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Alopecia areata autoimmune
Una problematica riconducibile anche a cause immunologiche, neurologiche e genetiche. La tesi più accreditata tra gli esperti, però, è che la sua eziopatologia sia autoimmune
di Biancamaria Mancini
L’ alopecia areata (AA) è una delle forme più comuni di alopecia non cicatriziale ed è caratterizzata dall’improvvisa comparsa di chiazze glabre, con forma circolare o ovalare, che si possono localizzare sia sul cuoio capelluto che in altri distretti piliferi. La perdita dei capelli in loco avviene in fase di anagen e la distrofia dei capelli in fase telogen, tuttavia le cellule germinali del follicolo rimangono vitali e pertanto i follicoli non vengono distrutti mantenendo la possibilità di restitutio ad integrum della capigliatura.
Nonostante i diversi tentativi di classificazione patogenetica, l’AA continua ad essere classificata solo in base alle sue varianti fenotipiche basate sull’estensione e sulla distribuzione delle lesioni di perdita di capelli. Infatti, le chiazze prive di peli possono avere dimensioni nell’ordine del centimetro, fino a coinvolgere tutto il cuoio capelluto (alopecia totalis), o nei casi più gravi l’intera superficie corporea (alopecia universalis). In alcuni casi AA è accompagnata dal coinvolgimento di altri distretti con anomalie ungueali. Il decorso della malattia non è prevedibile, le chiazze di AA possono ingrandirsi, rimanere stabili o avere una risoluzione spontanea. Talvolta, la ricrescita dei capelli nelle aree glabre si manifesta con capelli fini e spesso bianchi o grigi. Le cause di AA non sono del tutto chiare, possono essere immunologiche, neurologiche o genetiche, anche se l’eziopatogenesi più accreditata è quella autoimmune.
Nelle cause neurologiche si studiano le anomalie nell’innervazione del follicolo. Nelle fasi iniziali dello sviluppo di AA, è stato osservato In modelli animali un aumento del numero di fibre nervose della pelle sensibili alla sostanza P. Inoltre, è stato osservato come i linfociti T citotossici CD8+ e i macrofagi presenti attorno al follicolo pilifero, esprimano NK-1R, il recettore endogeno per la sostanza P. Tali evidenze fanno pensare
© Diego Cervo/shutterstock.com
che la sostanza P, l’enzima che la degrada e i recettori NK-1R, svolgano un ruolo di regolazione nella risposta infiammatoria nei tessuti cutanei colpiti da AA.
A livello genetico si evidenziano una costellazione di mutazioni su geni coinvolti nella proliferazione e differenziazione dei linfociti T. Le stesse regioni del genoma, risultate coinvolte nello sviluppo di AA, sono risultate associate anche ad altre malattie che coinvolgono la risposta immunitaria quali l’artrite reumatoide o la celiachia.
A livello immunitario quello che sappiamo finora è che il fenotipo acuto di perdita di capelli di un soggetto con AA richiede la presenza di 4 condizioni: 1. la presenza di un infiltrato di cellule infiammatorie secernenti IFNg attorno al bulbo dei follicoli piliferi in anagen (HF);
2. grave distrofia dell’HF che porta alla precoce caduta del capello; 3. la regressione precoce dell’HF (precoce induzione del catagen); 4. il collasso del privilegio immunitario fisiologico.
Il concetto di privilegio immunologico è alla base del corretto ciclo vitale del capello, infatti il capello in anagen porta ad un silenziamento del sistema immunitario verso se stesso ed è proprio questo che ne protegge la crescita anche nei casi di autotrapianto di capelli. Il processo autoimmunitario che determina le manifestazioni cliniche di AA determinerebbe quindi la perdita del privilegio immunologico di HF che esporrebbe il bulbo pilifero all’autoaggressione da parte del sistema immunitario e alla sua regressione. Quanto detto ci fa capire che il solo danno di HF non è sufficiente a suscitare AA, ma serve in concomitanza il collasso del privilegio immunitario e la regressione precoce di HF. Questa ipotesi stabilisce che solo nei pazienti con AA in cui vi è evidenza di una risposta autoimmune specifica dipendente da cellule CD8+ si può parlare di una vera malattia autoimmune definita proprio “alopecia areata autoimmune” (AAA).
I pazienti con una storia personale o familiare positiva per altre malattie autoimmuni sono i migliori candidati per la variante AAA. Solo nei pazienti AAA ha senso cercare autoantigeni patogenici e cellule T auto reattive, indipendentemente dal fatto che questi autoantigeni siano melanociti e / o correlati alla melanogenesi o derivano da altri antigeni prodotti da HF. Oggi la sfida è proprio quella di sviluppare biomarcatori molecolari che permettano di distinguere in modo affidabile i pazienti con AAA da quelli con altre forme non autoimmuni di AA per differenziare e rendere più specifiche le terapie di intervento.
Il concetto di privilegio immunologico è alla base del corretto ciclo vitale del capello, infatti il capello in anagen porta ad un silenziamento del sistema immunitario verso se stesso ed è proprio questo che ne protegge la crescita anche nei casi di autotrapianto di capelli.
Bibliografia
1. Ralf Paus. “The Evolving Pathogenesis of Alopecia Areata: Major Open Questions” Journal of Investigative Dermatology Symposium Proceedings (2020) 20. 2. Gilhar et al. “What causes alopecia areata?” Controversies in Experimental Dermatology 16 August 2013.