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AMBIENTE
LA VALLE DEI DINOSAURI IN PUGLIA
Scoperta nel 1999, la paleosuperficie di Cava Pontrelli ad Altamura (Bari) ha bisogno di tutela e manutenzione. A rischio trentamila impronte
di Rino Dazzo
Doveva diventare una discarica, si è rivelato uno dei più estesi giacimenti di impronte fossili di dinosauri al mondo. Per certi versi è un unicum, perché in nessun’altra parte della Terra tante orme dei giganti della preistoria – più di trentamila – sono collocate in una superficie piana, come in un’ideale passeggiata che dal Cretacico superiore (82-68 milioni di anni fa) arriva fino ai giorni nostri.
Cava Pontrelli è uno dei tesori di Altamura (Bari), un patrimonio da valorizzare e da difendere. Se non protette da una manutenzione costante, infatti, quelle orme che hanno resistito per milioni di anni potrebbero danneggiarsi in un tempo decisamente più breve.
Le orme rinvenute a Cava Pontrelli, in quella che è stata ribattezzata come la “Valle dei dinosauri”, appartengono a un centinaio di bipedi e quadrupedi alti dai tre ai dieci metri. Cinque le famiglie riconoscibili dal tipo di impronte, tutte erbivore: Anchilosauri, Sauropodi, Ornitischi, Iguanodontidi e Ceratopsidi. Ci sono tuttora dei dubbi relativi alla possibile presenza di una famiglia di dinosauri onnivori. Lo stato delle impronte è piuttosto vario. In alcune è possibile scorgere precisi dettagli relativi alle pieghe della pelle e alle unghie degli animali (alcuni avevano tre dita, altri cinque), altre invece sono meno dettagliate.
Nella loro passeggiata, i dinosauri si stavano spostando in una piana di marea, una zona di passaggio tra continente europeo e africano, con un clima e un paesaggio simili a quelli delle lagune tropicali come le attuali Bahamas. Le impronte sono state impresse sincronicamente sul fango e la loro scoperta, insieme a quelle di altri importanti giacimenti poco distanti, ha rivoluzionato le teorie sulla storia geologica dell’intera Puglia. La presenza di animali così grandi fa infatti supporre che il territorio non fosse sommerso dalle acque e che ci fosse una connessione diretta con i due continenti allora emersi.
La storia recente della “Valle dei dinosauri” è iniziata il 10 maggio1999 quando due geologi marini dell’Università di Ancona, Massimo Sarti
e Michele Claps, durante una ricerca sui sedimenti per conto di una compagnia petrolifera hanno notato e riconosciuto le impronte. Ne è nata una lunga trattativa tra i proprietari del sito, destinato in un primo momento a diventare un deposito per inerti, e lo Stato. La paleosuperficie di 12500 metri quadrati è stata sottoposta a vincolo da un decreto del 7 dicembre 2000, ma solo il 17 ottobre 2011 si è giunti all’avvio della procedura di esproprio, completata nel 2014, e alla predisposizione di un progetto di protezione e conservazione finanziato con fondi del Mibact. Da gennaio 2016 proprietario dell’area è il Comune di Altamura.
Chi da anni si batte per la Valle è l’operatore culturale Francesco Fiore: «Ho presentato esposti, guidato battaglie civiche, fatto campagne di sensibilizzazione», racconta. «Conosco altri due o tre luoghi dove sono visibili orme, come una cava che adesso è stata coperta dalla statale Altamura-Matera. Se si potesse scavare, si troverebbero altre migliaia di impronte. Ma ora il problema principale è salvare quelle già emerse».
Quello del deterioramento è un problema serio. Già nel 2013 il geologo Onofrio Simone (Società Italiana di Geologia Ambientale) lanciava l’allarme: «Sicuramente la situazione rispetto al ritrovamento è peggiorata. Ce la sentiamo di non conservare un patrimonio del genere?».
Ora la situazione, a detta di Fiore, è ancora più grave: «Temo che un buon 15-20% delle impronte sia perduto. Acqua, vento e gelo sono i principali nemici, insieme all’incuria degli uomini. Nel 2019 è stato avviato uno studio scientifico di tutela e catalogazione delle orme da oltre un milione di euro. Risultato? Dalla superficie sono spuntate delle erbacce».
Ottimista è Rosa Melodia, sindaca di Altamura, eletta nel 2018: «Il Mibact ha indicato le procedure, ci vogliono 90mila euro l’anno per il mantenimento e la pulizia delle orme e bisogna capire a chi tocchi l’onere. La catalogazione è stata completata, è stata costruita una passerella per vedere le impronte dall’alto, senza rischiare di danneggiarle e si è ripulito il sito dagli arbusti». Il progetto è delineato: «Creare una rete dei beni culturali che comprenda le orme, l’Uomo di Altamura e le altre ricchezze del territorio, con una proposta di gestione pubblico-privata ex articolo 151 del Codice degli Appalti. Sono già pervenute varie manifestazioni d’interesse».
Sul piano scientifico, i biologi potrebbero fare la loro parte nella prevenzione degli agenti infestanti, nella tutela dei materiali lepidei e nelle analisi ambientali.
Nella loro passeggiata (nelle foto, le orme ad Altamura), i dinosauri si stavano spostando in una piana di marea, una zona di passaggio tra continente europeo e africano, con un clima e un paesaggio simili a quelli delle lagune tropicali come le attuali Bahamas.
Gli altri tesori dell’Alta Murgia
La Valle dei Dinosauri, l’Uomo di Altamura (nella foto) e il Pulo: nello spazio di pochi chilometri sono racchiusi veri e propri tesori. Nel 1993, all’interno della grotta di Lamalunga, sono stati scoperti i resti di un Neanderthal databile tra 187 e 128mila anni fa, alto tra i 160 e i 165 centimetri e di sesso maschile, che gli altamurani hanno soprannominato Ciccillo. Lo scheletro, integro e perfettamente conservato, è letteralmente incastonato tra le pareti carsiche della grotta. Di eccezionale rilevanza è anche il Pulo, la più grande dolina carsica dell’Alta Murgia. Si tratta di una depressione di forma circolare del diametro di mezzo chilometro e profonda 75 metri, sulle cui pareti si sono create grotte e anfratti abitati sin dalla preistoria.