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«Educazione sessuale come pornografia»

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I pericoli sul web

I pericoli sul web

Francesca Romana Poleggi

«L’educazione sessuale può essere classificata come pornografia, in certi contesti», lo dice anche l’Unicef

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L’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, ha pubblicato alla fine della scorsa primavera un documento intitolato Digital Age Assurance Tools and Children’s Rights Online across the Globe (Strumenti di garanzia nell’era digitale e diritti dei bambini online in tutto il mondo), che ha destato un certo scalpore - ed è stato quindi ritirato e corretto - perché sosteneva che la pornografia non è poi così dannosa per i bambini. Siamo andati quindi a leggere il documento emendato che parla della pornografia a p. 35 e seguenti. L’Unicef spiega che «diversi tipi di rischi e danni sono stati collegati all’esposizione dei bambini alla pornografia». Alcune ricerche, infatti, associano l’accesso alla pornografia in giovane età a scarsa salute mentale, atteggiamenti sessisti, tendenza all’oggettivazione delle donne, tendenza all’aggressione sessuale e altri esiti negativi. E fin qui, va bene. Ma poi dice che alcuni bambini sembra siano danneggiati dall’esposizione ad alcuni tipi di pornografia, «ma lo studio dell’UE Kids Online

del 2020 ha confrontato i risultati di un sondaggio fatto in 19 Paesi europei e ha scoperto che, nella maggior parte dei Paesi, la maggior parte dei bambini che hanno visto immagini sessuali online non ne sono stati né turbati, né gratificati».

Una tale affermazione si commenta da sé. Ma c’è dell’altro. L’Unicef tiene a spiegare che la visione di materiale pornografico è illegale per adulti e bambini in molti Paesi dell’Asia, Africa ed Europa Centrale (Paesi mussulmani), ma dove non lo è molti considerano opportuno introdurre una verifica obbligatoria dell’età per chi vuol vedere materiale pornografico. Sulla qualcosa dovremmo essere tutti perfettamente d’accordo. Invece, per l’Unicef la cosa pone una serie di problemi, in quanto il termine “pornografia” è

inteso in modo molto differente dalle diverse giurisdizioni, e quindi le leggi sulla censura del porno e il controllo dell’età possono violare i diritti umani e ledere la privacy.

Quanto alla privacy, gli strumenti per controllare l’età degli internauti che si stanno - lentamente - implementando in diversi Paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Germania e Australia, incontrano molti ostacoli a livello legislativo e politico. Del resto, già nel 2017, l’allora Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e protezione del diritto di libertà di opinione e di espressione, David Kaye, si era detto preoccupato che le disposizioni sulla verifica dell’età dei naviganti del web possano

dare ai governi l’accesso a informazioni private sulle abitudini dei cittadini. Sembra poi che per l’Unicef tali cautele siano praticamente inutili, perché possono servire a impedire l’accesso alla pornografia commerciale, sui siti a pagamento, ma non a quella che gira comunque libera e senza controllo tramite, principalmente, i social media e le App di messaggistica. Quanto ai diritti umani, dice l’Unicef, i limiti

alla pornografia potrebbero comportare la criminalizzazione dei contenuti Lgbtqi+ e

dei programmi di educazione sessuale, che secondo loro è diventata un “diritto umano” (notare come evolvono i “diritti umani” per questi maître à penser: il diritto alla vita non conta più; ma il “diritto all’educazione sessuale”, quello sì, è un diritto inviolabile dell’uomo!): «L’educazione sessuale, com-

prensiva delle risorse per l’educazione Lgbtq, può essere classificata come pornografia in

alcuni contesti». E quindi sarebbe necessaria un’estrema attenzione per evitare di escludere i minori da informazioni sul sesso e sulla salute riproduttiva online. È perciò chiaro e lampante ciò che andiamo denunciando da anni: il confine tra educazio-

ne sessuale e porno può essere molto sfuma-

to. Ne sanno bene qualcosa quei genitori che si sono trovati a fronteggiare certi progetti implementati nelle scuole dei figli. Sappiamo fin troppo bene come “l’educazione” sessuale viene intesa dal mainstream: la chiamano Cse, Comprehensive Sexual Education, cioè Educazione sessuale completa, o globale, e promuove in modo plateale la sessualizzazione precoce dei bambini, lede la dignità e la salute psico-fisica dei minori (e li rende facili prede degli orchi). Tra i numerosi - purtroppo - esempi possibili, potete leggerne un paio a p. 6 e 7. Un altro è riportato dal New York Post di qualche settimana fa: è stato proposto un disegno di legge nello Stato di New York dalla senatrice Samra

Antonio Morra, creatore del blog “Noi siamo la rivoluzione”, ha scritto Pornotossina, e Pornolescenza, che trattano l’argomento della pornodipendenza. È esperto di marketing e comunicazione. Ha vissuto egli stesso per 10 anni l’esperienza della dipendenza dal porno e ha impiegato due anni per liberarsene. Ora offre sostegno e recupero a chi vuole uscirne. Ci ha detto che il porno (che è spesso violento ed estremo) nei bambini produce grossi traumi. Oltre al rischio di sviluppare una forte abitudine, o addirittura una dipendenza, i ragazzi sono portati alla svalutazione del matrimonio e ogni relazione responsabile e a sposare la pratica dell’hook-up, cioè del “rimorchio” di perfetti sconosciuti al fine di fare sesso senza creare alcun legame: «Servono programmi di prevenzione per genitori che devono essere edotti su come usare il parental control e sicuramente bisogna trovare modi efficaci per verificare l’età degli utenti online».

È un dato di fatto: si spaccia per “educazione sessuale” materiale che può essere considerato pornografico. In questo articolo si parla di casi americani. Ma il nostro dossier raccoglie centinaia di esempi italiani: l’ideologia che sottende questa minaccia all’innocenza dei nostri bambini pervade la politica e le istituzioni nazionali e internazionali.

Brouk: in ossequio agli standard di “educazione sessuale completa” del Sexuality Information and Education Council degli Stati Uniti (Siecus), per «prevenire violenza e bullismo», ai bambini di 5 anni bisogna insegnare che cos’è l’identità di genere [cioè che essere maschi o femmine è irrilevante, ndR], ai bambini di 8 anni che esistono farmaci che bloccano la pubertà, a 11 anni bisogna insegnare il sesso vaginale, orale e anale, e l’uso di preservativi e altri metodi contraccettivi. Si legge nella proposta che «l’educazione sessuale dovrebbe evitare approcci “cisnormativi” ed “eteronormativi” [cioè non bisogna parlare di maschi e femmine naturalmente attratti gli uni verso le altre al fine di generare, ndR], ma deve mirare a rafforzare la capacità dei giovani di sfidare gli stereotipi dannosi ed essere inclusiva di un’ampia gamma di punti di vista e popolazioni senza stigmatizzare alcun gruppo». Inutile dire che i minori, nel prendere le loro decisioni in caso di gravidanza o di “cambiamento di sesso”, devono essere liberi di

non consultare i genitori.

È ovvio che i giovani formati a certe “scuole” saranno più facilmente attratti dalla pornografia. E infatti ne fruiscono sempre di più, giovani sempre più giovani. Questo è anche causa dell’incremento della violenza sessuale nelle scuole, tra gli studenti. Perché la pornografia insegna ai ragazzi che le donne vogliono che “tutto” sia fatto loro, anche quando dicono «No». Il porno impedisce a ragazzi e uomini di integrare l’empatia nella loro sessualità. Smettono di vedere le donne come esseri umani. I ragazzi abbandonano lo sport, inventando scuse per non passare il tempo in famiglia e con gli amici,

stanno svegli tutta la notte. Inevitabile un calo del rendimento scolastico: il porno succhia via la vita. Il porno è corrosivo delle relazioni. Il porno è male, fa male, e può fare molto male. I ragazzini che crescono in una società ipersessualizzata hanno meno possibilità di avere amicizie sane, fidanzamenti e matrimoni duraturi. La concupiscenza da sempre spinge gli esseri umani all’uso del corpo proprio e altrui al solo scopo di trarne piacere orgasmico. Fino a qualche decennio fa, però, certe cose si facevano e si guardavano di nascosto: un po’ di sano senso di colpa aiutava a darsi una calmata e magari a capire che il piacere sessuale fine a se stesso è effimero e - alla lunga - non soddisfa affatto. Dalla “liberazione sessuale” in poi, e soprattutto da quando «non c’è più religione» - come diceva mia nonna - il sesso è diventato un idolo al quale sacrificare la dignità propria e altrui e persino l’autenticità dei rapporti umani e dei sentimenti.

L’“educazione sessuale completa” fa da apripista a questa concezione disumanizzata del sesso e

all’oggettivizzazione del corpo umano. Dobbiamo quindi vigilare, smascherare e combattere la serpeggiante mentalità “progressista” tesa a sdoganare il “diritto al sesso”, il porno, la prostituzione e ogni perversione, in nome della “libertà” e dell’auto-determinazione. L’“educazione sessuale completa” è figlia di quella pseudo-cultura che ha demolito a poco a poco il “comune senso del pudore” e ha imbevuto di riferimenti sessuali espliciti la Tv, il cinema, i giornali: persino i cartoni animati e gli spettacoli per bambini. Siamo inermi dinanzi alla “pornografia soft” cui siamo esposti fin da piccoli, da decenni. Con una sorta di lavaggio del cervello abbiamo acquisito - e i nostri bambini acquisiscono - nella sfera della “normalità” malizia e nudità, che preparano il terreno al culto del dio sesso e quindi a rapporti sessuali precoci, alla fame di trasgressione. E chi non si ferma in tempo cade facilmente preda delle perversioni. Perversioni che ormai da tempo l’ideologia gender si adopera a sdoganare e a normalizzare. Scopo finale? La distruzione totale della dignità dell’essere umano. Non possiamo permettere all’industria del sesso di crescere i nostri figli. Anche a costo di essere additati al pubblico ludibrio come “bacchettoni”, “integralisti” o sessuofobici. Proteggere l’innocenza è una lotta impari dei genitori e degli educatori di buona volontà contro tv, telefonini e tablet e spesso, purtroppo, la scuola non aiuta, anzi, rema contro. Il dialogo, la testimonianza e l’esempio in casa sono il miglior firewall che si possa realizzare per i dispositivi elettronici dei figli. Non bisogna mai stancarsi di parlare con i bambini e i ragazzi. E parlando con loro ci si rende conto che i giovani sanno che questa pseudo-cultura è tossica per loro, per i loro amici, per le loro relazioni e per la possibilità di realizzarsi nella vita. I ragazzi desi-

derano amore autentico e relazioni sane. Sono interessati al significato, allo scopo e all’etica

delle relazioni intime. Bisogna aiutarli, educarli (da e-ducere, tirare fuori) a elaborare i sani, buoni sentimenti che la natura ha messo nel loro intimo, accanto all’istinto animale. L’essere umano, in quanto tale, sa di poter dominare e controllare l’istinto: è questa la sua vera libertà, che gli conferisce somma dignità.

Sul sito italiano dell’Unicef appare questo disclaimer: «Comprendiamo che il linguaggio utilizzato possa aver condotto a un’interpretazione errata e abbiamo preso provvedimenti per chiarire il significato in una versione aggiornata del documento, che è già stato ritirato dal sito dell’UNICEF». Non ci sembra una questione di interpretazione. Comunque il documento emendato on line non si trova più.

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