Non di solo
PANE Sussidio di preghiera per la famiglia Domenica 15 Novembre 2015 XXXIII del Tempo Ordinario
Anno XV - n째
731
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Itinerario quotidiano di preghiera
Offerta della giornata “Pregare, forse il discorso più urgente”
Sito di Non di Solo Pane:
Sussidio di preghiera per la famiglia
www.nondisolopane.it
Novembre 2015
Offerta quotidiana
Intenzioni mese di Novembre Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego specialmente per le intenzioni che il Santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo mese Intenzione del Santo Padre Perché sappiamo aprirci all'incontro personale e al dialogo con tutti, anche con chi ha convinzioni diverse dalle nostre.
Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, Madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno, in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.
Intenzione missionaria Perché i pastori della Chiesa, amando profondamente il proprio gregge, possano accompagnarne il cammino e tenere viva la speranza. Intenzione dei vescovi Perché il Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze sia l'occasione per ripensare l'umanesimo nell'epoca della scienza, della tecnica e della comunicazione. Intenzione del Vescovo di Brescia Mons. Luciano Monari Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente e misericordioso, ci impegniamo con gioia nella costruzione della civiltà dell'amore.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 2
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario Non possiamo parlare finché non ascoltiamo. Quando avremo il cuore colmo, la bocca parlerà, la mente penserà.
Domenica 15 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: San Leopoldo III il Pio Nato a Melk, nel 1073 venne educato dal monaco Altmanno, santo vescovo di Passau. Succedendo sul trono al padre, che era margravio della Marca d'Austria, la sua prima preoccupazione fu quella di promuovere la riforma ecclesiastica. Alleato dell'imperatore di Germa nia Enrico V, ne sposò la sorella, vedova di Federi co di Hohenstaufen. Un
matrimonio benedetto con 18 figli. I 40 anni del suo regno furono giusti e pro sperosi, per quanto doves se guerreggiare contro gli Ungheresi, che finalmente sconfisse. Il popolo lo chiamò Leopoldo il Pio e «Padre dei poveri». Alla morte di Enrico V venne proposto come imperatore di Germania, ma rinunciò. Fondò diversi monasteri e si adoperò in maniera par
ticolare per il monastero di Melk, sua città natale. Fondò anche quello di Neuburg, dove venne se polto. Ma alla sua memo ria è legato Mariazell, nato prima come semplice cappella, o «cella», dedi cata alla Vergine, e poi, sotto la guida dei monaci benedettini, diventato il più antico e il più impor tante santuario mariano di tutta l'Austria. Leopoldo
Vangelo: Mc 13, 2432
Agisci Ogni giorno che passa è un giorno in méno che mi separa dal mio incontro con Cristo. Oggi troverò un momento per riflettere sullo scorrere del tempo e su come mi sto preparando all'incontro con il Signore della mia vita.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Contemplo: Le mie parole non passeranno (Mc 13,31) Il genere «apocalittico», dei profeti e di Gesù, per chi non conosce la Scrit tura e la Chiesa, è considerato «catastrofico» o della «fine del mondo». Inve ce è la «rivelazione» del significato della storia e della vita, è la certezza che il Figlio dell'uomo ritornerà. La «rivelazione» che Gesù compie è quella di aprici gli occhi al di là dei nostri piccoli orizzonti. Noi ascoltiamo le sue pa role che sono fondamentali per tutti: «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8).
Non di solo pane Numero 731 pagina 3
L u n g o
i
fi u m i
c o m m e n t o
a i
S a l m i
“Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia…” Diventa
forza
quando
dalle foglie del fico imparo a leggere i segni del tempo, quando
accetto
ogni stagione della
Le stagioni dell’uomo
mia vita. La primavera che mi parla del bimbo interiore che mai muore dentro di me;
di don Luciano Vitton Mea
l’estate baciata dal sole che con la sua luce ridona forza presunzione; l’acqua si porta
Dal fico imparate ….
via quello che ho racimolato,
La sapienza cristiana sa
conservato, deposto nei granai
scorgere nei piccoli segni
di questo mondo. Insegnami,
che
Signore, a contare i miei giorni,
avvolgono
la
vita
dell’uomo, la presenza di Dio, i suoi insegnamenti, l’esile voce dell’eterno che
ricordami sempre che il dono della vita è come l’acqua del ruscello che scorre tra i dirupi.
riecheggia nella finitezza di
Tutto diventa provvidenza, sag-
un germoglio o nel vagito di
gezza quando la luce della tua
un bimbo. Così mi assopi-
parola tocca l’abisso della mia
sco al tepido sole autunnale mentre le foglie cadono al soffio di una lieve brezza e
miseria. La coscienza della provvisorietà può essere angoscia o forza. Genera ango-
l’acqua del ruscello scorre
scia quando i granai del pane
tra le rocce ricoperte di mu-
quotidiano
schio. E con le foglie cado-
per costruirne altri dove raccol-
no le mie sicurezze, la mia
go ciò che non mi appartiene:
vengono
e vigore al bene e all’amore che rendono giovane il cuore dell’uomo; l’autunno che con i suoi raccolti mi svela i misteri dei frutti maturi che devo consegnare al padrone della messe; l’inverno dove tutto riposa diventando eco di un altro riposo che mai avrà fine. “Dal fico imparate…”. Imparate a vivere bene affinché il bacio della morte sia benedizione, non maledizione.
demoliti
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don Luciano
L u n g o
Contemplatio
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fi u m i
c o m m e n t o
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S a l m i
Preghiamo la Parola
a cura di don Luciano
Altri i loro idoli si cerchino, non noi, fedeli del nostro Dio: non c'è altro Dio che lui, nostra sorte,
Un’oasi di quiete unica gioia. «Fermatevi e sappiate che io sono Dio» (Salmo 46,11) . Queste sono parole da prendere con noi nelle nostre vite affaccendate. Possiamo pensare al silenzio contrapponendolo al nostro mondo chiassoso; ma forse possiamo fare un passo di più e
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.
conservare la quiete interiore anche quando facciamo i nostri affari, insegniamo, lavoriamo a una costruzione, facciamo musica oppure organizziamo incontri. E importante conservare un luogo di quiete nella «piazza del mercato». Questo luogo di
Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
quiete è dove Dio può dimorare e parlarci. E anche il luogo dal quale possiamo parlare con parole di guarigione a tutti coloro che incontriamo nelle no-
Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.
stre giornate indaffarate. Senza quell'oasi di quiete cominciamo a girare a vuoto. Diventiamo persone sbattute qua e là, che corrono intorno senza orientamento. Ma in quella quiete Dio può diventare la nostra dolce guida in ogni cosa che pensiamo, diciamo o facciamo.
Preghiera
Siamo pronti per venirti incontro, Signore, quando tu verrai a far festa con noi, ti attendiamo con perseveranza anche se lo scoraggiamento ci assale. Vigilanti e fiduciosi siamo in attesa, Signore: vieni a noi, ti preghiamo, non tardare.
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XXXIII Tempo Ordinario Non dobbiamo permettere a nessuno di allontanarsi dalla nostra presenza, senza sentirsi migliore e più felice.
Lunedì 16 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Santa Margherita di Scozia Figlia di Edoardo, re inglese in esilio per sfuggire all'u surpatore Canuto, Margheri ta nacque in Ungheria intor no al 1046. Sua madre, Aga ta, discendeva dal santo re magiaro Stefano. Quando aveva nove anni suo padre potè tornare sul trono; ma presto dovette fuggire anco ra, questa volta in Scozia. E qui Margherita a 24 anni fu sposa del re Malcom III, da cui ebbe sei figli maschi e due femmine. Il Messale
romano la descrive co me «modello di madre e di regina per bontà e saggezza». Si racconta che il re non sapesse leggere e avesse un grande rispetto per que sta moglie istruita: ba ciava i libri di preghiera che la vedeva leggere con devozione. Caritate vole verso i poveri, gli orfani, i malati, li assi steva personalmente e invitava Malcom III a
fare altrettanto. Già gra vemente ammalata rice vette la notizia dell'ucci sione del marito e del figlio maggiore nella battaglia di Alnwick: disse di offrire questa sofferenza come ripara zione dei propri peccati. Morì a Edimburgo il 16 novembre 1093.
Brano Evangelico: Lc 18,3543
Agisci Gesù è in cammino verso Gerusalemme e sa quello che gli accadrà. Eppure rimane capace di attenzioni nei confronti di chi soffre. Mi impegnerò a mettere da parte le mie preoccupazioni e sofferenze, per essere attento ai bisogni di chi incontrerò in questa giornata.
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gri dava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli dis se: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e co minciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Contemplo: Passa Gesù, il Nazareno! (Lc 18,37) Lo Spirito Santo, nei sacramenti che riceviamo, ci illumina per chiama re Gesù non solo «Figlio di Davide», ma «Signore, Figlio di Dio». Noi invochiamo Gesù «Luce del mondo!». Gesù manifesta a Nàzaret la missione ricevuta dal Padre e confermata dallo Spirito: «Mi ha mandato a portare ai ciechi la vista» (Lc 4,18). Gesù vuole farci «recuperare la vista», «sta alla porta e bussa», apriamogli il cuore (cf Ap 3,1820).
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Meditiamo la Parola
Preghiamo la Parola
Cristo guarisce tutta l’esistenza Meditazione di Fiorella Elmetti
Padre Ermes Ronchi commenta così questo episodio, raccontato sia da Marco che da Luca: “Un ritratto tracciato con tre drammatiche pennellate: cieco, mendicante, solo. Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, un naufrago della vita, un relitto inchiodato nel buio sul ciglio di una strada di Gerico. Poi improvvisamente tutto si mette in moto: passa Gesù e si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Con il Signore c'è sempre un "dopo". E Bartimèo comincia a gridare: Gesù, abbi pietà. Non c'è grido più evangelico, non preghiera più umana e bruciante: pietà dei miei occhi spenti, di questa vita perduta. Sentiti padre, sentiti madre, ridammi vita. Ma la folla fa muro al suo grido: taci! Il grido di dolore è fuori luogo. Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore sia fuori programma. Eppure per tanti di noi è così, da sempre, perché i poveri disturbano, ci mostrano la faccia oscura e dura della vita, quel luogo dove non vorremmo mai essere e dove temiamo di cadere. Invece il cieco sente che un altro mondo è possibile, e che Gesù ne possiede la chiave. Infatti il rabbi ascolta e risponde, ascolta e rilancia. E si libera tutta l'energia della vita…«Sono venuto perché abbiate il centuplo in questa vita». Credere fa bene. Cristo guarisce tutta l'esistenza”, anche la comunità. A differenza di Luca, in Marco Gesù ordina che “gli conducessero” il cieco, ed è bello. Anche gli altri sono chiamati ad occuparsi di lui, accogliendo e ascoltando la richiesta del cieco, chiede alla Chiesa di farsi carico di lui, che anche se resta nella cecità può diffondere luce attorno a sé. Effettivamente è così. Conosco ciechi che, pur nella loro oscurità, sono luce per chi è loro accanto. “La fede”, diceva don Aldo Vignola, “non risolve i problemi, ma li illumina”.
«Oltrepassiamo anche la fondamentale visione farisaica della Torah, come incessante ricupero e decifrazione di contenuti viventi: il corpo del meditante assume lui stesso, in questo espandersi di canne d'organo che fabbricano l'oro con la materia sonora, figura risonante di Torah. È una trasmutazione dell'essere vivente per veramente essere. Qui "non dimenticarsi di" vuol dire essere la stessa cosa ricordata; ed essere ricordato da vuoi dire partecipare all'Essere» (O. Ceronetti).
Mi ha invaso il furore contro i malvagi che abbandonano la tua legge. I lacci dei malvagi mi hanno avvolto: non ho dimenticato la tua legge. Riscattami dall’oppressione dell’uomo e osserverò i tuoi precetti. Si avvicinano quelli che seguono il male: sono lontani dalla tua legge. Lontana dai malvagi è la salvezza, perché essi non ricercano i tuoi decreti. Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo, perché non osservano la tua promessa.
Preghiera
Signore Gesù, che senza ripugnanza attraversi le nostre tenebre, grazie! Tua è la domanda che educa il nostro desiderio, che ci fa persone uniche, capaci di leggere ed esprimerti, come invocazione appassionata i nostri bisogni più profondi: quelli che muovono la tua tenerezza per noi e ci sanano. A noi il compito di leggere noi stessi con autenticità per vivere la verità della nostra vita!
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XXXIII Tempo Ordinario Le parole gentili possono essere brevi e facili da pronunciare, ma il loro eco è davvero infinito.
Martedì 17 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Santa Elisabetta d’Ungheria Figlia di Andrea, re d'Un gheria e di Gertrude, no bildonna di Merano, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quat tordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il
primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertru de, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eise nach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marbur go dove fece edificare a proprie spese un ospeda le, riducendosi in pover tà. Iscrittasi al terz'ordine francescano, offrì tutta se
stessa agli ultimi, visi tando gli ammalati due volte al giorno, facendo si mendicante e attri buendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.
Agisci
Brano Evangelico: Lc 19,110
Il Signore non si stanca di cercare chi è lontano, ma per essere salvati è necessario accoglierlo nella propria casa. Mi impegnerò a celebrare il sacramento della Riconciliazione appena mi sarà possibile, come segno efficace del mio desiderio di accogliere Gesù nella mia vita.
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a sal vare ciò che era perduto».
Contemplo: Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5) Il pubblicano Zaccheo (i pubblicani sono banchieri o finanzieri del tempo di Gesù) si riconosce piccolo, peccatore, desideroso di vedere Gesù, che guarda la sua umiltà e gli chiede di essere accolto a casa sua. Per Gesù, «venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» anche Zaccheo è figlio di Abramo, è uomo di fede. La parola «oggi» è spesso unita alla «salvezza» voluta da Gesù: «Oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11), «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori» (Eb 3,78).
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Meditiamo la Parola
Preghiamo la Parola
Veder Gesù Meditazione di don Luciano Vitton Mea
È Dio il nostro libero spazio, la fiducia in lui la nostra terra tranquilla: grande dono la quiete della sera, ma dono ancora più grande è la quiete dell'ultima sera.
Vedere Gesù. Cosa ci spinge? Poco importa: la
curiosità,
un
bisogno
impellente,
un’esistenza vuota da rivestire con il lino del significato. Poveri o ricchi, storpi o cie-
Signore, quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono. Molti dicono della mia vita: «Per lui non c’è salvezza in Dio!».
chi, tutti abbiamo bisogno di vedere il Signore che passa sotto l’albero della nostra quotidianità. «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». La mia casa, povera e disadorna, diventa luogo d’incontro dove cadono tante ipocrisie, le molteplici incomprensioni; si frantumano gli otri accumulati nello scorrere dei giorni passati al tavolo delle imposte. Sul
Ma tu sei mio scudo, Signore, sei la mia gloria e tieni alta la mia testa. A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna. Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene. Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata.
desco imbandito il pane si spezza, i pesci si moltiplicano, la vita diventa dono. Vengono deposte le vesti dell’orgoglio, il fasto di un “di più” che non mi appartiene, il bisso della vanità. E mentre una nuova vita sta per nascere e l’esile corpo si cinge il grembiule del servizio, il Signore della vita mi sussurra: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”.
Preghiera
Per primo sei tu, Signore buono: primo ad amarci, primo a cercarci e salvarci. E noi, eternamente al seguito: piccoli, nei sogni, nell'amore, nell'accoglienza… piccoli nella preghiera! Eppure quale armonia d'incontro fino a mutare la direzione dei nostri passi, prontamente, inaspettatamente. Grazie, Signore Gesù!
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 9
Pagine bibliche
Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Il perdono ricevuto è donato ci rende simili a Dio
L’uomo onnipotente meditazione di don Luciano Vitton Mea
“Credo in un solo Dio, Padre
onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. Con queste parole e con questa ferma convinzione inizia la nostra professione di fede. Dio è onnipotente perché tutto può, perché dalle tenebre del nulla ha creato ogni cosa. Tutta la creazione narra le meraviglie di Dio, loda il Suo santo nome. Ma la sua grandezza si manifesta in modo ancora più luminoso quando ricrea ciò che aveva creato, quando la sua misericordia bacia la miseria della creatura fatta “a sua immagine e somiglianza. Dio ricrea quando
perdona, quando si spoglia della sua divinità per raggiungere la nostra umanità avvolta nelle tenebre del male e del peccato; quando separa nelle anime la pula dell’egoismo dal grana della bontà. «Sì, la misericordia e il perdono richiedono l’onnipotenza di Dio, quella stessa onnipotenza che ha creato il mondo e l’uomo! Dunque ogni esperienza di misericordia e di perdono è una vera e propria “creazione” o “ri-creazione”. Troppe volte abbiamo concepito misericordia e perdono come un “ togliere” , un “cancellare”! E’ ben di più donare vita nuova, futuro nuovo.
Il perdono di Dio ci fa nuovi, ci ri-costruisce, perché non è “da Dio” togliere, ma è “da Dio” donare e creare». Il perdono ricevuto e donato rende l’uomo simile a Dio, lo avvolge d’onnipotenza. Infatti Gesù chiede anche a noi di essere “onnipotenti” come Lui nel donare misericordia. L’Evangelista Luca fa coincidere l’essere perfetti con “l’essere misericordiosi” come il Padre che è nei cieli. L’uomo misericordioso, lento all’ira è grande nell’amare, ricrea rapporti nuovi, scioglie i nodi del rancore, sradica la gramigna della vendetta e del risentimento. Conoscere meglio la misericordia di Dio e, più ancora, farne esperienza, ci renderà tutti più “umani”, condizione fondamentale p er ess ere “divini”.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 10
don Luciano
XXXIII Tempo Ordinario Non permettere a te stesso di essere scoraggiato da qualsiasi fallimento fintanto che hai fatto del tuo meglio.
Mercoledì 18 Novembre IV Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Santa Filippina Rosa Duchesne Coetanea di Napoleone, studia dalle Visitandine, a Grenoble. A 18 anni il mo nastero la accoglie come novizia, anche se lei non fa in tempo a pronunciare i voti solenni: la Rivoluzione sopprime conventi e mona steri. Rosa decide allora di dedicarsi all'assistenza degli ultimi. Nel 1801 le comuni tà religiose riacquistano la libertà, e lei entra nella so cietà del Sacro Cuore, crea ta nel 1800 da madre Mad dalena Sofia Barat. Nel
1818 arriva con quattro consorelle in Louisiana, dove il vescovo cerca aiuto per l'assistenza religiosa agli immigrati francesi. Rosa apre una scuola gratuita nel 1820, e intanto arrivano altre consorelle; nel 1828 le case con scuola sono sei, in Louisiana e Missouri. Lei deve lasciare la re sponsabilità di superiora: le fatiche l'hanno resa invalida. E tuttavia c'è un nuovo campo di lavoro
da aprire: quello dell'evan gelizzazione e dell'istruzio ne per la popolazione in diana seminomade dei Po tawatomi, nel Kansas dove c'è una missione e dove la religiosa si reca in visita nonostante la malattia. Dal Kansas fa ritorno a Saint Charles, nel Missouri, dove muore a 83 anni. Beatifica ta nel 1929, madre Filippi na è stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1988.
Brano Evangelico: Lc 19,1128
Agisci Anche a me il Signore ha dato tanti doni materiali e spirituali. Oggi mi impegnerò a farli fruttificare, vivendo e testimoniando la mia fede con le opere.
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai conse gnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, condu ceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Contemplo: Abbiamo creduto che tu sei il Cristo (dall'Antifona alla comunione)
Sulla barca della Chiesa, gli apostoli sono coloro che hanno ricevuto il compito di timonieri, ma la loro perizia è dono di Cristo. È grazie a lui se essi possono guidarci sicuri al porto della salvezza. La Chiesa, e con lei anche noi, suoi figli, crede che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, colui che salva la nostra povera barca, colpita dalle vi cende della vita. In lui abbiamo il rifugio sicuro e la gioia eterna.
Non di solo pane Numero 731 pagina 11
Meditiamo la Parola
Con la sete di assoluto Meditazione di Fiorella Elmetti
È un brano severo quello che il vangelo ci propone oggi. Un brano che non permette di barare con Dio, ma che ci invita a prenderlo in seria considerazione, come hanno fatto in molti e come, dopo alcuni anni di discernimento, ha fatto Stéphanie, una bella e giovane professoressa di ventisei anni, la quale racconta della sua scelta di andare in convento: “Ho perso una sorella nel 2005, mentre stava andando alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Quell’evento è stato senz’altro cruciale per il mio discernimento. La sua morte è stata un vero punto di svolta nella mia vita spirituale. Mi sono resa conto dell’importanza della nostra vita; che stiamo sulla Terra per un tempo limitato, che veniamo da Dio e un giorno vorremmo tornare da Lui. Vengo da una famiglia cattolica molto religiosa, ma penso che fino a quel momento andavo in chiesa più per routine e mimetismo che altro. Qualche anno dopo, nel 2008, dopo un pellegrinaggio, ho sentito un’attrazione per Dio durante la Messa e un forte desiderio di amarlo. Da quel momento ho vissuto con la sete di assoluto. … I miei genitori hanno accolto la notizia con allegria ed emozione, pur sapendo che d’ora in poi ci vedremo di meno, ma ammiro il loro coraggio e la loro fede. Mia madre mi ha sempre detto che vedeva i figli come un dono di Dio e che alla fine dei conti i figli appartengono a Lui… La mia fede mi porta a non vivere in modo superficiale, perché non è in questo che è Dio. I momenti con la mia famiglia e i miei amici mi mancheranno e sono consapevole di rinunciare a molte cose, ma so che nell’abbazia troverò l’essenziale. È vero che agli occhi degli uomini abbandonare la vita in società forse è una follia, ma non lo è agli occhi di Dio”.
Preghiamo la Parola
Pure di notte innocenza e colpa egli vede e giustizia per tutti egli compie: lui solo! O fedele, attendi sereno che spunti l'alba di quando il suo volto potrai vedere.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido. Porgi l’orecchio alla mia preghiera: sulle mie labbra non c’è inganno. Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno. Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole. Custodiscimi come pupilla agli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi. Io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine.
Preghiera Che tristezza, Signore, quella piccola somma, rattrappita e infeconda, conservata per paura. Rendi la nostra vita una sinfonia di libertà che sia qualche nota almeno, non impeccabile forse, ma armoniosa e intonata, suonata con il cuore e che lasci germogliare altre note… e altre ancora! Grazie, Signore, perché ci fai temere solo le stonature della paura!
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 12
XXXIII Tempo Ordinario Oggi la gente ha fame d'amore, ha fame di comprendere l'amore più grande che è l'unica risposta alla solitudine e all'estrema miseria.
Giovedì 19 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Santa Matilda di Hackeborn Nasce attorno al 1240 nel castello di Helfta, in Sasso nia, da una delle più delle più nobili e potenti famiglie della Turingia, i von Hacke born. La sorella maggiore, Gertrude, è badessa nel con vento di Helfta. All'età di sette anni Matilde viene accolta come educanda nel monastero benedettino di Rodardsdorf. Qui la sua vocazione cresce e la giova ne decide di indossare il
Agisci Il sostegno degli altri è importante nella vita. Nel cammino di fede ci aiuta il sostegno dei santi. Oggi chiederò a Maria, Regina di tutti i santi, di sostenermi, con la sua intercessione, nella coraggiosa testimonianza della fede.
velo. Nel 1258 raggiun ge la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più tardi, le viene affidata la cura di una giovane mo naca che resterà nella storia con il nome di santa Gertrude la Gran de. Proprio a quest'ulti ma Matilde confesserà le proprie visioni mistiche. Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri più noti della mistica
medievale: il Libro della grazia speciale. Matilde, particolarmente dotata nel canto, cura e dirige il coro del monastero e per questa sua qualità sembra che lo stesso Dante si sia ispirato a lei per la figura di Matelda nel Purgatorio. Muore nel monastero di Helfta nel 1298.
Brano Evangelico: Lc 19,4144
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi oc chi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trince e, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Contemplo: Pianse su Gerusalemme (Lc 19,42)
La Gerusalemme storica, la città del grande re Davide e del grande tempio di Salomone, era la sede della «Presenza» di Dio. La Gerusa lemme spirituale, che noi chiamiamo «celeste», è la sede di Gesù, figlio di Davide, «uno più grande di Salomone!». Gesù con la sua «Presenza» in mezzo a noi ci ricorda che Dio è amico degli uomini. Gesù piange alla vista di Gerusalemme, pensando a tutte le città del mondo in cui vi sono persone che non lo accolgono nella propria vita.
Non di solo pane Numero 731 pagina 13
Medita la parola
Preghiamo la Parola
Essere amati fino alle lacrime Meditazione a cura della Redazione
Ci strazia il pianto del Signore. Pianto dell'innamorato respinto, del portatore di buone notizie inascoltato, del profeta rifiutato. Piange, come piange il genitore che vede il figlio sprofondare nel demone della droga, come piange la sposa che si vede tradita, come piange il parroco che vede la sua chiesa svuotarsi inesorabilmente. Gerusalemme è troppo presa dal suo tempio per occuparsi delle cose di Dio. No, non se l'aspettava una reazione del genere, il Maestro. Era pronto a spiegare, a interloquire, ad accogliere, ma non al rifiuto ostile dei sacerdoti, non all'indifferenza della folla, non alla sufficienza di chi pensa di essere a posto. La profezia sulla città, probabile eco degli eventi storici che influenzano la redazione finale di Luca, manifesta la gravità della situazione. Il grandioso tempio che ha fatto rinascere la città, ancora in costruzione mentre Gesù predica, iniziato vent'anni prima della sua nascita e terminato poco dopo il 60 d.C. sarà distrutto dopo soli dieci anni. Ne valeva la pena? Anche noi: davanti agli eventi drammatici della storia, chiediamoci cosa è veramente importante. E sappiamoci amati fino alle lacrime.
«Ma voi non credete in Dio: se credeste in Dio credereste anche in me»; «andate a vedere cosa vuoi dire: io voglio misericordia e non sacrificio». - Signore, donaci la grazia di convertirci sempre dalla religione alla fede; che sia «una fede esigente e concreta, una fede sociale e pur contemplativa». «Se io rientro in me stesso, io troverò là ciò che devo immolare... la mia coscienza sarà il tuo altare. Non avrò bisogno di acquistare ciò che ti devo offrire, perché tu me lo hai già dato» (S. Agostino).
Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion, bellezza perfetta, Dio risplende. Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l’alleanza offrendo un sacrificio. I cieli annunciano la sua giustizia: è Dio che giudica. Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno dell’angoscia: ti libererò e tu mi darai gloria.
Preghiera Le tue lacrime, Signore! Le tue lacrime sul nostro cuore chiuso, sui nostri rifiuti, sul nostro vivere di sempre, immemore e preoccupato solo di se stesso. Le tue lacrime divinamente umane ci richiamano con una forza inaudita. Come possiamo provocarle, senza rendercene conto? Quando verrai e noi saremo pronti, sorriderai dei nostri tentativi maldestri, ma autentici, e ci stringerai a te. Grazie, Signore!
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 14
XXXIII Tempo Ordinario Se giudichi le persone, non avrai tempo per amarle.
Venerdì 20 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Sant’Avventore Martire «A Torino si festeggia no i santi martiri Otta vio, Solutore e Avven tore, soldati della le gione Tebana, i quali, sotto l'imperatore Mas simiano, combattendo valorosamente, furono coronati dal martirio». Così il Martirologio romano racconta la storia di questi tre mar tiri della fine del II se colo. Il riferimento al
«valoroso combatti mento» si riferisce evi dentemente alla loro determinazione nel di chiararsi cristiani nono stante la persecuzione instaurata da Massimia no. Dei tre santi una «Passione» del V seco lo narra che essi fuggi rono al massacro gene rale di Agaunum. Inse guiti, furono presi nei pressi di Torino: Av
ventore e Ottavio, rag giunti, vennero trucidati sul posto. Solutore, in vece, riuscì a proseguire nella fuga fino alle rive della Dora Riparia, do ve, scoperto, fu decapi tato. Nel luogo della sepoltura dei tre nel V secolo sorse una basili ca. Nel 1575 fu innalza ta la «Chiesa dei marti ri», che ne ospita ancor oggi le reliquie.
Brano Evangelico: Lc 19,4548
Agisci: Il Signore ha sconfitto una volta per sempre il mio peggior nemico, il peccato, chiamandomi alla vita libera dei figli di Dio. Oggi non permetterò al male di togliermi questa libertà e, con la forza che viene da Cristo, mi impegnerò a resistere alle tentazioni che incontrerò.
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di pre ghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno inse gnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Contemplo: La mia è una casa di preghiera (cf Lc 19,46)
Il tempio di Gerusalemme era casa di preghiera per tutti i popoli. Qui Israele poteva esercitare l'incarico di nazione santa e sacerdotale. Gesù, come ogni pio ebreo, fin dai dodici anni, saliva al tempio in pellegri naggio. Era una salita fisica, per indicare la salita spirituale, in dialogo con il Padre: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio». Gesù parla di un tempio nuovo, quello del suo corpo risuscitato. Proprio uniti al suo corpo i credenti rendono a Dio un culto in Spirito e verità.
Non di solo pane Numero 731 pagina 15
Preghiamo la Parola
Meditiamo la Parola
Pregare, l’unica soluzione Meditazione di don Fiorella Elmetti
Gesù, “entrato nel tempio” scaccia chi in quel luogo sacro fa mercato. Poi richiama alla verità delle Scrittura ricordando in particolare che “La mia casa sarà casa di preghiera”. E qui casca l’asino. Infatti, molti istintivamente sono portati a credere che pregare sia noioso e inutile, una perdita di tempo. Invece, pregare è l’unica soluzione per essere fedeli alla vita cristiana. La preghiera è come la fiamma che, in modo lento ma sempre vivo, arde sotto la cenere del nostro vivere quotidiano (abitudini, imprevisti, incomprensioni, malattie, lutti, ecc.). Essa riscalda lentamente l’anima, brucia le nostre paure e le trasforma in opportunità e speranza. In merito, Papa Francesco ha affermato in una bella omelia: «…Gesù ci dice: “C’è un Padre. C’è un Padre che vi ama. C’è un Padre che ha cura di voi”». E c’è un solo modo per evitare il contagio, sostiene Papa Francesco. È la strada indicata da Gesù: pregare. L’unica soluzione, conclude, per non cadere in quell’“atteggiamento farisaico che non è né luce né tenebre”, ma è “a metà” di un cammino che “mai arriverà alla luce di Dio”: “Preghiamo. Preghiamo tanto. ‘Signore, custodisci la tua Chiesa, che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quello che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la luce, la luce che viene dal Padre, che viene da Tuo Padre, che ha inviato Te per salvarci. Custodisci il tuo popolo perché non divenga ipocrita, perché non cada nel tepore della vita. Custodisci il tuo popolo perché abbia la gioia di sapere che c’è un Padre che ci ama tanto”. La preghiera permette a Gesù non solo di entrare, ma di restare in noi. E qualunque cosa accada, Egli ci impedisce di fermarci e di chiuderci nel nostro peccato.
Lodiamo il tuo nome glorioso, Signore.
Benedetto sei tu, Signore, Dio d’Israele, nostro padre, ora e per sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, lo splendore, la gloria e la maestà: perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Tuo è il regno, Signore: ti innalzi sovrano sopra ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria. Tu domini tutto; nella tua mano c’è forza e potenza, con la tua mano dai a tutti ricchezza e potere.
Preghiera Padre mi affido alle tue mani,disponi di me secondo la tua volontà qualunque essa sia. Io ti ringrazio. Sono disposto a tutto. Accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Non desidero nient'altro, Padre. Ti affido la mia anima,te la dono con tutto l'amore di cui sono capace,perché ti amo e sento il bisogno di donarmi a te, di rimettermi fra le tue mani, senza limiti, senza misura, con una fiducia infinita perché tu sei mio Padre.
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Lungo i fiumi commento ai Salmi A cura di don Luciano Vitton Mea
Genti tutte lodate il Signore Commento al Salmo 117
Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode, perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre. Alleluia. (Salmo 117,1-2) Eccomi invitato a lodare il Signore. L'invito mi viene da questo Salmo che è tra i più brevi dell'intero salterio e tra i più ripetuti nella preghiera liturgica della Chiesa. Sì, sono chiamato a lodare il Signore: non solo nell'intimità segreta e inviolabile del mio cuore, ma anche nel canto che risuona sulle mie labbra e ricade in uno spazio aperto agli altri, nella casa della comunità che prega. Sono chiamato a lodarlo non solo con una gioia che riempie e s'impossessa di tutto il mio «io», ma anche con una contentezza straripante e invadente che si riversa come un grande fiume in piena e si espande sull'universo intero, coinvolgendo così tutte le genti, i «popoli tutti». Chi mai può misurare le proporzioni di questo «coro mondiale»? La mia lode segue un cammino ascensionale: è rivolta al Signore e sale verso di lui, al quale voglio dire tutta la mia gratitudine per i tanti doni ricevuti dal suo amore. Ma questa lode segue anche un cammino oriz-
zontale: appartiene a questa nostra terra. Essa nasce da me, esonda dalle mie labbra e su di me rifluisce, nel segno gioioso della fede e della speranza condivise con l'intera creazione. Sono chiamato alla lode del Signore dalla mia fede, dal piccolo «sì» che non mi stanco di pronunciare come umile e convinta risposta al grande «Sì» di Dio che mi vuole «fortemente» bene: «Perché forte è il suo amore per noi». E sono chiamato alla lode del Signore dalla mia speranza: questa è generata e alimentata dal Dio assolutamente ed eternamente fedele, il Dio la cui «fedeltà dura per sempre». A caratterizzare la lode al Signore è una gioia esplosiva e permanente che, ridondando e permanendo dentro il suo popolo, nei secoli eterni, diventa un Alleluia senza fine! Una gioia che tutto prende di me e della Chiesa: voce, cuore, corpo, vita; presente e futuro!
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 17
Card. Dionigi Tettamanzi Arcivescovo emerito di Milano
XXXIII Tempo Ordinario Non permettere a te stesso di essere scoraggiato da qualsiasi fallimento fintanto che hai fatto del tuo meglio.
Sabato 21 Novembre I Settimana del Salterio
Il Santo del giorno: Beata Francesca Siedliska Nacque presso Varsavia in Polonia il 12 novem bre 1842. Attorno al 1860 prese piena co scienza della sua voca zione alla vita religiosa. Una chiamata che non trovò il favore della fa miglia. Nonostante fosse di salute cagionevole dovette seguire i genitori in diverse località euro pee. Nel 1873 padre Le andro Lendzian, sua gui da spirituale, disse a Francesca che scorgeva
in lei la chiamata a fondare una famiglia religiosa. Progetto al quale la giovane si mise subito a lavora re. Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Papa che approvò l'idea della fondazione delle «Suore della Sacra Famiglia di Naza reth», la cui casa ma dre fu stabilita a Ro ma. Il 1° maggio 1884 la fondatrice e le pri me compagne fecero
la professione religio sa; Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore. Ebbe inizio così un'in tensa attività di evan gelizzazione che portò la fondatrice anche in America, Inghilterra, Francia, Polonia. Morì il 21 novembre 1902 morì. È stata beatifica ta a Roma il 23 aprile 1989.
Agisci
Brano Evangelico: Lc 20, 2740
Tante sono le me raviglie che il Signore opera nella mia vita. Cercherò l'occasione giusta per poterle annunciare senza vergogna alle persone che ho vicino.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezio ne – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più mori re, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Contemplo: Ecco mia madre e i miei fratelli!
(Mc 3,34)
Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella Beatissima Vergine Maria quella perfezione che la rende «senza macchia né ruga» (Ef 5,27), i fedeli si sfor zano ancora di crescere nella santità per vincere il peccato. Per questo innal zano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù a tutta la co munità degli eletti. La Chiesa, pensando a lei con pietà e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra nel mistero supre mo dell'Incarnazione (Dei Verbum).
Non di solo pane Numero 731 pagina 18
Meditiamo la Parola Siamo figli della risurrezione Meditazione a cura di don Carlo Moro Parroco di Gargnano
La fede nella risurrezione è uno dei problemi fondamentali, sui quali sono discordi farisei e sadducei; per questi ultimi, tutto finisce con la morte, e perciò un Messia che non si afferma in questa vita non è credibile. Il problema dell'aldilà, tuttavia, è d'importanza decisiva per l'intera umanità. Gli stessi apostoli, che per tre anni hanno vissuto con Gesù e sono stati testimoni di miracoli di risurrezione, in fondo dubitano, e presto lo dimostreranno. Le conseguenze di questa mancanza di fede non sono di poco conto. Se, infatti, crediamo nell'aldilà, il tratto di strada che percorriamo sulla terra potrà essere faticoso, limitante, buio, ma saremo sempre sostenuti dalla speranza certa che Dio è Luce, che noi siamo suoi figli e che, quando vedremo il tutto, il nostro cuore si dilaterà: vivremo per l'Amore, liberi, come pesci nell'acqua. Chi non crede, invece, sarà impegnato a costruirsi una vita comoda, piacevole; potrà anche compiere opere meritevoli a vantaggio del suo prossimo, ma la prospettiva è angusta, deprimente: dopo la morte, il nulla! Con la sua risposta alla domanda maliziosa degli avversari, Gesù afferma che non possiamo misurare la Vita Eterna con le categorie mentali umane. La fede nella risurre zione, tuttavia, è un dono da chiedere al Padre e da accogliere con cuore semplice. Ogni dimostrazione teologica, infatti, non riuscirà a spiegare razionalmente l'Amore. Chi ha amato dav vero, lo sa!
Preghiamo la Parola A Dio Padre, nostra sola speranza, al suo Figlio che è venuto a salvarci allo Spirito che sempre ci libera, pur se oppressi, o nel pianto, cantiamo.
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, annuncerò tutte le tue meraviglie. Gioirò ed esulterò in te, canterò inni al tuo nome, o Altissimo. Mentre i miei nemici tornano indietro, davanti a te inciampano e scompaiono. Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio, il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre. Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede. Perché il misero non sarà mai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa.
Preghiera
La tristezza conosce le vie del nostro cuore,ci assale e mina dall'interno, dalle fondamenta ciò che di buono e bello tu hai pensato e già realizzato per noi. La tristezza ha molti volti e molte ragioni per prosperare, ma moltissimi volti ha l'amore e altrettante e maggiori ragioni per edificare e consolidare fino a sanare e infondere coraggio: ci rianima, ci chiama a sé e ci spinge ancora e sempre sulla strada della vita, in pienezza, con i nostri fratelli.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 19
Sussidio di preghiera per la famiglia
Coordinatrice Fiorella Elmetti Redazione don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini, don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Anno XV- n. 731 Domenica 15 Novembre 2015 Chiuso il 09/11/2015 Numero copie 1350
333/3390059 don Luciano
Grafica e stampa don Luciano Vitton Mea Ideato da don Luciano Vitton Mea
Per la tua vita spirituale visita
Vi troverai: Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità
Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo
Ti aspetto ogni giorno su:
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