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Cappells Sistina. Proiettile

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I colori di Milano

I colori di Milano

Cappella Sistina. Proiettile

di Raffaella Laezza

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Opera finalista

Incastonata nel palinsesto di tutti noi sporge per volume, dal tempio di Salomone da cui deriva: esplode il suo dettato. Sta nelle mie mani, questa mattina, perché clicco sul mio telefono: Cappella Sistina. Vedo troppa bidimensionalità e decido di prendere un treno e di andarci: subito. Immediatamente. Per raccontare questa architettura non vorrei parlare di numeri, sezioni, prospetti, ismi. Vorrei potermi muovere dentro al suo spazio e capire perchè gli esseri umani la amano. Ci arrivo in poco, è la prima ora del mio pomeriggio che avevo prefigurato da anni, sui libri di Kaufmann, le lezioni di Tafuri, i brividi di errori storiografici che non mi avevano detto che senza stare lì, dentro, non potevo capire il suo segreto. Semplice, tutto non è più un segreto adesso che sono qui, da un’ora. Cielo:corpi divelti. Terra:corpi viventi, io con la mia gente, della Terra in quest’epoca. Noi, che guardiamo e incrociamo, forti, i corpi del cielo. Siamo due folle in dialogo, è la prima volta per tutti noi. Prosegue il cielo nelle pareti e si dilata nel mio sguardo risolto. Io sono una folla in verticale, contenuta:dureremo qui insieme per poco, ora, noi siamo tutti uniti, sublimati da Michelangelo. Non sapevo che lui ci aveva chiesto di essere qui per spalancare, svelare ai suoi dipinti dove il

mondo andrà. Sono io, con questa gente e ci chiamiamo:”dove il mondo andrà”. La mia lacrima è azzurra, poiché i miei occhi diventano grigi, scolorati dalla commozione. Chi sei tu? Non chiudere la suoneria. Siamo tutti complici e protetti, per quest’ora, dai colori fosforescenti delle Sibille, dei Profeti. Il Giudizio snuvola in questo spazio poiché noi: respiriamo. L’aspirazione a trascendere i nostri errori ci abita: non c’è giudizio ma abbraccio universale. Perché questa architettura la stiamo costruendo ora, noi, qui con Michelangelo. Non c’è un tempo per noi, per Michelangelo; lui, mi svela questa possibilità. Io aspetto di rialzarmi. Dopo lo spavento, dopo la potenza di questo messaggio che è un proiettile. Ecco perché questa è architettura: vivifica con noi, umani, svolazza sui testi di critici e storici dove nascondeva il suo segreto. Stesa, ora, vedo il nigeriano, il giapponese, il cingalese, la serba, il russo, la svedese, il senegalese, l’australiana qui, insieme a me: quietati. Come dovrebbe essere ovunque. Non potrò più essere spenta se lascerò far proseguire questo momento. Noi, umanità, in questa architettura siamo stati bene, un’ora. Accanto. Non posso andarmene. Il proiettile ha colpito tutto di me.

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