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San Frediano(?), Santa
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
27. Francesco di Segna Miracoli di San Leonardo; Cristo Giudice; quattro Evangelisti, Sant’Agostino, San Francesco, San Frediano(?), Santa Siena, chiesa di San Martino 1333
Pittura a fresco Iscrizioni: “HOC OP(US) FE[CIT] F[IER]I BA[…]S DE SENIS AN(N)O D(OMI)NI MCCCXXXIII”, sotto le scene dell’ordine inferiore.
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La cappella Agazzari, ricavata alla base del campanile della chiesa di San Martino a Siena, conserva diversi affreschi, resi nuovamente leggibili da un recente restauro, grazie al quale è stato possibile recuperare anche un’iscrizione frammentaria che conserva la data 13331. Sul sottarco ogivale della parete sinistra sono raffigurati i quattro Evangelisti, una Santa non identificata e i Santi Agostino, Francesco e probabilmente Frediano. Sopra la finestra si trova un Cristo Giudice, sul sottarco a tutto sesto della parete destra alcuni Apostoli ed entro una nicchia una Crocifissione riferibile a un seguace di Simone Martini. Nella lunetta della parete sinistra è raffigurata invece una scena della leggenda di san Leonardo, ossia il suo intervento in aiuto della regina Clotilde durante il parto2. Il santo francese è raffigurato in atto di benedire il neonato in fasce che gli viene accostato da un’ancella, mentre su un’alcova rifinita con un cuscino decorato coi gigli di Francia, a sottolinearne il lignaggio regale, si trova, circondata da altre tre donne, la puerpera provata dai dolori del parto, che Leonardo ha provvidenzialmente contribuito a placare. A fianco del vano principale, seduti entro una sorta di atrio, stanno due uomini, uno dei quali, coronato, è identificabile col re dei Franchi Clodoveo. Tutto intorno al palazzo in primo piano si stende un rigoglioso paesaggio boschivo abitato da ogni specie di uccelli, a ricordare la circostanza dell’evento, occorso durante una battuta di caccia; il contesto collinare è completato in alto dalla sagoma di un castello e a sinistra da una chiesa. Lo spazio del registro inferiore è spartito in tre scene, almeno le prime due raffiguranti episodi postumi riferibili al santo, che appare a mezza figura sospeso in una piccola nube. A sinistra Leonardo interviene durante il letale crollo di un edificio; al centro scoperchia una torre e così, nonostante la presenza di due soldati, libera un prigioniero in veste bianca e catena al collo3. Nella scena di destra Leonardo è in piedi presso un altare, davanti al quale sono inginocchiate due figure difficilmente identificabili a causa della lacuna in corrispondenza dei loro volti: potrebbero tuttavia rappresentare una coppia di committenti della famiglia Agazzari, i cui stemmi sono presenti all’interno della cappella4 . L’abito canonicale bianco con cappa nera con cui è insolitamente raffigurato san Leonardo – così come sant’Agostino e san Frediano – ricorda la reggenza della chiesa di San Martino da parte dei Canonici Regolari di San Frediano a Lucca che, come pensa Bagnoli, potrebbero aver avuto un ruolo nella definizione del programma iconografico della cappella5 . L’attribuzione a Niccolò di Segna proposta da Berenson nel 1932 è stata sostenuta dalle pur non numerose voci critiche che negli anni Trenta si sono occupate dei rovinati affreschi senesi (Brandi, van Marle); così ancora De
1 Bagnoli 2003, pp. 272, 276 nota 28. 2 La prima corretta identificazione del soggetto principale della decorazione della cappella Agazzari si deve a Raffaele Argenziano (in Bagnoli 2003, p. 276 nota 28). 3 Cfr. Kaftal 1952, coll. 628-633; qui sono segnalati solo l’episodio principale del parto di Clotilde e la generica quanto topica liberazione di un prigioniero, che corrisponde all’azione di san Leonardo nella scena centrale del registro inferiore. Nella chiesa dell’eremo di San Leonardo al Lago, sul piedritto dell’arco del presbiterio, Lippo Vanni ha affrescato quattro miracoli post mortem del santo titolare, ugualmente raffigurato in mezzo a una nuvola, ma solo la liberazione di un prigioniero è assimilabile alle scene in San Martino a Siena (cfr. Cornice 1990, p. 289). 4 Di rosso, alla croce doppiomerlata d’argento. 5 Bagnoli 2003, p. 272.
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Benedictis nel 1979, che ha creduto di riconoscere nella scena narrativa principale un episodio della vita del beato Pippo Ancarani. Già in precedenza, tuttavia, Bellosi aveva preferito inserire gli affreschi di San Martino nel piccolo corpus dell’anonimo poi identificato con Francesco di Segna e lo stesso aveva fatto Padovani, seguita da Boskovits, assegnandoli al Maestro della Croce di Buonconvento. Bagnoli ha riferito a Francesco gli affreschi fin dal 1997 e nel 2003, grazie alla rinnovata leggibilità delle pitture, ha ritenuto di poter individuare nelle figure di Apostoli del sottarco la mano del padre Segna, che avrebbe dunque avviato la decorazione in un momento precedente (essendo già morto nel 1331)6. In effetti la qualità del loro modellato e l’articolazione dei volti, diversa ad esempio da quella del Cristo Giudice, spinge a ipotizzare la presenza di un altro pittore, del quale tuttavia le cattive condizioni delle pitture non permettono di precisare con sicurezza l’identità. Il tradizionale accostamento a Niccolò rende conto delle già sottolineate affinità di Francesco con la produzione del fratello, dalla quale comunque gli affreschi della cappella Agazzari sono facilmente scorporabili, se confrontati con quelli più certamente riferibili alla mano del più abile tra i due pittori. Pur tenendo conto della discrepanza cronologica, si deve notare che, rispetto a queste in San Martino, le figure del Transito di San Giovanni Evangelista mostrano una maggiore sensibilità nella resa dei volti meglio caratterizzati e delle strutture fisiche più definite. I personaggi della scena principale dei Miracoli di San Leonardo sono invece prossimi a quelli degli affreschi di santa Fina a San Gimignano e della chiesa di Santa Colomba presso Monteriggioni (cat. 25, 30), in cui ricorre tra l’altro la resa ovale e piena dei volti più giovani, con occhi solitamente allungati. Rispetto alla lunetta sangimignanese è chiara la maturazione che permette a Francesco di organizzare piacevolmente uno spazio architettonico articolato, che ricorda nel piccolo vano che ospita re Clodoveo le sperimentazioni spaziali già proposte da Pietro Lorenzetti ad Assisi e riprese di lì a poco nella Natività della Vergine per il Duomo di Siena. Bagnoli imputa alla frequentazione di questo maestro l’accresciuta capacità di Francesco di tornire volumetricamente le figure e di inserirle nello spazio; un’osservazione che vale in particolare proprio per la buona resa del vano minore, mentre la scena principale conserva alcune schematizzazioni che rimandano alla produzione precedente (lunetta di santa Fina), come la compressione prospettica, il forte ribaltamento del letto su cui giace Clotilde e un certo imbarazzo nella costruzione della volta cassettonata. La presenza dell’inatteso e ricco paesaggio naturale, un unicum nella produzione nota di Francesco, che nella Natività di Santa Colomba offre la visione di una campagna ben più semplificata, trova pochi riscontri nella coeva pittura senese e sembra semmai sviluppare singolarmente i più austeri sfondi naturalistici ducceschi prima delle vedute di Ambrogio nel Buongoverno7 .
Bibliografia Berenson 1932, p. 396; Perkins 1932c, p. 238; Brandi 1933, p. 225; van Marle 1934, II, p. 150, fig. 101; Berenson 1936, p. 341; Berenson 1968, I, p. 300; Bellosi, in Arte in Valdichiana 1970, p. 9; De Benedictis 1979, p. 94; Padovani, in Mostra 1979, p. 68; Boskovits 1982, p. 502; Bagnoli 1997, p. 18; Bagnoli 2003, pp. 272, 276 nota 28; Bagnoli 2009b, pp. 440, 442, fig. 5; Franci 2013.
6 Cfr. bibliografia specifica. 7 Cfr. Bellosi 2006a, pp. 295-303; Idem 2006b, pp. 85-103.
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