nuova unità n. 6/2018

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comma 20/B art. 2 Legge 662/96 filiale di Firenze

Spedizione in abb. postale 45%

Proletari di tutti i paesi unitevi!

nuova unità fondata nel 1964

“Leggi, morale, religione sono per il proletario altrettanti pregiudizi borghesi, dietro i quali si nascondono altrettanti interessi borghesi” Karl Marx

Periodico comunista di politica e cultura n. 6/2018 - anno XXVII

Cambiare il sistema

Sviluppare la mobilitazione e organizzarsi per dire no ai governi borghesi Il governo che si definisce del “cambiamento”, che manda strali all’UE invocando la “sovranità” - nonostante l’alleanza con gli Stati Uniti in funzione anti franco-tedesca - invia il documento finanziario a Bruxelles prima di presentarlo al Parlamento italiano. Lega e M5S, una volta al potere, buttano giù la maschera e si rimangiano tutte le promesse della campagna elettorale trovando una giustificazione per tutto al fine pur di non perdere il consenso dell’elettorato. Non siamo mai teneri quando ci riferiamo ai governi borghesi e non ci sottraiamo neppure per questo, in particolare perché inganna con un atteggiamento che fa leva su ampi strati popolari. La caratteristica di questo governo razzista, populista, repressivo, oppressivo, di attacco all’emancipazione femminile e ai diritti civili - aborto in primis - è quella di strumentalizzare le percezioni delle persone più arretrate, ignoranti e impaurite, farle proprie e trasformarle in misure reazionarie. Il campo di riferimento di questo governo è chiaro. È quello della Le Pen - che Salvini ha incontrato recentemente nella sede dell’UGL (sindacato erede della Cisnal, a sua volta erede del sindacato fascista e accettato dei sindacati confederali quale co-firmatario dei vari accordi !!) per discutere su “Crescita economica e prospettive sociali in un’Europa delle Nazioni”, in vista delle prossime elezioni europee. È il campo del reazionario e oscurantista brasiliano Bolsonaro con il quale Salvini si è subito congratulato, tra un twitter e l’altro con suo figlio. È quello del fascista ungherese Orbàn, del nazista austriaco Kurz, tutti alleati per portare avanti una visione e una politica nazionalista che chiamano sovranista per affermare una supremazia nazionale contro ogni ipotesi di solidarietà tra popoli. Si propongono ai capitalisti come quelli capaci di superare le contraddizioni con l’uso della forza, del bastone, senza mediazioni con il movimento operaio per garantire il sistema capitalista. C’è disoccupazione? Allora si crea il nemico nell’immigrato che toglie il lavoro agli “italiani” dividendo il fronte di lotta dei lavoratori. C’è criminalità? Lo stesso nemico: gli stranieri. C’è un sindaco che si occupa degli immigrati? Va condannato all’esilio. Le donne vengono uccise? Si scatena la caccia all’immigrato anche se la maggoranza delle donne è uccisa da “italiani”, molti dei quali indossano una divisa. Aspetti il reddito di cittadinanza? Mettiti in fila la strada è ancora lunga e poi si vedrà. Ti rubano in casa? Puoi difenderti sparando. Le scuole cadono a pezzi, non sono antisismiche? Ecco che arriva il controllo di poliziotti e telecamere. Occupi una casa delle migliaia sfitte? Ci pensa la polizia a sgomberare. È il decreto sicurezza sul quale sarà posto il voto di fiducia (una norma ormai di tutti i governi che ci pone la domanda a che serve il parlamento?) che prevede l’aumento delle forze di polizia, delle telecamere, l’adozione del taser, la pistola elettronica, dei divieti. Un decreto che non è rivolto solo contro gli stranieri - che comunque hanno la peggio -, ma che intende colpire le lotte con eventuali blocchi stradali e ferroviari di studenti, dei senza casa e degli operai che re-iniziano a dare segnali di insofferenza allo stato di cose presenti. Come ha dimostrato lo sciopero generale del 26 ottobre indetto da alcune sigle sindacali di base: Cub-Si Cobas-Slai CobasUsi ait; il tentativo di autorganizzazione dei lavoratori che rifiutano le burocrazie sindacali, la manifestazione a Roma del Si Cobas del 27 ottobre, possono rappresentare un rinnovato protagonismo e la ricerca dell’unità e della necessaria organizzazione della classe lavoratrice. Necessaria per affrontare le continue emergenze occupazionali contro le quali sono insufficienti le soluzioni di Di Maio come il ripristino degli ammortizzatori sociali in deroga - ridotti nella durata -, in alcune maggiori vertenze; un probabile quanto fumoso “reddito di cittadinanza” che nonsi sa ancora chi realmente ne potrebbe usufruire e a che condizioni essendo slittata di qualc he mese la sua presentazione fuori dalla manovra finanziaria (DEF). Di Maio non incide sull’impoverimento del tessuto produttivo: fabbriche in mano agli stranieri che chiudono, imprese italiane che delocalizzano alla ricerca di sempre maggiori profitti. Le cose certe sono quelle che abbiamo visto con il cedimento sulle necessità del capitale con l’Ilva di Taranto, il gasdotto Tap pugliese e con la riattivazione dei vaucher. Altro che governo del cambiamento! Lega e M5S non si preoccupano dello sfruttamento padronale che provoca morti e invalidi sul lavoro; non si preccupano dei rapporti schiavistici che regolano l’occupazione degli stranieri, dei contratti capestro per i lavoratori. Dopo i roboanti annunci contro la Fornero hanno inventato la quota cento, riuscendo a peggiorare la condizione dei pensionati - se mai è possibile - ma proseguono la linea salvabanche e dei condoni, dei loro predecessori. Dicono e urlano di combattere la criminalità, ma se la prendono con la piccola e spicciola manovalanza senza anda-

re alla radice delle cause, nessuna parola o provvedimento contro mafia e simili. Lasciano campo libero alle formazioni fasciste, più che mai funzionali al sistema, alla repressione e allo spargimento della paura. Così si mettono davanti a tutto gli interessi degli italiani, e del popolo? Dall’altra parte il PD - dopo la sua fallimentare politica riformista che ha spianato la strada alla deriva populista con un crescente autoritarismo e fascistizzazione dello Stato, è passato ad una sorta di “opposizione” - insieme a Forza Italia - tutta centrata sul deficit della manovra finanziaria calcolata in 27 miliardi di euro, quali veri paladini di banche, del grande capitale e della UE. Artefici degli aumenti delle spese militari, le hanno portate a ben 25 miliardi di euro, 70 milioni al giorno (che diventeranno 100 secondo la richiesta degli USA già accettata dal “governo del cambiamento” Salvini-Di Maio-Conte) per l’appartenenza alla NATO e per sostenere il complesso militare-industriale e le scelte guerrafondaie che non ci stancheremo mai di denunciare. Sono cifre tenute nascoste alla popolazione perché non si renda

conto di questo vero spreco di denaro pubblico che potrebbe essere utilizzato a fini sociali, a partire dalla sanità, dalla scuola e dalla ricerca invece di incrementare l’imperialismo italiano e internazionale. Tacciono per nascondere l’intreccio di interessi tra le aziende produttrici di morte (l’italiana Leonardo è al 9° posto) con partiti e istituzioni. In un sistema capitalista i governi sono solo comitati d’affari della borghesia e, quindi, rappresentano e fanno gli interessi della borghesia, non degli “italiani” né del “popolo” e nel nostro paese oggi anche la cosiddetta opposizione fa parte dello Stato maggiore borghese. Allora qual è il problema? Il capitalismo non si può abbellire, non si riforma, non si salva. Si abbatte! Incominciando dal capire e discernere tra bieca propaganda e realtà e, di conseguenza, mobilitandosi e organizzandosi per respingere le misure contro il movimento operaio e proletariato che devono essere il perno della difesa dei propri interessi di classe nella prospettiva di una società che pensi veramente ai bisogni della maggioranza.

Accordo Ilva. Padrone e sindacati confederali, insieme alla Usb, firmano la “pace sociale”. Per i padroni il profitto è garantito, il posto di lavoro no, la salute neanche pagina 2 Umanità e odio di classe nella contraddizione capitale-lavoro

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Decreto Salvini: sicurezza per chi? Gravi provvedimenti contro il movimento operaio e studentesco in lotta. E leggi razziste pagina 4 Il taser è stato usato contro i lavoratori in sciopero pagina 5 I comunisti russi e la Cina di Xi Jinping. I fatti dimostrano che da tempo il PCC si trasforma sempre più in un qualsiasi partito nazionalista borghese perdendo ogni legame ideologico con il marxismo pagina 6

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lavoro/accordo ilva

Padrone e sindacati confederali, insieme alla Usb, firmano la “pace sociale” Per i padroni il profitto è garantito, il posto di lavoro no, la salute neanche Michele Michelino I sindacati confederali – Fiom/Cgil-Fim/ Cisl-Uilm/Uil, cui si è aggiunta USB - si sono dichiarati soddisfatti per l’accordo firmato con Am Investco, la cordata guidata da Arcelor Mittal. Anche il viceministro Di Maio, artefice dell’accordo, ha dichiarato che “Sull’Ilva è stato raggiunto il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili”, una frase che si sente ripetere spesso, ogni volta che i sindacalisti firmano accordi antioperai. Tuttavia gli stessi sindacati firmatari dell’accordo hanno ammesso che “si tratta comunque di circa 3.000 esuberi con una clausola di salvaguardia (sic!) che prevede che dal 2023 i lavoratori in esubero possano essere riassorbiti se nel frattempo non hanno usato gli ammortizzatori”. In teoria, come prevede l’accordo, chi accetta il licenziamento senza chiedere nemmeno un euro di FIS (ex cassa integrazione) e fra 5 anni può forse cominciare a sperare che lo riassumano: un sogno destinato a rimanere tale. Anche sull’ambiente il risultato è pessimo. Come ha dichiarato il presidente del Consiglio Conte “Se Ilva vuole produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio lo deve fare senza aumentare di nulla le emissioni che ci sono”, dimenticando che già in queste condizioni gli infortuni e i morti sul lavoro sono all’ordine del giorno. Non c’è che dire, una bella difesa dell’ambiente in questo stabilimento dove gli infortuni e i morti sul lavoro avvengono giornalmente, non solo fra gli operai costretti a lavorare senza sicurezza, ma anche tra i loro familiari e la popolazione. Secondo l’accordo si può continuare a morire, basta “non aumentare le emissioni” di sostanze cancerogene. Intanto i padroni possono continuare a ricavare il massimo profitto non solo risparmiando sulla sicurezza, ma anche con garanzia d’impunità: l’accordo prevede, infatti “immunità penale che si mantiene – sia per i commissari che per i nuovi proprietari”, il che vuol dire che non ci sarà alcun colpevole per malattia e morte e che padroni e manager potranno continuare a uccidere lavoratori e cittadini del territorio indisturbati. Con quest’accordo, i lavoratori rinunceranno nei confronti della nuova società che dell’ILVA, all’art. 2087 Cod.

Civ.: «a qualsiasi causa che potrebbe instaurarsi per malattie o danni derivanti da mancanza di misure necessarie per tutelare l’integrità fisica che il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare», e all’art. 2116 Cod. Civ. «che riguarda l’eventuale mancato versamento dei contributi previdenziali». Tali rinunce «valgono anche per chi accetta l’incentivo al licenziamento (da 15.000 euro a 100.000 euro lordi, in base ai tempi entro cui deciderà di uscire» e per chi «rimarrà parcheggiato in Cassa integrazione per 7 anni, con salario ridotto, sperando che entro agosto 2025 gli arrivi la proposta di assunzione». I lavoratori chiedevano ai loro “rappresentanti” dei sindacati confederali e ai sindacati di base, che tutti gli operai fossero assunti dall’Arcelor Mittal. Il risultato di quest’accordo prevede che a Taranto gli operai assunti saranno solo 8.200. Tutti gli altri, circa 2.800, restano nel calderone dell’Amministrazione straordinaria, per essere usati in non ben chiari lavori di bonifica o in attività assistenziali e sociali, in corsi di formazione, con l’unica vera garanzia della Cigs, e una garanzia generica di rientro fino ad ottobre 2025 in Arcelor Mittal. L’accordo prevede inoltre che la Mittal proceda alle assunzioni ex novo, previo periodo di distacco di 3 mesi, salvaguardando livelli, salari acquisiti e diritti (art.18), ma questa garanzia non varrà per gli assunti post legge Jobs act. Nulla è invece previsto per gli operai degli appalti. In sostanza si tratta di un accordo sbandierato come difesa dell’occupazione che non garantisce alcun posto di lavoro tutelato, che diminuisce drasticamente i lavoratori oggi dipendenti Ilva, che non tutela né la salute dei lavoratori né quella degli abitanti di Taranto. La realtà è che l’accordo sostenuto dal “governo del cambiamento”, di Di Maio, Salvini, Fim, Fiom, Uilm e Usb peggiora le condizioni dei lavoratori. Le sostanze inquinanti e cancerogene, fra le quali l’enorme quantità di amianto,continueranno a minare la salute dei lavoratori e di tutti gli abitanti della città, non solo quelli di Taranto, perché l’azienda è libera di continuare a inquinare. Completamente assente un piano di bonifica della fabbrica e, cosa ancora più grave, resta nell’accordo l’immunità penale: nessun colpe-

vole per le malattie e le morti che potranno continuare a colpire lavoratori e cittadini del territorio. E ancora, i lavoratori assunti da ArcelorMittal dovranno procedere alle ‘dimissioni consensuali con Ilva, accettare un nuovo rapporto di lavoro, rinunciare al diritto di continuità lavorativa, accettare tutte le condizioni di Am InvestCo (luogo di lavoro, anche in altre sedi del gruppo; livello e inquadramento del CCNL sulla base del contratto applicato da Mittal o dalle altre società del gruppo). Tutte le rinunce varranno anche per chi rimarrà parcheggiato in cassa integrazione per 7 anni, con salario ridotto, sperando che entro agosto 2025 gli arrivi la proposta di assunzione. È un accordo sul modello tedesco di cogestione in cui l’azienda coinvolge il sindacato sulle scelte strategiche, impegnandosi a informare le rappresentanze sindacali dei piani aziendali e coinvolgendole attraverso un loro parere non vincolante. Cioè è un modo per ridurre ulteriormente l’antagonismo dei lavoratori e il conflitto coinvolgendoli nella gestione e nelle scelte strategiche per meglio rispondere alle necessità della politica aziendale.

Tuttavia non possiamo dimenticare che l’accordo sottoscritto dal “governo del cambiamento” arriva dopo i 12 decreti SALVA ILVA dei quali il governo a guida PD si era fatto garante. La popolazione della città da anni protesta insieme a molti operai contro l’inquinamento provocato dalla fabbrica, coscienti che non si salvaguarda il salario difendendo il posto di lavoro così com’è, con i suoi veleni per tutti e i profitti per il solo padrone di turno, in cambio di un misero salario. Barattare la salute con il salario e l’occupazione può essere per alcuni una soluzione temporanea, che pagheranno in futuro a caro prezzo, anche con la vita. L’esperienza ci insegna che la monetizzazione della salute, della vita umana, del posto di lavoro senza sicurezza va a vantaggio solo dei padroni. LA SALUTE NON SI PAGA, LA NOCIVITÀ SI ELIMINA E LA SICUREZZA DEVE ESSERE GARANTITA anche se quest’obiettivo si scontra con il mercato, con la logica del profitto che sono i fondamenti della società capitalista. La mancanza di sicurezza sul lavoro, la nocività, l’inquinamento, le sostanze cancerogene, uccidono prima gli operai che sono a diretto contatto in

fabbrica, ma uscendo nel territorio, disperdendosi nell’aria, nelle falde acquifere avvelenano anche i loro familiari e tutta la popolazione. Tutto questo è inaccettabile. Non si può morire per il profitto nella speranza di mantenere il posto di lavoro. Abbiamo visto innumerevoli volte molte aziende italiane vendute a gruppi multinazionali finire male. Aziende che, dopo averle spremuto bene gli operai, sono state chiuse, o delocalizzate. La multinazionale ArcelorMittal controllata dalla famiglia indiana Mittal è uno dei più grossi produttori di acciaio al mondo, con fabbriche in tutto il mondo. In Europa le acciaierie ArcelorMittal sono a Belval e Differdange in Lussemburgo, Dabrowa in Polonia, Messempré in Francia, e Dintelmond nei Paesi Bassi. Come hanno fatto molte multinazionali, non ultimo la FCA di Agnelli e Marchionne, anche il gruppo indiano dell’acciaio di livello mondiale sta rilevando acciaierie ovunque per far fuori la concorrenza e poi chiuderle spostando la produzione in India o in paesi dove può sfruttare e inquinare liberamente. Nel frattempo grazie alla complicità di governo e sindacati ArcelorMittal è libera di farlo in Italia.

Scheda I risultati del referendum I dipendenti dei vari stabilimenti hanno dato l’ok all’accordo con Arcelor Mittal. Numeri plebiscitari a Taranto con il 94% dei favorevoli. A Cornigliano (Genova) “Sì” al 90%, a Novi Ligure i favorevoli sono stati l’89,4%. Lo comunicano fonti sindacali. Dei 1.474 aventi diritto, hanno votato in 1123. I voti favorevoli sono stati 1012 (90,1%), i contrari 99 (8,8%), le schede nulle 12. Via libera anche dei lavoratori dello stabilimento di Novi Ligure, il più innovativo del gruppo. Dei 730 aventi diritto, hanno votato in 510: i voti favorevoli sono stati 456 (89,4%), i contrari 52 (10,2%), le schede nulle 2. Con una percentuale plebiscitaria di “Sì’” al 94% i lavoratori dello stabilimento di Taranto hanno dato parere favorevole all’accordo. I votanti sono stati 6.866: favorevoli 6.452, contrari 392, astenuti 12. Affluenza bassa. Avevano diritto a votare 10.820 lavoratori.

Sfruttamento, morti sul lavoro e del profitto In Italia si continua a morire come nell’800 Al Cip “Tagarelli” di Sesto San Giovanni, sabato 6 ottobre, si è svolta una partecipata assemblea di lavoratori: operai e rappresentanti sindacali dalla quale è scaturita la Mozione che pubblichiamo I partecipanti all’’assemblea di sabato 6 ottobre 2018 - ore 15,30 – presso il CENTRO DI INIZIATIVA PROLETARIA “G. TAGARELLI” via Magenta 88 Sesto San Giovanni - dopo essersi confrontati nel dibattito sui morti sul lavoro con lavoratori e delegati RSU e RLS di diverse sigle sindacali, decidono di coordinarsi nella battaglia contro lo sfruttamento capitalista a partire dalla violenza e brutalità dei morti sul lavoro, riconoscendo che: 1 Gli operai, i proletari e i lavoratori morti sul lavoro, per malattie professionali a causa dello sfruttamento capitalista, a prescindere dall’appartenenza sindacale sono MORTI DEL PROFITTO, vittime del capitalismo e membri della nostra stessa classe. 2 Gli operai non hanno amici nei palazzi del potere economico, politico, istituzionale e religioso e riconoscono negli sfruttati di tutto il mondo i loro fratelli di classe. 3 Da questo momento s’impegnano a scambiarsi le informazioni sui crimini contro i proletari compiuti dai capitalisti sui posti di lavoro e nella società, socializzando e scambiandosi i volantini e le prese di posizione per dimostrare che i morti sul lavoro in una fabbrica o luogo di lavoro sono morti di tutta la classe operaia. 4 Gli operai, i lavoratori, nella democrazia borghese sono solo merce forza lavoro da usare quando l’in-

dustria tira e da licenziare, anche attraverso le delocalizzazioni, quando non servono più a valorizzare il capitale: riconosciamo quindi che senza organizzazione indipendente e autonoma (politico-sindacale) gli operai in questa società non sono altro che carne da macello dei padroni. 5 I partiti e i governi si alternano alla guida del paese, ma sempre nell’interesse dei padroni e della borghesia e gli operai, i lavoratori, frazionati e divisi, senza organizzazione non contano nulla, sono solo le vittime sacrificate sull’altare del profitto, del mercato e del dio denaro 6 Come sfruttati appartenenti alla stessa classe al di là delle appartenenze sindacali o politiche, vogliamo cominciare ad organizzarci creando ambiti di discussione nazionale e internazionale per rispondere colpo su colpo al nemico di classe, mettendo in discussione con le lotte il sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Se colpiscono uno di noi, colpiscono tutti. I governi cambiano e si susseguono, ma gli operai continuano a essere sfruttati e a morire come prima, più di prima. (segue in terza)

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lavoro

Umanità e odio di classe nella contraddizione capitale-lavoro Ripristinare l’odio di classe – e la conseguente lotta senza quartiere - contro questo sistema barbaro è il più grande gesto a favore dell’umanità che si oggi si possa fare Michele Michelino Uno degli effetti più sconvolgenti e brutali della società capitalista è lo sfruttamento sempre più intensivo degli operai, della forza lavoro salariata: esseri umani costretti a produrre profitti per i padroni e, nonostante questo, espropriati della ricchezza che producono e considerati di serie b. Morti sul lavoro, infortuni e malattie professionali non sono un caso del destino: sono – e sono sempre stati - il risultato di un’intensificazione dello sfruttamento, di ritmi di lavoro inumani che provocano condizioni di vita e di lavoro insicuro in ambienti insalubri, senza adeguate protezioni per i lavoratori. Le vittime del profitto e della brutalità del sistema capitalista di sfruttamento dell’uomo sull’uomo sono considerati incidenti di percorso, danni ed effetti collaterali considerati “normali” al di sotto di una certa soglia. I padroni e i mass-media da loro controllati chiamano i morti sul lavoro “morti bianche”, come se i lavoratori assassinati fossero morti per caso, senza responsabilità di alcuno; o se colpa c’è è imputabile all’errore “umano”, cioè alla disattenzione degli operai stessi. Pur di aumentare i profitti, i padroni risparmiano anche i pochi centesimi sulle misure di sicurezza, sostenuti in questo da leggi che tutelano la proprietà privata dei mezzi di produzione. Anche nei pochi casi in cui sono inquisiti, se la cavano monetizzando la morte, la salute e la vita umana degli sfruttati, o con la prescrizione. In ogni caso, i loro delitti contro i lavoratori continuano a restare impuniti. Quanti padroni sono in galera nel nostro paese per aver assassinato ogni anno decine di migliaia di lavoratori sul lavoro o con le malattie professionali? I governi cambiano e si susseguono, ma gli operai continuano a essere sfruttati e a morire come prima, più di prima, e i padroni a godere dell’impunità, perché i lavoratori, nella democrazia borghese, sono solo merce, forza lavoro, carne da macello da usare quando l’industria tira e da licenziare quando non servono più a valorizzare il capitale. Tuttavia l’ipocrisia borghese si evidenzia ogni qualvolta che i lavoratori muoiono in gruppo, come alla ThyssenKrupp, o uccisi stipati in un furgone mentre tornano trasportati dai campi di pomodoro dopo una giornata di lavoro di 12 ore a tre euro all’ora. In questi casi il cordoglio verso le vittime si distingue non solo in base al colore della pelle e della nazionalità, ma dal fatto che le vittime sono poveri proletari. Ben diverso, invece, è il comportamento che i borghesi riservano ai ricchi arabi, neri, gialli o di qualsiasi colore e

nazionalità - dimenticandosi che tutti, poveri e ricchi, sono appartenenti alla stessa umanità. Ogni anno oltre mille persone muoiono sul posto di lavoro, altre decine di migliaia per malattie professionali, più di 4mila solo per malattie legate all’amianto (alle 4 morti sul lavoro giornalierio vanno aggiunte le 12 per amianto: 2 ogni ora). Tuttavia se i morti per malattia professionale sono invisibili agli occhi della popolazione, quelli sul lavoro generano comunque un moto di indignazione, rabbia e - raramente dalla mobilitazione nelle fabbriche, nei cantieri, nelle campagne, nei luoghi di lavoro, contro lo sfruttamento. Lo stesso non avviene per tutti i morti causati dal profitto.

Privatizzazione della sanità, tagli e morti per il profitto La Riforma Sanitaria del 23 dicembre 1978, (legge 883) ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale e, nello stesso anno, anche la Legge 180 sulla tutela della salute mentale. Ottenute anche grazie alle lotte dei lavoratori: la vita media della popolazione si allungò (anche se non quella degli operai esposti alle sostanze cancerogene e nocive e alla fatica fisica). Oggi, con la privatizzazione di una serie di servizi - primi fra tutti la sanità - la salute dei proletari e delle classi sottomesse, della popolazione più povera o al limite dell’indigenza è invece diminuita. Al di là delle chiacchiere dei governi che hanno aumentato l’età pensionabile cianciando di un’aumentata aspettativa di vita, cosa significa tagliare la sanità è stato dimostrato dalle conseguenze patite dall’America Latina e dalla Grecia. In Grecia i programmi di restituzione del debito imposti dalla Troika hanno comportato il taglio della metà delle spese sanitarie per conservare intatte, e anzi aumentarle, le spe-

All’indignazione, alla rabbia, si deve unire la mobilitazione nelle fabbriche, nei cantieri, nelle campagne, nei luoghi di lavoro, contro lo sfruttamento e i morti del profitto inevitabili nel sistema capitalista. Contro questi omicidi considerati dai padroni semplici effetti collaterali, necessari alla realizzazione del massimo profitto, insiti nella contraddizione capitale/lavoro bisogna protestare e lottare unitariamente. È ora di ricominciare ad agire e organizzarsi per superare la frammentazione della nostra classe. Contro la barbarie capitalista dobbiamo riscrivere sulle nostre bandiere, rosse di sangue proletario, il motto: PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNIAMOCI. All’assemblea hanno partecipato e sono intervenuti diversi operai e lavoratori del: Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, SiCobas, Slaicobas, Usb, SGB, Medicina Democratica, Voci Operaie, lavoratori del Veneto, Toscana, dell’Emilia e altri. All’assemblea hanno partecipato e sono intervenuti diversi operai e lavoratori del: Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, SiCobas, Slaicobas, Usb, SGB, Medicina Democratica, Voci Operaie, lavoratori del Veneto, Toscana, dell’Emilia e altri.

se per la difesa militare. La più prestigiosa rivista di medicina del mondo, l’inglese The Lancet, ha pubblicato uno studio nel quale attestava come da questo calo degli investimenti sanitari era derivata la morte di 10.000 bambini: un aumento del 43% della mortalità infantile dopo i tagli alla sanità. Questi tagli sono una chiara scelta politica del capitale finanziario e industriale: per la sostenibilità economica, per ripagare il debito alle banche tedesche e francesi, i borghesi decidono di uccidere 10.000 bambini delle classi popolari. Tutto questo è avvenuto e avviene tuttora senza alcuna reazione perché - a differenza dei morti sul lavoro che, se muoiono in gruppo, ne parlano i giornali e la tv - questi morti nessuno li vede. Se un politico, un gruppo finanziario o un padrone dicessero apertamente “io per il profitto mando a morte dei bambini, o degli esseri umani”, si solleverebbe un’indignazione generale. Invece tutto questo succede giornalmente anche nei paesi capitalisti-imperialisti nel più assoluto silenzio. I morti per il profitto non dipendono dal fato, non sono inevitabili, non sono il frutto di una disgrazia, una catastrofe naturale imprevedibile, ma una scelta cosciente del capitalismo. Lo stesso è successo in America Latina dove tutti i progetti di riforma e privatizzazione della sanità hanno provocato soprattutto danni alla salute infantile e degli anziani. Questo è quanto sta succedendo anche in Italia, dove i tagli e la privatizzazione della sanità comportano la morte di migliaia di persone soprattutto anziani e bambini. Ormai, come denunciano senza vergogna anche alcune fonti borghesi, nel nostro paese milioni rinunciano a curarsi non avendo i soldi, o per la chiusura dei piccoli ospedali, poco… redditizi. Dobbiamo denunciare forte e chiaro che questi sono veri sacrifici umani, veri omicidi. Invece, nascondendo la verità, tutto è reso accettabile e il sistema capitalista (il sistema che legittima e legalizza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo) può presentarsi come il migliore dei modi possibili. Solo riconoscendo i morti per il profitto come nostri morti, riconoscendoci come appartenenti alla stessa classe sfruttata con interessi antagonisti da chi ci sfrutta è possibile aprire un discorso di unità che ci porti sulla strada dell’emancipazione. La storia dell’umanità è costellata da un avvicendarsi di periodi di rivoluzioni, restaurazioni, pace, guerre, crisi, stagnazioni, progresso e decadenza. Il capitale - rapporto sociale di produzione - usa la merce forza-lavoro dell’uomo sfruttandolo attraverso un lavoro non pagato o dal plusvalore di

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cui si appropria con l’aumento dei ritmi, della meccanizzazione e tutti quei sistemi che portano al prolungamento della giornata lavorativa (plusvalore assoluto o relativo). La lotta del proletariato contro la borghesia si manifesta in forme diverse, inizialmente di resistenza nei luoghi di lavoro e nel territorio, ma inevitabilmente prima o poi diventa lotta politica che si pone il problema della conquista del potere politico per il proletariato cosciente, del potere operaio, cioè la dittatura del proletariato che, abolendo la proprietà privata attraverso l’espropriazione dei mezzi di produzione, socializza la produzione volta a soddisfare i bisogni degli esseri umani e non più per il profitto di pochi sfruttatori. In tutto il mondo il capitalismo e i vari imperialismi hanno unificato gli interessi della classe sfruttata facendone una classe internazionale con gli stessi interessi, dimostrando che “gli operai non hanno patria”, ma attraverso i nazionalismi, il “sovranismo” e la concorrenza fra gli sfruttati cercano di spezzare quest’unità che è una delle prime condizioni di emancipazione del proletariato. Agitando lo spettro di un “nemico straniero”, o contrapponendo i proletari immigrati a quelli locali le varie frazioni del capitale, gli imperialismi concorrenti distolgono il proletariato dal vero nemico di classe che sono la borghesia e l’imperialismo, a cominciare da quella del proprio paese che sfrutta entrambi.

Mettere gli operai e i proletari di una nazione contro l’altra è una vecchia tattica Il massacro degli operai parigini attuato dalla borghesia repubblicana nel giugno 1848 e quelli succedutisi negli anni in tutto il mondo dimostrano che la borghesia repubblicana, liberale teme l’organizzazione e l’indipendenza della classe operaia che lotta per il suo potere più di qualsiasi pericolo. La storia ha già dimostrato innumerevoli volte, a cominciare dalla Comune di Parigi del 1871, la brutalità del sistema capitalista contro i suoi nemici mortali il cui motto era la “lotta per la liberazione dai lavoratori di tutti i paesi dallo sfruttamento capitalistico”. La borghesia, per difendere il suo potere e impedire il potere proletario, non ha mai esitato un secondo a mettersi d’accordo col nemico nazionale e con l’esercito “straniero” nonostante il saccheggio della “patria”. Furono più di 30 mila i morti dei comunardi e degli operai parigini che osarono ribellarsi e instaurare la prima forma di potere proletario, questo fu il bilancio della repressione degli eserciti di Versailles nel maggio del 1871, cui si aggiunsero 50 mila prigionieri condannati all’ergastolo o a morte, e alcune migliaia di persone fuggite per sottrarsi alle persecuzioni poliziesche. Parigi perse circa 100 mila dei suoi figli e delle sue figlie migliori, per la maggior parte operai. La vendetta della borghesia continuò e i tribunali militari continuarono a emanare condanne fino al 1875. La storia insegna - e noi operai coscienti di essere un’unica classe a livello internazionale, anche se rivoluzionari e comunisti, senza un’organizzazione unitaria internazionale o almeno nazionale in Italia, rischiamo di essere solo dei grilli parlanti. Nel porci gli obiettivi sulla base dei nostri interessi di classe, nelle lotte di difesa delle condizioni

di vita e lavoro o per migliorarle, non dobbiamo dimenticare che queste lotte - per quanto necessarie e sacrosante - non sono altro che lotte per migliorare la nostra condizione di schiavi in regime schiavistico, senza intaccare il sistema che continua a riprodurre i borghesi come padroni e gli operai come schiavi. La “pace sociale” - predicata e richiesta da tutte le frazioni della borghesia e dai suoi partiti di governo e opposizione, ma anche dai suoi agenti nel movimento operaio, i sindacati confederali - ha lo scopo di portare gli schiavi salariati a fare pace con il sistema schiavista. Dimenticarsi di propagandare nella lotta economica, ambientale, rivendicativa anche gli obiettivi generali della società socialista, una società in cui lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo sia condannato come un crimine contro l’umanità, significa accettare di essere e rimanere classe subordinata. In una società divisa in classi, dove la lotta di classe vede il predominio di una classe sull’altra, nulla può essere imparziale. L’esperienza e la lotta di classe ci hanno insegnato che tutta la società capitalista - l’organizzazione del lavoro, la scuola, la scienza, la medicina ecc. - difendono il sistema della schiavitù salariata, e che “giustizia” e “diritto” valgono solo per le classi dominanti. Il capitalismo, l’imperialismo, hanno temporaneamente vinto in tutto il mondo aumentando la loro potenza e ricchezza sulla pelle, sulla miseria di miliardi di esseri umani, ma questa società profondamente ingiusta che produce sfruttamento, morte per fame e sete, guerre, su miliardi di persone, questo sistema sociale che vive continue cicliche crisi crea anche le condizioni per l’unita mondiale del proletariato e per la vittoria degli sfruttati organizzati sul capitale. Oggi molti saccenti pseudo-dirigenti rivoluzionari che si dichiarano marxisti ma che si fermano all’apparenza dei fenomeni nascondono il loro fallimento addebitando l’apparente mancanza di coscienza di classe alla classe operaia e ai lavoratori, senza fare lavoro politico nella classe. Tuttavia essi dimenticano uno dei cardini della teoria di Marx: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma al contrario è il loro essere sociale che determina la coscienza e che quindi come non si può giudicare un uomo dall’idea che ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento della coscienza che essa ha di se stessa”. Certo non possiamo aspettare che il capitalismo crolli da solo. Dobbiamo creare ambiti di discussione, organizzazione per sperimentare pratiche unitarie di lotta su tematiche e obiettivi comuni anticapitalisti partendo dalla centralità della contraddizione capitale-lavoro, rimettere al centro il soggetto rivoluzionario, il proletariato, è imprescindibile per tutti i rivoluzionari. “Diritti umani”, “umanità”, parole che sono diventate il cavallo di battaglia di questo sistema disumano, la bandiera che sventola davanti agli eserciti del capitale ogni volta che partono per una nuova, interminabile guerra. Parole dietro cui stanno milioni di esseri umani sfruttati, oppressi, cancellati dalla faccia della terra da quella classe borghese che, in modo sistematico e cosciente, distrugge gli esseri umani e la natura. Ripristinare l’odio di classe – e la conseguente lotta senza quartiere - contro questo sistema barbaro è il più grande gesto a favore dell’umanità che si oggi si possa fare.

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attualità

Decreto Salvini: sicurezza per chi? Gravi provvedimenti contro il movimento operaio e studentesco in lotta. E leggi razziste Razzismo, arma di distrazione di massa

Luciano Orio Parlare di sicurezza, di diritto alla sicurezza in termini generali, potrebbe sembrare l’affermazione del principio che ci si deve cautelare contro qualche evenienza spiacevole per metterci in una condizione oggettiva esente da pericoli o, comunque, tutelata, garantita per preservarci dai pericoli. Cosa si potrebbe volere di più da uno Stato se non il sostegno ad un tale principio o diritto? Nel caso di sicurezza pubblica, di tutti, dovremmo trovarci nella condizione oggettiva di uno Stato che garantisce ai singoli lo svolgimento delle proprie attività, per mezzo dell’autorità di pubblica sicurezza che sta ad indicare la polizia, in quanto organismo preposto alla sicurezza pubblica. L’inconsistenza su cui si regge tutto l’impianto dovrebbe saltare subito all’occhio: chi assicura, difende, tutela chi? Nella società divisa in classi, sempre più antagoniste tra loro, chi sostiene tale principio non può che appartenere alla classe dominante, la borghesia, tesa ad assicurarsi le condizioni ideali di sfruttamento della forza lavoro e valorizzazione dei capitali, per il massimo profitto. Per noi sicurezza significa invece la nostra tutela in quanto lavoratori, sul posto di lavoro e fuori. Dovremmo cambiare i termini quando si parla di sicurezza, che non consiste in uno strumento contro il pericoloso immigrato, ma che deve significare invece tutele ai lavoratori. Parlare di sicurezza per poterci permettere le cure sanitarie o la mobilità, la tutela dagli infortuni sul lavoro o dalle malattie professionali. Tuttavia i loro argomenti così vaghi e senza corpo vengono mantenuti e riproposti insistentemente dai governi borghesi di ogni ordine e grado, che continuano a propinarci la manfrina della nostra difesa (interna ed esterna, si badi bene) da o, meglio, contro qualcuno. La logica dell’emergenza, che la classe dirigente del nostro paese ha ripetutamente usato (e abusato), ogni qualvolta lo richiedeva, è figlia del concetto borghese di pubblica sicurezza, cioè degli organi di polizia. Ma figlia ne è anche la politica internazionale contro il terrorismo, la deterrenza, la guerra preventiva, le sanzioni, su, su di questo passo fino al first strike nucleare. Nella realtà gli eserciti delle grandi potenze assicurano lo sfruttamento dei popoli oppressi

così come la polizia assicura lo sfruttamento dei lavoratori. Chi ne beneficia, in un caso o nell’altro, sono i padroni. I popoli oppressi vengono sistematicamente rapinati delle loro risorse (oro, rame, cotone, uranio, ferro, petrolio, caffè, thè, grano, diamanti…) e delle loro “risorse umane”, la loro forza- lavoro che, espulsa per condizioni di ovvia invivibilità, è catapultata a sostenere di lavoro vivo il capitale internazionale in endemica crisi. Essa si rappresenta come una classe operaia giovane, comprata al ribasso nel mercato globale della forza lavoro e dislocata nei luoghi preposti dalla divisione internazionale del lavoro. Sfruttata ulteriormente, e tuttavia libera da condizionamenti, senza remore o sconfitte sindacali e politiche alle spalle, meno

scettica sulle proprie possibilità, più esposta e più disposta a lottare. Consapevole. Noi, forza lavoro interna, abbiamo offerto tutti i fianchi possibili all’attacco del nemico, con politiche di deterrenza e resa sindacale e politica. Sembriamo una classe operaia vecchia e sconfitta, il confronto in fabbrica, tra noi, sempre più difficile, i riferimenti caduti. Una classe che esiste comunque, che non è mai sparita, ma che ha perso la sua centralità politica. Due condizioni complementari, che nascono da una comune appartenenza, destinate ad una naturale unità, come già nel nostro passato: la prima a fare da traino a una riconquista della dignità perduta. Un’unità però più teorica che concreta. Perché si concretizzi ha bisogno di episodi, di vissuto, di pratica ricca di indicazioni e di pensiero politico (da Marx in poi), ricca di lotte.

Da qui emerge il ruolo del razzismo come arma di distrazione di massa, come guerra preventiva del capitale, che scatena sentimenti o risentimenti che sfociano il più delle volte, in vere e proprie forme di odio verso il basso, utili al capitale per il frazionamento e la stratificazione della classe, il tentativo di annientamento della coscienza sociale condivisa della classe operaia. Per evitare che emerga e si consolidi la consapevolezza che il conflitto vive all’interno dei rapporti di classe, tra sfruttatori e sfruttati. In questa cornice il decreto Salvini si smaschera da sé: anzitutto non c’è alcuna reale invasione del nostro paese da parte di spaventose orde di immigrati, anzi, siamo ai minimi storici degli ultimi vent’anni per effetto dei decreti precedenti (da Turco-Napolitano a Minniti); in secondo luogo le misure sembrano più indirizzate al ricatto nei confronti degli operai immigrati, per costringerli ad accettare condizioni di lavoro, di casa, di vita del tutto indegne. Infatti il decreto prevede l’abolizione del permesso per protezione umanitaria (che tutelava chi fuggiva da zone devastate da guerre, da persecuzioni politiche o da disastri naturali, sostituito da un generico permesso “per casi speciali”; l’inasprimento delle misure restrittive contro richiedenti asilo ed immigrati (portando il periodo di detenzione nei Cpr a 180 giorni invece di 90); reintroduzione del reato di blocco stradale, che era stato depenalizzato, con pene da 1 a 6 anni; indurimento delle pene per gli occupanti di case (reclusione fino a 4 anni, il doppio di quanto previsto dal codice fascista Rocco); dotazione ai vigili urbani delle nuove pistole taser (armi in grado di uccidere) per l’ordine pubblico. Con questo decreto aumentano gli immigrati costretti a restare in Italia senza permesso di soggiorno e condannati alla clandestinità. In generale è evidente che queste misure sono tese a sostenere l’attacco a tutta la classe operaia e alle sue lotte da parte del governo Conte-Di Maio-Salvini, nuovo governo dei padroni. Noi lavoratori e proletari dobbiamo unirci e organizzarci nella più grande opposizione politica e sociale possibile e i segnali non mancano, proprio a partire da quel proletariato immigrato oggi al centro delle lotte della logistica e a partire dalla doppia scadenza del 26/27 ottobre, sciopero e manifestazione indetti dal Si Cobas.

Ettore Zilli ci ha lasciato Ultimo - a Sesto S.Giovanni - degli ex deportati nei campi di concentramento nazisti, Ettore Zilli ci ha lasciato. Giovanissimo partigiano di Zoppola, arrestato a 19 anni, da testardo friulano – e comunista - qual era, ha fatto della sua vita, sommessamente ma caparbiamente, una testimonianza di lotta e di etica. Quella che segue è la nostra “orazione laica” per ricordarlo, letta ai suoi funerali cui hanno partecipato centinaia di persone. “Nella serata di lunedì 1° ottobre il grande cuore di Ettore Zilli classe 1924, giovanissimo partigiano, giovane deportato, comunista per tutta la vita - si è fermato. Per tutta la sua lunga vita Ettore, pur sofferente per le conseguenze delle violenze patite nei campi di concentramento nazista di Rakenau e Dachau, ha lottato per un mondo migliore, non solo come operaio della Pirelli. A Sesto San Giovanni - e non solo - era conosciutissimo, uno dei pochi testimoni ancora vivente dell’orrore del fascismo; un testimone vivente e militante, una voce forte che non ha mai taciuto. Generazioni e generazioni di studenti e di giovani, e anche meno giovani, per 35 anni hanno sentito dalle sue labbra il racconto della vita di quei ragazzi come lui che avevano combattuto il fascismo, che avevano sognato un mondo più giusto, che dopo la Liberazione si erano battuti contro la violenza dello sfruttamento capitalista. È anche grazie al suo lavoro che al Parco Nord di Milano è stato eretto il Monumento al Deportato progettato da un altro deportato, l’arch. Ludovico Belgiojoso, dedicato a tutti gli operai e lavoratori delle piccole e grandi fabbriche di Sesto deportati nei campi di sterminio nazifascisti. Dai suoi viaggi in Germania con le vedove dei deportati riportò alcuni dei sassi provenienti dalle cave di pietra di Gusen e Mauthausen che, insieme alle ceneri dei morti, stanno alla base del monumento che li ricorda.

Ettore è stato un uomo - un compagno - modesto, generoso e tenero, uno che - nonostante le violenze subite - amava la vita e caparbiamente, fino all’ultimo, ha lottato per difenderla: ma quella vita dignitosa e giusta per cui si era battuto - e si batteva - fin da ragazzo. Così scriveva nel 2003, ritornato dall’ennesimo viaggio a Mauthausen: “Coloro che erano riusciti a sopravvivere nei campi di sterminio nazisti, uscendo da quell’inferno il 16 maggio 1945 nella piazza di Mauthausen giurarono di dedicare il loro impegno perché l’umanità non dovesse mai più conoscere le barbarie della guerra. Purtroppo la nostra volontà e il nostro impegno non sono bastati a fermare la macchina bellica. Da allora nel mondo si sono combattute e si combattono tante guerre, piccole e grandi come l’ultima in Iraq. Tutto ciò dimostra quanto ci sia ancora da fare per costruire un mondo di pace e di giustizia. Questo è un compito che oggi spetta soprattutto ai giovani. La generazione che ha conosciuto gli orrori dei campi di sterminio va scomparendo. Sono i giovani che devono conoscere la storia, impadronirsi della memoria del passato se vogliono evitare che tutto ciò possa ripetersi. Ai giovani è affidata la difesa della pace e con essa la conquista di un mondo migliore”. Ettore ha tenuto fede a questo giuramento, che è anche il suo testamento, il legato che ci lascia oltre al suo grande esempio. In tanti lo rivendicheranno, e anche noi lo facciamo con orgoglio e amore: nostro compagno da anni, ci ha insegnato a non arrenderci mai come lui, testardo friulano, figlio di poveri contadini antifascisti; ci ha dimostrato che i veri eroi sono uomini e donne semplici ma disposti a battersi per i propri ideali dando anche la vita per gli altri. Ci ha insegnato che è così che si diventa esseri umani degni di

questo nome. Si è conquistato un posto nei nostri cuori e ci lascia un compito cui terremo fede, anche se oggi ci sentiamo un po’ più soli”. Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

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attualità

Il taser usato contro i lavoratori in sciopero Nei primi giorni di settembre alla Fortezza da Basso, a Firenze, un uomo nudo in stato di agitazione psicomotoria quindi bisognoso di assistenza è stato bloccato con l’uso del taser, ormai in dotazione alle forze di polizia. Ma non è stata la prima volta. Lo leggiamo nell’articolo che pubblichiamo La decisione presa dalla Direzione Anticrimine del dipartimento di pubblica sicurezza di iniziare a livello “sperimentale” l’uso del Taser non deve far dimenticare che quest’arma è in Italia è già stata usata. Il Taser, che è una pistola che trasmette scosse elettriche che è già in dotazione non solo nella polizia amerikana, ma anche in diverse polizie europee[1] Tutto questo in sfregio alla decisione delle Nazioni Unite del novembre 2007 che ha stabilito che i Taser sono uno strumento di tortura.[2] Non solo: negli U.S.A. e nel Canada, tra il 2001 e il 2008, 338 persone sono state uccise dalla polizia che ha usato il Taser. Su un rapporto del dicembre 2008 di Amnesty International sull’uso dei Taser negli USA, emerge che su 98 autopsie il 90% dei casi delle persone morte dopo essere state colpite con una Taser erano disarmate. Molte di esse sono state colpite più volte, e talvolta erano state già stordite da un primo colpo. E hanno il coraggio di chiamarle “armi non letali”. In Italia è stato usato dalla malavita[3] come risulta da diversi fatti di cronaca che mettono in evidenza che l’utilizzo del Taser si sta diffondendo. Che c’è un mercato clandestino di quest’arma e c’è da chiedersi chi rifornisce la malavita. Solo nel settembre 2014 è arrivato il sì all’utilizzo in via sperimentale da parte della Polizia alla pistola elettrica Taser. Lo prevede un emendamento di Gregorio Fontana (Fi) al decreto stadi approvato dalle commissioni Giustizia e affari costituzionali della Camera. Fino a quel momento questo strumento era disciplinato dalla circolare numero 559/C-652-E-97 del 10 dicembre 1997

con cui Viminale inseriva il Thomas A. Swift’s Eletronic come “arma propria”. Nella circolare si afferma che “Questi strumenti possono essere acquistati solo da chi ha una licenza di porta d’armi o il nulla osta all’acquisto, debbono essere denunziati e ne è vietato il porto in modo assoluto (arresto da 18 mesi a tre anni per i contravventori)”.[4] In questa Europa ormai asservita al Capitale multinazionale, che impone politiche di lacrime e sangue (la Grecia ne è un classico esempio e gli altri Stati si stanno avviando sulla stessa strada), che ha costituito una polizia speciale (l’Eurogendfor), comandata dalla NATO, quindi dagli Stati Uniti, nonostante operi in alcuni stati europei non tutti hanno ratificato il trattato, ha poteri illimitati.[5] Il governo italiano pensa non già a sanare le ingiustizie e a porre rimedio alla povertà, ma a dotare le forze dell’ordine di nuovi strumenti “dissuasivi” utili per fronteggiare le possibili rivolte popolari, considerate certe visto l’aggravarsi della crisi. Non è un caso che questo proposito viene alla luce contemporaneamente alle riforme (o meglio contro-riforme) nel

campo dell’occupazione che mirano a smantellare i diritti acquisiti. Perciò non deve meravigliare quello che è successo il 22 marzo 2017 allo stabilimento della Coca Cola di Nogale (esso è uno dei più grandi che c’è in Europa, 450 dipendenti). Il 28 marzo 2007 gli addetti alla “sicurezza” privata hanno sparato con i Taser contro i lavoratori che protestavano contro 14 licenziamenti. Quella del 28 marzo era stata l’ultima manifestazione di protesta che da settimane fa una pessima pubblicità al logo della bevanda planetaria. Si tratta della lotta avviata da ADL Cobas con i lavoratori della logistica interna, per lo più migranti. L’8 marzo c’era stato sciopero con dei presidi davanti ai cancelli di via Molino di Sopra;

c’è stata l’occupazione del tetto della fabbrica con i carabinieri che erano in assetto antisommossa; l’11 marzo c’era stato un corteo dalla chiesa al municipio dei 14 licenziati, 12 erano iscritti al sindacato, compresi 2 della RSU. Due manifestanti hanno avuto bisogno di cure mediche all’ospedale di Legnago. Una vicenda inquietante che è approdata in Parlamento con l’interrogazione urgente dei deputati Nicola Fratoianni, Giuseppe Paglia (Sinistra Italiana) al Ministro dell’Interno Minniti e a quello del lavoro Poletti. A Nogara la Coca Cola si può dire che ha sempre “dissetato” l’occupazione con una sorta di pace sociale mai scalfitta. Ma nel Nord Est che ha anticipato per lustri le “riforme” del governo Renzi, è esploso il conflitto. Sono un centinaio gli addetti al magazzino che da poco meno di tre anni è affidato alla multinazionale svizzera Kuhene Nagel, che appalta la logistica al Consorzio Soluzioni Globali. Non basta, perché la catena si allunga fino al Consorzio Vega. Attraverso Zetajob (una delle sigle consorziate) Vega dal 1° marzo subentra alla coop Smart

e s’innesta la miccia. Nel cambio di appalto, all’interno dell’intricata filiera che contraddistingue gli imprenditori del settore, si azzerano i diritti di chi lavora. La nuova organizzazione comporta 14 contratti a tempo indeterminato in meno anche se si sollecita l’aumento dei lavoratori stagionali. Infine, la vicenda porta alla luce degli aspetti poco noti. La multinazionale ha ottenuto dalla Regione Veneto una concessione per sfruttare tre pozzi d’acqua a Nogara pagando 13.406€ all’anno invece dei quasi 600 mila della normale tariffa.[6] Collettivo comunista metropolitano (MI)

NOTE [1] In Francia i vigili urbani francesi potranno usare il Taser. Il governo francese ha deciso ha deciso di dotare 20.000 vigili urbani di Taser con scarica elettrica da 50.000 volt, che bloccano la vittima con una paralisi momentanea. Fonte: City giovedì 25 settembre 2008 [2] Link: http://punto-informatico.it/ servizi/ps.asp?i=21264 [3] http://milano.corriere.it/milano/ notizie/cronaca/13_dicembre_24/ aggredisce-portinaio-una-pistolaelettrica-deruba-arrestato-38ennea3c33254-6ca2-11e3-90a0-d4e6580ce920.shtml http://www.ilgiorno.it/sud-milano/ cronaca/corsico-anziano-derubatoaggredito-teaser-1.1172749 http://milano.corriere.it/milano/ notizie/cronaca/13_febbraio_13/ gestore-palestra-trezzano-difesapersonale-armi-munizioni-balestrataser-2113980487670.shtml [4] http://www.rifondazzione.it/ rimapagina/?p=28504 [5] La Forza di Gendarmeria Europea (EGF): in sostanza è la futura polizia militare d’Europa. E non solo. Per capire esattamente che cos’è, leggiamone qualche passo. I compiti: “condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici” (art. 4). Il raggio d’azione: “EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche” (art. 5). La sede e la cabina di comando: “la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EU-

ROGENDFOR” (art. 3). Ricapitolando: la Gendarmeria europea assume tutte le funzioni delle normali forze dell’ordine (carabinieri e polizia), indagini e arresti compresi; la Nato, cioè gli Stati Uniti, avranno voce in capitolo nella sua gestione operativa; il nuovo corpo risponde esclusivamente a un comitato interministeriale, composto dai ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi firmatari. In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non si limitano a missioni militari, sottoposti alla supervisione di un’organizzazione sovranazionale in mano a una potenza extraeuropea cioè gli Usa, e che, come se non bastasse, è svincolata dal controllo del governo e del parlamento nazionali. Ma non è finita. L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto. Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che sarà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Come ha fatto notare il giornalista che ha scovato la notizia, una sostanza i “nostri” (si fa così per dire ovviamente) parlamentari hanno così sancito una palese espropriazione di sovranità senza aver neppure letto i 47 articoli che la attestano, ma anche che sia passata inosservata un’anomalia clamorosa. Il quartiere generale europeo è insediato a Vicenza nella caserma dei carabinieri Chinotto fin dal 2006. E a Vicenza da decenni ha sede Camp Ederle, cui si affiancherà la seconda base statunitense al Dal Molin che è una sede dell’Africom, il comando americano per il quadrante mediterraneo-africano. La deduzione è quasi ovvia: aver scelto proprio Vicenza sta a significare che questa polizia europea dipende, e alla luce del sole, dal Pentagono. Per il testo integrale del trattato di Velsen http://files.meetup. com/699381/trattato_velsen.pdf [6] http://ilmanifesto.it/coca-colausati-laser-contro-i-lavoratori-di-adlcobas.

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cina

I comunisti russi e la Cina di Xi Jinping I fatti dimostrano che da tempo il PCC si trasforma sempre più in un qualsiasi partito nazionalista borghese perdendo ogni legame ideologico con il marxismo

Fabrizio Poggi La crescita dell’economia cinese sta rallentando, scriveva qualche mese fa “Forbes”, ma per il momento non sembrano risentirne i ricconi del paese. Il patrimonio complessivo dei 400 cinesi più ricchi è di poco meno di 1.000 miliardi di dollari, di cui quasi 260 mld sono in tasca ai 10 più ricchi tra i ricchi: in testa, Hui Ka Yan, con 42,5 miliardi. Per fare un confronto, l’oligarca russo al vertice della classifica di “Forbes” è Vladimir Lisin, con 19 miliardi, mentre i 10 russi più ricchi si dividono circa 162 miliardi.

Epurati e riabilitati Il paragone Pechino-Mosca serve solo per introdurre la valutazione data da alcune organizzazioni comuniste russe sul carattere dell’attuale struttura sociale cinese. Posto che i comunisti russi ormai da tempo non hanno dubbi sul carattere di classe e oligarchico del sistema uscito dal golpe eltsiniano del 1991-1993, come vedono, le stesse organizzazioni, l’assetto cinese? Secondo “maoizm.ru”, che basa la propria analisi in larga misura sull’opera del politologo Aleksandr Popov “Sistemi e regimi politici in Cina nel XX secolo”, la restaurazione del potere borghese in Cina si è verificata negli anni 1974-1978. Il plenum del CC del luglio 1977 confermò Hua Guofeng alla carica di presidente del CC, reintegrò in tutte le funzioni Deng Xiaoping, escluse “per sempre dal partito” i membri della cosiddetta “Banda dei quattro” e tolse gli incarichi a varie decine di membri del CC o dirigenti amministrativi provinciali favorevoli a Jiang Qing, Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan e Wang Hongwen. Nelle campagne, scrive Popov, vengono riabilitati contadini ricchi e discendenti di latifondisti; si procede allo <scioglimento di comuni agricole e brigate, si torna al lavoro individuale e alla compra-vendita di terreni>, con il conseguente <emergere di proprietà terriere private piuttosto grandi, usura, ritorno del bracciantato, impoverimento e rovina di contadini medio-poveri e arricchimento di grandi contadini e speculatori>. Sul piano politico, si ridà vita a partiti che rappresentano la vecchia borghesia emigrata. Insieme alla riabilitazione di membri del Politbüro (anche deceduti, come ad esempio Peng Dehuai), migliaia di funzionari e quadri di partito e sindacali, che la Rivoluzione culturale aveva epurato quali “elementi di destra”, vengono rimessi agli stessi posti occupati in precedenza; all’Assemblea nazionale del popolo numerosi seggi vengono di nuovo assegnati a personaggi esclusi durante la Rivoluzione culturale. Su 37 ministri, presidenti di comitati statali e di dipartimenti centrali, 22 erano tra gli epurati. Al tempo stesso, escono di scena decine di sostenitori – ai vari livelli di partito, sindacati, esercito, organizzazioni femminili della “Banda dei quattro”. I cambiamenti a tutti i livelli, dalla cerchia più vicina a Mao, all’Assemblea nazionale, fino alle municipalità più piccole, continuano anche nel 1978, nonostante forti resistenze alla svolta a destra e all’introduzione di metodi capitalistici nelle aziende, con licenziamenti e aumento dei ritmi. Nelle città, eliminata la”milizia cittadina dei lavoratori industriali”, si varano le “quattro modernizzazioni”, esaltando il ruolo dei “lavoratori anziani e qualificati”, contrapposti ai “giovani” della rivoluzione culturale; si comincia a dar vita a una vera e propria aristocrazia operaia, promuovendo incentivi materiali in imprese selezionate. Si riabilita il confucianesimo e si eliminano dalla Costituzione i principi sulla “piena dittatura sulla borghesia nella sovrastruttura” e sul “mettere sempre la politica proletaria al posto di comando”.

Rappresentanza e Costituzioni La rappresentanza di operai, contadini e soldati all’Assemblea nazionale scende dal 72% della 4° (1975-1978) al 61,7% della 5° (1978-1983). Ed è proprio la V Assemblea che approva le Costituzioni del 1978 e del 1982. Quest’ultima, se conferma “la struttura socialista giuridica e statale della RPC”, ammette l’economia individuale, l’investimento di capitali personali nella produzione, l’agricoltura privata e l’affitto della terra. Gli emendamenti del 1993 permettono poi l’economia di mercato “come mezzo ausiliario per lo sviluppo

economico”. Il terzo plenum della 14° sessione dell’Assemblea nazionale, nel novembre 1993, istituzionalizza “l’economia socialista di mercato”.

Analogie e differenze La storia rivoluzionaria dell’URSS e della RPC, ricorda Sergej Khristenko sul sito del VKPB di Nina Andreeva, <ha molte somiglianze, ma anche tratti fondamentalmente diversi. Anche la Cina ha avuto il suo Berija collettivo – la “banda dei quattro” - e il suo analogo del 1937-1938 - la Grande Rivoluzione Culturale; e poi, con la morte dei grandi leader - Stalin e Mao – una progressiva (in URSS) e una repentina (nella RPC) deviazione dalla costruzione del comunismo>. Secondo il sito “flot.com”, invece, la prima fase delle riforme in Cina (1978-1984) era incentrata sull’economia pianificata, con quella di mercato come secondaria: 30% della produzione industriale (grandi imprese e industria militare) totalmente pianificata e 10% parzialmente; 30% (media e piccola industria) gestito con la cosiddetta “pianificazione indirizzata”; 20% dell’economia regolato dal mercato. La seconda fase (1984-1992) può definirsi come “accelerazione” dello smantellamento del sistema pianificato, lasciando allo stato gli indicatori macroeconomici secondo il principio che “lo stato regola il mercato e il mercato orienta l’impresa”. La terza fase (1992-1997) abbraccia pienamente l’economia di mercato, definisce i compiti di ottimizzazione della gestione aziendale e accelerazione dei ritmi di crescita. Perno della quarta fase (dal 1998), l’espansione economica estera: aumento delle esportazioni per stimolare lo sviluppo nazionale.

“Socialismo cinese” La Cina adatta il marxismo al capitalismo, scriveva due anni fa il Partito Comunista Operaio Russo (PCOR), secondo “l’invito” di Xi Jinping, in occasione del 95° anniversario del PCC, di non rinunciare al marxismo, “adattandolo alle nuove realtà”. Allora, alcuni media russi (vedi, ad esempio, il “poliedrico” e non certo comunista “Vzgljad”) sottolinearono il sofismo con cui la leadership del PCC, ricordando le parole di Mao secondo cui la Cina era entrata appena nello “stadio iniziale del socialismo”, presero a teorizzare che il paese dovesse per prima cosa raggiungere un livello di vita accettabile, dato che per il socialismo sarebbero stati necessari altri 70-100 anni. Per il momento <si proponeva al popolo di realizzare un buon livello di vita con metodi capitalistici; nasceva così l’idea del “socialismo cinese”, che tace su lotta di classe o plusvalore e in compenso fa perno su uno strano concetto quale il “mercato socialista”>. Una quindicina di anni fa, Jiang Zemin, in continuità con Deng, chiedeva che il partito cominciasse a “rappresentare le pretese di sviluppo delle forze produttive più avanzate”, una formulazione, osserva il PCOR, che significava l’invito rivolto agli imprenditori a entrare nel Partito, anche se,

di fatto, vi si erano intrufolati da tempo, intuendo come quella fosse la strada più breve per accedere agli ordinativi di stato. Da allora, insieme a crolli di borsa per i più ricchi e indebitamenti paurosi per la cosiddetta classe media, si sono raggiunti livelli mai visti di disparità sociale. Secondo l’OSCE, nel 2016 il 10% dei cinesi più ricchi aveva redditi di 9,6 volte maggiori del 10% più povero e ora si contano nel paese 2,4 milioni di milionari, mentre decine di milioni di cinesi vivono con 1 dollaro al giorno. In tali condizioni, notava ancora “Vzgljad”, è comprensibile che Xi Jinping prenda in certo qual modo le distanze dallo slogan su “l’adeguamento della teoria marxista”. E tuttavia, la leadership cinese non può tornare al marxismo classico: <élite di partito e borghesia si sono talmente amalgamati, che sono terrorizzati da una fantomatica “deviazione di sinistra”, in cui scorgono gli “orrori” dell’espropriazione>. Così, i vertici del partito cercano di spaventare i cinesi, identificando il socialismo con la rivoluzione culturale e chiunque manifesti nostalgie dell’epoca passata rischia di venir etichettato come “Guardia rossa” e “deviazionista di sinistra”. Proprio con tale accusa, nel 2013 è stato condannato all’ergastolo (ma, ufficialmente, per corruzione) uno dei più importanti funzionari del PCC, Bo Xilai.

Proteste Ancora Sergej Khistenko osserva che, nonostante il vertice del PCC, nella valutazione dell’opera di Mao, si attenga alla vecchia formulazione del “70% di risultati positivi e 30% negativi”, tra le masse si levano sempre più spesso proteste contro quei funzionari o personaggi pubblici che si permettono di accusare Mao di “aver fatto soffrire” i cinesi. Si vedono sempre più spesso manifesti con “Chi è contro Mao è un nemico del popolo”. Sulla

base di materiali giornalistici, Khristenko ricorda che quantunque <non vi sia oggi in Cina una particolare romanticizzazione dell’epoca della Rivoluzione culturale, economisti e storici stanno tuttavia da tempo rivedendo quel periodo>, notando come il <notevole sviluppo economico, in particolare delle infrastrutture, avutosi dall’inizio degli anni ‘70, abbia gettato le basi per le successive riforme>.

Strumentalizzazioni A livello di massa, l’odierno catastrofico divario tra ricchi e poveri e il grosso numero di miliardari in un paese “formalmente socialista”, viene contrapposto al periodo maoista di “ordine e giustizia sociale”. Lo stesso Xi cita spesso il nome di Mao e, contro la corruzione nel partito e nell’apparato statale, ripete che non è un buon membro del partito chi non crede che il comunismo sarà realizzato; solo, dice, in un futuro “molto, molto” lontano. Per ora, nota Khristenko, si va <avanti sulla strada del capitalismo, utilizzando una retorica di sinistra, che appare utile a Xi per accattivarsi le simpatie da più versanti>, in vista della probabile riconferma al terzo mandato presidenziale. In questo quadro, conclude il PCOR, se la retorica marxista del “compagno” Xi è ambigua e cauta, parla però in modo diverso degli interessi nazionali della Cina. A proposito del confronto Washington-Pechino e della crisi di UE e USA, Xi ribadisce che messa di fronte all’alleanza Cina-Russia, la NATO sarebbe impotente: la Cina <non sacrificherà mai i propri interessi fondamentali, la sicurezza e la sovranità>. Queste frasi di Xi, <di carattere puramente conservatore e borghese>, dimostrano che <da tempo il PCC ha perso e perde sempre più ogni legame ideologico con il marxismo, trasformandosi sempre più in un qualsiasi partito nazionalista borghese>.

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rassegna stampa

Notizie in breve dal mondo ottobre 2018 minazione, la persecuzione dei migranti e i tagli sociali, con la parola d’ordine “Per una società aperta e libera: solidarietà invece che esclusione”. La protesta è iniziata in Alexanderplatz per poi concludersi alla Porta di Brandeburgo.

USA, Washington 2 ottobre

L’ambasciatrice USA alla NATO, Kay Bailey Hutchinson, ha dichiarato oggi che la Russia deve fermare lo sviluppo di un presunto sistema di missili da crociera che violerebbe il trattato sui Missili a medio e corto Raggio (INF in inglese), oppure Washington cercherà di distruggerlo prima che sia operativo, come riportato dall’agenzia Reuter. “In questo momento stiamo contemplando la possibilità di distruggere un missile che potrebbe colpire ognuno dei nostri paesi”. E ancora “Le contromisure sarebbero eliminare i missili che la Russia sta sviluppando in violazione del trattato” ha aggiunto. Lo scorso giugno, invece, il vice-ministro degli Esteri russo Sergiey Riabkov aveva affermato che “gli statunitensi stanno realizzando attività che non si possono chiamare in altro modo che una preparazione a violare in Trattato INF”.

Caracas, Venezuela 16 ottobre

Nel quadro della tappa del programma di Recupero e Crescita Economica, il vice presidente dell’Area Economica Tarek El Aissami comunica oggi che il Venezuela ha deciso di privilegiare l’uso dell’euro, dello yuan e di altre monete convertibili, eliminando quello del dollaro. Il funzionario ha spiegato che le più recenti sanzioni del governo USA contro il paese “bloccano la possibilità di continuare le transazioni sul mercato cambiario venezuelano del dollaro”.

New York, USA 16 ottobre

Olanda, L’Aia 3 ottobre

La Corte Internazionale di Giustizia (conosciuta anche come Tribunale dell’Aia, principale organo giudiziario delle Nazioni Unite) ha ordinato agli USA di annullare le sanzioni contro l’Iran, messe in vigore da Washington al momento del suo ritiro dall’accordo nucleare firmato nel 2005. Secondo il giudice presidente del tribunale, “l’acquisizione di materiale medico, medicinali e beni relazionati alla sicurezza della popolazione civile” da parte dell’Iran sono diritti coperti dal trattato di Amicizia, Relazioni Economiche e Diritti Consolari firmato da Iran e USA nel 1955. La Corte è il massimo organo dell’ONU riguardo alle dispute tra i paesi membri. Le sue decisioni sono vincolanti anche se esso non dispone del potere di obbligare gli Stati membri a rispettarle. Il Tribunale è stato fortemente attaccato da Donald Trump nel suo ultimo discorso alle Nazioni Unite. Il governo statunitense intende invece imporre altre sanzioni contro l’Iran per limitare il suo diritto ad esportare petrolio: tali sanzioni potrebbero entrare in vigore il prossimo 4 novembre.

Caracas, Venezuela 3 ottobre

La vice-presidente della Repubblica Bolivariana, Delcy Rodrìguez, comunica che il Venezuela donerà 10 milioni di dollari all’Indonesia a favore delle vittime del terremoto di magnitudine 7,5 e dello tsunami che hanno colpito l’isola indonesiana di Celebes pochi giorni fa. Il denaro proviene dal Fondo di Solidarietà del governo bolivariano. Fino ad ora il numero delle vittime è di 1.407 morti.

Francia 4 ottobre

In tutte le maggiori città francesi i pensionati sono scesi in piazza contro il governo Macron per denunciare la degradazione del loro livello di vita a causa delle politiche neoliberiste. Il rialzo delle tasse e la riduzione dei servizi minacciano le pensioni di vecchiaia. Nel 2018 i pensionati hanno perso, in media, circa 560 euro di potere d’acquisto ed un milione di loro vive con una pensione inferiore a 1.000 euro mensili. Le più colpite sono le donne: il 44,6 di loro percepisce la pensione minima. Un gruppo di 39 deputati della maggioranza governativa ha chiesto che il governo faccia un gesto verso i 14 milioni di pensionati esistenti in Francia.

New York, USA 10 ottobre

Le perdite economiche provocate direttamente dal cambio climatico sono aumentate del 151% negli ultimi 20 anni: lo afferma un rapporto dell’Ufficio ONU per la Riduzione dei Disastri uscito oggi, che ipotizza maggiori danni nel futuro se non verranno prese misure urgenti e coordinate. Secondo tale rapporto le perdite ascendono a 2,24 bilioni di dollari, circa 2 volte e mezza in più rispetto al periodo precedente (1978-1997). Il rapporto segnala inoltre che sono le persone più vulnerabili dei paesi poveri a soffrire in modo sproporzionato a causa dei disastri ambientali. Sempre questa settimana la tavola Intergovernativa sul Cambio Climatico (IPCC) segnala in un rapporto l’urgenza di misure decisive e “senza precedenti” a livello internazionale per limitare il riscaldamento globale a 1.5 gradi in modo da evitare “danni irreparabili”. Negli ultimi 20 anni 1,3 milioni di persone hanno perso la vita a causa di disastri “naturali”, 4.400 milioni sono state ferite, sono rimaste senza tetto, hanno dovuto sfollare o richiedere aiuti urgenti.

Striscia di Gaza, Palestina 12 ottobre

Oggi, nel quadro delle giornate di protesta della Marcia per il Ritorno, almeno altri 6 civili palestinesi sono stati assassinati dall’esercito di Israele nella Striscia di Gazaaza, secondo il Ministero della Sanità di Gaza. La serie di manifestazioni che si svolgono ogni venerdì a partire dal 30 marzo scorso hanno visto l’assassinio da parte di Israele – che continua a rispondere con pallottole al lancio di pietre - di più di 200 palestinesi.

New York, USA 13 ottobre

L’ex presidente della Polinesia Francese, Oscar Temaru, ha annunciato durante una riunione della commissione ONU sulla decolonizzazione, di aver presentato una denuncia contro la Francia alla Corte Penale Internazionale per i tests nucleari eseguiti nel Pacifico del sud durante il secolo XX. In gennaio il Ministero della Salute della Polinesia francese aveva pubblicato i numeri delle persone danneggia-

te da tali test: a circa 9.500 persone è stato diagnosicato il cancro negli ultimi 15 anni. Studi precedenti avevano stabilito una “relazione statistica significativa” tra i tassi di cancro tiroideo e l’esposizione alla pioggia radioattiva frutto dei tests nucleari francesi effettuati nel secolo scorso. “Con gran senso del dovere e determinazione, il 2 ottobre abbiamo presentato una denuncia davanti alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità”, aggiungendo che le prove furono imposte agli isolani “con la minaccia esplicita di imporre un governo militare se le avessimo rifiutate”. E ha aggiunto che “i test nucleari francesi non sono altro che il risultato diretto della colonizzazione”. Tra il 1960 e il 1966 nella Polinesia francese vennero realizzate 193 tests nucleari a cui parteciparono 150.000 tra militari e civili. Nel 1968 la Francia effettuò la sua prima prova termonucleare a tappe multiple - con un potere esplosivo superiore di 200 volte quello della bomba di Hiroshima - nell’atollo di Fangataufa. Le prove causarono 368 casi di pioggia radioattiva e, secondo associazioni locali, i rifiuti radioattivi sono stati sversati nell’oceano in violazione delle norme internazionali. Nel 1966 il presidente Jacques Chirac mise fine al programma. La Francia ha sempre negato qualsiasi responsabilità ma, nel 2013, documenti declassificati rivelarono che, ad esempio, la popolare isola di Tahiti era stata esposta a livelli di radiazioni 500 volte superiori al massimo consentito.

Berlino, Germania 14 ottobre

Più di centomila persone, secondo dati della Polizia, e 240.000 secondo le organizzazioni che hanno convocato la marcia, hanno manifestato oggi nel centro della città contro il razzismo, la discri-

memoria

Ottobre Boliviano Il giorno 9 del 1967, in località la Higuera, agenti della CIA e soldati boliviani assassinano Ernesto Che Guevara. Ignorano le ripercussioni che avrà nel mondo il suo assassinio e il fatto che decine di migliaia di persone appartenenti alle generazioni future vedranno d’ora in poi nel “comandante eroico” un esempio di vita e di lotta. Hanno voluto ucciderlo e l’hanno reso immortale. Il giorno 17 del 2003 si accendono migliaia di fuochi nei quartieri poveri di El Alto e di La Paz; il popolo in armi è mobilitato dal giorno 8 e la sera Gonzalo Sànchez de Lozada, il presidente, fugge dal paese. Il sistema dei partiti tradizionali, gli agenti del neoliberismo, gli interessi dell’imperialismo e l’oligarchia che aveva distrutto il paese nei precedenti 20 anni vengono spazzati via. Si apre così – con l’Agenda di Ottobre, un programma strategico destinato a smontare il potere economico e politico delle oligarchie e dell’imperialismo - un nuovo processo storico, che continua ancor oggi. Il giorno 24 del 2018 muore a Vallegrande Susana Osinaga, l’infermiera che lavò e compose il corpo del Che Guevara appena assassinato nella lavanderia dell’ospedale Signore di Malta.

nuova unità 6/2018

L’ONU avverte che più di 13 milioni di persone corrono il rischio di morire di fame in Yemen, come conseguenza della crisi alimentare che il paese affronta dopo tre annni di conflitto armato. La coordinatrice umanitaria dell’ONU in Yemen, Lisa Grande - definendo quella dello Yemen “la peggiore carestia mai vista nel mondo in 100 anni” - ha affermato che se l’Arabia Saudita non cessa i bombardamenti e non toglie il blocco economico al paese, più del 50% della popolazione civile - circa 26,5 milioni di persone - “sparirà” per la mancanza di cibo. La guerra in Yemen ha fato finora 11.000 morti e più di 23.000 feriti. La crisi umanitaria nel paese si è aggravata da quando, alla guerra civile in atto, si sono aggiunti i costanti bombardamenti della coalizione saudita e dei suoi alleati occidentali, primi fra tutti gli USA e l’Inghilterra.

Londra, Inghilterra 16 ottobre

Il giornale The Guardian rivela che per 37 anni 24 ufficiali di polizia si sono infiltrati nel Partito Socialista dei Lavoratori (SWP la sigla in inglese) tra gli anni 1970 e il 2007. Sempre secondo il quotidiano, dal 1968 sono stati 124 i gruppi infiltrati dalla polizia; a fronte di questi numeri, i gruppi di estrema destra infiltrati sono stati solo 3: il Partito Nazionale Britannico, Combate 18 e l’Alleanza Unita Britannica. La campagna politica più “spiata” dall’interno fu quella contro la guerra in Vietnam, tra il 1968 e il 1972.

Ottawa, Canada 17 ottobre

Oggi il governo ha pubblicato la regolamentazione che proibisce l’amianto e i prodotti che lo contengono. La regolamentazione, che entrerà in vigore entro 90 giorni, esclude gli 800 milioni di tonnellate di residui minerari della provincia del Québec, che contengono circa il 40% di amianto e progetta di utilizzarli ad uso commerciale per estrarne, ad esempio, magnesio.

Londra, Inghilterra 18 ottobre

Secondo quanto scrive oggi il quotidiano The Guardian, il Pentagono sta investendo grandi somme di denaro in tecnologie che intensificheranno le guerre. “Con l’adozione degli ultimi strumenti che l’industria tecnologica offre, l’esercito degli Stati Uniti sta creando una forma più automatizzata di guerra, una forma che aumenterà enormemente la sua capacità di fare la guerra in qualsiasi luogo e per sempre”. “Il Ministero della Difesa chiuderà la gara di uno dei maggiori contrati di tecnologia della sua storia: la infrastruttura Congiunta di Difesa (Jedi in inglese): Jedi è un ambizioso progetto per costruire un sistema informatico al servizio delle forze statunitensi in tutto il mondo, che va dagli analisti di un ufficio in Virginia ai soldati di pattuglia in Niger. Il contrato ha un valore di circa 10.000 milioni di dollari in 10 anni, per cui le grandi società che producono tecnologia stanno lottando per ottenerlo”. Il Progetto Jedi ha come obiettivo il militarizzare la cosiddetta “int elligenza artificiale”, che il Ministero della Difesa chiama “guerra algoritmica”. Finora la “intelligenza artificiale” del Pentagono è stata applicata alle armi autonome, come i robot assassini del tipo Terminator, che possono uccidere la popolazione senza alcun intervento umano.

Ankara, Turchia 19 ottobre

Secondo il quotidiano turco Yeni Safak, vicino al primo ministro Erdogan, uno dei sospetti dell’assassinio del giornalista saudita Jemal Khashoggi - l’ufficiale dell’aviazione saudita Mashal Saad alBostani - ha perso la vita in un presunto incidente automobilistico. Al-Bostani faceva parte del commando di 15 uomini inviato a Istanbul dall’Arabia Saudita e rimase meno di 24 ore in Turchia con la missione di assassinare Khashoggi.

Buenos Aires, Argentina 24 ottobre

Migliaia di persone hanno partecipato oggi alla mobilitazione convocata da sindacati e organizzaioni della società civile contro il progetto di Bilancio 2018-19 che il governo ha elaborato secondo i dettami del Fondo Monetario Internazionale, il cui Esecutivo si riunirà tra due giorni per definire l’approvazione del piano di salvataggio chiesto dal presidente Macri per uscire dalla crisi. Fuori dall’edificio del Congresso la polizia ha schierato, oltre che agenti, carri e idranti.

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lettere

La rubrica delle lettere è un punto fisso di quasi tutti i giornali. Noi chiediamo che in questa rubrica siano presenti le vostre lettere, anche quelle che spediteai vari quotidiani e rivisteche non vengono pubblicate. Il sommerso a volte

è molto indicativo

Mustillo in polemica con i fascisti dimentica Togliatti Ho letto su Resistenze.org un articolo pubblicato dal giornale on line la Riscossa del PC a firma di Alessandro Mustillo dal titolo “La retorica della solidarietà nazionale sarà sempre nemica dei lavoratori”. È in polemica con un articolo a firma di Adriano Scianca, responsabile cultura di Casapound e collaboratore del quotidiano fascista “La Verità” diretto e fondato da Belpietro, dal titolo “Di fronte alla prima guerra mondiale la sinistra smise di capire il popolo”. Una scelta, secondo me, alquanto discutibile visto la diversa platea dei lettori (almeno si spera), e asseconda l’idea che i fascisti possano ancora parlare della nostra storia e che i comunisti possano e debbano dialogare, anche polemicamente con loro. Lasciamo a Mustillo e agli iscritti e militanti del Pc guidati da Marco Rizzo simili scelte. Quello che mi interessa qui mettere maggiormente in evidenza è una grave “distrazione” di Mustillo che, dopo una puntuale e corretta ricostruzione storico-politica, scrive: … È per la stessa ragione che ieri come oggi, la retorica dell’unità nazionale, dei supremi interessi della nazione, della patria borghese è nemica dei lavoratori e deve essere rispedita al mittente. Ogni grande sconfitta della sinistra è stata accompagnata dal cedimento di fronte alla visione di interessi comuni tra capitalisti e lavoratori, quale ne sia la giustificazione. Lo fu durante la prima guerra mondiale quando i socialdemocratici accettarono di entrare in guerra per conto dei propri Paesi; lo è stato nel dopoguerra quando all’apice del conflitto sociale il PCI berlingueriano teorizzò l’idea del compromesso storico e della politica di solidarietà nazionale, al posto di dare il colpo al governo della DC attirando a sé anche la forza del movimento giovanile... Ma Mustillo non ricorda, o non vuole ricordare, il ruolo nefasto che ebbe Palmiro Togliatti nelle fasi conclusive della lotta partigiana a partire dalla svolta di Salerno, l’amnistia ai fascisti e il disarmo delle forze partigiane, fino alla firma del concordato preparando quello che successivamente portò al compromesso storico. Un salto di qualche anno che lascia qualche perplessità circa questo giovane di età che sembra però già avvezzo a nascondere la verità e fare giochini politici. Alle distrazioni dei politicanti ci siamo abituati in molti anni di militanza politica e ogni volta si nascondeva il tradimento dei principi marxisti-leninisti e della classe operaia per fini personali o elettoralistici. R.P. Firenze

Riprendere il marxismo leninismo e un programma minimo Cara “nuova unità”, certo Matteo Salvini sa comunicare. Salvini sta sul territorio, ma il successo della Lega deriva dal fatto che la stragrande maggioranza della popolazione, purtroppo, condivide quello che dice! Perché? Un tempo si diceva: non c’è piùù religione. Oggi io direi che non c’è più ideologia comunista marxista leninista. Aver abbandonato, aver tradito, averritenuto vecchie le analisi e le categorie marxiste leniniste ha determinato il qualunquismo, l’egoismo e l’ignoranza della stragrande maggioranza della popolazione italiana e non solo. Quindi il successo della Lega di Salvini. “Chiudiamo le frontiere, rispediamo a casa 600mila immigrati clandestini, prima glli italiani” sono slogan semplici e chiari che la popolazione, in questo disodine percepito o reale, di fronte a questa povertà reale crescente, non può non fare propri. Ma proprio perché la “sinistra” ha rinnegato le categorie economiche e sociali marxiste leniniste! Se tornasse a spiegare il fenomeno delle emigrazioni dei popoli, a spegare e denunciare la causa delle crisi economiche e delle guerre che investono il mondo; se tornasse a darsi un programma minimo comunista rispondente ai bisogni dei disoccupati, dei poveri, dei lavoratori proletari, dei giovani precari, dei senza casa e dei pensionati poveri il nazifascista Salvini non avrebbe tutto questo consenso. Salvini dice di non esserlo, Massimo Cacciari, un responsabile di tutto questo sfascio della sinistra comunista, sorride all’accusa che si fa a Salvini e minimizza la grave situazione. Ma, caro Cacciari, spesso la forza delle cose trascina le persone a fare quello che non avrebbero mai pensato di fare, e xenofobi, razzisti, fascisti, egoisti e ignoranti (sono tanti gli ignoranti anche in casa nostra, ma gli ignoranti comunisti sono buoni, gli ignoranti fascisti, cattivi. Come tra gli ubriachi c’è chi ha il vino buono e chi quello cattivo) lo faranno diventare un leader nazifascista e gli faranno fare delle cose che quando era nei “comunisti-padani” mai avrebbe pensato di fare. Ideologia, quindi, nel senso positivo del termine. Bisogna tornare all’ideologia marxista leninista per riuscire a caspire e a spiegare ciò che accade nel mondo perché fine a che esisterà il capitalismo, l’ideologia marxista leninista è l’unica analisi reale e moderna. Ideologia marxista leninista e programma minimo comunista sono gli strumenti per sconfiggere la Lega di Salvini e il nazifascismo in Italia e in Europa. Carlo Rivolta Savona

Quando si dice fascismo... Ancora una volta, un sindaco della destra radicale inciampa pesantemente sulla questione dell’antifascismo: evidentemente il tema in questione interessa loro soltanto quando si tratta di repingere le accuse di collusione con i nipotini del Puzzone, ma alla prova dei fatti se ne fregano. Ad aprile scorso era toccato a Marco Bucci, primo cittadino genovese; aveva inviato il consigliere fascista Alberto Campanella alla commemorazione dei caduti repubblichini al cimitero di Staglieno: lo aveva munito di fascia tricolore, come si usa quando si è delegati dalla massima autorità comunale. Domenica 7 ottobre è stata la volta della sindaco di Savona - la formalmente indipendente, in realtà legata mani e piedi ai nazisti della Lega Nord, Ilaria Caprioglio - dimostrare la sua fede politica partecipando di persona all’inaugurazione di un cippo dedicato ai caduti delle forze armate, nel corso della seconda guerra mondiale, tra i quali fa mostra di sé la scritta “camicie nere”. Le milizie fasciste, che qui vengono omaggiate come se fossero degli eroi alla stregua degli altri commemorati, non erano nemmeno forze armate, essendo semplicemente bande di delinquenti usi alle peggiori attività terroristiche: questa loro presenza non è solo un insulto ad una città medaglia d’oro della Resistenza, ma è anche una palese deformazione della verità storica. Stefano Ghio Alessandria/Genova

Carabinieri, esercito e agli altri corpi di polizia sono i fedeli cani da guardia del potere Dopo le ultime rivelazioni sul brutale pestaggio che causò la morte di Cucchi, abbiamo potuto sentire le dichiarazioni della sorella Ilaria intervistata in diversi programmi televisivi. Personalmente ho avuto l’occasione di seguire l’intervista fatta da Bianca Berlinguer a Ilaria Cucchi: le dichiarazioni di quest’ultima mi hanno lasciato sconcertato. Sicuramente Ilaria va elogiata ed ammirata per la tenacia e la forza che ha dimostrato nel voler ricercare la verità sull’assassinio di suo fratello, ma le sue affermazioni di fiducia nell’Arma dei Carabinieri mi sembrano le conclusioni opposte a quanto il caso di suo fratello, insieme a tanti casi simili più o meno, recenti hanno dimostrato. L’arma dei Carabinieri ha praticato abitualmente soprusi, percosse, e prepotenze varie, con l’arroganza di chi si ritiene intoccabile, al di sopra delle stesse leggi borghesi, coperto dai suoi stessi vertici e dagli altri apparati dello Stato. È comunemente noto che si fa il carabiniere solo se esenti da idee, amicizie e parentele anche vagamente di sinistra, per non parlare di comuniste. È usuale la simpatia di molti agenti dell’Arma con il fascismo. Nelle manifestazioni di piazza fascisti e carabinieri, insieme alla polizia fanno fronte comune. Dovremmo forse avere fiducia nei carabinieri? L’apparato statale esistente è la sovrastruttura del potere economico della borghesia, ha lo scopo di difenderne gli interessi anche a dispetto di alcune leggi che solo formalmente garantiscono le masse popolari. E i Carabinieri insieme all’esercito e agli altri corpi di polizia sono i fedeli cani da guardia del potere. Orlando Simoncini Catelfiorentino

Offensive senza precedenti La dittatura del capitale nel nostro paese rivela proprio in questi giorni alcuni dei suoi aspetti più ripugnanti con una serie di attacchi reazionari ai più elementari diritti. Si è scatenata un’offensiva senza precedenti contro i diritti delle donne. A Verona il consiglio comunale, col voto favorevole della capogruppo del PD, approva una mozione che condanna i diritti delle donne a decidere sulla propria maternità, chiedendo l’eliminazione della legge sull’aborto. Subito dopo papa Francesco, che tanti idioti ‘’di sinistra’’ hanno detto di considerare un loro ‘’punto di riferimento’’, lancia un attacco forsennato contro gli stessi diritti, affermando che una donna che decide di abortire è uguale a chi assolda un killer per uccidere una persona! In questo fosco panorama non poteva mancare un presidente del consiglio che va in giro con l’immagine di padre Pio! Dulcis in fundo, il ministro dell’educazione (?) Bussetti annuncia che bisogna cancellare l’esame di storia dalle prove di maturità. Dal momento che la storia più recente dell’umanità è una storia di crimini dell’imperialismo contro l’umanità, la cosa migliore sarebbe un colpo di spugna che cancella tutto, la cosa migliore è ‘’coltivare’’ masse di ignoranti come quelli che negli anni ‘30 correvano ad applaudire i discorsi del duce. Tutto si collega in questo infame disegno che vorrebbe riportarci indietro, addirittura a prima della Rivoluzione francese. La borghesia imperialista, per tutelare i suoi interessi di classe, è disposta anche a calpestare quei ‘’valori’’ che affermava ipocritamente di difendere. Aldo Calcidese Milano

nuova unità Rivista comunista di politica e cultura (nuova serie) anno XXVII n. 6/2018 - Reg, Tribunale di Firenze nr. 4231 del 22/06/1992 Redazione: via R. Giuliani, 160r - 50141 Firenze - tel. 0554252129 e-mail nuovaunita.firenze@tin.it redazione@nuovaunita.info www.nuovaunità.info Direttore Responsabile: Carla Francone Hanno collaborato a questo numero: Michele Michelino, Luciano Orio, Fabrizio Poggi, Daniela Trollio abbonamento annuo Italia euro 26,00 abbonamento annuo sostenitore euro 104,00 abbonamento Europa euro 42,00 abbonamento altri paesi euro 93,00 arretrato euro 5,20

I versamenti vanno effettuati sul c/c postale nr. 1031575507 intestato a: nuova unità - Firenze

Chiuso in redazione: 10/10/2018

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