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Intervista a Gino Sorbillo

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Gino Sorbillo Questions and Answers

PROFILE

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«Con la mia pizza riunisco l’Italia» «With my pizza I reunite Italy»

. È l’erede di una delle più antiche famiglie di pizzaioli partenopei, un punto di riferimento per milioni di buongustai e un ambasciatore della Campania più gustosa, ospitale e fantasiosa. Nel suo storico locale in via dei Tribunali, nel cuore del centro storico di Napoli, delizia quotidianamente centinaia di persone. Inclusi molti personaggi del jet-set. E se un sondaggio ha recentemente incoronato la pizza come pietanza che più di ogni altra riesce a regalare attimi di felicità, il merito è anche un po’ suo. Ecco a voi Gino Sorbillo. Perché la pizza ha tanto successo? «È vicina alle persone. La gente dice “Ci facciamo una pizza?” perché questa pietanza implica la partecipazione di chi la gusta. E poi sa di famiglia: in ogni casa c’è una mamma o una nonna che prepara la pizza e tutti portiamo nel cuore l’immagine dell’impasto che lievita, del forno acceso, dei bambini che aiutano a preparare gli ingredienti. Senza dimenticare che la pizza è un piatto “sartoriale”, nel senso che può essere personalizzato e realizzato a misura di degustatore».

A differenza di molti suoi colleghi, lei è diventato una star: come ci è riuscito?

«Attraverso le mie pizze punto a trasmettere un messaggio, a far capire che quel piatto ha una sua identità nobile e un cuore che batte, che non deve soltanto sfamare chi lo assapora, ma anche emozionare e farsi ricordare. Nelle mie pizze metto tutto me stesso: la gioventù, i ricordi, le attese, le incertezze, i dispiaceri, l’ambizione, le atmosfere di questa Napoli incantevole, a tratti enigmatica e persino pericolosa». E quanto c’è della Campania? «La mia pizza ha una base napoletana che è degna di ospitare il meglio della gastronomia italiana: il pecorino della Sardegna, il guanciale del Lazio, la ‘nduja della Calabria e il 24

He is the heir of one of the oldest families of Neapolitan pizza makers, a reference point for millions of gourmets and an ambassador of the tasty Campania, hospitable and imaginative. In his historic location in via dei Tribunali, in the heart of the historic center of Naples, he delights hundreds of people every day. Including many jet-set personalities. If a survey were to crown pizza as a dish that can give more moments of happiness than any other, then the merit is also his. Here is Gino Sorbillo.

Why is pizza so successful? «It is close to people. People say "Let’s make a pizza?" because this dish requires the participation of those who want to enjoy it. And then, it is a family tradition: in every house there is a mother or a grandmother who prepares pizza and we all carry in our hearts the image of the dough rising, of the oven lit, children who help prepare the ingredients. We can’t forget that pizza is a “tailored” dish, in the sense that it can be customized according to taste».

Unlike many of your colleagues, you have become a star: how have you succeeded?

«Through my pizzas I aim to convey a message, to make people understand that the dish has a noble identity and a heart that beats, that must not only feed those who taste it, but also to excite them and make them remember it. In my pizzas I put all of myself: youth, memories, the expectations, the uncertainties, the sorrows, the ambition, the atmospheres of this enchanting Naples, at times enigmatic and even dangerous». And how much of Campania is there? «My pizza has a Neapolitan base that is worthy of hosting the best of Italian gastronomy: the pecorino of Sardinia, the pork of Lazio, pork salami of Calabria and gorgonzola of Piemonte. I believe strongly in Italy's good taste.

gorgonzola del Piemonte. Credo fortemente nell’Italia del buono. Così la pizza, prodotto simbolo del made in Italy, smette di essere una pietanza provinciale e finisce per assumere una dimensione nazionale e internazionale». Eppure la pizza napoletana resta un modello. «Il merito è di tanti pizzaioli che, durante gli ultimi anni, hanno affinato la tecnica e migliorato il modo di presentarsi. Il livello della categoria si è alzato, molti giovani hanno tratto ispirazione dal lavoro artigianale e imprenditoriale che ho svolto nel corso del tempo. A loro, però, consiglio di non scimmiottare certi modelli, ma di raccontare se stessi attraverso la pizza: no alle brutte copie, sì alle espressioni originali di qualità».

C’è qualcosa in cui non la copiano? «Difficilmente mi copiano la mozzarella di bufala prodotta dalla cooperativa “Le terre di don Peppe Diana” (il sacerdote assassinato dalla camorra nel 1994, ndr) col latte di bovini che pascolano su terreni confiscati alla criminalità organizzata. Oltre a essere un ingrediente di straordinaria qualità nel quale mi identifico, quella mozzarella è un simbolo di legalità che molti hanno spesso paura di utilizzare». Che cosa non deve mai mancare in una cucina di successo?

«Servono farina per panificare, buon olio, pomodoro di grande qualità, formaggi straordinari per conferire carattere ai piatti. Soprattutto, però, ci vogliono amore, grazia, generosità. Ecco perché solitamente utilizzo una quantità di ingredienti doppia rispetto ai miei colleghi: desidero che la mia sia una pizza capace di sfamare gli studenti, la gente dei vicoli di Napoli, gli ospiti della nostra città».

Come interpreta il ruolo di ambasciatore di Napoli nel mondo?

«Con grande senso di responsabilità. Devo mantenere i nervi saldi, non cedere alle provocazioni, rifuggire le polemiche. Cerco di dire la mia, ma sempre in modo garbato. L’ho fatto anche quando, a gennaio scorso, una bomba è esplosa all’esterno del mio locale durante la notte. Anzi, di fronte a certe intimidazioni mi convinco sempre più della necessità di mantenere un approccio verace, ma pulito. I napoletani, d’altro canto, piacciono per questo».

So the pizza, a product that symbolizes made in Italy, stops being a provincial dish and ends up assuming a national and international dimension».

Yet the Neapolitan pizza remains a model. «The merit is of many pizza makers who, during the last few years, have refined technique and improved the way of presenting themselves. Standards have risen, many young people took inspiration from craft and entrepreneurial work that I have done over time.

I advise them, however, not to mimic certain models, but to tell of themselves through pizza: no to bad copies, yes to original expressions of quality».

Is there anything they don't copy? «They hardly copy the buffalo mozzarella produced by cooperative “Le terre di don Peppe Diana” (the priest murdered by the camorra in 1994) with the milk of cattle that graze on land confiscated from organized crime.

Besides being an ingredient of extraordinary quality in which I identify myself, that mozzarella is a symbol of legality that many are often afraid to use».

What should never fail in a successful kitchen? «It takes flour to bake, good oil, high quality tomato, extraordinary cheeses to give character to the dishes. Mostly, however, love, grace and generosity are needed.

That's why usually I use a double quantity of ingredients compared to my colleagues: I want mine to be a pizza capable of feeding the students, the people of the alleys of Naples, the guests of our city».

How do you interpret the role of ambassador of Naples in the world?

«With a great sense of responsibility. I have to keep my nerve, not give in to provocations, shun controversy. I try to have my say, but always in a polite way.

I did it even when, last January, one bomb exploded outside my room during the night. Indeed, as I am faced with certain intimidations, I am more and more convinced of the need to maintain a true but clean approach. The Neapolitans are loved for this».

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