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e alcune proposte per la fase giovanile
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
proponendo una condivisibile ricostruzione della sua ancora oscura fase giovanile, riferendovi alcune opere minori e la Croce di Bibbiena (cat. 7). A questa importante definizione, nata dalla necessità di chiarire il raggio d’azione di Niccolò nel contesto delle generazioni di pittori successive a Duccio nell’ambito della mostra senese dedicata al maestro nel 2003, hanno fatto eco le riflessioni di chi scrive e della studiosa olandese, con le proposte di ricomposizione e collocazione del polittico n. 38 e del complesso in parte già unificato da Coor, l’individuazione della cui sede originaria sull’altare maggiore della chiesa di San Maurizio a Siena si deve a Gabriele Fattorini35 . Le opinioni di Franci e Israëls, sostanzialmente coincidenti nell’assegnazione dei pezzi, divergono tuttavia sulla cronologia; la prima tende ad anticipare le opere più antiche all’inizio del terzo decennio, mentre la seconda scala molti pezzi verso il quinto. A mio avviso la corretta definizione cronologica di Niccolò si può individuare mediando tra questi due poli, in linea con una proposta già formulata da Coor. Questo aspetto merita del resto di essere approfondito, insieme a un’ulteriore revisione delle attribuzioni degli esordi, da leggersi anche in relazione alle figure e alle esperienze che hanno contribuito alla formazione del pittore.
3. La produzione di Niccolò di Segna, fra tradizione e nuovi stimoli (e alcune proposte per la fase giovanile)
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La revisione del catalogo di Niccolò, così come si è venuta definendo grazie agli ultimi contributi critici, ha permesso di riferire al suo nome un gruppo di opere nutrito e sostanzialmente organico, che si è cercato di precisare ulteriormente anche in rapporto alla produzione accostabile alla figura di Francesco di Segna – in particolare riconfermando a Niccolò la Madonna di Cortona e invece riferendo al fratello gli affreschi di Santa Colomba (cat. 8, 30) – e provando a chiarire la fase giovanile di Niccolò, che resta certamente più incerta rispetto a quella matura del corpus, la quale, ben definita, non ha richiesto importanti rettifiche, se non in relazione alle cronologie. Dopo quella che possiamo leggere come una sorta di dichiarazione di indipendenza del 1331, si può seguire un percorso coerente attraverso opere importanti come il polittico n. 38 (di cui si è cercato di precisare la ricostruzione: cat. 11), le Madonne col Bambino degli anni Trenta (cat. 14-15), il polittico di San Giovanni d’Asso (cat. 12) e quello di San Maurizio ricostruito da Coor e Israëls (cat. 16), fino alle prove dell’estrema maturità, rappresentata ormai tradizionalmente dal polittico della Resurrezione di Sansepolcro (cat. 22). Un percorso in cui la Croce n. 46 (cat. 18) si inserisce fluidamente alla luce delle istanze sperimentali che si colgono nella produzione di Niccolò, a dispetto di quanto altrimenti affermato, che egli cioè rappresenti un elemento conservatore dell’arte senese del suo tempo36. La critica più attenta ha invece saputo cogliere con facilità la presenza di elementi tratti anche dall’esempio di Simone Martini e dei fratelli Lorenzetti37, che si traducono nell’insieme del suo percorso in una pur moderata tendenza alla ricerca di varie linee figurative, smorzata dai limiti della sua portata artistica. L’insieme di questi elementi ha condotto Niccolò alla costituzione di un linguaggio proprio e riconoscibile nel corso dei circa tre decenni della sua attività. L’inconsistenza delle critiche negative circa la sua fiacca ripetitività è dimostrata dello stesso complesso di Sansepolcro, testimonianza piuttosto di un pittore ancora teso nello sforzo di raggiungere risultati qualitativi inattesi per una figura matura e professionalmente affermata. Un confronto tra questo polittico estremo e il n. 38, e in generale tra le opere del quarto e del quinto decennio, permette di apprezzare le continuità e le variazioni della produzione di Niccolò, corroborando
35 Matteuzzi 2008, pp. 321-330; Eadem, in La Galleria 2016, pp. 43-47, cat. 4. Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 500-504, cat. 80. Fattorini 2008a, pp. 177-178. 36 Brandi 1933, p. 223. 37 Ad esempio Coor Achenbach 1954-1955, p. 87.
1. Niccolò di Segna, San Benedetto (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 2. Niccolò di Segna, San Benedetto (dettaglio cat. 22), Sansepolcro, cattedrale di San Giovanni Evangelista
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le attribuzioni e sottolineando i debiti verso i maestri contemporanei, declinati con diversa intensità nel corso degli anni. Il San Benedetto di Sansepolcro (fig. 2) ha conservato l’impostazione strutturale dell’omologo della Pinacoteca di Siena (fig. 1) e alcuni elementi, come la posa delle mani a reggere il libro della Regola e la forma stessa della mano sinistra, confermano la comune paternità. Tuttavia il santo in cappa bianca camaldolese ha perso gran parte degli schematismi che caratterizzavano la figura senese, acquisendo un panneggio dall’andamento più naturale, sapientemente modulato nei passaggi luministici e privo peraltro dell’incongruo e arcaico ingombro del cappuccio. Sono però le fisionomie che segnano con più evidenza il cammino percorso da Niccolò verso una resa più realistica dei tratti, che perdono la tendenza all’allungamento, evidente anche nel volto dal naso fortemente verticalizzato, dando vita a un vecchio sensibile ed energico; la costruzione della zona oculare prevede ora che la marcata ombreggiatura dell’arcata sopraciliare dia intensità a occhi dalla forma a mandorla regolare segnati da una linea scura, che conservano comunque le caratteristiche rughe a ventaglio visibili sul San Benedetto più antico. Rispetto allo sguardo trasognato di quest’ultimo, sottolineato da tocchi di bianco sotto alla pupilla, il santo camaldolese ha un cipiglio più risentito e tuttavia non perde del tutto la blanda tipizzazione di