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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino
La Nuova Sezione Economia!
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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino
MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione.
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Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost
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N u m e r o
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REDAZIONE Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Giusto Amedeo Boccheni, Luca Bolzanin, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Andrea Mitti Ruà, Giulia Mogioni, Efrem Moiso, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Ivana Pesic, Emanuel Pietrobon, Edoardo Pignocco, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Giacomo Robasto, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!
EUROPA 7 Giorni in 300 Parole BELGIO Dopo aver annullato per motivi di sicurezza la “Marcia contro la paura” prevista per il giorno di Pasqua, la polizia belga ha disperso con cannoni ad acqua un corteo non autorizzato di neonazisti ed hooligans scesi in piazza per rendere omaggio alle vittime degli attentati del 22 marzo. Secondo le ricostruzioni del Belgium Crisis Centre, oltre agli attentatori sarebbero state identificate 28 delle 34 vittime degli attacchi.
ITALIA In seguito ai reiterati tentativi di depistaggio delle indagini messi in atto dal governo egiziano, i genitori di Giulio Regeni hanno richiesto alle istituzioni italiane una risposta forte che comporti, se necessario, la sospensione degli accordi commerciali tra i due Paesi e la chiamata in patria “per consultazioni” dell’ambasciatore italiano in Egitto. La polizia italiana ha arrestato nei pressi di Salerno un uomo algerino sospettato di aver fornito documenti falsi ad alcuni terroristi legati alle stragi di Parigi e Bruxelles. FRANCIA Al termine del Consiglio dei Ministri del 30 marzo, Franҫois Hollande, non riuscendo a conciliare le posizioni delle due Camere, ha rinunciato alla riforma costituzionale da lui
INTELLIGENCE EUROPEA Lotta al terrorismo e criticità
Di Giulia Ficuciello Dopo un 2015 segnato dai due terribili attacchi a Parigi e a pochi giorni da quelli a Bruxelles, la necessità di rafforzare l’intelligence e la cooperazione a livello europeo è diventata la priorità di molti esecutivi. A tal fine, il Consiglio dell’Unione Europea, rispettivamente nel 1999 e nel 2002, istituì Eurojust ed Europol (l’una finalizzata alla cooperazione in materia giudiziaria e l’altra alla lotta al crimine). I settori di competenza di queste due agenzie sono in continuo aumento e comprendono oggi anche il contrasto al terrorismo. In questo settore la cooperazione è ad oggi ancora debole ed è diffusa la convinzione che le intelligence nazionali dovrebbero scambiarsi informazioni più agevolmente e con maggiore frequenza. Una delle critiche più aspre mosse a Bruxelles si è riferita, infatti, alle falle del servizio segreto belga. El Bakraoui, uno dei kamikaze di Zaventem, era stato già segnalato dal governo turco quale foreign fighter. Inoltre, il governo greco, trovate nell’appartamento di Abaaoud le prove di un possibile attacco all’aeroporto, aveva avvisato le autorità belghe. Questa debolezza potrebbe imputarsi anche alla disomogeneità legislativa, in materia di
terrorismo, tra gli Stati membri dell’UE. Cercando di ovviare a ciò, il 2 dicembre è stata presentata una proposta di direttiva (la 2015/0281) sulla lotta contro il terrorismo, in cui vengono criminalizzati, principalmente, il finanziamento al terrorismo, il proselitismo e la propaganda del fenomeno terroristico, il traffico di armi. Tale direttiva mira non solo a contrastare, ma anche a prevenire il fenomeno, nonché alla realizzazione di una stretta cooperazione interna. È proprio in questo senso che Parlamento Europeo e Consiglio auspicano un rafforzamento di Eurojust ed Europol. Tale enforcement non deve però violare i principi democratici e legali sui quali è fondata l’Unione Europea. Sono molte le proposte avanzate in questi mesi per far fronte al terrorismo: il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, l’identificazione di pochi hotspot, una politica comune in materia di migranti. Tutte garantiscono la piena sovranità degli Stati e le libertà fondamentali dell’UE. Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea, ha infatti sostenuto che “ci attaccano perché siamo liberi”. La soluzione sembra quindi non essere la costruzione di muri, ma l’eliminazione di quelle barriere ideali che impediscono di agire in modo unitario. MSOI the Post • 3
EUROPA stesso proposta dopo gli attentati di Parigi. Il progetto, denominato “Protezione della nazione” e modificato più volte, prevedeva l’inserimento in Costituzione dello stato di emergenza e la revoca della nazionalità francese agli accusati di terrorismo. REGNO UNITO Si riapre la disputa tra governo britannico e argentino relativa alle Isole Falkland dopo la pronuncia di una Commissione ONU che ha autorizzato l’Argentina ad estendere del 35% le sue acque territoriali nell’Atlantico meridionale, limite entro il quale è compreso il piccolo arcipelago a lungo conteso. Dura la replica di David Cameron che ha sottolineato il ruolo puramente consultivo della Commissione, attribuendo importanza alla sola volontà degli abitanti delle Falkland di continuare a far parte della Gran Bretagna. SPAGNA Cento giorni dopo le elezioni, persiste il vuoto politico all’interno dello Stato iberico: in mancanza di una soluzione concreta al problema, cresce la tensione tra i cittadini ed è sempre più evidente l’assenza della Spagna dalla scena politica internazionale. GRECIA Nonostante il supporto umanitario fornito al governo greco per far fronte all’emergenza migranti, il commissario UE per gli aiuti umanitari Christos Stylianides ha sottolineato la necessità di altre offerte per soddisfare i bisogni dei rifugiati. Dallo scorso dicembre ad oggi, 17 Paesi europei hanno contribuito mettendo a disposizione oltre 87mila beni di prima necessità. A cura di Federica Allasia 4 • MSOI the Post
UNIONE EUROPEA E CANADA VICINI AD UN ACCORDO STORICO Una volontà comune per la creazione di un tribunale permanente unico nel suo genere
Di Andrea Mitti Ruà Il Comprehensive Economic Trade Agreement, o più semplicemente CETA, è l’accordo commerciale a cui stanno lavorando Unione Europea e Canada per la creazione di una zona di libero scambio, economico e commerciale, la quale porterebbe all’abolizione del 99% dei dazi doganali presenti attualmente tra gli Stati in questione. Le negoziazioni, concluse nel 2014, hanno lasciato spazio alla revisione legale del trattato. Al suo interno è stato inserito un nuovo articolo che prevede l’istituzione di un tribunale permanente con il compito di risolvere le eventuali controversie tra Stato e investitori. L’organo si comporrà di due Corti, preposte a giudicare rispettivamente in primo grado e in appello: questo doppio grado di giudizio vuole garantire maggiormente la tutela degli standard sugli investimenti previsti dal trattato stesso. Il tribunale sarà formato da 15 membri, ripartiti a loro volta in 5 divisioni costituite da 3 giudici, i quali, dopo essere stati sorteggiati, dovranno ascoltare e giudicare sui singoli casi. Le spese processuali, inoltre, saranno tutte a carico della parte soccombente. “Con i cambiamenti apportati abbiamo reso il CETA in linea
con i nostri standard di tutela degli investimenti nei trattati di libero scambio” ha commentato il primo vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans. E ha continuato: “in particolare, abbiamo dimostrato la nostra volontà nell’assicurare che le vertenze sugli investimenti saranno giudicate seguendo fedelmente la rule of law”. Anche il commissario al Commercio UE Cecilia Malmström ha voluto esprimere la sua soddisfazione: “sono contenta per il risultato ottenuto. Facendo seguire al Tribunale il modello di una corte internazionale i cittadini avranno una maggiore fiducia nell’imparzialità e oggettività dei suoi giudizi”. Inoltre, ha specificato che “si può affermare che siano state incontrate le aspettative sia degli Stati Membri che del Parlamento Europeo.” Proprio il presidente del Parlamento Martin Schulz ha voluto congratularsi via Twitter con il Canada e l’UE per la maggiore tutela che verrà garantita. Lo stesso Schulz ha voluto però aggiungere che “questo tipo di accordo potrebbe diventare la base per le diverse zone di libero scambio”, un chiaro riferimento al TTIP attualmente in trattativa tra Stati Uniti ed Unione.
NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI Venerdì 25 marzo. A pochi giorni dagli attentanti che hanno colpito il Belgio il 22 marzo, il segretario di Stato americano John Kerry incontra a Bruxelles il premier belga Charles Michel. “Non ci faremo intimidire, non ci arrenderemo”, le parole di Kerry durante la conferenza stampa congiunta. Venerdì 25 marzo. “Stiamo eliminando sistematicamente i membri del Governo dell’ISIS”, ha dichiarato il Segretario della Difesa Ashton Carter. La dichiarazione giunge a conferma del risultato ottenuto dagli Stati Uniti in un’operazione effettuata in Siria nel mese di febbraio e durante la quale sarebbe rimasto ucciso Haji Imam, noto anche come al-Qaduli e tra più importanti leader dell’organizzazione terroristica. Sabato 26 marzo. Sanders guadagna terreno. Il rivale di Hillary Clinton conquista i caucus di Alaska, Washington e Hawaii. Con un vantaggio di oltre il 40% il senatore del Vermont ha dichiarato: “Si apre la strada verso la vittoria”. Lunedì 28 marzo. Washington. Sparatoria all’interno del Capitol Visitors Centre, il centro visitatori del Congresso. Il responsabile Larry Dowson, è stato ferito nello scontro con la polizia di Capitol Hill e successivamente arrestato. L’uomo avrebbe iniziato a sparare una volta giunto ai controlli di sicurezza. Rimasta ferita una donna. Martedì 29 marzo. Il segretario di Stato John Kerry incontra a Washington il ministro
IL PREZZO DELLA DEMOCRAZIA
C’é un rapporto tra grandi finanziamenti e risultati elettorali?
Di Alessandro Dalpasso
nione,
Nelle prime settimane di settembre, quando parte dell'opinione pubblica era surriscaldata dall'entrata in campo di Trump e della mobilitazione dell'establishment democratico per Clinton, furono pubblicate alcune ricerche che riportavano il costo per un privato cittadino che volesse intraprendere la corsa alla Casa Bianca. Poco più di 15.000 dollari. Nulla di proibitivo, quindi, nel Paese che fa della democrazia a qualsiasi prezzo e del "sogno americano" il leitmotiv di ogni campagna elettorale.
Ma é davvero così? Davvero i soldi viaggiano in maniera direttamente proporzionale al numero di voti ottenuti? Mentre in casa Dem la partita fra i due sfidanti é sempre più serrata, una possibile risposta ci può arrivare dal GOP, in particolare da un ex candidato che, a giugno, era presentato tra i favoriti: Jeb Bush. Si tratta del candidato repubblicano che ad oggi ha speso di più in assoluto, con una cifra record (versata direttamente o dai vari superPac, i comitati che sostengono il candidato indirettamente) di 58,8 milioni. Un investimento che tuttavia non è bastato, visto lo scarso numero di voti raccolti da Bush, che è sfociato poi nel suo ritiro dalla corsa elettorale.
É però evidente che, sebbene il gettone di entrata non sia elevato, per poter davvero giocare fino in fondo questa partita i costi si alzino notevolmente. Questa la riflessione alla base della critica che il senatore del Vermount e candidato alla presidenza Bernie Sanders avanza al modo di condurre la raccolta fondi della sua avversaria, Hillary Clinton. L’ex first lady ha in programma, per aprile, due cene di finanziamento. Gettoni di entrata: 350.000 dollari per la più esclusiva delle due, 33.000 per la seconda, più “popolare”. Il candidato “di sinistra” del Partito Democratico ha, invece, un target diverso e per partecipare alle sue cene di raccolta fondi, in media, bastano dai 15 ai 50 dollari. É quindi naturale che Sanders, nella sua opi-
sarebbe
svantaggiato.
In un rapporto soldi investiti-voti ottenuti, ogni voto ottenuto dal candidato Bush sarebbe costato 621,8 dollari, con un picco impressionante di 2.800 dollari per voto in Iowa. Se confrontato con colui che ora é il frontman repubblicano, Donald Trump, il paragone é impressionante: per il tycoon newyorkese, infatti, ogni voto equivale in media a un decimo, ovvero soltanto 62 dollari. Condividendo o meno il messaggio di Trump, la risposta che da ciò si ricava é chiara: se il messaggio convince gli elettori, il rapporto soldi-voti resta secondario rispetto al dibattito elettorale. MSOI the Post • 5
NORD AMERICA degli Esteri turco Mevlüt Cavusoglu. Tra le priorità dei due Governi vi è la ricerca di una forza comune che sconfigga le milizie di Daesh e la necessità di un concreto processo di transizione governativa in Siria. In agenda anche la questione turco-cipriota, della quale si prospetta un’intesa entro la fine dell’anno. Giovedì 31 marzo. Primo giorno per il Nuclear Security Summit organizzato, a Washington, dal presidente Barack Obama. I leader mondiali provenienti da 56 nazioni si riuniranno per due giornate negli Stati Uniti con lo scopo di identificare ed attuare misure che evitino l’utilizzo di armi nucleari per fini terroristici.
CANADA Mercoledì 30 marzo. “We already do that, but we would like to do that more”, con queste parole il ministro dell’immigrazione John McCallun affronta, a Ginevra, la questione dei rifugiati siriani durante l’attesa UN Refugee Agency Conference. L’obiettivo presentato dal Ministro prevede l’ampliamento del numero dei rifugiati da accogliere nello Stato canadese ed un incremento degli aiuti verso Stati terzi che debbano fronteggiare la medesima emergenza. A cura di Erica Ambroggio
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KERRY A MOSCA: PROVE DI DISGELO? Siria, Ucraina e collaborazione spaziale tra i temi al centro della visita
Di Silvia Perino Vaiga “Ricostruire e rafforzare il rapporto tra Stati Uniti e Russia”: questi, nelle parole del segretario di Stato americano Kerry, gli obiettivi della sua visita a Mosca, dal 23 al 25 marzo scorsi. Un’affermazione d’intenti tutt’altro che banale, alla luce degli attriti che i rapporti tra i due Paesi hanno conosciuto negli ultimi anni, esacerbati in particolare dalle rispettive posizioni in Ucraina e Siria. All’indomani della visita, sembra che questa sia effettivamente valsa ad ammorbidire i toni del dialogo, avviando quello che potrebbe diventare un processo di disgelo. Il primo e più importante dossier sul tavolo di Kerry e Putin è stato, prevedibilmente, quello siriano: l’incontro tra i due è avvenuto, infatti, alla luce del cessate il fuoco concordato proprio da Washington e Mosca e in vigore dal 27 febbraio. In una fase nella quale il Cremlino sembra essersi allontanato dalle posizioni di Assad, rimodulando così il proprio ruolo nel conflitto, si fa più concreta la speranza di una soluzione politica condivisa. Kerry ha annunciato che a Mosca è stato definito un calendario per la transizione del Paese, che dovrebbe culminare ad agosto con l’accordo per un nuovo governo e una nuova costituzione.
Più dure invece le rispettive posizioni sulla crisi ucraina: il Segretario di Stato non ha mancato di ribadire che le sanzioni imposte da Washington alla Russia non verranno sollevate fino a che Mosca non si impegnerà a portare a termine un processo di pace definitivo. A ciò si aggiunge la vicenda della pilota ucraina Nadyia Savchenko, condannata a 22 anni di carcere con l’accusa di aver ucciso due giornalisti russi durante un bombardamento. Su questa condanna Kerry si è espresso con toni particolarmente duri, chiedendo al governo russo di liberare la Savchenko e altri cittadini ucraini illegittimamente imprigionati. Sembra comunque che nemmeno il pugno duro degli Stati Uniti sull’Ucraina abbia incrinato il clima positivo instauratosi a Mosca, complici anche i richiami alla collaborazione delle due potenze nel settore dell’esplorazione spaziale che, secondo alcuni, potrebbe addirittura rappresentare la chiave di un definitivo riavvicinamento tra Washington e il Cremlino. I due Paesi stanno infatti lavorando congiuntamente a un piano per una nuova stazione spaziale internazionale e potrebbero investire in un programma per una missione congiunta su Marte. Che la distensione tra Stati Uniti e Russia, tanto difficile da raggiungere sul piano geopolitico, debba ricercare la sua risposta nelle stelle?
MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole
IL PAKISTAN, IL TERRORISMO E LE TENSIONI RELIGIOSE
Ovvero, la lotta per la sopravvivenza delle minoranze Di Lucky Dalena, Corrispondente dal Libano
PAKISTAN Il 27 marzo, giorno di Pasqua per i cristiani, un kamikaze si è fatto esplodere in un parco pubblico di Lahore, in cui si trovavano diverse famiglie della minoranza cristiana, intente a celebrare la festività. Nell’attentato sono morte 72 persone, in maggioranza donne e bambini, e sono rimaste ferite più di 300 persone. Il gruppo talebano Jamatul Ahrar ha rivendicato l’attacco. Il 29 marzo Geo News ha fatto sapere che 174 uomini sospetti di aver legami con l’attentato sono stati arrestati dalle forze di sicurezza pachistane nella provincia di Punjab. IRAQ Il 25 marzo un kamikaze si è fatto esplodere all’interno di uno stadio durante una partita di calcio a Iskanderiyah, a 50 km circa da Baghdad. Nell’attacco sono rimaste uccise 29 persone e altre 60 sono rimaste ferite. Il 29 marzo un altro attentato suicida, più tardi rivendicato dal Daesh, ha ucciso 3 persone e ferito altre 27 a Baghdad. SIRIA Il 27 marzo è stato liberato dalle forze siriane il sito archeologico di Palmira, da 10 mesi in mano al Daesh.
Il 27 marzo 2016, giorno di Pasqua, ancora nei postumi del pranzo, qualcuno di noi ha ricevuto il security-check di Facebook. “Are you ok? It looks like you are in the area affected by the explosion in Gulshan-iIqbal Park, Lahore, Pakistan”. Con un Medio Oriente indignato per le disuguaglianze nella percezione degli attentati, il security-check, ricevuto a Washington, Roma o Vancouver, ha finalmente portato all’attenzione dell’Occidente anche l’ennesimo episodio di violenza lontano dall’occidente. Questa volta, però, il responsabile non è lo Stato Islamico. Stato di confessione islamica, ufficialmente dal 1940, il Pakistan conta un 4% della popolazione di minoranze religiose, tra cui i cristiani. Un sistema pseudoconfessionale permette ai nonmusulmani di avere qualche seggio in Parlamento, ma la Costituzione del 1973 vieta loro di occupare qualsiasi ruolo di vertice. La divisione settaria si è inasprita negli anni anche tra sciiti e sunniti, seguendo le dinamiche regionali tra Iran e Arabia Saudita non solo a livello politico, ma soprattutto tra la società civile. Secondo uno studio del Pakistan Institute for Peace Studies, infatti, il bilancio dei morti per questioni religiose nel 2013 non
rispecchia i tentativi di trovare un equilibrio a livello politico: 1.200 persone uccise, tra singoli episodi e attentati suicidi. Nel 2015, il governo pakistano ha dichiarato che nel Paese ci sono un centinaio di organizzazioni contro il terrorismo e che sia l’esercito sia l’intelligence governativa sono impegnati nella questione. La verità, però, è che i governi degli ultimi anni non sono stati capaci di rispondere al problema della sicurezza nel Paese. Non si conosce l’origine dei gruppi, chi li finanzi e nemmeno come questi abbiano accesso alle armi. Lahore è una città multietnica e multiculturale, con una vitalità culturale e giovanile non indifferenti (consiglio il documentario interattivo “Lahore Landing” per saperne di più su questa città) ma, come dimostra l’attacco di domenica, non libera dalle tensioni settarie e intra-religiose. Nel 2015, due kamikaze si sono fatti esplodere in una chiesa cristiana, uccidendo 80 persone. Qualche settimana fa, un giovane 17enne è stato ucciso da un musulmano per questioni personali, scatenando l’ira della comunità locale. Ma non solo i cristiani: molto spesso, gli scontri sono all’interno della comunità islamica. Il governo che proclama la libertà religiosa, ma di fatto sembra non garantire la protezione ai gruppi minoritari. MSOI the Post • 7
MEDIO ORIENTE La città appare quasi completamente distrutta. Secondo il direttore di Antichità e Musei in Siria, Selon Maamoun Abdulkarim, ci vorranno circa 5 anni per ricostruirla. Il ministro degli Esteri italiano Gentiloni ha voluto ricordare il custode della città Khaled Assad, ucciso il 18 agosto scorso dai miliziani jihadisti. EGITTO La mattina del 29 marzo il volo MS181 dell’Egyptair con a bordo 81 passeggeri partito da Alessandria e diretto al Cairo, è stato dirottato a Larnaca, Cipro. Il dirottatore è un cittadino egiziano, Seif Eldin Mustafa, che avrebbe detto di avere una cintura esplosiva, fatto poi smentito. All’arrivo, l’uomo ha rilasciato i cittadini egiziani, ma ha tenuto in ostaggio alcuni stranieri e l’equipaggio, per poi rilasciarli successivamente. Il movente del gesto è personale, non si tratta di un atto terroristico. Il tribunale di Cipro lo ha condannato a 8 giorni di carcere. LIBIA Il premier designato Fayez Al Sarraj è sbarcato a Tripoli assieme ai membri del Consiglio presidenziale del governo di intesa nazionale, ma per motivi di sicurezza per il momento il governo userà come quartiere generale la base navale di Tunisi. Secondo l’inviato dell’ONU Martin Kobler è “ urgente un pacifico e ordinato passaggio dei poteri al governo di unità nazionale libico, il cui arrivo segna un passaggio importante nella transizione democratica”. A cura di Martina Scarnato
8 • MSOI the Post
YOUNG, MUSLIM, VICTIM
The Stadium and the Dam, symbols of Western embarrassing silence
By Samantha Scarpa Last week a tragic series of terrorist attacks has terribly shaken the consciences of the entire world. Brussels on Tuesday, Lahore on Sunday, the media and the public opinion have shown mourning and strong empathy towards more than 100 victims and 350 injured. One thing, perhaps, may bind the sense of community, which has been well demonstrated in these days: the Christian background of the victims, which has managed to tie to Western values even the polyvalent Pakistan. However, those two attacks have not been the soles in the last 10 days. 50 km south of the Iraqi capital, in the city of Iskandariya, a suicide bomber activated an explosive belt at the Shuhadaa Stadium on Friday, where a friendly match among local young teams was taking place. There were more than 25 victims, whose half was between 11 and 16 years, and nearly 100 wounded. Muslim people compose the entire community over there, and so Muslims were the victims. However, the Islamic State group has claimed responsibility for the attack, probably due to the previous announcements made by Iraqi military officials. As a matter of fact, following a series of winning advances and the recapture of northern and western territories such as the strategic city of Makhmour, they have foreseen
the re-conquest of Mosul before the end of the year. Unfortunately, the stadium attack was just one of the several bombings that struck the Iraqi Muslim population this month. In the southern city of Hilla, more than 60 civilians died after a fuel tanker exploded into an Iraqi security checkpoint. Eventually, on Tuesday 29th of March, a Daesh suicide bomber hit the central Baghdad killing 3 people and wounding nearly 30. The blast took place close to a group of activists led by Shi’ite cleric al-Sadr who were making a sit-in in order to urge upon reforms and peace. The Iraqi equilibrium backed by Western countries is gravely fragile. The number of civilians victims of the IS both in the conquered territories and the free ones are increasing -whatever their religion, culture and background are - as well as the Iraqi awareness of needing and deserving more. It is important to recall, in the end, that the embarrassing silence that surrounds those reports don’t even focus on the main international theme, that is Mosul and its dam. Apart from underlining the unbearable living conditions of the IS group controlled city, Iraqi engineers have recently reported that the old dam “could fail at any time” killing more than 1 million - women, children, civilians, Muslim, young - people.
RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole
CRIMINI DI GUERRA IN OSSEZIA La Corte dell’Aja lancia accuse nelle indagini sul conflitto del 2008
migliaia di persone, inclusi membri delle forze di peacekeeping, furono uccise o gravemente ferite.
KAZAKISTAN Il presidente Nazarbayev si è recato in visita a Bruxelles dove ha incontrato il presidente della CE Juncker. Nazarbayev si è detto soddisfatto dei rapporti con l’UE e ha sollecitato una risoluzione al problema delle sanzioni europee alla Russia. Nei colloqui si è discusso di “reciprocità” nella facilitazione dei visti e di un’eventuale uscita dalla “Black List of European Aviation” delle compagnie aeree kazake. RUSSIA Secondo le ultime indagini sull’incidente avvenuto a Rostov sul Don lo scorso 19 Marzo, il Boeing 737 della compagnia aerea FlyDubai si sarebbe schiantato al suolo per un errore umano. Il velivolo stava atterrando in presenza di pessime condizioni meteo in un’area distante dalla pista dell’aeroporto. Nell’impatto sono morte 62 persone. SERBIA Giovedì 31 marzo è arrivato il verdetto di assoluzione per Vojislav Šešelj. L’ex leader del Partito Radicale Serbo è stato riconosciuto non colpevole per non avere avuto responsabilità individuali. Per gli stessi fatti è in
Di Daniele Baldo Lo scorso gennaio i giudici della Corte Penale Internazionale dell’Aia hanno autorizzato la procuratrice generale Fatou Bensouda ad aprire un’indagine per i presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nell’Ossezia del Sud durante il conflitto russo-georgiano del 2008. L’Ossezia del Sud, ufficialmente parte della Georgia, si è autoproclamata indipendente nel 1991 ed è stata riconosciuta dalla Russia dopo la guerra del 2008. Il conflitto del 2008 scoppiò proprio dopo una serie di scontri tra separatisti pro-Russia e forze georgiane che cercavano di riappropriarsi della regione. Le truppe russe, però, ripresero il controllo dell’area e si spinsero ancor di più in territorio georgiano. Secondo la procuratrice Bensouda vi sono prove del fatto che nell’agosto del 2008 quasi 20 mila persone vennero sfollate, con una “campagna di trasferimento forzato” condotta dalle autorità ossete, e che la popolazione di etnia georgiana nella zona del conflitto venne ridotta del 75%. In questo breve, ma intenso periodo di combattimento, durato meno di un mese,
Lo Statuto di Roma, che regola l’azione della CPI, prevede che non si possa procedere con un’indagine se lo stesso caso è già oggetto di investigazioni da parte dei tribunali dei Paesi coinvolti. Per un lungo periodo sembrò che le indagini russe e georgiane fossero ben avviate. Di recente, però, in Georgia i procedimenti si sono arrestati, nel contesto di un rapporto con l’Ossezia del Sud che appare piuttosto fragile. Lo scorso anno la procuratrice è stata informata dal governo georgiano che non ci sarebbero stati, sul piano nazionale, ulteriori progressi nelle indagini relative al conflitto del 2008. Così, in mancanza di procedimenti nazionali in corso, Bensouda ha potuto dare il via alla raccolta di prove e proseguire un’indagine che non mira a risolvere dispute geopolitiche sorte dopo le ostilità, ma a rivelare la verità riguardo presunti crimini perpetrati durante il conflitto del 2008, in un processo legale indipendente. Il mandato della Corte riguarda l’individuazione di responsabilità individuali e la procuratrice si è detta sicura che tutte le parti sapranno collaborare per rendere giustizia alle vittime della guerra del 2008. Questa è la prima indagine della Corte in un conflitto fuori dall’Africa. MSOI the Post • 9
RUSSIA E BALCANI attesa di un verdetto il generale Ratko Mladic.
TRA CRIMINE E POLITICA Le indagini su Ramzan Kadyrov
Di Emanuel Pietrobon UCRAINA La pilota ucraina Nadia Savchenko, condannata in Russia a 22 anni di reclusione per l’uccisione di 2 reporter russi nel Donbass, potrebbe essere scambiata con 2 prigionieri russi detenuti negli USA. La notizia, data per certa dall’ex primo ministro Yulia Timoshenko, arriva dopo i colloqui avvenuti a Mosca tra Putin e il segretario di Stato americano Kerry. Washington potrebbe far tornare in libertà Viktor Bout e Konstantin Iaroshenko, due cittadini russi collegati al malaffare e al narcotraffico.
BOSNIA - ERZEGOVINA La televisione di Stato BHRT si trova in gravi difficoltà finanziarie da molto tempo. Lo scorso anno l’introduzione di un canone nelle bollette delle compagnie telefoniche tradizionali aveva evitato il fallimento. Il governo ha prorogato i finanziamenti statali fino a giugno, poiché le compagnie non sono più disponibili a mantenere la tassa nelle bollette. Il problema, tuttavia, è anche a livello politico: in BosniaErzegovina la frammentazione etnica viene contrastata con messaggi di unità da parte del governo centrale. Con il fallimento della televisione di Stato, il mercato andrebbe in mano alle innumerevoli televisioni locali. A cura di Leonardo Scanavino 10 • MSOI the Post
I fatti. Il 27 febbraio 2015 veniva ucciso a Mosca, Boris Nemtsov, acuendo il clima d’ostilità internazionale nei confronti dell’esecutivo di Putin, accusato di condotta criminale. A poco più di un anno di distanza, l’opposizione ha riabilitato gli investigatori, dopo averli accusati di ricorrere all’espediente del capro espiatorio ceceno ogni qualvolta si debba dare un volto ad un crimine scomodo (tutti ceceni i sicari arrestati), attraverso un’inchiesta pubblicata dal partito Parnas, nella quale si indica Ramzan Kadyrov come mandante dell’omicidio. Il protagonista. Membro di un clan molto importante nella scena politico-religiosa locale, capo di una milizia privata, figlio del defunto primo ministro ceceno e, dal 2007, ininterrottamente presidente della problematica repubblica, grazie all’appoggio incondizionato del Cremlino. Era però stato anche accusato di crimini contro la popolazione e di essere il mandante di numerosi omicidi eccellenti, tra i quali: Anna Politkovskaja, Umar Israilov, Natalia Estemirova e, appunto, Nemtsov. “Minaccia per la sicurezza nazionale”. Questo è il titolo del reportage che esplora i lati più controversi della biografia di Kadyrov. Soprusi sui civili, legami col crimine organizzato e il terrorismo islamista, lo stile di vita lussuoso sostenuto trattenendo parte delle risorse finanziarie devolute dal Cremlino per il risanamento dell’economia cecena. Accuse in parte note, ma capa-
ci di sminuire la figura di Putin se accostate a Nemtsov, ritratto come un burattinaio in balia di una marionetta fuori controllo che, in futuro, potrebbe ritorcersi contro il governo centrale. Perché? L’inchiesta sostiene che le politiche kadyroviane nella lotta allo jihadismo ceceno siano state fallimentari: dei circa 6.000 foreign fighters russi nel Daesh, un sesto sarebbero ceceni. Il terrorismo domestico di natura jihadista sarebbe quindi diminuito per l’emigrazione di massa nel fronte siriano, non per la repressione governativa. Inoltre, si esplora il tema del Califfato del Caucaso, un progetto mai abortito dai movimenti jihadisti dell’Asia centrale, la cui pericolosità sarebbe sottovalutata dal Cremlino a causa della cieca fiducia riposta in Kadyrov, del quale sarebbe però stato ignorato il sottobosco fondamentalista di provenienza mediorientale e le politiche di islamizzazione attuate in Cecenia. Le reazioni all’indagine. Il documento ha ricevuto largo seguito, riaprendo la ferita aperta dell’omicidio Nemtsov e il dibattito su Kadyrov, spingendolo, in marzo, ad annunciare pubblicamente la volontà di ritirarsi a vita privata a mandato scaduto, il 5 aprile. Una decisione, tuttavia, sgradita al Cremlino, che lo ha spinto a rivedere i suoi progetti, considerandolo vitale per la stabilità della regione. Testa di ponte per l’eliminazione del fondamentalismo islamico o rampa di lancio per il califfato del Caucaso? Come avrebbe detto Manzoni: ai posteri l’ardua sentenza.
ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole INDONESIA Si terrà a Jakarta tra il 9 e l’11 maggio 2016, l’International Summit of the Islamic Moderate Leaders, in cui 300 leader dell’Islam moderato arriveranno da 60 Paesi per discutere delle misure necessarie a contrastare il diffondersi del radicalismo e del terrorismo in nome della religione.
STATO ISLAMICO E LAICO
L’Alta Corte del Bangladesh rigetta la petizione per no locus standi Di Giusto Amedeo Boccheni Il 28 marzo l’Alta Corte del Bangladesh ha rigettato una petizione presentata 28 anni or sono dal Comitato Contro l’Autocrazia e il Comunalismo, giudicando i ricorrenti privi di legittimazione. Il vertice giurisdizionale del Paese ha così evitato di esprimersi sulla spinosa questione del presunto conflitto tra religione di stato e laicità.
AUSTRALIA “Marriage equality: Why Knot?”. È questo il titolo dell’evento tenuto il 31 marzo a Sydney dal Guardian, in cui si è discusso di quale sarà il futuro dei matrimoni e dell’uguaglianza dei diritti per persone delle stesso sesso. Il Parlamento federale sarà chiamato a votare il mese prossimo sulla questione, e nell’evento tenuto dal Guardian si è discusso sui modi legittimi in cui fare pressione sul governo conservatore e promuovere l’uguaglianza nei matrimoni. Hanno partecipato David Marr giornalista, il leader dell’opposizione Bill Shorten, Richard di Natale leader del Greens Party, Rodney Croome dell’associazione Australian Marria- La Costituzione bengalese, infatti, nella sua forma ge Equality e molti altri.
CINA Il vice segretario alla difesa, Robert Work (USA), mercoledì ha dichiarato che la Cina non riconoscerà una exclusion zone nel mar cinese meridionale. Funzionari USA hanno espresso preoccupazioni per gli esiti della sentenza che nelle prossime settimane il Tribunale Internazionale dell’Aja emetterà a proposito della causa intentata dalle Filippine contro la Cina riguardante l’Isola Taiping. Nel caso in
originale, voleva lo stato fondamentalmente laico. Nel 1982, tuttavia Hussein Muhammad Ershad salì al potere con un colpo di stato e nel 1988 la norma fondamentale venne emendata con l’art. 2a, che fece dell’Islam la religione di stato. Dal ritiro di Ershad, nel 1990, il Paese è stato governato da due partiti: il Partito Nazionalista e la Lega Popolare. A quest’ultima appartiene l’attuale Primo Ministro, Seikh Hasina, in carica dal 2009. L’11 giugno 2011 l’Alta Corte ha emesso un decreto nei confronti del governo affinchè motivasse la legittimità
dell’art. 2a, convocando inoltre 12 amici curiae, tra cui il padre costituente Kamal Hossain. Il governo, di tradizione secolare, ha preferito però ricorrere ad un emendamento compromissorio, salvando il ruolo dell’Islam e recuperando altresì le garanzie di laicità. L’Alta corte ha emesso un decreto supplementare, ma a tutt’oggi il governo non ha dato riscontro. L’annuncio dell’udienza per l’antica petizione, ricomparsa dopo il rigetto di un’altra analoga presentata nel 2015 da un avvocato della Corte Suprema, ha suscitato la dura reazione dell’Associazione Islamica Bengalese (Jamaat), un partito che è stato contrario alla secessione da India e Pakistan e che è stato escluso dalle elezioni nel 2013 dalla Corte Suprema. I leader di Jamaat, criminali di guerra condannati dal Tribunale Penale Internazionale, hanno annunciato proteste a ridosso dell’udienza a Dacca, Sylhet e Barisal, città colpite dalla recente ondata di efferata violenza ai danni di alcuni membri delle minoranze religiose e di blogger a favore del secolarismo o del libero pensiero. Il Bangladesh, composto per il 90% di musulmani sunniti, per l’8% da induisti e da altre minoranze per il resto, è tradizionalmente additato come moderato e tollerante, pur scontando la presenza di gruppi fondamentalisti come Hezafat. Le presunte infiltrazioni del Califfato sono state smentite dal Governo, nonostante le rivendicazioni sui social media e le affermazioni delle fonti d’intelligence statunitensi.
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ORIENTE cui la sentenza risultasse sfavorevole NAVI CINESI AL LARGO DELLA MALESIA a Beijing, il governo cinese potrebbeCento navi penetrano nelle acque territoriali malesiane ro prendere la decisione di instaurare una ADIZ (Air Defense Identification Zone) nella zona, così come è stato fatto nel 2013 per il mar cinese orientale. Work ha dichiarato anche che gli Stati Uniti preferiscono che la risoluzione degli incidenti nel mar cinese meridionale avvenga attraverso la mediazione e non con l’uso della forza e Di Gennaro Intoccia, del diritto internazionale della coercizione. Il 30 marzo, dal Xichang Satellite Launch Center, è decollato un razzo Long March-3A, che porterà in orbita il 22esimo satellite del sistema di navigazione BeiDou Navigation Satellite System (BDS). FILIPPINE Il presidente Benigno Aquino ha dichiarato che le Filippine stanno studiando la possibilità di dotarsi di una flotta di sottomarini militari. Il Paese, che ha sempre fatto affida-
mento sugli alleati statunitensi, ha recentemente aumentato le spese militari, a fronte delle preoccupante espansione cinese. INDIA 7 poliziotti della Central Reserve Police Force (CRPF) sono stati uccisi da un IED esploso mentre percorrevano a bordo della loro Tata 407 la Dantewada-Sukma road, nel distretto di Dantewada. L’ispettore generale della CRPF ha indicato come colpevoli gli aderti al CPI, Communist Party of India. A cura di Emanuele Chieppa 12 • MSOI the Post
Sezione MSOI Napoli La scorsa settimana la Malaysian Marittime Enforcment Agency (la guardia costiera della Malesia) ha identificato 100 navi cinesi nel proprio territorio marittimo, presso le isole Luconia Shoals, scatenando l’allarme del governo malese. Il Ministero per la Sicurezza Nazionale della Malesia ha immediatamente contattato le autorità cinesi competenti, lamentando la violazione delle 20 miglia nautiche garantite dal diritto internazionale. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hong Lei ha dichiarato, secondo le fonti ufficiali, di non essere al corrente dei dettagli della questione. Il ministro della Sicurezza Nazionale Shahidan Kassim ha minacciato l’adozione di misure legali contro la Cina, se altre navi saranno sorprese ad attraversare le zone marittime di esclusiva sovranità malese. L’incidente diplomatico si inserisce all’interno di un contesto geopolitico fragile, in cui la Cina si è resa protagonista di casi probabili violazioni
marittimo.
La settimana scorsa, una situazione simile si è verificata tra Giacarta e Pechino: un episodio analogo ha visto un vascello della guardia costiera cinese sorpreso da una nave della Marina indonesiana nelle proprie acque. La Cina, dal canto suo, smentisce ogni accusa, sostenendo di aver condotto mere attività di pesca nella sua zona economica esclusiva. Inoltre, Pechino si è rifiutata di riconoscere la giurisdizione della Corte permanente di arbitrato dell’Aia, alla quale si sono rivolte le Filippine per arginare le spinte espansionistiche cinesi nel Mar Cinese del Sud. Infine, secondo alcuni analisti, la questione fra la Malesia e la Cina non potrà essere affrontata e risolta facilmente tramite gli strumenti del multilateralismo. Questa considerazione sembra suffragata dalle recenti affermazioni del vice ministro degli Esteri cinese Liu Lhenmin, che al Bao Forum ha respinto l’idea di usufruire di colloqui multilaterali, prediligendo l’unilateralismo come forma di ricomposizione delle controversie geopolitiche riguardo il Mar Cinese del Sud e le Nazioni da esso bagnate.
AFRICA 7 Giorni in 300 Parole
VACCINI: MSF SEGNALA L’EMERGENZA
CIAD Ondata di scioperi in tutta la nazione. Dal 29 marzo diversi dipendenti pubblici hanno deciso di incrociare le braccia per contestare il capo di governo, Idrissa Deby, dopo la sua decisione di ricandidarsi per un ulteriore mandato. I manifestanti inoltre chiedono la liberazione di quattro esponenti del sindacato nazionale, facenti parte del movimento t “Ça Suffi ” (“Adesso basta”).
Prezzi alti e scarsa reperibilità rendono difficile l’immunizzazione
MALI Il 29 marzo le autorità hanno arrestato a Gossi, cittadina nella zona settentrionale del Paese, due uomini, entrambi maliani, coinvolti negli attentati terroristici in Costa d’Avorio dello scorso 13 febbraio. ANGOLA Lunedì 28 marzo il tribunale di Luanda ha condannato 17 attivisti con l’accusa di tentato colpo di Stato e di ribellione nei confronti del presidente José Dos Santos. In risposta a questa decisione, il gruppo Anonymous ha hackerato diversi siti governativi. NIGERIA Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, in un video condiviso su Internet dichiara la propria resa annunciando che “per me è giunta la fine”. Il video, pur restando dei dubbi sulla sua veridicità, è stato pubblicato poche ore dopo l’annuncio, il 24 marzo, della liberazione di quasi 800 ostaggi da parte dell’esercito nigeriano, tra cui molte delle studentesse rapite proprio da Boko Haram nell’Aprile del 2014. REP. CENTRAFRICANA Durante la cerimonia
di
Di Sara Corona Durante la Conferenza Ministeriale dell’Unione Africana sull’Immunizzazione, tenutasi per la prima volta pochi giorni fa a Roma, Medici Senza Frontiere ha segnalato il problema del prezzo dei vaccini e della loro scarsa disponibilità. Con l’introduzione dei nuovi vaccini nella maggior parte dei Paesi africani, il loro costo è diventato oggi 68 volte quello rispetto al 2001. Nel prossimo futuro, molti Stati potrebbero non essere in grado di permettersi i vaccini più costosi, come quello contro la polmonite. Già negli ultimi anni si è verificata una drastica riduzione dei tassi di copertura vaccinale: alla fine del 2013, solo il 13% dei bambini di un anno aveva ricevuto le vaccinazioni complete. Le malattie da pneumococco (di cui la polmonite è la forma più diffusa) uccidono ogni anno un milione di persone. MSF ha avviato una campagna di vaccinazioni di massa senza precedenti nella Repubblica Centrafricana, con lo scopo di immunizzare, entro la fine del 2016 un quarto di tutti i bambini del Paese. Finora l’organizzazione ha beneficiato di una donazione da parte della Pfizer, ma questa soluzione è transitoria.
Negli ultimi anni, le due case farmaceutiche produttrici, Pfizer e GSK, senza diminuire i prezzi della vendita di questi vaccini, hanno guadagnato più di $30 miliardi. Poiché la polmonite è la principale causa di morte infantile, MSF continua però a fare pressioni. La ONG ha recentemente lanciato una campagna per chiedere una riduzione del costo del vaccino anti-pneumococco trivalente a 5 in tutti i Paesi in via di sviluppo: “A Fair shot. Il vaccino giusto al prezzo giusto”. Tale vaccino protegge da polmonite, meningite e sepsi. Infatti, nonostante la copertura vaccinale globale sia attualmente prossima all’80% e le vaccinazioni di massa iniziate negli anni 2000 in Africa abbiano portato ad una netta riduzione delle morti, un modello predittivo ha dimostrato che, se si interrompessero le vaccinazioni, le epidemie potrebbero tornare entro 15 anni. Inoltre, secondo l’OMS, “un bambino su 5 nel continente [africano, ndr] non riceve nessun vaccino e solo 20 Paesi riescono ad acquistare da soli più del 50% di quelli necessari”. I progressi degli ultimi decenni sono stati netti, ma l’alto costo dei vaccini di nuova generazione, in grado di colpire infezioni che fino a pochi anni fa non potevano essere prevenute, costituisce un grosso limite: ogni anno 2 milioni di bambini continuano a morire per malattie dalle quali potrebbero essere immunizzati. MSOI the Post • 13
AFRICA investitura del presidente Touadéra, il ministro della Difesa ha annunciato che la Francia ritirerà più della metà delle sue forze dal Paese. \ CONGO Sassou Nguesso è stato rieletto presidente per il terzo mandato consecutivo. La vittoria, ottenuta con quasi il 60% dei consensi, è stata però contestata non solo dall’opposizione, che accusa brogli e mancanza di trasparenza negli scrutini, ma anche dagli Stati Uniti e da numerosi osservatori internazionali. SOMALIA Il 29 marzo è cominciato, a Parigi, il processo a carico dei 7 pirati somali che nel 2011 assaltarono un yacht nel golfo di Aden, uccidendone il proprietario e sequestrandone la moglie. Gli imputati rischiano l’ergastolo. Sempre il 29 marzo, una nave con un carico d’armi diretta a Mogadiscio è stata fermata da navi francesi di pattuglia nell’area. NIGER Mahamadou Youssouf è stato confermato presidente con il 92% delle preferenze. L’opposizione, guidata da Hama Amadou, ha fortemente criticato la regolarità della commissione elettorale. Amadou, che non ha guidato la sua campagna elettorale perché agli arresti domiciliari, è stato ora rilasciato e si trova a Parigi per motivi di salute. A cura di Fabio Tumminello
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IL TESTAMENTO DELL’UOMO PIÙ RICERCATO D’AFRICA Il leader di Boko Haram cede il passo
Di Francesco Tosco “Questo è un saluto per voi che gioite nel vedere la mia faccia. Questo è il mio desiderio: chiunque vede questo, non sente nulla, tranne i saluti tra voi e me. Solo Allah sa il resto, come avete creduto e obbedito. Per me è arrivata la fine”. Queste sono le parole pronunciate nel video dello scorso 25 marzo dal leader dei miliziani di Boko Haram, Abubakar Shekau. Il leader non appariva in video dal 7 marzo 2015, data in cui annunciava l’alleanza e la fedeltà di Boko Haram verso il Daesh. L’ultimo video postato su YouTube vede nell’inquadratura uno Shekau provato ed apparentemente indebolito rispetto alle apparizioni precedenti. Il leader è emaciato, ha la barba incolta. Tiene appoggiato alla spalla un fucile automatico AK-47, mentre alla sua destra sventola la bandiera associata del gruppo ISIS. Le parole sono pronunciate lentamente e quasi sommessamente in lingua araba e housa. Abubakar Shekau è il capo di Boko Haram dal 2009, anno in cui il fondatore del gruppo e suo mentore, Ustaz Mohammed Yusuf, venne ucciso dalle forze di sicurezza nigeriane. Dal 2012 viene segnalato come terrorista e su di lui è posta una taglia tanto alta da renderlo l’uomo più ricercato dell’intero continente africano. Nel 2014 si rende direttamente responsabile del rapimento di oltre 200 studentesse, molte delle quali poi vendute come
schiave. Sotto la sua leadership sono morte più di 10.000 persone e più di 2 milioni sono state costrette a fuggire dalle loro case. L’area di azione del gruppo terrorista ha avuto come obiettivi non solo la Nigeria, Paese di origine di Boko Haram, ma anche Camerun, Ciad e Niger. In quest’ultimo video pare che il leader del terrore si arrenda. Secondo gli esperti, tuttavia, ciò non rappresenterebbe un’esortazione alla resa di Boko Haram: Yan St-Pierre, capo esecutivo della Modern Security Consulting Group (MOSECON), afferma che si tratterebbe, al contrario, di una sorta di incitamento verso i militanti, che negli ultimi mesi hanno perso molti scontri. Secondo lo studioso, infatti, il leader ha voluto mostrare ai suoi di essere ancora vivo e allo stesso tempo prepararli all’”era post-shekau”, quasi come fosse un testamento dello stesso terrorista. Inoltre, ad avvalorare questa tesi e allontanare l’ipotesi di resa dell’intera organizzazione, è arrivata la notizia del rapimento, da parte dei miliziani di Boko Haram, di circa 14 donne e 2 bambine nelle ore seguenti la diffusione del video. In ogni caso, le autorità dello Stato hanno fatto sapere che, se qualche terrorista vuole arrendersi, potrà farlo. Per chi invece si ostinerà a combattere, la caccia non terminerà fino a che il terrore che ha afflitto la Nigeria ed i Paesi circostanti per così tanti anni non sarà definitivamente debellato.
SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole ARGENTINA Approvato dal Senato, il 31 marzo, un accordo con gli USA, per il risarcimento dei creditori colpiti dal default del debito, ponendo fine a una battaglia legale durata 14 anni. VENEZUELA Il 29 marzo, il Parlamento, controllato dall’opposizione, approva un’amnistia per i prigionieri politici. Si prevede la liberazione di 78 attivisti, fra cui il leader dell’opposizione Lopez, alimentando uno scontro con il governo chavista Il 30 marzo, il presidente Nicolàs Maduro , infatti, annuncia che porrà il veto alla legge, trattandosi di “una norma che promuove la violenza, che protegge terroristi e criminali”.
COLOMBIA Al via le negoziazioni di pace tra il governo del presidente Juan Manuel Santos e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), gruppo guerrigliero marxista, sul modello delle trattative in corso con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). BRASILE Il 29 marzo, il Partito del movimento democratico brasiliano (PMBD) abbandona l’esecutivo di Dilma Rousseff, chiedendo a 7 Ministri di dimettersi. Cresce “ la difficoltà per la presidenta” di evitare la destituzio-
“LAGRIME SU SANGUE, SANGUE SU LAGRIME” Il Partito del Movimento Democratico Brasiliano lascia la coalizione di maggioranza Di Andrea Incao dichiarato a France Press che la sola questione irrisolta era la scadenza fissata per i membri Giovanni Pascoli nelle sue Prose dell’esecutivo a lasciare il PMDB scrive: “Piove sul bagnato: se avessero voluto mantenere lagrime su sangue, sangue su i rispettivi incarichi. “Avranno lagrime”, non vi è citazione tempo fino al 12 aprile, poi ogni più consona per descrivere il esponente che ha un incarico dovrà momento politico, economico e nell’amministrazione sociale che in questi ultimi mesi abbandonare il partito”. sta attraversando il Paese che tra qualche mese ospiterà la Una settimana fa un milione XXXI Olimpiade. di persone scesero in piazza a protestare contro Dilma Da giovedì 30 marzo è ufficiale Rousseff e il governo, a seguito (anche se preannunciato del numero sempre maggiore da molti politologi brasiliani) di notizie riguardanti il caso l’uscita dalla coalizione Petrobras, fatto di tangenti, di maggioranza del Partito raccomandazioni e persone del Movimento Democratico intoccabili. Sfociato nella “Mani Brasiliano (PMDB) che porta Pulite” alla brasiliana “Lava ufficialmente il Brasile nel caos Jato”, l’inchiesta ha toccato aziende statali e corporation politico. private come Odebrecht, colosso “Sarà un vertice di uscita, un dell’edilizia brasiliano. addio al governo. Secondo il nostro calcolo, il voto per uscire dall’esecutivo sarà superiore Il giudice Sergio Moro, a capo all’80%”, ha indicato il dell’operazione, qualche giorno parlamentare di PMDB, Osmar fa ha bloccato la nomina a Terra, “Sono cadute una serie ministro dell’ex presidente Lula. di tessere del domino e non è Incarico che secondo alcuni possibile tornare indietro. Il gli sarebbe stato proposto per governo continua a provarci, proteggerlo dal mandato di a offrire posti di lavoro, ma arresto della Procura di San nessuno gli crede più”. Paolo nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Petrobras.
Dilma Rousseff e il suo entourage lunedì 28 marzo hanno incontrato i ministri del PMDB per convincerli a restare nella maggioranza. Ma il portavoce del leader del partito, Michel Temer - che è anche vice presidente della Rousseff e assumerebbe i poteri in caso di impeachment - ha
Infatti, le indagini nei confronti dei ministri in carica sono di competenza del Supremo Tribunale Federale, organo di nomina politica e il Partido dos Trabalhadores sono 13 anni che governa ininterrottamente il Brasile, dunque Lula si sarebbe trovato di fronte a guidici nominati da se stesso o da Dilma Rousseff.
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SUD AMERICA ne, per la procedura di impeachment; inaspriti i rapporti con il vicepresidente, Michel Temer, del PMBD, che prenderà il suo posto in caso di destituzione.
LOST IN THE TWLIGHT ZONE
“Lava Jato” conduce il Brasile al punto di non ritorno
MESSICO Arrestato, il 28 marzo, Juan Manuel Alvarez Inzunza, detto “Re Mida”, uno dei principali finanzieri del “Chapo” , responsabile del riciclaggio di 300-400 milioni di dollari all’anno per il boss del narcotraffico. La cattu ra è avvenuta in un’operazione congiunta della polizia federale e dell’intelligence, nello Stato meridionale di Oaxaca.
Di Michelangelo Inverso
CUBA Nonostante il “disgelo” nell’isola, simboleggiato dal concerto gratuito dei Rolling Stones all’Avana il 26 marzo, a cui hanno assistito 400mila fan, è dura la critica dell’ex presidente Fidel Castro verso la visita di Obama a Cuba. Nella “riflessione” Fratello Obama , pubblicata sulla stampa ufficiale, il 28 marzo, Castro rivolge denunce verso il “discorso mieloso” di Obama al popolo cubano e la politica di Washington: “Non abbiamo bisogno che l’impero ci regali niente”. A cura di Giulia Botta 16 • MSOI the Post
Non c’è immagine più adatta della zona del crepuscolo per capire che cosa stia accadendo in Brasile. La situazione si fa di giorno in giorno più minacciosa per tutti i protagonisti della vicenda, a partire dal Partito del Lavoratori (PT). Al potere da 14 anni, esso si trova ora nell’occhio di un ciclone chiamato “Lava Jato”: la più grande operazione giudiziaria nella storia del Paese, che sta coinvolgendo l’intero sistema dei partiti brasiliani. Da 2 anni il responsabile delle operazioni, Sergio Moro, sta picconando un sistema partitico estremamente opaco, senza risparmiare né destra né sinistra. Parallelamente, si sta sgretolando la fiducia nel sistema politico nel suo complesso. La presidente Dilma Rousseff si trova assediata contempora-
neamente dalla magistratura, che ha colpito persino il “padre della patria” Ignacio Lula de Silva, e dall’opposizione, che ha richiesto il suo impeachment alcuni mesi fa. Il 29 marzo anche il partito PMDB è uscito dalla coalizione di governo, lasciando la Presidente sempre più esposta al provvedimento. A questo punto, esso potrebbe essere votato trasversalmente dal Parlamento, nella speranza che offrire qualche testa possa calmare l’opinione pubblica. Che il sistema politico fosse corrotto non era una novità in Brasile, ma Sergio Moro, memore dell’inchiesta italiana “Mani Pulite”, ha deliberatamente sfruttato i mass media per montare l’opinione pubblica e mantenere sotto pressione la politica. Egli è stato spalleggiato dall’opposizione di destra, che ha in mano la quasi totalità dei mezzi di comunicazione, nel tentativo di spodestare il PT. Ma alle manifestazioni oceaniche che si sono tenute in tutto il Brasile i rappresentanti dell’opposizione, anch’essi coinvolti negli scandali, sono stati accolti da sputi e fischi. Questo dimostra che la popolazione è ormai sfiduciata verso una classe politica sentita come corrotta e lontana e prostrata da una crisi economica senza precedenti. Se il PT colasse a picco, si può supporre che avverrebbe lo stesso con tutti gli altri partiti, ugualmente corrotti. Ciò accadde anche in Italia, ma in un Paese non nuovo ai golpe militari tutto questo potrebbe assumere altri connotati, ben più cupi. o Il Paese è ufficialmente entrat “in the twlight zone”.
ECONOMIA Il Caffè Economico Le cause della crisi finanziaria del 2008 Di Edoardo Pignocco Islanda, Portogallo, Italia, Grecia. Perché oggi la loro economia è ancora in difficoltà? Proviamo a fornirelecausefondamentalidellacrisi finanziaria americana, i cui effetti si vedono chiaramente ancora oggi. Deregulation. A partire dall’Amministrazione Reagan, è stata portata avanti una politica di deregolamentazione degli strumenti finanziari per permettere alle società finanziarie di incrementare notevolmente i loro profitti. Grande responsabilità appartiene anche agli economisti accademici che l’hanno sempre avallata. Totale assenza di controlli. Federal Reserve, SEC e governi non hanno mai agito per regolarizzare la finanza (spiccano - in negativo - Greenspan e Summers). Anzi. Hanno sempre bloccato le riforme del sistema finanziario, corrotti dalle lobby di Wall Street. L’attuale governo Obama, che aveva promesso un cambio culturale a Wall Street, è composto da molte persone che hanno creato la crisi. Cartolarizzazione di mutui subprime. Le società ipotecarie concedevano mutui anche alle persone con un basso merito creditizio, per ottenere interessi più alti; successivamente vendevano il credito accumulato alle banche d’affari che, a loro volta, lo trasformavano in obbligazioni ipotecarie garantite da mutui
TUTTI PAZZI PER L’AUTO SENZA PILOTA La Silicon Valley vuole guidare la tua auto
Di Efrem Moiso La corsa alle auto senza pilota è ufficialmente iniziata. Benzina, diesel,ibrida,elettricaoaidrogeno non fa differenza. A giudicare dai recenti investimenti di alcune case automobilistiche e non, l’auto del futuro si guiderà da sola. Tutti i produttori automobilistici si stanno dando da fare in ambito tecnologicoinformatico per tenersi al passo con i tempi e prepararsi a rivaleggiare l’uno con l’altro, evitando nel contempo di cedere quote di mercato e, soprattutto, crearsi nuovi avversari. L’ultima acquisizione da parte di General Motors riguarda la Cruise Automation Inc., compagnia il cui core business consiste nello sviluppo di kit in grado di rendere autonome vetture tradizionali, e che venerdì ne ha diffuso la notizia, senza far trapelare particolari su prezzo e tempistiche. Solo la settimana precedente, al Salone di Ginevra, Sergio Marchionne, AD di Fiat Chrysler Automobiles, ha pubblicamente proposto il knowhow dell’azienda come dote di un possibile matrimonio con Apple. La sua proposta ha così confermato che la compagnia di Cupertino intende entrare nel settore e sta valutando se farlo autonomamente o in collaborazione con partner più esperti.
Ad accelerare i tempi, è stata senz’altro la voce, diffusa a fine 2015, di un accordo tra Google e Ford, che dovrebbero dare vita insieme ad un’auto senza pilota, da mettere in strada entro il 2020. Sebbene al Detroit Auto Show di gennaio non sia giunta alcuna conferma, questa possibilità ha reso il settore automobilistico molto turbolento. Non solo le case automobilistiche, ma anche gli Stati si stanno muovendo per attrarre le nuove tecnologie in questione, in modo da aggiudicarsi una fetta del mercato, che potrebbe raggiungere il valore di 1.3 miliardi di dollari nel 2025. “Le auto senza pilota potrebbero rappresentare il cambiamento fondamentale per il trasporto dopo l’invenzione del motore a combustione interna”, ha detto il cancelliere dello Scacchiere Osborne, che ha intenzione di aprire le strade britanniche ai test - sulla sicurezza in primis - dei veicoli autonomi. La conferma arriverà, però, solo con l’annuncio del Budget di mercoledì. Se pochi mesi fa, quindi, le compagnie informatiche auspicavano di essere prese in considerazione per lo sviluppo di sistemi di infotainment da parte dei produttori di automobili, ora il palcoscenico è tutto per loro e potrebbero presto ricoprire ruoli di primo piano anche nel settore automobilistico.
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ECONOMIA scadenti (MBS); quest’ultime venivano offerte agli investitori. Quelle invendute venivano agglomerate assieme, formando una tipologia di obbligazioni ancora più rischiose: le collateralized debt obligation (CDO). AAA. Questa era la valutazione che le agenzie di rating – corrotte davano senza motivo ai MBS e alle CDO, inducendo molti a comprarli. Giustificavano il loro operato sostenendo che erano solo opinioni. Credit
Default
Swap.
Tramite
IL CROLLO DEL PREZZO DEL PETROLIO Primo capitolo Di Ivana Pesic L’industria petrolifera, caratterizzata da una storia di alti e bassi, si trova ora faccia a faccia con una delle più profonde recessioni che abbia mai dovuto affrontare. Gli ultimi mesi sono stati contraddistinti da un cospicuo crollo del prezzo del petrolio: -70% nel giro di 18 mesi.
questi strumenti, gli investitori potevano assicurarsi contro il crollo del mercato immobiliare, anche se non avevano acquistato MBS o CDO.
Un ruolo di primo piano è stato giocato dall’andamento di domanda e offerta.
AIG Financial Products Corporation. La divisione finanziaria dell’enorme gruppo assicurativo comprava obbligazioni “spazzatura” e vendeva i CDS che le assicuravano. Il risultato? 160 miliardi di debiti, molti dei quali insoluti.
Per comprendere a pieno l’argomento è importante sottolineare la differenza tra riserve e risorse. Con le prime si fa riferimento ai materiali di cui si conosce l’esatta localizzazione (giacimenti) e che risultano economicamente sfruttabili con le attuali tecnologie. Il secondo termine comprende, invece, l’insieme delle riserve conosciute, di quelle non ancora scoperte e di quelle non convenientemente sfruttabili, o, perlomeno, non ancora.
Il fallimento di Lehman Brothers. Fu l’unica banca a non essere salvata. Dato che aveva accumulato debiti in ogni parte del mondo, le sezioni operative estere rimasero bloccate dalla legge e le controparti europee ed asiatiche persero tutto. In ultima analisi, risulta evidente come il sistema capitalistico e globalizzato abbia rischiato il default. È bastata l’avidità di alcuni per mettere in ginocchio il mondo intero.
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L’incremento dell’offerta
A partire dal 2009, grazie allo sviluppo tecnologico, sempre più risorse sono diventate riserve: si è iniziato a “spremere” dal ventre della Terra una maggiore quantità di idrocarburi. In concomitanza con l’adozione di nuovi metodi di estrazione, vi è stata una progressiva crescita della produzione unconventional, contrapposta a quella conventional, tipica dei grandi produttori tradizionali.
Gli Stati Uniti sono divenuti, in breve tempo, i maggiori produttori unconventional. La loro produzione nazionale è raddoppiata, spingendo fuori dai confini il petrolio di importazione, che ha dovuto cercare un’altra casa. A contribuire alla sovrabbondanza è stato anche il ritorno dell’Iran nel mercato internazionale del petrolio, dopo che le sanzioni inflittegli per limitarne il programma nucleare sono state revocate in virtù di un accordo con le maggiori potenze mondiali. La contrazione della domanda
L’incremento dell’offerta mondiale è avvenuto, però, in uno sfavorevole periodo di contrazione della domanda. Tale flessione è stata determinata principalmente da tre fattori. In primo luogo, la frenata dei Paesi emergenti ha avuto come conseguenza la diminuzione del volume di produzione, e, quindi, un minore fabbisogno di energia. Un altro contributo è stato apportato dal miglioramento dell’efficienza energetica, che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Infine, l’apprezzamento del dollaro statunitense ha ridotto il potere d’acquisto degli altri Stati, contribuendo ulteriormente alla riduzione della domanda. Rallentare il ritmo di estrazione parrebbe dunque, al momento, essere una scelta obbligata per i produttori.
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