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12. Polittico con la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
12. Niccolò di Segna Polittico con la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista Pienza, Museo Diocesano (inv. 4-6) Seconda metà del quarto decennio
Tempera e oro su tavola Cm 74 x 40 (centrale); cm 58 x 31 (laterali) Provenienza: San Giovanni d’Asso, pieve di San Giovanni Battista. Iscrizioni: “ECCE | AGN|US D|EI ECC|E QUI | TOLL|IS(sic) PE|CHAT|A MU(N)|[DI]” (Gv 1,29), cartiglio di san Giovanni Battista.
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Le tavole del trittico si presentano separate, prive delle cornici e semplicemente centinate, certamente a causa della resecatura della tradizionale finitura regolare superiore. I tre pezzi sono descritti da Francesco Brogi nel 1862 nella sacrestia di San Giovanni Battista a San Giovanni d’Asso1, pieve da cui risultano prestate per le mostre di arte senese del 1904 e 19122 e dove ancora le colloca Stubblebine alla fine degli anni Settanta del secolo scorso3. La loro presenza in questo edificio è del resto probabilmente testimoniata già da un inventario di suppellettili sacre e mobili del 1753, che ricorda nel coro “una tavola dipinta all’antico con tre immagini di santi vecchie assai”4. All’epoca e fin dal 1539 il patronato della chiesa spettava alla famiglia Pannilini (proprietaria dell’opera)5, che ancora deteneva questa carica all’inizio del Novecento e alla quale si deve il riassetto seicentesco dell’interno e la costruzione di nuovi altari, decorati con dipinti commissionati per l’occasione6. È possibile che il trittico sia stato rimosso in questo periodo dalla sua presumibile collocazione originaria sull’altare maggiore, pur forse mantenendo ancora la sua integrità. Passate nelle collezioni del Museo Diocesano di Pienza, le tre tavole furono sottoposte entro il 1998 al restauro dei supporti e delle superfici dipinte. A un precedente intervento non documentato, che Laura Martini suppone risalente alla fine del XIX secolo, si ascrive il rifacimento delle dorature e la parziale ridipintura delle figure già osservati da Giacomo De Nicola, Vittorio Lusini e Frederick Mason Perkins7 . Il trittico, poco considerato dalla critica, è stato riferito da Brogi e Douglas a Segna di Bonaventura8 e alla maniera di Duccio, in relazione con il polittico n. 38 e il San Bartolomeo n. 37 della Pinacoteca senese, in occasione delle mostre di inizio Novecento9, quando Perkins nega la paternità di Niccolò di Segna10. Van Marle torna a considerare il trittico insieme alle tavole della Pinacoteca in riferimento a un Maestro di Montalcino11. Accostandolo alle
1 Brogi 1897, p. 523. Il santo di destra è indicato come san Giacomo. 2 Mostra 1904, pp. 305-306, cat. 15-17. Mostra 1912, p. 31, cat. 61-63. Lusini 1912, pp. 129-130, cat. 63-65. 3 Stubblebine 1979, I, p. 155. 4 Raffaelli 1977, p. 25. Come denuncia la premessa, le notizie sono ricavate dallo spoglio degli Archivi Parrocchiali di San Giovanni d’Asso e di chiese vicine e dei documenti conservati presso l’Archivio Vescovile di Pienza. 5 Mostra 1912, ibidem. 6 Raffaelli 1977, pp. 11-12. Lusini 1912, p. 130. 7 Mostra 1912, ibidem. Lusini 1912, p. 129; l’autore riferisce inoltre della presenza di cornici di cristallo, evidentemente moderne. Perkins 1913, p. 36; lo studioso ritiene di poter ascrivere il “nefasto” intervento al restauratore Monti, attivo a Siena verso la seconda metà dell’Ottocento. L’ultimo restauro è stato realizzato da Vinicio Guastatori ed Edith Liebhauser: cfr. Museo Diocesano 1998, pp. 26-27. 8 Brogi 1897, ibidem. Douglas, in Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 28 nota 1. 9 Mostra 1904, ibidem. Lusini 1912, pp. 129-130. 10 Perkins 1913, ibidem. 11 Van Marle 1924, II, p. 94, fig. 57. Lo studioso denomina così l’anonimo autore del trittico proveniente dal locale conservatorio di Santa Caterina.
stesse opere, Gertrude Coor assegnava indirettamente il trittico a Niccolò di Segna, a cui lo confermava Boskovits, seguito da De Benedictis12 contemporaneamente all’attribuzione di Stubblebine al suo effimero Maestro di Sansepolcro13, il cui corpus è quasi del tutto da ricondurre a Niccolò. Se la critica più recente accetta unanimemente il riferimento a questo artista, c’è ancora incertezza sulla collocazione cronologica: Beatrice Franci e Gabriele Fattorini, come già Stubblebine, ritengono il trittico un prodotto maturo, da riferire al quinto decennio del Trecento14; Martini invece suggerisce una datazione verso il 1330, scorgendo nelle figure un richiamo da un lato alla Madonna col Bambino di Cortona, dall’altro al polittico n. 38 e una costante duccesca unita a elementi derivati da Ugolino di Nerio15 . Le durezze espresse soprattutto nei due laterali ricordano i modi di Duccio e l’attività estrema di Ugolino delle figure gagliarde delle tavole di San Casciano e del polittico ora agli Uffizi in collezione Contini Bonacossi, significativamente proveniente da San Pietro in Villore presso San Giovanni d’Asso16; alcuni schematismi nella resa delle fisionomie richiamano ancora la serafica tavola di Cortona. Nel trittico tuttavia il senso di appiattimento delle figure è ormai superato, grazie a una migliore gestione delle volumetrie e al più complesso sviluppo dei panneggi, che segnano un’evoluzione rispetto alle prime Madonne, che presuppone il passaggio attraverso l’esperienza del polittico n. 38, di cui richiama la ricchezza dei panneggi nell’articolazione dei manti della Vergine e dell’Evangelista, rifiniti con bordi preziosi. Le figure di Pienza hanno inoltre una maturità di disegno e di intenzione che le rende più prossime alla Madonna di Villa I Tatti (cat. 16a), con cui il centrale ha in comune – come spesso notato – la forte scorciatura del volto della Vergine e il gesto del Bambino. Non corrisponde invece la resa dei panneggi, più essenziali nella tavola ora a Settignano e nelle altre che con questa componevano il polittico di San Maurizio. Niccolò, seguendo una pratica piuttosto diffusa nella sua bottega, propone nel trittico e nell’ordine superiore del polittico senese lo stesso tipo fisico del san Giovanni Battista; tuttavia la resa minuziosa e mossa del vello della figura pientina richiama piuttosto l’omologo dell’ordine superiore del polittico n. 38. Il trittico di San Giovanni d’Asso pare dunque inserirsi, entro la seconda metà del quarto decennio17, tra la produzione dei primi anni Trenta e il polittico ricostruito da Coor e Israëls, come tappa dello sviluppo stilistico verso la nettezza delle figure del complesso di San Maurizio rispetto a quello vallombrosano, che sembra tradursi in una ricerca di sinteticità ancora non perfettamente padroneggiata, che ha come conseguenza la creazione di figure dai volti meno sensibili e atteggiamenti un po’ bloccati. Il trittico di San Giovanni d’Asso era forse completato dalle cuspidi col Redentore e due Angeli ora a nei musei americani di Raleigh e Cleveland, come ipotizzò per primo Giacomo De Nicola18. Tuttavia questa affermazione merita ancora una riflessione attenta – per cui si rinvia alla scheda successiva (cat. 13) – data la mancata descrizione dei tre elementi sia nell’inventario settecentesco che in quello più accurato di Brogi, che vede solo tavole centinate, a fondo oro e “restaurate”, dalle misure coincidenti con quelle attuali19 .
12 Coor Achenbach 1954-1955, p. 87 nota 20. Boskovits 1975, p. 15. De Benedictis 1979, p. 94. 13 Stubblebine 1979, ibidem. A questo nome associa il polittico anche Andrew Ladis, in Corpus 2009, III, pp. 648-649. 14 Franci, in Duccio 2003, p. 365; Eadem 2013. Fattorini 2006, p. 313. 15 Museo Diocesano 1998, ibidem. 16 Per quest’opera e la vicenda del suo passaggio in collezione Contini Bonacossi con la partecipazione della famiglia Pannilini cfr. Santi-Romani 2005, pp. 94-101. 17 Interessante il riferimento alla data 1327 per la chiesa di San Giovanni Battista riportato da Franco Raffelli (1977, p. 11), da interpretare forse come data di consacrazione dell’edificio in buona coerenza con la realizzazione di lì a poco del polittico da parte di Niccolò di Segna. La presenza di Ugolino a San Giovanni d’Asso in un momento ravvicinato, quando dipinse il trittico di San Pietro in Villore, potrebbe aver favorito la commissione al suo più giovane sodale. 18 Mostra 1912, ibidem. 19 Restando nel territorio di San Giovanni d’Asso, altrove Brogi descrive altri due polittici, quello in San Lorenzo a Montegriffoli (Museo Diocesano di Pienza) e quello di Ugolino in San Pietro in Villore, soffermandosi anche sulle cuspidi, del resto tuttora conservate da entrambe le opere: Brogi 1897, pp. 524, 526-527.
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Bibliografia Ricci, in Mostra 1904, pp. 305-306, cat. 15-17; Douglas, in Cavalcaselle-Crowe 1908, III, p. 28 nota 1; Hutton, in Cavalcaselle-Crowe 1909, II, p. 24; Bargagli Petrucci 1911, p. 17; De Nicola, in Mostra 1912, p. 31, cat. 61-63; Lusini 1912, pp. 129-130, cat. 63-65; van Marle 1924, II, p. 94, fig. 57; Coor Achenbach 1954-1955, p. 87 nota 20; Boskovits 1975, p. 15; Raffelli 1977, p. 11; De Benedictis 1979, p. 94; Stubblebine 1979, I, p. 155, II, figg. 531-533; Kanter 1994, p. 83 nota 1; Museo Diocesano 1998, pp. 23, 26-27; Franci, in Duccio 2003, p. 265; Fattorini 2006, p. 313; Ladis, in Corpus 2009, III, pp. 648-649; Franci 2013; Brüggen Israëls, in The Bernard and Mary 2015, pp. 498-499; Matteuzzi, in La Galleria 2016, p. 43; Bagnoli, in Ambrogio 2017, p. 230.