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MAGGIO: TERREMOTI, ALLUVIONI E LA SPERANZA…

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del mese

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Maggio è un mese bellissimo. Pieno di speranza, di amore e di amori. Chi di noi ha superato i 50 anni o gli si avvicina, non può non ricordare i giorni della propria spensierata gioventù, quando alla sera si andava al Rosario o come dicevano i più anziani, “all’ambrusari”. Quanti amori estivi sono sbocciati come le rose nel mese di maggio. Per chi vive in Emilia, da dieci anni a questa parte, maggio è diventato un mese cruento e ricco di dolore. Undici anni fa il terremoto. Una scossa, quella domenica mattina di quel famigerato 20 maggio, che se ci ripensi ti sembra ancora di sentire la terra tremare. E poi il 29. Un’altra scossa. E tutta estate a vivere nel timore che potesse arrivarne un’altra. Si dormiva in auto, in tenda o distesi sul letto ma vestiti e con le scarpe pronte per essere infilate. Non fu facile. Vite spezzate, case distrutte, chiese e monumenti sventrati. “Teniamo botta” o “L’Emilia non trema” erano due degli slogan che ci accompagnarono in quei giorni. Senza piangerci addosso ma con l’intraprendenza tipica di queste terre siamo ripartiti. Chi passa ora nelle nostre zone, fatta eccezione per qualche chiesa o edificio comunale, fatica a credere che qui ci sia stato un terremoto tanto devastante. Ma la natura, inclemente o semplicemente molto esigente, si è manifestata nuovamente con tutta la sua forza nelle terre della Romagna. I fiumi sono tracimati. L’acqua ha inondato ettari di terreni, case comprese. La grassa Bologna non è stata risparmiata. Le nostre terre sono state fortunatamente solo sfiorate. Drammatico il bilancio: ad oggi, 23 maggio, sono 15 i morti, migliaia gli sfollati e le persone senza elettricità, centinaia di strade interrotte, danni per miliardi. 24 i Comuni allagati, tutti i fiumi della regione hanno tracimato. In 36 ore si sono riversate sul terreno le precipitazioni che solitamente si hanno in 6 mesi. È finita sott’acqua Faenza, una parte di Cesena e di Forlì e molti altri grandi centri abitati. In alcune zone, in pochi minuti l’acqua è salita, raggiungendo anche i primi piani delle case. Sommersi alcuni quartieri di Bologna. Stato d’emergenza anche a Rimini e Ravenna. Si sono fermati i treni. Code chilometriche in autostrada. Frane e smottamenti. Si è riusciti a garantire i servizi negli ospedali con i gruppi elettrogeni. Grazie al lavoro e alla generosità di tanti fra cui 700 vigili del fuoco e il Battaglione San Marco, si è evitato che i numeri fossero ancora più terrificanti. Anche se una sola vita persa racchiude in sé un dolore immane. E una sconfitta. Eppure tutta l’Emilia-Romagna, unita e solidale, scalpita per ripartire. Non domani. Oggi. Perché noi siamo questi. Gente che ama divertirsi ma che sa cosa sia il duro lavoro. E la costanza. Nelle nostre terre non è mai mancato il fiasco di vino sulla tavola e gli attrezzi agricoli accanto alla porta pronti per essere imbracciati da generazioni di contadini. I pc e gli smartphone hanno sostituito in molti casi quegli attrezzi, il fiasco non è più sul tavolo e si preferisce andare a fare l’aperitivo in un qualche locale ma l’intraprendenza della nostra gente non è cambiata. Si osserva l’acqua scorrere dall’alto e la domanda, ora come allora, è la stessa. Quando smette? Mi tornano alla mente le parole di don Camillo quando parla ai suoi abitanti che sconsolati hanno abbandonato il paese dopo la terribile alluvione che fece tracimare il grande fiume. “Un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere! Allora ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili, e con la tenacia che Dio ci ha dato ricominceremo a lottare! Perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dalle nostre città e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile e il nostro Paese diventerà un piccolo paradiso in terra”. L’Emilia ha tremato. L’Emilia è stata inondata. Ma l’Emilia risorge. Sempre.

Massimiliano Borghi

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