4 minute read
Alzheimer e obesità
Uno studio evidenzia che il forte sovrappeso può avere effetti negativi sul cervello
Il morbo d’Alzheimer, la malattia che cancella i ricordi e priva il cervello delle sue capacità, potrebbe essere aggravato dall’obesità. A sostenere che questa condizione possa esacerbare gli effetti della malattia neurodegenerativa sono stati ricercatori britannici e finlandesi, che in uno studio hanno ravvisato un’associazione positiva tra obesità e volume di materia grigia intorno alla giunzione temporoparietale destra, deducendo che la presenza di grasso corporeo in eccesso potrebbe giocare un ruolo nel favorire la vulnerabilità neurale.
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Alzheimer’s Disease Reports, è stato condotto dai ricercatori dell’Università di Sheffield e dell’Università della Finlandia orientale, i quali hanno svolto un’analisi di neuroimaging multimodale. Dal lavoro emerge come detto il convincimento che il forte sovrappeso possa rappresentare un fardello per la salute dell’intero organismo e del cervello. Il team di studiosi ha analizzato in particolare le scansioni cerebrali mediante risonanza magnetica di 47 pazienti con diagnosi clinica di demenza lieve associata al morbo di Alzheimer, 68 soggetti con decadimento cognitivo lieve e 57 individui cognitivamente sani. Nella ricerca sono state utilizzate tre tecniche computazionali complementari per analizzare l’anatomia del cervello, il flusso sanguigno e le fibre cerebrali.
Come ha spiegato Annalena Venneri del Neuroscience Institute presso l’Università di Sheffield, il mantenimento di un peso sano, corretto, potrebbe aiutare nella preservazione della struttura del cervello. Si tratta di un’indicazione non secondaria considerando che ad oggi nel mondo si stimano più di 50 milioni di casi attivi di Alzheimer. A gravare sulla condizione di queste persone e a rappresentare un dolore per le famiglie che si prendono cura dei malati, vi è poi il fatto che al netto di decenni di studi e di un importante sforzo nel campo della ricerca, ancora nessuna cura si sia rivelata efficace per questo morbo. Di più: agli scienziati sfuggono ancora in maniera complessiva i meccanismi che determinano la comparsa di questa terribile malattia. Ecco perché è importante lavorare sulla prevenzione, esaminando i potenziali fattori di rischio, così cercando di intervenire per neutralizzarli. Al riguardo, gli autori dello studio rimarcano che questo lavoro non è la prova che l’obesità rappresenti una causa del morbo di Alzheimer, ma che l’importante sovrappeso potrebbe esacerbare la patologia. La dottoressa Venneri ha spiegato che l’associazione positiva tra obesità e volume di materia grigia attorno alla giunzione temporoparietale destra potrebbe infatti significare una vulnerabilità neurale negli individui cognitivamente sani e in quelli che presentano lieve deterioramento cognitivo.
Anche Matteo De Marco, collega della dottoressa Annalena Venneri al Neuroscience Institute dell’Università di Sheffield, in qualità di coautore dell’articolo ha spiegato come la perdita di peso rappresenti uno dei primi sintomi riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Alzheimer. Questa circostanza non sarebbe una casualità bensì la conseguenza del fatto che
molto spesso i soggetti ammalati dimenticano di mangiare. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Sheffield e dell’Università della Finlandia orientale ha portato i ricercatori a scoprire che il mantenimento di un peso sano potrebbe aiutare a preservare la struttura del cervello non solo nelle persone in età avanzata, ma anche in quelle che stanno già soffrendo di demenza lieve provocata dal morbo di Alzheimer.
Rispetto ad altre malattie, come spiegato dal dottor Venneri, come può accadere ad esempio per le patologie cardiovascolari o il diabete, nel caso delle condizioni neurodegenerative si assiste infatti ad una mancata attenzione da parte delle persone per quel che concerne l’aspetto relativo alla nutrizione. Quasi che l’alimentazione non fosse uno dei fattori decisivi anche per preservare la salute del cervello: in parte restando vittime dell’illusione che questo organo, poiché non visibile ad occhio nudo, non abbia bisogno di cure specifiche. La ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease Reports dimostra esattamente l’opposto.
Questa non è comunque la prima ricerca a segnalare un legame tra l’obesità e il morbo d’Alzheimer. Nei mesi scorsi era stato uno studio realizzato dai ricercatori del dipartimento di scienze comportamentali e sanitarie dell’University College di Londra (UCL), i cui risultati erano stati pubblicati sull’International Journal of Epidemiology, a dimostrare che un cospicuo eccesso di peso in età adulta incrementa le possibilità di sviluppare una demenza (con un effetto riscontrato fino a 15 anni più tardi). Monitorando nell’arco di quindici anni più di 6.500 cittadini inglesi con più di 50 anni, sani al momento di inizio dello studio, è emerso che quasi il 7% delle persone coinvolte nello studio (453) ha sviluppato una forma di demenza. Incrociando le diagnosi con il peso registrato all’inizio della ricerca si è notato che chi era obeso, ovvero presentava un indice di massa corporea (BMI) uguale o maggiore di 30, aveva un rischio più alto (+31%) di ammalarsi rispetto agli individui normopeso indipendentemente da altri fattori rilevanti nell’origine delle malattie neurodegenerative come età, sesso (femminile), grado di istruzione, uso di fumo e altri ancora. Un motivo in più per prestare attenzione alla nutrizione e tenere sotto controllo il proprio peso. (D. E.).
Sono 13mila i nuovi casi di tumore del fegato registrati in Italia nel 2020. Di questi 9.100 sono stati causati dai virus dell’epatite B e C, i rimanenti da altre malattie del fegato I morti totali sono stati 7.800. Tra i fattori di rischio ci sono fumo e grave aumento di peso.
© Fuss Sergey /shutterstock.com © goa novi/shutterstock.com