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29. Madonna col Bambino e donatrice
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
Lucignano, Museo Comunale Metà del quarto decennio del XIV secolo
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Tempera e oro su tavola Cm 166 x 90 Iscrizioni: “MON(N)A MUCCIA MOGLIE CHE FU DI GUER(R)INO CIANTARI”, alzata della pedana del trono. Provenienza: Lucignano, San Francesco.
La tavola cuspidata rappresenta la Madonna col Bambino seduta su un ampio trono marmoreo con decori fogliacei e a dentelli, coperto da un drappo. La Vergine inclina il capo verso la piccola figura di una supplice, monna Muccia, vedova di Guerrino Ciantari, identificata dall’iscrizione inserita alla base del trono (fig. 107). La presenza del nome e dell’immagine della committente è coerente con il contesto di provenienza dell’opera, il secondo altare a destra della chiesa di San Francesco a Lucignano in territorio aretino1, le pareti della quale sono completamente decorate da numerosi pannelli ad affresco di carattere devozionale, giustapposti senza un preciso progetto decorativo ma evidentemente affidati all’iniziativa di singole persone o famiglie, di cui spesso si conservano i ritratti o i nomi2. La tavola è stata esposta alla mostra dedicata all’arte in Val di Chiana nel 1970 ed è poi stata trasferita nel locale Museo Comunale. L’opera è nota alla critica fin dalla fine dell’Ottocento, quando Cavalcaselle la attribuì a Segna di Bonaventura, seguito più tardi da Berenson3. Nonostante il giudizio piuttosto negativo di De Nicola, che riferiva il dipinto a un imprecisabile pittore del seguito di Duccio4, è stato anche proposto il nome di Ugolino di Nerio, in termini generici da Lusini e più tardi, con maggior decisione, da Margherita Moriondo5; ma se van Marle trovava l’autore della tavola addirittura migliore di Ugolino, Longhi giustamente esprimeva un giudizio opposto6. Bellosi nel 1970 si è soffermato con più attenzione sull’opera, assegnandola a un anonimo senese verso il 1320 e riunendole intorno un piccolo corpus, che comprendeva gli affreschi di santa Fina nella collegiata di San Gimignano e della cappella Agazzari in San Martino a Siena7, poi assegnati dallo stesso studioso e da Alessandro Bagnoli a Francesco, insieme alla Madonna di Lucignano8. Il gruppo di opere del 1970 comprendeva anche la Madonna col Bambino di Cortona di Niccolò di Segna, autore a cui Bellosi escludeva di poter assegnare la tavola di Lucignano, che invece gli veniva riferita da Stubblebine9, la cui opinione ha trovato scarso seguito10, sebbene recentemente Paola Refice abbia nuovamente proposto confronti con Niccolò e Ugolino11 . La Madonna col Bambino lucignanese denuncia i propri modelli compositivi nella forma della tavola, nella disposizione dei soggetti e nella struttura del trono monumentale, che unisce elementi tratti dalla Madonna col Bambino e i Santi
1 Dietro l’altare seicentesco della Santissima Concezione è ancora visibile l’impronta della tavola: cfr. Pegazzano 1997, p. 38. 2 Per la chiesa di San Francesco si veda P. Semoli, in Cortona 2000, pp. 125-126. Degli affreschi si è in parte occupato Gabriele Fattorini (2008b). Per la pittura votiva cfr. Bacci 2003. 3 Cavalcaselle-Crowe 1885, III, p. 33. Berenson 1932, p. 523; Idem 1968, I, p. 393. 4 De Nicola 1912, p. 147. 5 Lusini 1912, pp. 127-128. Moriondo, in Mostra 1950, p. 78, cat. 236. 6 Van Marle 1924, II, p. 111. Longhi 1951, p. 54. 7 Bellosi, in Arte in Valdichiana 1970, p. 9. 8 Bagnoli 1997, p. 18; Idem 2003, pp. 276-277 nota 26; Idem 2009b, pp. 440, 442. Così anche Franci 2013. Cfr. infra §5. 9 Stubblebine 1979, I, pp. 138-141. Lo studioso americano, pensando a una collaborazione tra padre e figlio, assegnava a Segna la figura di Monna Muccia. 10 Pegazzano 1997, ibidem. 11 Refice 2005, pp. 79-81.
Bartolomeo e Ansano e donatrice attribuita a Segna di Bonaventura, ora nella collezione del Monte dei Paschi di Siena12 (fig. 108), e dalla piccola Maestà di Ugolino di Nerio nella chiesa di Santa Maria sul Prato o della Misericordia di San Casciano Val di Pesa13 (fig. 109). Dalla prima sembra derivare l’articolata base del seggio, mentre dalla seconda la forma regolare e prospettica dello schienale e la simulazione di un rilievo a elementi vegetali, che a Lucignano sono utilizzati anche per abbellire i braccioli. Non meno importante è, inoltre, l’esempio di Niccolò di Segna, che traspare con chiarezza nell’aspetto della Vergine e in particolare del Bambino, tanto somigliante nella posa e nel volto a quello della Madonna della Fondazione Cini di Venezia (cat. 11a). Tuttavia né a lui né tantomeno a Ugolino di Nerio può essere attribuita la Madonna lucignanese, meno sensibile nel trattamento pittorico delle figure, costruite soprattutto dalla linea di contorno. Questo affidamento al tratto grafico si percepisce anche nel complicato bordo del manto della Vergine, espressione di un gusto tutto decorativo e non di una reale comprensione dell’andamento della veste. La correttezza degli accostamenti di opere intorno a questa tavola, che si sono succeduti nel tempo e che hanno portato alla proposta di individuazione del loro artefice in Francesco di Segna, sono confermati da una serie di confronti. Oltre alla vicinanza tra monna Muccia e, tra le altre, la figura di santa Fina a San Gimignano (cat. 25), si notano somiglianze palmari tra le mani dei due personaggi sacri di Lucignano e quelle della Madonna col Bambino di Palazzo Barberini a Roma e soprattutto della n. 41 della Pinacoteca di Siena14 (cat. 31-32), la sottile mano destra della cui Vergine risulta perfettamente sovrapponibile a quella 107. Cat. 29, dettaglio con monna Muccia dell’opera qui schedata. Ricorrono nella tavola senese la posa e in parte i tratti del Bambino – con la tipica tendenza ad arcuare la palpebra superiore e regolarizzare l’inferiore e ad accentuare l’inclinazione delle brevi sopracciglia – e inoltre la terminazione triangolare del lembo del suo drappo. Rispetto a queste due Madonne, d’altra parte, quella di Lucignano sembra appartenere ad una fase un poco precedente, se si osserva il diverso modo di rendere questo stesso panneggio con pieghe più piatte e taglienti rispetto a quelle più morbide della Madonna n. 41 e soprattutto di quella romana. Lo stesso elemento mostra, piuttosto, che la tavola di Lucignano appartiene ad un momento prossimo alla Croce n. 20 IBS (cat. 28), che per contro potrebbe apparire
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12 L’opera, acquistata dal Monte dei Paschi alla fine del 2008 (Londra, Christie’s, 2 dicembre 2008, lotto 31), era già stata attribuita a Segna da Berenson (1968, I, p. 393), pittore a cui l’ha recentemente confermata Bagnoli (2009b, p. 443 nota 15) dopo che Stubblebine (1979, I, p. 154; II, fig. 501) aveva preferito inserirla nel catalogo del Maestro del Polittico di Montalcino. 13 Galli, in Duccio 2003, pp. 354-356, cat. 55. 14 La vicinanza tra le Madonne di Lucignano e n. 41 era già stata notata da Perkins (1928, pp. 107-108), ma poco dopo ingiustamente sconfessata da Brandi (1933, p. 279).
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108. Segna di Bonaventura, Madonna col Bambino, i Santi Bartolomeo e Ansano e donatrice, Siena, Fondazione Monte dei Paschi 109. Ugolino di Nerio, Madonna col Bambino e donatore, San Casciano Val di Pesa, chiesa di Santa Maria sul Prato o della Misericordia
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solo lontanamente imparentata con le altre Madonne citate, per una sorta di sottile pacatezza dei tratti che non si trova in quelle – segnate da linee più decise e prossime semmai al frammento di affresco di San Francesco a Lucca (cat. 34) – ma che caratterizza la tavola di monna Muccia, il volto della cui Vergine ha ad esempio la canna nasale dritta e la bocca lumeggiata sul labbro inferiore come il Cristo crocifisso della Pinacoteca senese. Una datazione verso la metà degli anni Trenta del Trecento sembra così la più appropriata (anche in rapporto alla produzione di Niccolò).
Bibliografia Cavalcaselle-Crowe 1885, III, p. 33; Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 27; Cavalcaselle-Crowe 1909, II, p. 22; De Nicola 1912, p. 147; Lusini 1912, pp. 127-128, figg. 17-18; De Grüneisen 1913, p. 127, n. 58, figg. 17-18; De Nicola 1916, p. 13; van Marle 1924, II, p. 111; Perkins 1928, pp. 107-108; Berenson 1932, p. 523; Brandi 1933, p. 279; Berenson 1936, p. 450; Coletti 1946, p. 14; Moriondo, in Mostra 1950, p. 78, cat. 236; Longhi 1951, p. 54; Berenson 1968, I, p. 393; Bellosi, in Arte in Valdichiana 1970, p. 9; Stubblebine 1979, I, pp. 138-141; Bagnoli 1997, p. 18; Pegazzano 1997, pp. 36, 38; Bagnoli 2003, pp. 276-277 nota 26; Bellosi 2003, p. 276 nota 29; Refice 2005, pp. 79-81; Schmidt 2005, p. 112; Bagnoli 2009b, pp. 440, 442; Franci 2013.