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1. Incoronazione della Vergine

1. Niccolò di Segna Incoronazione della Vergine Collezione privata 1320-1325 ca.

Tempera e oro su tavola Cm 30,2 x 20,6 Provenienza: Parigi, Mrs. E. Bayer contessa Sala; Parigi, Charpentier (9 maggio 1933); Eindhoven, Philips-De Jong; Londra, Christie’s (6 dicembre 2007).

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Al centro dell’anconetta centinata a venatura verticale la Madonna in veste bianca1 e il Figlio siedono sul trono, dalla cui spalliera si affacciano tre angeli mentre altri due si dispongono ai lati e una coppia di musicanti2 è inginocchiata davanti alla pedana. Tutte le aureole sono punzonate e quelle dei due soggetti principali sono rifinite con granitura. Il retro, che presenta una decorazione a falso porfido, conserva un cartellino su cui è scritto il numero “5177” e il nome “Lippo Memmi” (fig. 80), testimonianza dell’appartenenza alla collezione parigina della contessa Bayer-Sala, liquidata nel 19333. L’opera passò quindi nella collezione Philips di Eindhoven, poi Philips-De Jong, e nel 2007 fu acquistata all’asta londinese di Christie’s4 ed è attualmente conservata in collezione privata. La fotografia illustrata sul catalogo della vendita Christie’s del 2007 mostra una situazione analoga a quella della vendita Sala, che tuttavia non include la cornice (figg. 78-79), e palesa alcune differenze rispetto alla redazione attuale. Le fisionomie degli angeli risultavano molto ritoccate e ingentilite e, seppur in misura minore, anche i volti dei due protagonisti avevano subito rimaneggiamenti, come si riscontra dall’osservazione del profilo barbuto di Cristo e degli occhi della Vergine. L’ultimo restauro, realizzato nel 2008, ha previsto la pulitura della superficie con rimozione delle ridipinture e dell’oro falso sul fondo, intervento che ha permesso di ritrovare le parti originali: alcuni dettagli delle ali degli angeli laterali in alto e le mani di quello di destra sotto i ritocchi del drappo. Si è agito inoltre anche sul dettaglio della corona della Vergine, diversa nella versione attuale per forma e inclinazione rispetto alla fotografia Christie’s5 . Sembrano invece non aver subito particolari alterazioni rispetto al 2007 il drappo del trono, la veste della Vergine e quelle rossa del Cristo e dei musicanti, come anche le aureole punzonate e granite della coppia principale, che appaiono le medesime rispetto alla redazione originaria. Dopo il riferimento a Lippo Memmi con cui fu presentata alla vendita Bayer-Sala6, nel 1969 la tavola fu più convincentemente messa in relazione alla scuola di Duccio di Buoninsegna, attribuzione poi riproposta nella successiva esposizione olandese del 1989 con una precisazione cronologica alla metà del XIV secolo7. È stata tuttavia battuta all’asta di Christie’s con un generico riferimento all’ambito senese trecentesco8. In occasione di comunicazioni scritte all’attuale proprietario, Luciano Bellosi (2008) ha proposto un accostamento all’ambito di Segna di Buonaventura, mentre Victor Schmidt (2008) ed Everett Fahy (2009) hanno indipendentemente espresso il medesimo parere circa l’attribuzione dell’opera, ormai restaurata, a Niccolò di Segna. Schmidt ha inoltre suggerito l’originaria funzione della

1 Il candore del mantello della Madonna, tipico dell’iconografia dell’Incoronazione, sottolinea visivamente il passaggio dalla dimensione terrena a quella divina, sostituendo quello blu. 2 L’angelo di sinistra suona una ribeca, mentre quello di destra un salterio. Ringrazio per queste informazioni il musicologo Pier Paolo Donati. 3 Catalogue 1933, p. 14, fig. 1, lotto 15. 4 Important Old Master 2007, p. 42, lotto 16. Presso Philips la tavola era esposta nella sala della residenza De Laak almeno nel 1936. 5 Il dettaglio ricorda la corona della Santa Caterina di Atlanta del polittico di San Maurizio (cat. 16e). 6 Catalogue 1933, ibidem. 7 Sienese paintings 1969, cat. 6; J. Panders-C. Pottasch, in The early Sienese 1989, pp. 54-55, fig. 16, cat. 10. 8 Important Old Master 2007, ibidem.

tavola come centrale di un piccolo trittico di forma insolita nella pittura senese del XIV secolo9. Erano dello stesso avviso anche le autrici della scheda della mostra del 198910. Tuttavia l’analisi materiale in particolare dei lati e del retro della piccola ancona non ha rivelato tracce dei cardini che avrebbero dovuto incernierare le antine all’elemento centrale; non restano inoltre indizi di una integrazione al di sopra della centina, aggettante rispetto al resto della cornice, elemento ricorrente nei trittici portatili, onde alloggiarne le ante chiuse. Del resto anche Andrea De Marchi ha respinto tale ipotesi11 e lo stesso Bellosi non faceva cenno a questa possibilità. Ancora non del tutto compreso risulta il contesto di destinazione di simili oggetti devozionali, la cui iconografia d’altra parte sembra denunciare un frequente legame con ambienti mendicanti: i trittici londinesi di Duccio ora alla National Gallery e nella collezione della Regina Elisabetta II hanno rispettivamente elementi iconografici francescani e domenicani; al primo Ordine rimanda pure la cosiddetta Madonna dei Francescani e al secondo il trittico n. 35, entrambi nella Pinacoteca senese12. Gli elementi a nostra disposizione sono tuttavia insufficienti per consentire di estendere queste considerazioni anche alla nostra tavola. Il tema mariano in ogni caso è preponderante in questo genere di opere, tuttavia è rara in ambito senese la scelta del tema dell’Incoronazione della Vergine13 . D’accordo con quanto suggerito da Schmidt e Fahy, deve essere accolta l’attribuzione a Niccolò di Segna, di cui si riconoscono i modi giovanili nei volti ormai ben leggibili dei personaggi, nei contrasti chiaroscurali e nella decorazione punzonata delle aureole. Le figure esili e l’assenza di alcuni elementi fisiognomici che caratterizzano le sue opere a partire dalla fine del terzo decennio, come l’ovale rotondeggiante dei volti dai nasi un po’ aquilini e una fisicità più solida, suggeriscono una datazione decisamente precoce nel percorso di Niccolò, verso l’inizio del terzo decennio. Un momento vicino al trittico di Esztergom (cat. 2), con cui ha in comune la linea slanciata delle figure, alcune fisionomie – si confronti ad esempio il Cristo col san Giovanni Battista ungherese –, la fluidità di certi panneggi e l’impiego di semplici punzoni, ancora accostati secondo combinazioni elementari. Niccolò in questo momento doveva essere all’avvio della sua attività e ancora fortemente legato agli elementi ducceschi propugnati dal padre Segna e dagli altri esponenti della cerchia del maestro con cui si può immaginare possa essere venuto in contatto, traendone spunti per l’elaborazione dell’opera nel solco di una produzione tradizionale, al di là delle dimensioni più contenute. Le consonanze della figura del Cristo con l’omologo dell’Incoronazione del trittico n. 35, ad esempio, sono stringenti per la posa e il gesto, la fisionomia e la foggia delle vesti, col mantello vermiglio che, in particolare, ricade verticalmente dalle spalle e crea in basso pieghe fortemente triangolari.

Bibliografia Catalogue 1933, p. 14, tav. 1, lotto 15; Sienese Paintings 1969, cat. 6; Panders-Pottasch, in The early Sienese 1989, pp. 54-55, cat. 10; Important Old Master 2007, p. 42, lotto 16.

9 Cfr. Schmidt 2005, pp. 31-71. 10 Panders-Pottasch, in The early Sienese 1989, p. 54. 11 Comunicazione orale. 12 Stubblebine 1979, I, pp. 63-64, II, figg. 128-130. A. Bagnoli, in Duccio 2003, pp. 326-332. L. Bellosi, ivi, p. 192. V. Schmidt, ivi, pp. 158-160. 13 Cfr. Sienese paintings 1969, cat. 6; Panders-Pottasch, in The early Sienese 1989, p. 54. A cavallo tra XIII e XIV secolo il soggetto viene declinato a Siena nel dossale con la Madonna col Bambino e Storie della Vergine attribuito a Guido da Siena del Courtauld Institute di Londra, nella vetrata di Duccio per il Duomo di Siena, nelle ante del Maestro di Monteoliveto (cfr. infra), nel trittico n. 35 della Pinacoteca senese; ne resta una testimonianza anche nel frammento di tavola conservato allo Szépművészeti Muzeum di Budapest (Schmidt, in Duccio 2003, p. 262).

78. Cat. 1, catalogo Bayer-Sala 79. Cat. 1, ante restauro 2008

80. Cat. 1, retro

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