ODISSEO n.01

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Neosnet è una testata registata dalla NeosGiornalisti, Fotografi, Operatori Culturali di Viaggio AssociazioneMilano N.1 2024

Odisseo N.1 2024

© Neosnet.it

Piazza Castello 9 - 20121 MILANO www.neosnet.it

Finito di stampare nel mese di maggio 2024

Direttore:

Luisa Espanet

Redazione:

Irene Cabiati, Enrica Simonetti, Pietro Tarallo, Sandra Tognarini

Progetto grafico e impaginazione:

Fabrizio Lava

Photoeditor:

Alessandro Zunino

A questo numero hanno collaborato:

Irene Cabiati, Maria R. D’Amico, Luca Guzzo, Marina Macrì, EdoPrando, Marcello Sanguineti, Gloria Vanni

Foto di copertina

Fabrizio Lava

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Editoriale

Ecco il primo numero di Odisseo. Anche se la sua prima apparizione è stata a febbraio, alla BIT. Forse qualcuno lo ricorda. In formato cartaceo e in una formula ibrida, oltre ai reportage con testi e fotografie, aveva varie pagine dedicate alla presentazione dei soci Neos. In sostanza era ed è l’annuario Neos, che si ritrova anche on line sul nostro sito e che caratterizza questo 2024.

Questo invece è il vero primo numero di una rivista trimestrale digitale, che nel primo numero del 2025 riprenderà la formula cartacea, inglobando anche l’annuario.

Perché Odisseo? Come dice il sottotitolo In viaggio con Neos, vogliamo ampliare i nostri orizzonti, o meglio i nostri lettori. Farli viaggiare con noi. Non più quindi solo news, interviste, recensioni di mostre e di libri che rimarranno comunque nel sito, come gli speciali, ma una serie di reportage a firma dei nostri soci.

Racconti di viaggi non per turisti, ma per viaggiatori. Per chi di un luogo, di un paese, di una città vuole trovare qualcosa di particolare. Posti che magari ha già visitato o addirittura in cui vive, ma vuole vederli con una diversa angolazione, che ci auguriamo i nostri autori, con le parole e le immagini, riescano a dare.

Certo ci saranno anche gli indirizzi utili e di servizio. Ma quello che vogliamo è incuriosirvi, intrigarvi, farvi sentire in quei luoghi e magari spingervi a preparare la valigia e partire.

Luisa Esapnet

Direttore Odisseo

Fabrizio Lava

Presidente Neos

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Nida, perla del Baltico

Scultura su quello di Joudkranté, villaggio a pochi chilometri da Nida. Nella pagina accanto, un’interessante escursione invernale sulla laguna ghiacciata, al seguito dei pescatori.

Una striscia di terra lunga novanta chilometri: da una parte il mar Baltico, dall’altra una laguna. In mezzo, a separare le due acque, boschi e dune di sabbia alte decine di metri.

I lituani la chiamano Neringa, negli atlanti è indicata come penisola Curlandese. Il nome deriva dalla popolazione dei Curi che la abitava nei primi secoli della nostra era.

Oggi la penisola è divisa a metà tra la Lituania e l’exclave russa di Kaliningrad, la vecchia Königsberg di Thomas Mann e di Kant, che qui nacque il 24 aprile 1724. Parco Nazionale lituano, dal 2000 fa parte dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO. Vi si entra dalla città di Klaipeda, importante porto lituano del Baltico, dopo aver superato un brevissimo tratto della laguna su traghetto: trasporta persone, automobili e comodi autobus di linea che portano fino a Nida, il capoluogo a pochi chilometri dal confine con la Russia di Kaliningrad.

Meraviglie di natura

Malgrado la penisola sia una frequentata meta turistica, specie in estate, l’ambiente naturale è molto ben protetto. Nei bo-

schi vivono volpi, alci, caprioli, che non è difficile vedere anche lungo i bordi della strada principale. Numerose le specie di uccelli, stanziali o di passo: aironi, aquile di mare, cormorani. Di questi ultimi, per gli appassionati di birdwatching, si può visitare una colonia di nidificazione attrezzata, con capanni di osservazione.

Facili e sicuri sentieri percorrono fitte pinete ricche di mirtilli, lamponi e, nella stagione, gustosi funghi. Sono boschi impiantati al principio dell’ottocento dal governo prussiano, quando la Lituania era

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parte della Prussia, per fermare l’avanzata delle dune di sabbia. Alcune, nel corso del tempo, avevano addirittura coperto piccoli villaggi di pescatori. Alte decine di metri, le dune sono la caratteristica più conosciuta e visibile della penisola. Di finissima sabbia portata dal vento, per la loro instabilità sono strutture delicatissime. Per preservarne integrità e bellezza si possono percorrere solo lungo sentieri segnalati e attrezzati. Una delle più belle è quella di Parnidis, alta una sessantina di metri, che svetta su Nida.

Si raggiunge percorrendo un sentiero, prima lungo la spiaggia costellata da installazioni artistiche, poi inerpicato a raggiungere la sommità. Qui ci accoglie una grande meridiana, con uno gnomone di circa quattordici metri e uno splendido panorama che abbraccia da una parte il Baltico e dall’altra la Laguna.

Appuntamenti imperdibili

Appena sbarcati dal traghetto, primo appuntamento il Museo del Mare di Smiltynė. Sono poche centinaia di metri per una strada con un’ antica abitazione rurale e battelli storici della marineria lituana. Poi l’attualissimo acquario, in una costruzione militare dell’ottocento.

Allestito secondo i più recenti criteri, nelle vasche, grandi e piccole ospita pesci

e habitat sottomarini della penisola e del Baltico e dei mari del mondo. Compreso un delfinario, con piscina dove si esibiscono i mammiferi e una raccolta di conchiglie di tutto il mondo. Lungo la strada per Nida, a Juodkranté, c’è la Collina delle Streghe. Un facile sentiero nel bosco con grandi statue di legno, caratteristiche dell’arte tradizionale lituana. Raffigurano figure mitiche di antiche leggende. Arrivati nel capoluogo, da non perdere la visita ai piccoli musei, allestiti secondo aggiornati concetti museali. Il primo, per conoscere meglio la storia del luogo, è il Museo etnografico dei Pescatori. La pesca, infatti, era nei secoli passati la principale attività. All’interno ambientazioni riportano indietro nel tempo, con strumenti, mobili e suppellettili originali. Non mancano fotografie scattate nell’ottocento. Interessante anche il Museo dell’ambra, preziosa resina fossile, merce di scambio fin dai tempi più antichi, che si raccoglie sulle spiagge baltiche. Formazione, storia, metodi di raccolta e lavorazione, utilizzo: tutto spiegato con diorami, video, oggetti e reperti caratteristici.

Sempre a Nida c’è lo chalet di Thomas Mann, innamorato del luogo, con uno scorcio che gli ricordava un “paesaggio italiano”. Lo fece costruire nel 1929 se-

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Veduta sul Baltico dall’alto della duna di Parnidis. Pagina successiva:Una delle sculture che costellano il sentiero verso la sommità della duna.

Dall’alto in senso orario, pesci affumicati, prelibato piatto della laguna. Algirdas Marcius, famoso artista lituano nel suo laboratorio di Nida. Cormorano della numerosa colonia che abita l’isola. Ciotolo di ambra con insetti inclusi.

Nella pagina accanto, la ricostruzione della caratteristica barca dei pescatori della laguna, utilizzata per escursioni turistiche.

condo la tipica architettura del posto.

Oggi è un museo che ricorda con oggetti e fotografie lo scrittore, che qui passò alcune estati. Nei pressi di Nida vale una visita la Art Colony, complesso costruito

per ospitare mostre, esposizioni, incontri culturali di vario genere. Non mancano spazi abitativi per gli artisti che desiderano soggiornare.

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Dove

dormire

Nida

• Hotel Nerija (Neringa), Pamario st. 3

• Hotel Juratė, Pamario st. 3

• Villa Inkaro Kaimas, Naglių st. 26 (appartamenti)

• Villa Poilsis Nidoje, Naglių st. 11

• Hotel Nidos Banga, Skruzdynės st 2

• Villa Miško Namas, Pamario st. 11 (appartamenti)

• Valley Cottage, Skruzdynės st. 1 (appartamenti)

• Nidos Gaiva, Kuverto st. 8-1 (appartamenti)

Juodkranté

• Hotel Juodasis Kalnas, Ievos Kalno st 22, Pervalka

• Nostalgija, Pervalkos st. 35 (appartamenti)

Preila

• Nidos-Smyltinės st. 27-9 (appartamenti)

Dove mangiare

Nida

• Tik Pas Joną (Pesce affumicato sul momento)

• Fisheria (Specialità pesce)

• Gardumėlis (forno e Pasticceria)

• Nidos Kuršis

• Nerija (nell’omonimo hotel, aperto a tutti)

• Juodkranté

• Pas Joną (Pesce affumicato)

• Žuvelė (Pesce fresco)

• Pervalka

• Karšio Uodega (Cucina locale, pesce)

Preila

• Lyra ( Cucina locale, pesce)

Nella pagina accanto, interno della moderna chiesa di Nida.

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Nel cuore proibito del Karakorum

di Marcello Sanguineti

In questa pagina

‘’7000’’ alla testata del Ghiacciaio Kondus (foto M. Giordani)

Dalla vetta del Fiost Brakk, lo sguardo precipita sul Ghiacciaio Marta per arrivare, seguendo il Ghiacciaio Kondus, fino alle Montagne Saltoro (foto M. Sanguineti)

Esplorazione e scalate nel terzo polo glaciale della Terra, attraverso cambiamenti climatici e guerre.

“TransLimes: Esplorazione, Alpinismo, Ricerca” è il progetto che ho ideato per coniugare l’esplorazione e l’alpinismo nelle aree montuose più remote in zone di confine, con la ricerca scientifica in quelle stesse aree. Dedicata questa alla tutela dell’ambiente, all’analisi della diffusione delle sostanze inquinanti e all’impatto delle attività antropiche sugli ecosistemi più fragili. TransLimes vuol dire “al di là del limes”, cioè oltre confini e frontiere, per oltrepassare il conosciuto e raggiungere ciò che non lo è ancora. Una linea di cresta può essere vista come una barriera fra due versanti oppure come il loro punto d’incontro. Una sottile differenza, metafora del limes fra pace e guerra, incontro e scontro, comunicazione e isolamento. Conoscere un limes è il primo passo per abbatterlo. L’alpinista va alla ricerca di vette e creste risalendo valli, incontrando culture e scalando pareti. Chi meglio di lui ha la capacità di raggiungere e mostrare i confini di alta quota? L’alpinismo esplorativo può diventare un messaggio per trasformare i limes culturali,

politici e religiosi in altrettanti punti d’ incontro.

Karakorum pakistano: Alpinismo ed esplorazione

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Nella pagina precedente Ghiacciaio Kondus verso nord e Sherpi Kangri (7.380m) (foto M. Giordani)

Nella cartina

Il contesto politico attuale. AGPL=”Actual Ground Position Line” (“linea dell’effettiva posizione sul terreno”), concordata fra Pakistan e India - sebbene non riconosciuta come un vero e proprio confine internazionale.

Nella pagina successiva Battendo traccia verso l’attacco dei tiri su ghiaccio verticale della via ‘’Amman in Kashmir’’ (foto M. Sanguineti)

Il Karakorum è un gruppo montuoso situato a nord-ovest dell᾽Himalaya, da cui lo divide la fossa del fiume Indo. Chiamato anche “terzo polo”, è la zona del mondo maggiormente ricoperta da ghiacciai, dopo le calotte polari. Il glacialismo del Karakorum, con le sue peculiarità, è un elemento chiave per lo studio degli effetti del cambiamento climatico. Attorno al Karakorum vivono popoli di etnie e culture diverse: Balti, Hunzakut, Kirghisi, Wakhi. I numerosi massicci quasi inesplorati offrono obiettivi alpinistici estremamente interessanti. Una meta ideale per il progetto TransLimes!

Luglio 2017: parto insieme a Kate e Tom Ballard, Gian Luca Cavalli, Cuan Cuetzee, Michele Focchi e Pierluigi Martini per le alte valli Kondus-Kaberi, nella regione pakistana del Gilgit-Baltistan, al confine con l’India. Le attività esplorative e alpinistiche sono rese complesse dalla distesa di vette e ghiacciai nel mezzo del conflitto del Kashmir, che dal 1947 contrappone Pakistan, India e, in parte minore, Cina. I ghiacciai alimentano grandi fiumi, fra cui l’Indo, e sono una risorsa strategica che fornisce acqua per usi civili, industriali e agricoli. Sul ghiacciaio

Siachen, conteso fra Pakistan e India, si combatte oltre i 6000 metri di quota: il campo di battaglia più alto della Storia.

Dopo anni di tentativi, grazie ad alcuni contatti in Pakistan, a fine 2016 riusciamo finalmente a ottenere per l’estate 2017 un lasciapassare dal governo pakistano. Le alte valli Kondus e Kaberi rappresentano la via d’accesso dal Gilgit-Baltistan alle Montagne Saltoro, dove alcuni passi ad altissima quota portano proprio al ghiacciaio Siachen. Per questo, l’area è quasi sempre interdetta: prima del 2017 era stata aperta solo a tre spedizioni (tedesca nel 1964, giapponese nel 1979 e americana nel 2001) e, dopo il 2017, solo a un’altra, nel 2019. L’area è militarizzata e abbiamo effettuato l’avvicinamento con una scorta armata; avere un buon “contatto locale” è indispensabile per superare i numerosi posti di blocco. Lungo il tormentato percorso in jeep che in due-tre giorni porta da Skardu a Karmanding, la porta d’ingresso alle valli Kondus-Kaberi, ne abbiamo dovuti oltrepassare ben sette, spesso sotto il controllo di Kalashnikov AK-47 e mitragliatori MG. Dapprima si seguono le sponde dell’Indo, poi quelle del fiume

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Saltoro; superato il villaggio di Tagas, invece di proseguire per Hushe si imbocca una traccia militare il cui accesso è quasi sempre interdetto. Da qui in poi avere i contatti giusti e un mezzo fuoristrada efficiente fa la differenza.

Abbiamo esplorato massicci sconosciuti e realizzato salite alpinistiche su montagne mai scalate. Una delle vie che ho aperto con Gian Luca e Michele ha ricevuto la nomination ai Piolets d’Or, il massimo riconoscimento alpinistico a livello mondiale.

E poi la mostra

Il progetto TransLimes prevede un’attività divulgativa, sia subito dopo ciascuna spedizione, sia negli anni successivi. Così dal 23 dicembre 2023 al 29 febbraio 2024 le sale barocche di Palazzo Rocca a Chiavari (Genova) hanno ospitato la mostra “Karakorum”, che ho allestito per illustrare esplorazione, alpinismo, conflitti in alta quota nell’ambito della guerra del

Kashmir e ricadute del cambiamento climatico sugli apparati glaciali. Ho dedicato una parte sostanziale della mostra a immagini della spedizione del 2017, all’esposizione della tenda usata al Campo Alto e al materiale alpinistico utilizzato per le salite. Altre sale ospitavano immagini storiche, messe a disposizione da Dieter Hilliges, relative alla spedizione tedesca del 1964 - la prima a operare nell’alta Valle Kondus. In sala video veniva proposto il filmato “Karakorum 2017”, mentre su un altro schermo i trailer del progetto “Sulle Tracce dei Ghiacciai” di Fabiano Ventura, il fondatore di MacroMicro, associazione nata con l’obiettivo di divulgare le tematiche ambientali. Claudio Smiraglia, membro del Comitato Glaciologico Italiano e già Professore Ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Università di Milano, mi ha fornito documentazione relativa all’evoluzione degli apparati glaciali. Infine, attraverso le immagini di Harish Kapadia - autore e redattore dell’Himala-

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Nella pagina a fianco La vertiginosa e tormentata parete nord del Link Sar (7041m) (foto M. Giordani) Portatori sulla morena del Ghiacciaio Kondus (foto M. Sanguineti) Portatore sul Ghiacciaio Baltoro (foto S. De Leo)

La situazione sul campo. È evidenziata l’area interessata dalla spedizione.

Il plateau di Teran Shehr sul Ghiacciaio Siachen. Sullo sfondo gli Apsarasas Peaks, che culminano nell’Apsarasas Kangri I (7,245m), una delle più alte montagne del mondo non ancora scalate (foto H. Kapadia)

yan Journal, uno dei pochi che è riuscito a fotografare il “campo di battaglia più alto della Storia” presidiato dai militari indiani – ho documentato il conflitto del Siachen.

Nel contesto della mostra, che ha registrato un’affluenza di pubblico oltre ogni aspettativa, ho organizzato una serie di eventi (dibattiti con il pubblico, filmati, visite guidate di scolaresche delle Scuole Medie, presentazioni per studenti delle Scuole Superiori, incontri con giornalisti,

servizi su quotidiani e tv) che hanno consentito una divulgazione particolarmente efficace.

Oltre a mie scatti, la mostra ha ospitato immagini di Gian Luca Cavalli, Doug Chabot, Sergio De Leo, Michele Focchi, Maurizio Giordani, Dieter Hilliges, Harish Kapadia, Daniele Nardi, Steve Swenson e Fabiano Ventura e foto storiche di Vittorio Sella, messe a disposizione dalla Fondazione Sella.

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Peter Lipp sul Ghiacciaio Kondus (foto arch. D. Hilliges)
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L’area in cui ha operato la spedizione del 2017, con i campi allestiti
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Da consultare

M. Sanguineti: report della spedizione 2017.American Alpine Journal 2018, pp. 285-287.

D. Nardi e M. Sanguineti: “Saltoro Range” Stile Alpino 37, pp. 4-27.

M. Sanguineti: “Translimes 2017 - Esplorazione alpinistica in Karakorum”. Annuario del Club Alpino Accademico Italiano, vol. 2017 pp. 106-123

Karakoram Orographical Sketch Map 1:250.000– Sheet 2. Swiss Foundation for AlpineResearch. Zurigo, 1990.

Karakoram Maps 1:200.000 – Sheet 3. Leomann Maps, Additional 2009.

Logistica:

Ali Muhammad Saltoro: adventureguide.com/pk

La mostra e gli eventi connessi sono stati organizzati con il patrocinio e il supporto del Chiavari e, in particolare, dell’Assessorato alla Cultura con l’Assessore Silvia Stanig.

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Militari sul Ghiacciaio Sia La. Hawk Peak sullo sfondo (foto H. Kapadia)

Distese di sabbia fra Cile e Bolivia

Gloria Vanni, fotografie dell’autore

Nella pagina accanto, il Tatio, la terza area geotermica più estesa al mondo (Cile). Sotto, due vigogne.

«Ho sempre amato il deserto. Ti siedi su una duna di sabbia. Non vedi niente. Non senti niente. E tuttavia qualcosa brilla in silenzio» scrive Antoine de Saint-Exupéry. Al fascino del deserto sfuggono in pochi.

E io non faccio eccezione. Perciò, la prima tappa del mio viaggio in Cile è il deserto di Atacama e la più grande distesa salata della Terra, ovvero il Salar de Uyuni in Bolivia che raggiungo in bus. Sette giorni da sola, ai primi di febbraio. Viaggio per un mese con solo bagaglio a mano. Sono partita con aerei, alberghi, escursioni già prenotati. I bus sono puntuali, il viaggio per la Bolivia dura 9 ore con una lunga sosta per controlli frontalieri. Il tratto di strada cileno è asfaltato, quello boliviano è di sabbia. Il paesaggio è arido, le montagne hanno forme sinuose e sono prive di vegetazione.

Arrivo a Uyuni, a 3.660 metri sul livello del mare, in primo pomeriggio e quando scendo dal bus sento che il mio corpo soffre la carenza di ossigeno: mal di testa, nausea, spossatezza. Ho con me il farmaco contro il mal di

montagna. Prendo una pastiglia e dormo fino alle 5 del mattino dopo. Mi sveglio e non vedo l’ora di camminare sui 10.582 km² che a febbraio sono coperti da un sottile strato di acqua. È un paesaggio di un candore che confonde e disorienta. Per questo nessuno qui si avventura da solo e si appoggia a

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tour organizzati in auto 4x4. Partiamo verso mezzogiorno. Il cimitero di treni è la prima tappa, poi c’è Colchani, villaggio con bancarelle artigianali. Samuel, autista e guida, allestisce pranzo e aperitivo al tramonto. In mezzo ci sono passeggiate in zone aride dove il sale disegna mutevoli forme geometriche, la sosta all’ex Hotel de Sal, oggi museo, e la visita alle statue di sale a cielo aperto. Cammino con gli stivali di gomma e immagino di essere a piedi nudi: mi sento piccola e felice nell’immensità del mondo. Il bus mi riporta a Calama e da qui fino a San Pedro de Atacama, distante un centinaio di chilometri. La cittadina a 2.450 metri di altitudine è circondata da vulcani come il Licancabur (5.920 metri) che si specchia nella Laguna Verde, montagna sacra per gli Inca del XIX secolo. San Pedro è sabbia e ancora sabbia. La strada principale, Caracoles, è piena di agenzie, ristoranti, bistrot, negozi. Mi accoglie avvolta da un tramonto incandescente. È una meta turistica con gente di ogni età e nazionalità. Vive soprattutto la sera perché di giorno si va in escursione.

Tra le varie gite nel deserto di Atacama, ne ho scelte tre, tutte imperdibili. La prima è alla Valle della Luna: è l’unica che si effettua in pomeriggio, si parte alle 14.30 e dura 5 ore, prevede un trekking facile di 30/40 minuti, tramonto e aperitivo. È uno degli assaggi più spettacolari del deserto, con enormi dune di sabbia che lasciano il passo

Nelle pagine precedenti, tramonto al Salar de Uyuni (Bolivia). In basso, un geyser al Tatio Nella pagina a fianco, acque turchesi, roccia ocra e steppa

Nelle pagine successive l’immensa distesa salata del Salar de Uyuni e le “montagne” di sale. gialla alle lagune Miscanti e Miñiques.

a guglie, creste e canyon creati da vento e acqua in milioni di anni. La seconda è alle lagune Miscanti e Miñiques, a 4.100 metri di altitudine, partenza alle 6.30. Cammino verso le acque turchesi che contrastano con rocce color ocra e steppa coperta di erba gialla. Ammiro un branco di eleganti vigogne, camelide selvatico famoso per la sua preziosa lana. L’ultima escursione è al Tatio, la terza area geotermica più estesa al mondo. Si parte alle 4.30 per arrivare ai geyser in un paio d’ore: l’alba tra le fumarole è uno spettacolo unico. Ci si veste a cipolla perché fa freddo. È l’inizio di un altro giorno dove godrò delle infinite meraviglie della natura. Un pezzo di me è rimasto là, tra sabbia, pietre e vento, di fronte a una delle albe più emozionanti della mia vita.

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Informazioni utili

Quando andare

Il deserto di Atacama e il Salar de Uyuni sono caratterizzati da un clima tra i più aridi e secchi del mondo e si possono visitare tutto l’anno. Durante la stagione delle piogge - da dicembre a aprileUyuni è un enorme specchio che riflette il cielo; da maggio a novembre, nella stagione secca, è possibile arrivare anche alle Lagune e alle montagne Andine.

• Bus Cile-Bolivia

• Trans Salvador Bus, trans-salvador. com

Nella

Dove dormire

• Hotel Jardines de Uyuni, Uyuni, jardinesdeuyuni.com

• Casa Lickana B&B, San Pedro de Atacama, casalickana.com

• Hotel Don Raul, San Pedro de Atacama, donraul.cl

Dove mangiare

• Adobe, Caracoles 211, San Pedro de Atacama, cafeadobe.cl

• La Casona Restaurant, Caracoles 195 A, San • Pedro de Atacama, lacasonarestaurant.cl

• Delicias de Carmen, Calle Calama 370-B.

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Sopra, a sinistra, una giovane cilena; a destra, interni della chiesa di San Pedro de Atacama. pagina a fianco, il cielo al tramonto a Caracole, la strada principale di San Pedro de Atacama.

La forza delle Sheroes s’incontra ad Agra

di Luca Guzzo, fotografie dell’autore

Nella pagina accanto, Dolly, una delle quattro ragazze di turno il giorno della visita. In basso una panoramica del locale e il piccolo angolo di vendita gadget.

Bisogna affidarsi alla storia contemporanea dell’India ed essere preparati a vivere un’esperienza del tutto particolare per andare a visitare il piccolo Hangout Café.

Nessun viaggiatore di ritorno dall’India dirà “Sono stato ad Agra”, mentre di certo racconterà di aver visto il Taj Mahal, una delle nuove sette meraviglie del mondo, mausoleo costruito nel 1632 dall’imperatore moghul Shāh Jahān, in memoria dell’amatissima moglie Arjumand Banu Begum.

Ad Agra infatti, città di oltre due milioni di abitanti, il turista medio viene per ammirare il Taj, o al massimo per visitare la imponente fortezza in arenaria rossa di quando era capitale dell’impero Moghul, dal XVI al XVII secolo.

Nei primi anni 2000 una bambina indiana di nome Rupa si svegliò una notte in preda a forti dolori al volto. La sua faccia era cosparsa di acido. Corse in cucina per sciacquarsi, ma l’acqua era stata chiusa dalla matrigna che la odiava, era troppo bella e con tanti gioielli ereditati dalla vera madre. Il padre non la difese. In India purtroppo c’è questa abitudine.

Ancora oggi. Le cause sono tante, come il rifiuto a una relazione o alla decisione (quasi sempre della famiglia) di matrimo-

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nio con un cugino. In molti casi può essere la famiglia stessa a compiere il terribile gesto perché la figlia non è all’altezza delle aspettative promesse al marito prima del matrimonio, compiendo quindi una sorta di “riparazione”.

Ma in moltissimi casi sono gli uomini che attaccano le vittime con l’acido, anche ripetutamente, soprattutto in giovane età (17-20 anni). La vita delle vittime diventa un delirio tra dolore fisico e psicologico che attraversa fasi difficili, dopo indicibili dolori e settimane o mesi di ansia depressiva. Fino al pensiero di suicidio per il torto subito, senza nessun supporto famigliare, che rende praticamente impossibile il reintegro sociale.

Secondo il National Crime Records Bureau (NCRB) dell’India, tra il 2014 e il 2018 ci sono state quasi 1.600 vittime di attacchi con l’acido, almeno uno al giorno e solo recentemente, al fine di scoraggiare questi crimini, il Governo ha emanato leggi repressive, regolamentando gli acquisti di acido. Il codice penale indiano prevede per gli autori del reato, condanne con un minimo di dieci anni di reclusione fino all’ergastolo, con multe molto elevate, ma nonostante ciò, il tasso di condanne è bassissimo.

Grazie alla tenacia di alcune di queste sopravvissute e all’aiuto di alcuni amici, nel

2013 è stata avviata una campagna Stop Acid Attacks volta a creare consapevolezza e a chiedere leggi più rigorose per punire i responsabili. Alla fine del 2014 è nato l’ Hangout Café, un bar ristorante gestito a turno da queste coraggiose vittime. Nel locale le donne hanno la possibilità di incontrarsi, conoscersi e condividere le esperienze comuni, ma anche e soprattutto sono disponibili a raccontare e a divulgare lo strazio di cui sono state vittime a tutti coloro che desiderano prendere un caffè o mangiare ottimi piatti a offerta libera. Ascoltando le loro storie e apprezzando il loro coraggio.

Questa attività non offre loro solo un semplice impiego, ma infonde competenze diverse e la fiducia necessaria per affrontare la vita di tutti i giorni, senza vergogna. Il locale dispone di una biblioteca e di una bella sezione con vendita di manufatti, molti realizzati dalle vittime stesse. Parlare con queste donne è stata un’esperienza indimenticabile.

Vincere la vergogna, abbracciarle e accarezzarle, vedendo il loro volto illuminarsi in uno splendido sorriso, il dono più grande ricevuto. E con esso la loro richiesta di divulgare lo strazio subito, di parlare al mondo e riscattare così la dignità di persone libere di decidere e vivere. Da cui il nome: She+Heroes=Sheroes

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Nella pagina accanto Dolly che si è prestata a fare da vera e propria modella. I

A destra Rukaya e nelle due foto piccole, la prima è Madhu e la seconda è Nagma. Nelle foto sotto un particolare della piccola libreria e del murales dove sono indicati i nomi delle prime fondatrici, a cominciare da Rupa.

Informazioni utili

• Hangout Café

Plot No 4, Anupam Shaurya Vihar, Bamrauli Rd, opp. W Resort, Nainana Jat, Rohta, Uttar Pradesh 282009, India

• Instagram: sheroes_hangout

Pagina successiva: Il libro dei visitatori, con firme e commenti da tutto il mondo.

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Architetture di acqua e di luce

di Irene Cabiati, archivi vari

Stambecchi sul muro della Diga del Cingino

Laghi, cascate, orridi e fonti termali. Il canto dell’acqua accompagna il viaggio nelle valli dell’Ossola tra altitudini spettacolari, incursioni nel ventre della terra e visite alle centrali idroelettriche.

Uno degli itinerari più facili si sviluppa in Valle Anzasca. Parte dal villaggio walser di Macugnaga e porta a Quarazza, dove si incrocia la mulattiera del Tour del Monte Rosa. Inevitabilmente si arriva al Lago delle Fate vicino al quale si trovano i resti di Crocette, nota come Città Morta.

È una tappa del Sentiero dei Minatori che porta alla Miniera d’oro della Guia dove nel 1948 si stabilì il record di 580 chili d’oro puro estratto da tonnellate di minerale grezzo.

Stambecchi in verticale

L’oro è anche in Valle Antrona dove si può visitare la Miniera d’oro del Taglione. Nella stessa valle si va a passeggiare intorno al lago di Antrona, creato dalla caduta di una frana che nel 1642 seppellì villaggi e persone. L’itinerario s’ inoltra su una passerella sospesa che passa sotto la cascata del rio Sajont.

Da non perdere la parete alta circa 50 metri della diga del Lago del Cingino, dove capita di ammirare stambecchi che si esercitano in mirabolanti arrampicate alla ricerca di salnitro da leccare.

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Foto di Claudio Bedin

La Cascata del Toce in Val FormazzaFoto di Marco Benedetto Cerini

La cascata spumeggiante

Lo spettacolo è una delle tante magie del territorio fra cui primeggia la Cascata del Toce, in Alta Val Formazza. Alta 143 metri, spande le sue acque spumose sulle rocce sottostanti. Di qui parte una delle Vie Storiche di Montagna (10,93 km percorribili anche in mtb, ciaspole e sci d’alpinismo). Diretta al Passo San Giacomo (2313 m), si sviluppa tra gli alpeggi in un «capolavoro di pendenze ridotte e tornanti dalle linee perfette» verso la diga del lago di Toggia. Fino al confine con la Val Bedretto (Svizzera) dove, negli anni Trenta, furono costruite postazioni militari

Nel susseguirsi dei passi è bene soffermarsi a considerare che l’acqua in tutte le sue espressioni, compresi gli stabilimenti termali, è stata motore di sviluppo nelle Valli dell’Ossola, al centro di vicende umane belle e terribili, interpretate anche da pastori, boscaioli, minatori, braccianti. Senza dimenticare coloro che presero parte a grandi imprese ingegneristiche come le dighe e le centrali idroelettriche.

Eleganza elettrica

Il racconto dell’acqua ossolanana si conclude con le visite guidate ad alcune

centrali idroelettriche di Enel Green Power. Il funzionamento è semplice: come i vecchi mulini, le turbine degli impianti e l’alternatore trasformano la caduta dell’acqua in energia. L’acqua proviene quasi sempre da bacini delimitati da dighe che ne regolano il flusso.

Sono graziose palazzine dall’ architettura elegante, costruite fra il 1912 e 1929 dagli architetti Piero Portaluppi e Luigi Bisi.

Si entra in una dimensione quasi surreale. Nelle fabbriche della luce accadono magie e rimarrete a bocca aperta passando nei pressi della Centrale «Carlo Feltrinelli» a Cadarese avvolta da una spettacolare sequenza di led e laser multicolor. Sembra di entrare in una dimora signorile nella Centrale di Verampio con le sue torri, il campanile e il giardino che la circonda. La torre dell’impianto Crevola Toce è a forma di pagoda e gli ambienti sono abbelliti da intarsi in marmo, serizo e pietra. La centrale di Rovesca è in stile Liberty e Decò con alcuni soffitti a cassettoni, eleganti decori ai muri e lampadari in ferro battuto nella sala macchine.

Visite guidate

Come spiega Daniele Piazza, direttore dell’Ente Gestione Aree Protette

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La torre della centrale di Crevola Toce (Val d’Ossola) progettata da Piero Portaluppi nel 1923

dell’Ossola (EGAPO), le centrali fanno parte di un sistema capillare (composto da bacini di raccolta, dighe, canali) integrato con il paesaggio che ormai appartiene alla storia e alla cultura locale. «La visita agli impianti - assicura - è un’esperienza unica anche per il ruolo delle nostre Guide: hanno competenze differenti di tipo geologico, ingegneristico, umanistico e una formazione in ambito naturalistico. Ciascuno trasmette anche un vissuto personale che rende ogni incontro con il pubblico un’esperienza unica».

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Nella pagina precedente

La Piana di Riale in Alta Val Formazza - Passo San Giacomo

Foto di Orietta Motetta

a lato:

Trasporto di una valvola lungo la condotta della centrale di Crego (1916) dal libro “Centomila cavalli per Milano” di A. Cannata

Interno della centrale di Rovesca, a destra, la copertina del libro di Andrea Cannata, In basso: suggestioni luminose alla centrale di Cadarese - Foto Daniele Chiariello

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Informazioni utili

• Mappe e dettagli degli itinerari nella sezione E-books di: distrettolaghi.it/it/esplora/valli-dellossola

• Per visite alle centrali: tel.0324 72572 www.areeprotetteossola.it comunicazione@areeprotetteossola.it

Libri da leggere

“Novara e i laghi”

La guida di Rosalba Graglia (MorelliniFeltrinelli) è un inevitabile invito come preludio alle bellezze della Valdossola. Si può seguire lo spunto di eventi e sagre anche per conoscere le specialità gastronomiche. O scegliere fra gli itinerari proposti a Novara e oltre, seguendo le impronte dell’Antonelli, l’architetto della Mole. Ma anche esplorare il Parco del Ticino o perdere l’orizzonte nella pianura delle risaie. E poi i laghi: l’abbraccio del lago d’Orta sull’ isola di San Giulio, l’armonia di ville e giardini sulle isole Borromee, le sponde del lago Maggiore o la leggerezza di una passeggiata intorno al lago di Mergozzo a un passo dall’avventura ossolana.

“Centomila cavalli per Milano” Il volume di Andrea Cannata (Bellavite), corredato da 500 fotografie, racconta lo sviluppo dell’industria elettrica, la costruzione delle centrali idroelettriche dell’alta Ossola con il fondamentale contributo dell’architetto Piero Portaluppi e degli ingegneri Ettore Conti e Gaetano Ganassini. «Una storia collettiva di territorio, che non solo è stata capace di modellare un nuovo paesaggio, un nuovo tessuto sociale ma che è riuscita persino a plasmare il carattere degli uomini».

Le fotografie provengono dagli archivi Distretto Turistico dei Laghi; Enel e Enel Green Power; Ente Gestione Aree Protette dell’Ossola.

Sopra: Ciaspolata verso Riale. Sullo sfondo la diga di Morasco Foto di Marco Benedetto Cerini

A lato: le praterie d’alta quota della Val Toggia

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Berlino, buona visione

In alto, Il cast di Shambhala, film nepalese alla Berlinale.

Nella pagina accanto, Mercedes Benz Arena, uno spazio enorme per concerti, cinema, eventi sportivi, in continua evoluzione.

Il “cielo sopra Berlino” ultimamente cambia in continuazione.

Non è come nel famoso film di Wim Wenders del 1987, quando c’era ancora il Muro e tutto appariva in bianco e nero…

E il cielo, come il clima, era prevedibile: sempre grigio e pieno di rassegnazione. Adesso il tempo è variabile: al mattino pioggia, poi improvvisamente il vento forte che spazza via le nuvole e fa spazio all’arcobaleno, con il cielo blu cobalto, poi ancora grigio e il tramonto azzurro e arancione. Un grande spettacolo meteo che riflette la vitalità ritrovata di una città multietnica di quattro milioni di abitanti: Berlino, di nuovo capitale politica e sede del Bundestag della Germania riunificata. Ma anche capitale dell’arte, della musica, del teatro e del cinema, con le sue sale storiche, ristrutturate e futuribili che si trovano nei quartieri più interessanti. Un punto di partenza diverso, quello delle storiche e delle futuribili sale cinematografiche per soprire questa città e i suoi quartieri, in continua evoluzione.

Zoopalast, la storia: ieri, oggi, domani Lo Zoopalast si trova nel quartiere di

Charlottenburg a Berlino Ovest ed è famoso per aver ospitato nel 1927 la prima assoluta di Metropolis di Fritz Lang. Oggi, completamente ristrutturato, è un monumento storico che ricorda l’eleganza di quegli anni. Durante la Berlinale, il famoso festival del cinema che si tiene a febbraio, è tornato a essere il punto di riferimento dei cinephiles berlinesi d’avanguardia. E’ situato in un punto strategico. Vicino alla nuova stazione Zoo, che per fortuna non è più quella di Christiane F. Noi ragazzi dello Zoo di Berlino, e allo zoo con più di 350mila metri quadri tutti dedicati alle 16 mila specie di animali. Lo Zoopalast è anche a due passi dalla Gedachtnisskirche, la cattedrale che è stata gravemente danneggiata da un bombardamento nel 1943 e mai ricostruita, per non dimenticare. E’ anche vicinissimo alla Kurfurstendamm, la KuDamm, la strada di shopping più

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famosa di Berlino Ovest. Imperdibile nella zona, il KaDeWe, Kaufhaus des Westens il grande magazzino del lusso, fondato nel 1907 e sempre molto sofisticato. Siamo vicini a Schoneberg dove la comunità gay ama frequentare i caffè di Motzstrasse e le boutique intorno a Viktoria-Luise-Platz. Cinemaxx, il futuro è ancora Potsdamer Platz?

Al confine con il quartiere Mitte c’è Potsdamer Platz, quartiere progettato e ricostruito dopo la caduta del muro dall’architetto genovese Renzo Piano. Insieme alle sale futuribili di Cinemaxx, quaranta sale in tre cinema molto frequentate durante la Berlinale, chi vuole può salire anche sul Panoramapunkt, a 100 metri d’altezza per ammirare tutta Berlino dall’alto: la Porta di Brandeburgo, il Reichstag, la Cancelleria Federale, il Memoriale agli ebrei uccisi in Europa e la Chiesa della Commemorazione. Senza dimenticare il Checkpoint Charlie, il posto di blocco che collegava il settore sovietico di Mitte a Berlino Est, con il settore statunitense, Kreuzberg a Berlino Ovest. Vicino a Potsdamer Platz c’è il Sony Center, progettato da Helmut Jahn, considerato una delle più interessanti strutture d’arte contemporanea della città. Purtroppo, da due anni è chiuso per manutenzione e si può vedere solo dall’esterno. Forse troppo “avveniristico”, tutto il progetto Potsdamer Platz è da sempre molto criticato dai berlinesi, anche se la grande piazza è diventata

una tappa obbligatoria per i visitatori che la frequentano di giorno, ma anche di sera per ascoltare i Berliner Philarmoniker alla Philarmonie, un emblema della città.

Kino e poi Alexanderplatz

Dall’altra parte della città, Kino International, un tempo era il cinema più famoso di Berlino Est, il concorrente diretto dello Zoopalast di Berlino Ovest: è in stile Bauhaus con interni originali anni ‘60. L’atrio e il foyer sono bellissimi e dal leggendario Panorama Bar al secondo piano si gode una magnifica vista su Karl - Marx - Allee, un tempo il grande viale di Berlino Est che porta alla famosa Alexander Platz, con la Fernsehturm, la Torre della Televisione, alta 368 metri.

Continuando verso Friedrichshain, quartiere oggi molto di moda, si arriva alla coloratissima East Side Gallery, una sezione conservata del Muro di Berlino, decorata con i murales politici. Oltre all’atmosfera punk e artistica, qui si respira anche l’aria di Kreuzberg, il quartiere alternativo dove si trovano i locali techno, come il Berghain, il Funkhaus, zur wilden Renate, il Tresor ma anche le gallerie d’arte contemporanea, che aprono quando vogliono e i ristoranti etnici di ispirazione turca. Da fare un salto anche a Mercedes Benz Platz, per ammirare un grandissimo spazio dove accade di tutto. Dagli incontri di hockey su ghiaccio all’Arena, ai grandi concerti alla Verti music hall, alle proiezioni della Berlinale.

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Nelle pagine precedenti, le torri di Potsdamer Platz, e lo stand di Armani sponsor. In basso

Ill famoso Cafè Kalwil nell’elegante quartiere di Schoneberg,

Informazioni utili

A Berlino l’ora di punta comincia alle 2 pm e finisce alle 6 pm. I trasporti funzionano molto bene, la Ubahn e la Sbahn costano meno rispetto a Milano e anche Uber è decisamente conveniente.

Gli alberghi sono molti e si trova sempre posto, il sold out è rarissimo, per questo contrattando direttamente l’hotel si possono ottenere sconti vantaggiosi.

Le zone più gettonate sono: Berlin Mitte per essere connessi con tutta la città. Charlottenburg, dove intorno al Kudamm si trovano alcuni hotel storici, come il Kempinski da visitare anche solo per un tè. O il Provocateur Berlin, o l’elegante Sir Savigny.

Da non perdere a Schoeneberg, la pasticceria Kalwil, in Motzstrasse 10, con le torte più “lecker” di tutta Berlino. Friedrichshain è consigliata a chi ama i locali e i ristoranti per giovani.

Da scegliere con cura la specialità berlinese, il Currywurst. Si trova un po’ ovunque nei chioschi della città, è un wurstel buonissimo ma difficile da digerire, visto che è anche fritto.

Il migliore kebab si mangia da Mustafas Gemuse-kebap, un minuscolo chiosco a Mehringdamm, dove si fanno code anche di un’ora.

E’ importante portarsi dietro sempre i contanti perché i pagamenti sono diversificati. Alcuni ristoranti etnici e mini market accettano solo contanti, mentre alcuni locali bio vogliono solo pagamenti elettronici.

In alto, la porta e Il cielo di sera vicino al Berlinale Palast. Nella pagina accanto, i portici davanti a Dussmann, grande libreria in Friedrichstrasse, aperta fino a mezzanotte.

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LA NEOS

NEOS – Giornalisti Fotografi e Operatori Culturali di Viaggio Associati - è un’associazione italiana di giornalisti e fotogiornalisti di viaggi, fondata nel 1998, con sede a Milano. Il nome è un acronimo formato dalle iniziali dei quattro punti cardinali e simboleggia il lavoro dei soci NEOS, cioè viaggiare per il mondo e descriverlo con parole e immagini. I soci della NEOS lavorano per testate italiane e straniere.

NEOS promuove una distinzione netta fra promozione e informazione, quindi l’associazione non può accettare giornalisti coinvolti in attività di PR o che lavorano per uffici stampa. In questo annuario ogni socio ha una sua scheda professionale che trovate arricchita sul sito NEOS (www.neosnews.it), strumento imprescindibile per la conoscenza di NEOS, dei suoi soci e della sua attività. Il sito contiene anche un magazine con brevi report di viaggio, tutti realizzati dai soci.

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CARICHE SOCIALI 2023-2025

Presidente Fabrizio Lava, presidente@neosnet.it

Vicepresidente Luisa Espanet, l.espanet@gmail.com

Segretario Alessandro Zunino, info@alessandro-zunino.com

Consigliere

Enrica Simonetti, simonetti@gazzettamezzogiorno.it

Consigliere, Presidente Onorario: Pietro Tarallo, tarallo@libero.it

Probiviri

Angelo Tondini angelotondini7@gmail.com

Vittorio Giannella vittogiannella@gmail.com

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