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Colore degli occhi: affare complesso

Uno studio internazionale pubblicato su Science Advances identifica nuovi geni coinvolti nella determinazione del tratto somatico

di Elisabetta Gramolini

Mamma dagli occhi blu, papà con gli occhi marroni. Di che colore avrà gli occhi il figlio? Uno studio internazionale spiega quanto sia complessa dal punto di vista genetico la determinazione di questo particolare tratto somatico. La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances nel mese di marzo, ha coinvolto un esteso campione di 192.986 individui europei, provenienti da dieci popolazioni differenti, ed ha permesso ai genetisti di individuare 124 associazioni indipendenti, di cui 61 diverse regioni genomiche, incluse 50 finora sconosciute, che contribuiscono al tratto somatico. La scoperta rimette in gioco, in poche parole, le convinzioni del passato, quelle del pensiero “Mendeliano”, nonché gli studi precedenti, che ritenevano come la variazione del colore degli occhi fosse determinata da uno solo o da pochi geni che rendevano il colore marrone degli occhi “dominante” su quello azzurro. I risultati dimostrano invece come il colore degli occhi sia un tratto multifattoriale e poligenico. Al team di ricercatori provenienti da vari centri degli Stati Uniti, della Cina o dell’Australia, hanno partecipato anche l’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” e l’Università degli studi di Trieste.

Il gruppo di genetica medica dell’Istituto triestino ha fornito dati genetici di oltre duemila soggetti, provenienti da isolati genetici, ovvero piccoli paesi isolati geograficamente, caratterizzati da una omogeneità ambientale e genetica. In questo modo, l’identificazione di tratti multifattoriali, come in questo caso il colore degli occhi, è risultata più semplice.

«Dal nostro studio – spiega Giorgia Girotto, genetista presso il laboratorio di Genetica Medica del Burlo Garofolo e ricercatrice presso il dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche e della Salute dell’Università di Trieste – emerge che il colore degli occhi risulta essere un tratto poligenico e multifattoriale. Il colore degli occhi è determinato da geni già noti coinvolti nella pigmentazione della melanina e nella struttura e morfologia dell’iride, oltre che da fattori ambientali quali la latitudine e l’area geografica

© varuna /s hutterstoc k. com

dalla quale si proviene. L’osservazione ha permesso di capire la natura delle numerose sfumature che possono caratterizzare i nostri occhi: il colore si rivela essere un tratto poligenico, determinato dall’interazione di più geni. Alcuni di questi sono maggiormente coinvolti, come il gene OCA2 che controlla la sintesi della melanina e il gene HERC2, implicato nella pigmentazione, ma non sono gli unici».

Ma i risultati non si sono limitati all’Europa. «La peculiarità di questo studio – commenta l’autrice - è che sono state analizzate popolazioni europee per una prima identificazione dei geni coinnvolti ed è poi stata fatta una replica in popolazioni totalmente indipendenti (coorti asiatiche)».

I ricercatori, quindi, oltre al genoma dei soggetti europei, hanno analizzato anche quello di 1.636 soggetti asiatici di due popolazioni diverse (i cinesi Han e gli indiani provenienti da Singapore). Nonostante le differenze etniche importanti, la variazione di pigmentazione dell’iride è risultata avere basi genetiche molto simili tra soggetti europei ed asiatici. Insieme, i risultati spiegano il 53,3% della variazione del colore degli occhi. «I soggetti della coorte asiatica – osserva la genetista - sono stati usati come replica. La prima coorte è stata invece usata come discovery, ovvero come coorte per l’identificazione dei geni. Successivamente abbiamo cercato di vedere se i geni venivano confermati in un gruppo etnico completamente indipendente».

La ricerca ribadisce ciò che la scienza dice da tempo: non è vero che popolazioni così lontane siano differenti. «Tutt’altro – sottolinea la dottoressa Girotto – dal punto di vista genetico lo studio confuta le varie affermazioni razziste. Siamo in realtà molto simili. Addirittura alle volte le persone che sul piano fenotipico sembrano distanti, su quello genetico non lo sono. Esistono – precisa - le etnie non le razze».

La conoscenza genetica dei principali tratti fenotipici può aprire a varie strade. La prima è quella che porta allo studio di nuove terapie per patologie oculari di cui conosciamo o ipotizziamo la causa genetica. «Tutti questi geni – precisa la ricercatrice dell’Università di Trieste – sono particolarmente interessanti perché miglioreranno la comprensione di molte malattie che sappiamo essere associate a specifici livelli di pigmentazione dell’iride, come ad esempio il glaucoma pigmentario e l’albinismo oculare. Saranno fondamentali gli studi futuri che permetteranno di chiarire determinati aspetti patologici legati ad alcune malattie».

La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances nel mese di marzo, ha coinvolto un esteso campione di 192.986 individui europei, provenienti da dieci popolazioni differenti.

La mappatura dei geni

Apartire dal 2008, hanno preso avvio i cosiddetti Genome-wide association study (Gwas). Si tratta di un approccio usato nella ricerca genetica per associare le variazioni specifiche ad alcune malattie particolari. Il metodo consiste nella scansione dei genomi di differenti popolazioni e nella osservazione di marker genetici che possono essere usati per predirre la presenza di una malattia. Una volta identificati, questi marcatori genetici possono essere utilizzati per capire come i geni contribuiscono alla malattia e sviluppare migliori strategie di prevenzione e trattamento.

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