(AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE:BZ N6/03DELL'11/04/2003)
POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTOPOSTALE - DL353/2003 (CONV.INL27/02/2004 N. 46) ART.1 COMMA1 NE/TN
Organo informativo ufficiale dell’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -
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LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE IN ITALIA di Angelo Francesco Filardo
ANNO IX GIUGNO 2021 RIVISTA MENSILE N. 97
p. 31
p. 37
p. 46
Manuela Antonacci
Giandomenico Palka
Silvana De Mari
Persona, identità e ragione Intervista mons. Nicola Bux
A lezione di genetica: la clonazione umana
Marco, Marisa e Pippo
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Chiara Corbella Petrillo (9 gennaio 1984 - 13 giugno 2012)
Sarai contenta, Chiara, se oggi diamo voce alle centinaia di migliaia di bambini sacrificati sull’altare del profitto e dell’egoismo con la fecondazione artificiale
giugno 2021
Editoriale
Il mese di giugno è fortemente significativo per me, perché è segnato dal ricordo di Chiara Corbella. Come vecchio amico di famiglia, l’ho conosciuta da piccolina e l’ho vista crescere e fiorire in grazia e beltà; ho festeggiato con lei il matrimonio, tremavo per lei quando i suoi primi due figli, Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, il 10 giugno 2009 e il 24 giugno 2010, lo stesso giorno in cui sono nati al mondo, sono nati al Cielo; ho gioito con lei nel 2011 per la nascita di Francesco, ho pianto amaramente per la sua malattia e poi la sua morte, avvenuta il 13 giugno dell’anno seguente. È per lei e grazie a lei che ho fondato Pro Vita e a lei è stato
dedicato il primo numero di questa Rivista. Le sono perciò immensamente grato, insieme a voi tutti che leggete queste pagine, perché Chiara ci ha fatto iniziare questo cammino «nel nome di chi non può parlare» e sono certissimo che da Lassù continua a sorriderci, a proteggerci, a ispirarci e a sostenerci nelle difficoltà. Sarai certamente contenta, Chiara, se oggi diamo voce alle centinaia di migliaia di bambini sacrificati sull’altare del profitto e dell’egoismo con la fecondazione artificiale. Sono talmente piccoli che non solo non si sentono, ma neanche si vedono a occhio nudo; e davvero nessuno, nessuno, si cura di loro.
Toni Brandi
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Sommario 3
Editoriale
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Lo sapevi che...
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Dillo @ Pro Vita & Famiglia
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Versi per la vita
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La cultura della vita e della famiglia in azione
Silvio Ghielmi
Mirko Ciminiello
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Violare la natura genera il male
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La fecondazione artificiale in Italia
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Francesca Romana Poleggi
Angelo Francesco Filardo
Persona, identità, ragione Manuela Antonacci
RIVISTA MENSILE
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N. 97 — Anno IX GIUGNO 2021 Editore Pro Vita & Famiglia Onlus Sede legale: via Manzoni, 28C
A lezione di genetica: la clonazione umana Giandomenico Palka
00185 Roma (RM)
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Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore,
Vuoto
Elisabetta De Luca
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Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 39040 Salorno (BZ)
La colpa di essere maschio Claudio Vergamini
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www.provitaefamiglia.it Cell. 377.4606227 Direttore responsabile Toni Brandi Direttore editoriale
Marco, Marisa e Pippo Silvana De Mari
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Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica Co.Art s.r.l. Tipografia
In cineteca
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Distribuzione Caliari Legatoria Hanno collaborato alla realizzazione di
In biblioteca
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questo numero: Manuela Antonacci, Mirko Ciminiello, Elisabetta De Luca, Silvana De Mari, Angelo Francesco Filardo, Silvio Ghielmi, Giandomenico Palka, Francesca Romana Poleggi, Claudio Vergamini.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Lo sapevi che...
Per quattro volte sul punto di abortire Jessica Barnes aveva 21 anni, era al college e stava con un tipo alle prese con la tossicodipendenza, quando è rimasta incinta. Piena di paura, non credeva di potercela fare ad avere un figlio. Non aveva né soldi, né una famiglia a cui rivolgersi per chiedere aiuto. Così ha preso un appuntamento alla Planned Parenthood. Arrivata sul posto, le è venuto un attacco di ansia tale da dover tornare indietro. Ha fissato un secondo appuntamento. E poi un terzo. Ogni volta l’ansia le ha impedito di varcare le porte della clinica. Ha chiamato la Planned
Parenthood per la quarta volta. E questa volta era decisa. Ma durante il viaggio ha perso il controllo dell’auto ed è finita sul lato della strada con una gomma a terra. Nel bagagliaio anche la ruota di scorta era completamente sgonfia. Ormai era tardi. Quando si è resa conto che non avrebbe più abortito, racconta: «Immediatamente, sono stata sopraffatta da un completo senso di pace». E così è nato Ezechiele, che significa “Dio rafforza”. Oggi ha 11 anni e Jessica sa che non avrebbe potuto vivere senza di lui.
Libera, davvero, 40 anni dopo l’aborto Clara a 20 anni è andata in una clinica Planned Parenthood per chiedere aiuto per una gravidanza imprevista. Non le è stata offerta alcuna consulenza, alcuna informazione, ma solo una possibilità, una scelta obbligata: l’aborto. È nello stile di Planned Parenthood costringere le donne come Clara ad abortire nascondendo le informazioni sullo sviluppo fetale, convincendole che l’aborto è una soluzione rapida, facile e senza rischi. Sono passati 40 anni da quel giorno. E ogni giorno Clara ha portato dentro la ferita e il dolore di quella azione sbagliata. Poi, a 60 anni,
ha incontrato delle donne prolife che facevano pubblicità al film Unplanned. Si è avvicinata a loro e ha avuto per la prima volta il coraggio di parlare del suo dolore. L’hanno indirizzata alla Vigna di Rachele e, a poco a poco, ha trovato la guarigione: «Mi sono resa conto che il mio io di 20 anni non aveva tutte le informazioni che ha il mio io di 60 anni. Finalmente ho potuto perdonare me stessa». Ora Clara è impegnata nel volontariato prolife per «condurre le persone a Cristo» in onore di suo figlio e per aiutare le donne a capire il male dell’aborto e della Planned Parenthood.
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Houellebecq contro l’eutanasia Michel Houellebecq è uno degli scrittori francesi più famosi e uno straordinario provocatore. Si è recentemente schierato in modo plateale e politicamente molto scorretto contro l’eutanasia. In un articolo su Le Figaro ha scritto, a proposito di “compassione” e “dignità”, che ai «partigiani dell’eutanasia piace fare i gargarismi con parole delle quali distorcono il significato a tal punto che non dovrebbero più avere nemmeno il
diritto di pronunciarle». E conclude: «Quando un Paese, una società, una civiltà arriva al punto di legalizzare l’eutanasia, perde ai miei occhi ogni diritto al rispetto. Diviene d’ora in poi non solo legittimo, ma desiderabile distruggerlo; in modo che qualcos’altro - un altro Paese, un’altra società, un’altra civiltà - possa avere la possibilità di sorgere».
Leggi prolife negli Stati Uniti Il governatore dell’Oklahoma Kevin Stitt ha promulgato una legge che vieta l’aborto se è rilevabile il battito del cuore del nascituro. In genere, ciò si verifica a circa sei settimane di gravidanza. Sono consentite eccezioni se la vita della madre è a rischio o se un medico certifica per iscritto che il bambino non ha alcuna possibilità di sopravvivere. Gli abortisti che violano la legge potrebbero essere accusati di omicidio. Questa norma si accompagana ad altre due leggi prolife: una impone che gli aborti vengano praticati da medici specializzati in ostetricia e ginecologia; un’altra inserisce l’aborto praticato oltre i limiti imposti dalla legge nella lista delle condotte non professionali dei medici. Anche in Montana il governatore Greg Gianforte ha varato tre leggi pro-vita: una vieta l’aborto se
il bambino è in grado di provare dolore (tra le 12 e 20 settimane, forse anche prima); una impone che se la madre lo vuole, deve poter vedere l’ecografia prima dell’aborto; un’altra impone limiti alla somministrazione della Ru486 nelle scuole. Carolina del Sud, Texas, Georgia, Iowa, Kentucky, Mississippi, Missouri, North Dakota, Ohio e Tennessee hanno approvato norme analoghe. Queste leggi di solito vengono impugnate dalle associazioni abortiste e i giudici ne sospendono l’applicazione. I prolife, con ammirevole perseveranza e tenacia, sperano che presto o tardi qualcuna di queste cause finisca davanti alla Corte suprema, dove potrebbe essere ribaltata la sentenza Roe vs Wade che nel 1973 liberalizzò negli Stati Uniti l’aborto a richiesta e senza limiti di tempo.
Biden finanzia l’uso dei bambini abortiti per la ricerca con i denari dei contribuenti I contribuenti americani sono costretti a pagare esperimenti scientifici non etici, che usano tessuti e organi prelevati da bambini abortiti. L’associazione Judicial Watch ha pubblicato quasi 600 pagine di documenti governativi da cui risulta che la Fda (l’omologa della nostra Aifa) ha pagato circa 2.000 dollari per un bambino abortito che serviva a creare “topi umanizzati” sui quali sperimentare farmaci. Una fornitura di timo e fegato circa due volte al mese (fresco; spedito su ghiaccio, i bambini dovevano essere tra le 16 e le 24 settimane),
secondo i documenti pubblicati, può costare fino a 12.000 dollari per scatola, comprese le spese di spedizione e imballaggio. Trump aveva smesso di finanziare questi commerci non etici dopo che David Daleiden e il Center for Medical Progress hanno provato il macabro commercio (spesso illegale) di Planned Parenthood. Gli abortisti mettono persino a rischio la vita delle donne alterando le procedure di aborto per raccogliere le parti del bambino maggiormente intatte.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Dillo @ Pro Vita & Famiglia
Cara Redazione, alla luce delle “lezioni di gender” cui troppo spesso sono sottoposti i ragazzini, mi chiedo: perché la scuola si arroga il diritto di educare i bambini alla sessualità? Perché accettiamo che sia la scuola a invadere un ambito così delicato che dovrebbe essere responsabilità della famiglia? Il bambino ha il diritto di crescere secondo i tempi dettati dallo sviluppo naturale del suo corpo e della sua psiche. Senza forzature esterne. Solo le persone a lui più intime lo conoscono abbastanza da fornirgli un “percorso di apprendimento” individualizzato, adatto proprio a lui. Altrimenti gli si fa violenza. Violenza. Ha spiegato una volta la dottoressa Silvana De Mari: è come se si desse da mangiare a un lattante un piatto di bucatini all’amatriciana e un fritto di calamari e gamberi, innaffiati da una bottiglia di Vermentino (il tutto debitamente frullato)… un pranzo che può essere ottimo per un adulto, ma che dato al bambino piccolo probabilmente lo uccide. La realtà dice solo una cosa, che se non si rispettano i tempi delllo sviluppo sessuale che avviene naturalmente, i bambini crescono con una visione distorta della sessualità, di sé e degli altri. Alba
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Versi per la vita IL LUOGO PIÙ RISCHIOSO Tristezza profondissima inasprita. Nel mondo avanzatissimo moderno, il luogo più rischioso per la Vita è l’utero materno. Dipende da una scelta, chiamata volontaria, con procedura svelta ch’è come un soffio d’aria, perfino agevolata diffusa e anche pagata coi soldi dello Stato. Diritto conquistato. Lunghissimo percorso. C’è un segno di rimorso? vien presto cancellato. Il lascito di Erode si cura con le droghe…
SILVIO GHIELMI classe 1926, laureato in chimica a Milano,
Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Giuseppe Garrone, mons. Michel Schooyans, Mario Paolo Rocchi e Francesco Migliori [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa della verità e della vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
La cultura della vita e della famiglia in azione #AttiviamociPerIlBeneComune a cura di Mirko Ciminiello
Come di consueto presentiamo ai nostri Lettori un resoconto delle principali attività svolte dai nostri circoli territoriali. Come sempre, il nostro grazie giunga a tutti i volontari che in tutta Italia hanno reso possibile trasformare la cultura della vita e della famiglia in azione. Il 27 marzo, a Trieste, il nostro volontario Stefano ha tenuto la relazione “Non ucciderai” durante un corso di approfondimento sull’economia della vita e della famiglia, promosso dall’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân. Altri relatori: il prof. Luca Pingani, il prof. Danilo Castellano, don Samuele Cecotti, il prof. Gianfranco Battisti, l’ing. Giovanni Lazzaretti e il dott. Silvio Brachetta. Il 29 marzo, a Perugia, Pro Vita & Famiglia ha organizzato un webinar sulla legge regionale sulla famiglia. Il 1° aprile, a Pescara, grazie all’impegno della nostra volontaria Carola, il Consiglio Comunale ha approvato una mozione a sostegno della natalità. Il 6 aprile, a Trieste, il nostro volontario Stefano ha scritto un articolo - denuncia confrontando contenuti e reazioni ai manifesti della campagna #stopaborto di Pro Vita & Famiglia, rispetto a quelli pro-aborto affissi dall’UAAR anche nel capoluogo friulano. L’8 aprile, a Vicenza, il nostro volontario Pier Luigi è co-redattore di un comunicato stampa che stigmatizza la presa di posizione del
Governatore Luca Zaia in favore della pdl Zan. A Roma, Maria Rachele Ruiu ha partecipato al primo di una serie di incontri online organizzati dall’associazione “Family Day”, dal titolo “Una città per i ragazzi - Il bello della scuola”, con tema “Verso il pensiero unico? Storia e cronaca del politicamente corretto”. Altro relatore: Eugenio Capozzi, professore di storia contemporanea all’Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. Il 10 aprile a Bergamo, è stato lanciato un comunicato stampa dei responsabili del locale Circolo territoriale per stigmatizzare la bocciatura in Consiglio comunale di due emendamenti a sostegno della vita nascente. Il 13 aprile, ha avuto inizio la campagna #vaccinoetico per condannare l’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti per sviluppare, produrre e/o testare farmaci, cosmetici e vaccini. Lo stesso giorno, a Imperia, la nostra volontaria Maria ha scritto un articolo sulla storia di Pippa Knight, una bambina inglese il cui caso ricorda molto quelli di Charlie Gard e Alfie Evans. Il 15 aprile, a Ravenna, il nostro volontario Simone ha ottenuto 30 passaggi del
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video promozionale del 5 per 1000 a PVF sull’emittente Rete7 (fino al 14 maggio); e 14 passaggi dello stesso video sull’emittente Telestense (fino al 30 aprile). Il 18 aprile, a Mantova, il nostro volontario Carlo ha stigmatizzato con una nota la vandalizzazione dei manifesti della campagna #stopaborto. Il 20 aprile, a Crema (CR), il nostro volontario Flavio ha denunciato un caso gender in un Istituto di Istruzione Superiore. Il 21 aprile, a Roma, Jacopo Coghe ha partecipato alla diretta online “In marcia per la vita”, con Virginia Coda Nunziante e Raffaella Frullone. Lo stesso giorno a Marsala (TP), il nostro volontario padre Bruno ha denunciato pubblicamente i pericoli del ddl Zan. Il 22 aprile, Pro Vita & Famiglia ha patrocinato l’evento on line “Legge omofobia, perché non va”, organizzato dall’Associazione Family Day Difendiamo i Nostri Figli. Relatore il professor Aldo Rocco Vitale.
Il webinar sulla legge regionale umbra sulla famiglia
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Lo stesso giorno, Jacopo Coghe e Maria Rachele Ruiu hanno tenuto un incontro di approfondimento sulla pdl Zan assieme al senatore Simone Pillon, in diretta Facebook sulla pagina di PVF. Il 23 aprile, Francesca Romana Poleggi e Maria Rachele Ruiu hanno partecipato al dibattito pubblico “Legge Zan contro l’omotransfobia: perché fa paura?”, in diretta streaming sul sito dell’Agenzia Dire, con Cristina Gramolini, Presidente di Arcilesbica Nazionale, e Aurelio Mancuso, Presidente di Equality Italia. Moderatore Nico Perrone, direttore dell’Agenzia Dire. Il 24 aprile, Jacopo Coghe ha parlato su Radio Maria della pdl Zan nella trasmissione di bioetica condotta dal dott. Renzo Puccetti. Il 26 aprile, Toni Brandi e Maria Rachele Ruiu sono stati protagonisti di un dibattito pubblico con il sindaco di Trento Franco Ianeselli sulla rimozione dei manifesti contro la pillola abortiva RU486, in diretta televisiva e streaming su Trentino TV.
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La cultura della vita x1000 e della famiglia in azione a Pro Vita e Famiglia Dona il tuo
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94040860226
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Violare la natura genera il male Francesca Romana Poleggi
Siamo molto grati al dottor Filardo che ci ha offerto i risultati aggiornati delle sue ricerche sulla fecondazione artificiale. I suoi calcoli statistici ci fanno aprire gli occhi sulla incommensurabile strage di innocenti in atto. Si tratta - come abbiamo avuto modo di spiegare in altre occasioni - di un’ecatombe folle, che neanche assicura una vita sana ai bambini che produce e che funge da presupposto a pratiche aberranti. Nell’introdurre il lavoro scientifico del dottor Filardo, che potrete leggere nelle pagine che seguono, mi preme lanciare alcuni spunti di riflessione su questioni importanti attinenti alla fecondazione artificiale.
La fecondazione artificiale fa male anche agli adulti coinvolti Nessuno dice, e pochi sanno, che la fecondazione artificiale può compromettere anche in modo serio la salute psichica di coloro che vendono i gameti (che un giorno potrebbero rendersi conto di essere “genitori” di chissà quante persone sparse per il mondo) e di coloro che li acquistano (che un giorno potrebbero sentirsi non-genitori di quelli che improvvisamente vedono come nonfigli). Le famiglie, così, sovente vanno in crisi, a differenza di quelle dove i bambini sono stati regolarmente adottati. In questo caso, infatti, lo spirito dei genitori adottivi è fin dall’inizio uno spirito oblativo, quello di dare una famiglia a chi non l’ha. Fin dall'inizio la situazione è chiara: si sa bene che l'adottato
non è geneticamente figlio. Per le donne, poi, ai problemi psichici si aggiungono i problemi fisici dovuti soprattutto ai bombardamenti ormonali necessari per prelevare gli ovuli e per impiantare l’embrione prodotto in vitro. A tutto questo, si aggiunge lo stress psicofisico cui viene sottoposta la coppia, che di solito deve tentare diversi cicli di fecondazione prima di riuscire a ottenere una gravidanza (che non è detto riesca arrivare a termine senza problemi): non dimentichiamo Pina Orlando, che il 20 dicembre del 2018 si è gettata nel Tevere da Ponte Testaccio con le sue gemelline di pochi mesi, Benedetta e Sara, nate premature e severamente handicappate a seguito di fecondazione artificiale…
La fecondazione artificiale fa male ai (pochi) bambini risultanti Molto più spesso di quanto si renda noto, infatti, molti dei bambini che riescono a nascere a seguito della fecondazione artificiale, dal punto di vista fisico, presentano
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Chi volesse approfondire la questioni accennate in questo articolo può richiedere a redazione@provitaefamiglia.it la relazione tenuta dalla professoressa Francesca Romana Poleggi in occasione della III edizione della Scuola di bioetica di Pro Vita & Famiglia, nel 2019, dal titolo “Fabbriche di bambini difettosi” difetti alla nascita e patologie varie nei primi anni di vita (cardiocircolatorie, respiratorie, ipertensione!), che si aggiungono ai problemi che normalmente possono avere i bambini prematuri. Dal punto di vista psichico, poi, quando crescono, in caso di fecondazione eterologa, soffrono per la necessità di ritrovare le loro radici e di conoscere la loro ascendenza genetica; in caso di fecondazione omologa devono convivere col pensiero di essere stati concepiti non in un caldo amplesso dei genitori, ma da un atto masturbatorio in una provetta. Intanto, però, il giro di affari globale intorno alla fecondazione artificiale è stato calcolato sui 31 miliardi di dollari, senza considerare il fatturato dell’utero in affitto.
La fecondazione artificiale è presupposto dell’utero in affitto Non possiamo dimenticare, infatti, che la fecondazione artificiale è il presupposto necessario per l’abietto mercimonio di donne e di bambini, e che è grazie alla fecondazione artificiale che si possono “produrre” bambini deprivati scientemente e deliberatamente della mamma o del papà: bambini che poi crescono col devastante senso di colpa di chi, quando naturalmente sente la mancanza di uno dei due genitori, si sente dire: «Ma come, non sei contento che hai “due mamme” (o “due papà”)?».
La fecondazione artificiale per dare la vita a uno, provoca una ventina di morti
Ma al di là, anzi prima, di tutto questo, la fecondazione artificiale presuppone la morte di un numero esorbitante di bambini allo stato embrionale. Perché, nonostante i progressi della “scienza”, è davvero difficile riuscire a fabbricare bambini in provetta. Facendo le dovute proporzioni, ci sono molte più speranze di avere un figlio curando - laddove è possibile - le cause di infertilità o di sterilità. Ma anche di questo non si parla - non si deve parlare - perché queste cure sono etiche ed economiche. Si continua, invece, a promuovere le fabbriche Gli effetti deleteri del “junk food”, cibo spazzatura, sulla di “bambini artificiali” (difettosi), con buona pace salute degli americani (obesità, colesterolo, ecc., ecc.) si delle vittime, che tanto sono piccole e non si sono cominciati a vedere negli anni Ottanta e Novanta, vedono. Senza contare (perché non si possono contare, date le relazioni ufficiali reticenti e una quarantina d’anni dopo l’invenzione dei fast food. Ebbene: la prima bambina in provetta, la famosa Louise menzognere) il numero imprecisato di piccoli Brown, non ha ancora 43 anni compiuti. Non sappiamo congelati sospesi nell’azoto liquido, che dormono un sonno profondo senza speranza di risveglio. ancora come invecchieranno i bambini artificiali!
La fecondazione artificiale in Italia Angelo Francesco Filardo
Il dottor Angelo Francesco Filardo, vicepresidente dell’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici, Aigoc, e Direttore del Centro “Amore e Vita”, ha calcolato in modo rigoroso la strage di innocenti causata dalla pratica della fecondazione artificiale: per ogni bambino che nasce, quanti ne muoiono?
Le relazioni del Ministro della salute al Parlamento sull’applicazione della legge 40/2004 - se lette con attenzione, ordinando e sintetizzando i dati - ci fanno toccare con mano i danni prodotti dalla fecondazione artificiale: non solo materialmente (la morte di milioni di esseri umani innocenti), ma anche socialmente, perché si sottovaluta la sua occisività e si riducono gli esseri umani (zigoti, embrioni) a merce, che si può produrre senza limiti e senza obblighi per i committenti e per i produttori. I bambini, così, si possono scartare senza addurre valide motivazioni, congelare in grande quantità e lasciare sospesi nell’azoto liquido a tempo indeterminato, o per sempre.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Analisi degli ultimi dati disponibili, del 2018, desunti dalla Relazione ministeriale sulla legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale. Prendendo in esami i dati del 2018, resi pubblici con grande ritardo il 26 febbraio 2021 dal Ministro della salute, possiamo prendere coscienza della strage in atto. Nelle due prime tabelle (1 e 1S) vediamo riassunti i dati relativi alla fecondazione extracorporea omologa nell’anno 2018. Confrontando questi dati con quelli del 2017 notiamo una riduzione del numero delle coppie (- 2.189) e dei cicli di trattamento a fresco (1.927) ed un ulteriore significativo aumento delle coppie (+ 1.546) e dei cicli di trattamento con scongelamento di embrioni/ovociti (+ 2.233). Il numero dei parti è di poco aumentato (+ 58) mentre il numero dei bambini nati vivi è un po’ diminuito (- 93): la percentuale di coppie con figlio/i in braccio nelle coppie trattate a fresco diminuisce dal 13,78% al 12,97%, mentre aumenta quella delle coppie con scongelamento dal 20,90% al 24,78%.
La tabella 3.4.13, che si trova a pagina 119 dell’ultima Relazione ministeriale, è il punto di riferimento per fare chiarezza sul numero reale di embrioni formati nel 2018, perché a pagina 127 della citata Relazione ministeriale, nella tabella 3.4.26, gli embrioni formati diventano 98.673 e non 169.286 come risulta dalla tabella 3.4.13. Nella tabella 2 riproponiamo i dati della sopracitata tabella 3.4.13 e ricostruiamo il percorso fatto dagli ovociti freschi e scongelati e il destino degli embrioni prodotti dalla fecondazione di gran parte di questi ovociti. Prendiamo atto che solo 10.751 dei 202.108 embrioni prodotti e scongelati nel 2018 riescono a vedere la luce del sole, cioè il 5,32%, ovvero il 13,46% degli embrioni trasferiti in utero. Nella Relazione leggiamo che nell’omologa i trasferimenti in utero con 1-2 embrioni sono l’88,5%, cui si aggiunge un 10,9% di trasferimenti con 3 embrioni, mentre i trasferimenti con 4 o più embrioni sono lo
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0,6% e rappresentano l’1,1% dei trasferimenti nelle donne di 40-42 anni e l’1,2% nelle donne di età ≥43 anni. Sorge spontanea una domanda: perché continuare a bombardare le donne con alte dosi di gonadotropine per far maturare un gran numero di ovociti - esponendo le donne al rischio di severe Ohss, cioè sindromi da iperstimolazione ovarica (306 cicli sospesi prima del prelievo; in 221 cicli è stato richiesto il congelamento di tutti gli ovociti ed in altri 3.556 la sospensione del trasferimento in utero per rischio Ohss ed il congelamento di tutti gli embrioni) - quando gran parte (88.158) di questi ovociti prelevati non sono stati utilizzati e 13.740 sono stati crioconservati? La fecondazione artificiale omologa Le tabelle 3 e 4 riportano i dati della fecondazione extracorporea omologa per classi di età: balza subito agli occhi di tutti i lettori che nei gruppi di età superiore ai 40 anni la percentuale delle donne con figlio/i in braccio si riduce notevolmente, anche se in questi gruppi di età il numero di embrioni trasferiti è superiore a quello delle donne di età inferiore:
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Notizie Pro Vita & Famiglia
nel gruppo di donne di 40-42 anni nei cicli a fresco, la percentuale delle donne con figlio/i in braccio è del 7,37% e scende al 2,36% nelle donne di età ≥43 anni. Nelle donne trattate con scongelamento di embrioni e di ovociti a 40-42 anni la percentuale sale (13,16% cicli di scongelamento, mentre nelle donne di età ≥43 anni si mantiene più bassa con lo scongelamento degli embrioni (6,34%) e diventa quasi nulla (0,06%) con lo scongelamento degli ovociti, a dimostrazione che l’età di 42 anni rappresenta un limite oltre il quale sono notevolissime le difficoltà sia di concepire, sia di congelare gli ovociti. Un breve accenno alle indagini genetiche preimpianto: su 3.441 indagini genetiche fatte nel 2018, abbiamo i dati di 2.447, il che fa pensare che i dati mancanti non siano positivi. Inoltre - come appare molto chiaramente dalla tabella 5 - fare indagini su embrioni scongelati è molto letale (97,24% di embrioni morti), di donne con età media di 36 anni, quindi sarebbero da vietare per legge. La fecondazione artificiale eterologa La tabella 6 riassume i dati essenziali della fecondazione extra corporea eterologa dell’anno 2018 e può darci solo un’idea di quello che è accaduto alle coppie interessate. Aumenta il numero totale delle coppie trattate, dei cicli di trattamento e degli embrioni trasferiti in utero; aumenta di pari
passo il numero degli embrioni sacrificati e compare per la prima volta il numero degli embrioni crioconservati (9.897), mentre nessuna notizia viene data sul destino di 15.917 embrioni.
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La tabella 7 permette di avere un quadro molto più chiaro della situazione compatibilmente con i dati offerti dalla Relazione, che sono aggregati in modo disomogeneo, volutamente confuso e incompleto rispetto ai dati offerti per l’omologa. Chi ha comprato lo sperma Nelle coppie trattate con “donazione” di liquido seminale nelle donne di età ≥43 anni, la percentuale delle coppie con figlio/i in braccio non supera il 3,85%.
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Chi ha comprato l’ovulo Le percentuali di coppie con figlio in braccio nei trattamenti con acquisto di ovociti o con “doppia donazione” (cioè si compra sperma e ovulo) sono di gran lunga più favorevoli perché gli ovociti vengono venduti da donne giovani e perché le donne che si sottopongono al trasferimento di embrioni nel loro utero, non dovendosi esporre al rischio di iperstimolazione ovarica, possono avere nello stesso anno più trasferimenti in utero di embrioni. Il trattamento con “doppia donazione” fa
Perché continuare a bombardare le donne con alte dosi di gonadotropine per far maturare un gran numero di ovociti, esponendo le donne al rischio di severe sindromi da iperstimolazione ovarica, quando gran parte di questi ovociti prelevati non sono stati utilizzati e in parte sono crioconservati?
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hanno (tutti trasferiti in utero? quanti crioconservati?); • quanti criocontenitori di ovociti non vengono utilizzati e restano in deposito presso ogni centro. Lo stesso discorso vale per i criocontenitori di embrioni e di liquido seminale. Un’ecatombe in continua espansione
sorgere molti dubbi: si possono importare embrioni dalle banche estere? E quelli che comprano l’embrione qualora abbiano dato uno dei gameti, quali garanzie hanno che effettivamente l’abbiano usato? Al di là delle colorate e numerose figure contenute nella Relazione, quali esami vengono fatti per essere certi che il Dna di questi figli è in parte costituito da quello di uno dei due componenti della coppia che compra un embrione e uno dei gameti? All’import e all’export di bambini questa ultima Relazione dedica 25 pagine (Appendice F p. 246), con belle mappe a colori per visualizzare i flussi, ma sarebbe stato molto più utile e comprensibile riassumere il tutto in 3 tabelle - una per ogni tipo di compravendita (seme, ovociti, embrioni) - facili da leggere per tutti, in cui venga indicato con una sigla il centro che effettua l’operazione di import/ export, il numero preciso dei criocontenitori di seme, di ovociti e di embrioni con la nazione di provenienza e possibilmente anche l’entità del “rimborso spese” pagato da ogni centro. Dovrebbero fornire, inoltre, chiare informazioni - come riportato nella terza colonna della tabella 8 - su: • quanti criocontenitori di ovociti importati nello stesso anno o non utilizzati degli anni precedenti vengono inseminati e fecondati; • quanti embrioni vengono prodotti con questi ovociti e che destinazione
Dal 2010 - come è possibile verificare nella tabella 9A - la fecondazione extracorporea è diventata la prima causa di morte documentata dei concepiti, con 141.652 embrioni sacrificati, che superano di molto i 115.372 bambini eliminati nello stesso anno con l’aborto volontario (legge 194/1978). Questo orripilante primato si va consolidando
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La fecondazione extracorporea è la prima causa di morte documentata dei bambini, con 171.730 embrioni sacrificati, che superano di molto i 76.328 bambini eliminati nello stesso anno (2018) con l’aborto volontario
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Le donne morte a seguito di fecondazione artificiale, conteggiate dall’Istituto superiore della sanità, sono completamente ignorate dalla Relazione ministeriale sulla legge 40/2004
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ogni anno, fino a raggiungere nel 2018 il numero di 171.730, cioè 2,25 volte superiore a quello delle vittime dell’aborto volontario nello stesso anno (76.328) e dal 2008 al 2018 fa registrare il numero totale di 1.554.687 embrioni sacrificati, cioè 13,53 volte superiore ai nati vivi da fecondazione extracorporea nello stesso periodo (114.931). Fin qui i dati desunti dopo un’accurata e approfondita lettura critica dell’ultima Relazione sull’attuazione della legge 40/2004, che il Ministro della salute deve presentare ogni anno al Parlamento che, tenendo conto dei risultati offerti dalle Relazioni annuali, dovrebbe valutare se occorre intervenire per modificare la legge in base agli effetti verificatisi nel tempo. Dall’inerzia fin qui mostrata dal Parlamento sembrerebbe che la presentazione della Relazione sia diventata una pura formalità da adempiere con molta calma! Di fatto, però, c’è stato chi ha sostituito il Parlamento emettendo sentenze e - in assenza
del successivo, necessario, indispensabile intervento legislativo del Parlamento - ha creato le situazioni fin qui descritte. Le sentenze della Corte costituzionale Bambini congelati Il 13 maggio 2009 è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n.151, che dichiarava l’illegittimità dell’art. 14, comma 2, della legge 40, che stabiliva in tre il numero massimo di embrioni da fecondare e da impiantare in utero in un unico e contemporaneo impianto. Sono passati quasi 12 anni e il Parlamento non si è accorto che in questo periodo nei crioconservatori italiani - come si può facilmente constatare nella tabella 3.4.16 di p. 119 da me modificata - stanno sospesi nell’azoto liquido 83.443 embrioni, o - più verosimilmente - 130.350 embrioni. E il loro numero continua a crescere ogni anno. A essi si aggiungono i criocontenitori
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per l’eterologa importati dall’estero e non utilizzati. La Corte costituzionale ha giudicato illegittimo il comma 2 dell’articolo 14 della legge 40/2004, che serviva a limitare quello che poi è accaduto e sta accadendo con la sua abolizione. Per questo motivo nel libretto pubblicato dall’Aigoc il 23 settembre 2014, quando sembrava che il Parlamento si fosse accorto della necessità d’intervenire per colmare il vuoto legislativo creato dalle sentenze della Corte costituzionale, a pp. 11 e 12 abbiamo scritto: «La donna (o la coppia) per poter procedere a una eventuale crioconservazione di embrioni prodotti sia con Pma omologa che eterologa dovrebbe espressamente sottoscrivere nel consenso informato che si impegna a trasferire in utero gli embrioni prodotti in eccesso e crioconservati anche in caso di buon esito del primo trasferimento
e/o di nascita in modo naturale di altri figli e a pagare le spese necessarie per tutta la durata della crioconservazione (il cui ammontare va valutato e dettagliatamente specificato nel consenso informato al quale va allegata la fotocopia del bonifico bancario in un apposito ccb del deposito anticipato della somma pari al costo di tre anni di crioconservazione). Questa misura servirebbe a limitare il ricorso alla eccessiva produzione di embrioni e alla crioconservazione di quelli che non vengono impiantati, facendo accrescere nella coppia la consapevolezza della dignità umana degli embrioni prodotti, che non sono un mezzo per soddisfare il loro desiderio di avere un figlio, ma veri esseri umani, loro figli, di cui si debbono prendere responsabilmente cura come dei figli già nati. Anche il pagamento anticipato dei costi della crioconservazione può essere un deterrente all’abuso del ricorso
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alla crioconservazione. La salute della donna non viene esposta a maggiori rischi da questa limitazione, in quanto c’è la possibilità di crioconservare i gameti invece degli embrioni, che può offrire la possibilità di successive fecondazioni senza sottoporre l’interessata ad altre sovra-stimolazioni ovariche, con quasi uguale probabilità di gravidanza (19,5 su 100 trasferimenti in utero) rispetto allo scongelamento di eventuali embrioni crioconservati (22,4 su 100 trasferimenti in utero), con il notevole vantaggio di evitare la crioconservazione e la morte di un considerevole numero di embrioni (13 su 14 embrioni scongelati nel 2012), che sono loro figli. Nel caso di separazione e/o divorzio o rottura della convivenza per la donna/madre permane l’obbligo di procedere all’impianto
degli embrioni crioconservati, che continuano a essere loro figli anche se molto piccoli ed invisibili a occhio nudo, mentre per l’uomo/ padre permane l’obbligo di fornire tutti i mezzi di sostentamento necessari a questi figli come si conviene per i figli già nati comprendendo anche le spese della crioconservazione degli stessi. In caso di mancato trasferimento in utero di questi loro figli crioconservati alla coppia viene comminata la stessa pena prevista per l’abbandono di minori (art. 591 c.p.)». Alla luce dei dati offerti da quest’ultima Relazione ministeriale anche il limite della produzione al massimo di tre embrioni appare in piena linea con l’evoluzione delle tecniche di fecondazione extracorporea, considerato che nell’omologa i trasferimenti in utero con 1-2 embrioni sono l’88,5%, cui si aggiunge un 10,9% di trasferimenti con 3 embrioni, mentre i trasferimenti con 4 o più embrioni sono lo
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Fare indagini su embrioni scongelati è molto letale (97,24% di embrioni morti), quindi sarebbero da vietare per legge
0,6% e rappresentano l’1,1% dei trasferimenti nelle donne di 40-42 anni e l’1,2% nelle donne di età ≥43 anni, per cui se non si procede al contemporaneo trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti deve permanere l’obbligo per un successivo impianto in utero degli embrioni crioconservati, che hanno diritto a essere tutelati come chiaramente espresso nell’articolo 1 della legge 40/2004: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito».
L’eterologa La sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014, abolendo il divieto di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale eterologa, ha creato una immensa voragine legislativa, che il Parlamento non si è ancora minimamente preoccupato di colmare, per cui stiamo assistendo a tutto il possibile. E ciò avviene a carico dei contribuenti e al prezzo altissimo degli innumerevoli embrioni sacrificati. La deriva eugenetica La sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 2015 - dopo i provvedimenti del Tribunale di Cagliari e di Firenze (2007) e del Tar Lazio (2008) - ha consentito alle coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili l’accesso alla
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Dal 2008 al 2018 il numero totale di embrioni sacrificati è stato di 1.554.687, contro 114.931 nati vivi
diagnosi genetica pre-impianto, che come abbiamo potuto constatare è altamente letale in particolare per gli embrioni scongelati (97,24% di morti). Mamme a 50 anni Anche qualche Regione ha provato ad allargare le maglie di una legge 40/2004 già molto permissiva: nel 2011 il Veneto ha spostato il limite di età delle donne cui concedere di accedere alla fecondazione extracorporea a carico del Ssn da 43 a 50 anni, riuscendo a mettere d’accordo sia i sostenitori più accaniti del “figlio ad ogni costo” come Carlo Flamigni e Eleonora Porcu (cfr. Comunicato stampa dell’Aigoc
del 21 giugno 2011), sia noi che siamo stati da sempre contrari ad ogni forma di fecondazione extracorporea, entrambi contrari a queste aberrazione. Più di recente il Tar della Lombardia ha annullato la delibera della Regione che fissava il limite di età di 43 anni e il numero massimo di tre tentativi per accedere alla fecondazione extracorporea eterologa pagando solo il ticket. Quanto abbiamo già illustrato riguardo all’efficacia della fecondazione extracorporea nelle donne con età ≥ 42 anni è più che sufficiente per dimostrare l’infondatezza scientifica e l’assurdità di questa decisione, ma ci sono altri motivi anche più gravi - di seguito esposti - che giudici attenti avrebbero dovuto conoscere e tenere in debita considerazione.
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E il "diritto alla salute" delle donne? Il 14 marzo 2019, durante il convegno di ItOSS, è stato presentato il Primo Rapporto ItOSS. Sorveglianza della Mortalità Materna negli anni 2013-2017, pubblicato dall’Istituto Superiore della Sanità, nel quale a p. 19 si legge: «Oltre all’obesità, un’altra condizione frequente tra le donne decedute è il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma). L’11,3% delle morti materne (12/106) riguarda donne che hanno concepito mediante tecniche di Pma (6 Icsi, 5 Fivet e 1 tecnica non nota). La percentuale di morti materne associate a Pma rilevata dal Sistema di sorveglianza del Regno Unito è pari al 4%, molto più bassa di quella italiana. La proporzione di gravidanze ottenute mediante tecniche di Pma è invece analoga nei due Paesi, pari a circa il 2% e pertanto non giustifica la diversità nella frequenza degli esiti. L’unica differenza che sembra associabile alla minore proporzione di morti materne nel Regno Unito riguarda la norma vigente in quel Paese in base alla quale il servizio sanitario pubblico non offre Pma alle donne con indice di massa corporea ≥ 30 Kg/m2 e/o età ≥ 42 anni. Controllando tali caratteristiche nelle donne decedute in Italia emerge che 7/12 hanno IMC ≥ 30Kg/m2 e 4/12 un’età ≥ 42 anni. Alla luce di questi dati riteniamo opportuno considerare anche nel nostro Paese una possibile regolamentazione dei criteri di accesso alle tecniche di Pma nel servizio sanitario pubblico». Di morti materne non c’è alcuna traccia in
La fecondazione artificiale è anche un serio rischio per la salute e la vita delle donne (l’11,3% delle morti materne)
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nessuna delle Relazioni del Ministro della salute al Parlamento sulla legge 40/2004, neanche in quest’ultima - anche se l’Istituto superiore di sanità, che ha curato la pubblicazione del Rapporto ItOSS, ha predisposto anche la sezione 3 della Relazione – quindi non poteva ignorare i dati che aveva reso noti due anni prima nel citato Rapporto. Conclusione Concludo la presentazione di questi dati ricordando che risultati molto più favorevoli di quelli della fecondazione extracorporea si possono ottenere imparando a riconoscere la fertilità della donna con i metodi naturali (Billings e Sintotermici), come si può vedere nella tabella 10. Bisogna anche tener presente che l’età migliore per concepire è prima dei 30 anni e che abbiamo più che mai bisogno di politiche a favore della famiglia e
della natalità, che considerino i figli un preziosissimo investimento per il futuro di tutta la collettività. Va inoltre rilanciata l’adozione, che dà modo di offrire il calore della famiglia a un/a bambino/a. A questo proposito bisogna chiedere allo Stato la stessa attenzione e lo stesso sostegno economico che viene concesso alle coppie che accedono alla fecondazione artificiale e l’inserimento dell’adozione tra i Livelli Essenziali di Assistenza per la sterilità e infertilità di coppia.
Nei crioconservatori italiani stanno sospesi nell’azoto liquido 130.350 embrioni. E il loro numero continua a crescere ogni anno
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Persona, identità, ragione Manuela Antonacci
Ringraziamo il teologo don Nicola Bux che ci ha rilasciato questa intervista, attraverso la quale ci consente di riflettere sui temi fondamentali della bioetica alla luce della ragione naturale Il diffondersi della legislazione sull’aborto, a livello mondiale, si accompagna alla mentalità dilagante che considera il contenuto della legge civile automaticamente accettabile sotto il profilo morale. Allo stesso modo lo scoperchiamento del vaso di Pandora dell’eugenetica sta portando a derive disumane, autorizzando forme sempre più fantascientifiche di manipolazione della vita umana. È impossibile ignorare le evidenti implicazioni etiche e bioetiche di tutto ciò. Ne abbiamo parlato con don Nicola Bux, noto teologo, affermato liturgista e in passato collaboratore di papa Benedetto XVI, ben consapevoli che la Chiesa, seguendo il diritto naturale, difende la vita sin dai suoi albori, considerando l’uomo sempre tale, dal concepimento alla morte. Per diversi scienziati l’embrione è vita umana, ma non persona. Secondo il Magistero della Chiesa, invece, è persona fin dal concepimento. In realtà, queste sono questioni per niente scontate. Infatti è sul concetto di embrione e su quello di gravidanza, manipolati arbitrariamente, che i fautori della “contraccezione d´emergenza” e dell’aborto fanno leva per raggiungere il risultato desiderato, e cioè evitare la nascita di un bambino non voluto, con buona pace della coscienza. Secondo questa “scuola di
pensiero” l’embrione nelle fasi iniziali del suo sviluppo, finché non si impianta nella mucosa uterina, non può essere considerato un vero e proprio individuo, ma un “pre-embrione”, addirittura una “masserella genetica”, come fosse cosa da nulla. Un modo per trasmettere l’idea che sia qualcosa di qualitativamente inferiore rispetto all’embrione vero e proprio, come se fosse meno umano, meno “persona” e perciò (è questo il vero punto d’approdo di queste affermazioni) privo del diritto alla vita. Monsignor Bux, partiamo proprio dalla questione dello status ontologico dell’embrione, che solleva una serie di domande importanti: cos’è l’embrione? È un’entità biologica, uomo, individuo, persona? È qualcosa o qualcuno? È tra i soggetti di diritto? «San Tommaso d’Aquino afferma: “Bisogna ammettere che nell’embrione preesiste già l’anima, dapprima vegetativa, poi sensitiva e infine intellettiva. [...] e questo avviene in maniera che la forma seguente abbia tutte le perfezioni della precedente, e qualche cosa in più. Così, attraverso varie generazioni e corruzioni, si giunge all’ultima forma sostanziale, tanto nell’uomo quanto negli altri animali. […] Quindi bisogna affermare che
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l’anima intellettiva è creata da Dio al termine della generazione umana, con la scomparsa delle forme preesistenti, e che essa è insieme sensitiva e nutritiva” (ST, I, q. 118, a. 2 ad 2). Quindi Tommaso parla della formazione progressiva dell’essere umano, a partire dall’embrione, per giungere ai sensi e infine all’anima razionale, quando tutto il corpo sarà perfetto. Diremmo noi che un bambino siccome non ha il pieno uso della ragione non sia un essere umano? Non lo è pienamente (in «atto»), ma lo è in formazione (in «potenza»). Esso è perfetto fin dall’inizio, poi esplicherà gradualmente tutte le sue potenzialità. Il bambino che suona il pianoforte è il medesimo che da grande potrebbe diventare un artista. Che pensiamo noi di quelli che vogliono sopprimere un bambino? Tommaso non aveva ai suoi tempi la questione dell’evoluzione teoria dove non c’è il passaggio dalla potenza all’atto, ma dal non-essere all’essere - ed espone lo sviluppo graduale dalla perfezione del piccolo embrione alla pienezza dell’adulto. Il pensiero di Tommaso è chiaro e non può essere confuso con quello darwiniano, per il quale si potrebbe passare da un’ameba, alla scimmia e all’uomo. A motivo dell’anima razionale che include quelle vegetativa e sensitiva appartenenti ai regni inferiori, l’essere umano è persona con i diritti e i doveri
Il bambino è perfetto fin dal concepimento. Esplicherà gradualmente tutte le sue potenzialità: il piccolo che studia il pianoforte è il medesimo che da grande potrebbe diventare un artista
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La scienza, che è un dono dello Spirito Santo, sciolta dal legame con l’eterno, fa diventare l’uomo ebbro di sé. Egli crede così di sfidare il tempo, cioè il limite da cui è circondato, oltre il quale aspira ad andare
suoi propri. Per ulteriori approfondimenti, rimando all’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II». Ultimamente è comparso un importante studio su Nature, una delle più importanti riviste scientifiche in assoluto: per la prima volta sono stati ottenuti dei “simil-embrioni umani” creati in laboratorio non da ovuli e spermatozoi, bensì da cellule staminali della pelle riprogrammate. Quali le implicazioni morali? Stiamo giocando con la vita umana, a fare Dio? «Esattamente. La rivelazione biblica conosce già questo tentativo, che sarebbe più giusto chiamare ‘tentazione’, all’origine è la tentazione più grande: “Diventerete come Dio”. Quando l’essere umano assaggia il frutto preso dall’albero della conoscenza del bene e del male, che corrisponde alla scienza - che è un dono dello Spirito Santo -, sciolta qui dal legame con l’eterno, diventa ebbro di sé. Crede così di sfidare il tempo, cioè il limite da cui è circondato, oltre il quale aspira ad andare; ma c’è da valicare il limite ultimo: la morte; questo è il suo tallone d’Achille. In proposito consiglio il libro del card. Ruini con il sen. Quagliariello, Un’altra libertà. Esso reca un sottotitolo eloquente: Contro i nuovi profeti del paradiso in terra».
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E dunque questi “progressi” nel campo della ricerca medica ci mostrano una sempre maggiore spersonalizzazione e manipolazione della vita umana, sempre meno legata a un atto d’amore e a una relazione. Che danni può provocare questo sia nell’immaginario collettivo, sia nel modo di concepire i rapporti interpersonali? Stiamo andando verso una concezione “transumana” anche dei rapporti? «L’ideologia luciferina che pilota taluni scienziati è appunto il transumanesimo, per il quale, si può superare ogni limite naturale. Insomma si è passati “dal Dio al bio”, scrive lo storico Guido Vignelli. Si noti la contraddizione: invocano il biologico in tutto e per tutto, aria, acqua, piante, alimenti, animali, meno che nell’uomo, sul quale tutto è possibile. Però poi dicono che la natura è così potente che quando si scatena, non perdona mai. L’ha ripetuto persino papa Francesco. Attenzione però, Dio, che è
il creatore e ordinatore della natura e la mantiene in essere, riporta poi tutto in ordine. Non senza farla pagare amaramente a coloro che manipolano il creato, dalla terra al cielo e soprattutto all’uomo. Purtroppo, siccome siamo legati in solido come umanità, il danno lo subiamo tutti. Tuttavia, dobbiamo erigere l’argine della verità a cui ogni cuore umano sincero aspira, e diffondere l’amore, che è il motore vero del creato». La teoria del “pre-embrione”, di cui abbiamo parlato prima, usata spesso nell’ambito della fecondazione artificiale, è smentita dai dati della medicina ufficiale, i quali dicono che il processo di sviluppo che si avvia dalla fecondazione è individuale, continuo, graduale, coordinato, senza variazioni qualitative che ne modifichino la natura e l’identità, per alcuni motivo di discriminazione. Dunque l’embrione è progetto umano, individuale, con una
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Alcuni invocano il biologico in tutto e per tutto: aria, acqua, piante, alimenti, animali, meno che nell’uomo, sul quale tutto è possibile
propria identità unica, che rimane la stessa lungo tutto il processo di sviluppo, anche dopo la nascita, indipendentemente dal numero delle cellule che lo compongono. Cosicché cambiano la quantità e la complessità dell’organizzazione, ma non l’identità biologica. In merito alla questione dell’unicità di ciascun individuo, a partire dalle sue peculiarità biologiche, viene il sospetto che ciò che muove l’ideologia abortista sia la stessa temperie culturale che vuole l’annullamento delle identità tutte, è d’accordo? «La parola “identità” viene da idem, e vuol dire “la stessa cosa”. C’è una guerra contro l’identità (entrata anche nella Chiesa). Si pensa che l’identità sia divisiva. Però sono pronti a riaffermarla quelli che devono difendere la loro ideologia. Vogliamo abolirla? Come faremmo a riconoscerci senza la ‘carta d’identità’? Ci piace il pluralismo, il
diverso, ma anche l’unità in vari ambiti: come si raggiungerebbero questi obiettivi senza l’identità alla base? Saremmo nell’indistinto e nella confusione. Accadeva nel Parlamento italiano lo scorso anno: mentre si discuteva sulla legge della cosiddetta identità di genere o ‘quote rosa’, si affrontava quella sulla ‘omolesbobitransfobia’. Gaetano Quagliariello ha fatto esplodere la contraddizione razionale tra le due: “La teoria della sessualità fluida rischia di vanificare decenni di lotte femminili (basti pensare alle gare sportive delle donne aperte agli atleti trans, che con corpi da uomini le vincono tutte)”, e “la consapevolezza che la stessa rivendicazione della libertà in termini di gusti sessuali ha un senso fintantoché il sesso di appartenenza sia un parametro non opinabile: cosa vuol dire professarsi omosessuali, se essere uomini o donne diviene un concetto relativo?”». Ancora una volta, la perdita della ragione porta a postulare due cose in conflitto
Non dobbiamo scoraggiarci, ma operare sempre, perché il Signore fa nuove tutte le cose, e ha bisogno di noi anche per questo
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tra loro: perché la parità di genere argina potentemente la sessualità fluida, cioè, afferma ancora Quagliariello, “quell’identità come costrutto socio-culturale sganciato dalla biologia”. L’uomo è unico e irripetibile grazie al fatto dell’incarnazione di Gesù Cristo. Una recente, incredibile, vicenda, dal punto di vista sia etico che giudiziario, è quella incentrata sul caso della donna alla quale è stato riconosciuto il diritto di farsi impiantare un embrione concepito senza il consenso dell’ex marito. Una sentenza, quella del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che rappresenta la spia di una vera e propria deriva etica e bioetica incontro alla quale sta andando la nostra società, sempre più orientata verso una visione antropologica disumanizzante e utilitaristica, dal punto di vista relazionale. In questo caso si è assolutizzato il “diritto” del singolo a diventare genitore: anche in opposizione al partner. C’è una “cosificazione” delle relazioni umane alla base di tutto ciò?
«Risultato: l’abolizione dell’uomo, come scriveva Clive S. Lewis quarant’anni fa, quasi in coincidenza con l’approvazione della legge 194 in Italia. L’uomo senza Dio, che è l’amore, non è più capace di amare, ossia di fare le cose per il fine cui sono destinate, che culminano nella conoscenza, nell’amore e nel servizio di Dio e del prossimo in questa vita. Così l’umano è condizionato, svuotato della sua intelligenza e creatività sperimentabile da chiunque e diventa al contrario capace di autodistruggersi in modo agghiacciante. L’edonismo odierno, che porta a esaltare “l’ambiente” e il corpo umano, arriva a non riconoscere più la realtà per quella che è; così si arriva a dire che una donna che i miei occhi vedono, in realtà non è tale, ma è ciò che il mio capriccio vorrebbe che fosse. Questo spiega il dilagare dello smarrimento e della paura del futuro. Non dobbiamo scoraggiarci, ma operare sempre, perché il Signore fa nuove tutte le cose, e ha bisogno di noi anche per questo».
L’edonismo odierno, che porta a esaltare “l’ambiente” e il corpo umano, arriva a non riconoscere più la realtà per quella che è
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A lezione di genetica: la clonazione umana Giandomenico Palka
Il professor Palka, già Ordinario di Genetica Medica dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, ci offre un’altra lezione, questa volta a commento delle notizie che circolano sulla clonazione umana, una sfida all’etica, alla morale e all’antropologia. Tutto Inizia nel 1996 a Edimburgo, dove il dottor Wilmut dà l’annuncio di aver clonato la pecora Dolly, dimostrando che la riprogrammazione di una cellula somatica a cellula embrionale era possibile. Il mondo si pose subito le prime domande: la linea di confine tra Dio e l’uomo si assottiglia dopo Dolly? L’uomo può tentare di impossessarsi della vita? Ma il tutto non potrebbe essere solo un grande business? Quindi, in accordo con gli inglesi, direi «hope and hype» [speranza e forte spinta pubblicitaria, ndR]. La clonazione consiste nel prendere il nucleo di una cellula somatica, che ha un corredo genetico di 46 cromosomi, e di metterlo dentro una ovocellula, privata del suo nucleo. Dopo Dolly altri animali sono stati clonati ma i risultati non sono stati mai soddisfacenti. In media la percentuale di successo della clonazione non supera il 3%. Mi preme subito chiarire che la clonazione non comporta la formazione di un vero
embrione, ma solo un qualche cosa che gli assomiglia. Nel mondo dei mammiferi, lo zigote si forma dall’unione di due gameti, che nel caso dell’uomo sono lo spermatozoo e l’ovocellula, ciascuno formato da 23 cromosomi. I gameti sono comparsi circa 150 milioni di anni fa e sono prodotti dagli apparati sessuali maschili e femminili, che non so quanto tempo ci sia voluto per costruire, ma certo non sono il frutto di un colpo di bacchetta magica. Con la loro comparsa è iniziata sul nostro pianeta la riproduzione sessuata. La clonazione invece si realizza attraverso l’introduzione di un nucleo di una cellula somatica a 46 cromosomi dentro una ovocellula, privata del suo corredo genetico. Quindi si tratta di una riproduzione atipica, asessuata e quindi, più che di clonazione, dovremmo parlare di nucleo transfert. Il mondo ha accolto con stupore la nascita di Dolly perché la riprogrammazione del Dna di una cellula somatica non era
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La clonazione consiste nel prendere il nucleo di una cellula somatica, che ha un corredo genetico di 46 cromosomi, e metterlo dentro una ovocellula, privata del suo nucleo
La pecora Dolly con Ian Wilmut, del Roslin Institute, in Scozia. Nata il 5 luglio 1996, con il Dna identico a quello di sua madre, Dolly è morta dopo sette anni, alcuni dicono a prescindere dalla clonazione. Le pecore in media vivono dai 15 ai 20 anni. Dopo Dolly ci sono stati altri tentativi, ma in media la percentuale di successo della clonazione non supera il 3%.
ritenuta possibile, ma c’è stato anche tanto scetticismo perché Dolly era il frutto di un esperimento riuscito su 277 eseguiti. L’insuccesso della clonazione si deve sia alla complessità della tecnica, sia all’alterazione dell’imprinting. Riguardo a quest’ultimo punto, di ogni gene esistono due copie, che vengono ereditate una dal padre e una dalla madre ed entrambe cooperano nella loro funzione. Un centinaio di geni invece sono soggetti all’imprinting, e delle duecopie ne funziona una sola, o quella maschile o quella femminile. I gameti hanno imparato a riconoscere quali sono i geni imprintati e a silenziarli. L’imprinting si è determinato per impedire l’autofecondazione. I gameti presentano tante altre caratteristiche che li differenziano dalle altre cellule, che non
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posso riferire per motivi di spazio. Nel caso della clonazione, il nucleo di una cellula somatica a 46 cromosomi viene messa dentro una ovocellula, che riprogrammerà tutti i geni imprintati in senso femminile, e pertanto mai si potrà formare un essere “normale”. I mass media si sono espressi alla grande: «Esperimento shock a Seul: clonato il primo embrione umano»; a Mosca: «Possibile un clone di Lenin». Su Sanità news: «Il primo bambino clonato è previsto tra due anni». Qualcuno aggiungerà che di recente sono state clonate due macache, che sembrano normali e che possono rappresentare il preludio alla clonazione umana, che qualcuno addirittura ritiene sia più semplice di quanto non si creda. Intanto precisiamo che le
due sorelline macache sono il risultato di 79 esperimenti effettuati, che confermano come la clonazione sia un fatto eccezionale. La storia ci dirà come sarà la vita delle due macache. Dolly alla nascita era normale, poi nel corso dei suoi 7 anni di vita ha sofferto di numerose patologie: ha avuto tumori, reumatismi, malattie autoimmuni e alla fine una polmonite artritica, che è una patologia dolorosissima per gli animali, che indusse Wilmut a ucciderla. Tutti gli animali clonati hanno la “large offspring syndrome“, caratterizzata da ipertensione, obesità, diabete, che sono l’espressione dell’alterazione dell’imprinting. Ovviamente, “la ricerca non si può fermare”, ha bisogno della sperimentazione per andare avanti, ma a tutti i costi? Deve esserci
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La clonazione non comporta la formazione di un vero embrione ma solo un qualche cosa che gli assomiglia: tutti i geni saranno “imprintati” in senso femminile e pertanto mai si potrà formare un essere “normale”
sempre un equilibrio tra diritto di sapere ed egoismo del ricercatore, per evitare di cadere nella slealtà. La ricerca deve essere sempre al servizio della società e deve promuovere sempre il rispetto della dignità umana. La clonazione è una sfida all’etica, alla morale e all’antropologia. Quali valori intende perseguire la clonazione e cosa rischia invece di sconvolgere e di distruggere? La biodiversità, che rende degna e meravigliosa la vita su questo pianeta, che fine farà con la clonazione? Qual è la ragione di clonare gli esseri umani? La clonazione offende il significato di essere umano. La clonazione è eugenismo, che è una teoria discriminatoria bandita da tutti gli Stati e da tutte le società democratiche e civili. La clonazione non è proponibile e accettabile perché viola l’univocità dell’essere umano. Su questo anche teologi e filosofi di svariate estrazioni religiose sono d’accordo.
Le due macache clonate sono il risultato di 79 esperimenti effettuati, che confermano come la clonazione sia un fatto eccezionale.
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Vuoto Elisabetta De Luca
Le riflessioni di una giovanissima studentessa universitaria (ha appena 18 anni) sulla più grande e ingiusta discriminazione in atto oggigiorno, in questa società “dell’inclusione” e della “tolleranza”: quella contro i Cristiani Non sapevo di far parte di una minoranza in via d’estinzione, anche perché molto probabilmente non lo sapevi neanche tu. Che l’ondata di becera e modernista globalizzazione ci abbia ormai attanagliato fino a stritolarci, corrodendo ogni aspetto della nostra quotidiana esistenza individuale, è ormai un innegabile dato di fatto oggettivo e risaputo. Chi riesce a negarlo è semplicemente omertoso e consapevole complice della distruzione in corso: ignorarlo sarebbe impensabile e, ad oggi, impossibile. Bersaglio preferito delle vessazioni incessanti del web, e più in generale nel mirino della stessa società, sembriamo esserci proprio noi: i Cristiani. Per contenere e riportare ogni offesa non basterebbero intere ore, perché, del resto, vilipendi e ingiurie aventi a oggetto la fede sono oramai divenute una costante all’ordine del giorno. C’è chi ci accusa di idolatria, chi ci ritiene causa di tutti i mali del presente e di ognuna delle catastrofi del passato. Ne abbiamo di tutti i gusti: da chi ci ha eletto fautori dell’odio e della discriminazione sociale ormai uniche piaghe da combattere in questo sistema malato e distorsivo della verità (ma sarà mai davvero così?) - fino a chi, con un gusto così cattivo da lasciare esterrefatto ogni ascoltatore, ci accusa del mancato
progresso delle stesse istituzioni. Nelle scuole la situazione non migliora affatto. Ricordo ancora con una punta di tristezza e di amarezza, ma soprattutto con sano disprezzo, quanto siano stati duri gli anni del liceo. Quando a 12 anni non capivo perché non potesse esserci un crocifisso appeso al muro dell’aula, quando non capivo, e continuo tutt’ora a non farlo, in un candore tutto mio che non trova ancora risposte, in che modo un mero simbolo possa mai turbare la sensibilità altrui. Ricordo ancora tutte quelle volte in cui ero messa a tacere durante le lezioni di filosofia perché, riporto testualmente quanto mi sentivo dire: «Una persona di fede come te non potrà mai riuscire a pensare in un modo filosoficamente valido». In quel limbo di imposto silenzio, mi sovvenivano le più belle parole di sant’Agostino, sant’Anselmo, san Tommaso (chissà come mai, scartati dai programmi didattici della mia classe per una sedicente mancanza di tempo), finanche dello stesso Dante, e di qualsiasi altro uomo di vera fede, da Galilei a Pascal, da Plotino a Manzoni, da Seneca a Leibniz, che da sempre hanno innalzato e coniugato la filosofia, l’arte, la scienza, la letteratura e persino la matematica, con la più preziosa e costante ricerca di Dio, come se Fede e Scienza fossero dunque per davvero due ali
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Fede e Scienza sono due ali di uno stesso corpo, che volano nella stessa direzione, quella della Verità, e che vibrano all’unisono, l’una in funzione dell’altra, senza mai sovrastarsi, ma pronte a sostenersi in un bagliore di reciproco amore
di uno stesso corpo, che volano nella stessa direzione, quella della Verità, e che vibrano all’unisono, l’una in funzione dell’altra, senza mai sovrastarsi vicendevolmente ma pronte a sostenersi in un bagliore di reciproco amore. Svuotare la scuola dalla fede permane uno degli errori più imperdonabili e atroci che si possano commettere. La negazione di un intrinseco spirito guida, che ci accompagni nelle scelte quotidiane e che come un daimon socratico custodiamo dentro di noi, permane l’aberrazione più delittuosa che possa essere perpetrata. Il materialismo gretto e meccanicistico che pervade il nuovo ordine del mondo ci risucchierà con sé fino a sconfinare nell’abisso. Ed è proprio in questi tempi così difficili che innalzare i vessilliferi segni della propria fede diventa sinonimo di un incendiario amore, nonché al medesimo tempo, si configura come la più tortuosa delle ambagi e la più ardua delle missioni.
Molti vogliono che i simboli cristiani siano tolti dalle scuole. Ma a una ragazza islamica chiederanno mai di togliere il velo?
giugno 2021
Non ho mai trovato risposte sul perché si cerchi con ogni mezzo di svuotare il mondo dalla presenza di Dio: ravvisare la mano della creazione di Dio in ogni creatura sembra essere diventato un pensiero strambo, ribelle e rivoluzionario. Affidarsi a Lui nei momenti di angoscia viene additato come un gesto scriteriato e ingiustificato. La preghiera stessa viene derisa, nell’apparente trionfo di quelle bestemmie così difficili da estirpare, ormai divenute banali intercalari. Sentiremo risponderci: «Sai com’è, ci sono abituato», nascondendo dietro un insignificante e ancor più spaventoso pretesto una delle più gravi forme di abominio, blasfemia e degradazione mai umanamente concepita. Ascolto ormai sdegnata e consumata dalle mie paturnie chi cerca fieramente di imporre la razionalizzazione di tutti quei costumi sociali a loro dire «ingabbiati dalla religione cattolica», di chi pretenderebbe di imboccare il modernissimo e progressista pertugio della secolarizzazione, congiuntamente a una turpe laicizzazione forzata di ogni tradizione e istituzione. Ma questo ci appare senz’altro come un cammino certamente non privo di sarcastiche contraddizioni. Fa riflettere e lascia a questo proposito attoniti l’eclatante e terrificante pretesa dell’Università di Torino di nascondere
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crocifissi, altarini, santini e medagliette durante le sessioni di esami a distanza. Il motivo? Ci permane ancora oscuro. Voi che ne dite? Intimerebbero mai a una ragazza islamica di non indossare il suo hijab durante l’esame? O chiederebbero mai a un ragazzo ebraico di non portare il suo copricapo a lezione? E se l’annientamento dei simboli cristiani non fosse stato concepito in nome di una millantata e livellante uguaglianza, bensì finalizzato all’esclusiva eradicazione della religione cattolica dal cuore dell’Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.
A 12 anni non capivo perché non potesse esserci un crocifisso appeso al muro dell’aula, al liceo ero messa a tacere durante le lezioni di filosofia
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La colpa di essere maschio Claudio Vergamini
Si dà per scontato che donne siano vittime, gli uomini prevaricatori e non è ammessa prova contraria: si sono creati dei veri - ridicoli - stereotipi. Una delle cose che mi piace dello smartworking è il non dover fare le corse per mangiare durante la pausa pranzo. Mi preparo un bel piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino e me li mangio appena spadellati ascoltando il TG... Ma quella notizia me li fa andare per traverso: con tutti i problemi che abbiamo in Italia, c’è chi ha sollevato un “grave” problema relativo ai ministri del Pd al governo. E quale era? Non erano stati scelti i migliori? No, il “grave” problema è che nessuno dei tre è donna. “Notiziona” considerata da Tg. La cosa, in realtà, non mi stupisce, dopo anni e anni di pestaggio mediatico antimaschile senza contraddittorio. Gli uomini di solito non sanno, o non osano, rispondere a tono: come pugili suonati, balbettano e barcollano goffamente, mentre dicono che stanno facendo di tutto per aumentare il numero delle donne dappertutto, addirittura uno ha dato la colpa al premier della scelta, rimediando l’oscar della pessima figura.
Possibile che non c’è nessuno che reagisca energicamente e dica cose semplici, del tipo: «A noi interessa che si parli della qualità dei Ministri, se sono capaci o meno, del loro sesso non ci interessa nulla»? Possibile che non c’è nessuno che affermi una cosa semplicissima, e cioè che, se in molti posti che contano, ci sono uomini, forse se lo sono meritato, hanno lavorato bene e se lo sono sudato? Ma possibile che è così inconcepibile che chi è di sesso maschile possa avere dei meriti? Possibile che nessuno ha il coraggio di ribadire che essere di sesso maschile non è una colpa? Possibile che nessuno faccia notare che se i Ministri Pd fossero state tre donne, non ci sarebbe stato uno, dico uno, che avrebbe lamentato una mancanza di rappresentanza dell’altro sesso? Le donne sembra che, dappertutto, sempre e comunque, subiscano la prepotenza degli uomini, che le discriminerebbero, per puro divertimento, in ogni dove: e nessuno osa fiatare, anche se le cose non stanno affatto così.
La ragionevolezza vorrebbe che il 100% dei posti dovrebbe essere riservata ai più bravi, a prescindere dal sesso
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Un esempio? Guardiamo la famosa “troika”, che è costituita da Bce, Fmi e Commissione Europea: hanno a capo Christine Lagarde, Kristalina Georgieva, e Ursula Von der Leyen. Se ci fosse questo famoso “soffitto di cristallo” di cui si va cianciando da molto tempo, come è stato loro possibile raggiungere tali posizioni? Un’altra obiezione che nessuno fa è la seguente: ma se ci sono meno donne nelle istituzioni, non potrebbe essere anche dovuto al fatto che potrebbero essere molti di più gli uomini tra i candidati interessati a rivestire i vari incarichi? Se ci fossero 100 posti e ci fossero 900 candidati uomini e 100 candidati donne, le vere “pari opportunità” di cui si riempiono la bocca in tanti prevederebbero che agli uomini vengano dati 90 posti e alle donne 10, in modo che ognuno dei candidati abbia il 10% di possibilità di riuscita. Se si fa 50 e 50, come vogliono le ridicole “quote rosa”, gli uomini avrebbero il 5,5% di possibilità e le donne il 50%. Ma la ragionevolezza vorrebbe che il 100% dei posti
dovrebbe essere riservata ai più bravi. La cosa che fa più ridere di questa vicenda è che, nello scenario politico italiano, l’unica donna leader di partito, Giorgia Meloni, è presidente di uno dei partiti meno incline ad assecondare questo vittimismo femminista, a dimostrazione che il “soffitto di cristallo” è solo un’invenzione di chi non vuole riconoscere i meriti degli uomini: le donne, quando sono valide, possono tranquillamente emergere e farsi largo. Mi piacerebbe che ci fossero più uomini reattivi a questa mentalità deprimente, anche per tutelare tutti quelli in buona fede che, dovendosi sorbire questa propaganda a senso unico, finiscono per sviluppare quello che gli psicologi chiamano “senso di colpa senza colpa”. E invece mi pare che la migliore difesa delle ragioni degli uomini, la sento fare da due grandissime donne come Costanza Miriano e Silvana De Mari: due donne alle quali affiderei volentieri il Paese, molto più che a certi uomini.
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Marco, Marisa e Pippo Silvana De Mari
Tre simpatici leoni ci spiegano quanto sia importante il ruolo che la natura (o meglio: il Creatore) assegna al maschio e alla femmina, nella loro radicale diversità. La loro storia ci insegna anche a guardarci bene dai pericoli di quelle filosofie nichiliste contigue all’ideologia gender che vorrebbero cancellare ogni differenza e negare ogni specificità. Maschi e femmine sono profondamente diversi. È diverso il loro corpo, è diversa la loro mente. L’epoca di gran lunga più lunga della storia umana è l’età della pietra. Noi disponiamo di un cervello in grado di sopravvivere all’età della pietra, cioè un cervello preistorico e dobbiamo confrontarci col postmoderno, con un cervello preistorico. Nell’età della pietra i ruoli del maschio sono due: cacciatore e guerriero. Cacciatore per trovare cibo, guerriero per difendere il territorio su cui si cercava il cibo e per evitare di diventare cibo. L’età della pietra è caratterizzata da una continua ricerca di proteine, e l’essere umano è costituito da chili di ottime proteine. Compito della donna è di custodire la vita e plasmarla: la mente del bambino nei primi mesi di vita, i più importanti, si forma su mamma. Su mamma il bambino impara a regolare le emozioni. Se mamma non c’è perché è a lavorare e il piccolo è all’asilo nido, tutto questo diventa più difficile. Ancora più difficile se la mamma non c’è proprio, quindi è una grave scortesia “creare” un bambino senza madre. Il compito dell’uomo, del padre, quindi è proteggere il rapporto madre-bambino, e
proteggere entrambi con la sua forza. Un uomo che spezzi questo legame per esempio comprando il bimbo dalla donna che lo ha partorito, sta creando un figlio senza madre ma anche senza padre. Il primo compito del padre è proteggere quel legame con la sua forza. E con la sua aggressività. I maschi sono più aggressivi. E la loro aggressività protegge la prole. Ho sempre saputo da bambina che se qualcuno mi avesse fatto del male, i carabinieri sarebbero stati l’ultimo dei suoi problemi. Il primo sarebbe stato mio padre. È uno degli effetti del testosterone, insieme al maggiore coraggio fisico. I maschi sono più coraggiosi di noi perché la nostra vita, dato il legame che abbiamo col figlio, è più preziosa della loro e loro devono darla per noi. Se mentre siamo incinte di sei mesi ci mettiamo a fare il doppio salto mortale, né noi, né il piccolo facciamo una bella fine. Quindi l’adolescente maschio che fa il doppio salto mortale per far vedere alla ragazza quanto è coraggioso, è un’assicurazione: se ci sarà da andare alla morte per lei o per i bambini, lui lo farà. E farà anche a botte per far vedere a lei che ha l’aggressività necessaria per proteggerla. Tutte le volte che spiego che i maschi sono più coraggiosi perché loro è il ruolo di guerrieri, ottengo fiumi di proteste. Rispondo
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Piero di Cosimo (1461-1522), Scena di caccia primitiva, Metropolitan Museum, New York.
a una delle più buffe: «Le leonesse, che sono femmine, sono vere combattenti». Le leonesse non sono combattenti: le leonesse sono semplicemente carnivore. Una leonessa, in quanto femmina, ha la competitività e l’aggressività molto basse. Se voi vi trovate davanti a una leonessa, la leonessa vi sbrana, ma voi non siete qualcuno con cui compete: voi siete pappa. Una dolcissima leonessa vi sbrana senza per questo essere aggressiva, esattamente come la mia dolcissima nonna andava a tirare il collo a una gallina tutte le
volte che uno dei suoi nipoti era malato. Qualsiasi fosse la patologia ci curava con un infernale intruglio a base di brodo di pollo, cipolla e peperoncino, di cui fortunatamente si è persa la ricetta. Comunque funzionava. Di sicuro evitava le recidive. Nel terrore di doverlo ingurgitare di nuovo guarivamo subito e definitivamente. La dolcissima leonessa non sbrana la gazzella, lo gnu o voi con aggressività, esattamente come la foca non mette aggressività nel mangiarsi le aringhe, la balena nel mangiarsi
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I maschi sono geneticamente più coraggiosi e aggressivi perché loro è il ruolo di guerrieri che devono proteggere la madre e il bambino
il krill, e la vacca nel mangiarsi l’erba. L’aggressività, che è potente solo dove c’è testosterone, è quella tra due tizi della stessa specie, non tra un rappresentante di una specie e il suo cibo. La pappa sta nella casella pappa, la competizione con individui della stessa specie sta nella casella aggressività, e qui ci va il testosterone. Sono due caselle diverse. La leonessa non è meno brava del leone a cacciare, ma non è capace di difendere il territorio dove cacciare. La leonessa può muoversi e cacciare e allevare i suoi cuccioli solo all’interno di un territorio, un territorio segnato e difeso da un maschio. I maschi difendono il territorio, come sanno i proprietari di cani maschi e i postini. Difendono il territorio il gallo e il toro, e smettono di farlo se si amputano loro le gonadi: bue e cappone non difendono il territorio. Mi sto ripetendo perché secondo me questo concetto non è chiaro nella mente di molti. La leonessa Marisa ha avuto i cuccioli dal leone Marco. Può cacciare con serenità nel territorio segnato e protetto da Marco. Quando arriva un altro leone, Pippo, Marco deve scacciarlo. Se Pippo fosse più forte e uccidesse Marco, dopo di lui ucciderebbe i suoi cuccioli, li ucciderebbe davanti a Marisa, che non ha la potenza di fermarlo, così che senza cuccioli lei torni rapidamente all’estro, lui possa montarla e avere dei cuccioli suoi. Lo stesso avviene tra i leoni marini, le foche e un mucchio di altri animali. Se non c’è il padre a proteggerli, altri maschi uccidono i cuccioli per avere i loro discendenti con quella femmina. Esattamente quello che succede alla fine della guerra di Troia: il figlio di Ettore ucciso e sua madre che diventa schiava. Dove non c’è più il loro padre a proteggerli, i cuccioli aumentano il rischio di essere uccisi. Ho raccontato questa storia per chiarire l’idea che ci vogliono i leoni maschi per proteggere i cuccioli. E questo vale anche per noi. Io, ripeto, ho sempre saputo che se qualcuno mi avesse toccato, mio padre lo avrebbe fatto a pezzi, anche a costo di morire nell’impresa, e questo era il suo compito. Ora immaginiamo che Marisa sia un’ottima cacciatrice, e dica: «Io sono mia, io non ho bisogno di nessuno,
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Il compito dell’uomo, del padre, quindi è proteggere il rapporto madre bambino, e proteggere entrambi con la sua forza. Un uomo che spezzi questo legame per esempio comprando il bimbo dalla donna che lo ha partorito, sta creando un figlio senza madre ma anche senza padre
io sono stufa, io il territorio me lo difendo da sola», e mandi via Marco: i suoi figli non hanno più difesa. Quando non c’è più un uomo, quando il padre è morto, o se ne è andato, o è stato mandato via, in una di queste disastrose evenienze, aumenta il livello di ansia dei figli, a volte cominciano gli attacchi di panico. Noi femmine il territorio non lo sappiamo difendere, non lo sappiamo difendere perché non è compito nostro, e quando il padre non c’è più i figli stanno svegli di notte, perché gli orchi esistono, non è vero che non esistono, non è vero che si fermano con le parole. I pedofili hanno la capacità incredibile di localizzare il bambino che non ha un padre che lo difenda con tutta la sua ferocia. In effetti i grandi paladini della pedofilia,
i firmatari del Manifesto a favore della pedofilia, Simone de Beauvoir, Sartre, e altri, hanno avuto come primo scopo l’abbattimento dell’autorità paterna, perché prima bisogna levare di torno Marco. Ma se non abbatti il padre, alle pudenda del bambino non ci arrivi. Prima occorre trasformare le donne in vittime e i maschi in carnefici, poi hai mano libera non solo sui bambini, ma su tutti. Dove la famiglia è annientata, il potere dello Stato (maiuscolo, il nuovo Dio) è assoluto. Lo Stato decide che il tuo bimbo malato deve morire e che il tuo bimbo sano deve essere indottrinato in mostruose lezioni di cosiddetta educazione sessuale, che gli insegnano che si può essere maschio o femmina o qualsiasi altra cosa indifferentemente.
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In cineteca
Segnaliamo in questa pagina film che trasmettono almeno in parte messaggi valoriali positivi e stimolano il senso critico rispetto ai disvalori che vanno di moda. Questo non implica l’approvazione o la promozione globale da parte di Pro Vita & Famiglia di tutti i film recensiti.
Era mio figlio Titolo originale: The Last Full Measure Produzione: Stati Uniti d’America Anno: 2020 min. Durata: 116 min. Genere: guerra, drammatico Regia: Todd Robinson Era mio figlio (The Last Full Measure) narra una storia vera: l’inchiesta dell’avvocato del Pentagono Scott Huffman svolta per assegnare la prestigiosissima Medal of Honor postuma a un semplice aviere, paracadutista-soccorritore dell’Air Force, William Hart Pitsenbarger, a seguito del suo eroico sacrificio durante la guerra del Vietnam. Il giovane, prima di essere ucciso in una delle battaglie più tragiche del conflitto, salvò la vita a una sessantina di soldati. A distanza di 30 anni, i reduci e i genitori di “Pits” chiedono giustizia e non sanno spiegare per quale motivo la medaglia gli fosse stata negata a suo tempo. Non è il solito, retorico, film di guerra. Dietro la vicenda bellica e la questione burocratica si stagliano netti valori oggi troppo dimenticati, come la famiglia e la paternità (bellissimo il confronto tra il padre di Pits e Huffman, che ha due figli piccoli, il quale a sua volta ha fatto l’esperienza di figlio abbandonato in tenera età dal padre); notevole il conflitto tra il senso del dovere e il senso dell’onore, e l’ambizione per il successo, la carriera e l’interesse personale: un senso del dovere pieno, autentico reale e appassionato che si confronta con l’esecuzione
del proprio lavoro unicamente per se stessi e per soddisfare i propri interessi. Tocca il cuore dello spettatore la ferita profonda e dolorosa che incide l’animo di chi sperimenta la guerra vera. Ma soprattutto - ripetiamo - senza retorica scontata, c’è l’esaltazione dell’umanità, l’umanità di chi comprende, sa perdonare, riconosce negli altri dei fratelli, figli, genitori anche se estranei al nostro nucleo familiare; l’umanità di chi sbaglia, di chi lotta, di chi soffre e di chi semplicemente, con il cuore aperto, dà la vita per i suoi fratelli. Un film da vedere e da far vedere, anche a ragazzi molto giovani.
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In biblioteca Don Fortunato Di Noto: la mia battaglia a difesa dei bambini Roberto Mistretta Edizioni Paoline
In politica da Cristiani. Criteri & principi Gabriele Kuby Edizioni Ares
«Grazie, sono libero, ma ora grida. Grida per me e per tutti gli altri bambini»: così ha scritto Carlos, un bambino brasiliano segregato e abusato per due anni da una banda di pedofili; il primo bambino liberato grazie alla denuncia di don Fortunato Di Noto e della sua associazione Meter, che oggi continua a lavorare instancabilmente per monitorare il web, denunciare (a milioni!) i video e i siti pedopornografici e offrire sostegno e consulenza alle vittime e alle loro famiglie che si trovino abbastanza vicini alla loro sede di Avola, in Sicilia. Minacciato, boicottato, inascoltato, emarginato, indagato, don Fortunato ha raccontato in questo libro la sua storia. Il testo contiene anche una parte dedicata al tema, spinoso, della pedofilia nella Chiesa, e un’altra di testimonianze di vittime degli abusi.
L’Autrice, ex sessantottina, spiega lucidamente la crisi delle democrazie occidentali, Stati nei quali il potere sostanzialmente è sempre meno “del popolo” e sempre più concentrato nelle mani di élite portatrici di ideologie antiumane. «La verità va detta, al momento opportuno e non opportuno. Ciò richiede sempre più sacrificio». Una società senza Dio, quindi relativista, non si salva né con la scienza, né con la tecnologia, né con l’individualismo esasperato di chi pensa di realizzarsi nella piena “autodeterminazione”. La presenza cristiana anche in politica è fortemente minoritaria. Ma «i trend sociali non sono irreversibili» e i Cristiani sanno di avere un Alleato invincibile. (Traduzione a cura di Rina Ceppi Bettosini)
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