Msoi thePost Numero 20

Page 1

15/04 - 22/04

Il Settimanale di M.S.O.I. Torino


1 5 / 0 4

-

2 2 / 0 4

MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

20

REDAZIONE Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Giusto Amedeo Boccheni, Luca Bolzanin, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Andrea Mitti Ruà, Giulia Mogioni, Efrem Moiso, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Ivana Pesic, Emanuel Pietrobon, Edoardo Pignocco, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Giacomo Robasto, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole SPAGNA 13 aprile. Arrestato Antoine Denive a Malaga. Il soggetto, di nazionalità francese, è stato accusato di aver venduto armi ad Amedy Coulibaly, il responsabile dell’omicidio di 4 ostaggi nel supermarket kosher e di 1 poliziotta a Montrouge. Intanto il Ministero dell’Interno ha dichiarato che già il 12 aprile erano stati arrestati altri due sospettati, provenienti dalla Serbia e dal Montenegro, a Rincòn de la Victoria, Malaga. ITALIA 12 aprile. Renzi è stato il primo leader occidentale a recarsi a Teheran dopo l’accordo sul nucleare. Il focus dell’incontro con il presidente Rouhani è stato l’auspicio di una più stretta collaborazione commerciale ed universitaria e di una nuova stagione di impegni internazionali in campo umanitario.

Il presidente egiziano al Sisi ha negato qualsiasi tipo di coinvolgimento dei servizi segreti egiziani nell’omicidio di Giulio Regeni. La diplomazia italiana, ottenendo l’appoggio della Gran Bretagna, continua ad insistere per una maggiore trasparenza nella conduzione delle indagini.

LA POLONIA E LA LEGGE ANTI ABORTISTA Un passo indietro per il governo di estrema destra

Di Benedetta Albano A seguito di aspre critiche e di una serie di forti contestazioni, fra cui manifestazioni di strada e appelli rivolti al Primo Ministro da parte di migliaia di donne, il governo polacco ha deciso che non appoggerà la proposta di legge che avrebbe abolito completamente l’aborto. L’attuale legge polacca è già una delle più restrittive dell’Unione. L’aborto, infatti, è concesso solo in tre casi limite: qualora la donna sia stata vittima di violenza, il feto presenti gravi malformazioni o la gravidanza metta a rischio la vita della madre. Nonostante questa situazione già precaria per le donne, era stata presentata una proposta di legge popolare per penalizzare l’aborto, qualificandolo come omicidio prenatale. La legge avrebbe previsto dai 3 ai 5 anni di reclusione per la donna e i medici coinvolti. Il partito conservatore al governo del Paese (PIS), a partire dalla premir Beata Szydlo, si era dapprima dichiarato favorevole, ricordando le radici cristiane su cui si appoggia la Polonia. Il dietrofront è avvenuto a seguito delle critiche ricevute dai cittadini e dalle istituzioni

europee (come gli eurodeputati socialisti nel Parlamento Europeo). Le donne polacche sono scese in piazza in senso letterale e “virtuale”. Per esempio, è stato pubblicato un video (ormai diventato virale) di donne che abbandonano una chiesa perché il prete, durante la messa, si scaglia violentemente contro l’aborto. La pagina Facebook del capo del PIS è stata, inoltre, inondata da dettagli riguardo la vita sessuale delle donne e la loro salute medica. Tutto ciò è stato accompagnato da contestazioni di piazza nelle principali città del Paese, dove le donne hanno brandito delle grucce di ferro, simbolo della barbarie che si protrae ai loro danni. Il governo non ha tardato a rispondere, dichiarando che questa nuova proposta di legge verrà discussa e ribadendo che non si sta lavorando per modificare l’attuale legislazione. Si tratta della prima volta che il governo polacco, euroscettico e di estrema destra, dà ascolto alle proteste dei cittadini, dopo le controverse leggi approvate negli ultimi mesi (fra cui la riforma della Corte Costituzionale).

MSOI the Post • 3


EUROPA AUSTRIA 11 aprile. Cominciati i lavori per la costruzione di una barriera, lunga 250 metri, sul valico italo-austriaco del Brennero con lo scopo di diminuire i flussi migratori. Il premier austriaco Heinz Fischer ha tenuto a ribadire che si tratta di “management di confine”, di controlli dunque, non di filo spinato. GRECIA Continuano gli scontri nel campo profughi di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia. All’incirca 30 persone hanno cercato di scavalcare il recinto spinato. La polizia macedone ha risposto con il lancio di lacrimogeni e granate assordanti, la polizia greca ha, invece, formato un cordone di sicurezza. Sono stati, inoltre, fermati 17 volontari, accusati di istigazione alla rivolta. REGNO UNITO Continua il dibattito sulla Brexit. Si terrà a giugno il referendum sull’eventuale uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna, ma già in queste settimane, lo stato di incertezza che si è creato, ha provocato una diminuzione degli investimenti e delle previsioni di crescita nel 2016. Il successo del referendum avrebbe pesanti conseguenze sia sul piano geopolitico sia sul piano economico. Se, infatti, da un lato sarebbe un duro colpo per l’Unione Europea, dall’altro lato si avrebbe un Regno Unito fortemente destabilizzato. UNIONE EUROPEA 14 aprile. Il PNR, registro europeo dei dati sui passeggeri aerei, è stato approvato dagli eurodeputati per la lotta contro il terrorismo. A cura di Giulia Ficuciello

4 • MSOI the Post

VERITÀ SCOMODE

Prosegue l’ostruzionismo egiziano in merito al caso Regeni

Di Federica Allasia In seguito al fallimento del vertice investigativo italo-egiziano svoltosi il 7 e 8 aprile scorsi, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha attuato la prima delle “misure immediate e proporzionali” preannunciate in caso di mancata collaborazione delle autorità egiziane, richiamando in patria per consultazioni Maurizio Massari, ambasciatore italiano in Egitto. Secondo quanto riferito dalla procura di Roma in un comunicato, la delegazione cairota non avrebbe fornito i documenti richiesti dai magistrati italiani. In particolare mancherebbero all’appello i tabulati telefonici di una decina di persone legate al caso e il traffico delle celle telefoniche in corrispondenza del luogo di sparizione e ritrovamento del corpo, oltre ai filmati delle telecamere della metropolitana e del luogo in cui viveva il giovane ricercatore italiano. Il procuratore generale aggiunto egiziano, Mostafa Soliman, sollecitato dalle richieste delle autorità italiane, durante una conferenza stampa ufficiale ha dichiarato che l’Egitto non consegnerà i tabulati, dal momento che la richiesta è contraria all’articolo 57 della Costituzione egiziana, che protegge “la privacy di mail, telefonate e ogni sorta di comunicazioni”. Immediata la reazione dei PM italiani, già al lavoro per la for-

malizzazione di una nuova rogatoria internazionale finalizzata all’acquisizione di tutta la documentazione utile per le indagini e alla riproposizione delle domande più scomode, anche in merito alla pista dei 5 rapinatori accusati di essere responsabili dell’omicidio. La vicenda, anche in seguito alle richieste avanzate dai genitori di Giulio Regeni, ha suscitato una consistente mobilitazione dell’opinione pubblica, acquisendo un’evidente rilevanza internazionale. Dopo la richiesta di maggiore trasparenza avanzata dal Foreign e Offic di Londra, il presidente Hollande ha assicurato che durante l’incontro previsto per rafforzare i rapporti economici e militari tra Francia ed Egitto domanderà chiarimenti in merito al caso ad Al-Sisi, il quale nelle ultime ore ha escluso un possibile coinvolgimento dei servizi segreti egiziani nell’omicidio. Il governo italiano sta sempre più concretamente valutando la possibilità di portare il caso davanti alle Nazioni Unite, considerandolo non una “atrocità isolata”, ma un delitto compiuto in violazione dei diritti umani e come tale da ricollegare al clima fortemente repressivo instaurato in Egitto da Al-Sisi a partire dall’8 giugno 2014, giorno del suo insediamento. Secondo quanto sottolineato dal portavoce in Italia di Amnesty International Riccardo Noury, infatti, i dati forniti dall’organizzazione egiziana El Nadim accertano, dall’inizio del 2016, 88 casi di tortura, ma le stime sembrerebbero tristemente destinate a salire.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI Un nuovo appuntamento elettorale in Wisconsin, il 5 aprile, ha visto trionfare Bernie Sanders tra i Democratici e Ted Cruz tra i Repubblicani. Risultati controcorrente rispetto alla tendenza generale, che però non spostano gli equilibri in modo decisivo, lasciando Trump e Clinton nell’Olimpo dei favoriti. Si attende ora con ansia il grande appuntamento delle primarie di New York, in programma per il 19 aprile: lo Stato è uno dei più grandi in termini di delegati e dunque uno dei più decisivi. In campo Repubblicano si profila sempre più insistente l’ipotesi di una brokered convention (la situazione per cui nessun candidato riesce a ottenere la maggioranza dei candidati): in molti suggeriscono che in tale scenario, il candidato unificatore potrebbe essere lo speaker della Camera Paul Ryan. Proprio questa settimana, Ryan ha pubblicamente negato la sua intenzione di accettare un’eventuale candidatura, ma non si esclude che si tratti di una strategia comunicativa più che di una vera presa di posizione.

Oltre 400 arresti tra i manifestanti che il 12 aprile si sono riuniti davanti a Capitol Hill per protestare contro la “corruzione dei soldi” in politica e per maggiori garanzie a tutela di un voto

JOHN KERRY IN IRAQ

Il Segretario di Stato americano a Baghdad per discutere di terrorismo

Di Erica Ambroggio Venerdì 8 aprile il segretario di Stato americano John Kerry ha effettuato un’importante visita in Iraq. Terminato l’incontro in Bahrein con i Ministri degli Esteri del Consiglio di Cooperazione degli Stati del Golfo Persico, il leader americano si è immediatamente recato nella città di Baghdad per prendere parte a un colloquio con il primo ministro iracheno Haider al-Abadi. È stata la lotta al terrorismo il punto focale dell’inatteso incontro tra il leader iracheno e John Kerry, il quale ha reso successivamente noto in conferenza stampa l’impegno americano sulla questione e i principali snodi strategici della lotta contro Daesh. “Le forze lealiste irachene hanno strappato allo Stato islamico le città di Tikrit, Sinjar, Ramadi e, nei giorni scorsi, Hit, nella provincia occidentale di Anbar, eliminando, inoltre, i ministri della guerra e delle finanze”. Con queste parole il Segretario americano ha ricordato lo sforzo iracheno nella lotta contro lo Stato Islamico, sottolineando, tuttavia, l’esigenza di ulteriori e immediati interventi contro le milizie di Daesh. Le parole di John Kerry non sono state casuali. Le operazioni elencate, infatti, fornirebbero la

base per la liberazione della città di Mosul, importante città irachena caduta dal 2014 nella rete terroristica dell’IS e posta tra le priorità assolute da parte di entrambi i leader. L’operazione chiave, ha ricordato John Kerry, necessiterebbe tuttavia di un’immediata, ma più volte rimandata, attuazione e dovrebbe essere completamente affidata alle forze irachene. Il ruolo americano, dunque, sarebbe limitato ad un esclusivo supporto logistico e focalizzato sulla ricostruzione delle zone rase al suolo dagli attacchi del gruppo IS. Secondo tali presupposti, ammonterebbe a $ 155 milioni il valore degli aiuti umanitari supplementari in arrivo dagli Stati Uniti e destinati non solo alla ricostruzione di luoghi distrutti, ma anche al conseguente reinsediamento delle popolazioni sfollate. Non sono mancati, in chiusura, i riferimenti all’instabilità politica che il governo di alAbadi è attualmente chiamato a fronteggiare e a come una simile instabilità, unita ad una profonda e lacerante crisi economica, possa essere – nelle parole di Kerry – di ostacolo alle offensive da operare contro il sedicente Stato Islamico. “E’ importante avere al più presto un governo unificato e operativo, perché le operazioni non risentano dell’instabilità”.

MSOI the Post • 5


NORD AMERICA libero e imparziale. La manifestazione, illegale in quanto non autorizzata, era promossa da Democracy Spring, una popolare organizzazione di protesta e priva di affiliazione politica, che ha annunciato che continuerà a tenere manifestazioni di questo genere nonostante gli arresti. Appuntamento storico per il segretario di Stato John Kerry, in Giappone per il G7 dei Ministri degli Esteri, che il 10 aprile si è recato a Hiroshima, dove ha visitato il Memoriale delle vittime dell’atomica. “Tutti dovrebbero sentire la potenza di questo luogo, che ci ricorda con forza irresistibile che dobbiamo porre fine alla minaccia nucleare”: questo il messaggio lasciato da Kerry sul guestbook del Memoriale. Ciò che è invece mancato sono le scuse formali degli Stati Uniti per lo sgancio della bomba atomica; scuse che il Segretario di Stato aveva già in precedenza escluso. CANADA Decine di tentativi di suicidi si sono registrate in pochi giorni in una comunità indigena del Nord del Canada, che il 9 aprile ha per questo dichiarato lo stato di emergenza. Si tratta dell’ennesimo episodio dopo che centinaia di casi simili si sono registrati dallo scorso settembre. Il primo ministro canadese Justin Trudeau è intervenuto definendo la notizia “straziante”. “Continueremo a lavorare per migliorare le condizioni di vita delle tribù indigene” è stato il messaggio del Premier su Twitter. A cura di Silvia Perino Vaiga

6 • MSOI the Post

A MANO ARMATA

A 3 mesi da San Bernardino, il II Emendamento resta ben saldo

Di Lorenzo Bazzano La diffusione delle armi negli Stati Uniti mina pericolosamente la pubblica sicurezza. Nonostante ciò, l’abrogazione del II Emendamento della Costituzione incontra diverse resistenze. Il dibattito negli Stati Uniti ruota attorno a due interpretazioni dell’emendamento che permette ai cittadini di possedere armi: è un diritto esclusivo dell’esercito e delle forze dell’ordine oppure deve essere esteso a tutti i cittadini? La seconda interpretazione è quella che riscuote maggiori adesioni. Stando alle statistiche di Vox. com, nel mondo sono 644 milioni le persone in possesso di armi; di queste, il 42% risiede negli Stati Uniti. Un altro dato relativo agli Stati Uniti indica, inoltre, che gli Stati in cui le armi sono maggiormente diffuse sono quelli in cui si verifica il maggior numero di omicidi. La stessa cosa avviene negli Stati in cui ci sono meno controlli sulle armi. A gennaio del 2016, dopo la strage di San Bernardino, Obama aveva annunciato una stretta sulle armi, promettendo più restrizioni e più controlli. La realtà, però, si presenta diversa. La situazione, in una nazione così eterogenea, varia da

Stato a Stato. Mentre lo Stato di Washington, per esempio, ha approvato una tassa sul possesso di armi da fuoco, in Texas le armi si possono portare nei luoghi pubblici, senza obbligo di coprirle, grazie a un nuovo provvedimento chiamato open carry. Malgrado le differenze, per chi ha compiuto 21 anni, è comunque abbastanza semplice acquistare ovunque un’arma, anche se dal 1968, grazie al Gun Control Act, è più difficile possedere legalmente armi per chi ha precedenti penali, per i clandestini, per chi fa uso di determinati farmaci e per chi non è cittadino americano. Il maggiore ostacolo alle restrizioni sul possesso di armi è rappresentato dalle lobby, la più importante delle quali è la National Rifle Association. Fondata nel 1871 da veterani della guerra civile, ha grande influenza in ambito politico e spesso finanzia campagne in difesa del diritto di possedere armi. La NRA deve parte dei propri finanziamenti alle donazioni dei suoi membri, alcuni dei quali al Congresso e per lo più repubblicani. Questo, evidentemente, rende difficoltosa l’approvazione di leggi restrittive e rende il tema delle armi una questione cruciale nel dibattito politico interno.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole YEMEN 11 aprile. A mezzanotte, ora locale, è entrata in vigore una tregua che Riad ha affermato di voler rispettare, anche se “ si riserva il diritto di rispondere a qualsiasi attacco dei ribelli”. Secondo fonti ANSA, dall’inizio del conflitto tra la coalizione guidata dai sauditi e i ribelli Houthi, le morti registrate sarebbero più di 6.000, i profughi 2 milioni e diverse le aree ridotte alla fame.

ITALIA E LIBIA: PRIMI PASSI DEL GOVERNO SERRAJ

Il nuovo esecutivo verso l’unità nazionale libica riallaccia i rapporti con l’Italia

Di Emiliano Caliendo Dopo l’insediamento del Consiglio Presidenziale del governo di riconciliazione nazionale, il nuovo primo ministro designato, Fayez-alSerraj, inizia a capitalizzare i contatti internazionali sviluppati negli ultimi mesi.

AFGHANISTAN 11 aprile. Un minibus dell’esercito è rimasto coinvolto in un attentato a Jalalabad City. Il bilancio è di 12 morti e 38 feriti. ISRAELE 11 aprile. Secondo il premier Benyamin Netanyahu, negli ultimi tempi si sarebbe registrato un “notevole calo degli attentati” compiuti dai palestinesi. Per Netanyahu, ciò sarebbe avvenuto grazie ad una politica determinata, sistematica e responsabile”. Nello stesso giorno, due estremisti ebrei sono stati arrestati in Cisgiordania poiché sospettati di aver partecipato ad attacchi nei confronti dei palestinesi. Tuttavia, identità e episodi che li vedrebbero coinvolti non sono stati divulgati.

La visita del 12 aprile del ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, rappresenta l’inizio concreto del rafforzamento e l’ampliamento della giurisdizione su tutto il suolo libico del nuovo esecutivo, risultato della missione ONU dell’inviato Martin Kobler. L’incontro bilaterale ha tracciato le nuove linee guida del ristabilito rapporto tra Italia e governo libico. Gentiloni, primo alto responsabile politico a recarsi in Libia dal 2014, ha definito il nuovo corso italo-libico come base ‘’per tessere diversi fili di collaborazione bilaterale che si tradurranno nei prossimi giorni in incontri che avremo con il ministro dell’Interno per aspetti legati alla sicurezza e all’immigrazione, e le visite imminenti del Ministro della Sanità e dei Trasporti, nelle quali affronteremo aspetti nel settore sanitario, del rilancio di progetti autostradali e dei collegamenti aerei tra i due Paesi’’.

Il governo italiano ha annunciato l’arrivo a Tripoli, di aiuti umanitari tramite un C-130: perlopiù kit medici destinati all’ospedale tripolitano, ma che andranno anche a Bengasi. Un altro italiano, il consigliere militare delle Nazioni Unite per la Libia, Paolo Serra, ha invece delineato la situazione relativa ai flussi migratori libici e alla lotta alla succursale libica del sedicente Stato Islamico. In un’audizione al comitato Schengen ha così evidenziato un aumento delle partenze nel 2016 e il calo dell’estrazione da 1,8 milioni a 300 mila barili, con effetti disastrosi sull’occupazione. Il Generale, citando fonti americane, ha descritto la presenza del gruppo IS, parlando di un numero di militanti non superiore ai 3.000 uomini, molti dei quali tunisini, e concentrati nella zona di Sirte. Intanto il vice-presidente della Camera dei Rappresentati di Tobruk, Emhemed Shouaib, ha annunciato che il Parlamento si riunirà entro il 18 aprile per discutere e votare l’accordo politico che ha portato al governo di unità nazionale di Tripoli. Quest’ultimo è supportato anche dalla Germania attraverso l’invio di 3 milioni di euro destinati alle necessità della struttura di sicurezza.

MSOI the Post • 7


MEDIO ORIENTE SIRIA 13 aprile. Riprendono i colloqui di pace sotto l’egida ONU a Ginevra, durante i quali si continuerà a discutere del futuro della Siria e del suo presidente, Bashar al-Assad. Aperti i seggi per le elezioni legislative nella parte del Paese controllata dal governo di Assad. Dei 7.000 candidati previsti, solo i 3.500 approvati dal governo hanno potuto effettivamente presentarsi. Per Damasco il voto è costituzionale e non interferisce con i colloqui di pace di Ginevra, mentre le opposizioni lo contestano come “provocazione”. Il Wall Street Journal ha riferito che la CIA avrebbe escogitato dei piani per un rifornimento con le armi più potenti ai ribelli in caso di fallimento della tregua. In particolare, si tratterebbe di sistemi antiaerei che li aiuterebbero ad attaccare i jet e l’artiglieria del regime siriano. LIBIA 12 aprile. Il ministro degli Esteri italiano Gentiloni si è recato in Libia per incontrare il premier designato dall’ONU Fayez al-Sarraj. È la prima volta che un alto responsabile di un governo straniero visita Tripoli dopo l’insediamento del nuovo governo di unità nazionale. TURCHIA 13 aprile. La provincia sudorientale di Kilis è stata raggiunta da colpi di mortaio provenienti dalle zone settentrionali della Siria controllate dal Daesh. Non vi sarebbero vittime. Nei giorni precedenti, invece, attacchi simili avevano causato 13 morti e 7 feriti. A cura di Martina Scarnato

8 • MSOI the Post

ARAB NATIONALISM: ORIGINS

A clear picture of the roots of Arab nationalism By Timothy Avondo The book The origins of Arab nationalism, by Khalidi, gives a clear picture of the roots of Arab nationalism by taking into account the concepts of patria and patriotism, which are European, and relates them to Arabs. Amongst the Arab intellectuals, one of the most influent exponents during the XIX century was Rifa’ah Rafi al-Tahtawi who stressed the concept of country, arguing that each one had some special characteristic. The inhabitants of a country are tied to it by a relationship of special love. Tahtawi took into consideration the idea of French patria, and looked at how this shaped the concept of Arabic watan, which had become popular among the Ottomans. Arabs and Ottomans shared a common felling of identity deprivation due to Western occupation; therefore, they saw patriotism as a possible mean to foster progress, strength, and even as a way to bridge the gap between Islam and Europe. Moreover, according to many authors the idea of Arab language was pivotal. They conceived it as a unifying factor in the formation of an Arab nation, and believed that it would gather together all Arab native speakers and eventually lead to the creation of a new vocabulary. The notion of a common language was strictly related to the concept of Arabic watan. Language and patriotism as a response to western occupation

were just the roots and ideas of this movement. In fact, in the article Arab nationalism: a mistaken identity, Kramer argues that Arab nationalism is indirectly related to the western rule; but firstly emerged as a criticism towards the Ottoman empire which was widespread in the region, encompassing a large number of Arab speaking populations. These populations were completely recognized by the Empire, and as Islam was a common religion between Turks and Arabs, a partnership was established. When the Ottoman Empire began to decline, westernization started spreading, causing a lot of discontent among Arab speaking populations. The process of Turkification, which arose in the Ottoman Empire during the 20th century, fostered a sentiment of hostility. Through this process, Turkish-speaking Muslims began to construct their own identity – a Turkish one – and one mean to achieve this goal consisted in embracing the Turkish language instead of other one that had been influenced by European ideas of nation-state. Hostility and discontent towards westernization and Turkification were the driving forces, which paved the way for Arabism. The purpose was the unification of Arab countries and to gain independence in the provinces of the Ottoman Empire. The idea of independence was justified by the fact that common language, history and culture were shared.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole LA STRATEGIA ANTI-TERRORISMO DI MOSCA UCRAINA Volodymyr Groisman è il nuovo primo ministro dell’Ucraina. La nomina dell’ormai ex Presidente della Camera è stata confermata dallo stesso Parlamento di Kiev, dopo l’incarico ricevuto dal presidente Poroshenko. Il nuovo capo dell’esecutivo sostituisce nell’esperienza governativa Arseni Iatseniuk. Si tratta di una mossa che punta a mettere fine a mesi di crisi politi-

ca e a sbloccare la situazione del Paese. Il nuovo Primo Ministro, prima di affrontare il voto dell’aula, ha dichiarato: “Comprendo le minacce che affrontiamo. Voglio sottolinearne tre: corruzione, paralisi governativa e populismo, non meno intimidatorie dei nemici che si annidano nell’est dell’Ucraina”. BOSNIA-ERZEGOVINA Il quotidiano di Sarajevo Dnevni list riporta che circa un milione di abitanti della Bosnia-Erzegovina - una persona su quattro – vive alle soglie della povertà, oltre 600.000 bosniaci, invece, vivono al di sotto di questo limite. Partendo da un totale di 718.000 lavoratori, circa 200.000 ricevono lo stipendio minimo e i disoccupati sono più di 540.000, facendo registrare al tasso di disoccupazione la cifra record

Gli attacchi dei separatisti ceceni sono stati ridotti da tattiche brutali

Di Daniele Baldo L’11 aprile 3 persone hanno tentato di farsi esplodere nei pressi di Stavropol, nel sud della Russia. Questo è stato solamente l’ultimo di una serie di attentati nella regione. La memoria non può che andare all’orribile assalto alla scuola di Beslan, che nel 2004 portò alla morte di 250 persone, tra cui numerosi bambini. Il ventennale conflitto che ha sconvolto la Cecenia a partire dalla fine degli anni ‘90 si è trasformato oggi in una ribellione islamista organizzata in tutta la regione del Caucaso. In questi luoghi i servizi di sicurezza russi, secondo le organizzazioni per i diritti umani, compiono regolarmente arresti, torture e omicidi. Inoltre, l’approccio russo per fermare le ondate di attacchi ha spesso implicato il rapimento dei familiari dei terroristi ceceni. Nella visione russa, la famiglia è, infatti, il filo che dev’essere tirato per sciogliere i gruppi terroristi. Se i familiari di una persona diventata terrorista collaborano con le autorità, denunciando il proprio caro, allora questi non sono colpevoli di nulla. Se, invece, non collaborano, sono automaticamente considerati complici. Secondo la legge, i servizi di sicurezza non possono direttamente prendere di mira i parenti di un criminale, ma le

forze d’intelligence raramente lasciano che la mancanza di basi legali possa interferire con le loro attività. In Cecenia, e nel vicino Daghestan, è consuetudine bruciare o demolire le case di sospetti ribelli o terroristi. In alcuni casi, intere famiglie vengono radunate e tenute in ostaggio finché il militante si arrende o viene ucciso. La più ampia applicazione di questa tattica si è avuta durante il processo di pace in Cecenia, dopo che Putin mise in atto la riconquista del territorio separatista all’inizio del suo mandato. I parenti vennero usati come esche per attirare i combattenti. Se questi non cambiavano fronte, la loro famiglia scompariva. Dal 2000 al 2005 in Cecenia si sono registrati dai 3 ai 5 mila casi di persone scomparse non risolti. La politica attuata dal leader ceceno Kadyrov, la cui famiglia stessa si avvicinò alla Russia, ruppe la resistenza organizzata. Il senso di ingiustizia e rabbia prevale tra la popolazione e non sorprende che la pratica sia diventata oggetto di numerosi casi della Corte Europea dei Diritti Umani. Le critiche a queste tattiche si sono fatte sempre più forti. Seppur efficienti nel breve periodo, esse hanno isolato le famiglie dei presunti criminali e hanno spesso lasciato aperta la porta alla radicalizzazione estremista.

MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI del 43%. GRECIA Si apprende da fonti governative che sono attualmente presenti sul territorio greco ancora 53.117 rifugiati e migranti identificati. Nella Grecia settentrionale si trovano 29.429 rifugiati, 11.194 dei quali soltanto nel campo di Idomeni. Altre 14.387 persone alloggiano invece nell’Attica, delle quali 4.510 solo nel porto di Pireo, 6.976 nelle isole greche e 2.325 in Grecia Centrale.

MONTENEGRO Il quotidiano montenegrino Pobjeda riferisce che la ratifica del Protocollo per l’adesione del Montenegro alla NATO da parte dei Parlamenti dei Paesi membri inizierà con ogni probabilità a maggio. La fine dei negoziati per l’adesione e la firma del Protocollo è infatti prevista tra il 19 e il 20 maggio, con l’incontro dei ministri degli esteri dei Paesi dell’Alleanza. Il Montenegro è stato invitato ufficialmente ad aderire alla Nato lo scorso dicembre. RUSSIA Alta tensione tra Russia e USA. Il comando americano ha dichiarato che 2 caccia russi Su-24 hanno sorvolato 20 volte una nave americana nel Baltico a meno di 900 metri di distanza e ad un’altitudine di circa 30 metri. Manovre che per il Pentagono hanno il “profilo di attacco simulato”. A cura di Lorenzo Bardia 10 • MSOI the Post

GIALLO GARABOVSKI

Kiev preoccupa le ONG per i diritti umani

Di Leonardo Scanavino Nel maggio 2015 Aleksander Aleksandrov e Yevgeny Yerofeyev sono stati arrestati nei territori della regione di Lugansk, al termine di uno scontro tra l’esercito di Kiev e le forze separatiste. Si tratta di due cittadini russi accusati dalle autorità ucraine di far parte delle forze militari di Mosca, imputazione che avrebbero inizialmente confermato, salvo poi ritrattare. Le accuse mosse ai due militari sono di aver varcato le frontiere in modo clandestino, detenzione illegale di armi e coinvolgimento in attività terroristiche. A Kiev Oksana Sokolovskaya si occupa della difesa di Yerofeyev, mentre l’attività di Yuri Grabovski, difensore di Aleksandrov, si è bruscamente interrotta. La notte del 24 marzo, in una zona isolata della regione di Cherkasy, nell’Ucraina centrale, è stato rinvenuto il corpo dell’avvocato, crivellato di pallottole. Era stato visto per l’ultima volta nel suo studio della capitale la sera dello scorso 6 marzo. Provando a digitare il nome di Yuri Grabovski su un motore di ricerca, i risultati ottenuti sono miseri e lacunosi. La stampa internazionale lascia in secondo piano una vicenda che metterebbe in luce il garantismo autoritario di Kiev. Le autorità ucraine hanno arrestato due sospetti, ritenuti coin-

volti nel rapimento e nell’omicidio, ma la vicenda giudiziaria procede con grande lentezza. Inoltre, la vicenda ricorda i periodi passati nei quali avvocati e attivisti, se percepiti come un pericolo dalle autorità, venivano vessati e perseguitati, se non addirittura uccisi. “L’uccisione di un avvocato è un crimine orrendo e le autorità ucraine devono immediatamente adottare tutte le misure necessarie per evitare il perpetrarsi di questo abuso dei diritti umani”, ha dichiarato Anna Neistat, senior director per la ricerca di Amnesty International. Ella ha poi aggiunto che “gli avvocati devono essere in grado di svolgere i loro compiti senza subire intimidazioni […]. Le indagini sul rapimento e l’omicidio di Yuri Garabovski devono procedere in maniera imparziale e i responsabili devono essere consegnati alla giustizia mediante un giusto processo”. Grabovski si era lamentato di aver subito pressioni da parte delle autorità riguardo al suo ruolo di avvocato difensore di un cittadino russo. Recentemente anche la Sokolovskaya ha denunciato di essere stata oggetto di intimidazioni e minacce. Gli osservatori internazionali hanno dunque chiesto alle autorità di fornirle immediatamente una protezione effi cace , per garantire lo svolgimento del suo lavoro di avvocato.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole CINA Il G7 di Tokyo ha riportato a galla la disputa riguardo il mar cinese meridionale. I ministri partecipanti si sono detti contrari alle scelte di Pechino; affermando che non sono tollerate azioni intimidatorie o provocatorie. La risposta del governo cinese si è limitata, per ora, a definire ingiuste e scorrette le dichiarazioni pronunciate durante il G7. I dati alquanto positivi sul mercato estero cinese, e il rialzo del prezzo del petrolio hanno fatto decollare i mercati di tutto il modo. La Cina investe moltissimo all’estero dimostrando che, nonostante le preoccupazioni sulla sua stabilità economica, resta un mercato competitivo, in grado di influenzare la finanza internazionale. GIAPPONE E’ in corso a Tokyo il G7 dei Ministri degli Esteri (più dettagliatamente nell’articolo di approfondimento). Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha affermato che, secondo le proprie previsioni, il Giappone sarà il solo Paese in recessione nel 2017. Nonostante le politiche finanziarie annunciate dalla BOJ (la banca centrale nipponica) il Giappone, secondo i modelli economici, pare non riuscire a ripartire. COREA DEL SUD Sono iniziate le esercitazioni militari che vedono la cooperazione di Stati Uniti ed esercito Sudcoreano. Tali esercitazioni congiunte non sono una novità per i due Paesi e, puntualmente, non mancano di creare un clima di tensione con la Corea del Nord.

42° G7

La politica passa per Hiroshima

Di Alessandro Fornaroli Quest’anno il Giappone ha ottenuto, per la sesta volta dal 1975, la presidenza del G7. Il primo incontro, iniziato domenica 10 e conclusosi lunedì 11 aprile, ha interessato i Ministri degli Esteri (tra cui il nostro titolare dalla Farnesina, Paolo Gentiloni), ospiti del Grand Prince Hotel Hiroshima, nella città di cui porta il nome. A tale consesso hanno partecipato, oltre al Paese del Sol Levante, anche Canada, Germania, Francia, Italia, Inghilterra, USA e l’alta rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, nonché vicepresidente della Commissione Europea, Federica Mogherini. Il ministro giapponese Fumio Kishida, originario della città che è stata colpita dal bombardamento atomico, ha ricordato il significato simbolico del luogo in cui si terrà il congresso e ha annunciato di voler prendere serie decisioni riguardo il disarmo, la non proliferazione nucleare (inclusa la minaccia della Corea del Nord) e le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale, affinché possa essere garantita la stabilità non solo dell’Asia, ma di tutta la

comunità internazionale. Il presidente del summit ha inoltre ribadito che le stesse tematiche saranno oggetto di dibattito durante il vertice tra i capi di governo che si terrà a Ise-Shima il 26 e il 27 maggio. Come in tutte le riunioni tenute dal Gruppo dei Sette, i vari Ministri degli Esteri hanno affrontato e analizzato insieme problemi di rilevanza internazionale, cercando di adottare una linea comune. Tra i temi trattati, alcuni sono stati ripresi dal precedente Congresso tenutosi a Lubecca e sono stati divisi in base al grado di importanza e urgenza. In primo luogo si è discusso dell’antiterrorismo e della sicurezza marittima, ma ampio spazio è stato dato anche alla crisi libica e siriana, all’Iran, all’Ucraina, alla situazione russa e al Daesh. L’ultimo giorno il segretario di Stato americano John Kerry, come da programma, ha visitato il Parco della Pace e il vicino Museo dell’Atomica. Si tratta dell’esponente più alto in grado di un’amministrazione USA in carica ad aver visitato il memoriale delle vittime dell’olocausto nucleare.

MSOI the Post • 11


ORIENTE Un membro dell’intelligence nordcoreana sembrerebbe aver disertato per collaborare con la Corea del Sud. Le informazione in circolazione sono assai limitate ma, dalle prime dichiarazioni del governo di Seul, pare che questa persona possa fornire importanti informazioni sulle politiche di Pyongyang.

CARTER E LA RINEGOZIAZIONE CON L’INDIA Il Ministro della Difesa statunitense avvia l’intensificazione dei rapporti USA-India

Di Giulia Tempo Domenica 10 aprile il segretario della Difesa degli Stati Uniti, Ash Carter, ha iniziato una tre-giorni a Goa, lo Stato indiano che ha dato i natali al ministro della Difesa Manohar Parrikar.

INDIA Il premier Narendra Modi ha stipulato un accordo militare con gli Stati Uniti. Le basi militari indiane saranno aperte agli USA. Accordo storico che sottolinea come uno dei nuovi colossi economici emergenti e gli Stati uniti condividano timori verso l’espansione della Cina. PAKISTAN Il premier Nawaz Sharif ha sospeso a tempo indeterminato le manifestazioni islamiche nella capitale Islamabad. Il Pakistan sta vivendo un periodo di grande tensione interna a causa del fondamentalismo islamico. I talebani sono radicati nel Paese e il Premier sta tentando di porre un freno alla violenza. A cura di Tiziano Traversa

12 • MSOI the Post

Entrambe le nazioni attribuiscono grande rilevanza all’accrescimento delle reciproche relazioni, soprattutto nell’ottica di un bilanciamento dell’ascesa cinese. L’India, tuttavia, rifugge l’instaurazione di legami eccessivamente forti con altre potenze e teme che la concessione alle forze armate statunitensi di accedere alle basi indiane possa condurre a un’alleanza militare de facto. Si tratta della seconda visita di Carter in India nell’arco di un anno e il Segretario della Difesa statunitense ha istituito all’interno del Pentagono un nucleo preposto alla cooperazione con Nuova Delhi. Parrikar aveva formalizzato il secondo invito a Carter proprio durante la sua visita al Pentagono, lo scorso dicembre. Alcuni osservatori hanno evidenziato il ruolo chiave rivestito dagli interessi militari ed economici degli Stati Uniti nei dibattiti, soprattutto a seguito del palesamento da parte dell’India dell’intenzione di ricostituire la flotta aerea, ormai obsoleta. Multinazionali come la Boeing e la Lockheed Martin spera-

no che un’intensificazione del legami tra Washington e Delhi possa condurre allo sviluppo di nuove prospettive commerciali. Il portavoce della Lockheed ha dichiarato che la compagnia ha già preso parte ad alcune discussioni tra India e Stati Uniti sulla possibilità di produrre una partita di jet da combattimento. L’ammiraglio Harry Harris, a capo del commando statunitense nel Pacifico, si è detto deciso a intensificare le esercitazioni militari congiunte, esplicitando la funzione anti-cinese di tali operazioni. L’India, tuttavia, ha negato l’esistenza di piani comuni. Lunedì 11 aprile si è tenuta una conferenza a bordo della INS Vikramadtiya e successivamente Carter ha accolto Parrikar sulla nave statunitense USS Blue Ridge. Il Segretario americano della Difesa ha ripreso i punti già toccati nella giornata di domenica, evidenziando la necessità per le due nazioni di condividere tecnologie, assetti produttivi e strategie di sviluppo. L’India si è mostrata disponibile a una maggiore apertura, ricevendo concessioni sul profilo tecnologico. L’accordo logistico proposto da Washington e rifiutato per più di dieci anni dal Ministero della Difesa indiano, l’LSA (Logistics Support Agreement), è stato leggermente alterato per giungere ad una convergenza ed è stato siglato di comune accordo.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole REPUBBLICA DI GIBUTI 8 aprile. Il Primo Ministro ha annunciato la rielezione del presidente Ismaël Omar Guelleh, al potere dal 1999. Guelleh si presenta come garante della stabilità del Paese e promette la costruzione di grandi infrastrutture (porti, oleodotti…). Nonostante le sue promesse però la maggior parte della popolazione vive ancora al di sotto della soglia di povertà. Nel 2010 la Costituzione era stata modificata per eliminare qualsiasi limitazione al mandato presidenziale. CIAD 10 aprile. Il primo scrutinio elettorale dà come favorito l’attuale presidente Idriss Déby Itno, in carica da 26 anni. Tale risultato ha fatto riemergere un clima di forte tensione tra la popolazione. Le prime proteste erano iniziate dopo l’8 febbraio, quando un gruppo di uomini aveva violentato la figlia 16enne di Mahamat Brahim Ali, esponente dell’opposizione politica. A tale atto, definito “ignobile” dallo stesso Presidente, sono seguite diverse contestazioni pubbliche e scioperi generali. Inoltre, il numero dei candidati alle elezioni presidenziali è salito a 14. Tra questi, il Presidente compare come sicuro vincitore, ma l’opposizione denuncia una possibile frode elettorale. BURUNDI Da un anno il Burundi sta vivendo una profonda crisi politica, in seguito alla riconferma per un terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. Dopo le elezioni del luglio 2015, sono continuate le violenze e l’eliminazione sistematica degli esponenti dell’opposizione. Per far fronte a tale situazione, il

ERITREA: I DELITTI EFFERATI DELLA DITTATURA

Tra i migranti africani in Italia, i più numerosi sono gli eritrei: da cosa fuggono?

Di Francesco Tosco Nella capitale eritrea, Asmara, il 3 aprile scorso sono morti circa 11 ragazzi che cercavano di sottrarsi alla leva obbligatoria imposta dal regime. Erano stati caricati a forza sui camion dall’esercito e qualcuno aveva provato a buttarsi giù per fuggire. Le forze di sicurezza della capitale hanno sparato ai fuggiaschi, colpendo accidentalmente ai civili che erano nella loro linea di tiro. Hanno poi proseguito la marcia lasciando i corpi a terra. Le forze di sicurezza del regime passano in rassegna interi quartieri e costringono i ragazzi ad arruolarsi. La coscrizione ha una durata indefinita (spesso infinta) e i ragazzi, per un salario misero, vengono trattati da schiavi senza avere la possibilità di crearsi un futuro. È consuetudine ormai che chi tenta di scappare sia ucciso. Isaias Afewerki, in carica dal 1991, ha instaurato una dittatura di stampo maoista. Il popolo è terrorizzato e si impoverisce

sempre di più, i diritti garantiti ai cittadini dalla Costituzione non sono rispettati. Le violazioni dei diritti umani accertate dagli osservatori dell’ONU sono, infatti, sconcertanti. Già il 4 novembre 2004 il regime si distinse in efferatezza, uccidendo una gran quantità di persone in una retata. In quella stessa occasione molti furono imprigionati nelle carceri, alcune delle quali sono adibite appositamente per detenere prigionieri politici. Nel 2014 l’esercito sparò a dei bambini che tentavano di fuggire dal Paese. Amara, nonostante le continue violazioni dei diritti umani, gode della fiducia dell’Europa. Infatti, soltanto tre giorni dopo il massacro del 3 aprile, nella stessa capitale, l’UE ha siglato un accordo per finanziare un rinnovamento da 200 milioni di euro della rete elettrica e del sistema fotovoltaico. Il regime non ha però fornito il permesso di controllare come effettivamente verranno spesi i fondi stanziati.

MSOI the Post • 13


AFRICA Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato una Risoluzione che prevede l’invio in Burundi di un contingente internazionale di polizia. Tuttavia, l’approvazione ha incontrato diverse difficoltà per l’ostruzionismo degli Stati Uniti. Gli americani hanno contestato il linguaggio del testo. In particolare, temono che la clausola sul disarmo progressivo del Paese potrebbe favorire la campagna governativa volta a disarmare i partiti di opposizione ritenuti “violenti”. SUD SUDAN 12 aprile. Il presidente Salva Kiir ha nuovamente concesso la carica di vicepresidente al leader delle forze ribelli Riek Machar. Tale nomina sembra essere un primo passo verso una pacificazione del Paese. Lo stesso Machar, che attualmente si trova al Cairo per impegni politici, ha definito questa nomina come fondamentale per implementare l’accordo di pace stipulato tra i due oppositori politici nel 2015. NIGERIA 14 aprile. Un video realizzato dal gruppo terroristico Boko Haram mostra 15 delle 276 ragazze che furono rapite 2 anni fa a Chibok, nel nord-est del Paese. Secondo l'AFP, tale testimonianza rappresenta una "prova di vita" e dovrebbe essere utilizzata dai militanti di Boko Haram per ottenere dal Governo uno scambio di prigionieri. A cura di Jessica Prieto

14 • MSOI the Post

L’AFRICA E IL MONDO, PARTE SECONDA L’Unione Europea collabora per la stabilità

Di Fabio Tumminello Il colonialismo europeo in terra africana lasciò alle sue spalle un continente fragile: le neonate nazioni africane, sorte dopo anni di lotta per l’indipendenza, faticavano a trovare un proprio spazio sulla scena internazionale. L’Europa, superati i conflitti mondiali, si aprì alla scena internazionale e cercò di coinvolgere in un piano di cooperazione e sviluppo proprio il continente africano. L’inizio dei rapporti tra l’Europa e l’Africa risale al 1964, anno in cui la CEE firmava, insieme al SAMA (l’associazione degli Stati africani), la Convenzione di Yaoundé. Questo primo accordo prevedeva agevolazioni fiscali e commerciali per gli Stati africani nelle relazioni con gli Stati europei, oltre alla creazione di organi politici – come un Consiglio dei Ministri interno all’associazione – e giurisdizionali – la Corte permanente di arbitrato. La Convenzione di Yaoundé venne rimpiazzata, nel 1975, dalla Convenzione di Lomé, che restò in vigore fino al 2000. Questo secondo accordo rappresentò l’inizio di un altro capitolo nella cooperazione tra Africa e UE, in quanto ebbe, tra i suoi obiettivi, anche la lotta alla povertà e uno sforzo per supportare la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel continente. Questa

ambiziosa

(ma

inefficace) convenzione venne a sua volta sostituita dall’attuale Convenzione di Cotonou, firmata nel 2000 e valida, salvo futuri rinnovi, fino al 2020. Essa presenta un testo più snello e sistematico, ma non solo: nella Convenzione trovano spazio gli alti obiettivi che la collaborazione tra Unione Europea e ACP (l’organizzazione che raccoglie i Paesi africani, ma anche quelli caraibici e del Pacifico) persegue, in particolare “la riduzione e, infine, l’eliminazione della povertà”. Molti commentatori sono però scettici a sulla reale efficaci di questo accordo. Infatti, al di là delle formulazioni solenni utilizzate, l’intera convenzione sembra essere poggiata solo su accordi di tipo essenzialmente commerciale. Gli EPA (Economic Partnership Agreement) sono stati ampiamente criticati perché considerati come un’imposizione da parte dell’Europa: l’abolizione dei dazi doganali, pur facilitando gli scambi, priva gli Stati africani di una importante fonte di guadagno. Manca inoltre una strategia comune: ad oggi l’Europa, pur essendo uno dei principali attori nella lotta alla povertà nel continente (quasi il 50% delle sovvenzioni arriva proprio da fondi europei), sta lentamente perdendo il suo ruolo centrale alla guida dello sviluppo africano, superata, oltre che dalla Cina, anche da India e Brasile.


SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole

L’URUGUAY GUIDA LA SVOLTA ENERGETICA In dieci anni ridotte drasticamente

BRASILE le importazioni di combustibili fossili Una commissione speciale di 65 deputati decide di far proseguire il processo d’impeachment nei confronti di Dilma Rousseff. La Camera dei Deputati, a cui è passato il processo, entro domenica stabilirà, a maggioranza di due terzi, se Roussef vada giudicata, ed eventualmente condannata, per la violazione della legge di responsabilità fiscale. In caso positivo, l’iter proseguirà al Senato e Rousseff sarà sospesa dalle sue funzioni. Di Andrea Incao Climate Response Mentre il mondo occidentale sottoscrive accordi ambientali, cerca mediazioni su sprechi e inquinamento, progetta di sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili, l’Uruguay ottiene oltre il 90% del fabbisogno energetico da impianti a energia rinnovabile.

In aumento il numero di deputati che abbandonano la “presidenta”: dopo La cosa ancor più sorprendente il PMDB, altri 4 partiti annunciano è che l’Uruguay, meno di 15 l’uscita dal governo. anni fa, si trovava in una ARGENTINA 11 aprile. Celebrate le prime nozze gay religiose in America Latina: Romina Charur e Victoria Escobar, due giovani appartenenti alla comunità ebraica di Buenos Aires, già sposate con rito civile, hanno completato la loro unione con rito religioso in sinagoga. CILE Come prospettato dai primi exit poll, Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto Fujimori, ha vinto il primo turno alle elezioni presidenziali.

situazione molto diversa: il petrolio rappresentava il 27% delle importazioni nazionali e stava per essere conclusa la costruzione di un nuovo gasdotto che lo avrebbe collegato all’Argentina. Oggi, invece, le spese che più incidono sulle importazioni del Paese latino sono quelle che riguardano le turbine eoliche.

Entrando nel dettaglio, non è solo l’energia “pulita” a sorprendere, ma sono anche la a qualità e l’efficienz . I blackout sono pochissimi, grazie a un mix energetico differenziato che comprende impianti di ultima generazione a energia solare, a biomasse e idroelettrici.

EL SALVADOR 8 aprile. Blitz delle autorità negli uffici dello studio legale panamense Il traguardo, come dichiarato Mossack Fonseca al centro dello dal presidente della National

System, Ramon Méndez, è stato raggiunto senza sussidi governativi e senza costi al consumo maggiorati. Le bollette, anzi, non sono mai state così basse. L’obiettivo che ci si pone è il taglio, entro il 2017, dell’88% delle emissioni di carbonio rispetto alla media degli anni 2009-2013. “Quello che abbiamo imparato è che le energie rinnovabili non sono solo un business finanziario“, aggiunge Méndez: “per tre anni non abbiamo importato una solo kilowattora. Eravamo abituati a essere dipendenti dalle importazioni di energia elettrica dall’Argentina, ma ora siamo noi ad esportarla a loro. La scorsa estate le abbiamo venduto un terzo della nostra produzione energetica”. L’Uruguay, un Paese di 3,4 milioni di abitanti, si sta guadagnando ogni giorno di più la stima di molti Stati e cittadini stranieri, facendo parlare di sé grazie a scelte politiche progressiste: l’energia, il controllo più severo sull’uso del tabacco, l’introduzione di alcuni tra i provvedimenti più liberali in America Latina sui temi di aborto e matrimonio tra individui dello stesso sesso. MSOI the Post • 15


SUD AMERICA scandalo internazionale dei Panama Papers. L’operazione, supervisionata dal procuratore generale Douglas Melendez, ha portato al sequestro di documenti e apparecchiature informatiche.

L’ASSOLUTISMO DI MADURO

La sconfitta alle elezioni, la presa di posizione e le ritorsioni

Di Daniele Ruffino Lo scorso 6 dicembre il Venezuela è stato chiamato al voto per rinnovare i seggi dell’Assemblea Nazionale.

CUBA L’ex presidente Fidel Castro è riapparso in pubblico, dopo 9 mesi, partecipando alla commemorazione, a L’Avana, in onore di Vilma Espina, moglie di suo fratello, considerata una delle più grandi eroine della Revolucion.

La coalizione di destra aveva a capo il COPEI (cattolicocentrista) e l’Azione Democratica (socialdemocratica). La coalizione di sinistra era, invece, guidata dal secolare PSUV (di cui fa parte il presidente Nicolas Maduro). Contrariamente a quanto si aspettava il chavista Maduro, l’opposizione ha ottenuto 107 seggi su 167, mentre il PSUV solo 55. La coalizione antichavista ha quindi interrotto l’egemonia socialista che durava da 17 anni in Venezuela.

VENEZUELA Il presidente Nicolas Maduro, ha comunicato l’intenzione di chiudere il Parlamento, in mano all’opposizione, accorciando a soli 60 giorni il mandato dei deputati, che dovrebbero La risposta, però, è arrivata immediatamente: Maduro restare in carica fino al 2021. Maduro, posto il veto alla legge di amnistia dei prigionieri politici, approvata dal Parlamento, ha annunciato che la invierà al Tribunale Supremo di Giustizia per farla dichiarare incostituzionale. A cura di Giulia Botta

16 • MSOI the Post

ha posto il veto sulla legge, proposta dalla coalizione di destra e approvata dal Parlamento, che riguarda l’amnistia per i prigionieri politici (tra i quali risultano dei partecipanti al golpe del 2002). Ha inoltre minacciato di sciogliere il Parlamento poiché in mano all’opposizione, accorciando a 60 giorni il mandato di ogni parlamentare (esso dovrebbe decadere nel 2021). Le conseguenze delle scelte del Presidente sono ricadute sul PSUV, il partito socialista con più iscritti in America latina e nell’emisfero occidentale.

Esso è stato vittima di atti di violenza culminati nella morte di 5 dirigenti solamente nel 2016. L’ultimo, ucciso il 5 aprile scorso, aveva 27 anni. Visto il crescente clima di violenza che si respira in Venezuela, papa Francesco ha dichiarato che farà presto visita al Paese e al presidente Maduro, ma il protocollo prevede che sia lo Stato ad invitarlo. Nel frattempo, però, diverse diocesi venezuelane si adoperano già da anni per mettere fine alla violenza nelle periferie, dovuta a gang di narcotrafficanti che attingono dalle fasce più basse della popolazione manovalanza, affiliati e profitto. Il problema delle gang in Venezuela è una piaga sociale che danneggia il Paese da decenni;moltiaffiliati alle gang sono minorenni abbandonati a se stessi che diventano galoppini e sicari delle svariate associazioni malavitose. Il governo, spesso in accordo con l’ONU, ha intrapreso campagne di lotta contro il fenomeno delle gang, ottenendo però come risultati ulteriori bagni di sangue e ritorsioni sulla popolazione civile. Non si può escludere che gli omicidi dei dirigenti del PSUV siano un’appendice della vendetta dei criminali venezuelani: le circostanze delle loro morti coincidono con il modus operandi delle gang.


ECONOMIA WikiNomics

IL CROLLO DEL PREZZO DEL PETROLIO Terzo capitolo

THE PANAMA PAPERS Il turismo fiscale è sempre stato di moda Di Efrem Moiso Lo Stato di Panama offre ai turisti splendidi paesaggi tropicali, un clima umido, temperature tra i 20 e i 35 gradi, un’Imposta sul Valore Aggiunto del 7% e, soprattutto, un paradisiaco sistema fiscale Quali sono le caratteristiche che hanno attirato negli anni l’attenzione di ricchi, potenti e famosi, rendendo Panama la seconda meta al mondo per numero di aperture di società offshore anonime dopo Hong Kong? Territorialità. La “territorialità” del sistema fiscale sancisce che le attività di una società panamense, che può essere legalmente aperta da un cittadino qualsiasi del mondo, se svolte al di fuori dello Stato, siano libere dall’imposizione di tasse sui guadagni, dalla tenuta della contabilità e da restrizioni finanziarie. Costituire società offshore, ossia che operano al di fuori dello Stato o della giurisdizione in cui sono registrate, non è illegale, ma bisogna sottostare a determinate regole di trasparenza e le tasse devono essere pagate nella nazione di residenza o dove viene espletata l’attività. Segreto bancario. Le banche di Panama, così come quelle di tutti i Paesi nella Black List dell’OCSE, offrono un grado di riservatezza elevatissimo e, sostenendo il segreto bancario, si rifiutano di fornire dati precisi sull’identità dei titolari di conti e società offshore.

Di Ivana Pesic Come abbiamo visto, la produzione di petrolio negli Stati Uniti è più che raddoppiata negli ultimi anni, riducendone la necessità di importazione. I Paesi esportatori, dunque, si sono dovuti rivolgere al mercato asiatico in cerca di nuovi compratori. Nel frattempo, però, l’economia della Cina ha rallentato, causando un calo della domanda anche per il gigante asiatico. A questo punto, ai produttori conventional, non restavano che due scelte: difendere il prezzo, o i volumi. Tradizionalmente, l’Arabia Saudita ha agito come lo swing producer dell’OPEC, caricando sulle sue spalle il peso della riduzione dell’offerta del cartello al fine di stabilizzare i prezzi all’interno di una banda desiderata. Questo atteggiamento è cambiato sensibilmente verso la fine del 2014, quando è fallito l’obiettivo dell’OPEC di accordarsi sui tagli di produzione. La decisione di mantenere inalterato il livello di estrazione ha segnalato un cambiamento significativo per quanto riguarda la policy del cartello, spostando l’obiettivo dalla banda di prezzo (il range desiderato era stato fissato a 100-110$/barile agli inizi del 2010), al mantenimento di quote di mercato.

Lo scopo della strategia è mettere in difficoltà gli Stati Uniti, sperando che il crollo del prezzo del petrolio spinga questi ultimi fuori dal mercato, in modo tale da recuperare le quote perdute. Il fracking, infatti, comporta costi superiori rispetto ad altre tecniche di estrazione. Secondo quanto sostenuto da alcuni analisti del settore petrolifero, i frackers hanno, infatti, bisogno di un prezzo che si aggiri intorno ai 70$/barile per ottenere un guadagno, contro i 10 sufficienti per i sauditi. Il livello indicato dagli analisti, però, è già stato superato al ribasso da molto tempo, ma, a differenza di quanto ipotizzato dai sauditi, i colossi statunitensi hanno resistito molto meglio di quanto previsto, tagliando i costi e aumentando la produttività in una maniera impensata. La rischiosa strategia, finalizzata a conservare l’egemonia sul mercato petrolifero mondiale, sta costando parecchio, in particolare all’Arabia Saudita, dove - nel corso del 2015 - le spese hanno superato i ricavi di 98 Mld di $. Se il prezzo del petrolio dovesse rimanere così basso a lungo, il Paese, già in 0difficoltà, troverà molto difficile evitare un crack finanziario. Per questo, si stanno sviluppando nuovi piani volti a ridurre la dipendenza dell’economia saudita dal petrolio.

MSOI the Post • 17


ECONOMIA Intermediazione legale e shell companies. A volte la non-collaborazione degli istituti bancari non basta ed è qui che entrano in gioco studi legali come Mossack Fonseca (MF), uno dei più grandi al mondo, che si è specializzato nella costituzione di offshore shell company per andare incontro ai bisogni dei suoi facoltosi clienti cosmopoliti che ora si ritrovano coinvolti nello scandalo Panama Papers. Un socio di MF ha recentemente dichiarato che il 95% del lavoro coincide […] nella vendita di sistemi per evadere le tasse. Una shell company è una società di comodo intestata ad un prestanome in modo che lo Stato “evaso” non possa comunque risalire all’effettivo proprietario del denaro, così da non poter imporre alcuna tassazione. Ciò che ha portato Panama alla ribalta della cronaca internazionale è stata una fuga di dati dello studio MF: 11.5 milioni di documenti, contenenti nomi di politici influenti, Capi di Stato, attori e narcotrafficanti o di loro amici e parenti, che, sebbene per il momento non abbiano delineato alcun reato da parte della Firma Legale o dei suoi clienti, promettono imbarazzi internazionali e conseguenze catastrofiche sull’opinione pubblica.

18 • MSOI the Post

DEUTSCHE BOERSE - LSE: SARÀ LA VOLTA BUONA?

Maxi-fusione in arrivo, continua la scia oligopolistica dei gestori delle Borse Valori

Di Edoardo Pignocco Terzo tentativo. Francoforte e Londra, da marzo 2016, stanno riprovando ad accordarsi per una fusione che rispetti i requisiti dell’Antitrust, istituzione che, in precedenza, aveva doppiamente bocciato le proposte di unione di Deutsche Boerse e di London Stock Exchange Group. Se la fusione dovesse andare a buon fine, la NewCo diventerebbe la principale potenza europea nella gestione delle Borse Valori: date le forti regolamentazioni che vi sono in questo settore, gli accordi di fusione diventano quasi la prima regola di sopravvivenza, se non si vuole essere inghiottiti ed eliminati dalla forte concorrenza, che arriva principalmente da Stati Uniti e Asia. Rileva il fatto che la società che regola Piazza Affari, Borsa Italiana SpA (le Borse Valori non sono gestite da istituzioni pubbliche, ma da imprese private), è stata inglobata in LSE e, di conseguenza, il mercato finanziario italiano risponde a Londra. O meglio, rispondeva: la futura società sarà, infatti, di proprietà tedesca per il 54,4%. Comunque, per l’Italia non ci dovrebbero essere modificazioni sostanziali nel suo operato, se non la concessione di strumentazioni tecnologicamente più avanzate e una maggiore fonte di liquidità in caso di necessità. I

benefici

principali,

che

deriverebbero dall’accordo, consentiranno un risparmio di 450 milioni di euro annui e un progresso tecnologico integrato delle piattaforme di lavoro. Il taglio di costi, inoltre, permetterà alla nuova società di incrementare le prestazioni delle sue principali fonti di reddito, ovvero: assistenza e quotazione in Borsa, offerta di differenti mercati di negoziazione, servizio di automatica controparte finanziaria in caso di default del venditore o dell’acquirente, messa a disposizione di banche dati e servizi di compensazione e custodia titoli. Oltretutto, la futura fusione di Deutsche Boerse e LSE non ha un’importanza prettamente economico-finanziaria, ma anche politica: infatti, avviene in prossimità del referendum inglese che pone la delicata questione sull’uscita o meno del Regno Unito dall’Unione Europea. Di conseguenza, l’accordo di fusione è una chiara risposta negativa da parte dell’economia al Brexit, che trova riscontro anche nei mercati finanziari, dal momento che il valore azionario delle due società è salito di molti punti percentuali. D’altro canto, il governo Cameron è fortemente criticato, in quanto considerato incapace di prendere una decisione politica netta sull’argomento, dimostrando di essere il primo a non essere convinto dell’uscita della Gran Bretagna dall’UE.


Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16.

MSOI the Post • 19


20 • MSOI the Post


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.