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comma 20/B art. 2 Legge 662/96 filiale di Firenze

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Proletari di tutti i paesi unitevi!

nuova unità fondata nel 1964

Periodico comunista di politica e cultura n. 4/2017 - anno XXVI

Cosa accadrebbe se il capitale riuscisse ad annientare la Repubblica dei Soviet? Avrebbe inizio l’epoca della reazione più nera in tutti i paesi capitalisti Stalin

L’unica soluzione è cambiare il sistema

Non abbiamo bisogno dell’unità per la stabilità del capitalismo, come sostengono riformisti e revisionisti. Abbiamo bisogno dell’unità dei lavoratori che rompano con l’opportunismo, le esitazioni e si organizzino per portare a compimento la propria lotta di classe per la presa del potere Gli illusori slogan sulla ripresina non convincono più proletariato e masse popolari che vivono sulla propria pelle le difficoltà quotidiane, i disagi derivanti dai tagli ai servizi pubblici dalla sanità ai trasporti, la disoccupazione, il lavoro precario e nero, l’intensificazione dello sfruttamento che peggiora le condizioni di lavoro - in particolare per le donne -, le minacce di licenziamento, le multe, i ricatti, e lasciano intravvedere un inasprimento dello scontro di classe. Anche se con lentezza sempre più lavoratori capiscono che il patto tra politici, Confindustria e sindacati confederali è basato

che il Governo, Del Rio, Minniti (PD), i politici, i vertici sindacali concertativi si sono lanciati in farneticanti dichiarazioni intrise di spirito liberticida e reazionario che dovrebbe far sobbalzare tutto il mondo del lavoro: “Non possiamo essere ostaggi di una minoranza”, sebbene questa “minoranza” in alcune grandi città abbia raggiunto punte di adesione intorno al 90%. “È necessario regolamentare il diritto di sciopero” e sul togliere il diritto di sciopero ci stanno lavorando da tempo e l’Accordo sulla rappresentanza ha spianato la strada lasciando spazio solo ai confederali

attrezza. Dopo la legge quadro sulle missioni militari all’estero che annulla l’incostituzionalità del ricorso alle operazioni militari vincolate dall’art. 11 e specifica che l’invio di militari contro le popolazioni di altri paesi è conforme agli obblighi di alleanze è arrivato il decreto legge 14. Dietro il pretesto di eliminare criminalità e degrado (?) con la legge sulla sicurezza Minniti-Orlando (PD), rappresentanti di un sistema marcio e corrotto, cercano di sopprimere le libertà democratiche, reprimere le lotte, gli scioperi e far avanzare il progetto

per favorire il capitale monopolistico finanziario. Una situazione che vede proliferare i gruppi fascisti sotto le più disparate sigle che cercano il consenso delle masse contando su organizzazioni come Fratelli d’Italia e la Lega Nord per una copertura istituzionale e legale. In realtà sono gli squadristi eredi della repubblica di Salò, portatori di teorie razziste, xenofobe e autoritarie perché difensori del capitalismo. L’aggressività dell’imperialismo che marcia a grandi passi verso le popolazioni è rovinosa. I rappresentanti dei governi USA, Germa-

che solo la rivoluzione permetterà agli oppressi di togliere il potere politico ed economico ai propri oppressori. Anche se questo comporterà grandi sacrifici per respingere i feroci attacchi della borghesia, delle sue armate e del clero sempre più impegnati a dimostrare l’”orrore comunista” in contrapposizione ad un modello di vita e di lavoro basato sul mercato, sul merito, sulla competizione e sulla proprietà privata. A 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre possiamo affermare che la storia del movimento operaio e comunista - fatta di lotte e conquiste ottenute con il sacrificio di molte

vite, soprattutto durante la Lotta di liberazione contro il nazi-fascismo - è più attuale che mai. Per questo lavoriamo per la ricostituzione del Partito comunista che, nella sua composizione operaia, sia in grado di capovolgere il potere a favore della classe lavoratrice e delle masse popolari. Non abbiamo bisogno dell’unità per la stabilità del capitalismo, come sostengono riformisti e revisionisti. Abbiamo bisogno dell’unità dei lavoratori che rompano con l’opportunismo, le esitazioni e si organizzino per portare a compimento la propria lotta di classe per la presa del potere.

MORTI DI LAVORO

L’esempio perfetto Lo chiamano “lavoro nero” e ogni volta che scoppia un caso eclatante si spandono fiumi di inchiostro. Ma quando questi casi arrivano in un tribunale scopriamo che i capitalisti - che fanno le loro fortune sul “lavoro nero”, oltre che su quello regolare - hanno la totale impunità

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IL VOTO E LA LOTTA

Molti lavoratori si chiedono come mai il governo trova milioni di euro al giorno per mantenere le basi Nato, miliardi di euro per fare guerre “umanitarie” o per salvare banche e grandi multinazionali che licenziano, e mai per risolvere i problemi dei proletari e delle masse popolari

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DALL’URSS ALLA RUSSIA

Molotov: Al nemico di classe sconfitto è stata tolta la base economica; ma sarebbe un “rozzo travisamento del bolscevismo cadere in un opportunistico autocompiacimento non sulla stabilità di un sistema economico come vanno predicando, ma è basato sullo sfruttamento dei molti a vantaggio di pochi. La mobilitazione unitaria del settore trasporti del 16 giugno ha funzionato e rappresentato un passo importante, l’alta adesione allo sciopero ha dimostrato che i lavoratori hanno apprezzato e capito l’importanza di questa giornata. Ha talmente funzionato

complici, ma sempre più contrastati dai lavoratori come ha dimostrato il referendum Alitalia che ha respinto una proposta lacrime e sangue. La politica aperta da Renzi e proseguita con Gentiloni (PD) mostra il suo volto reazionario, di attacco di classe per compiacere i capitalisti, le multinazionali, le regole UE, gli USA, la Nato - strumento di guerre imperialiste alla quale va il 2% del Pil - e il Vaticano e si

autoritario ed eversivo della borghesia. In continuità con la scelta di privatizzare i profitti e socializzare le perdite il Governo regala 20 miliardi alle banche venete (ma il Veneto non è sostenitore del sistema federativo?) dopo quelli spesi per MPS ed Etruria, somme che non ci sono per il welfare e che non vanno a favore dei clienti imbrogliati, ma vengono sottratti dalle tasche dei lavoratori

nia, Francia, Giappone, Canada, Gran Bretagna e, naturalmente, Italia si incontrano in vari e costosi vertici per siglare le decisioni su come meglio spartirsi il mondo, depredare le risorse energetiche dei paesi del medioriente, Africa e Asia e fronteggiare la grave crisi economica internazionale, negli interessi di borghesia, padroni e banche. Per noi comunisti, impegnati in tutte le forme di lotta, è chiaro

e credere che la lotta di classe nel nostro paese sia terminata. Il nemico di classe è sconfitto, ma non annientato

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A CARO PREZZO

L’orrendo connubio tra case farmaceutiche e medici venduti denunciati da Antonio Morabito nel film “Venditore di medicine”

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morti di lavoro

L’esempio perfetto

La vicenda di Khaled è quella di migliaia e migliaia di altri lavoratori. Lo chiamano “lavoro nero” e ogni volta che scoppia un caso eclatante si spandono fiumi di inchiostro. Ma quando questi casi arrivano in un tribunale scopriamo la miriade di leggi che concedono la totale impunità ai capitalisti che fanno le loro fortune sul “lavoro nero”, oltre che su quello regolare Daniela Trollio

I fatti Il 18 giugno 2013 Khaled Farouk Abd Elhamid, un giovane operaio di 34 anni, moriva mentre smontava il palco del concerto appena dato dai Kiss al Forum di Assago (Milano). Khaled era rimasto schiacciato tra la parete del montacarichi e uno dei 6 pesanti carrelli con ruote che vi stava caricando. Quasi 4 anni dopo il Tribunale di Milano – sempre “celere” quando si tratta di morti sul o di lavoro – ha emesso la sua sentenza, su cui torneremo tra poco. Per emettere la sentenza, il tribunale ha dovuto ripercorrere una lunga catena, quella degli appalti. Facciamolo anche noi. Prima di tutto abbiamo: (1) la società americana dei Kiss, la Gapp 2002, partecipe all’organizzazione, che però per l’allestimento del palco aveva stipulato un contratto con (2) la Barley Arts Promotion la quale, per l’allestimento del palco, aveva firmato un contratto con la (3) Cooperativa Working Crew che, a sua volta, per la “somministrazione” di altri operai aveva fatto un contratto con (4) la Cooperativa Work in Progress. Tranquilli… l’elenco è finito. Le condizioni in cui dovevano lavorare quella sera Khaled e gli altri tre suoi compagni erano le seguenti: “gli era stato consegnato un braccialetto giallo ed erano state impartite direttive da un uomo alto e tatuato. Nessuna formazione e informazione relativa ai rischi”. Uno dei suoi compagni di lavoro le ha poi descritte così durante il dibattimento: “Non conosco la sede della cooperativa, non ci sono mai stato, non ho mai parlato con nessuno. Un amico mi telefona quando c’è qualche lavoro da fare, mi dice dove andare e dopo un po’ di tempo che ho lavorato mi fa avere i soldi”.

Le colpe Attribuire responsabilità alla (1) Gapp 2002 è impossibile per il tribunale: “l’inquadramento della società, (di diritto straniero) si rivela in concreto molto problematica all’interno della normativa di riferimento” Quindi… assolti. Per quello che riguarda la (2) Barley Arts Promotion: poichè si sono rivolti a imprese e professionisti in teoria adeguati e dato che nel 2014 il Ministero del Lavoro ha modificato una norma del 2008 emanando il cosiddetto “decreto palchi” che “ha inciso sui contenuti minimi del Piano operativo di sicurezza e ne ha ridotto l’estensione” traducendosi in una “parziale depenalizzazione di fatto” della mancata valutazione del rischio tipico nell’utilizzo del montacarichi, la società va… assolta. La (4) Work in Progress forniva personale che operava “sotto l’esclusiva responsabilità, controllo e direzione di Working Crew”. Di conseguenza… assolta. Gli unici a pagare saranno quelli della Working Crew, i cui amministratori – uno patteggia 22 mesi e l’altra condannata a 9 mesi – vengono inoltre condannati per “illecito amministrativo” alla sanzione di 90.300 euro per “aver usufruito di una somministrazione irregolare di lavoro”. Pensiero: la vita di un operaio vale 22 mesi (virtuali??) di galera ma un illecito amministrativo è ben più importante. Non manca, infine, perché il tribunale è al di sopra delle parti – come ben sappiamo – una critica alla condotta di Khaled, che purtroppo - però - non può più replicare: “la sua condotta è stata certamente imprudente proprio per l’esiguità dello spazio libero nel montacarichi”, anche se questa “con-

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conto corrente postale nuova unità Firenze n. 1031575507 Ciao Paolo Da troppo tempo “nuova unità” riporta le perdite di compagni lettori, sostenitori, diffusori che ci lasciano sempre troppo presto, una privazione ancora più sentita in questo difficile momento politico nel quale ogni compagno è indispensabile. Il 12 luglio a Portici, in seguito ad un infarto, ci ha lasciato Paolo Pucci. Compagno onesto e preparato, era passato dalla FGCI al PCd’I (m-l) negli anni ‘70, dove ha ricoperto instancabilmente incarichi di Comitato centrale e di presidente della Commissione centrale di controllo. Con Paolo abbiamo per anni strettamente operato in sintonia per l’affermazione della teoria e dell’ideologia comunista, nella preparazione dei Congressi del partito, abbiamo condiviso le difficoltà e le gioie, anche quelle della vita personale. Lo ricordiamo sempre in prima fila nelle lotte antifasciste, con i giovani, con i disoccupati e contro l’imperialismo. I compagni che lo hanno accompagnato per l’ultimo saluto, molto commossi, hanno avvolto la sua bara una vecchia bandiera rossa dipinta a mano del PCd’I (m-l), custodita gelosamente dalla nipote Laura, figlia del fratello Tullio con i quali, insieme agli altri compagni, compreso quelli che hanno fatto il nostro stesso percorso, dividiamo questo immen-

so dolore. Ci piace ricordarlo, con una nota di Pasquale, compagno e suo medico curante: “Paolo era predisposto a commentare in modo semplice le vicende politiche. Sono stati questi i motivi per i quali molti giovani porticesi sono stati al suo fianco nelle lotte: dalla creazione del Comitato Antifascista Antimperialista di Portici, alle manifestazioni del 25 Aprile, del I Maggio ed a sostegno delle lotte internazionali dei popoli. Fra tutti, i ricordi di alcuni cortei a Portici, le manifestazioni a sostegno del Cile ed i giorni passati a discutere e programmare insieme iniziative di lotta. Portici gli deve sicuramente tanto in termini di lotta politica, come si poteva evidenziare dalla notevole diffusione di “nuova unità”, che per tutti era identificabile con la figura di Paolo. Quegli anni hanno anche rappresentato la gioventù, oltre che la lotta, con molti come me, che hanno poi conservato le proprie speranze. Anche quando gli ideali hanno vacillato per gli avvenimenti che potevano creare confusione, Paolo aveva sempre una spiegazione con la quale rinvigorire le nostre idee”. Non ti dimenticheremo, Paolo, e vivrai nelle nostre lotte! cf

dotta imprudente rappresenta la conseguenza diretta della mancata formazione”. Ma va’, avevamo proprio bisogno di questa precisazione!! Abbiamo scelto di ricordare, nonostante il tempo passato, la storia di Khaled perché è un “esempio perfetto” di quello che è oggi il lavoro salariato. Bene, la vicenda di Khaled non è solo sua, è quella di migliaia e migliaia di altri lavoratori. Lo chiamano “lavoro nero” e ogni volta che scoppia un caso eclatante si tornano a spandere fiumi di inchiostro. Ma quando questi casi arrivano in un tribunale dello Stato, scopriamo che ci sono una miriade di leggi che concedono la totale impunità ai capitalisti che fanno le loro fortune su questo “lavoro nero” (oltre che su quello regolare): tanto per cominciare non si può processare una società a capitale straniero… con buona pace di quelle frattaglie ideologiche come l’italianità, lo Stato, la Patria ecc. ecc. Qualcuno pensa ancora che cose come quella successa a Khaled riguardino “solo” una categoria debolissima – super sfruttata e super ricattata - come gli immigrati. Ma ogni volta che si è scardinato un diritto si è sempre partiti dalle categorie “deboli” per arrivare a quelle cosiddette più “forti”. Pensiamo all’allungamento dell’età pensionabile, inflitto per primo ai lavoratori statali (secondo l’opinione pubblica noti fannulloni): adesso tutti andiamo in pensione – se ce la facciamo - a 67 anni. E questo è solo un esempio. È vero che in Italia ci sono ancora leggi e contratti collettivi, ma questi valgono però poco più della carta su cui sono scritti. Il Job act ha messo definitivamente fine al lavoro “dipendente” per trasformare ogni lavoratore in un precario. Il nostro futuro è il presente di Khaled: qualcuno ci telefonerà e ci dirà dove dobbiamo andare a lavorare poche ore dopo. Qualcuno dirà che se manca il lavoro non si può fare altro che sottostare alle condizioni più infami. Non è vero, quello che manca è un forte e organizzato movimento operaio, l’unica condizione che può contrastare non la mancanza del lavoro – che non manca - ma l’avidità cieca e senza più alcun freno dei capitalisti. Nessun altro miracoloso marchingegno economico può farlo. Un movimento che, nella storia, ha permesso alle classi sfruttate ed oppresse di “strappare” condizioni di vita e di lavoro più umane. Ora dovrebbe essere chiaro a tutti che non è più sufficiente “strappare”, perché appena il movimento si indebolisce le conquiste di anni e anni di lotte vengono, più o meno immediatamente, cancellate per essere sostituite da un’unica disumana regola, quella del massimo profitto per i capitalisti. E questo presuppone l’esistenza di un partito di classe, di un sindacato di classe e la prospettiva di un mondo completamente diverso, che noi continuiamo a chiamare socialismo e per cui continuiamo a lavorare e a batterci. Ad ognuno di noi è capitato di sentire, o di ripetere, la famosa frase di Rosa Luxemburg “Socialismo o barbarie”. La morte di Khaled, e delle migliaia di lavoratori che come lui muoiono ogni anno, ci dice che alla barbarie ci siamo già. Ma non siamo ancora al punto di non ritorno, possiamo ancora invertire la rotta. Che ognuno di noi lavori per questo. (Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” via Magenta, 88 Sesto S.Giovanni)

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attualità

Il voto e la lotta

Molti lavoratori si chiedono come mai il governo trova milioni di euro al giorno per mantenere le basi Nato, miliardi di euro per fare guerre “umanitarie” o per salvare banche e grandi multinazionali che licenziano, e mai per risolvere i problemi Michele Michelino Le elezioni amministrative svoltesi a giugno 2017 che hanno interessato oltre 9 milioni di elettori, al di là delle chiacchiere, sanciscono una sempre più netta distanza fra la politica e i bisogni delle persone e una sconfitta della democrazia borghese delegata. Il numero dei votanti alle elezioni comunali 2017 è stato ovunque in calo. L’11 giugno l’affluenza alle urne a livello nazionale è stata del 60,07%, in calo rispetto alla tornata precedente (68%), mentre c’è stato un crollo più grande dell’affluenza nei 139 comuni della Lombardia dove ha votato solo il 55% degli aventi diritto. Il crollo dei votanti è stato ancora più massiccio ai ballottaggi, dove la percentuale degli elettori che si è recata ai seggi domenica 25 giugno è stata del 46,03%. Il primo dato da rilevare è l’altissima percentuale di astensioni ma ai partiti, come sempre, interessa di più parlare di chi ha vinto e di chi ha perso le poltrone, che del vero risultato della competitizione: cioè la vittoria dell’astensionismo. Dai risultati elettorali dei ballottaggi emerge con chiarezza un dato che non può e non deve essere nascosto. Se il centrosinistra (anche coalizzato con i suoi satelliti) ha subito una sonora sconfitta e il centrodestra canta vittoria avendo “conquistato poltrone” in città storicamente amministrate dal centrosinistra, non si può nascondere che questi partiti - che pretendono di rappresentare tutte le classi sociali trasformate in “cittadini” - sono stati votati da una minoranza della minoranza: questo è il dato reale e storico. Le politiche a sostegno del capitalismo e dell’imperialismo hanno bisogno di un sistema di democrazia borghese nel quale i partiti che sostegno il potere locale o centrale siano interscambiabili. Il centro sinistra ha perso in quasi tutti i capoluoghi di provincia e soprattutto in quelli delle città “simbolo” che storicamente rappresentavano centri di resistenza del movimento operaio: Genova, Pistoia, Sesto San Giovanni. Molti giovani, disoccupati o precari, lavoratori, pensionati, donne e uomini che si arrabattano ogni giorno con fatica per mettere insieme il pranzo con la cena per le loro famiglie, che faticano sempre più a trovare lavoro, a mantenere i figli a scuola, a curarsi, che hanno pagato e pagano sulla loro pelle le conseguenze delle politiche dei governi, anche se da sempre elettori della sinistra, questa volta hanno manifestato la loro protesta disertando le urne. Molti lavoratori e proletari cominciano a chiedersi come mai il governo trova 80 milioni di euro al giorno per mantenere le basi Nato, altri miliardi di euro per fare guerre “umanitarie” in decine paesi del mondo o per salvare le banche e le grandi multinazionali che licenziano, e mai per risolvere i problemi delle masse popolari e proletarie. Nella democrazia borghese gli operai, poiché schiavi salariati, sono all’ultimo posto della gerarchia e non contano niente, a maggior ragione senza una propria organizzazione politica di classe. Al gioco “io ti delego a rappresentarmi” molti non credono più, alcuni per istinto

di classe, altri perché cominciano a prendere coscienza dei diversi interessi di classe che difendono questi partiti e queste alleanze. Prima delle elezioni dell’11 giugno, nei comuni con oltre 15mila abitanti il centrosinistra amministrava 81 comuni, il centrodestra 42 e il Movimento 5 stelle 3; ora, dopo le elezioni e i ballottaggi, il centrosinistra amministrerà 50 comuni (-31), il centrodestra 54 (+12) e il M5S 8 (+5). Il centrosinistra tuttavia, nonostante

la sonora sconfitta nel segno dell’alternanza, ai ballottaggi ha strappato al centrodestra destra Comuni importanti come Lecce e Padova. Significativa è la situazione di Sesto San Giovanni, di Genova e di Pistoia. A Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, città simbolo che la sinistra amministrava interrottamente da 72 anni al primo turno ha votato il 1 elettore su due (l’affluenza è stata del 50,92% e al ballottaggio l’affluenza definitiva degli aventi dirit-

to si è fermata al 45,61%. Del resto i partiti che hanno retto il Comune sono stati complici della chiusura di tutte le grandi fabbriche sestesi, permettendo che le aree industriali andassero ai palazzinari di turno e contribuendo così alla decomposizione dello “zoccolo duro” del movimento operaio. Genova, storica roccaforte della “sinistra”, una realtà industriale e operaia, ha subito la stessa sorte di Sesto S.Giovanni, con la chiusura di molte fabbriche e il ridimensiona-

Amianto morti di “progresso” Segnaliamo l’uscita del libro Amianto morti di “progresso” che racconta le lotte del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e di altre associazioni in lotta contro l’amianto, i cancerogeni e le stragi causate dal profitto attraverso le testimonianze degli operai, i documenti processuali e lettere inedite fra Comitato e Inail. Il libro si compone dei seguenti capitali: Cap. 1 – Non solo nelle piazze: i processi penali Sconfitte e vittorie: i casi Eternit, Marlane, Enel, Franco Tosi, ThyssenKrupp, Fibronit, Cantieri navali, Montedison Cap. 2 – Morti per amianto alla Pirelli: la condanna dei manager Cap. 3 – Breda: omertà, lotta, solidarietà operaia, repressione Cap. 4 – La lotta contro l’amianto in Italia e nel mondo Cap. 5 – Solidarietà operaia internazionale e nazionale Cap. 6 – La lotta contro il governo, l’INAIL e l’INPS Cap. 7 – Lavoro e/o salute? Cap. 8 – Conflitto sociale, solidarietà operaia e popolare, organizzazione. La lotta delle vittime organizzate in Comitati e Associazioni: le stragi dell’Aquila, di Viareggio e della Tricom di Tezze sul Brenta Il libro di 275 pagine e in vendita nelle librerie a 19,50 euro (costo stabilito dalla casa editrice) per gli associati e gli amici del Comitato, per copie limitate il prezzo è 15 euro richiedendolo per telefono ai n. 02 26224099 o 3357850799 CENTRO DI INIZIATIVA PROLETARIA “G. TAGARELLI” in via Magenta, 88 Sesto San Giovanni (Mi)

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mento di altri luoghi storici di lavoro: così l’11 giugno l’affluenza è stata del 48,39%, cioè ha votato meno della metà, dato che si è ridotto ulteriormente ai ballottaggi: 42,67% di votanti. I voti di questa minoranza che governa la maggioranza sono stati: Centro destra 55,24%; Centro sinistra 44,76. Pistoia Anche Pistoia, città che dal dopoguerra è stata sempre amministrata da un sindaco di sinistra o di centrosinistra, è passata al centrodestra. Qui la percentuale degli elettori che si è recata ai seggi per il turno di ballottaggio di domenica 25 giugno è stata del 46,03%. Ai proletari, alle classi sottomesse interessa la soluzione dei problemi concreti che vivono ogni giorno sulla loro pelle e poco importa se chi si avvicenda al governo delle città e del paese è uno schieramento o l’altro, se le politiche applicate sono le stesse e loro devono sempre rimetterci. Le elezioni politiche o amministrative servono semplicemente a stabilire quale frazione o membro della classe dominante debba amministrare le città o il paese nel loro interesse e non hanno mai cambiato le condizioni economiche, politiche e sociali degli operai, che continuano a essere sfruttati come prima delle elezioni o ancora più di prima. A dimostrazione di quanto sopra, la campagna elettorale di queste elezioni è stata caratterizzata, da parte di entrambi gli schieramenti – dalla stessa retorica sulla sicurezza, contro gli immigrati. Campagna che ha coinvolto spesso anche i proletari che lottano contro i padroni per difendere i propri interessi, ma che in mancanza di una propria organizzazione sono influenzati dalla propaganda borghese reazionaria e vedono nell’immigrato, nel rifugiato, nel “negro” un pericoloso concorrente. Non si

accorgono che in realtà il nemico che hanno in casa non è lo straniero ma il loro padrone che sfrutta entrambi alimentando la guerra fra poveri per i suoi interessi, sostenuto attivamente dai partiti che lo rappresentano di volta in volta. Le illusioni di chi crede che si possa cambiare con il voto e non con la lotta, la condizione per emanciparsi lo legano mani e piedi al sistema di sfruttamento come le catene che legano lo schiavo al suo padrone. Da sempre il movimento operaio, il proletariato conducono la lotta di classe senza aspettare le elezioni. Questo non significa che noi comunisti siamo astensionisti di principio. In alcuni momenti, in presenza di un forte movimento operaio, potremmo anche decidere di parteciparvi, ma solo per denunciare il sistema capitalista e non certo di poter cambiare per via elettorale la nostra condizione di sfruttati. In poche parole, sono sempre più vere le parole di Lenin che ricordiamo a cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre. “La realtà viva, la storia delle vere rivoluzioni mostrano che assai spesso la “simpatia della maggioranza dei lavoratori” non può essere dimostrata da nessuna votazione (per non parlare delle elezioni organizzate dagli sfruttatori, con l’”eguaglianza” tra sfruttatore e sfruttato!). Assai spesso “la simpatia della maggioranza dei lavoratori” è dimostrata non da votazioni, ma dallo sviluppo di un partito, o dall’aumento del numero dei suoi membri nei soviet, o dal successo di uno sciopero che, per un qualche motivo, abbia acquistato grandissima importanza, o dal successo della guerra civile ecc. ecc.” (...). La rivoluzione proletaria è impossibile senza la simpatia e l’appoggio dell’immensa maggioranza dei lavoratori per la loro avanguardia, il proletariato. Ma questa simpatia, questo appoggio non si ottengono di colpo, non sono le elezioni a deciderli, ma si conquistano con una lunga, difficile, dura lotta di classe. La lotta di classe del proletariato per la simpatia, per l’appoggio della maggioranza dei lavoratori non si esaurisce con la conquista del potere politico da parte del proletariato. Dopo la conquista del potere questa lotta continua, ma in altre forme”. (Lenin, Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi, 10 ottobre 1919 - Opere complete, vol. 30, pp. 46-47

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storia

Dall’URSS alla Russia

Molotov: Al nemico di classe sconfitto è stata tolta la base economica; ma sarebbe un “rozzo travisamento del bolscevismo cadere in un opportunistico autocompiacimento e credere che la lotta di classe nel nostro paese sia terminata. Il nemico di classe è sconfitto, ma non annientato Fabrizio Poggi Dietro le quinte di una cosiddetta “formazione dei militanti” sul tema della storia dell’URSS, si contrabbandano spesso trotskismo, khruščëvismo e gorbačëvismo. Presentando la storia sovietica come un percorso “Dal capitalismo al socialismo e viceversa”, da posizioni idealistiche si attribuisce l’evoluzione e la successiva involuzione dell’esperienza socialista in URSS a soli fattori soggettivi, secondo la vulgata di una presunta “bontà innata” di chiunque si sia opposto a quelle che vengono definite le “criminali” scelte politiche ed economiche della leadership sovietica durante il trentennio in cui Stalin fu a capo del PCR(b). Di contro, si è tentato di illustrare sommariamente come quelle scelte riflettessero reali rapporti tra le classi sociali, così come si evince da alcune fonti sovietiche. Delimitazione cronologica e schematizzazione tematica sono soggettive e solo indicative del tema. 1932: sul numero 1-2 della rivista “Sotto le bandiere del marxismo”, compare l’articolo di M. Korneev Il secondo Piano quinquennale e l’eliminazione delle classi, che illustra la politica di trasformazione delle campagne in URSS, basata sulla collettivizzazione delle piccole aziende individuali e la definitiva eliminazione dell’ultima classe sfruttatrice rimasta, quella del kulak, i contadini ricchi. 1974: intrattenendosi con lo storico Felix Čuev, l’ex membro del Politbüro, ex presidente del Consiglio dei commissari del popolo ed ex Ministro degli esteri sovietico Vjačeslav Molotov afferma: “contrappongono Stalin a Bukharin e a Dubček: sono i destri che lo fanno – i residui di kulak non liquidati. Khruščëv non è stato casuale. Il paese è contadino e la deviazione di destra è ancora forte. È pienamente possibile che tra pochissimo tempo vadano al potere gli antistaliniani, i bukhariniani. Le classi sfruttatrici non erano completamente debellate e questo si rifletteva nel partito. Atteggiamenti kulak ce ne sono ancora a bizzeffe nel partito”. Tra queste due date c’è il decennio dell’industrializzazione, grazie a cui l’URSS riesce a sconfiggere il nazismo; c’è l’ingerenza, ideologica e materiale, Usa: la Cia, sin dal 1957, aveva stilato l’elenco delle zone di Ucraina e Bielorussia”ottimali” per azioni armate di sabotatori; c’è l’aperto revisionismo politico-ideologico khruščëviano e l’inizio di quelle “riforme” economiche di mercato che, approfondite negli anni ‘60 e ‘70, porteranno alla degenerazione del modello di sviluppo pianificato, alle convulsioni della perestrojka, con il collasso economico e sociale, e, infine, all’aperta controrivoluzione yankeeeltsiniana a colpi di cannone nel 1993. L’articolo di Korneev appare quasi in contemporanea alla XVII Conferenza del partito, che fissa il principale risultato della 1° Pjatiletka (il piano quinquennale 1928-1932), oltre che nell’eliminazione della disoccupazione nel 1931 - l’83% degli operai passa alla giornata lavorativa di 7 ore - nello “sradicamento definitivo del capitalismo nelle campagne, anteprima della completa liquidazione degli elementi capitalistici e della piena eliminazione delle classi”. Questo significa che la questione leniniana “kto-kogo” (“chi avrà il sopravvento”) è risolta “a discapito del capitalismo e a favore del socialismo pienamente e irreversibilmente. Si sono complessivamente eliminate le classi parassitarie e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Eliminati disoccupazione e pauperismo, si eliminerà anche la forbice dei prezzi tra città e campagna, mentre aumenta il benessere di operai e contadini. Korneev scrive che l’industria pesante passa dal 48,5% di tutta l’industria nel 1930 al 52,2% nel 1932; gli operai da 8,5 milioni nel 1925 a 21 milioni nel 1932 e ricorda Lenin, secondo cui “Finché saremo un paese di piccoli contadini, ci sarà una base economica più solida per il capitalismo che non per il comunismo”. Dunque, non si potrà risolvere la questione “kto-kogo” finché coesisteranno un’industria socialista e piccole aziende contadine individuali. Di fatto, a fine 1931 oltre il 60% dei contadini sono entrati nei kolkhoz, passati da 57.000 nel 1929 a 224.500 nel 1932 (saranno 250.000 due anni più tardi): le aziende collettivizzate erano il 3,9% nel 1929 e il 65% nel 1933.

Eliminare il kulak

Il kulačestvo, scrive Korneev, è praticamente eliminato e si sono sostanzialmente chiusi i canali per la formazione delle classi nelle campagne. Per la definitiva soppressione delle classi, occorre la completa eliminazione degli elementi capitalistici, soprattutto nelle campagne e la piena liquidazione delle cause che generano le differenze di classe. Si andrà così alla collettivizzazione integrale, cioè alla trasformazione della massa lavoratrice contadina in lavoratori della società socialista senza classi: ciò grazie soprattutto alla meccanizzazione delle campagne e alla trasformazione del lavoro agricolo in lavoro industriale. Si riconosce tuttavia che rimangono ancora elementi kulak: non basta aver tolto loro la base economica, perché manterranno a lungo i propri caratteri politici e ideologici. Si sostiene dunque la necessità di socializzare i mezzi di produzione anche nelle campagne e nei kolkhoz, per eliminare la possibilità del risorgere delle classi. Si deve trasformare il piccolo contadino in operaio, scrive Korneev, anche se questi non ha completamente perso i caratteri di classe del piccolo agricoltore individuale; ciò perché, a eccezione della terra, proprietà dello stato, gli strumenti di lavoro sono ancora proprietà del singolo kolkhoz: da qui l’atteggiamento da piccolo proprietario, rafforzato dal fatto che solo una piccola quota di prodotto finisce nel fondo sociale e il resto va al singolo kolkhoz. Occorre dunque trasformare i kolkhoz in imprese statali socialiste, attraverso le MTS, le Stazioni di macchine e trattori: se nel 1929 ne era stata allestita appena una, nel 1931 erano già 1.400, che affidavano ai kolkhoz oltre 100.000 trattori (saranno oltre 500.000 nel 1936, con mietitrebbie e altri macchinari). Il lavoro agricolo comincia a trasformarsi in lavoro industriale; si era insomma nella fase che, nel 1929, scrivendo delle Questioni di politica agraria dell’URSS, Stalin aveva così caratterizzato: “Ecco perché negli ultimi tempi siamo passati dalla politica di limitazione delle tendenze sfruttatrici del kulak, alla politica di liquidazione dei kulak come classe”. Con la 2° Pjatiletka, afferma Korneev, terra e strumenti di lavoro dovranno essere statali, con macchinisti e trattoristi che diventeranno simili a tutti gli altri lavoratori industriali, abbandonando l’atteggiamento individualista e lo spontaneismo piccolo-borghese, aiutati in ciò dalla competizione socialista dei lavoratori d’assalto. Korneev mette comunque in guardia sul fatto che nella 2° Pjatiletka la forza lavoro arriverà all’industria dalla campagna e porterà con sé “le tradizioni del produttore individuale, dell’ugualitarismo, della psicologia del servo: lavorare il meno possibile e arraffare dallo Stato proletario quanto più possibile”. E’ quindi necessario “educare al nuovo atteggiamento verso il lavoro e alla nuova disciplina socialista di lavoro”. Per lo più i kolkhozniki sono infatti i piccoli contadini di ieri e, oltretutto, i residui kulak all’interno dei kolkhoz sobillano a favore della uravnilovka (l’ugualitarismo del piccolo proprietario) per privare

i kolkhozniki dell’interessamento al lavoro socialista e ridurre produttività e qualità del lavoro. Già alla XVII Conferenza si era parlato dell’inasprimento della lotta di classe e dell’influenza di elementi capitalistici: da qui, la necessità di rafforzare la dittatura del proletariato e l’ulteriore lotta contro l’opportunismo e la deviazione di destra – in ragione del fatto che il proletariato russo ha contro di sé sia il capitalismo russo, sia quello internazionale. Dunque: necessità di rafforzare lo Stato proletario contro a) resistenza del kulak, b) spontaneismo piccolo-borghese, abitudini e pregiudizi dei kolkhozniki, creati da secoli di aziende individuali; c) sopravvivenze del capitalismo; d) borghesia internazionale. Permangono inoltre le differenze tra lavoro qualificato e no; la contraddizione tra città e campagna, tra lavoro fisico e intellettuale; permane “l’orizzonte limitato del diritto borghese” - i prodotti si distribuiscono in base al lavoro e non alle necessità – per cui lo Stato si conserverà finché gli individui non lavoreranno volontariamente in base alle capacità, senza obbligarli a rispettare la disciplina di lavoro comunista. La funzione dello Stato decade quale organo di classe all’interno dell’URSS, ma esso non perde il carattere di classe nei confronti del capitalismo internazionale. Sul piano ideologico, scrive Korneev, se la deviazione di “sinistra” è pericolosa per la sua predica dell’ugualitarismo, contro la competizione socialista, la deviazione di destra rimane quella principale, perché riflette l’elemento piccoloborghese e sottovaluta i residui di capitalismo, rinuncia alla lotta di classe contro il kulak, al superamento della mentalità da piccolo proprietario all’interno dei kolkhoz: rinuncia insomma a lavorare in base alle “sei condizioni” indicate da Stalin.

Le 6 condizioni di Stalin Quelle sei condizioni vengono illustrate da D. Bilenkin nel numero 3 della rivista e, d’altronde, Stalin le aveva esposte nel 1931 in Nuova situazione – nuovi compiti dell’edificazione economica. Stalin constatava che, se alcuni settori industriali registravano una crescita del 40-50%, altri si fermavano al 6-10% e ciò perché molti dirigenti sottovalutavano 6 nuove condizioni venutesi a creare. 1) forza-lavoro: cessata la fuga dalla campagna, perché si é liquidata la disoccupazione, eliminate le differenze di classe, meccanizzato il lavoro. 2) salario: si deve contrastare la tekučest, la fluttuazione dei lavoratori, migliorando la distribuzione salariale e contrastando la uravnilovka, il non riconoscimento del lavoro qualificato, del lavoro pesante; 3) organizzazione del lavoro: occorre eliminare la obezlička, la mancanza di responsabilizzazione personale, senza con ciò intaccare la nepreryvka, la produzione ininterrotta, attraverso un’adeguata distribuzione delle forze-lavoro; 4) intelligentsia operaia: il Donbass non è più sufficiente a rifornire l’industria di metalli e carbone; si aprono nuovi bacini - Kuzbass, Siberia, Kazakhstan, Turkestan - e occorrono quindi milioni di nuovi tecnici e ingegneri, una nuova intelligentsia

di classe; 5) si deve curare quella parte della vecchia intelligentsia borghese, ora ben disposta verso il potere sovietico. 6) khozrasčët, autofinanziamento o rendimento commerciale, quale fonte di accumulazione per l’industria: varie imprese hanno smesso di operare in base a categorie quali “riduzione dei costi improduttivi”, “razionalizzazione della produzione”. Bisogna disarticolare i grossi complessi industriali in cui un unico direttore dirige 100-200 aziende e non le conosce dall’interno: passare dalla direzione collegiale, fatta di chiacchiere e non di lavoro, a quella individuale, effettiva. Bilenkin, in Sulle sei condizioni storiche del compagno Stalin, scrive che nel 1926-27 non c’erano le condizioni per liquidare il kulak e “scorticarlo” (espressione dei trotskisti), perché kolkhoz e sovkhoz non erano ancora in grado di sostituire il grano del kulak con la propria produzione. Sul rapporto tra industria socialista e agricoltura e i ritmi di sviluppo industriale, cita quanto detto da Stalin nel 1928: “Non si può continuare a lungo a basare il potere sovietico e la costruzione del socialismo su due diverse fondamenta: grande industria socialista ed economia contadina parcellizzata, piccolo-mercantile. La soluzione è la trasformazione socialista dell’agricoltura”. Così, la superficie seminativa collettiva passa dal 40% nel 1930 al 69,8% nel 1931. Bilenkin denuncia però che in molti kolkhoz la forza produttiva è utilizzata al 45%, a causa di uravnilovka e disorganizzazione; parla della tekučest e dice che la uravnilovka salariale, predicata dai trotskisti, è la concezione del piccolo contadino, secondo cui si deve gettare tutto il prodotto in un unico calderone e poi dividerlo in parti uguali e non in base al lavoro svolto da ognuno; denuncia la obezlička, causa dell’aumento dei costi di produzione; mentre è iniziata la qualificazione tecnica di oltre 4 milioni di operai.

La nuova condizione operaia Nel 1932 si può affermare che cresce “di anno in anno il benessere e il livello culturale degli operai e dei contadini, cala la mortalità e cresce rapidamente la popolazione”. A metà degli anni ‘20, i salari erano già più alti rispetto al 1917; gli operai avevano due settimane di ferie pagate e la giornata lavorativa di 8 ore. Diminuiscono significativamente gli stipendi dei tecnici e cala così la forbice con i salari operai, più alti di quelli degli impiegati, anche se, si dice, le differenze salariali sono uno stimolo alla qualificazione. Se nel 1897 il 55% delle donne salariate era costituito da domestiche al servizio di nobili e ricchi, con un 25% di braccianti e un 17% di operaie, nel 1929 il 52% delle donne lavora nell’industria, il 22% nella sanità e istruzione e il 7% nell’amministrazione. È così che sul numero 1 del 1935 di “Sotto le bandiere del marxismo”, titolando La dittatura del proletariato cambia il volto della classe operaia, P. Olešinskij cita Molotov, che al VII Congresso dei Soviet dell’URSS (genn-febb 1935) afferma che la struttura sociale del paese è mutata: “gli elementi borghesi sono solo quasi un ricordo”. È raddoppiata la popolazione proletaria rispetto al 1913 e i kolkhozniki costituiscono più della metà della popolazione: le due classi insieme ne rappresentano oltre i ¾. Ma, soprattutto, è mutata la loro funzione: al 1933, oltre 700.000 tra operai e figli di operai hanno responsabilità dirigenziali: a capo di grossi complessi industriali, specialisti con istruzione superiore; governatori di regione o di repubblica; giudici, magistrati, insegnanti, scienziati o dirigenti sindacali o di partito, medici; il 42% degli alti gradi militari. Una spinta in questa direzione era venuta nel 1928: dopo “l’affare di Šakhty” (il centro minerario del Donbass in cui si erano verificati atti di sabotaggio da parte di specialisti borghesi), Stalin aveva lanciato lo slogan della creazione di una nuova intelligentsia tecnica, scelta tra la classe operaia. “Bisogna aver cura di ogni lavoratore capace e comprensivo” aveva detto Stalin; “le persone si devono coltivare con cura e attenzione, come il giardiniere coltiva la pianta da frutto prescelta. Educarle, aiutarle a crescere, dare prospettive, farle avanzare per tempo e per tempo trasferirle a un altro lavoro, se non riescono nel loro”. La svolta rispondeva a una precisa li-

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nea di classe: Olešinskij cita l’aforisma di Lenin, in Riusciranno i bolscevichi a conservare il potere statale?, a proposito della massaia che dirigerà lo Stato e il successivo, al III Congresso dei Soviet nel gennaio 1918, per cui il potere sovietico sarà forte di un numero sempre maggiore di individui “liberatisi completamente dal vecchio pregiudizio borghese secondo cui un semplice operaio o contadino non può dirigere lo Stato. Può e imparerà, se ci si metterà”. Per cui, nota Olešinskij, la dittatura del proletariato cambia radicalmente la situazione della classe operaia: ora classe dominante che, detenendo i mezzi di produzione sociali, muta i fondamenti della struttura sociale. Anche l’editoriale del secondo numero della rivi-

sta, con Vigilanza bolscevica, inizia con Vjačeslav Molotov che, parafrasando Lenin - “La Russia della NEP è diventata la Russia socialista” - illustra le caratteristiche del paese, divenuto industriale; liquidati gli elementi capitalisti; sconfitto e sostanzialmente liquidato il kulak; nel commercio, liquidato il settore capitalistico privato, quello sovietico è ora l’unico tipo sviluppato. Al nemico di classe sconfitto è stata tolta la base economica; ma sarebbe un “rozzo travisamento del bolscevismo cadere in un opportunistico autocompiacimento e credere che la lotta di classe nel nostro paese sia terminata”. Il nemico di classe è sconfitto, ma non annientato, scrive l’editoriale; le sopravvivenze del capitalismo sono vive nelle coscienze. I resti delle classi sfruttatrici non sono del tutto eliminati: “non è completamente cessato il processo di nascita di nuovi elementi capitalisti, dal momento che esiste ancora una piccola agricoltura sminuzzata, un artigianato, dei falsi artel”. Ricordando come al Plenum del gennaio 1933 Stalin avesse ammonito sull’inevitabilità dell’inasprimento della lotta di classe nella 2° pjatiletka, si scrive che possono risvegliarsi anche i gruppi sconfitti dei vecchi partiti controrivoluzionari – socialisti rivoluzionari, menscevichi, nazionalisti borghesi – insieme alle schegge dell’opposizione controrivoluzionaria trotskista e deviazionista di destra. Contro questo pericolo, si conta sul largo coinvolgimento di vaste masse di operai e kolkhozniki nell’apparato statale sovietico e l’elevamento ideologico dei membri del partito. Quindi V. Berestnev, sul n. 3 della rivista, in La logica della lotta di frazione, ripete l’ammonimento di Stalin e il compito lanciato dal XVII Congresso del partito (1934) sul rafforzamento del “lavoro ideologico a tutti i livelli”. Cita Stalin sulle “due stabilizzazioni: quella temporanea del capitalismo e la stabilizzazione del sistema sovietico”. Alla XIV Conferenza di partito (1925), Stalin aveva detto che “nel paese ci sono due gruppi di contraddizioni: interne, tra proletariato e contadini, ed esterne, tra il paese del socialismo e i paesi del capitalismo”. Alla domanda se sia possibile costruire il socialismo, “il leninismo risponde affermativamente, dato che proletariato e contadini, oltre che contraddizioni, hanno interessi comuni, consistenti nel fatto che la dittatura del proletariato assicura lo sviluppo dei contadini sulla via del socialismo, nonostante che parte dei contadini medi ondeggi verso il kulak. Il trotskismo nega invece la possibilità di costruire il socialismo in un paese solo, mutuando dai menscevichi la negazione del ruolo dei contadini. La strada del partito è quella della lotta contro il kulak, per il suo isolamento politico, attraverso l’alleanza della classe operaia con le masse di contadini medi, facendo perno su quelli poveri”. Questo non aveva nulla in comune con le teorie dei bukhariniani, a metà degli anni ‘20 che, con lo slogan “arricchitevi” rivolto ai contadini, negavano l’esistenza della lotta di classe nelle campagne e parlavano di pacifica integrazione del kulak nel socialismo, revisionando così la teoria leninista sulla natura della piccola agricoltura mercantile che genera spontaneamente il capitalismo. Nulla in comune con le affermazioni di Zinovev che, nello stesso periodo, intendeva la NEP come capitalismo e ne negava il carattere temporaneo; mentre nel 1923 invitava a “inchinarsi” di fronte al contadino, nel ‘25 sostituiva allo slogan leniniano dell’unione col contadino medio, quello della sua neutralizzazione: in pratica, liquidare la politica del partito nelle campagne.

L’industrializzazione In ogni caso, il XIV Congresso del 1925 è quello della svolta verso l’industrializzazione, con l’opposizione che però non crede all’egemonia del proletariato, alla possibilità di attrarre i contadini alla costruzione del socialismo e guarda a essi alla stregua di nemici, li considera “una colonia

per l’industria di stato”, chiede l’aumento della pressione fiscale su di loro, che avrebbe portato al fallimento delle aziende contadine, a un restringimento del mercato, alla rottura dell’unione tra proletariato e contadini. Stalin aveva criticato queste posizioni al plenum allargato dell’Internazionale (1926) e, al XV Congresso del partito (1927), aveva detto che “le radici sociali dell’opposizione si celano nella rovina degli strati piccolo-borghesi della città, nella loro bramosia di “migliorare” lo Stato nello spirito della democrazia borghese. Con l’incremento del peso dell’economia socialista, una parte della piccola borghesia va in miseria; l’opposizione esprime lo scontento di questi strati per l’ordine della rivoluzione proletaria”. Al XVI Congresso (1930) Stalin caratterizza l’essenza del trotskismo come negazione della possibilità di costruire il socialismo da parte del proletariato in unione con i contadini, negazione della possibilità di attrarre masse rilevanti di contadini alla costruzione socialista. Nessuna velleità soggettiva dunque, ma sempre istanze di classe, espresse da questo o quell’altro esponente dell’opposizione. Nella sostanza, è ancora V. Berestnev che, nel n.6 della rivista, a fine 1935, in Il paese sovietico verso l’età adulta, traccia un panorama della nuova Russia, tornando a citare Molotov, secondo cui il socialismo nel nostro paese ha vinto definitivamente e irrevocabilmente. L’URSS, da paese in cui coesistevano sistemi economici diversi, si è trasformato in un paese in cui domina il sistema economico socialista, sulla cui base matura l’unità di interessi di operai e kolkhozniki. Il nostro paese, scrive Berestnev, celebra il 18° anniversario della Grande rivoluzione proletaria nel periodo di brusco mutamento sull’arena internazionale, nella lotta tra socialismo e capitalismo. Le contraddizioni del capitalismo hanno raggiunto un’asprezza inaudita; il fascismo celebra le proprie orge di sangue in tutta una serie di paesi. Ma “nella coscienza delle masse matura l’idea dell’assalto” (Stalin) e si cita l’esempio degli operai tedeschi e francesi, dei minatori asturiani, degli Schutzbund austriaci, dell’esercito rosso cinese. Ricordando la parola d’ordine staliniana de “I quadri decidono tutto” e le realizzazioni tecniche, i grandiosi canali artificiali, il movimento stakhanovista, si cita Lenin, secondo cui “la produttività del lavoro è, in definitiva, la cosa più importante, la principale, per la vittoria del nuovo ordine sociale. Il capitalismo ha creato una produttività del lavoro inimmaginabile all’epoca della servitù della gleba. Il capitalismo sarà vinto definitivamente con la creazione da parte del socialismo di una nuova e molto più sviluppata produttività del lavoro”. (La grande iniziativa). L’URSS, scrive Berestnev, occupa il secondo posto mondiale dietro agli USA e il primo in Europa per produzione industriale e durante la 1° pjatiletka sono stati istruiti oltre cinque milioni di trattoristi e mietitrebbiatori. Nelle scuole, 25 milioni di giovani frequentano elementari e medie; negli istituti tecnici e superiori studiano 1.300.000 giovani; 8 milioni di bambini seguono le attività prescolastiche. Il bilancio delle conquiste si avrà il 5 dicembre 1936 con l’adozione, da parte dell’VIII Congresso straordinario dei Soviet, della nuova Costituzione dell’URSS. Essa certifica come, in conseguenza dei mutamenti “sopravvenuti nell’economia dell’URSS, si è modificata anche la struttura di classe” della società e “parte dal fatto della liquidazione del regime capitalista, dal fatto della vittoria del regime socialista”, con la “proprietà socialista della terra, delle foreste, delle fabbriche, delle officine e degli altri strumenti e mezzi di produzione; soppressione dello sfruttamento e delle classi sfruttatrici” (Stalin). La nuova Costituzione, che sostituisce quella del 1924, approvata

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nel primo periodo della NEP, quando il kulak costituiva “ancora una forza abbastanza notevole”, quando ancora non si parlava di “liquidazione, ma soltanto di limitazione” del kulak, vede la luce “alla fine della NEP, nel periodo della completa liquidazione del capitalismo in tutte le sfere dell’economia” e registra il fatto che “nella società non vi sono più classi antagoniste, che la società è composta di due classi amiche l’una dell’altra, di operai e di contadini, che al potere vi sono precisamente queste classi lavoratrici, che la direzione statale della società (dittatura) appartiene alla classe operaia” (Stalin). Essa sancisce l’ulteriore democratizzazione del sistema elettorale, istituendo il suffragio universale, anche per chi, in passato, aveva sfruttato il lavoro altrui.

Eliminate le classi? Dunque, all’inizio degli anni ‘30, si parlava di quasi completa eliminazione delle classi. Ma, quarant’anni dopo, Molotov sosteneva che “Le classi sfruttatrici non erano completamente debellate. La deviazione di destra è ancora forte. Dove è la garanzia che non prenda il sopravvento?”. Di fatto, già con la svolta di Khruščëv, si era aperta la strada all’economia di mercato: soprattutto in agricoltura, si arriva al punto che, secondo l’Accademia delle scienze, a inizio anni ‘60 i kolkhozniki guadagnavano meno della metà degli altri lavoratori; da qui la fuga dai kolkhoz e un esborso pari a 860 tonnellate di oro per acquistare il grano dai paesi capitalistici. In generale, se con Stalin i ritmi medi annuali di crescita erano del 10,6%, con Khruščëv scesero a meno del 5%. Sul piano politico: “competizione pacifica” con l’imperialismo, “passaggio pacifico”, “Stato e partito di tutto il popolo”, collaborazione tra le classi e smantellamento della dittatura del proletariato, rimossa anche formalmente dal programma del partito nel 1961. Nel 1962 appare sulla Pravda l’articolo dell’economista Evsej Liberman “Piano-Profitto-Premio”; nel 1965 la rivista americana Time esce con la faccia di Liberman in copertina e la scritta “The communist flirtation with profits”. In estrema sintesi, la “riforma” LibermanKosygin (Aleksej Kosygin sarà primo ministro dal 1964 al 1980) tende praticamente a eliminare ogni regolamentazione nell’attività delle imprese, riducendo da 30 a 9 il numero degli indicatori stabiliti dal piano e puntando su categorie quali profitto, prezzo, premio, credito. Il fulcro del nuovo sistema risiede nell’autonomia delle imprese, nell’aumento di indicatori integrati di efficienza, quali profitto e redditività; agli indicatori della produzione lorda, subentrano quelli del valore venduto; criteri essenziali diventano reddito, redditività e produzione venduta – fattore principale diventa il profitto. Le aziende scelgono autonomamente come attuare il piano, in termini di valore e non di quantità. Se negli anni ‘30 e ‘40 c’era un unico generale khozrasčët, autofinanziamento, ora la redditività dell’azienda deve essere assicurata dai prezzi di vendita all’ingrosso: le aziende decidono gamma e varietà di prodotti, numero di addetti, contratti con fornitori e acquirenti. La riforma Liberman-Kosygin sarà alla base delle “riforme” del 1987-1988, che spianano la strada al golpe yankee-eltsiniano. Il fatto inoltre che da tempo l’unità elettorale di base per i Soviet non fosse più il collegio produttivo (fabbrica, officina ecc.) bensì quello territoriale, consente nel tempo l’inserimento negli apparati statale e di partito di elementi che non rispondevano più ai collettivi operai, bensì, col riprendere forza dell’economia privata (si calcola: circa il 40% negli anni ‘80, con un crescente antagonismo di classe), agli interessi dei direttori di impresa e delle consorterie burocratiche a quelli legate. Nel corso di una tavola rotonda svoltasi a fine 2016, il rappresentante del RKRP (Partito comu-

nista operaio russo) affermava che si può riconoscere come socialista la natura sociale dell’URSS “perché: la proprietà privata dei mezzi di produzione era stata eliminata a metà degli anni ‘30; l’economia nazionale era condotta secondo un unico piano; i prodotti erano distribuiti in base al lavoro, aumentava costantemente la quota di fondi di consumo pubblico e molti sussidi per assistenza sanitaria, alloggi e altro erano distribuiti in base ai bisogni; scopo della produzione non era l’utile della singola azienda, ma il benessere generale di tutta la società; non c’era disoccupazione: non agiva la legge generale dell’accumulazione capitalistica, cioè la pressione dell’esercito industriale di riserva sul livello salariale”. Con le riforme economiche di mercato, invece, “lo sviluppo dell’interesse delle singole imprese, contrapposto a quello generale, portò al rafforzamento degli interessi della burocrazia di partito. Gli elementi di mercato nell’economia, uniti alla bassa efficienza della pianificazione statale, si rifletterono in idee non socialiste nella coscienza delle masse. Tutto questo insieme ha portato al crollo del sistema sovietico”. Artëm Krivošeev scrive sul sito nstarikov.ru che l’economia sovietica postbellica presupponeva che “i vari settori si integrassero l’un l’altro, secondo il principio dell’autofinanziamento nazionale; il Gosplan controllava severamente la produzione in numero di pezzi prodotti e non secondo il valore realizzato. Già con Khruščëv, si ridusse il numero di indicatori controllati dal Gosplan e si passò a stabilire il valore, non la quantità; al contrario, con Stalin alle imprese era assegnata la produzione da realizzare, per cui esse avevano interesse a diminuire i prezzi e non aumentarli”. Con le riforme degli anni ‘60 il criterio di efficienza delle imprese non era più la produzione, bensì il profitto e la redditività. L’economia prese a funzionare non più come un unico organismo, bensì come somma di imprese, in cui ognuna perseguiva il proprio interesse. La caduta della produzione reale con la contemporanea “esecuzione” del piano in termini di valore e non di quantità portò a un’inflazione nascosta, con salari aumentati e deficit di prodotti, soprattutto quelli di largo consumo, alla cui produzione, di basso valore, le imprese non erano interessate”. Venne meno lo scambio coordinato tra le imprese, col risultato che un’azienda fermava la produzione, non ricevendo il materiale da quella fornitrice e crebbe in definitiva l’insoddisfazione dei cittadini. “I direttori cominciarono allora a porsi il problema della “riforma” del sistema politico, per arricchirsi più in fretta. È così che cominciò a formarsi la “élite” della perestrojka, su cui poi fece perno Gorbačëv”.

La “nuova” Russia Il resto, è cronaca dei “malvagi anni ‘90”: colossi statali svenduti a prezzi di favore, soprattutto nei settori estrattivo ed energetico; giganti industriali messi all’asta, con capitali stranieri che facevano man bassa in settori strategici; imprese privatizzate, valutate oltre 200 miliardi di dollari, vendute per 7 miliardi sul mercato internazionale. Sul fronte sociale, tra il 1988 e il 1993 si registra il minimo di nascite di tutto il periodo postbellico, con una media annuale di 1,4 milioni di nati vivi; si privatizzano sanità e fondi pensione. Medici costretti a vendere frutta nei mercati. Scienziati ridotti a vivere in strada, dopo esser stati licenziati e aver perso tutto. E oggi, tra crisi economica, crollo del prezzo del petrolio, sanzioni occidentali e bassi salari, cade la natalità e aumenta la mortalità per suicidi e alcolismo. Con oltre 22 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia di povertà e altri 30 milioni che arrivano a malapena a fine mese, i poveri costituiscono il 35% della popolazione. Cinque milioni di russi prendono meno di 11mila rubli: il salario medio nazionale a fine 2015 era di 42mila rubli, mentre quello reale si è fermato a 34mila; 72 persone su 100 vivono con meno di 15mila rubli al mese. Il 10% dei russi più agiati è di 16,8 volte più ricco del 10% dei poveri e l’1% dei ricchi possiede il 71% del patrimonio nazionale. Secondo l’ufficiale VTsIOM, un russo su dieci non ha abbastanza soldi per un’alimentazione completa e uno su quattro per i vestiti. Secondo il Rosstat (Comitato statale di statistica) nel 2009 c’erano 7 milioni di disoccupati, pari a circa il 7,7% della forza lavoro; nel 2016 si parlava di oltre 4 milioni di disoccupati, pari a circa il 5%. Nel 2015 i disoccupati registrati ufficialmente erano 1 milione; ma nel 2013, su una popolazione in età lavorativa di circa 87 milioni, la vice primo ministro Olga Golodets aveva dichiarato che “Nei settori a noi noti, sono occupati 48 milioni di individui. Non è chiaro dove siano occupati, in cosa siano occupati e come siano occupati tutti gli altri”. Questa è la nuova Russia.

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salute

A caro prezzo

L’orrendo connubio tra case farmaceutiche e medici venduti denunciati da Antonio Morabito nel film “Venditore di medicine” Patch “Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola” Mao Zedong Nel 2013 uscì un film di cui, guarda caso, poco se ne parlò. Si tratta del “Venditore di medicine”. Nonostante il cast tutt’altro che secondario, vi sono attori di grosso calibro come Claudio Santamaria, Isabella Ferrari e la partecipazione straordinaria di Marco Travaglio, non fece grandissima eco nei media mainstream. Il protagonista è Bruno, interpretato da Claudio Santamaria, informatore farmaceutico di una grossa azienda, la Zafer. L’azienda ha buoni margini di profitto, ma come tutte le aziende, vuole accrescere ulteriormente i suoi profitti, non badando ai mezzi per conseguirli. Il capo area Giovanna (interpretata da una superba Isabella Ferrari), striglia di continuo i suoi informatori un giorno sì e un giorno pure, invitandoli ad usare il metodo del comparaggio, ossia il dare ai medici regali, vacanze premio, convegni in posti esotici ospitati in alberghi di lusso, in cambio della prescrizione dei loro farmaci, anche quando non necessari o non indicati. Un “regalo” deve fruttare almeno 11 volte il suo valore. Cioè, se viene regalato un tablet da 1000 euro, alla casa farmaceutica devono entrare almeno 11000 euro. La pratica del comparaggio sarebbe vietata dalle leggi, ma per i nostri lettori la cosa fa abbastanza ridere. Sappiamo bene che ciò che contano non sono le leggi, ma i rapporti di forza. Il denaro non puzza insegnavano gli antichi romani. A seguito di una di queste riunioni, un informatore schiacciato dall’ennesima umiliazione si toglie la vita, ma un grosso dirigente della Zafer è pronto ad avvertire i superstiti ricordandogli che per loro l’etica e la coscienza lì non devono entrare. Già, per certi bipedi le sole entrate che contano solo quelle in denaro. Il nostro protagonista allora si muove tra i suoi farmacisti e i suoi medici di fiducia (sia ospedalieri, sia medici di famiglia), che in gergo chiamano “regine”, raggiungendo discreti risultati (sulla pelle dei pazienti, ovviamente). Durante uno dei suoi giri, si imbatte in un suo ex compagno di scuola che è affetto da grave fibrosi polmonare, a seguito di un impiego come cavia, cui aveva accettato per via della disoccupazione (d’altra parte l’ex ministro Fornero ci aveva consigliato di non essere troppo schizzinosi nell’accettare i lavori proposti in tempi di “crisi”), viene curato proprio da uno dei medici “regina”, che confessa a Bruno che lo sta solo imbottendo di cortisone in attesa dell’inevitabile morte, poiché il farmaco salva vita non è nel prontuario dei farmaci che passa la mutua, quindi sarebbe costosissimo per il povero amico di Bruno. Badate bene che casi simili sono tutt’altro che lontani dalla realtà, se pensate che i farmaci per curare l’epatite sono irraggiungibili per maggior parte dei pazienti e che, di recente, si sono autorizzati gli acquisti in paesi come l’India (si veda la puntata del programma inchiesta della TV di Stato Svizzera http:// www.rsi.ch/la1/programmi/informazione/falo/tutti-i-servizi/Ammalarsi-per-guarire-9262699.html). La cosa fa ancora più pena se si pensa che si vuole aumentare la quota che il nostro Paese deve pagare per rimanere nella NATO, infatti siamo obbligati a spendere per la “sicurezza” almeno il 2% di PIL. (come spesso denuncia “nuova unità) Il nostro Bruno però vuole fare il salto di qualità, vuole un incarico più prestigioso, vuole seguire primari ospedalieri, cioè coloro che possono fare centinaia di prescrizioni. Gli viene perciò affidato il prof. Malinverni, interpretato da Marco Travaglio, primario di un reparto oncologico. Gli propone un farmaco chemioterapico, di cui si conoscono sia l’inutilità, sia i devastanti effetti collaterali. Apparentemente il primario è incorruttibile, infatti, in un primo tempo, manda via in malo modo il “povero” Bruno, ma questi non è tipo che si arrende facilmente. Scavando

scavando, scopre che il professore aveva trafugato macchinari costosissimi dalla struttura pubblica per la quale lavora come primario, per portarli nella sua clinica privata di cui è socio. Scoprendo la “sorprendente” notizia, Bruno non perde tempo, si ripresenta al cospetto del primario ricattandolo. Quest’ultimo allora cede, promettendogli di prescrivere il veleno, ops, il farmaco. Così Bruno fa carriera, ma non visse felice e contento, anzi. Il suo ex compagno di scuola muore, nonostante gli abbia procurato di contrabbando il farmaco di cui aveva bisogno, il suo rapporto con la moglie crolla dopo che lei scopre che lui le somministrava, nascosti nel cibo, pillole anticoncezionali che le hanno procurato gravi malori. Lei voleva un bambino, lui, stanco e provato

vendetta è quello riguardante la somministrazione degli ormoni della crescita ai bambini che ha coinvolto 67 medici di strutture sia pubbliche, che private e l’azienda Sandoz di proprietà della Novartis, a seguito delle indagini dei NAS di Bologna coordinate dalle procure di Bologna e Busto Arsizio, provincia di Varese. Il sistema prevedeva la pratica di regalare viaggi di lusso, abiti firmati, soldi e ogni ben di dio ai medici, che in cambio prescrivevano “dosi da cavallo” di ormoni, così come si evince dalle intercettazioni (per approfondire la notizia vedere i siti http://www.fedaiisf.it/sandoz-scandaloormoni-crescita-febbraio-ludienza-preliminare/, http://www.cronachelodigiane. net/2014/11/scandalo-italiano-degli-ormoni-per-la-crescita-somministrati-ai-

ha tentennato a cominciare dal numero di vaccini obbligatori, che al momento della stesura dell’articolo è passato da 12 a 10. Le 10 vaccinazioni obbligatorie diventano così l’anti-poliomielitica, l’anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, antirosolia, anti-parotite, anti-varicella. Solo consigliate invece l’anti-meningococco B, l’anti-meningococco C (che escono dalla fascia delle obbligatorie), l’anti-pneumococcica e anti-rotavirus. Ridotte anche le sanzioni pecuniarie e tolto il riferimento all’eventuale negazione della patria potestà per il genitore che si rifiutasse di sottoporre il proprio bambino alle vaccinazioni. Per approfondimenti: http://gds.it/2017/07/04/

da un lavoro sempre più stressante, non ne voleva sapere, ma data l’insistenza di lei, non ha trovato di meglio da fare che farsi prescrivere gli anticoncezionali da una delle sue “regine” per metterle di nascosto nella cena della povera ragazza ignara di tutto. All’inizio e alla fine del film si possono udire notizie di telegiornali realmente trasmessi ove vengono date le notizie dei vari scandali legati al sistema criminale che lega alcuni medici e aziende del farmaco. Quello che maggiormente grida

bambini.html, http://www.corriere.it/ salute/12_ottobre_17/medici-indagatiormoni-bambini_c8a984aa-184e-11e2a20d-0e1ab53dafde.shtml, http://www. rsi.ch/la1/programmi/informazione/falo/ tutti-i-servizi/Lalbero-di-Sara-scandaloormoni-1837086.html). Il pensiero non può che andare al tormentone sui vaccini. La materia è tutt’altro che di facile comprensione, ma qualche dubbio sorge spontaneo alla luce di quanto visto sopra. Innanzitutto, se tutto fosse così certo e sicuro, come mai il governo

meno-vaccini-obbligatori-da-12-a10-ecco-quali-sono_691054/, http:// www.ansa.it/canale_saluteebenessere/ notizie/sanita/2017/07/06/da-commissione-si-a-10-vaccini-obbligatorimeno-multe_c8e9470c-343b-4af1-8d913482478daf8d.html. Altra cosa che fa sorgere molti dubbi circa la buona fede di tali provvedimenti è il contesto generale in cui vengono presi. Siamo il paese dove 10 milioni dei suoi abitanti devono rinunciare per motivi economici alle cure, dove ogni anno sono tagliati i posti letto ospedalieri, dove le li-

I giovani, i lavoratori, gli sfruttati che oggi si avvicinano, tra mille difficoltà e ostracismi, all’idea di comunismo, sa­pranno fare tesoro dei tanti insegnamenti che l’assalto al cielo degli sfruttati del secolo passato ci ha lasciato, a partire dalla formidabile, anche se incompiuta, opera di costruzione del socialismo iniziata da Lenin, da Stalin e dal partito bolscevico, e si potranno così porre le premesse per il rilancio del movi­mento comunista e per una radicale trasformazione della realtà. Forti della storia del movimento comunista del secolo passato, dei suoi successi come delle sue sconfitte, la prossima volta gli sfruttati faranno molto ma molto meglio.

Fresco di stampa “Imparare dalle sconfitte: l’Unione Sovietica dal socialismo alla barbarie” di Concetto Solano edizione “La Città del Sole”, euro 8, si può richiedere tramite email: concetto.solano@gmail.com

ste di attesa sono lunghe da qui al cielo e per una visita si devono attendere tempi biblici, dove il turn over del personale medico e infermieristico è praticamente fermo, ove si spinge sempre più a livelli parossistici la sanità privata ai danni di quella pubblica. In questo campo la Regione più all’avanguardia è quella palude il cui fetore di destra impesta l’Italia intera da più di vent’anni, cioè la Lombardia. Ultimamente si è inventato, per i malati cronici e fragili, un sistema per cui questi si dovranno scegliere, a partire dal prossimo autunno, un gestore cui affidare un patto di cura, il quale dovrà redigere un Piano di Assistenza Individuale prevedendo visite, cure, interventi ed esami ritenuti necessari. La Regione dà al gestore un budget, se costui riuscirà a spendere meno, il surplus se lo potrà tenere assieme al medico di medicina generale che gli avrà procurato il contatto, che potrà, al massimo, integrare il Piano di Assistenza Individuale, senza però modificarlo. Ogni gestore potrà gestire fino a 200 mila persone. Sparisce così ogni personalizzazione del piano di cura, tutto sarà standardizzato ai puri fini di lucro. Insomma quello dei pazienti malati diventerà il mercato delle vacche (per approfondimenti vedere l’articolo del Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/15/regione-lombardia-seimalato-non-chiamare-il-medico-ora-ceil-gestore/3586471/). Sulla questione vaccini, lo scrivente si permette di far presente le cose che gli fanno sorgere dei seri dubbi: presenza di conflitti d’interessi fra i vari attori coinvolti, deresponsabilizzazione delle case farmaceutiche relativamente ai danni da vaccino, carenza di studi e ricerche indipendenti su mix di vaccini e loro sicurezza, carenza di studi e ricerche epidemiologiche sugli effetti a medio e lungo termine, omissione di accurati screening pre-vaccinali e controlli postvaccinali, impossibilità di reperimento di mono-somministrazioni e conseguente privazione di profilassi personalizzata, carenza di trasparenza in merito a farmacovigilanza, difficoltà nella segnalazione di reazioni avverse, difficoltà nel vedere riconosciuto il nesso di causalità fra danno e vaccinazione e nell’ottenimento del risarcimento danno (per approfondimenti vedere www.comilva.org, www.globalresearch.ca). Sulla questione occorre approfondire, poiché grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione non è eccellente per niente. Lenin ci esortava a studiare, studiare e studiare, Mao ad essere rossi ed esperti. Tuttavia una verità incontrovertibile emerge: la saluta di noi tutti, non deve più essere un bene di consumo. Torniamo al film e al povero Bruno. In fondo non è cattivo. È una pedina, né migliore, né peggiore di molti altri. Deve sopravvivere in contesto capitalistico, per farlo non può che camminare ad una spanna di ogni soglia morale, con disinteresse e indifferenza. Sopra di lui case farmaceutiche, bilanci, profitti, capi-area e dirigenti. Al di sotto di lui i malati, coloro che sono un peso per la società, dei sub-umani avrebbero detto gli antenati tedeschi e italiani di nero vestiti, amanti delle svastiche. Allora, non potendoli gasare, perché non trasformarli in voce di guadagno facendoli diventare cavie? Nel capitalismo ogni rapporto umano viene annullato, o reso artificiale, l’amicizia e l’amore vengono trasformati in mera e temporanea convergenza di interessi, ognuno lotta per sé per mantenere il proprio stile di vita, che deve essere conforme a quello che vuole la società dei consumi. Così, l’informatore farmaceutico, omino vestito da pinguino, con la sua valigetta finta pelle, si comporta nel piccolo, come lo squalo dirigente si comporta nel grande. Ma povero Bruno, lui è solo un’immagine riflessa, anzi un’ombra della società che gli sta attorno: con tutte le sue contraddizioni, le sue ansie, la sua corruzione e mostruosità. A te quindi, caro lettore, la scelta: o essere ombra o essere persona. “Chi non sta da una parte o dall’altra della barricata, è la barricata” Lenin

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rassegna stampa

Notizie in breve dal mondo giugno/luglio 2017 Brasilia, Brasile 27 giugno

Istanbul, Turchia 11 luglio

Il Procuratore Generale Federale ha denunciato formalmente il presidente de facto Michel Temer per corruzione. Le accuse provengono dai dirigenti della società JBS, il gruppo produttore di carne più importante del mondo, che hanno fornito anche registrazioni audio che lo compromettono. Secondo la Polizia Federale, Temer – oltre a ricevere bustarelle dal 2010 - ha anche cercato di “ostacolare le indagini” e di comunicare alle autorità atti di corruzione di cui era al corrente.

Le compagnie statali Petroleum Pipeline Company (Botas) turca e Gazprom, russa, annunciano la firma di un accordo per il finanziamento del gasdotto Turkstream, nel quadro del Congresso Mondiale sul Petrolio aperto oggi nella città turca. Il direttore generale di Botas ha affermato che i lavori stanno continuando celermente sia in terra che in mare, ma non ha voluto fornire né le cifre del finanziamento nè le percentuali di partecipazione al progetto. Il gasdotto avrà una lunghezza di 1.100 km., 900 dei quali passeranno nel Mar Nero e servirà a fornire il gas naturale russo alla Turchia e ad altri paesi vicini. La sua capacità prevista sarà di 63.000 milioni di metri cubi all’anno, dei quali 47.000 arriveranno alla prontiera greco-turca per essere poi trasportati in paesi europei, mentre i 16.000 milioni restanti saranno destinati al consumo della Turchia.

Brasile 30 giugno Comincia oggi a San Paolo e nel Distretto Federale di Brasilia uno sciopero a tempo indeterminato in 10 raffinerie di Petrobras dove la direzione, senza alcun negoziato, ha ridotto i posti di lavoro. Oltre alle raffinerie scioperano oggi anche i lavoratori delle piattaforme estrattive e dei centri di distribuzione. A San Paolo e nel Distretto Federale di Brasilia sciopereranno, contro la riforma delle leggi sul lavoro e delle pensioni del governo Temer, anche i lavoratori del trasporto pubblico e i professori. Altri scioperi e azioni di protesta si terranno a Rio de Janeiro, Pernambuco, Paranà, Rio Grande del Norte, Mato Grosso e Rio Grande del Sur.

Caracas, Venezuela 2 luglio Il presidente Nicolàs Maduro informa che il salario minimo verrà aumentato – a partire dal 1° luglio - del 50% per i lavoratori pubblici, maestri, medici, pompieri, poliziotti e militari. Egli proporrà anche all’Assemblea Nazionale Costituente una legge che permetta la regolamentazione dei prezzi e l’applicazione di misure contro gli speculatori.

Ottawa, Canada 5 luglio Il Canada si discolperà e pagherà 8 milioni di dollari al prigioniero più giovane di Guantànamo, Omar Khadr, per gli interrogatori eseguiti in “circostanze oppressive” a cui fu sottomesso nei 10 anni che ha passato in prigione. Khadr, di nazionalità canadese, accusato di aver lanciato una granata contro un soldato statunitense, aveva 15 anni quando fu catturato in Afganistan e portato alla base di Bagram, dove fu interrogato per 40 giorni prima di essere inviato a Guantànamo e potè vedere un avvocato solo 2 anni dopo. Nel 2010 il Tribunale Supremo del Canada stabilì che il Comitato di Revisione di Intelligence della Sicurezza Canadese (CSIS) aveva sottoposto Omar Khadr a “circostanze oppressive” durante la sua detenzione. I suoi avvocati avevano accusato il governo canadese di aver violato il diritto internazionale nel negare la protezione ad un proprio cittadino e di aver cospirato con gli USA applicando pratiche abusive.

Redmond, Stato di Washington, USA 6 luglio La Microsoft annuncia oggi una riorganizzazione generale della società, con il licenziamento di circa 5.000 lavoratori in varie parti del mondo. La maggior parte dei licenziamenti avverrà fuori dagli Stati Uniti. La multinazionale lo ha dichiarato alla catena statunitense CNBC. Microsoft, a fine marzo di quest’anno, impiegava circa 120.000 lavoratori su scala mondiale, il 19% dei quali in attività di vendita e marketing. Un anno fa c’è stata una ristrutturazione che ha colpito 2.850 posti di lavoro e, a gennaio di quest’anno, un’ulteriore taglio di altri 700. Secondo alcuni analisti, la società ridurrà la sua partecipazione nel tradizionale campo dei

Addii Nel mese di giugno ci hanno lasciato ben tre personaggi che hanno fatto la storia dell’America Latina… e non solo Francois Houtart, belga, sacerdote e teologo marxista, è morto a Quito il 6 giugno. Legato al movimento della teologia della liberazione, e in particolare alla Rivoluzione Sandinista, lottò contro la guerra in Vietnam e, fin dal Concilio Vaticano II, studiò e sostenne ogni movimento di liberazione, dal Nicaragua allo Sri Lanka. In un’intervista del 2005, alla domanda del perché

Ginevra, Svizzera 11 luglio

programmi per il consumo di massa per rafforzare invece i servizi a grandi e piccole imprese per far fronte alla concorrenza di Amazon e Google.

Sacramento, California 7 luglio Lo Stato della California ha inserito nella lista delle sostanze cancerogene il glifosato, principale ingrediente dell’erbicida RoundUp prodotto dalla Monsanto. Entro un anno il prodotto dovrà essere etichettato come “agente che può causare il cancro”. La Monsanto sta già affrontando, nel solo distretto di San Francisco, 91 denunce di persone che soffrono di linfoma non-Hodgkins. Le denunce saranno riunite in un solo dibattimento, la cui sentenza verrà pronunciata nel prossimo dicembre. Il glifosato, inventato dalla Monsanto, è usato ampiamente in agricoltura e il suo uso è aumentato del 2.000% grazie alle coltivazioni di soya, mais e altri transgenici che tollerano l’erbicida

Brasilia, Brasile 11 luglio Il Senato brasiliano ha votato oggi, dopo un’agitatissima sessione, il testo base della riforma della legislazione sul lavoro. 50 senatori hanno votato a favore e 26 contro. La riforma permetterà la terziarizzazione del lavoro e la possibilità di accordi non più collettivi ma individuali al di là della legislazione, oltre a prevedere l’allungamento della giornata lavorativa, e toglierà potere ai sindacati nella negoziazione collettiva.

La Croce Rossa Internazionale e Medici senza Frontiere comunicano i dati dell’epidemia di colera che è scoppiata nello scorso aprile in Yemen: più di 300.000 persone ne sono state colpite e i morti sono circa 1.600. Si calcola che ogni giorno scoppino nel paese 7.000 nuovi casi della malattia, che si sta propagando a velocità allarmante per le pessime condizioni igieniche e la scarsità di acqua potabile. Il paese si trova in una situazione drammatica dallo scoppio della guerra civile del 2015 e dopo l’intervento dell’Arabia Saudita, i cui bombardamenti hanno distrutto le infrastrutture e affronta una carestia che tocca 17 milioni di persone: due terzi della pooplazione soffre di malnutrizione.

Gerusalemme, Israele 12 luglio Le autorità religiose della moschea di Al Aqsa hanno denunciato che truppe speciali israeliane hanno fatto irruzione nell’edificio, terzo luogo santo dell’Islam. Secondo il direttore del tempio, si è trattato di un’azione premeditata, una provocazione del governo israeliano contro i guardiani della moschea, che sono stati aggrediti e arrestati. L’operazione fa seguito alla dichiarazione di Al Aqsa quale “sito patrimoniale palestinese” dell’Organizzazione dell’ONU per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.

Buenos Aires, Argentina 13 luglio La polizia e la gendarmeria della città – su ordine della magistratura - hanno brutalmente sgomberato la fabbrica PepsiCo occupata dai lavoratori. La fabbrica – di proprietà nordamericana - era stata occupata dopo il licenziamento di 600 operai, il 70% dei quali donne, nonostante si trovasse in piena produzione.

Buenos Aires, Argentina 14 luglio

Attenzione è cambiato il numero del cc postale Il nuovo numero è: nuova unità, Firenze, 1031575507 si definisse marxista, rispose così: “Una posizione riformista è quella che sostiene che è possibile adattare il sistema, umanizzare il capitalismo… Per quanto capisco essere rivoluzionari, invece, è non fermarsi ai piccoli passi; dobbiamo avere, come approccio globale a lungo termine la trasformazione radicale del sistema capitalista quale orientatore di tutta l’organizzazione economica della globalità… Ma, se definiamo l’economia come l’attività umana destinata a soddisfare e costruire la base materiale necessaria per la vita fisica, culturale, spirituale di tutti gli esseri umani, senza dubbio (il capitalismo) è il sistema più inefficace che l’umanità abbia mai creato. Così, con questa coscienza, non possiamo essere altra cosa che rivoluzionari. Dobbiamo cambiare questo sistema, non possiamo fermarci fino a che non lo cambieremo sapendo, questo sì, che si tratta di un processo di lungo periodo.”.

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Miguel d’Escoto è morto a Managua l’8 giugno. Sacerdote, fin dal 1977 aveva espresso pubblicamente il suo appoggio al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale. Dopo la vittoria dei sandinisti nel 1979 fu nominato ministro degli Esteri della Rivoluzione e fece parte del governo al 1979 al 1990. Ammonito duramente da papa Giovanni Paolo II, venne quindi sospeso “a divinis”. Nel giugno 2008 fu eletto presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nel 2010, per acclamazione, divenne capo del Comitato consultivo del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU. Fernando Martìnez Heredia è morto all’Avana il 12 giugno. Militante del Movimento Rivoluzionario 26 Luglio, partecipò alla battaglia di Santa Clara con il Che; è stato direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università dell’Avana,

Manifestazione in Plaza de Mayo in appoggio alla lotta degli operai della PepsiCo. Vi hanno partecipato, oltre alle Madri di Plaza de Mayo, delegazioni di lavoratori anch’essi in lotta contro licenziamenti e repressione. Anche a La Plata ci sono state manifestazioni e blocchi stradali di appoggio agli operai. I 7 lavoratori arrestati il giorno prima sono stati scarcerati.

Stato di Carabobo, Venezuela 14 luglio Arrestato Carlos Graffe, il portavoce del partito di destra Voluntad Popular, con una valigetta contenente esplosivo C4, detonatori e piccoli razzi avvolti in strisce contenenti chiodi. Secondo la polizia il materiale forma parte del rifornimento logistico ai gruppi criminali che partecipano ad azioni terroristiche.

fondatore e direttore della rivista Pensamiento Critico fino alla sua chiusura nel 1971. Intellettuale eretico e contemporaneamente organico, il più importante, della Rivoluzione cubana: la sua opera è patrimonio delle idee rivoluzionarie a Cuba e in America Latina, del come si può e si deve pensare al rinnovamento del socialismo, di come analizzare Cuba e come immaginare come potrebbe essere. “Presenza insostituibile nella battaglia delle idee” come lo definisce il sociologo brasiliano Emir Sader, tra i suoi numerosi libri, ricordiamo “En el horno de los ’90”, “El ejercicio de pensar”, “El Che y el socialismo”. Negli ultimi anni si dedicò a un bilancio della storia cubana del XX secolo, riprendendo temi come la questione nazionale e la sua articolazione con la lotta per il socialismo e un bilancio del pensiero e della vita di Fidel Castro, sua ultima opera.

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La rubrica delle lettere è un punto fisso di quasi tutti i giornali. Noi chiediamo che in questa rubrica siano presenti le vostre lettere, anche quelle che spedite ai vari quotidiani e riviste che non vengono pubblicate. Il sommerso a volte è molto indicativo

lettere

Aggressioni dirette e indirette

M5S: tante idee... reazionarie

Si è fatto un gran battage sull’attentato di Manchester ma nessun mezzo di informazione ha rilevato che i paesi europei, Gran Bretagna compresa, sono alleati, amici degli Stati Uniti e delle petromonarchie alle quali si vendono le armi che servono per fornire i gruppi terroristi che devastano popoli e arte che tutti sfruttano e non ostacolano. E non solo, visto che le forniture di armi che passano anche dall’Italia servono alle aggressioni anche dirette verso Stati come Siria e Yemen che non si piegano ai giochi imperialisti. Quindi meno lacrime di convenienza e più informazione, soprattutto seria. Veronica Frontini Vicenza

Intervistato da Bruno Vespa, Di Maio ha dichiarato a proposito del Movimento 5 Stelle: “È un movimento post-ideologico ma porta con sé tante idee che erano state i cavalli di battaglia dei partiti di destra e di sinistra. C’è chi si rifà a quelle portati avanti da Berlinguer e chi a quelle di Almirante o della DC”. Naturalmente sui social si sono scatenati subito vari commenti ironici come “siamo carnivori, vegetariani e fruttariani”, “ci riferiamo anche a Mazinga, Al Bano e agli AC/DC”, “A Madre Teresa di Calcutta e a Moana Pozzi”. Assunta Almirante invece ha dichiarato che Di Maio è ‘’gradevole’’, ma non ha ancora deciso se dargli il voto. Adesso Di Maio dovrà fare ancora un piccolo sforzo per guadagnarsi i voti di Assunta Almirante e di altri vecchi fascistoni. Intanto la cantante Fiorella Mannoia ha attaccato

Bombe in vacanza Nel pieno del periodo di vacanze quando le famiglie si spostano anche per andare a trovare i parenti, il Ministero della Difesa ha deciso di trasportare bombe tramite tre Tir che attraverseranno tutta la Sardegna per sbarcare al porto di Piombino e raggiungere il porto di Genova. Le bombe partono dalla fabbrica di armi di Domusnovas a 40 km. da Cagliari e siccome il trasporto è stato scoperto suscitando proteste contro la partecipazione italiana alla guerra che sta massacrando la popolazione dello Yemen meglio trasportarle in gran segreto su strade percorse da migliaia di auto, tanto se succede l’incidente farà la fine del Moby Prince! S.V. Cagliari

Non si fermano le armi con le carte bollate Al tribunale di Varese è stato presentato un esposto contro la vendita di 30 aerei da guerra Aermacchi Alenia (oggi Leonardo già amministrata da Moretti) venduti a Israele, ma la procura ha chiesto l’archiviazione dell’esposto alla quale si sono opposti i firmatari e il Gip di Varese si è riservato di rispondere. La Procura ha ritenuto di non poter sindacare la legittimità dell’autorizzazione ministeriale all’esportazione degli aerei e affermato che la posizione dello Stato di Israele sarebbe inquadrabile nel diritto di autotutela riconosciuto agli Stati dall’art. 51 della Carta dell’Onu. Eppure la legge italiana vieta la vendita di armamenti a Stati belligeranti o ritenuti responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità. Era evidente che di fronte a un tema che riguarda l’industria militare e la questione israeliano-palestinese uno dei poteri si sarebbe schierato dalla parte del potere, così come lo sono le leggi. Marco Angeli Stresa

Israele in appoggio ai terroristi Secondo notizie di fonte siriana, caccia israeliani bombardarono la scorsa domenica (25 giugno) posizioni delle truppe governative siriane presso l’antico edificio del governo nelle alture del Golan. I soldati siriani hanno affermato che questo edificio è utilizzato ora come ospedale di campagna per il personale militare ammalato o ferito. Questo personale fa parte delle truppe che combattono i gruppi terroristi nelle alture del Golan, gruppi terroristi che - come sappiamo - sono finanziati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia, monarchie del golfo e dallo stesso Israele. È evidente l’appoggio dei sionisti ai terroristi di Hayat Tahir al Sham che sabato avevano cercato di impadronirsi di Al-Baaz ma sono stati respinti dalla controffensiva dell’esercito siriano. A.C. viaemail

Giornalisti e sindacati confusi? Nei massa media si fa troppa confusione sui significati di produttività (del lavoro), di produzione (quantitativa di merci) e di tasso di profitto. Anche qualificati giornalisti e sindacalisti fanno confusione o non ne comprendono bene il significato. E allora da semplice operaio ormai in pensione, con un linguaggio povero, povero, cerco di fare chiarezza. Una fabbrica con 100 operai che producono 100 paia di scarpe in una giornata di 8 ore di lavoro avrà una produzione di 100 e una produttività di uno, un’altra fabbrica con 50 operai che producono 75 paia di scarpe ugurali a quelle della prima fabbrica, sempre in una giornata di 8 ore di lavoro, avrà una produzione di 75 (minore) e una produttività di 1,5 (maggiore). La produttività è relativa al tempo di produzione per unità di prodotto, è una cosa diversa dalla produzione quantitativa delle merci. Se poi le scarpe vengono vendute in un ricco mercato (Usa, nordEuropa ecc.) a 300 euro - posto che il costo di produzione sia 100 - si avrà un tasso di profitto del 200%. Se si vendono in un mercato povero (Africa, Asia ecc.) a 200 euro si avrà un tasso di profitto del 100%. La produttività non va confusa neppure con il tasso di profitto. Che i giornalisti borghesi quand’anche economisti lo ignorino e facciano confusione, passi. Che lo ignorino e facciano confusione anche dei sindacalisti... non va bene! Pietro Gori Imperia

duramente i 5 Stelle per la posizione assunta sulla legge dello “ius soli”, la legge per dare la cittadinanza agli immigrati di seconda generazione. “Francamente sono stufa - ha dichiarato Mannoia - di tutte queste astensioni dei 5 Stelle, anche di questo fare il pesce in barile per paura di scontentare qualcuno dei loro elettori”. Dopo le ultime esternazioni di Di Maio, non posso che confermare il giudizio che avevo dato poco tempo fa sul Movimento 5 Stelle “Un nuovo partito dei padroni, una nuova Democrazia Cristiana, un nuovo partito a (5) stelle e strisce”. Certamente i 5 Stelle potranno fare riferimento indifferentemente ai “valori” del fascismo, della socialdemocrazia e del tradimento revisionista (tutti derivati del sistema capitalista). Quelli cui non potranno MAI fare riferimento sono i valori della classe operaia, del socialismo e del comunismo. Aldo Calcidese Milano

A Moretti condannato... 9 milioni e 400 mila euro Non credo che basti indignarsi di fronte alla liquidazione assegnata a Moretti per la non conferma del suo ruolo in Leonardo dopo la condanna per la strage di Viareggio del 2009. Moretti è e resta un rappresentante di quei poteri forti che “restano sempre a galla”. Infatti fa parte di quel sistema che mantiene il capitalismo e fa bene il suo lavoro, gli troveranno sicuramente un altro posto adeguato alla sua altezza appena si saranno calmate le acque e gli italiani... avranno rimosso la notizia. AnnaMaria Semeri Imperia

Israele: l’ebraico è lingua ufficiale L’8 maggio scorso il governo israeliano ha stabilito quanto vi riporto: “Il Comitato ministeriale ha approvato la proposta di legge sulla Nazione-Stato che prevede tra le altre cose che l’arabo non sia più lingua ufficiale di Israele, insieme all’ebraico, ma goda di “uno status speciale”. Inoltre stabilisce che lo Stato di Israele è “La casa nazionale del popolo ebraico” e che “Il diritto di realizzare l’autodeterminazione in Israele” appartiene «unicamente al popolo ebraico”.”. Ci sono ancora dubbi su questo regime che raccoglie le simpatie e il sostegno di tutti gli Stati: dagli Usa all’Italia? Francesco Magri Savona

nuova unità Rivista comunista di politica e cultura (nuova serie) anno XXVI n. 4/2017 - Reg, Tribunale di Firenze nr. 4231 del 22/06/1992 Redazione: via R. Giuliani, 160r - 50141 Firenze - tel. 0554252129 e-mail nuovaunita.firenze@tin.it redazione@nuovaunita.info www.nuovaunità.info Direttore Responsabile: Carla Francone Hanno collaborato a questo numero: Emiliano, Michele Michelino, Fabrizio Poggi, Daniela Trollio abbonamento annuo Italia euro 26,00 abbonamento annuo sostenitore euro 104,00 abbonamento Europa euro 42,00 abbonamento altri paesi euro 93,00 arretrato euro 5,20 I versamenti vanno effettuati sul c/c postale nr. 001031575507 intestato a: nuova unità - Firenze Stampato interamente su carta riciclata, nessun albero è stato abbattuto per farvi leggere queste pagine Chiuso in redazione: 25/06/2017

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