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ordine superiore

16. Niccolò di Segna Polittico smembrato con la Madonna col Bambino e i Santi Lucia, Maurizio, Bartolomeo, Caterina d’Alessandria (ordine principale); i Santi Maria Maddalena, Domenico, Giacomo, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Nicola, Andrea, Francesco (ordine superiore)

1340 ca.

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16a.

Madonna col Bambino

Firenze, Villa I Tatti

Tempera e oro su tavola Cm 91,8 x 56,6 (superficie dipinta) Provenienza: Siena, San Maurizio; Pisa e Pontedera, Giuseppe Toscanelli; Firenze, asta Sambon (1883); Regno Unito, ubicazione ignota; Firenze (e Regno Unito), Bernard e Mary Berenson (acquisto entro il 1908).

16b.

San Bartolomeo e i Santi Giovanni Evangelista e Nicola

Siena, Pinacoteca Nazionale (inv. 37)

Tempera e oro su tavola Cm 117 x 44,5 Provenienza: Siena, San Maurizio. Iscrizioni: “S(ANCTUS) BARTHOLOMEUS”, sotto il santo dell’ordine principale; “[S(ANCTUS)] IOHANNES EVANGELISTA”, “S(ANCTUS) NICHOLAUS”, sotto i santi dell’ordine superiore.

16c.

Santa Lucia

Baltimora, Walters Art Gallery (inv. 37.756)

Tempera e oro su tavola Cm 68,1 x 43,5 (superficie dipinta) Provenienza: Siena, San Maurizio; Roma, don Marcello Massarenti (1881-1902); Baltimora, Henry Walters (1902).

16d-e.

San Maurizio, Santa Caterina d’Alessandria

Atlanta, High Art Museum (inv. 58.51-52)

Tempera e oro su tavola Cm 68,5 x 42,5 (San Maurizio, superficie dipinta); cm 67,5 x 41,5 (Santa Caterina, superficie dipinta) Provenienza: Siena, San Maurizio; Londra, Lord Holland; Londra, A. Ruck (1927); Roma, Alessandro Contini Bonacossi; New York, Samuel H. Kress (1929); Washington, D.C., National Gallery of Art (deposito fino al 1958).

Cat. 16a

16f-g.

Santa Maria Maddalena, San Giacomo S’Heerenberg, Huis Bergh (inv. 26-27)

Tempera e oro su tavola Cm 26 x 19,9 (ciascuna) Provenienza: Siena, San Maurizio; Colonia, Johann Anton Ramboux; Colonia, asta Heberle (23 maggio 1867); Colonia, Wallraf-Richatz Museum (fino al 1923); Lucerna, Fine Art Company (1924); Firenze, E. Castelfranco; Lucerna, Fritz W. Steinmeyer; Amsterdam, Otto Lanz; Londra, Annesley Gore; s’Heerenberg, Jan Herman van Heek (dal 1939).

16h-i.

San Domenico, San Giovanni Battista Ubicazione ignota

Tempera e oro su tavola Misure non rilevate Provenienza: Siena, San Maurizio; Colonia, Johann Anton Ramboux; Colonia, asta Heberle (23 maggio 1867); Colonia, Wallraf-Richatz Museum (fino al 1923); Lucerna, Fine Art Company (1924); New York, Albert Keller; New York, Schaeffer Galleries (anni Quaranta). Iscrizioni: “EGO VOX CLAMA | NTIS IN DES(ERTO)” (Gv 1,23), cartiglio di san Giovanni Battista.

16l.

Sant’Andrea e San Francesco

San Pietroburgo, Hermitage (inv. 2470-2471)

Tempera e oro su tavola Cm 29 x 42 Provenienza: Siena, San Maurizio; San Pietroburgo, Karl August Beine (dal 1841 o 1852); San Pietroburgo, Museo dell’Accademia delle Belle Arti (1865-1897); San Pietroburgo, Museo Russo di Sua Maestà Imperiale Alessandro III (1897-1910).

Grazie a diversi contributi è stato possibile individuare i quattro santi e la Madonna col Bambino dell’ordine principale e i santi dell’ordine superiore pertinenti alle tavole laterali, oggi disseminati in diversi musei europei e americani. Spetta a Gertrude Coor il merito di aver riconosciuto, nel 1955, i santi maggiori in occasione di uno studio dedicato alla Santa Lucia conservata a Baltimora, ipotizzando inoltre che il centrale fosse costituito dalla Madonna col Bambino della collezione Cini di Venezia, ora ricondotta al polittico n. 38 (cat. 11). Recentemente Machtelt Brüggen Israëls ha infatti potuto provare, portando riscontri materiali a supporto dell’analisi stilistica, l’identità della tavola principale con la Madonna conservata nella collezione Berenson a Villa I Tatti a Settignano presso Firenze1 . L’opera fu acquistata dai coniugi Berenson nei primi anni del Novecento insieme al complesso al cui centro è tuttora montata: un pastiche composto da quattro tavole laterali di Bartolomeo Bulgarini e da un pinnacolo col Redentore – rielaborazione di un San Marco – ricondotto da Israëls a Pietro Lorenzetti (fig. 98). Per adattare la tavola della Madonna alla forma cuspidata delle altre fu rimaneggiata la centina e inoltre il supporto fu parzialmente assottigliato. Nel catalogo della vendita della collezione Toscanelli del 1883 il polittico appare già nella redazione attuale, lasciando credere che l’assemblaggio sia stato realizzato quando i pezzi si trovavano nella raccolta pisana, probabilmente ad opera di Gaetano Bianchi2. Venne ritenuto un prodotto omogeneo di ambito martiniano

1 Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 500-504, cat. 80. 2 Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 645-647, cat. 111. Le tavole laterali, dove sono raffigurati San

Cat. 16b

Cat. 16c

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o lorenzettiano e accostato ipoteticamente da Berenson e dalla moglie Mary in una lettera del 1921 a Giovanni Poggi all’autore del polittico di Sansepolcro (Niccolò di Segna)3. La comune paternità delle parti è stata messa in discussione nel 1928 da Millard Meiss, il cui parere è stato reso noto solo molti decenni più tardi4, e da Luisa Vertova nel 19695. Le condivise proposte attributive degli elementi principali si devono invece a Boskovits, che nel 1975 assegnava le tavole laterali a Bulgarini e faceva esplicitamente il nome di Niccolò per la Madonna6. La proposta, tempestivamente accolta da De Benedictis e declinata da Stubblebine in riferimento al suo Maestro di

Francesco con San Giacomo, San Giovanni Battista con San Paolo, un Santo Vescovo con San Pietro e Santa Maria Maddalena con San Ludovico di Tolosa, provengono dal polittico della chiesa di San Francesco a Pienza, la cui tavola maggiore era costituita dalla Madonna col Bambino ora conservata nel locale Museo Diocesano. Il pinnacolo centrale, solo recentemente accostato al nome del più anziano dei Lorenzetti, proviene secondo Israëls dallo smembrato polittico dei Santi Leonardo e Cristoforo a Monticchiello, del quale avrebbe costituito una delle cuspidi laterali insieme alle figure degli altri Evangelisti, di cui è noto un San Luca già in collezione van Marle a Perugia (Eadem, ivi, pp. 188-192, cat. 21; pp. 379-383, cat. 54). 3 Nel catalogo del 1883 il polittico viene assegnato da Gaetano Bianchi e Gaetano Milanesi a Simone Martini ed entra in collezione Berenson con l’attribuzione a un seguace di Pietro Lorenzetti (Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 646; si rimanda a questa scheda per la bibliografia completa, comprensiva di attribuzioni). I dubbi dello studioso circa la paternità del complesso si riflettono nella vaghezza dell’attribuzione anonima, con riferimento ai Lorenzetti, riportata nelle sue liste (Berenson 1932, p. 529; 1936, p. 455; 1968, I, p. 221). Inoltre: Firenze, Biblioteca Berenson, Villa I Tatti, Archivio (d’ora in poi Archivio Berenson), Inventario dei beni mobili appartenenti ai Sigg. Berenson Bernardo fu Alberto Mary Wital Berenson fu Roberto, 6 giugno 1942, p. 3. 4 Cfr. Maginnis 1990, pp. 104, 116 nota 2. 5 Vertova 1969, p. 70. 6 Boskovits 1975, pp. 14-15. Per le tavole laterali cfr. Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 188-192, cat. 21.

Cat. 16h Cat. 16i

Sansepolcro7, è confermata da Franci8 e dal definitivo approfondimento di Israëls, che colloca l’opera verso la metà del quinto decennio del XIV secolo. La sopravvivenza di un foro di cavicchio a destra a 35,9 cm dalla spalla del dipinto – che conserva all’esterno della centina parte della tavola decorata originale – e di tre tracce di chiodi, allineate sul luogo di un battente orizzontale all’altezza della fronte della Vergine, hanno permesso alla studiosa olandese di confermare la pertinenza della Madonna al medesimo complesso di cui faceva parte il San Bartolomeo della Pinacoteca Nazionale di Siena grazie ai dati materiali offerti da quest’ultima tavola, corrispondendo la distanza tra il cavicchio relativo e il battente che ancora corre all’altezza dell’ordine superiore del dipinto senese9. Sebbene gli altri pezzi principali non siano stati analizzati con la stessa acribia, non è in dubbio la loro appartenenza a uno stesso polittico suggerita da Coor (fig. 99). Il San Bartolomeo di Siena, l’unico a conservare relativamente integra la struttura comprensiva dell’ordine superiore, sebbene mancante della cuspide, è entrato ben presto nella raccolta dell’allora Galleria dell’Accademia di Belle Arti ed è menzionato nel primo catalogo del 1842. Cavalcaselle già aveva riconsciuto la comune paternità rispetto alle analoghe tavole del polittico n. 38, individuandovi caratteristiche riferibili a Niccolò di Segna10. Successivamente, esclusa l’opinione di Cesare Brandi, che faceva sorprendentemente il nome di Jacopo del Casentino11, il

7 De Benedictis 1979, pp. 85, 94. Stubblebine 1979, I, p. 155. Come in seconda battuta già l’americano, Frinta fa ipoteticamente il nome di Francesco di Segna (Frinta 1998, pp. 98, 111, 180, 215, 296, 354, 396, 419, 428, 451; con Bartolomeo Bulgarini). 8 Franci, in Duccio 2003, p. 391; Eadem 2013. La studiosa nota la prossimità cronologica della Madonna dei Tatti col polittico Coor. 9 Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 500. 10 Cavalcaselle-Crowe 1885, III, p. 35. 11 Brandi 1933, pp. 24-26. In questo catalogo si dà anche notizia di un restauro realizzato nel 1931.

Cat. 16l

dipinto è stato classificato come un prodotto senese di matrice duccesca12 e, fin dall’intervento di Giacomo De Nicola in occasione della mostra del 1912, la critica ha solitamente riproposto l’opinione di Cavalcaselle relativamene all’identità della mano13. Solo però diversi decenni più tardi Gertrude Coor ha finalmente collegato la tavola – con le altre – a Niccolò, seguita tra gli altri da Berenson, van Os, Maginnis e Zeri14. Superata un’attribuzione più cauta ad un anonimo senese, anche Torriti ha concordato sul nome di Niccolò, non più messo in discussione nei contributi recenti (Franci, Fattorini, Matteuzzi, Israëls)15 . Le altre tre tavole principali riferite al polittico sono state separate in tempi non precisabili dalle rispettive coppie di santi superiori, tutte individuate ad eccezione dei soggetti corrispondenti alla tavola centrale. La Santa Lucia è giunta a Baltimora (Alabama) grazie all’acquisto nel 1902 della collezione Massarenti da parte di Henry Walters, la cui raccolta ha costituito il nucleo del museo dove l’opera è attualmente conservata16. L’attribuzione a Simone Martini riportata nei cataloghi Massarenti del 1894 e 189717 e il successivo riferimento a Pietro Lorenzetti18 sono

12 Van Marle (1924, II, p. 94; 1934, II, p. 95) parla genericamente di un seguace di Duccio, mentre Berenson (1932, p. 524; 1936, p. 451) fa il nome di Segna. 13 De Nicola, in Mostra 1912, p. 37, cat. 85. Inoltre Lusini 1912, p. 135. 14 Coor Achenbach 1954-1955, pp. 79-80. Eadem 1955, p. 162 nota 45. Berenson 1968, I, p. 42. Van Os 1972, p. 79. Maginnis 1974, p. 214. Zeri 1976, I, p. 37. 15 Cfr. bibliografia specifica. 16 Cfr. Borelli 2016, pp. 97-111. 17 Cfr. Coor Achenbach 1954-1955, p. 81 nota 3. Così anche nel primo catalogo della collezione Walters del 1909, per cui cfr. Zeri 1976, I, p. 38. 18 Berenson 1932, p. 292; Idem 1936, p. 251. Van Marle 1934, II, p. 392 nota 2. Wehle 1940, p. 75; qui l’autore suggeriva la pertinenza della Santa Lucia a un polittico smembrato di Pietro (per cui cfr. Zeri, in La Spezia 1997, pp. 180-183). La stessa attribuzione risulta nei cataloghi della collezione Walters del 1922 e 1929.

98. “Polittico Toscanelli”, Firenze, Villa I Tatti

stati superati dall’assegnazione a Niccolò da parte di Coor, che vi notava tratti stilistici riferibili anche a Segna e allo stesso Simone, riconoscibili nonostante le non ottimali condizioni della tavola, che ha subito la perdita di gran parte delle velature superficiali degli incarnati e delle vesti19. Il contributo della studiosa americana è stato ugualmente fondamentale per l’assegnazione a Niccolò delle due tavole con Santa Caterina e San Maurizio di Atlanta (Georgia), fino a quel momento poco considerate dalla critica20. Il loro arrivo oltreoceano, probabilmente già ridotte allo stato attuale, resecate a filo della centina, si deve a Samuel Kress, che le acquistò da Alessandro Contini Bonacossi21. La sua collezione, depositata presso la National Gallery di Washington all’inizio degli anni Quaranta, fu poi suddivisa in diversi musei statunitensi22 . La stessa Coor aveva individuato i santi dell’ordine superiore delle tavole di sinistra nelle coppie di dipinti coi Santi Maria Maddalena e Domenico e i Santi Giacomo e Giovanni Battista già in collezione Ramboux a Colonia, dove alcune fotografie storiche testimoniano il loro assemblaggio in una sorta di dossale con al centro il Redentore di Luca di Tommè23. Giunte al Wallraf-Richartz Museum a seguito della vendita della collezione nel 1867 e dopo un breve passaggio a Lucerna nel 1924, le due tavolette – fino a quel momento ancora inserite nel pastiche – furono divise e i quattro santi, a coppie invertite, presero strade diverse: la Santa Maria Maddalena e il San Giacomo, transitati in diverse raccolte europee, sono giunti in Olanda in collezione van Heek, mentre del San Domenico e

19 Coor Achenbach 1954-1955, pp. 80-81. Resta testimonianza solo di un restauro effettuato nel 1938 per sanare la fenditura verticale delle tavole che ancora si intravede all’altezza dell’occhio sinistro. 20 Cfr. Shapley 1966, pp. 17-18. Qui sono riportati anche i pareri inediti di Fiocco, Longhi e Perkins, che assegnavano le tavole all’ambito senese con riferimenti a Segna e Pietro, e di Berenson, van Marle e Adolfo Venturi, orientati sul nome di Lippo Vanni. 21 Si veda anche P.L. Roberts, in Corpus 2009, I, pp. 60-63. Per le iscrizioni sul retro delle due tavole, che rimandano in particolare alla permanenza in collezione Kress, cfr. Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 503-504. 22 Cfr. cat. 13 (cuspide con Redentore di Raleigh). Il catalogo del deposito di Washington e quello realizzato per la raccolta di Atlanta riportano un’attribuzione a scuola senese: National Gallery 1941, p. 182, cat. 138-139; W. Suida, in Italian painting 1958, pp. 8-11. 23 Fototeca Zeri, nn. 20054-20055.

99. Proposta di ricostruzione del polittico di San Maurizio di Niccolò di Segna (Brüggen Israëls 2015)

del San Giovanni Battista, insieme in due collezioni newyorkesi entro la prima metà del Novecento, si sono attualmente perse le tracce. Ben noti alla critica e inizialmente riferiti a Duccio24, i quattro santi sono stati precocemente e definitivamente attribuiti a Niccolò da Cavalcaselle nel 186425 . A questi Tatiana Kustodieva nel 1979 ha aggiunto, assegnandola a Niccolò su suggerimento di Michel Laclotte, un’analoga coppia con San Francesco e un apostolo forse da identificare con Sant’Andrea, in cui ha individuato l’ordine superiore della tavola di Santa Caterina. Poche le notizie storiche sulla tavoletta, che fu acquistata probabilmente in Italia da Karl August Beine e giunse a San Pietroburgo verso la metà del XIX secolo26. Non è facile neppure stabilire a

24 Katalog 1862, p. 14 25 Cavalcaselle-Crowe 1864, II, p. 59 nota 1. 26 Kustodieva 1979, pp. 71-73. Eadem 2011, pp. 154, 229-230, cat. 220-221. Nel secondo intervento Kustodieva rende nota l’attribuzione a Ugolino contenuta nei cataloghi del museo del 1958 e 1976, mentre in precedenti occasioni la tavoletta era stata assegnata ad un anonimo toscano: Mostra 1922, cat. 4-5. Per l’acquisto in Italia si veda Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 504.

quando risalgano gli interventi di restauro e integrazione di alcune parti delle cornici e del fondo oro segnalate da Kustodieva. Il santo cavaliere recante una mazza ferrata (il baculum), in origine collocato in posizione d’onore a destra della Vergine, solitamente identificato con san Vitale27, è stato riconosciuto come il generale nordafricano della legione tebana Maurizio da Gabriele Fattorini, che ha potuto così suggerire la provenienza del polittico dalla chiesa senese a lui dedicata, sul cui altare maggiore numerosi documenti tra il XV e XVIII secolo ricordano una pala a più figure e una predella con scene della vita di san Maurizio, che risulta ancora dispersa28. Dopo un breve spostamento interno nella seconda metà del Seicento, durante il quale fu posto sull’altare maggiore il trittico di Sano di Pietro dall’altare dei Santi Ambrogio e Girolamo in controfacciata (ora all’Osservanza a Siena)29, il complesso di Niccolò dovette essere rimosso dalla chiesa – e così smembrato – dopo il 1783, quando la parrocchia di San Maurizio fu soppressa e unita a quella di Santo Spirito30 . Nelle figure del polittico ricostruito la critica ha spesso notato, oltre a un substrato duccesco mediato attraverso lo stile di Segna di Bonaventura, la presenza di elementi martiniani e altri riferibili alla maniera di Pietro Lorenzetti. Il percorso di Niccolò si sviluppa in effetti nel solco degli esempi dei massimi artisti senesi del suo tempo e l’influenza di Simone Martini è meglio percepibile nelle opere più antiche; invece un accostamento ai modi lorenzettiani è evidente nella produzione matura, caratterizzata da figure più solide, e si precisa nel corso del quinto decennio del Trecento, come attestano la Croce n. 46 del 1345, gli affreschi di Siena e Monticchiello, fino al polittico della Resurrezione di Sansepolcro (cat. 18, 20-22). Rispetto a queste ultime opere, in cui il ricordo di Simone appare ormai superato, il polittico Coor-Israëls sembra porsi in un momento un po’ precedente, non troppo distante dal più antico polittico n. 38, dove i riferimenti a Pietro sono ancora assenti. Le fisionomie dei santi del complesso di San Maurizio non sono lontane da quelle probabilmente provenienti da San Michele in Poggio San Donato, rispetto alle quali gli sguardi sono però generalmente più gagliardi e i tratti più marcati e definiti, come anche, ad esempio, nella Madonna di Montesiepi (1336; cat. 15). La somiglianza tra gli elementi che compongono i due polittici è stata più volte sottolineata, sia a livello tecnico sia per la decorazione punzonata. Questa ricalca, nelle aureole dei santi maggiori, l’impostazione degli omologhi vallombrosani, con una fascia di elementi fogliacei a risparmio su fondo granito racchiusa all’esterno da una tripla serie di stampi, in questo caso rifinita per tutte le figure da una corona di punzoni a cuspide, presente anche nei nimbi dei santi dell’ordine superiore che, a differenza di quelli del polittico n. 38, presentano all’interno della fascia granita del San Giacomo e del San Giovanni Battista decorazioni a risparmio. La più recente proposta cronologica per il polittico in questione si deve a Israëls, ma il riferimento alla metà degli anni Quaranta pare troppo avanzato, anche relativamente al polittico n. 38, che viene posto dalla studiosa all’inizio di quel decennio. Più condivisibile invece la proposta di Coor di collocare il complesso da lei ricostruito verso il 134031 . Così ricomposto il polittico risulta ancora mancante della predella e delle cuspidi, per le quali è stata presto scartata l’ipotesi di van Os di identificare tre pezzi nel Redentore di Raleigh e nei due Angeli di Cleveland32, accolta solo in un primo momento da Zeri33. Conviene invece prendere in considerazione il frammentario Isaia ora a Esztergom (cat. 17; qui per la prima volta attribuito a Niccolò di Segna), che probabilmente aveva la forma di tavola cuspidata supposta

27 Kaftal 1952, coll. 1025-1026. 28 Fattorini 2008a, pp. 177-178. Ulteriori notizie, sempre tratte da visite pastorali e inventari, sono state raccolte da Machtelt Brüggen Israëls, in Da Jacopo della Quercia 2010, p. 263, cat. C.33; Eadem, in The Bernard and Mary 2015, pp. 502-505. Gli stessi documenti parlano di una speciale venerazione per la Madonna, coperta da un velo ritenuto miracoloso e adornata da corone votive; la stessa tavola viene detta nel Sei-Settecento “Madonna degli Spagnoli” per via della prossimità con la sepoltura dei soldati delle truppe iberiche tumulati in San Maurizio nel periodo dell’occupazione del 1530-1552. 29 Brüggen Israëls, in Da Jacopo della Quercia 2010, ibidem. 30 Liberati 1951-1952, p. 245. Fattorini 2008a, ibidem. 31 Coor Achenbach 1954-1955, p. 87. Zeri 1976, I, p. 38. Fattorini 2008a, ibidem. In questo caso perde sostanza la suggestiva ipotesi di Israëls di individuare in Scolaro di Lapo de’ Cattani di Staggia, priore della chiesa di San Maurizio dal 1344, il committente del polittico (Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 503). 32 Van Os 1972, p. 80. Cfr. cat. 13. 33 Zeri 1976, I, p. 38.

da Israëls nella ricostruzione grafica del polittico per i pezzi di coronamento e suggerita dalla terminazione superiore tradizionalmente trapezoidale della tavola integra di San Bartolomeo, con la cui misura risulta compatibile l’ampiezza della base della tavola ungherese ottenuta dalla proiezione delle linee superstiti alla ricerca del profilo originario. I contorni marcati della figura del profeta e il suo sguardo fiero richiamano in effetti le caratteristiche delle figure ricondotte al polittico Coor-Israëls più che i personaggi vagamente trasognati ed eterei del polittico n. 38.

Bibliografia 16a Collection Toscanelli 1883, tav. XXI; Milanesi, in Catalogue 1883, p. 93; Perkins 1931, pp. 27-28, fig. 14; Berenson 1932, p. 529; Brandi 1933, p. 158; Perkins 1933a, pp. 60-61, fig. 60; Berenson 1936, p. 455; Gregorietti 1960; Russoli 1962, n. XVII; Russoli 1964, n. XVII; Berenson 1968, I, p. 221; Vertova 1969, p. 70; Boskovits 1975, pp. 14-15; De Benedictis 1979, p. 85, 94; Stubblebine 1979, I, p. 155; Maginnis 1990, pp. 104, 116 nota 2; Steinhoff Morrison 1990, pp. 403-411, cat. 17; Tamassia 1995, p. 246; Frinta 1998, pp. 98, 111, 180, 215, 296, 354, 396, 419, 428, 451; Franci, in Duccio 2003, p. 391; Franci 2013; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 500-504, 645-647, cat. 80, 111; Matteuzzi, in La Galleria 2016, p. 43.

Bibliografia 16b [Pini] 1842; Cavalcaselle-Crowe 1885, III, p. 35; Catalogo 1895, p. 17; Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 29; Hutton, in Cavalcaselle-Crowe 1909, II, p. 23; De Nicola, in Mostra 1912, p. 37, cat. 85; Lusini 1912, p. 135; van Marle 1924, II, p. 94; Berenson 1932 p. 524; Brandi 1933, p. 24; van Marle 1934, II, p. 95; Berenson 1936, p. 451; Kaftal 1952, col. 138; Sandberg Vavalà 1953, p. 116; Coor Achenbach 1954-1955, pp. 82, 84-85, 90; Coor Achenbach 1955, p. 162 nota 45; Shapley 1966, p. 17; Berenson 1968, I, p. 300; Carli 1968, p. 42; van Os, in Sienesepaintings 1969, cat. 30-31; van Os 1972, p. 79; Maginnis 1974, p. 214; Zeri 1976, I, p. 37; Torriti 1977, p. 84; Zeri 1978, p. 149; De Benedictis 1979, p. 94; Stubblebine 1979, I, pp. 138, 154; Damiani, in Il Gotico a Siena 1982, p. 92; Zeri, in Dipinti 1984, p. 12; Guiducci, in Restauri 1988, pp. 17-19, cat. 4; Portheine, in The early Sienese 1989, p. 111; Torriti 1990, p. 40; Franci, in Duccio 2003, pp. 364-365; Fattorini 2008a, pp. 177-178; Franci, in La Collezione 2009, I, p. 89; Roberts, in Corpus 2009, I, p. 60; Franci 2013; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 503-504.

Bibliografia 16c Catalogue 1882, p. 8; The Walters collection 1909, cat. 756; de Wald 1929, p. 166; Berenson 1932 p. 292; van Marle 1934, II, p. 392 nota 2; Berenson 1936, p. 251; Wehle 1940, p. 75; Coor Achenbach 1954-1955, pp. 79-80, 90; Shapley 1966, pp. 17-18; Zeri 1968, p. 42; Berenson 1969, I, p. 299; van Os, in Sienese paintings 1969, cat. 30-31; van Os 1972, pp. 78-83; Maginnis 1974, p. 214; Zeri 1976, I, pp. 37-39; Zeri, in Dipinti 1984, p. 12; Portheine, in The early Sienese 1989, p. 111; Franci, in Duccio 2003, pp. 364-365; Roberts, in Corpus 2009, I, p. 60; Franci, in La Collezione 2009, I, p. 89; Fattorini 2008a, pp. 177-178; Franci 2013; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 503.

Bibliografia 16d-e National Gallery 1941, pp. 182-184, cat. 138-139; Kaftal 1952, col. 1026; Coor Achenbach 1954-1955, pp. 81-82; Suida, in Italian paintings 1958, pp. 8-11; Masterpieces 1965, p. 4; Shapley 1966, pp. 17-18; Berenson 1968, I, p. 298; van Os, in Sienese paintings 1969, cat. 30-31; Fredericksen-Zeri 1972, pp. 150, 553; van Os 1972, pp. 79, 81; Shapley 1973, p. 382; Maginnis 1974, p. 214; Zeri 1976, I, p. 37; De Benedictis 1979, p. 94; Stubblebine 1979, I, pp. 138, 153-154; Zafran, in European 1984, pp. 24-25; Zeri, in Dipinti 1984, p. 12; Boskovits 1985b, p. 126; Portheine, in The early Sienese 1989, p. 111; Frinta 1998, pp. 323, 423, 431, 446; Maginnis, in Sacred Treasures 2002, pp. 24, 68-69, cat. 11; Fattorini 2008a, pp. 177-178; Roberts, in Corpus 2009, I, pp. 60-63; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 503-504.

Bibliografia 16f-g, h-i Katalog 1862, p. 14; Heberle 1867, lotti 66-67; Cavalcaselle-Crowe 1864, II, p. 59 nota 1; Cavalcaselle-Crowe 1885, III, p. 35; Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 29 nota 4; Cavalcaselle-Crowe 1909, II, p. 23 nota 4; Perkins 1913, p. 38; van Marle 1924, II, pp. 106, 153, 156; Berenson 1930, p. 31, fig. 2; Berenson 1930-1931, p. 263, fig. p. 266; Berenson 1932, p. 396; Italiaansche kunst 1934, p. 116, cat. 390; Berenson 1936, p. 341; Coor Achenbach 1954-1955, p. 84; Coor Achenbach 1956, p. 114; Berenson 1968, I, p. 299; Berenson 1969, p. 21; van Os, in Sienese paintings 1969, cat. 30-31; van Os 1972, p. 79; Maginnis 1974, p. 214; Zeri 1976, I, p. 38; van Os 1978, p. 172 nota 11; Torriti 1977, p. 84; De Benedictis 1979, p. 94; Stubblebine 1979, I, p. 154, II, figg. 486-487, 489; Wright 1980, p. 345; Zeri, in Dipinti 1984, p. 12; Huis Bergh 1987, p. 140, cat. 26-27; Portheine, in The early Sienese 1989, pp. 109-112; Fattorini 2008a, p. 178; Roberts, in Corpus 2009, I, p. 60; Franci 2013; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 503.

Bibliografia 16l Voinov 1922, p. 76; Lazarev 1959, p. 285, cat. 264; Kustodieva 1979, pp. 71-73; Kustodieva 1982, pp. 5-7; Zeri, in Dipinti 1984, p. 12; Franci, in Duccio 2003, pp. 364-365; Fattorini 2008a, p. 178; Franci 2013; Kustodieva 2011, pp. 154, 229-230, cat. 220-221; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, p. 504.

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