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25. San Gregorio Magno appare a Santa Fina morente
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
25. Francesco di Segna San Gregorio Magno appare a Santa Fina morente San Gimignano, collegiata di Santa Maria Assunta 1326 ca.
Pittura a fresco Iscrizioni: “APPARET FINE DOC|TOR GREGORIUS AL|ME REVELANS OBI|TUM PROMICTENS | MUNERA PALME”, in basso a sinistra.
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La lunetta sinistra della settima campata della navatella destra della collegiata di Santa Maria Assunta a San Gimignano è decorata con la scena dell’apparizione di san Gregorio Magno a Fina, da anni inferma a causa di una grave malattia, per predirle la prossima morte, che sarebbe avvenuta il 12 marzo 1253, nel giorno a lui dedicato. La giovane, con le mani giunte, è distesa su un’asse e la balia Beldia le sorregge il capo; in basso alcuni topi si avvicinano al suo corpo per cibarsi delle sue carni, piagate dalla lunga immobilità, secondo quanto tramandato dalle leggende della piccola santa1 . L’affresco viene a trovarsi di fronte all’ingresso della cappella di Santa Fina, edificata da Benedetto da Maiano negli anni Settanta del XV secolo per accogliere il sepolcro da lui stesso realizzato e decorata da Domenico Ghirlandaio con due storie affrescate della santa: la stessa Apparizione di San Gregorio e le Esequie di Santa Fina2. Le recenti ricerche sulle strutture e la decorazione della collegiata e sulla relativa documentazione hanno permesso a Bagnoli di contestualizzare l’affresco nella storia costruttiva e devozionale dell’edificio sacro, ipotizzando che l’apertura dell’arco di accesso al sacello quattrocentesco abbia comportato la perdita di un’altra lunetta dedicata alla patrona di San Gimignano, raffigurante probabilmente i suoi funerali3. Lo studioso ha potuto formulare la fondata ipotesi che la settima campata fosse stata destinata alla venerazione della giovane santa a seguito della delibera dei Signori Nove di San Gimignano nel 1323 di traslare il corpo dalla pieve alla collegiata, entro un degno sepolcro, menzionato in effetti in un successivo documento del 1326, dove si fa riferimento anche a un altare e alla realizzazione della decorazione4. A queste date Bagnoli riferisce dunque l’affresco superstite, in relazione alla consuetudine di fornire le tombe dei santi novelli di rappresentazioni di significativi episodi delle loro vite. La lunetta precederebbe così di circa un decennio la decorazione delle navate con scene del Nuovo Testamento, realizzate dai fratelli Lippo e Tederigo Memmi5. Diversa rispetto a quella a cielo stellato delle campate corrispondenti a questo ciclo, la decorazione a quadrilobi della volta della settima campata, insieme agli elementi geometrici delle cornici e dei costoloni, dovrebbe essere pressoché coeva all’affresco della lunetta e rimandare alle fasi più antiche della costruzione della collegiata, nella zona del transetto verso il 1314 e poi nelle navate – a partire dalla destra – tra la fine del terzo e l’inizio del quarto decennio, secondo le testimonianze di alcuni documenti relativi a stanziamenti per le costruzioni (1327, 1333)6 . Finora solo Bellosi nel 1970 si era espresso circa la possibile datazione dell’affresco, riferendolo all’inizio del terzo decennio e considerando il suo autore un pittore vicino a Segna di Bonaventura e Niccolò di Segna, a cui assegnare la Madonna col Bambino del Museo di Lucignano, gli affreschi della cappella Agazzari in San Martino a Siena (cat. 28-29) e, in modo meno pertinente, la Madonna di Cortona, opera dello stesso Niccolò (cat. 9). È sempre questo studioso a indirizzare Bagnoli ad assegnare a Francesco di Segna questo piccolo gruppo di opere7, confermato recen-
1 Cfr. Castaldi 1927. Beldia è protagonista di uno dei primi miracoli post mortem, avvenuti presso il corpo esposto della santa, che le avrebbe risanato la mano rattrappita per la lunga e costante opera di assistenza. 2 Cfr. Migliorini 2008. 3 Bagnoli 2009b, pp. 437, 439. 4 Cfr. Appendice (a cura di F. Pozzi), in La Collegiata 2009, nn. 32-34. 5 Spannocchi 2009, pp. 445-458. 6 Bagnoli 2009a, pp. 386-389; Idem 2009b, ibidem. 7 Bagnoli 1997, p. 18.
temente con alcune aggiunte. Le prime citazioni della lunetta proponevano invece il nome di Niccolò, sulla scia del parere di Cavalcaselle riportato nella guida di San Gimignano di Romualdo Pantini del 19118. Tuttavia già Carli aveva espresso dubbi su questa attribuzione9 e Padovani, notando la differenza di mano rispetto a Niccolò, aveva inserito l’affresco nel catalogo del Maestro della Croce di Buonconvento10, in parte coincidente col primo raggruppamento di Bellosi e in parte composto da altre opere, molte delle quali effettivamente da confermare a Francesco di Segna, pittore in cui si può identificare l’anonimo autore della Croce del Museo della Val d’Arbia (cat. 26). L’attribuzione a Niccolò non rende in effetti giustizia al più abile dei figli di Segna, con la cui produzione questa lunetta non mostra peraltro particolari affinità. Tra le opere assegnate a Francesco, la Madonna col Bambino di Lucignano offre invece nella piccola immagine di monna Muccia Ciantari (fig. 107) un buon confronto – per quanto più maturo – per la rappresentazione di santa Fina, per la linea della figura e delle mani poco definite e soprattutto per le caratteristiche del volto, in particolare il naso e la struttura ovale, che ritornano in molti altri affreschi di Francesco, come quelli di Santa Colomba (cat. 30) e della cappella Agazzari. In alcuni brani di questi ultimi ricorre inoltre l’effetto di ribaltamento dei piani che caratterizza la tavola su cui giace Fina, che contribuisce alla definizione di uno spazio schematico quanto illogico. Nella lunetta sono recuperati dettagli delle storie della Maestà di Duccio, in particolare il soffitto cuspidato del pinnacolo dell’Incredulità di San Tommaso, il cui effetto cassettonato viene ripreso anche da Simone Martini ad Assisi ed è del resto piuttosto diffuso a Siena. L’essenzialità e la scarsa padronanza dello spazio, in cui si inseriscono poco abilmente figure di qualità ancora acerba, confermano la collocazione proposta da Bagnoli nei primi anni di attività di Francesco, che probabilmente risente nella struttura dei personaggi e nelle profonde pieghe del panneggio di Beldia delle pitture già realizzate nella collegiata nei decenni precedenti ad opera di Memmo di Filippuccio e della sua bottega.
Bibliografia Pantini 1911, p. 40; Chellini 1921, pp. 57-58; Perkins 1932b, p. 83; Carli-Cecchini 1962, p. 75, tavv. 52-53; Bellosi, in Arte in Valdichiana 1970, p. 9; De Benedictis 1979, p. 94; Padovani, in Mostra 1979, pp. 68-70; Boskovits 1982, p. 502; Padovani, in Mostra 1983, pp. 37-40; Bagnoli 1997, p. 18; Bagnoli 2003, pp. 276-277 nota 26; Bagnoli 2009b, p. 437; Franci 2013.
8 Pantini 1911, p. 40. Con l’eccezione di Perkins, che parla di un duccesco tardo, cfr. bibliografia specifica. 9 Carli-Cecchini 1962, p. 75. 10 Padovani, in Mostra 1979, p. 68; Eadem, in Mostra 1983, pp. 37-40. Così anche Boskovits 1982, p. 502.
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