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La sfida della Caritas: aiutare davvero i più poveri

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La Caritas, che in fatto di povertà ha una “discreta” conoscenza, ha presentato in Senato un paio di proposte di modifica al “decreto lavoro” del Governo. Messo alle spalle il Reddito di cittadinanza che, anche a nostro avviso, era riuscito nel duplice intento di aiutare pochi poveri rispetto ai reali bisogni della platea dei senza reddito e al tempo stesso non li spingeva ad entrare nel mondo del lavoro, occorre ora evitare che le persone senza dimora non riescano ad accedere ai corsi di formazione che la legge prevede, giustamente, per avere diritto agli aiuti. Interessante cos’ha detto al riguardo don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italia: “Considerando le storie personali di solitudine, a volte di dipendenza di queste persone, le loro condizioni di salute, il loro stato psicologico ed emotivo e la debolezza o assenza delle reti familiari, amicali e sociali, come possono essere incanalati direttamente in percorsi di formazione e qualificazione professionale senza un aiuto dei servizi sociali? O venire inseriti nel mercato del lavoro e uscire dalla condizione di povertà in un solo anno?”. Per poi continuare: “conosciamo bene i poveri e sappiamo quanto serva una presa in carico che tenga conto dei loro tempi. La formazione professionale è la grande sfida mentre spesso è un anello debole del sistema. Il provvedimento va inserito in una strategia più ampia che coinvolga territori, terzo settore, Inps e assistenti sociali, altrimenti rischiamo di avere un intervento frammentato”. Numeri alla mano, la Caritas ha proposto al Parlamento di rimodulare il decreto eliminando dall’Assegno di inclusione il vincolo che esclude le famiglie senza figli, così da renderla una misura universale. Sarebbero così 1,2 milioni i nuclei coinvolti, corrispondenti a 2,6 milioni di individui per una spesa annuale di 7,1 miliardi di euro. Con un importo di 300 euro al mese per 9 mesi la Caritas calcola di poter assistere 200.000 nuclei per un totale di 500.000 individui e un costo annuale di 0.5 miliardi. Una volta terminato questo sostentamento, se gli occupabili si trovassero ancora sotto la soglia di povertà, rientrerebbero nell’Assegno di inclusione per una spesa complessiva di 7,6 miliardi annui. Il reddito di cittadinanza ne costava 7,9 per 2,8 milioni di beneficiari. Tutto questo nell’ottica che anche noi del centro di ascolto delle 4parrocchie abbiamo sperimentato: le persone più fragili sono quelle senza dimora.

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