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30. Natività di Cristo con annuncio ai pastori e bagno del Bambino; Crocifissione
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
30. Francesco di Segna e aiuti Natività di Cristo con annuncio ai pastori e bagno del Bambino; Crocifissione
Santa Colomba (Monteriggioni), pieve dei Santi Pietro e Paolo Seconda metà del quarto decennio del XIV secolo
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Pittura a fresco Iscrizioni: “(IESUS) [NAZA]RENUS | REX | IUDEORUM”, sul cartiglio nella Crocifissione.
Due grandi riquadri affrescati terminanti a cuspide ribassata decorano la parete di fondo della pieve presso Santa Colomba a Monteriggioni1 (fig. 110). La Natività di Cristo a sinistra si presenta come una scena composita inserita in un paesaggio roccioso, addolcito da poche piante: la capanna della mangiatoia, presso cui stanno un corrucciato san Giuseppe e la Vergine semidistesa, è affiancata dalla scena dell’Annuncio ai pastori, a cui si collega il gregge sorvegliato da un cane; in basso due ancelle si apprestano a lavare il piccolo Gesù, tenuto in braccio dalla donna seduta mentre quella in ginocchio versa l’acqua nella bacinella; in alto sta un composto coro di angeli. A destra la più tradizionale scena della Crocifissione prevede la presenza del solo Cristo crocifisso al centro, circondato da angeli dolenti, mentre in basso si trovano da una parte un manipolo di soldati, tra cui si riconosce Longino, e dall’altra il gruppo delle donne che sostengono Maria svenuta, affiancate da san Giovanni Evangelista. Entrambi i riquadri sono delimitati da una fascia a decori geometrici, l’una intervallata da quadrilobi contenenti testine, l’altra, più semplice, interrotta da piccoli nodi a losanga e arricchita da quadrilobi con il pellicano al centro in alto e negli angoli i simboli del Tetramorfo (non si conserva il leone di san Marco). Al di sotto dei due riquadri è parzialmente conservata una decorazione a velario che simula una pelliccia di vaio; la misura del pannello della Natività è integrata tra la cornice inferiore e questo elemento da una serie di specchiature a finto marmo. In alto, in mezzo ai due riquadri, la testa della Madonna entro una mandorla decorata con gigli e sostenuta da numerosi angeli è quanto resta di un’Assunzione della Vergine, perduta a causa dell’apertura dell’arco della scarsella, che ha rovinato anche le parti esterne della Natività e della Crocifissione. Fa probabilmente parte di questa stessa campagna decorativa il paramento a finti mattoni visibile al di sopra dei due riquadri, ai lati dell’Assunzione. Gli affreschi furono recuperati sotto lo scialbo all’inizio del Novecento2 e grazie a un restauro realizzato nella seconda metà del secolo scorso sono stati ripuliti e risanati rispetto alle cattive condizioni testimoniate da alcune immagini fotografiche3, in cui sono evidenti le lacune che interessano in particolare la Natività nell’angolo in basso a destra, in quello opposto in alto e in corrispondenza della capanna e del volto di Maria. Su entrambi i lati in basso l’apertura di una porta ha causato la perdita di alcune parti e sulla Crocifissione è ben visibile la lacuna dovuta all’apposizione di una targa commemorativa riferibile alla fine del XIX secolo, ora rimossa. Sebbene le superfici dipinte siano un po’ impoverite, le due scene sono ben apprezzabili e la cromia originaria è sostanzialmente conservata. Al momento del loro ritrovamento, la Natività e la Crocifissione furono riferite a Niccolò di Segna da De Nicola4 , seguito da van Marle, Berenson e Brandi5. A lui aveva pensato in un primo momento anche Perkins (parallelamente a De Nicola), che in seguito si mostra più dubbioso, proponendo di interpretare i caratteri prossimi a questo artista, che denunciano il retaggio di Segna, quali espressione di una sua fase diversa da quella testimoniata dalla Croce n. 46, oppure come opera di un pittore differente ma vicino6. Solo Carli, mettendo le due scene in relazione con la Croce
1 Su tutte le pareti della chiesa restano frammenti di affreschi trecenteschi, riferibili a mani diverse. 2 Perkins 1933a, p. 53. 3 Fototeca Berenson, “Niccolò di Segna”, fasc. S 22.5; per la sola Crocifissione: Fototeca Zeri, n. 20099 (entro il 1950). 4 De Nicola 1912, p. 147. 5 Van Marle 1927, II, p. 158; Idem 1934, II, p. 152. Berenson 1932, p. 397; Idem 1936, p. 341. Brandi 1933, p. 224. 6 Perkins 1913, p. 36; Idem 1933b, pp. 53-54.
di Buonconvento e gli affreschi di San Polo in Rosso (Gaiole in Chianti), aveva escluso la possibilità che si trattasse di Niccolò7, prima che Padovani e Guiducci inserissero gli affreschi di Santa Colomba nel catalogo del Maestro della Croce di Buonconvento8. Al di là del confuso riferimento di Piero Torriti alternativamente a questo pittore e ancora a Niccolò9, la proposta delle due studiose risulta finora la più pertinente, se si tiene conto che il catalogo di questo anonimo va ampiamente ricondotto al nome di Francesco di Segna, al quale mi sembrano da riferire anche i due affreschi di Santa Colomba, sebbene non siano stati presi in considerazione da Bagnoli10 . Come già aveva notato Padovani, nel patetico Crocifisso di Santa Colomba si riconoscono le caratteristiche del volto del Cristo della Croce di Buonconvento, con cui ha in comune la deformazione dolorosa della bocca semiaperta – in questo caso sottolineata dalla dentatura a vista – e gli occhi socchiusi, allungati con linee nette e segnati da occhiaie che delimitano una zona d’ombra con l’arcata sopraciliare. I tratti del Crocifisso affrescato sono tuttavia meno secchi e la resa della capigliatura meno grafica e favoriscono il confronto con la Croce n. 20 IBS. Il perizoma a pieghe piatte di Santa Colomba sembra un’evoluzione di quello di Buonconvento ed è vicino in particolare al dettaglio della stessa Croce n. 20 IBS, mentre il lembo a sinistra somiglia a quelli delle vesti del Bambino nelle Madonne di Lucignano e Siena (n. 41). Si tratta in ogni caso di elementi che sconfessano l’accostamento a Niccolò di Segna, il cui Crocifisso della Pinacoteca di Siena (n. 46) ha una delicatezza di trapassi chiaroscurali e – nonostante sia una delle sue opere in questo senso meno significative – una morbidezza di linee sconosciuta al pur interessante omologo di Santa Colomba, al di là di alcune soluzioni di base analoghe (ad esempio l’impostazione dell’area oculare). L’aspetto articolato e sbilanciato del Cristo di Santa Colomba non ha nulla del corpo composto e molto verticale della versione di Niccolò e diverge peraltro anche dalle due Croci dello stesso Francesco, trovando però una chiara giustificazione nel modello prestigioso dell’affresco, che è una citazione puntuale della Crocifissione realizzata da Pietro Lorenzetti probabilmente entro il terzo decennio del Trecento nella sala capitolare del convento di San Francesco a Siena, ora staccata e trasferita in chiesa11. Oltre al vigoroso Cristo appeso alla croce lignea e col nimbo decorato con forme di punzoni, sono analoghi la composizione, i personaggi e la loro disposizione; in particolare appaiono sovrapponibili le figure del san Giovanni e dei soldati a destra, che rappresentano forse il brano migliore dell’intero mini-ciclo. Le fisionomie conservano in ogni caso le caratteristiche tipiche di Francesco e un evidente retaggio duccesco, percepibile anche nei volti degli angeli. Nel gruppo delle donne, dove la qualità è un po’ calante e la fedeltà al modello è sacrificata in nome del patetismo, la Vergine ha il tipico profilo ovale delle figure femminili della cappella Agazzari (si veda la regina sofferente), che ritroviamo nella scena della Natività. L’ancella che qui tiene in braccio il Bambino è sorella delle dame del seguito di Clotilde, in particolare di quella che siede accanto alla regina e di quella che porge il neonato a san Leonardo, ugualmente pettinate. Analoga è poi la vena piacevolmente descrittiva che si ritrova nella Natività che, per quanto ambientata entro un paesaggio più scarno, paratattica nell’impaginazione e quasi priva di prospettiva, è ricca di dettagli soprattutto nella resa degli animali. Le caratteristiche dell’affresco dell’Assunzione e i volti ducceschi degli angeli dichiarano la coerenza di questa figurazione con i due riquadri laterali, ma il debole volto della Vergine – pur al netto del degrado della pittura – sembra denunciare la presenza di collaboratori, del resto adombrata da altre discontinuità qualitative notate nelle due scene principali (come negli angeli sopra la capanna). Simili elementi stilistici permettono di collocare gli affreschi di Santa Colomba in un momento vicino alla decorazione della cappella Agazzari in San Martino (1333), ma comunque successivo, per la maturazione che si nota in particolare nella Crocifissione.
7 Carli 1955a, p. 62. Per un cenno alle Storie della Vita di Cristo della pieve chiantigiana si rimanda al saggio §5. 8 Padovani, in Mostra 1979, p. 68; Eadem, in Mostra 1983, p. 40. Guiducci, in Monteriggioni 1988, p. 38. Conferma questa proposta Boskovits 1982, p. 502. 9 Torriti 1990, p. 43. 10 Cfr. Bagnoli 2009b. 11 Così Boskovits (1986, pp. 3-16) e recentemente De Marchi (in Siena 2017, p. 74), il quale pensa al 1325 circa. Degli affreschi lorenzettiani di San Francesco a Siena si era occupato Max Seidel, che citava una notizia riportata da Fabio Chigi con un riferimento al 1340: Seidel 1979, pp. 10-19; su questa scorta Monciatti 2002, pp. 97-100. Già De Nicola (1912, ibidem) aveva individuato la fonte di ispirazione per Santa Colomba, sottolineando come l’imitazione del Lorenzetti non desse adito ad una vera interiorizzazione dei suoi valori stilistici, la cui forza viene rimpiazzata dal colore e da panneggi corsivi.
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110. Santa Colomba (Monteriggioni), pieve dei Santi Pietro e Paolo, interno, zona presbiteriale
Bibliografia De Nicola 1912, p. 147; Perkins 1913, p. 36; van Marle 1927, II, p. 158; Berenson 1932, p. 397; Brandi 1933, p. 224; Perkins 1933a, pp. 53-54; van Marle 1934, II, p. 152; Berenson 1936, p. 341; Carli 1955a, p. 62; Berenson 1968, I, p. 300; Torriti 1977, p. 80; Padovani, in Mostra 1979, pp. 68-70; Boskovits 1982, p. 502; Padovani, in Mostra 1983, p. 40; Guiducci, in Monteriggioni 1988, p. 38; Torriti 1990, p. 43.
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