PSIC OLOGIA D ELL A MUSI C A
EMOZIONI A DISTANZA In piena pandemia, maggio 2020, un seminario sulla Psicologia della Musica nell’ambito del corso di Musicoterapia, realizzato online per necessità, riscontra un boom di partecipanti. Oltre 120, inchiodati per un mese il sabato davanti al video per diverse ore, provenienti dai più disparati luoghi, da università e altri conservatori, per ascoltare Gianni Nuti, docente oltre che al Conservatorio Casella, presso l’Università della Val d’Aosta. Due studentesse, entusiaste dell’esperienza, progettano di intervistare il professore nell’ambito delle attività connesse al corso di Tecniche della Comunicazione. Da qui la conversazione che segue.
di Dajana Barbonetti e Antonella Marino*
G
razie Maestro per aver accettato il nostro invito a condividere con noi questo momento di riflessione che, oltre ad essere tale, realizza un progetto che nasce nell’ambito del corso di Tecniche della Comunicazione, corso attivo da tanti anni nell’ambito dei percorsi accademici del biennio del conservatorio che oltre a sviluppare importanti momenti di riflessione funge anche da vetrina comunicativa ai tanti progetti e eventi che si svolgono all’ interno del conservatorio, dandone ampio spazio conoscitivo tramite la rivista Musica+, curata in prima persona dalla docente del corso Carla Di Lena. In questo periodo particolarmente delicato che stiamo vivendo e che abbiamo vissuto, che ci ha visto costretti a reinventare in ogni ambito la ormai nota “didattica a distanza”, abbiamo voluto dedicare uno spazio nella rivista al seminario molto
bello e interessante sulla psicologia della musica dai lei svolto. Iniziato in piena pandemia, maggio 2020, si è rivelato di grande successo sia per la possibilità limite di sperimentare modalità di comunicazione a distanza, sia per la partecipazione delle tante persone e quindi dei tanti feedback ricevuti. Quali sono state le motivazioni, considerando soprattutto il suo percorso da concertista, che lo hanno spinto ad approfondire l’ambito psicologico della musica? È stato un percorso consequenziale, nel senso che fin da bambino ho praticato la musica senza farmi troppe domande sui perché, e sul cosa stessi facendo; l’approccio al fare musica, era, a quei tempi di tipo molto artigianale; apprendevo direttamente dal fare, senza necessità di aprire spazi di rifles-
sione sul mio operato. Da adulto ho anche interrotto gli studi universitari per potermi dedicare completamente allo studio della musica e al concertismo, in un modo che definirei ‘totalizzantè. Ad un certo punto, però, mi resi conto che quella vita e quelle esperienze non erano sufficienti per soddisfare la mia curiosità e il mio bisogno di esplorare il mondo. Riprendendo gli studi universitari, per un gioco di incontri, ebbi la fortuna di collaborare con il massimo esperto mondiale di psicologia della musica, il prof Michel Imberty: questa esperienza di ricerca mi permise di conciliare le riflessioni sugli aspetti filosofici dell’uomo con quelli più strettamente musicali. Mi resi conto che il mio “essere musicale” poteva declinarsi anche in questa meravigliosa prospettiva.
* Studentesse del Corso di Tecniche della Comunicazione
105