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3. Crocifissione
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
3. Niccolò di Segna Crocifissione
Philadelphia, Philadelphia Museum of Art, Johnson Collection (inv. 90) 1325 ca.
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Tempera e oro su tavola Cm 34,6 x 13,7 Provenienza: Firenze, Herbert P. Horne; Philadelphia, John G. Johnson (dal 1912).
La croce occupa tutta l’ampiezza della tavola cuspidata e ad essa è appeso un Cristo esile, compianto dai due Dolenti in piedi e dalla Maddalena inginocchiata. In alto, oltre il titulus ormai illeggibile, è posto un nido di pellicano. I bordi della tavola, tranne quello inferiore, sono decorati con una fascia di diversi punzoni, usati anche per i nimbi. La piccola tavola fu acquisita da John Graver Johnson (1841-1917) nel 1912 da Herbert Horne, presso la cui collezione fiorentina l’americano aveva avuto modo di vederla nel 1909, prima della pulitura ad opera del restauratore Luigi Cavenaghi (Milano). Un successivo intervento a cura di David Rosen del 1941 comportò il montaggio su compensato della tavola, che risulta assottigliata e resecata su tutti i lati; in quell’occasione si realizzarono anche una nuova pulitura, alcuni ritocchi pittorici e un trattamento a cera. A un momento precedente risale un’integrazione degli strati pittorici della sommità della cuspide (rilevata da Carl Brandon Strehlke), che appare completa nelle fotografie storiche in cui la tavola è ancora provvista della cornice, poi rimossa durante l’ultimo restauro1. Allo stato attuale una lunga fenditura verticale affianca la croce in prossimità del centro della tavola e la superficie pittorica consunta rende ben visibile la base a verdaccio degli incarnati. Nella lettera con cui comunicava a Johnson la possibilità di acquisto dell’opera, Horne la attribuiva a Lippo Memmi2 . Al suo arrivo in America, la piccola Crocifissione è stata assegnata da Bernard Berenson a Ugolino di Nerio3, proposta poi generalmente accolta con la parziale eccezione di Gertrude Coor Achenbach, che ne suggeriva l’assegnazione ad un collaboratore del maestro4. Federico Zeri e Burton Fredericksen e più tardi Mojmír Frinta hanno preferito un più generico riferimento ad anonimo senese5. Il riconoscimento della mano di Niccolò di Segna si deve a Miklós Boskovits nel 19826. Ad una fase piuttosto precoce di questo artista, verso l’inizio del quarto decennio, l’opera viene assegnata anche da Strehlke nel 20047. Tuttavia non pare del tutto convincente la sua proposta di accostare la tavola di Philadelphia con una Crocifissione già in collezione Stoclet, in cui le proporzioni massicce e i tratti molto marcati della figura del Cristo, così come il trattamento dei panneggi dei Dolenti – quello della Vergine decorato con la crisografia – suscitano dubbi su un’attribuzione a Niccolò. Nella tavola di Philadelphia ricordano piuttosto lo stile giovanile di questo pittore le forme arrotondate dei volti dai tratti minuti, la sottigliezza dei corpi e la fluidità delle vesti, rintracciabili nelle prime opere inserite nel suo corpus e in particolare nel centrale del trittichino di Esztergom (cat. 1-2). Strehlke, d’altra parte, nota giustamente nella cuspide riferimenti a Simone Martini e allo stesso Ugolino, dal quale sembra derivare la gestualità del san Giovanni Evangelista, che giunge le mani e scosta il capo con ritroso dolore, come si rintraccia in alcune sue Crocifissioni, quali la n. 34 della Pinacoteca di Siena, quella in collezione Thys-
1 Strehlke 2004, pp. 339-340. 2 Lettera del 25 marzo 1912: cfr. Strehlke 2004, p. 339. 3 Berenson 1913, p. 52. 4 Coor Achenbach 1955, p. 159. La studiosa accenna alla tavola Johnson in riferimento alla possibile iconografia della cuspide centrale del polittico di Ugolino per Santa Croce. 5 Fredericksen-Zeri 1972, p. 240. Frinta 1998, p. 452. 6 Boskovits 1982, p. 502; Idem 1985b, p. 126. Con questa attribuzione l’opera è schedata in Paintings from Europe 1994, p. 221. 7 Strehlke 2004, p. 340.
sen-Bornemisza a Madrid e quella del trittico del Metropolitan di New York8. In quest’ultima in particolare sono evidenti i capelli sciolti della Vergine, costanti nelle prime prove di Niccolò. L’attenzione del giovane pittore verso la produzione martiniana, poi, è testimoniata non solo dall’allungarsi delle membra e di tutta la figura del Cristo, secondo quanto già notato da Strehlke, ma anche dalla sperimentazione tridimensionale del suppedaneo della croce lignea, come nella tavola con Cristo crocifisso del Fogg Art Museum di Cambridge (Mass)9, altrimenti infrequente nella sua produzione. Come per quest’opera di Simone, non è possibile stabilire con certezza la funzione originaria di quella di Niccolò, anche a causa delle resecature che impediscono di comprendere appieno i dettagli della forma originaria. Non si può escludere, con Strehlke, che la piccola Crocifissione provenga da un dittico a valve cuspidate, oggetto raro ma testimoniato ad esempio in ambito fiorentino dall’opera del Maestro del Codice di San Giorgio (collezione privata), dove la Crocifissione affianca una Madonna col Bambino, e più tardi dal senese Francesco di Vannuccio con una coppia composta da Annunciazione e Assunzione (Cambridge, Girton College)10. La tavola di Philadelphia potrebbe d’altra parte provenire da un polittico, del quale avrebbe costituito la cuspide centrale (come suggerito da Coor)11, la cui forma risulterebbe però più stretta e allungata rispetto ai canoni più diffusi. Come già nelle prime opere, Niccolò decora le parti dorate di questa Crocifissione con una serie di punzoni abbinati alla granitura. A parte quelli di più semplici forme tondeggianti inseriti nelle aureole, è interessante vedere che già in una fase precoce il pittore utilizza nella fascia perimetrale il punzone a cuspide, impiegato per creare una sorta di fiore pentalobato rifinito all’interno da sei tondi, che si ritrova in simili composizioni a quattro petali in opere successive come la Madonna col Bambino n. 44 e il San Bartolomeo n. 37 (aureola di San Nicola nell’ordine superiore) della Pinacoteca Nazionale di Siena, ma anche nel San Giacomo e nella Sant’Orsola dell’ordine superiore e della predella del polittico n. 38 (Pinacoteca Nazionale di Siena e Musée des Beaux Arts di Digione)12. Nonostante la resecatura dei lati, le fasce punzonate perimetrali risultano relativamente integre, lasciando supporre che la forma della tavola non abbia subito drastiche riduzioni.
Bibliografia Berenson 1913, I, p. 52; van Marle 1924, II, p. 108; Berenson 1932, p. 583; Berenson 1936, p. 501; Catalogue 1941, p. 17; Johnson Collection 1953, p. 5; Coor Achenbach 1955, p. 159; Philadelphia Museum 1966, p. 78, fig. 84; Berenson 1968, I, p. 438; Fredericksen-Zeri 1972, p. 240; Boskovits 1982, p. 502; Boskovits 1985b, p. 126; Paintings from Europe 1994, p. 221; Frinta 1998, p. 452; Strehlke 2004, pp. 399-341.
8 Per la Crocifissione con San Francesco n. 34, riferibile ad una fase precedente il soggiorno fiorentino, si veda: Torriti 1990, p. 32; Galli, in Duccio 2003, pp. 350-352, cat. 54. La tavola madrilena potrebbe essere arrivata al convento francescano di San Romano a Empoli dalla cappella Bardi di Vernio in Santa Croce secondo un’ipotesi di Maginnis, con cui tuttavia non concorda Boskovits, che pure ammette una probabile provenienza fiorentina (Maginnis 1983, pp. 20-21; Boskovits 1990, p. 190). Cfr. §3. 9 Cfr. nota 10 della scheda 2. 10 Per l’opera dell’anonimo cfr. L.B. Kanter, in Painting and illumination 1994, pp. 86-89. Per entrambe si veda Schmidt 2005, pp. 136, 140 nota 82, 150-151, figg. 89, 104-105. 11 Coor Achenbach 1955, ibidem. 12 Cfr. Frinta 1998, ibidem. Le dimensioni minori del punzone usato nel pinnacolo dimostrano comunque che non si tratta dello stesso stampo. Cfr. cat. 11, 18.