Non di Solo Pane n°715 - 21 Giugno 2015

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Non di solo

PANE Sussidio di preghiera per la famiglia Domenica 21 Giugno 2015 Tempo Ordinario

Anno XV - n째

Itinerario quotidiano di preghiera

715


Offerta della giornata “Pregare, forse il discorso più urgente”

Sussidio di preghiera per la famiglia

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Giugno 2015

Offerta quotidiana Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, Madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno, in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre. Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giornagiornata. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le parole, le azioni, le gioie e le sofferenze in unione con il Cuore del tuo Figlio Gesù Cristo che continua ad offrirsi a te nell’Eucaristia per la salvezza del mondo. Lo Spirito Santo che ha guidato Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi affinché io possa essere testimone del tuo amo-

re. Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego specialmente per le intenzioni che il Santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo mese Intenzione del Santo Padre Perché i migranti e i rifugiati trovino accoglienza e siano trattati con rispetto nei Paesi nei quali giungono.

Intenzione missionaria Perché l'incontro personale con Gesù susciti in molti giovani il desiderio di offrirgli la propria esistenza nel sacerdozio o nella vita consacrata.

Intenzione dei vescovi Perché venga annunciato il cuore del messaggio cristiano, piuttosto che alcuni aspetti dottrinali e morali.

Intenzione del Vescovo di Brescia Mons. Luciano Monari Perché i credenti crescano nella fede, nella speranza e nell'amore e siano veri testimoni di Cristo nel mondo.

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XII Domenica del Tempo Ordinario L’amicizia non deve essere una specie di dazio per esigere doverosi tributi ma piuttosto una fonte di vera gioia e un abbellimento della vita. (Sant’Ambrogio)

Domenica 21 Giugno IV Settimana del Salterio

Il santo del Giorno: Santa Demetria di Roma

Santa Demetria era un tempo commemorata nel Martirologio Ro­ mano al 21 giugno, ma nei repertori agio­ grafici il suo dies na­ talis è riferito in gior­ ni diversi. Secondo la leggendaria passio di Pimenio sarebbe stata figlia dei martiri Fla­

viano e Dafrosa e so­ rella di Santa Bibiana. Dopo la morte dei genitori, arrestata in­ sieme con la sorella e condotta alla presenza dell'imperatore Giu­ liano, improvvisa­ mente morì di spa­ vento. Come per i suoi familiari, anche

per Demetria bisogna dire che si tratta di un personaggio storica­ mente incerto. Etimologia: Demetria = sacra alla dea De­ metra, dal greco. Emblema: Palma.

Brano Evangelico: Mc 4, 35­41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tem­ pesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo sve­ gliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbedi­ scono?». Contemplo: Perché avete paura? (Mc 4,40) Gesù è «consolazione» con la sua presenza sulla barca della Chiesa, e le sue parole sono «esortazione» a non avere paura. Non siamo noi a possedere la verità, ma è la Verità, cioè Gesù stesso, che ha scelto di restare con noi. «In virtù della perseveranza e della consolazione che ci provengono dalle Scritture - le parole di Gesù teniamo viva la speranza» (Rm 15,4). Siamo «pieni di consolazione, pervasi di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4).

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P a g i n e

b i b li c h e

Le tempeste della vita.

A cura di don Luciano Vitton Mea

Oggi san Marco ci presenta il brano della tempesta sedata. Non ci sono dubbi che la barca che sta per essere travolta dalle onde im­ petuose rappresenta la nostra vita quando viene visitata dalla soffe­ renza, dalle difficoltà e dalle crisi. Cerchiamo, avvalendoci dell’aiuto dei padri della chiesa, di analizzare i singoli passaggi di questo brano così ricco di suggestioni.

necessario andare contro qualcosa per arrivare poi all'altra riva, sinoni­ mo di una fede matura ed autentica. Il bambino impara a camminare solo quando ha fatto molti ruzzoloni; così nel rapporto con Dio: la fede cresce e matura solo se passa attraverso il crogiuolo della “fatica del credere” o, come la chiama San Giovanni della Croce, la notte oscura dello spirito.

«In quel medesimo giorno, verso sera». S. Agostino commen­ ta così queste parole: è lo stesso giorno in cui Gesù aveva esposto le due parabole della semente e del chicco di senapa che rappresenta­ no la pienezza della nostra vita spirituale e il testo, precisando che si tratta di «quel medesimo gior­ no» e facendo riferimento a quelle parabole, vuole dirci che per arri­ vare là, alla pienezza dello spirito, bisogna passare attraverso le crisi.

«Lo presero con sé, così com'era»: Dio va accentato nel misterioso disegno della sua volontà, così com’è. «Dio non è il “tappabuchi” dei nostri bisogni, non è colui che possiamo utilizzare per colmare le nostre insufficienze. Ė proprio di una religiosità primitiva e infantile voler piegare Dio alle necessità del momento». (K. Barth)

«Verso sera»: le tenebre sono il primo sintomo della tempesta dello spirito, quando ciò che sem­ brava deciso dalla volontà crolla. «Passiamo all'altra riva». Il testo nella traduzione esatta dice «contro» l'altra riva, come se fosse

«Le onde nella barca»: è il mo­ mento culminante della crisi, e non c'è nessun punto d'appoggio; dallo spirito escono considerazioni amare sulla vita, le certezze vengono meno, si rimane soli. «E dormiva»: è quando, nel tor­ mento della crisi, il fuoco dell'amore si raffredda e la fede si è intorpidita. È il momento del maggior turba­

mento e ci rivolgiamo a tutti, scon­ trandoci con tutti, mentre Dio sembra dormire, zittito dal torpore del nostro egoismo. «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» Quando infuria la tempesta solo noi possiamo fare qualcosa: ricorrere a quella voce che abbiamo zittito dentro di noi, e il Cristo ridona la tranquilli­ tà. È la voce della nostra coscienza che può imporre il silenzio: quando sale il sussurro di morte ed è il mo­ mento in cui l'uomo è tentato di gu­ stare la morte, la coscienza allora deve imporre il silenzio. «Il vento cessò e vi fu grande bonaccia»: per significare che era com­ pletamente cessata la burrasca, perché quando riusciamo a imporci con un «taci» imperativo, allora torna la cal­ ma e il silenzio. La grande bonaccia ci mostra Dio: quando noi riusciamo ad ascoltare la voce della coscienza, allora ubbidiamo a Dio e tutto ritorna nella tranquillità. S. Ambrogio com­ menta: nessuno può attraversare la vita senza crisi, siamo sottoposti a tempeste spirituali, ma svegliamo quel navigatore che è in noi e che è il solo in grado di dominarle; è il nostro sonno che lo fa dormire.

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P a g i n e

b i b li c h e

Preghiamo la Parola

Contemplazio:

L’anima che non dimora in Cristo è infelice Dalle “Omelie” attribuite a San Macario, Vescovo. Una casa, non più abitata dal padrone, rimane chiusa e oscura, cadendo in abbandono; di conseguenza si riempie di polvere e di sporcizia. Nella stessa condizione è l'anima che rimane priva del suo Signore. Prima tutta luminosa della sua presenza e del giubilo degli angeli, poi si immerge nelle tenebre del peccato, di sentimenti iniqui e di ogni cattiveria. Povera quella strada che non è percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna voce d'uomo! Essa finisce per essere il ritrovo preferito di ogni genere di bestie. Povera quell'anima in cui non cammina il Signore, che con la sua voce ne allontani le bestie spirituali della malvagità. Guai alla terra priva del contadino che la lavori! Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalla tempesta andrà in rovina. Guai all'anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata dagli spiriti maligni come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina. Guai all'anima priva di Cristo, l'unico che possa coltivarla diligentemente perché produca i buoni frutti dello Spirito! Infatti, una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e da rovi e, invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai a quell'anima che non avrà Cristo in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina di vizi.

Signore Gesù, ti rendiamo grazie perché non cessi d'insegnarci come affrontare le tempeste che agitano la nostra vita e la storia degli uomini, nostri fratelli. Con lo sguardo del cuore fisso su di te, sapremo abbandonare ciò che rende greve la nostra barca, rafforzeremo la nostra fiducia, sapremo sciogliere le vele e sentiremo forte la certezza che con te, qualunque cosa accada, qualunque bufera ci insidi, siamo al sicuro, siamo al riparo, siamo già in porto. Amen

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Lunedì 22 Giugno

XII Tempo Ordinario Gli animali sono amici così discreti: non fanno domande e non riportano pettegolezzi. (George Eliot)

IV Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: San Paolino di Nola Discendeva da ricca fami­ glia patrizia romana (nacque nel 355 a Borde­ aux, dove il padre era fun­ zionario imperiale) e favo­ rito nella carriera politica da amicizie altolocate, di­ venne «consul suffectus», cioè sostituto, e governato­ re della Campania. Incon­ trò il vescovo Ambrogio di Milano e il giovane Agosti­ no di Ippona, dai quali fu avviato alla fede cristiana.

Ricevuto il battesimo verso i venticinque anni, durante un viaggio in Spagna conobbe e sposò Therasia. Dopo la morte prematura dell'unico fi­ glioletto, Celso, entrambi si dedicarono interamen­ te all'ascesi cristiana, sul modello di vita monacale orientale. Così, di comu­ ne accordo distribuirono le ingenti ricchezze ai poveri, e si ritirarono

nella Catalogna, deve venne ordinato prete. A Nola, poi, diede inizio alla costruzione di un santuario, ma si preoc­ cupò anzitutto di erigere un ospizio per i poveri, adattandone il primo piano a monastero, dove si ritirò con Therasia e alcuni amici. Nel 409 fu eletto vescovo di Nola. Morì a 76 anni, nel 431.

Brano Evangelico: Mt 7, 1­5

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giu­ dicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci ve­ drai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Contemplo: Togli la trave dal tuo occhio

(Mt 7,5)

Il Signore, prima di giudicare i fratelli, ci invita a considerare i nostri peccati, i nostri difetti. Abbiamo una trave nell'occhio e vorremmo to­ gliere la pagliuzza nell'occhio dell'altro. Gesù ci aiuta a non disprezzare i fratelli. Egli ci vuole innalzare alla misura di Dio, che ha sempre mi­ sericordia dei suoi figli, e ci ricorda che il giudizio appartiene solo a lui, non a noi.

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meditazione

Preghiamo la Parola

Un gesto di bontà Meditazione di Don Luciano Vitton Mea

Il giudizio: non quello degli uomini, ma quello di Dio. La nostra breve vita che scorre davanti, nel bagliore di un istante, all’infinto, una briciola di tempo davanti all’eternità. Di fronte al trono dell’altissimo svaniscono le nostre certezza, crollano le presunzioni, scivolano via i velluti dell’ ipocrisia. E la nostra vita si svela alla luce di quell’unica e radiosa verità. I polsi tremano, la nausea del nostro vuoto ci riempie la gola. Poi l’eco di una parola lontana: “Non giudicate, per non essere giudicati”. E’ Gesù stesso che ci ricorda il criterio del Giudizio, il peso e la misura che verranno adottati. Non giudicare: più di un atto di clemenza nei confronti dei fratelli, un gesto di bontà, un abbozzo di benevolenza. Il volgere lo sguardo verso noi stessi, il

Signore Gesù, la tua parola richiama al cuore tutti gli esodi della nostra storia e della storia degli uomini: la sofferenza di lasciare ogni certezza e ogni segmento di vita, costruito con amore per vivere, insieme,la comune Esperienza di una provvisorietà che pota e matura in te. Per la tua presenza grazie, oggi e sempre, Signore!

porre attenzione alla nostra trave e il coprire le altrui miserie sotto la coltre della misericordia

Amen

diventa un atto di legittima difesa, il garantirci un cenno di assoluzione da parte di Dio nei confronti della nostra vita nell’ultimo giorno, il giorno del Giudizio.

Agisci ... Oggi

contemplo ciò che Dio ha compiuto con l'umiltà di Maria e scelgo la strada dell'umiltà, per permettere al Signore di compiere piccoligrandi miracoli nella mia vita, secondo i suoi progetti.

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Martedì 23 Giugno

XII Tempo Ordinario Ho rinunciato all’amicizia di due persone: della prima perché non mi ha mai parlato di sé, dell’altra perché non mi ha parlato di me.

IV Settimana del Salterio

(Nicolas De Chamfort)

Il Santo del giorno: Beata Maria di Oignies Maria d'Oignies, beghi­ na e mistica, nacque a Liegi nel 1177 circa da famiglia benestante. All'età di 14 anni si spo­ sò, ma in seguito decise con il marito di dedicar­ si ad una vita apostolica di castità e carità, lavo­ rando in un lebbrosario. All'età di 30 anni, nel 1207, si ritirò in una comunità di conversi, ossia di suore e fratelli laici, coordinata da un

gruppo di preti, fra cui Jacques de Vitry, futu­ ro Cardinale d'Acri in Palestina e protettore del movimento delle beghine. Maria ebbe molta influenza spiri­ tuale su Jacques, che ne scrisse la biografia e che la aiutò la fonda­ re la sua comunità au­ tosufficiente di beghi­ ne e begardi. Nono­ stante le accuse di ere­ sia che sarebbero state

mosse al movimento negli anni successivi, Maria fu sempre molto ortodossa nelle sue con­ vinzioni, tant'è che ap­ poggiò con entusiasmo la Crociata contro i cata­ ri del 1209. Nel 1212 si racconta che Maria a­ vesse ricevuto le stim­ mate, ben 12 anni prima di San Francesco. Morì nel 1213 all’età di 36 anni.

Brano Evangelico: Mt 7, 6.12­14

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpe­ stino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto vo­ lete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

Contemplo: Entrate per la porta stretta

(Mt 7,13)

Le parole di Gesù, le parabole, i paragoni, le immagini, hanno diversi livelli di comprensione. L'immagine della «porta stret­ta» più che l'idea di esclusione per tanti, o di salvezza per po­chi, deve farci ricordare il grosso cammello che non entra nella cruna dell'ago. Solo i piccoli, gli umili, possono passare per la cruna, per la porta stretta. Dice Gesù: «Io sono la porta. Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e trove­ rete ristoro per la vostra vita» (cf Mt 11,29).

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meditazione Ma dietro c'è sempre l'amore

Preghiamo la Parola

Meditazione di Fiorella Elmetti

Che cos'è "la porta stretta" di cui si parla nel vangelo? Certamente, il sacrificio. Non si può annunciare il regno di Dio senza avere davanti agli occhi della mente la storia di Cristo, la sua rinuncia ad essere forte e vincente pur essendo il Dio incarnato, la sua umanità nata dal grembo di Maria, il suo nascondimento nella casa di un falegname, la sua predicazione rivolta a tutti (non ad un'èlite di ascoltatori), la sua accoglienza verso i poveri e i deboli, il suo andare continuo in direzione della croce, la sua scelta di perdonare coloro che lo stavano crocifiggendo. Il Card. Gianfranco Ravasi, in merito, ha scritto: "Il vero fedele ha davanti a sé un modello su cui esemplare la sua moralità: un Dio che non ignora, certo, la giustizia, ma che la invera secondo un canone ulteriore e superiore, quello del perdono che è frutto di amore". Le persone più anziane, quelle che Cristo ce l'hanno scritto nel DNA del loro pensiero, sintetizzerebbero il tutto rispondendo che la porta stretta è il Paradiso". E certamente vi è del vero, perché in Paradiso non si va se si è troppo comodi. Il sacrificio costa, inutile nasconderlo, ed è proprio il suo alto prezzo che lo distingue dalla "porta larga e spaziosa che conduce alla perdizione". Ma dietro c'è sempre l'amore. A differenza della "porta larga", infatti, il sacrificio porta in se la consapevolezza di voler amare (senza l'amore neppure il sacrificio conta agli occhi di Dio) per un obiettivo che va oltre. Giuseppe Crea sottolinea proprio questo quando afferma: "L'uomo è veramente felice, ossia vive in pienezza la sua esistenza, solo nella misura in cui è orientato verso qualcosa o verso qualcuno che è al di là di se stesso e che rappresenta un valore, un ideale, un progetto carico di senso".

Signore Gesù, il criterio che muove le nostre scelte è ancora e troppo spesso la nostra presunta autosufficienza, un'autonomia illusoria, un «meglio» che non ha l'anima del tuo amore. Noi «non ci rendiamo conto»: aiutaci a rinnovare continuamente l'esodo che ci porta lontano dalle nostre false certezze e sempre più vicino al nostro cuore e, soprattutto, al tuo. Grazie, Signore! Amen

Agisci Oggi, nella mia pausa contemplativa, sosto a fare memoria di quel grande, forte e carismatico personaggio che è Giovanni Battista. Ne lodo Dio perché, ancor oggi, è lì a dirmi: Segui Gesù: l’Agnello di Dio venuto a dare la vita per te.

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Pagine bibliche: il libro del Profeta Osea/1

Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Una moglie per prostituta

di don Luciano Vitton Mea

La vocazione del profeta Osea è quella di prendere in moglie una prostituta: «Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: “Và, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore”». Osea obbedisce alle parole del Signore e prende in moglie Gomer, figlia di Diblàim. L’esperienza tormentata di questo matrimonio, così particolare e difficile, ci rivela l’amore incondizionato di Dio nei confronti di un popolo infedele, costantemente tentato dagli idoli, da quelle alture dove gli amanti di turno vendono vane illusioni di felicità. Gomer non rappresenta solo il popolo d’Israele ma tutti gli

uomini; i suoi tratti ci sono famigliari, sono fissati per sempre in una vecchia foto che troviamo incorniciata nel salotto di casa: «“Essa ha detto: “Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande…”». Ma forse mi sto sbagliando. Più che una semplice foto il libro di Osea è un vero e proprio albo di famiglia, tratti molteplici di sentimenti e di emozioni contrastanti che si accavallano e si sovrappongono; un alternarsi continuo di manifestazioni di amore appassionato, di minacce, di gelosia, di rimproveri e denunce contro l’infedeltà, di espressioni piene di tenerezza e di annunci di terribili castighi, infine di promessa

restaurazione finale. Da notare che in Osea, come in tutti i profeti, l’ultima parola è sempre una parola di speranza, anche nelle situazioni più drammatiche, perché l’amore del Signore è più forte di tutte le infedeltà dell’uomo. Gomer rappresenta l’amore fragile e debole dell’uomo, quella incapacità adulterina d’abbandonarsi ad un dono completo e definitivo. Le alture, i suoi culti, i suoi idoli sono il miraggio degli uomini; l’amore adulterino lo troviamo agli angoli delle strade ed è facile lasciarsi abbindolare, convincere e infine tradire. Tutti lo facciamo, costa poco tradire, diventare meretrici che lasciano il focolare domestico per accostarci ai culti di questo mondo, ai piccoli o grandi piaceri della vita. Lasciando l’Eden di Dio c’è sempre un “Baal” di turno che ci lusinga, che ci promette un poco di considerazione, un posto di lavoro, una facile carriera, trenta denari, il prestigio del potere. Amanti esigenti che ci fanno diventare “figli di prostituzione”. Gomer ci è famigliare: è nostra madre in questa umana miseria.

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Natività di S. Giovanni Battista L’amicizia non si nutre dell’utile; si nutre di quello che abbiamo visto, toccato, pensato, gioito e sofferto: niente che serva.

Mercoledì 24 Giugno

(Fausto Gianfranceschi)

IV Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Natività di San Giovanni Battista

Giovanni Battista è l'unico santo, oltre la Madre del Signore, del quale si celebra con la nascita al cielo anche la nascita se­ condo la carne. Fu il più grande fra i profeti perché poté additare l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. La sua voca­ zione profetica fin dal

grembo materno è circondata di eventi straordinari, pieni di gioia messianica, che preparano la nascita di Gesù. Giovanni è il Pre­ cursore del Cristo con la parole con la vita. Il battesimo di penitenza che ac­ compagna l'annun­ zio degli ultimi tem­

pi è figura del Batte­ simo secondo lo Spi­ rito. La data della fe­ sta, tre mesi dopo l'annunciazione e sei prima del Natale, ri­ sponde alle indicazio­ ni di Luca. Patronato: Monaci.

Brano Evangelico: Lc, 1, 57­66.80

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lin­ gua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifesta­ zione a Israele.

Contemplo: Che sarà mai questo bambino? (Lc 1,66) Giovanni è chiamato da Gesù «lampada che arde e risplende, il più grande dei nati da donna, e si è fatto il più piccolo del regno dei cieli». Il figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta proclama a tutto il mondo: «In mezzo a voi sta uno che non conoscete. Io battezzo in acqua, lui invece vi battezzerà nello Spirito. Lui è lo Sposo; e l'amico dello Sposo esulta di gioia alla voce dello Sposo. Lui deve crescere; io, invece, diminuire. Lui è l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo».

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meditazione Parola ritrovata

Preghiamo la Parola

A cura della redazione

Avendo ritrovato la parola dopo la nascita del figlio, Zaccaria cantò un inno di riconoscenza contenente tutta la speranza del popolo eletto. La prima parte, in forma di salmo, è una lode a Dio per le opere da lui compiute per la salvezza. La seconda parte è un canto in onore della nascita di Giovanni e una profezia sulla sua futura missione di profeta dell’Altissimo. Giovanni sarà l’annunciatore della misericordia divina, che si manifesta nel perdono concesso da Dio ai peccatori. La prova più meravigliosa di questa pietà divina sarà il Messia che apparirà sulla terra come il sole nascente. Un sole che strapperà alle tenebre i pagani immersi nelle eresie e nella depravazione morale, rivelando loro la vera fede, mentre, al popolo eletto, che conosceva già il vero Dio, concederà la pace. L’inno di Zaccaria sulla misericordia divina può diventare la nostra preghiera quotidiana. D'altro lato, Giovanni è il primo a testimoniare realmente la luce stessa, per cui la sua missione sta chiaramente al di qua della soglia ed è una missione neotestamentaria. Il compito neotestamentario affidato da Dio a Mosè o a un profeta era sempre un compito limitato e circoscritto all'interno della giustizia. Esso veniva affidato e poteva essere eseguito in maniera tale che comando ed esecuzione si corrispondessero con precisione. Il compito neotestamentario, già affidato a Giovanni, contiene l'esigenza illimitata di testimoniare la luce in generale. Esso viene affidato nell'amore e (per quanto duro possa essere) nella gioia, perché viene affidato all'interno della missione del Figlio,

Signore Gesù, ti ringraziamo per l'esempio forte di Giovanni Battista, per la sua vita di astinenza, di rinuncia generosa, di preparazione all'incontro con te. Egli è la guida al nuovo esodo, al viaggio accolto e desiderato, quello che ci porta a te per sentirci chiamare «amici» per sempre. Amen

Agisci

Oggi, sull'esempio di Maria, proclamo Dio Signore della mia vita in ogni aspetto. Se lo dico col cuore e con convinzione, piano piano tutto ritroverà la sua giusta dimensione.

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XII Tempo Ordinario L’amicizia si nutre di tante sorgenti, ma più di tutto del rispetto reciproco.

Giovedì 25 Giugno

(Daniel Defoe) IV Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: San Guglielmo di Montevergine Guglielmo di Montevergi­ ne era nato a Vercelli nel 1085 da nobile famiglia. Divenuto monaco, decise di recarsi in Palestina. Lungo il cammino si fer­ mò in Irpinia dove fondò la Congregazione Bene­ dettina di Montevergine, con caratteristiche cenobi­ tiche. Sentendo il bisogno di solitudine, nominò il suo successore nella Con­

gregazione, che abban­ donò per poi fondare altri monasteri, fra cui quello di San Salvatore, diviso in due parti de­ stinate rispettivamente ai religiosi e alle reli­ giose. La sua opera infaticabile lo portò ancora più lontano ver­ so Rocca San Felice, Foggia e Troia. L'ideale di vita ascetica da lui

proposto, sostanzialmen­ te legato alla Regola be­ nedettina, faceva parte del movimento spirituale che cercava una Regola più pura e dava maggior spazio alla preghiera e alla contemplazione. Morì a Goleto, in Irpinia, il 24 giugno 1142.

Brano Evangelico: Mt 7, 21­29 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signo­ re”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiun­ que ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffia­ rono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegna­ mento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.

Contemplo: Costruisci la casa sulla roccia

(cf Mt 7,24)

Signore Gesù, tu mi hai insegnato a pregare e a desiderare, perché senza di te non posso far nulla, perché con te voglio fare la volontà del Padre tuo e Padre nostro che è nei cieli. «Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza» (Sal 18,3). Tu sei la roccia, su di te è costruita la casa di Dio, tu sei la bevanda spirituale che «zampilla per la vita eterna» e che ci accompagna nel cammino (1Cor 10,4).

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Preghiamo la Parola

Meditiamo la Parola Un anticipo di paradiso Meditazione di Fiorella Elmetti

La casa costruita sulla roccia io credo sia la santa Eucarestia. È pane benedetto, ma è pure il segno visibile della presenza di Cristo che continua ad offrirsi per noi ed è sempre con noi... Per imparare ad amare da lui e con lui che ama donarsi. Una bella testimonianza in tal senso ce la offre Arnoldo Mosca Mondadori, pronipote del famoso editore. Egli è un “normale” quarantenne milanese, felicemente sposato, padre di tre bambini: "Dio parla nel silenzio, bisogna solo ascoltare". E poi: "Senti una grande pace, improvvisamente non hai più bisogno di nulla. La gioia che l’uomo prova nell’accostarsi all’Eucaristia è un anticipo di paradiso...Cristo disseta l’infinita sete che l’uomo ha della bellezza. Avvicinarsi al tabernacolo è un’esperienza di estasi: non è un’esaltarsi, ma il sentire la pace di un mistero immenso...se parlare degli amori terreni è già difficile, il mistero del corpo di Cristo addirittura toglie di bocca le parole". Un dono, quello della fede, che Mosca Mondadori ha ricevuto fin da piccolo. "Ho sempre avuto un rapporto personale con Gesù. A 8 anni, durante la celebrazione della seconda Comunione, mi sono chiesto “Cos’è questo Pane che mi ferisce e mi comunica una gioia immensa?” e dentro di me ho sentito la risposta “Questo Pane viene dal Cielo”». Poi la vita procede. "Un giorno mi trovavo nella basilica di Sant’Ambrogio, a Milano: sostando in preghiera ho visto la beatitudine che sgorgava dal tabernacolo. Mi sono allontanato, ma questa gioia continuava a uscire. Allora mi sono detto: “Chi la prende tutta questa beatitudine?”. Attorno non c’era nessuno... Per non lasciarla andare mi sono rimesso in contemplazione, e ho capito la gioia di Dio quando lo guardiamo".

Signore Gesù, la prova, la tribolazione, a volte persino la gioia... ci spingono a metterci al riparo. Edifichiamo case, in cuori instabili eframmentati, senza un fondamento certo. Invia anche a noi un angelo e fa' che lo ascoltiamo, qualcuno che parli di te, che ci restituisca noi stessi, orienti il nostro cuore e lo volga a te. Grazie, Signore Gesù!

Amen

Agisci Donaci, Signore, uno sguardo lungimirante che sappia cogliere, anche lì dove sembra che niente sia veramente cambiato, i segni della vita nuova che ogni giorno concedi a piene mani seminando fiducia illimitata e speranza viva tra le spine e i sassi della nostra durezza di cuore.

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 14


Venerdì 26 Giugno

XII Tempo Ordinario Una delle gioie dell’amicizia è di aver qualcuno cui confidare un segreto. (Alessandro Manzoni)

IV Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Beato Andrea Giacinto Longhin Nasce il 22 novembre 1863 a Fiumicello di Campodarsego (PD) da una famiglia di contadini affittuari. Seguendo la sua vocazione al sacerdo­ zio nel 1879 inizia il no­ viziato nell'Ordine dei Cappuccini, compiendo gli studi tra Padova e Venezia. Dopo aver svol­ to per 18 anni l'incarico

di direttore spirituale dei giovani religiosi, nel 1902 viene eletto ministro pro­ vinciale dei Cappuccini veneti. Il 13 aprile 1904 Pio X lo nomina vescovo di Treviso. Nel proporre le riforme indicate dal Pontefice sceglie di curare personalmente i rapporti con il clero ed i laici della popolosa diocesi veneta,

diventando così presto una guida saggia e coraggiosa. Compie tre visite pastora­ li, la seconda delle quali è interrotta dalla prima guerra mondiale che lo vede però sempre accanto alla sua gente. Colpito da una grave malattia muore il 26 giugno 1936.

Brano Evangelico: Mt 8, 1­4

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvici­ nò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purifica­ to!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

Contemplo: Signore, se vuoi, puoi purificarmi

(Mt 8,2)

I miracoli di Gesù sono «segni», sono «meraviglie di Dio». Si possono vedere e ammirare solo con la fede, nella speranza e nell'amore di Gesù che ci salva. Spesso Gesù guarisce dei lebbrosi per dire a tutti noi che è venuto a guarire la lebbra del peccato, la lebbra che solo lui può elimi­ nare. Egli ci insegna e ci dona la preghiera, il digiuno, la carità che sal­ va, «perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 15


Preghiamo la Parola

Meditiamo la Parola La nostra lebbra Meditazione di Don Luciano Vitton Mea

L'evangelista dichiara che, sceso Gesù dal monte, turbe numerose lo seguirono. Non sono i capi né gli scribi che lo seguono, ma quanti sono privi di malizia e hanno l'animo sincero, non corrotto. In tutto il vangelo voi vedete che sono sempre costoro a seguirlo. Quando Gesù parla, essi l'ascoltano in silenzio, senza interromperlo, senza fargli obiezioni, senza tendergli tranelli, senza voler trovare da ridire su quanto afferma, come invece fanno i farisei. Ecco perché anche ora, dopo un così forte discorso, questi uomini semplici lo seguono pieni di ammirazione. Ma vi prego di considerare anche la sapienza del Signore: come cioè egli sappia variare il vantaggio che può procurare ai suoi ascoltatori, passando dai miracoli agli inse-

Signore Gesù, la sterilità e l'isolamento in cui viviamo non ti allontanano da noi, ma suscitano la tua ferma volontà di amarci e guarirci, proprio dove il nostro limite è più grande. È un nascere di nuovo, nominare il mondo e se stessi con lo stupore gioioso di chi vive e vede ogni cosa con lo sguardo incantato di un bimbo, come fosse la prima volta. Lo speriamo e lo crediamo: grazie, Signore!

gnamenti e, viceversa, dalla dottrina ai prodigi. Prima di salire sulla montagna, il Signore guarisce

Amen

molti malati, per preparare la strada a quanto deve dire; dopo questo lungo discorso, riprende a compiere miracoli, confermando le parole con i fatti. Dato che ammaestra come uno che ha autorità, deve evitare che qualcuno creda che il suo modo di insegnare sia pura ostentazione e arro-

Agisci

ganza: perciò fa risplendere anche nelle sue ope-

Oggi chiedo allo Spirito Santo di rivelarmi i tranelli in cui sono caduto senza accorgermene: l'eccessiva preoccupazione o l'attacca­ mento per qualcosa che mi ha tolto la pace: il mettere al centro le mie ragioni, che mi ha rubato la gioia di saper cedere e ascoltare. Oggi ridò il suo posto a Dio, per ritrovare il vero senso delle cose.

re la medesima autorità, risanando gli infermi come può farlo chi dispone di un effettivo potere. Così non possono più turbarsi al vederlo insegnare con autorità, quando con la stessa autorità egli opera miracoli. (GIOVANNI CRISOSTOMO, Comm. al vangelo di Matteo)

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ pagina 16


Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/5 Il libro di Giobbe

La nostalgia di Giobbe di don Luciano Vitton Mea

vedendomi, i giovani si ritiravano e i vecchi si alzavano in piedi; i notabili sospendevano i discorsi e si mettevan la mano sulla bocca …»

Tutto tace nell’immondezzaio di Giobbe; anche gli amici hanno terminato i loro sproloqui e si sono fatti da parte. Quando giunge la sera, sull’uomo ricoperto di croste e di vermi, scende la malinconia, il ricordo dei giorni che furono, del Dio della sua giovinezza. «Giobbe continuò a pronunziare le sue sentenze e disse: Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo, ai giorni in cui Dio mi proteggeva, quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; com'ero ai giorni del mio autunno, quando Dio proteggeva la mia tenda, quando l'Onnipotente era ancora con me e i giovani mi stavano attorno; quando mi lavavo in piedi nel latte e la roccia mi versava ruscelli d'olio! Quando uscivo verso la porta della città e sulla piazza ponevo il mio seggio:

Il ricordo dei giorni passati, del Dio delle giovinezza aumenta in Giobbe la sofferenza, diventa un fardello ancora più pesante dei vermi che gli rodono la carne. E’ crosta dura ricordare la dolcezza del miele e il calore di un focolare quando, nudi e soli, si devono affrontare le gelide notti orientali. E la notte di Giobbe è profonda, priva di stelle; anche la stella del mattino sembra non sorgere sugli immondezzai d ell ’u m a na so ff er e nz a . L’attesa continua. L’attesa della voce di un Dio che sembra aver abbandonato coloro che giacciono nella polvere, di chi, buono e innocente, “era gli occhi per il cieco, i piedi per lo zoppo, il Padre per i poveri …” Ma questa nostalgia è importante perché fa prendere coscienza che il presente e il futuro allargano gli orizzonti di un tempo che mai più ritornerà. Quello atteso da Giobbe sarà un Dio diverso da quello della sua giovinezza;

quando risponderà alle accuse mosse contro di Lui si rivelerà con un volto nuovo e certamente più splendente. E’ questo forse il torto di Giobbe, il nostro torto: attendere il Dio che avevamo conosciuto chiudendoci così alle sue sorprese, alle novità di un Dio “che fa nuove tutte le cose”. Genera sofferenza la nostalgia ma è pur sempre un dono; quanti sventurati siedono accanto a Giobbe privi di un ricordo, senza aver esperimentato un Dio giovane perché da sempre seduti sul loro letamaio. “La nostalgia è nascosta nelle cose e bussa lievemente alle porte dei cuori. La malinconia nasce dal Sole, dispiaciuto e turbato di dover lasciare il posto al buio. Non trattiamo quindi male la malinconia. È pur sempre un dono che nasce dalla luce. E non trattiamo male il nostro cuore quando soffre di mal inconia; anch’esso vorrebbe essere tutto luce, e non può esserlo, sinché non si sia trasformato in una stella”.

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 17

don Luciano Vitton Mea


XII Tempo Ordinario Chi può posare lo sguardo su un vero amico, vede come un ritratto di se stesso. (Cicerone)

Sabato 27 Giugno IV Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Sant’Arialdo di Milano Nacque probabilmente a Cucciago, poco dopo l’anno 1000 da una fa­ miglia di valvassori, originaria del vicino villaggio di Alzate Brianza o forse di Cari­ mate. Fu ordinato dia­ cono dall’arcivescovo di Milano Guido di Ve­ late nel 1050, facendosi ben presto apprezzare per la sua capacità ora­ toria e la preparazione.

Dopo la metà del XI secolo fondò insieme ad alcuni compagni tra cui Anselmo di Baggio e Landolfo Cotta un movimento contro la simonìa e per la rifor­ ma dei costumi del cle­ ro, detto dai suoi avver­ sari pataria, termine tratto dal dialettale pa­ tée per identificare gli straccioni. Divenuto Pontefice Anselmo di

Baggio con il nome di Alessandro II, si fece più aspro il conflitto con l’arcivescovo Gui­ do che ribellandosi alla scomunica papale rice­ vuta, fece scacciare Arialdo e i suoi seguaci dalla città. Il 27 giugno 1066 Arialdo venne ucciso da alcuni avver­ sari nel castello di An­ gera sul Lago Maggio­ re.

Brano Evangelico: Mt 8, 5­17

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siede­ ranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo ser­ viva. […]

Contemplo: Egli ha preso le nostre infermità (Mt 8,17) Prima ancora che noi allargassimo le braccia, come fanno i bambini quando sono disperati e invocano l'aiuto della mamma o del papà, il Signore Gesù ha allargato le braccia sulla croce e si è caricato di tutte le nostre infermità, materiali e morali, per dimostrarci il suo amore. Fin dall'inizio dei tempi egli dice a favore dell'uomo: «Verrò e lo guarirò».

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ pagina 18


Preghiamo la Parola

Meditiamo la Parola

Se non fossi tuo, Cristo mio... Meditazione di Fiorella Elmetti

Il poeta L. Marcon ha scritto: "Quante volte nella vita tutti noi aspettiamo di uscire dal buio...un buio che si trascina da giorni oppure improvviso come un lampo. Ma è un "aspettare"? O è un rimanere inerti cercando una forza morale?". E in una sua poesia guarda a Dio, da cui gli viene la Luce per agire, pur essendo cosciente che il mistero, non sempre si dirada: "Momenti, frammenti d’eternità, svolte avvolte nel buio, sepolte in un pozzo giù nell’abisso. Dentro la mano una Luce viveva. Tutto ora sembra oscuro, diverso. Ti aggrappi, ti affanni, non respiri quasi… Guardi quella mano, devi risalire per ritrovare la Luce e il respiro dell’anima". Qualcosa del genere dev'essere successo al centurione romano che va incontro a Gesù, sollecitandogli la guarigione del servo obbediente, e forse amico. Egli non si è chiuso nel pessimismo. È andato oltre sè. Ha aperto il suo cuore alla fede e alla speranza, pur non ritenendosi in grado di accogliere il Signore nella sua casa. Ma è sempre la Luce che viene dal Cristo che attira, che smuove il cuore, che si fa vicino, come nel caso della suocera di Pietro. Per questo, come un'onda invisibile, "Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati". È proprio vero che la grazia di Dio ci risolleva dalla polvere della nostra povertà. Un grande santo ha scritto: "Se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco, mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole… Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita".

Signore Gesù, noi ti ringraziamo per i tuoi benedetti e sconcertanti passaggi nella nostra vita. Ne facciamo memoria oggi, commossi e sollecitati dalla tua parola e ti chiediamo perdono perché spesso non li abbiamo riconosciuti come tali. Che ci salvi l'attesa, il balzare in piedi, la ricerca inesausta, il desiderio, la nostalgia profonda. Perché troppo spesso dimentichiamo?

Amen

Agisci Cosa ci rende più leggeri? Seguire il nostro egoismo o fare un gesto d'amore secondo l'insegnamento di Gesù? li giogo di Gesù in realtà ci alleggerisce la vita. Oggi provo a vivere questa vera libertà di cuore.

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 19


Sussidio di preghiera per la famiglia

Coordinatrice Fiorella Elmetti Redazione don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini, don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Anno XV- n. 715 Domenica 21 Giugno 2015 Chiuso il 16 Giugno 2015 Numero copie 1400

333/3390059 don Luciano

Grafica e stampa don Luciano Vitton Mea Ideato da don Luciano Vitton Mea

Per la tua vita spirituale visita il

Vi troverai: Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità     

Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo

Ti aspetto ogni giorno su:

www.nondisolopane.it


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