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32. Madonna col Bambino

32. Francesco di Segna Madonna col Bambino

Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini (inv. 1609) Inizio del quinto decennio del XIV secolo

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Tempera e oro su tavola Cm 65 x 54 Provenienza: Tivoli, Museo Civico, depositi; Roma, Galleria Borghese; Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Venezia (fino al 1978). Iscrizioni: “AV|E G|RA|TI|A P|LE|[NA] | D(OMI)N(US TECUM)”, sull’aureola della Vergine.

La forma ovale della tavola ne denuncia la manomissione, avvenuta in un momento non precisabile, che ha comportato almeno la resecatura della parte inferiore e la conseguente perdita del piede destro del Bambino e di gran parte della mano sinistra della Vergine. Nonostante le decurtazioni anche sui lati, a sinistra è ancora in parte leggibile la linea della centina e la sua base d’imposta: un dettaglio comune alle tavole provenienti da polittici, già rifinite con cornici e contrafforti. Si può dunque supporre che l’opera romana fosse il centrale di un simile complesso, a cui non è possibile ricondurre nessun’altro pezzo. Non è nota, d’altra parte, la sua provenienza originaria. Dopo un intervento integrativo a cura dell’Istituto Centrale del Restauro nel 19451, l’opera ha riacquistato la forma attuale – già testimoniata da una descrizione di inizio Novecento, quando si trovava presso il Museo Civico di Tivoli – grazie al restauro condotto da Silvana Franchini negli anni Ottanta, che ha previsto la rimozione delle cornici e delle parti con cui la tavola era stata regolarizzata in basso. Sono stati effettuati inoltre la pulitura, la reintegrazione e il consolidamento della superficie pittorica, già comunque in discrete condizioni2. A parte qualche piccolo ritocco il fondo oro appare piuttosto ben conservato, anche nei dettagli punzonati della bella aureola della Vergine, che presenta nella fascia centrale granita una decorazione a tondi contenenti coppie di lettere ottenute a risparmio, che compongono l’iscrizione “AVE GRATIA PLE[NA] D(OMI)N(US TECUM)”; i compassi esterni della fascia sono decorati con una serie di punzoni rotondi e gruppi di tre stampi simili ornano l’esterno. Peggio conservata appare l’aureola del Bambino, che doveva essere in ogni caso decorata con motivi vegetali a risparmio. Classificata genericamente come opera senese del Trecento nel catalogo del Museo di Tivoli3, la tavola è stata accostata a Segna di Bonaventura da Douglas e, con qualche dubbio, da Berenson4 per poi essere riferita a Niccolò di Segna a partire da Antonino Santangelo5. Stubblebine la inseriva nel corpus del suo Maestro del polittico di Montalcino6 , ricondotto quasi interamente a Francesco da Bagnoli, che difatti gli ha opportunamente assegnato anche la tavola romana, seguendo un suggerimento di Bellosi7. Confermata anche nei suoi interventi più recenti, la proposta è stata accolta pure da Beatrice Franci. L’accostamento dell’opera di Palazzo Barberini a Niccolò è giustificata dalle forti tangenze in particolare con la Madonna col Bambino del Museo Diocesano di Cortona, che spetta al più noto dei due fratelli, nonostante sia stata a volte inserita nel catalogo di Francesco8. Il confronto tra le due tavole ne chiarisce tuttavia la diversa paternità perché, al di là delle somiglianze nella posa e nell’aspetto delle due figure, oltre che nella resa dei nimbi, queste opere sono caratterizzate da modi peculiari di tratteggiare le figure, con una linea di contorno più evidente nella tavola di Roma,

1 A. Santangelo, in Museo di Palazzo Venezia 1947, p. 28. 2 V. Tiberia, in Laboratorio 1988, pp. 99-100. La parchettatura del retro risaliva forse agli anni Cinquanta. 3 Sapori 1916, p. 98. 4 Douglas, in Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 28 nota 1; l’autore cita l’opera nell’ufficio del direttore della Galleria Borghese. Berenson 1936, p. 451; con un’indicazione relativa alla collezione del senatore Raffalele Bastianelli. 5 Santangelo 1947, ibidem. Berenson 1968, I, p. 300. De Benedictis 1979, p. 94. Tiberia, in Laboratorio 1988, ibidem. 6 Stubblebine 1979, I, p. 154. 7 Bagnoli 1997, p. 18; Idem 2003, p. 277 nota 29; Idem 2009b, pp. 440, 442. 8 Cfr. cat. 9.

che conferisce anche ai volti un aspetto meno leggero e, si direbbe, più popolaresco. A questo effetto contribuisce lo sguardo della Vergine che, a differenza delle figure di Niccolò ma in linea con quelle di Francesco, è tutt’altro che sfuggente e si rivolge con decisione verso lo spettatore. Si nota inoltre una maggiore abbondanza e morbidezza nella resa dei panneggi che, rispetto alla schematicità della giovanile Madonna di Niccolò, suggeriscono di scalare questa di Francesco un in momento probabilmente successivo, già entro il quinto decennio9 .

Bibliografia Douglas, in Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 28 nota 1; Sapori 1916, p. 98; Berenson 1936, p. 451; Santangelo, in Museo di Palazzo Venezia 1947, p. 28; Berenson 1968, I, p. 300; De Benedictis 1979, p. 94; Stubblebine 1979, I, p. 154, II, fig. 503; Tiberia, in Laboratorio 1988, pp. 99-100; Bagnoli 1997, p. 18; Bagnoli 2003, p. 277 nota 29; Bagnoli 2009b, p. 440, 442; Franci 2013.

9 A questo periodo già si riferivano Stubblebine (1979, ibidem) e Tiberia (in Laboratorio 1988, ibidem), quest’ultimo pensando al secondo lustro.

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