti di Petrobras.

Una differenza rispetto a Tangentopoli però c’è: lo scenario economico. Non è una novità che imperversi una crisi senza precedenti in Brasile, conseguenza del basso prezzo delle materie prime e del petrolio. Se davvero il governo dovesse cadere, la situazione potrebbe diventare davvero seria, ma sono in molti, nei palazzi del potere, a preferire sbattere il mostro in prima pagina.

Di Michelangelo Inverso Si allarga l’inchiesta sulle tangenti in Brasile. Partita dal colosso statale Petrobras, presto ha coinvolto anche larga parte del settore edilizio e ora lo scandalo inizia a far tremare anche la politica. In particolare è nel mirino il Partito dei Lavoratori di Dilma Rousseff e Luiz Inacio Lula da Silva.


LA CRISI DEL MEDITERRANEO ALLARGATO ED IL TERRORISMO ISLAMISTA Le radici religiose di un conflitto senza frontiere

Di Luca Bolzanin

Lo scorso lunedì, si è tenuto il terzo ed ultimo appuntamento del ciclo di conferenze “EU Know”, propedeutiche allo EU Model Torino 2016. Tema dell’incontro è stata l’analisi della situazione del cosiddetto “Mediterraneo allargato”, comprendente – oltre agli Stati non europei che si affacciano sul Mediterraneo – anche Giordania, Iran, Iraq e Paesi della Penisola arabica. La tavola rotonda ha visto la partecipazione del professor

Filippo Maria Giordano, docente del Modulo Jean Monnet, e del dottor Lorenzo Vai, ricercatore presso il Centro Studi sul Federalismo. I due relatori si sono alternati, in una sorta di dialogo, per approfondire le radici religiose, sociali e politiche della situazione odierna nell’area MENA (Medio Oriente-Nord Africa). Tra le ragioni principali dell’instabilità della regione, vi sarebbero, da un lato, le divergenze ideologiche tra governi a maggioranza sciita e governi sunniti e le conseguenti

rivalità geopolitiche tra potenze regionali (Arabia Saudita, Egitto e Turchia) o aspiranti tali (Iran); dall’altro, le problematiche irrisolte delle minoranze – in special modo, quella curda – e l’ingerenza occidentale nell’area. Rispetto a quest’ultimo punto, rilevano i confini tracciati a tavolino al termine dei due conflitti mondiali e la campagna militare guidata dall’Amministrazione Bush, quest’ultima ritenuta – assieme al ritiro prematuro delle truppe dall’Iraq – la causa prima della crescita del fondamentalismo islamico salafita.

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16. MSOI the Post • 17


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