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Mengele è vivo e politicamente corretto
Francesca Romana Poleggi
Il delirio di onnipotenza dell’uomo non incontra limiti, e quindi ecco che si intende spostare in là il termine di coltivazione degli embrioni umani in vitro.
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Sul Journal of Medical Ethics è apparso un articolo di Sophia Mc Cully, del King’s College di Londra, intitolato The time has come to extend the 14-day limit, nel quale si spiega perché è giunto il momento di estendere a 28
giorni il limite di coltura degli embrioni umani
in vitro, e ampliare quindi la possibilità di farli oggetto di esperimenti. Fa notare l’avvocato e bioeticista Wesley Smith, sul suo blog Human Exceptionalism, che quando hanno cominciato a fare esperimenti sugli embrioni e sulle cellule staminali embrionali dicevano che avrebbero limitato le ricerche al massimo per 14 giorni dopo la fecondazione dell’ovulo in vitro. Dicevano - mentendo e sapendo di mentire - che l’embrione così giovane era solo un ammasso di cellule indifferenziate: dopo il 14° giorno, invece, le cellule cominciano a differenziarsi e quindi la sperimentazione si sarebbe fermata. Smith osserva che in realtà accettarono
di vietare solo ciò che non potevano -
ancora - fare. Ora le tecniche di coltura hanno fatto progressi ed è quindi giunto il momento di spostare il limite fino a 28 giorni, rimangiandosi tutte le assicurazioni date in passato. Il che non è difficile per i maestri del relativismo.
Josef Mengele (1911-1979), noto anche come “l’Angelo della Morte”, era un ufficiale e medico delle SS che faceva esperimenti scientifici sui prigionieri.
IL RAPPORTO WARNOCK
Nel 1984 la commissione inglese Human Fertilisation and Embryology pubblicò il
rapporto Warnock, dal nome della sua presidente Mary Warnock (1924 -2019), una pedagogista e filosofa. Esso sosteneva che prima del 14° giorno dalla fecondazione l’embrione non può essere considerato un individuo biologico, perché solo al 14° giorno si evidenzia la comparsa della “linea primitiva” (che indica
l’avvenuta differenziazione tra le cellule dell’embrione vero e proprio e le cellule che invece formeranno i tessuti placentari). Poi, però, uno studio realizzato alla Rockefeller University di New York e all’Università di Cambridge, pubblicato contemporaneamente
su Nature e Nature Cell Biology, affermò
che l’embrione umano è in grado di autoorganizzarsi autonomamente secondo un piano di sviluppo ordinato anche in assenza di segnali esterni. E molti studi suggeriscono che cambiamenti importanti nell’embrione si verificano ben prima di 14 giorni e possono influenzarne lo sviluppo successivo. Questo dovrebbe significare divieto assoluto di manipolazione di embrioni. Invece è usato come argomento per estendere la coltivazione in vitro di bambini destinati alla ricerca fino a 28 giorni.
La realtà è che un embrione, fin da quando è uno zigote, nel momento dell’incontro tra lo spermatozoo e l’ovulo, è un nuovo essere umano dotato di proprio Dna in grado di determinarsi, organizzarsi e svilupparsi in modo autonomo (il prestigioso British Medical Journal nell’editoriale del novembre 2000, affermava: «L’embrione non è passivo: è un attivo direttore d’orchestra del suo impianto e del suo destino futuro»). Gli mancano
solo tempo e nutrimento per diventare un bambino e poi un ragazzo, un adulto, un
anziano… come un bocciolo verde, con il tempo, l’acqua e il sole diventa una rosa. Invece, secondo alcuni, ciò che conta veramente riguardo al valore morale e alla dignità del piccoletto è la... geografia. Elsejin Kingma sostiene che dalla posizione di un embrione, che si trovi nel grembo d’una donna o in una capsula di Petri, dipende il suo status morale e la sua dignità. Conclude quindi che
Un bocciolo di rosa ha solo bisogno di luce e acqua per diventare la rosa che già ha in sé.
c’è una buona ragione per una distinzione morale tra embrioni “di ricerca” ed “embrioni riproduttivi impiantati”. Una grossa contraddizione di questi bioeticisti è che sono tutti favorevoli all’aborto libero e senza condizioni: e, allora, la dignità degli “embrioni riproduttivi impiantati” che fine fa? Convenzionalmente, un embrione umano viene definito feto a partire dalla nona settimana dopo la fecondazione. È legale abortire un bambino (“impiantato”) ben oltre i 14 giorni dopo che le cellule si sono differenziate. Perché, allora, non è lecito sperimentare su una creatura di oltre 14 giorni? E perché fermarsi a 28 giorni? Qual
è il limite oltre il quale alla scienza non sarà
mai permesso di andare? In certi luoghi - negli Stati Uniti e in Canada, per esempio - l’aborto è consentito fino alla nascita: perché non consentire gli esperimenti sui bambini fino a quel momento? Peter Singer, dell’università di Princeton, il filosofo preferito del New York Times, è uno di quelli che ritiene la vita umana, di per sé, moralmente irrilevante. Ciò che conta sono le capacità - come la consapevolezza di sé - che fanno guadagnare a un essere umano l’etichetta di “persona”. Gli embrioni non sono coscienti, quindi non sono persone. Ma nemmeno i feti. E nemmeno i neonati. Sono, quindi, non-persone. Allora perché non consentire la sperimentazione su di loro? Anzi, perché non pagare le donne che vogliono abortire affinché portino la gravidanza il più possibile avanti in modo da poter ottenere - tra l’altro - organi freschi? (l’idea è odiosa, ma c’è già stato qualcuno che l’ha proposta, nella letteratura bioetica). E se avremo la capacità di far crescere i bambini in uteri artificiali? Avremo la possibilità di coltivare le persone come
fossero zucchine da raccogliere e consumare
nel momento in cui ci sembra più utile? Gli esperimenti sui feti vivi erano leciti, in Usa, fino alla fine degli anni Sessanta, dice Smith. Sono stati interrotti solo perché ancora si credeva nella sacralità della vita umana. Ma se la vita umana non è sacra, se una persona non è tale per ciò che “è” ma solo per
È legale abortire un embrione o un feto molto «più vecchio» di 14 giorni e, con il consenso della madre, fare ricerche sui suoi tessuti, ma è illegale sperimentare su un embrione oltre i 14 giorni che non è mai stato destinato all'impianto. Perché?
ciò che “fa”, perché non ricominciare a farne? E perché tanto sdegno sussiegoso quando si parla del dottor Mengele? In fin dei conti, faceva esperimenti su “non-persone”. Probabilmente vogliamo un mondo in cui
qualcuno abbia il potere di decidere quali esseri umani abbiano dignità di persona e
quali no, chi merita rispetto e chi no. Quali vite sono “degne di essere vissute” e quali no. O, forse, la questione al momento ci interessa poco perché gli zigoti, gli embrioni e i feti, quando li smembri, non strillano. Non li sente nessuno, non disturbano.