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Lo sviluppo sostenibile parte dalla cucina

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Riducendo lo spreco alimentare domestico, nel 2020 gli italiani hanno risparmiato acqua più dell’intero Lago Trasimeno, 688 milioni di metri cubi Lo riporta la campagna “Spreco zero”

Nei primi versi del quinto libro sulla guerra punica il poeta Silio Italico narra la triste storia d’amore tra la ninfa Agylle e il giovane Trasimeno, figlio del re Tirreno, che morendo tra le acque darà il proprio nome al lago. Molti secoli dopo, nel 2020, secondo la campagna “Spreco Zero” gli Italiani hanno ricompensato quello specchio d’acqua umbro “salvandone” potenzialmente ben 12/10 del suo bacino idrico. Il calo dello sperpero alimentare domestico pro capite lo scorso anno, passato da 600g (2019) a 529,3g (2020) sulla base del Rapporto 2021 dell’Osservatorio Waste Watcher International (Last Minute Market/ DISTAL Unibo su rilevazioni Ipsos), ha prodotto una riduzione di consumo idrico virtuale di ben 11.400 litri a testa, «che corrispondono - spiega il ricercatore e docente Luca Falasconi, curatore scientifico del Rapporto Waste Watcher “Il caso Italia 2021” - a 688.104.000 metri cubi d’acqua, ovvero 0,688 km cubi. Il lago Trasimeno si estende per una portata idrica di 0,586 Km cubi che siamo riusciti a portare in salvo semplicemente aumentando la nostra attenzione nella fruizione del cibo a casa, dall’acquisto alla gestione degli alimenti». Per capire l’importanza di questi dati, si potrebbe ricorrere pure ad un altro esempio: le piscine olimpioniche. Sarebbero 275.241,6, considerando che ciascuna, tarata per la competizione olimpica, profondità due metri, contiene 2.500.000 litri d’acqua.

«Riflettere intorno all’acqua - afferma Andrea Segrè, professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata presso l’Università di Bologna, nonché fondatore della campagna “Spreco Zero” - è un’ottima occasione per sviluppare una nuova coscienza, una vera “intelligenza ecologica”: questo perché la gestione della risorsa idrica coinvolge simultaneamente la società civile, gli amministratori, gli imprenditori e gli stakeholders. L’acqua è essenziale per gli usi alimentari, dalla produzione alla fruizione, ma anche ai fini della produzione energetica. Un tema che si proietta sulla nostra dieta quotidiana, quindi sulle nostre scelte quotidiane rispetto al cibo».

L’Italia durante i mesi segnati dalla pandemia ha creduto nello sviluppo sostenibile, mettendolo in atto già a partire dalla cucina: nel 2020 sono finiti nella spazzatura 27 kg di cibo a testa (529 grammi a settimana), quindi l’11,78% in meno (3,6 kg) rispetto al 2019. Questo significa che 222.125 tonnellate sono state “salvaguardate” dallo sperpero con un risparmio di sei euro a persona, 376 milioni di euro a livello nazionale in un anno. Vale sei miliardi e 403 milioni, invece, lo spreco alimentare domestico nazionale e sfiora il costo di dieci miliardi l’intera filiera, sommando le perdite in campo, nel commercio e nella distribuzione che ammontano a 3.284.280.114. In peso, significa che nel 2020 abbiamo gettato via 1.661.107 tonnellate di cibo in casa e 3.624.973 tonnellate se si includono le perdite e le disper-

sioni di filiera. Come mai tanti errori proprio in casa? Ci dimentichiamo specialmente di alimenti vicini alla data di scadenza, che si deteriorano (46%), ma, talvolta, la frutta e verdura acquistate sono già sull’orlo della deperibilità (42%) o i cibi venduti erano già vecchi (31%). Si ammette anche, tuttavia, di comprare troppo (29%) e di aver calcolato male il cibo che serviva (28%).

Alla spesa prevalentemente sono dedicate una o due uscite alla settimana: lo dichiarano sette Italiani su dieci (il 69% degli intervistati) e c’è una chiara cognizione sul dover spendere qualcosa in più per la qualità: «Un investimento che potrebbe derivare dal risparmio creato dal non spreco - continua Luca Falasconi - infatti i 376 milioni che a livello nazionale si vengono a liberare da ciò che non sprechiamo più, potremmo, o forse dovremmo reinvestirli in cibo di migliore qualità». La pensa in questa maniera un Italiano su tre (il 33% degli intervistati), mentre il 60% è attento al miglior rapporto tra costo e qualità. Pochissimi (meno del 5%) cercano regolarmente il ribasso. L’attenzione verso l’alimentazione si ritrova nell’educazione dei figli: per prima cosa non sprecare, dichiarano le famiglie italiane nell’83,9% dei casi. Otto connazionali su dieci dicono di non sperperare quasi mai il cibo o meno di una volta alla settimana. Quando capita è sempre la frutta fresca a finire nella pattumiera (37%), seguita da verdura fresca (28,1%), cipolle aglio e tuberi (5%), insalata (21%) e pane (21%). Se nelle lunghe settimane di chiusura molti si sono dati da fare per panificare, si può riconoscere che quella passione ha portato nuove consapevolezze: gettiamo 20 grammi di pane a settimana pro capite e poco meno di un chilo durante l’anno.

«Il profilo delle dinamiche dello spreco alimentare scorre lungo direttrici peculiari nel nostro Paese - afferma Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos - e ci consente di costruire una mappa della cultura alimentare che evidenzia delle differenze nelle diverse aree del Paese, tra i ceti sociali, tra metropoli e borghi e in base alla tipologia di famiglia. Da un punto di vista della struttura sociale del Paese, i ceti che mostrano una minore attenzione allo spreco sono quelli bassi e popolari (+9% di spreco rispetto la media), anche se in questi segmenti sociali si sprecano meno alimenti come uova, latticini o cibi precotti». (G. P.).

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L’andamento nelle regioni

L’area dove c’è maggiore attenzione verso la riduzione degli scarti alimentari è il Nord (489,4 grammi la settimana, rispetto una media di 529,3 grammi), seguita dal Centro Italia; quella in cui vi è molta disattenzione è il Sud (602,3 gr la settimana). Sono le famiglie con figli a sciupare spesso il cibo: in media lo fanno il 15% in più delle persone singole. Leggendo i dati nel rapporto, sorprendentemente meno si guadagna e più si getta via.

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