01 - PAGANESIMO NORDICO - GENNAIO 2023

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DEI O UOMINI? LA RICERCA DELLA DIVINITA’ TRA ETEREO E MATERIALE FOLKOI E TRADIZIONE: COME NASCONO LE LEGGENDE POPOLARI? ALLE RADICI STORICHE DELLA MODERNITA’: IL RITORNO DELLA VECCHIA EUROPA POETI, EROI, VICHINGHI: IL FASCINO DEL MONDO NORDICO SAGHE, MITI, ANTICHE USANZE E DIVINITÀ: SAGHE, MITI, ANTICHE USANZE E DIVINITÀ: ECCO PERCHÉ IL PAGANESIMO NON È MAI ECCO PERCHÉ IL PAGANESIMO NON È MAI MORTO MORTO

SOMMARIO.

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EDITORIALE

Alle radici storiche della modernità: il ritorno della vecchia Europa

8 ANGOLO DEL GOTHI

Meditazione runica: saggezza, pratica ed elevazione

10 CHI SIAMO, DOVE ANDIAMO

Etenismo in Italia: una nuova speranza

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Direttore Elisabetta Cardinali

Vice Direttore Aron Biasiolli Impaginazione e Grafica Matteo Pagani

Il Tempio del Lupo Editore Edits www.iltempiodellupo.org

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LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD

Goti, il popolo del Dio: il vero e il falso sull’origine dell’etnia

17 SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE

Folkoi e tradizione: come nascono le tradizioni popolari?

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SCIAMANESIMO E SPIRITUALITA'

Sciamanesimo e dintorni: riflessioni sull’essenza della ‘pratica indefinita’ Dei, Sciamani ed eroi di Finlandia e Karelia: il Kalevala

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SAPEVATE CHE…

Il bacio sotto il vischio: una tradizione che deriva da un mito nordico?

PAGANESIMO

DAL MONDO

Poeti, eroi, vichinghi: il fascino del mondo nordico

13 IL PANE DEGLI DEI

Il ‘divino sapore’ dell’antica cucina. Di cosa si nutrivano davvero i popoli del Nord?

Scelta per voi: la ricetta del pane vichingo della Normandie Cuocere il pane in epoca vichinga: quattro semplici ricette

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ALLE

RADICI STORICHE DELLA MODERNITA’:

IL RITORNO DELLA VECCHIA EUROPA.

di Elisabetta Cardinali

Una nuova avventura editoriale è alle porte. Il primo numero di Paganesimo Nordico Mag è oggi, metaforicamente parlando, tra le nostre mani. Un’edizione originale nell’abito ‘etereo’ del formato digitale, eppure così fortemente presente nella propria essenza materiale, da farci percepire chiaramente la responsabilità di accompagnare il lettore lungo un percorso di approfondimento che non ha precedenti nella storia editoriale italiana.

Pur consapevoli della sfida che comporta il volere (e potere) riportare alla luce le innumerevoli argomentazioni relative ai diversi aspetti del culto pagano nordico, fondamentali ieri come oggi, la spinta entusiastica che caratterizza questo nuovo viaggio ci regala, per converso, la motivazione a fare sempre di più e meglio. Per accompagnarci, ed accompagnarvi, lungo questo antico percorso spirituale e religioso. Un cammino che ad una sensibilità più che attenta, si mostra, invero, mai così attuale.

Il fatto che la modernità occidentale sia per lo più figlia del paganesimo e non del Cristianesimo è oramai una questione sulla quale sarebbe pressoché inutile tornare a discutere, se non fosse per l’imperversare dell’annoso problema di un dibattito che ancora adesso vede la falsa contrapposizione tra radici cristiane e pagane dell’Europa.

Lungi dal sollevare inutili disquisizioni note ai più, su quella che potremmo ribattezzare come una sorta di silenziosa, violenta e a tratti reciprocamente bendata convivenza, siamo certamente in grado di riaffermare con forza come in questa nostra Europa, il paganesimo non sia di fatto mai morto. La spinta della secolarizzazione partita già dagli ultimi decenni del secolo scorso non ne rappresenta in qualche modo solamente la conferma, ma la ragione della propria essenza naturale: la storia culturale e religiosa del continente europeo non affonda le proprie radici nel culto pre cristiano e in seguito cattolico, ed è proprio questa la limpida quanto semplice constatazione che nulla toglierà all’obiettività portata dalla ‘ragione del tempo’.

Nemmeno il sopraggiungere invasivo delle nuove confessioni religiose, con la transizione migratoria e nelle sue diverse alternanze storiche, ha potuto spegnere quella apparentemente muta presenza che nei secoli ha continuato a sopravvivere ai movimenti tellurici del tempo stesso e delle sue ‘intemperie’ culturali, economiche e sociali.

Al contrario, l’era post cristiana rappresenta l’esatto opposto modello delle pretese di un Cristianesimo al tramonto del proprio percorso di sviluppo storico, riproponendo ancora oggi con forza inusuale la propria antichissima eredità. Una essenza in sé, per l’appunto, e non una mera definizione per indicare un modo di essere o una religione.

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+ EDITORIALE.

Del resto lo stesso termine ‘paganesimo’ fu concettualizzato in seguito alla profonda divisione operata dall’apertura dell’Impero romano alla religione di Cristo. In questo senso, i concetti di identità e alterità altro non sono che paradigmi figli dell’età costantiniana. Identità della nuova religione imperante avversa all’accezione sostanzialmente negativa attribuita all’alterussociale,l’altro religioso,ildiversodasé,ilpagano.

La progressiva scomparsa dei culti tradizionali dell’eraprecristiana,apartiredalIIIsecoloefino abuonapartedelV,sièsviluppatalungounpercorsocrescentediopposizioniesovrapposizioni finoacondurciall’attualemodello,peraltroancoraincontinuaeprofondafasedimutamento.

Maselacostruzionedellanuovareligionecristianafuinrealtà(eancoraoggisimostra)comeil fruttodiunagigantescaquantoevidenteoperadi ‘rapina’dielementiappartenentiaicultiprecedenti,siamooggiachiedercicosadavverocaratterizzi nell’epoca attuale la prima e assieme contemporaneaidentitàdelcultopaganonelnostro continente.

Incosacrededunqueunpaganonordico?InEuropa, mai come oggi e per i prossimi anni, una similequestionedipertinenzareligiosaestorica rimarràpiùdibattuta.Nontantoperlacomplessità delle correnti esistenti e dell'avvento e relativadiffusionedellecosiddettenonchéfuorvianti spiritualitàoreligionineopagane(termineconiato dall’arroganteazionedirivisitazionereligiosadei decennirecenti)quantoperlamissionediintraprendere la direzione dell’oggettività storica, o il massimo limite della sua comprensione, che la dimensionereligiosapagananordicahal'obiettivodiraggiungere.

Come perfettamente sintetizzato nel nostro articolo di fondo firmato da Siegfried Blazesson, tra la corrente scandinava e le tradizioni legate al paganesimo germanico della mitteleuropa, la complessità del panorama di culto pagano e le dovute differenziazioni portano a una riflessione fondamentale.

Siamo davvero noi i destinati seguaci della memoria storica e religiosa appartenente alla totalità degli antichi popoli europei di epoca pre cristiana? La risposta, come avremo modo di vedere, segue tra il resto la naturale logica culturale che ci conduce ad una interpretazione del credo religioso legato al neo coniato termine di Wolfsangismo, inteso come sintesi nuova e certo più idonea a rappresentare le caratteristiche del paganesimo germanico come eredità storica che senza dubbio ci appartiene, ovvero quella dell’Europa centrale.

E’ così che lo sguardo attento dello storico si posa sull’importanza di riconoscere la relativa eterogeneità del culto nordico, che tuttavia si palesa in una veste ricca di compenetrazioni, seppure nella differenza. Il ritorno, o meglio la riscoperta di un’Europa pagana parte dunque da tale irrinunciabile presa di coscienza, che conduce ad una più profonda consapevolezza delle proprie radici di culto.

Attraverso queste pagine vorremo continuare a raccontare con l’impegno di restituire nella narrazione, al credo e alla storia, i propri passi perduti. Una nuova avventura editoriale dunque, che avrà bisogno sempre di nuovi stimoli e di occhi saggi e limpide intenzioni per guardare la realtà, ma soprattutto di quella sete di conoscenza che non dovrà mai mancare. Che il cammino abbia inizio.

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MEDITAZIONE RUNICA: SAGGEZZA, PRATICA ED ELEVAZIONE.

Le Rune guidano.

La meditazione Runica, sia cerimoniale che informale, è una fonte di grande saggezza e energia spirituale. Chi la pratica dovrebbe sforzarsi di sviluppare un legame con ogni singola runa, comunicando con il Mistero a un livello profondo.

Creando questo legame con le Rune e con la loro cosmologia si crea anche un flusso di saggezza sempre aperto a chi pratica. In seguito, questo flusso può essere attinto anche su base informale, in qualsiasi momento libero che permetta di riflettere. Spesso questi momenti strati forniscono alcune delle più potenti intuizioni sui Misteri Runici.

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+ ANGOLO DEL GOTHI.
Perché meditare con le rune? Non autoipnosi né medianità, ma riconnessione con il subconscio.

Questa meditazione è uno sforzo attivo e di ricerca. Una delle tecniche più importanti per il successo è il controllo del pensiero, ovvero l’immersione profonda dello spirito, che concentra e direziona la propria spinta primaria nel distacco dai pensieri danneggianti, intesi come aggregato di energie cariche di contrarietà.

Lo scopo della meditazione raggiunge quindi in questa fase uno tra i suoi obiettivi prioritari, ovvero quello della guida dei pensieri lungo il percorso voluto dalle Rune. Una volta che l’hugr (emanazione spirituale dell’essere) sia stato calmato ed i modelli di pensiero concentrati in un unico centro

– la Runa – allora la saggezza Runica inizierà ad affiorare nella coscienza di chi pratica.

Al centro della pratica di meditazione: i tre punti chiave.

Il punto focale della meditazione Runica, che comprende la visualizzazione oggettiva, acustica e ideale, ha tre aspetti e si incentrerà principalmente in:

Nella cerimonia

La meditazione runica cerimoniale può essere elaborata o semplice come il Gothi o la Gythia desidera o è in grado di fare. In generale il percorso più saggio da intraprendere è quello che lavora dalla semplicità verso la complessità.

I preparativi per la meditazione includono il reperimento di un luogo tranquillo, la padronanza di uno dei riti di protezione - invocazione e la creazione di un set di Rune da utilizzare per la meditazione. In seguito, potrebbe essere necessaria la padronanza dello stadha (controllo del corpo attraverso la postura) della runa scelta.

Nelle prime fasi del programma meditativo, il praticante agli inizi può concentrarsi solo su uno dei tre elementi della meditazione Runica, includendo gli altri in un secondo momento.

Si dovrebbe pianificare uno schema progressivo adatto alle proprie esigenze e alle proprie capacità, costruendo sempre un modello più ricco di elementi nel centro di concentrazione interiore.

- Forma (che può anche includere il colore)

- Suono (anche detto galdr)

- Idea radicale contenuta nel nome e nelle parole chiave

Lo sforzo maggiore andrebbe indirizzato nella forma di una concentrazione rilassata, su uno o tutti gli elementi contenuti in questo triplice complesso, allontanando silenziosamente i pensieri dannosi dal nostro subconscio e lasciando solo i simboli Runici della forma, del suono e del nome (idea radicale), finché alla fine la runa non inizia a parlare direttamente alla nostra coscienza.

Tutte queste pratiche possono essere eseguite fisicamente o, se più conveniente o efficace, possono essere eseguite totalmente all'interno dell'hugauga.

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Bjorn – Il Tempio del Lupo
ANGOLO DEL GOTHI.

ETENISMO IN

ITALIA: UNA NUOVA SPERANZA

“Che gli eteni italiani seguano la tradizione etenistica longobarda, esattamente quella che il Fato ha voluto che raggiungesse la nostra terra”. Tra la corrente scandinava e le tradizioni legate al paganesimo germanico della mitteleuropa, la complessità del panorama di culto pagano e le dovute differenziazioni portano a una riflessione fondamentale. Siamo davvero noi i destinati seguaci della memoria storica e religiosa appartenente alla totalità degli antichi popoli europei di epoca pre cristiana? Se la risposta può essere confermata solo parzialmente, essa segue nel contempo la naturale logica culturale che ci conduce ad una interpretazione del credo religioso legato al neo coniato termine di Wolfsangismo, inteso come sintesi nuova e certo più idonea a rappresentare le caratteristiche del paganesimo germanico come eredità storica che senza dubbio ci appartiene, ovvero quella dell’Europa centrale.

Mi è stato spesso chiesto, da chi si avvicina al mondo dell’etenismo di fornire un compendio che si possa definire completo, per comprendere e mettere in pratica l’etica etena nella vita quotidiana. I dubbi di chi si approccia a questo mondo ed a questa fede sono molti ma, se quelli relativi alla comprensione delle divinità od alla decifrabilità della complessa cosmologia germanica si estinguono con la raccomandazione da parte mia di alcuni testi storici e filologici, così non è per quanto riguarda gli insegnamenti basilari della moralità di ogni eteno.

Convengo che l’Edda Poetica, in questo ambito, sia una fonte inesauribile di spunti per affrontare la quotidianità, tuttavia non è sempre esauriente ma soprattutto in diversi passaggi non è comprensibile alle moltitudini ma solamente a chi la legge con un approccio più erudito. Altre questioni mi vengono sollevate, in questo caso anche dagli addetti ai lavori, su quello che abbiamo deciso di chiamare “Wolfsangismo”. Il Wolfsagismo non è solamente quella che si può definire una corrente autonoma o separata dell’etenismo, è invece un’elaborazione ed infine una sintesi (ex novo, ci tengo a precisare) delle tradizioni legate al paganesimo germanico.

Il paganesimo ha permeato per secoli la vita delle popolazioni alpine: prima i popoli retici con la scoperta di quelle che si possono già definire Rune (che per gli studiosi sono gli alfabeti Frtizens-Sanzeno) e successivamente Cimbri, Goti e Longobardi contribuirono, in modo più o meno influente, a mantenere nella ruralità delle zone alpine la conoscenza degli antichi Dèi indoeuropei e di quelle Rune che anche il mondo accademico è ormai concorde nell'attribuirne la natività presso nostre montagne. Basterebbe solamente quest'ultima premessa per farci sentire il dovere morale di non lasciar morire questa tradizione. Per noi è fondamentale non allinearci all'etenismo"nordico" in quanto il nostro percorso culturale ha subito uno sviluppo diverso da quello dei

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+ CHI SIAMO, DOVE ANDIAMO.

popoli scandinavi, maturando spesso anche idee e modi di pensare necessariamente diversi chehanno plasmato il nostro popolo per oltre 3000 anni.

Non possiamo aderire all’etenismo scandinavo semplicemente perché non siamo scandinavi e questo ci porterebbe ad appropriarci di una cultura che, per quanto possa essere sintetizzata in quella indoeuropea e quindi legata a grandi linee a tutti i popoli europei moderni, si è sviluppata in maniera autonoma in Scandinavia mentre nelle terre mitteleuropee ha avuto risvolti diversi, spesso mescolandosi con culti pre indoeuropei ed in seguito con quelli di origine romana; infatti, a differenza della Scandinavia e di alcune zone della Germania orientale, la cosiddetta mitteleuropa (o Europa centrale) è stata quasi interamente colonizzata dai romani, con tutte le conseguenze del caso nello sviluppo dell’autonomia religiosa. Dunque noi possiamo (e dobbiamo) portare avanti la tradizione mitteleuropea.

Il ragionamento fatto poc'anzi può essere valido per i lettori vicini al mio kindred e che vivono in una zona sensibile al discorso sopra citato, ovvero i lettori che si trovano tra il Triveneto, l’Austria, la Svizzera orientale, la Slovenia e la Baviera. Sono tuttavia numerosi anche i lettori provenienti dal resto d’Italia, per questo trovo utile affrontare, anche se solo a grandi linee, il ragguardevole passato longobardo.

Il ragionamento fatto poc'anzi può essere valido per i lettori vicini al mio kindred e che vivono in una zona sensibile al discorso sopra citato, ovvero i lettori che si trovano tra il Triveneto, l’Austria, la Svizzera orientale, la Slovenia e la Baviera. Sono tuttavia numerosi anche i lettori provenienti dal

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resto d’Italia, per questo trovo utile affrontare, anche se solo a grandi linee, il ragguardevole passato longobardo.

Tra i testi che io consiglio sempre a chi si approccia a questo mondo vi è sempre il nome di Paolo Diacono (storico longobardo) e della sua più esauriente opera: Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi). E’ fondamentale per ogni eteno italiano conoscere questo popolo, la sua storia, la sua evoluzione, le sue usanze ed i suoi Dèi, per capire l’approccio più importante e significativo che le genti del nord hanno avuto per la cultura dell’epoca e che si riflettono limpidamente in alcuni aspetti anche nella cultura italiana di oggi.

Sarebbe fazioso affermare che l’Italia è nata per volontà di questi Germani dell’Elba, tuttavia non si può negare la loro importanza nella nascita del concetto di Italia come unica entità politica e non parte di un impero (come può essere stato quello romano). Fu infatti Alboino, il Re Longobardo che portò il suo popolo in Italia, a fregiarsi per primo del titolo di Dominus Italiae (che diventerà Rex Italiae solo alla fine del Regno Longobardo, con Carlo il Franco). E’ dunque di fondamentale importanza, e continuo a ribadirlo, che gli eteni italiani seguano la tradizione etenistica longobarda, esattamente quella che il Fato ha voluto che raggiungesse la nostra terra.

Impariamo anzitutto e soprattutto, ma non lo spiegherò io qui per non dilungarmi, a chiamare gli Dèi con i nomi che gli sono stati posti dai nostri padri spirituali Longobardi: Odino ad esempio è una italianizzazione dello scandinavo Odinn, non troverete che i Longobardi abbiano mai chiamato così il padre degli Dèi, loro lo chiamavano Godan, diretto derivato del suo nome in Alto Tedesco

ovvero Wotan, o ancora la principale divinità della stirpe dei Vanir che gli scandinavi chiamano Freya, per i Longobardi diventa Frea che va inoltre a creare un forte sincretismo con quella che nella cultura scandinava è invece la moglie di Odino: la Dea Frigg.

Questo nuovo approccio ci permetterebbe innanzitutto come eteni italiani di distaccarci dal cordone ombelicale della corrente scandinava, alla quale siamo rimasti quasi parassiticamente attaccati dagli anni ‘70 fino ad oggi, o almeno, questo è il mio auspicio, che si sviluppi un modo di intendere l’etenismo che sia italiano e che non abbia paura di chiamarsi italiano: le fonti ci sono e dobbiamo solo uscire dalle ali della chioccia che per gli eteni del Belpaese è rappresentata dalla sopracitata corrente scandinava.

Anche per i Germanici il problema è simile a quello italiano: sono pochi i gruppi di Heidnischen tedeschi e quelli che ci sono risultano frammentati e pseudo-segreti, credo che questo sia dovuto all'accostamento che tende a venire fatto soprattutto in Germania tra gli eteni ed il nazionalsocialismo. Anche l’ambiente tedesco piange la carenza di una filosofia etena propria, un paradosso se pensiamo che è proprio la letteratura germanica che ci dà le fonti principali della fede etena; tuttavia questa caccia alle streghe operata nei nostri paesi, non ci permette (salvo rare eccezioni) di spiccare il volo, cosa che sono riusciti a fare ad esempio gli eteni di tradizione Slava e quelli di tradizione Anglosassone, cosa che auspico nel minor tempo possibile sia per l’Italia che per la Germania.

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LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD

Goti, il popolo del Dio: il vero e il falso sull’origine dell’etnia

Identificare secondo indicatori generalizzanti: questo l’errore in cui si incorre maggiormente quando si parla del ‘popolo del dio Gaut’.

di Alex Woodland

È opinione generale identificare i Goti dalla sola lingua gotica dei Germani orientali, idioma considerato un'espressione della loro etnia. Quest’affermazione è sicuramente corretta riguardo i Goti della Vistola al tempo di Tacito e successivamente. Tuttavia, questa non è la verità assoluta né per i Goti della Vistola né per gli altri Goti. In Italia, ad esempio, è comune, quando non si capisce il dialetto di qualcuno è d’uso dire; quello là parla ostrogoto.

Secondo me, l’indicatore più importante della loro etnia, a prescindere dalla lingua parlata, è l'ascendenza cultuale che i Goti hanno nei confronti del dio dell’origine Gaut.

Questo è il fattore principale che univa tutti i Goti fino al passaggio del Limes nel 376. Le lingue germaniche fin dall'inizio delle migrazioni erano abbastanza simili tra loro da permettere la comprensione reciproca delle varie tribù. Più tardi, sarà, l'arianesimo il collante etnico arrivando alla graduale dissoluzione della tradizione Gota con la conversione nel 587 di Recaredo I, re dei Visigoti, al cattolicesimo.

Vediamo quindi, che oltre ai Goti della Vistola, esistevano anche i Gutar, i Gautar, gli Jutar e i Gotlandi per non parlare dei controversi Geati, i quali, come i Gutoni, hanno tutti nel nome la chiara radice derivante dal loro antico progenitore Gaut/ Geat.

È interessante notare come tutti i popoli che veneravano Gaut/Geat siano collegati alla Scandinavia o asserivano di provenire da quelle terre, inclusi alcuni Sassoni, ma per quanto riguarda la probabile origine dei Sassoni dobbiamo presumere una mescolanza con Angli e Juti.

Per quanto riguarda Snorri Sturluson, tra l'altro, in Heimskringla, fa riferimento a Glum Geirasson, lo scorbutico alla corte di Harald Gråfäll, e a Glum Geirasson.

Harald Gråfäll, nell'ode a Erik Bloodax dice: “... sendi seggja kindar sverðbautinn her Gauti” che potrebbe essere tradotto come “mandò i suoi, l'esercito, al morso della spada di Gaut, cioè a morte”.

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STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD.

Gaut è in questo contesto, come Óðinn, il dio della morte. Sedilius, Nennius e Asser si riferiscono a Geat come ad un antenato e dio pagano.

Recita Sedilius: “Cum sua gentiles studeant figmenta poatae Grandisonis pompare modis, tragicoque boatu Ridiculoue Geta seu qualibet arte canendi (Quando i pagani si sforzano di sfoggiare in pompamagna le finzioni del loro poeta Grandisonis con i loro tragici lamenti al ridicolo Geta o qualsiasi altro ridicolo canto).

Nennius, Historia Brittonum, in riferimento a tre navi provenienti dalla Germania e sbarcate in Britannia: ”in quibus erant hors et hengist, qui et ipsi fratres erant, filii guictgils, filii guicta, filii guecta, filii uuoden, filii frealaf, filii fredulf, filii finn, filii foleguald, filii geta, qui fuit, ut aiunt, filius dei. non ipse est deus deorum, amen, deus exercituum, sed unus est ab idolis eorum, quod ipsi colebant”.

Ovvero “tra i quali c’erano Horsa e Hengist, fratelli e figli di Wihtgils. Wihtgils era figlio di figlio di Witta; Witta di Wecta; Wecta di Woden; Woden di Frithowald; Frithowald di Frithuwulf; Frithuwulf di Finn; Finn di Godwulf; Godwulf di Geat, che, come si dice, era figlio di un dio, non del Dio degli dei, amen, il dio degli eserciti ma la progenie di uno dei loro idoli e che essi celebravano”.

Il dotto cristiano qui intende che Gaut non era “nostro Signore Gesù Cristo” (che prima dell'inizio del mondo, era con il Padre e lo Spirito Santo, co-eterno e della stessa sostanza, e che, per compassione verso la natura umana, non ha disdegnato di assumere la forma di un servo). Tra le righe, Nennius intende che si trattava del figlio di un dio in carne ed ossa che nulla aveva a che fare con l’idea “neoplatonica” del dio cristiano teologizzato dalla chiesa.

+ LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD.

Asser dice: “Qui Geata fuit Taetuua; qui fuit Beauu; qui fuit Sceldwea; qui fuit Heremod; qui fuit Itermod; qui fuit Hathra; qui fuit Huala; qui fuit Beduuig; qui fuit Seth; qui fu Noe; qui fu Lamech; qui fu Mathusalem; qui fu Enoch; qui fu Malaleel; qui fu Cathra; qui fu Huala; qui fu Enoch; qui fu Malaleel; qui fu Cainan; qui fu Enos; qui fu Seth; qui fu Adam".

“Geat era figlio di Taetwa, che era figlio di Beaw, che era figlio di Sceldi, che era figlio di Heremod, che era figlio di Itermon, che era figlio di Hathra, che era figlio di Guala, che era figlio di Bedwig, che era figlio di Seth, che era figlio di Noè, che era figlio di Lamech, che era figlio di Matusalemme, che era figlio di Enoc, che era figlio di Malaleci, che era figlio di Cainiano, che era figlio di Enos, che era figlio di Seth, che era figlio di Adamo”.

In questo caso la discendenza di Gaut è fatta risalire direttamente a Noè e Adamo, in accordo col Prologo dell’Edda di Snorri, si noti che si fa menzione di Seth e non di Sem, Jafet o Cam, quale figlio di Noè.

Credo che questo sia un errore (o una fonte alternativa a me sconosciuta) dell’autore che forse intendeva Jafet, secondo cui tradizionalmente alla sua discendenza corrispondono i Greci e il resto degli Europei.

Non si creda comunque che questo sia un retaggio cristiano o ebraico, perché le vicende delle origini del genere umano contenute in “Genesi” e quindi nel vecchio testamento, non sono esclusive del popolo ebraico perché i tempi della narrazione fanno riferimento ad un’epoca precedente, in cui questo popolo ancora non esisteva essendo il frutto della discendenza successiva di Sem, altro figlio di Noè che Snorri chiama Nói

Qualcuno potrebbe obiettare che Tacito chiamasse i popoli scandinavi Ingaevones e li collegasse al culto di Nerthus. È un dato certo che la popolazione in generale rendeva culto alle divinità della fertilità e che il culto di Gaut e Óðinn almeno per un certo periodo di tempo fosse adesclusivo appannaggio dei capi tribù, che comunque praticavano anche il culto della fertilità come mezzo di comunione col popolo in equilibrio con il loro status di garanti della prosperità e del benessere di tutti.

Si tenga presente, tuttavia, che ciò che dico sul culto di Gaut è necessariamente un'ipotesi basata su fonti e analisi personali che pur avendo un riscontro oggettivo rimangono tali.

Herwig Wolfram scrive tra l'altro che il più antico di Ostrogota, il re dei Goti del Mar Nero, è Amal, con cui inizia la storia degli Amali, ciò è stato il massimo che gli Amali hanno potuto raggiungere, dal momento che il loro clan esisteva da poco. Nonostante tutto avevano anche loro un'ascendenza divina.

I Tervingi prima della battaglia invocavano divinità e spiriti ancestrali getici ma più antico di Amal è Gaut e degli Amali i Gautar scandinavi.

Questo schema è supportato dalla menzione di Hulmul, figlio di Gaut e padre dei Danesi, che dimostra ancora una volta l'ascendenza scandinava. Inoltre essi, i Gautr, discendono dagli Aesir.

Si diceva che il clan Amal discendesse dal dio. Giordane spiega le origini gotiche come segue: "Ora il primo di questi eroi, come essi stessi raccontano nelle loro leggende, fu Gaut, che generò Hulmul. E Hulmul generò Augis; e Augis generò colui che era chiamato Amal,

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+ LA STORIA DEGLI
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UOMINI

da cui il nome degli Amali. Athal generò Achiulf e Oduulf. Ora Achiulf generò Ansila ed Ediulf, Vultuulf e Ermanarico”.

Hulmul o Humli-Hulmul, è considerato il padre divino del Popolo danese. Ermanarico (indicato anche come Ermanaricus o Hermanaric), è identificato come a Greuthungian re che ha governato i territori della moderna Ucraina. Ermanaric segna la decima generazione e la prima generazione ad essere supportata da resoconti storici.

Óðinn è un termine più recente, ma comunque Gapt/Gaut è l’antenato originario ed Óðinn è anche detto Gautar dell’umanità. L’antico il capostipite, padre degli uomini.

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Folköi e tradizione: come nascono le leggende popolari?

“Le storie combattono per le loro vite tra realtà e credenze popolari”. Ecco cosa ci racconta la ricerca del folklore e della storia del popolo eteno, dall’occhio di Einar Ólafur Sveinsson.

di Ylenia Oliviero.

17 2023 + SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

Come nascono le leggende popolari? Con questo articolo cercheremo di rendere onore ad uno dei più grandi esperti di folklore islandese, Einar Ólafur Sveinsson, cercando di esporvi alcuni dei suoi princìpi cardine che ci hanno spinto nel recupero della tecnica folkloristica, per riesaminare la storia del popolo eteno

La nostra ricerca si fonda sulla tesi del recupero del folk quale seme della pratica legata al “Tröld”, che identifica il nostro culto.

La prima fase che traccia Sveinsson è la localizzazione della nascita dell’evento, che si racchiude nel racconto popolare, di cui si fanno e si ripetono i resoconti. Gran parte della storia reale e le sinergie vengono perse o dimenticate, quindi è essenziale operare la cronologia portante su cui erge il racconto.

“Le storie combattono, per così dire, per le loro vite, e la loro sopravvivenza dipende dal fatto che le trovino divertenti, eccitanti o commoventi, o siano connesse con le cose che le sostengono e le rendono interessanti.

Tali storie sono più adatte della maggior parte per essere conservate nella memoria popolare, e la maggior parte di queste vengono anche archiviate per non esser gettate totalmente nell’oblio”.

Con queste parole Sveinsson ci consegna una consapevolezza, ovvero che effettivamente la storia non si conserva oralmente a lungo senza alterazioni. Assume la forma consueta delle storie orali e gli incidenti su cui si basa sono cambiati.

Un certo numero di storie riguardanti persone nascoste o elfi tratti da Eiríkur Ólafsson della narra-

tiva di Brúnir - nota Sveinsson - ci porta a vedere come il materiale si altera impercettibilmente attraverso l'inconscio lavoro dei narratori.

È necessario per un ricercatore del folklore una comprensione leggermente diversa per catturare un aspetto della storia e darle quella “nuova” direzione prima che questa venga drasticamente modificata.

Le credenze popolari e le leggende popolari vanno prontamente assorbite, e la nuova storia che si genera ne è influenzata. L’influenza del nuovo fa parte di un ricordo europeo che va essenzialmente confutato con i dati archeologici od epigrafici in nostro possesso, per attivare la natura nozionistica del racconto. Questa elemento si accorpa alla credenza popolare che permea di tradizione.

Il resoconto di un evento reale si trasforma così a poco a poco in una storia popolare e non è facile determinare quando avvenga effettivamente la trasformazione. Così chiunque e tutti sono in parte artefici della storia, e tutti coloro che la raccontano contribuiscono alla sua forma finale.

Sebbene la credenza popolare sia la fonte primaria di molte storie popolari, va tuttavia osservato che i desideri dei narratori e del pubblico sono di grande importanza. Molte storie popolari possono essere giustamente chiamate fantasie oppure appagamento dei desideri e in gran parte si attingono più dai desideri o dai sogni delle persone che dall'esperienza reale.

Gli esempi più ovvi sono storie di caccia e pesca di successo per mezzo di abilità superlative, che spesso sono pura finzione, ma lo stesso spirito anima anche molte storie di uomini che superano

18 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

o ingannano esseri malvagi che altrimenti sarebbero troppo pericolosi per l'umanità, come nel mondo di Sæmundur il Saggio

Il "die Lust zum Fabulieren" di Goethe che riprende Sveinsson, è un fattore molto forte di quella composizione umana di cui stiamo accennando.

Raccontare una storia è un impulso umano primitivo, specialmente quando la storia attanaglia il pubblico, in modo che ne sia affascinato o spaventato, intento o nervoso. Mentre questo è in corso, c'è la sospensione totale dell'incredulità.

Il narratore è così legato al suo pubblico in tutto e per tutto, quanto un poeta ai suoi lettori. Il compito nostro sarà allora di recuperare anche quei momenti di “alterazione” che nascono da uno scambio storico ed antropologico che non contamina ma feconda il prodotto che noi ricercatori possiamo esaminare.

Lo scopo principale di tale azione è stato quello di fornire un quadro generale delle storie popolari, delle loro caratteristiche esterne ed interne e della loro diffusione, indipendentemente dalla nazionalità.

Islanda e racconti popolari islandesi.

Veniamo ora all'Islanda, e consideriamo più in dettaglio come hanno avuto origine i racconti popolari islandesi e da quali materiali sono stati costruiti.

Per la terra islandese le credenze scomparse sono in realtà conservate in storie fittizie nate da antichi miti. Chiunque confronti le storie popolari islandesi e danesi noterà presto una grande differenza, anche se potrebbe non essere così

facile verificare esattamente dove si trova.

Accanto alle loro controparti islandesi, le storie danesi possono sembrare leggere e senza pretese, psicologicamente precise e umane, mentre quelle islandesi sono selvagge e su larga scala, aspre e coloratissime e di maggiore forza immaginativa.

Lo stesso emergerebbe dal confronto con le storie dell'Europa centrale, poiché viste dalla lontananza dell'Islanda sembrano a prima vista molto simili a quelle danesi.

Nella maggior parte delle storie non islandesi il padre si sposa una seconda volta senza che ne venga fatta alcuna caratteristica particolare, la matrigna invece diventa sempre la strega crudele.

19 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

+ SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

In opposizione, nelle storie islandesi, la strega ha un ruolo realistico e fondamentale.

Nei racconti islandesi la stregoneria più oscura è evidenziata con onore e sfrontatezza. Il consumo di carne umana e altre atrocità commesse dai troll sono quelle che hanno più presa, anche rispetto alle storie islandesi su orchi meravigliosi.

Quando arriviamo alle storie di fantasmi è sufficiente menzionare gli spiriti e gli invii richiamati dal morto per carpire che la necromanzia e le arti oscure di mutamento sono essenziali per fornire a noi ricercatori una meravigliosa chiave di lettura antropologica.

Le storie religiose (sulla punizione divina, l’innocenza e la colpa e così via) hanno presumibilmente stretti parallelismi in altri paesi europei. Grazie a queste opere abbiamo estratto tracce fondamentali per il nostro culto, poiché: “La tradizione popolare scandinava come pienamente affrontato in HelVíti, ha di base nel suo Folköi una parte dell’anima umana, che viene solitamente chiamata “Hug” (hu danese, svedese håg).

Si riferisce alla vita mentale dell’individuo, alla personalità, ai pensieri, ai sentimenti e ai desideri, che spesso sono radicati nella vita terrena, e per questo, dopo la morte, diventano le manifestazioni spiritiche.

Ci sono varie e complesse concezioni dell’Hug che assorbono la maggior parte della tradizione scandinava, dalla letteratura medievale dell’Islanda alle credenze e leggende popolari più recenti. Si credeva che l’Hug potesse influenzare sia gli oggetti animati sia quelli inanimati. La deliberata manipolazione dell’Hug è la base di ogni magia.

L’abbraccio può manifestarsi in modo invisibile o può assumere una forma (Hamr). In alcuni casi, la forma assunta dall’Hug si è sviluppata in un essere sovranormale indipendente, come esemplificato dalle molte tradizioni sull’incubo.

Altre importanti proiezioni dell’Hug includono la Vord (svedese «vård»), che è una sorta di presenza che accompagna l’individuo; l’anima del sogno, che lascia il corpo durante il sonno, il così noto corpo astrale; il Vardöger o Fyreferd (svedese «förfäl»), un’esperienza visiva o uditiva che presagisce l’approccio di una persona; l’anima libera, che è l’anima inviata dal corpo in volo magico. Il ruolo della mente «evolutiva» che risiede nell’Hug, ha fondamentale importanza per la tracciatura del folk in esame.

Fonti: (Est. Laugrith Heid, Tröld*R: il _Fjölkynngisbók_- Magia, Stregoneria e Folk Nord Europeo, ed. Anaelsas).

20 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org

DEI O UOMINI?

LA PARTE UMANA DELLA DIVINITA’ ANCHE NELLA CULTURA NORDICA

La differenza tra il divino e il terreno, tra l’etereo e il materiale. Così come gli eroici protagonisti delle saghe possono essere considerati a tratti la versione umana delle divinità, cosa c’è di noi negli Dei? Un cambio della prospettiva, anche nella cultura, ci suggerisce che essi riescano ad affascinarci forse anche per il loro essere, in fondo in fondo, degli umani.

21 2023 + SAGHE
NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.
Di Stefano Ragazzo

Quando si pensa agli Dei si ha la cattiva abitudine di pensarli eterei, quasi incorporei e perfetti. Chi segue questo culto sa che non è così. Durante il mio percorso ho capito che più si studia, più si vivono gli Dei, più ci si rende conto della loro materialità

Mi spiego meglio. In questo piccolo articolo voglio soffermarmi e farvi pensare ad una questione poco discussa (da quel che vedo in giro), ovvero la parte umana degli Dei. Da dove traggo questo pensiero? Il primo riferimento va ovviamente fatto alla Saga degli Ynglingar, dove possiamo quasi ripercorrere passo dopo passo il percorso intrapreso da Odino; vederlo sotto il ruolo di comandante di un esercito per poi morire non per il Ragnarok, ma per cause umane

Quando lessi questo passaggio in live sul mio canale YouTube, rimasi stupito e con me molti altri. E da questo punto in avanti mi sono spesso domandato: ”Vi è davvero una differenza tra l'Odino dio e l'Odino comandante? Oppure, più semplicemente, sono entrambe due facce della stessa medaglia?”.

Come capitò anche per il dio Bragi potremmo seguire il medesimo ragionamento: una persona talmente abile nelle poesie e talmente amata dalla popolazione che venne elevato a divinità. E la conferma mi è arrivata leggendo il primo libro delle Gesta Danorum, dove vediamo riportato lo stesso peregrinare di Odino citato nella Ynglingar, ma da un punto di vista diverso.

Tuttavia, si tratta delle stesse vicende. Quindi che differenza troviamo tra divinità e umano? Dove si segna la linea per distinguere questa differenza?

A parer mio la si traccia per comodità di espressione, nel senso che per trasmettere un messaggiounivoco e di etica, ci si affida al lato mistico/divino (prendiamo ad esempio l'Havamal, per intenderci).

Per capire invece il perché di tale grandezza, arrivata fino ai giorni nostri, si deve esaminare per forza la storia umana di tali divinità. Prendendo ispirazione da entrambe le facce di ogni divinità si può costruire il proprio percorso: uomini innalzati grazie ad un percorso interiore, come lo stesso Odino fece. E come lui molte altre divinità.

22 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

IL BACIO SOTTO IL VISCHIO:

UNA TRADIZIONE CHE DERIVA DA UN MITO NORDICO?

di Redazione.

La tradizione di baciarsi sotto il vischio, tipica delle feste invernali. Chi non ne ha mai sentito parlare? Le leggende legate a questa particolare pianta, un piccolo ramoscello dalle foglie color verde brillante e bacche bianche che si sviluppa senza radici, sono diverse e molto antiche. L’usanza del bacio nascerebbe tuttavia dalla rivisitazione di una leggenda nordica. Il mito nordico in questione è quello della morte di Baldr.

Figlio di Odino e Frigga, che nella mitologia norrena è dio di luce, bellezza, giovinezza e coraggio, viene infatti ucciso a causa di un inganno ordito per gelosia dal fratello, il Dio Loki, l’ingannatore.

Tormentato da terribili sogni che avrebbero anticipato la sua morte, Baldr suscita la preoccupazione di Odino, il quale preso da grande preoccupazione decise interrogare una volva sul suo destino, scendendo negli inferi, il regno di Hel. Alla conferma del triste presagio, Frigga fece giurare fedeltà ai quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco), a tutti gli animali e alle piante per proteggerlo da tale minaccia.

Tutti confermarono che non gli avrebbero mai fatto alcun male, comprese le stesse malattie e i veleni, che si impegnarono a non colpirlo. Accortosi della grande protezione conferita dagli Dei a Baldr, il fratello Loki decise quindi di recarsi da Frigga travestito da donna per interloquire con lei. L’ingenua madre raccontò di avere fatto appello a tutte le forme di vegetazione tranne una. “Si tratta - disse Frigga - di una piantina che cresce a

occidente del Valhalla, troppo giovane per essere sottoposta a giuramento. Il suo nome è vischio”.

Loki, una volta acquisita l’importante informazione, si affrettò a staccarne un rametto per poi fare ritorno dagli Dei, che nel frattempo si erano raccolti intorno a Baldr per testare la sua ormai totale invulnerabilità a qualsiasi attacco. Tutti tranne l’altro fratello, il Dio cieco Höor, che a causa della sua cecità era rimasto in disparte.

“Devi giocare insieme con gli altri, per dare a Balder lo stesso onore. Ti mostrerò io dove sta, prendi questa freccia ed eccoti l’arco”. Invitato da Loki a lanciare anche lui qualcosa a Baldr, che nel frattempo gli mise in mano la piccola pianta trasformata in freccia, l’ignaro Höor su indicazione del malvagio, e convinto di rendere omaggio al fratello, trafisse e uccise quest’ultimo con il vischio.

Come triste epilogo Höor verrà ucciso a sua volta in seguito al pur inconsapevole omicidio. Nemmeno Loki tuttavia sfuggirà al suo castigo. Imprigionato da Thor, sarà costretto alle catene fino al Ragnarok, mentre Baldr, rimasto negli inferi, attende di regnare sul nuovo ciclo della luce (la dea della morte, Hel, promise che egli sarebbe potuto tornare sulla terra se ogni creatura vivente avesse versato lacrime di dolore per lui. Ma un altro inganno di Loki travestito da gigantessa Thok, mandò a monte il piano. Le sue “lacrime asciutte” condannano infatti Baldr ad attendere la fine dei tempi.

23 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ SAPEVATE CHE...

Secondo una delle versioni attribuite al mito, Frigga stabilì dunque da quel momento che qualsiasi creatura si fosse trovata sotto un ramo di vischio avrebbe cancellato inimicizie e odio, cercando la riappacificazione con un bacio.

Nella realtà di un ulteriore approfondimento, al di là delle successive riproposizioni culturali e rivisitazioni, la morte di Baldr il Buono è dunque narrata nello scontro tra luce e tenebre, in un mito di sacrificio e rinascita. Nella Völuspá si racconta che Frigga non pianse per Baldr, che riflette prima di tutto il concetto del sacrificio, ma per il dolore di avere riconosciuto, che la sua morte presagiva la scomparsa degli stessi Dei nel Ragnarök.

La fine del mondo porterà al trionfo delle forze del caos e la fine del regno di Odino.

POETI, EROI, VICHINGHI:

IL FASCINO DEL MONDO NORDICO.

I Vichinghi avevano la loro idea dell'uomo perfetto. Questa ci viene presentata in Rigspula: il giovane capo vichingo in tutta la sua gloria, il conte biondo dagli occhi penetranti, cavaliere e cacciatore impavido, abile con tutte le armi da guerra, il condottiero che conquista uomini e terre e il cui figlio diventa re. L'immagine è forse un po' dozzinale e appariscente. Un'impressione migliore dell'ideale vichingo si trova nelle figure eroiche, sia dei racconti norreni che della storia vichinga. Alcune di queste figure affondano le loro radici nella terra nordica, altre in quella della Germania meridionale, ma qualunque sia la loro origine erano figure reali e vitali nell'immaginario. Bjarka e Hjalti sono due esempi: Entrambi furono fedeli alla morte al fianco del loro re ucciso Hrolf.

+ PAGANESIMO DAL MONDO.

Altri esempi sono: Starked, lo spietato flagello della timidezza; il saggio Amleto; lo scaltro Ragnar Lodbrok; i fieri e fatali amanti Hagbard-Signy e Sigrun, la cacciatrice di Helgi Hunding, i cui amori durarono oltre la morte. C'è anche la grande tragedia dei Volsung, con il suo fatale triangolo di relazioni tra Sigurd, Brynhild e Gudrun. La forza con cui Sigurd uccisore di Fafni ha catturato l'immaginazione norrena è dimostrata dalle numerose rappresentazioni di questo ciclo di saga, in pietra e legno, provenienti dalla Svezia, dalla Norvegia e dall'Isola di Man. E non dimentichiamo tra gli eroi Volund (weland) il Grande Vendicatore.

Nella storia della Scandinavia non c'è dubbio che Cnut il Grande, Olaf Tryggvason, Sant'Olaf, Harald Hardrada e altri furono investiti ai loro tempi di tutta la gloria degli eroi popolari. Questi uomini sono le figure, sia della leggenda che della storia, che mostrano gli attributi che i Vichinghi più veneravano e cercavano di emulare: il coraggio, l'audacia, l'abbandono all'amore, il disprezzo per la morte, la munificenza, la forza d'animo, la fedeltà; e, dall'altra parte della bilancia, la spietatezza, la vendetta, l'odio derisorio e l'astuzia. Questi sono gli ingredienti con cui le saghe islandesi del Medioevo, con le loro grandi tradizioni, ricreano gli eroi della scomparsa epoca vichinga.

La poesia skaldica norvegese e islandese è una forma letteraria elaborata, vincolata da regole rigide. La sua complessità è simile a quella dell'arte ornamentale contemporanea. Fa uso dell'allitterazione e presenta anche una rima interna al verso. I suoi praticanti usano circonlocuzioni pittoresche, metafore vivaci che evitano il nome comune di una cosa, e le complicate forme dei versi sono costruite su regole rigorose. Non era facile padroneggiare la difficile arte dello skald.

Le circonlocuzioni a cui si fa riferimento - kenningar - erano molto ammirate dagli scandinavi, che amavano gli enigmi e gli indovinelli quanto la vivacità dell'espressione.

I migliori kenning non sono solo un ingegnoso gioco di parole, ma l'espressione poetica di un'esperienza. Ecco alcuni esempi. Il primo skald norvegese di cui si abbia notizia, Bragi il Vecchio del IX secolo, descrive la fila di scudi sulle fiancate di una nave da guerra come "foglie sugli alberi della foresta del re del mare". Le scene di battaglia sono le preferite dagli skald. La battaglia viene definita "la tempesta ruggente di Odino", "il canto magico delle Valchirie" e "l'urlo della lancia". La nave è chiamata "il destriero delle onde", la spada "il pesce della tempesta", la freccia "l'ape che ferisce". Il più grande di tutti gli skald norreni conosciuti, l'islandese Egil Skallagrimsson, chiama le onde lungo la costa rocciosa della Norvegia "la cintura costellata di isole che circonda la Norvegia"; e per descrivere il modo in cui i suoi amici all'interno di questa cintura gli regalavano bracciali d'argento usa immagini fiorite come "lasciano che la neve del crogiolo [l'argento] cada sull'alta montagna del falco [il braccio]".

Sembra che alla fine dell'epoca vichinga quasi tutti gli skald fossero islandesi. L'ultimo skald norvegese di rilievo è Eyvind Skaldaspillir, mentre i più grandi skald successivi sono islandesi: il poeta d'amore Kormak e i due poeti di corte di Sant'Olaf, Sighvat e Thormod. Quest'ultimo fu l'uomo che coniò il bon mot mentre si strappava una freccia dal cuore nella battaglia di Stiklestad. Egil Skallagrimsson ha una tecnica impeccabile e un'ampia gamma di sentimenti, capace di esprimere passione, terrore, vendetta e felicità; dopo la morte del figlio scrisse il poema "Sulla perdita dei figli" (Sonatorrek'), in cui l'odio e l'amarezza iniziali

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si sommano a una calma equanimità finale.

È un esercizio allettante, ma pericoloso, confrontare la poesia vichinga con l'arte decorativa vichinga. L'ornamento animale innaturalistico del primo periodo intorno all'800 fu sostituito (a) nel IX secolo da uno stile animale naturalistico ("la bestia che afferra"), (b) nel X dal motivo del nastro di Jelling e (c) nell'XI dal motivo della "grande bestia". Quali corrispondenze si possono trovare con la poesia vichinga dal IX all'XI secolo? Lo studioso norvegese Hallvard Lie ha tentato di tracciare uno sviluppo paragonabile dello stile metrico, ma la definizione di tali paralleli sembra estremamente difficile.

Il più grande poema islandese sopravvissuto è Voluspa "La profezia della Sibilla". Supera tutti gli altri per potenza e forza profetica, e presenta al contempo tragica cupezza e speranza ispiratrice. È la visione di una veggente di ciò che era, è e sarà. Gli Aesir sono nominati piuttosto che raffigurati. Per il poeta non sono il grande fine dell'esistenza; devono espiare le loro colpe. Al di sopra di loro c'è una forza più grande. La parte centrale del poema descrive il Ragnarok, la fine del mondo, in una grande serie di visioni. Tutto è consumato dal fuoco, ma quando le fiamme saranno spente sorgerà un nuovo sole e la vita si rinnoverà. Voluspa suggerisce che la religione degli Asir ha perso il suo potere; è chiaramente inadeguata dal punto di vista spirituale. Il poeta è pronto per un cambiamento religioso e rivela la significativa convinzione che, quando il Ragnarok sarà finito, ci sarà un solo dio, il Potente. Si tratta forse di una premonizione, di un sussurro, dell'avvento del dio cristiano? È evidente che il creatore di Voluspa era un profondo pensatore e un grande poeta.

Lo spirito vichingo, tuttavia, va oltre l'espressione ispirata dei poeti e, per comprenderne appieno il significato, dobbiamo scendere dalle altezze poetiche e vedere come questo spirito si esprimeva nella vita e nel comportamento quotidiano dei Vichinghi. Dobbiamo guardare ancora una volta, per esempio, a un poema menzionato in precedenza, l'Havamal ("I detti dell'Alto"), anche se, a dire il vero, l'oratore non è poi così alto! Il poema tratta di persone comuni nel loro contesto ordinario. Non tutti siamo eroi o principi, e ci fornisce preziosi indizi sulla condotta vichinga nel quotidiano. Qui l'accento non è posto sul valore leggendario ma sul buon senso, non sulla generosità principesca ma sulla gestione economica della casa; non sulla passione romantica ma sull'astinenza e sul rispetto per la moglie del vicino. L'Havamal è freddo e sobrio, un manuale di comportamento pratico.

27 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org + PAGANESIMO DAL MONDO.

Utilizzando quella grande parte della letteratura norvegese-islandese che presumibilmente riflette fedelmente la vita vichinga, gli studiosi hanno cercato di descrivere la visione che i vichinghi avevano dell'esistenza umana, della condizione dell'uomo e del suo ambiente. L'autorevole studioso danese Vilhelm Gronbech sottolinea, da queste fonti, due caratteristiche salienti del vichingo: in primo luogo, la sua preoccupazione per l'onore (proprio e della sua famiglia); in secondo luogo, la sua fiducia nella fortuna nella vita e nelle imprese di un uomo.

Il vichingo non prendeva nulla di più serio della sua famiglia. È un'istituzione continua, anche se gli individui al suo interno muoiono. È il padrone dell'uomo, può fare a meno di lui, ma non lui senza di lui. I suoi membri sono tenuti ad aiutarsi e, se necessario, a vendicarsi a vicenda, e l'onore della famiglia è supremo. Se un uomo commette un crimine che comporta l'espulsione dalla famiglia, si è condannato al peggiore dei destini: essere un emarginato; perché nessun uomo può essere un'entità a sé stante, fa parte del tessuto di una famiglia. Appartenere a una famiglia stimata è una benedizione rara, ma appartenere a qualche famiglia è una necessità umana. Non il tutore, l'uomo che a malapena si può dire abbia un'anima.

Se un uomo avesse fortuna, il suo onore sarebbe più florido, poiché l'onore non significa fama o fortuna, ma piuttosto stima e sicurezza. In tutte le questioni l'onore dell'individuo era anche quello della famiglia; da qui l'importanza della vendetta collettiva per un danno arrecato a un membro della famiglia. La vendetta poteva consistere nell'uccisione o nel pagamento di un risarcimento da parte del colpevole. Se si doveva pagare un risarcimento, era importante trovare il giusto

equilibrio: il prezzo non doveva essere troppo alto, né, d'altra parte, così basso da far sentire la famiglia danneggiata in difficoltà. Per trovare un equilibrio di questo tipo era necessaria una grande abilità diplomatica e il ricorso a giuramenti tali da far sì che, se il caso fosse stato invertito, la parte che aveva dato il risarcimento avrebbe comunque trovato equo il pagamento proposto. Questo principio fondamentale della responsabilità e dell'obbligo familiare deve aver creato un tratto di caparbietà nel carattere vichingo, oltre a controllare la disposizione di ogni individuo a perdonare un affronto o un torto: perché non c'era scampo dalla famiglia.

Il vichingo manteneva il suo status nella comunità non solo accettando il legame familiare, ma anche acquisendo un'ampia cerchia di ci. L'Havamal elogia incessantemente le virtù dell'amicizia; la solitudine era un destino terribile, ma muoversi tra gli amici e ricevere le loro lodi per le proprie azioni era davvero una benedizione. Per i vichinghi il plauso era come la pioggia su un prato arido. Quando uno skald cantava le lodi di un conte, tutti lo sentivano; e quando il conte lo ricompensava con un anello d'oro, tutti lo vedevano: apprezzamento reciproco! Entrambi erano felici: il conte per la fama delle sue gesta, lo skald per la celebrità della sua abilità poetica. Quando la fronte aggrottata di Egil fu appianata dal dono di un anello d'oro alla corte inglese, non fu solo l'oro a fargli piacere, ma anche il riconoscimento pubblico della sua abilità poetica. Questo genere di cose, tuttavia, aveva un inconveniente: portava a un'esagerata dipendenza da ciò che la gente diceva di uno, e anche a un'eccessiva considerazione per i commenti satirici. Il vichingo era disperatamente sensibile alla satira, alla derisione e al pettegolezzo maligno: temeva per se stesso, ma

28 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ PAGANESIMO DAL MONDO.

era pronto a infliggere queste frecciate agli altri; era ansioso di scoprire i difetti degli altri, queste frecciate al sarcasmo tagliente. Era vulnerabile alla cattiveria che amava elargire.

I Vichinghi erano un popolo complesso. Le loro radici affondavano in un'antica tradizione di libertà non feudale e per molto tempo erano stati isolati nelle loro remote terre del nord dal contatto con il resto dell'Europa. Erano coscienti di sé e naturalmente intelligenti in modo ingenuo; più sensibili a un'opportunità di azione rapida che a una di perseveranza a lungo termine; e dotati di una passione per le imprese audaci.

L'impatto dei Vichinghi fu ampio, ma solo superficiale. Senza dubbio portarono nuovi impulsi e fermenti in Europa, ma non vi operarono alcuna trasformazione politica fondamentale. Infine, erano un popolo dalle spiccate doti artistiche, di cui hanno lasciato ampia testimonianza nelle scoperte dell'archeologia e nei grandi tesori della letteratura islandese.

Tratto da “La poesia e lo spirito vichingo” (Poetry and the Viking Spirit - from https://www.wilcuma.org.uk/the-vikings/poetry-and-the-viking-spirit/)

29 2023 n. 01Gennaio 2023iltempiodellupo.org
+ PAGANESIMO DAL MONDO.

SCIAMANESIMO E DINTORNI:

RIFLESSIONI SULL’ESSENZA DELLA ‘PRATICA INDEFINITA

di Redazione

Considerata l'importanza attribuita allo sciamanesimo nelle società tradizionali dell'Eurasia settentrionale, sarebbe quantomeno deludente l’idea di non ritrovarne l’essenza e la pratica anche all’interno della società germanica tradizionale. Non sorprenderà dunque scoprire che i costumi sociali consolidati dei popoli germanici precristiani erano ricchi di elementi sciamanici.

Altrettanto importante, tuttavia, è sottolineare l’esistenza di un profilo unicamente riferibile all’area germanica di questi elementi. Al centro del complesso sciamanico germanico vi è Odino, che ispira le lavoratrici seidr e i "guerrieri-sciamani" uomini con il suo pericoloso dono dell'estasi, garantendo loro un vantaggio nelle battaglie della vita e la comunione con il mondo divino dal significato consumato.

Cosa intendiamo dunque per Sciamanesimo e in che misura era presente tra i norreni e gli altri popoli germanici pre-cristiani? Un’idea dai contorni poco definibili e incasellabili in un unico modus interpretativo e una pratica certamente non riducibile concettualmente al mero “entrare in uno stato di trance estatica per contattare gli spiriti e/o viaggiare attraverso i mondi spirituali con l'intenzione di raggiungere uno scopo specifico”.

Nei suoi tratti canonici, come anche sottolineato da Arnaud Fournet in Shamanism in Indo-European Mythologies, “il potere fondamentale dello sciamano è l'estasi, cioè la capacità dell'anima di uscire (è vero) dal corpo (senza provocare la morte...) e di vagare nel mondo intero, compreso il cielo e l'oltretomba, per diversi scopi, in particolare la guarigione e la divinazione, e anche per guidare le anime dei morti verso l’oltretomba”. Ma tale descrizione, come del resto innumerevoli altre, non servono ad esaurire la complessità delle riflessioni attorno all’argomento, né può condurre da sola alla comprensione del fenomeno preso e analizzato nella sua integrità.

La religione precristiana dei popoli germanici è ricca di elementi sciamanici, tanto che sarebbe impossibile pensare di avventurarsi in una trattazione globale nello spazio riduttivo di un’unica sede. Il nostro impegno di approfondimento guarderà soprattutto al progressivo svelamento di tutti gli aspetti caratteristici principalmente dello sciamanesimo germanico e dei popoli nordici, in una dimensione speculare che tenga conto anche del confronto con le innumerevoli tradizioni magiche e religiose di tutto il mondo, soprattutto quelle legate a un particolare popolo o luogo.

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+ SCIAMANESIMO
E SPIRITUALITA'.

La religione dei primi popoli germanici non era scritta e molto pratica, cioè basata sull'esperienza diretta. Era fluida, aperta a nuove idee e pratiche e in costante sviluppo. In questo senso è altrettanto importante sottolineare nuovamente la forma unica del modello germanico, con al centro la figura dell’UNO ISPIRATORE.

Come ampiamente sottolineato da Stefanie von Schnurbein nel suo Shamanism in the Old Norse Tradition: A Theory between Ideological Camps, “fin dall'apparizione del termine nel XVIII secolo, lo "sciamanesimo" è servito come parola di magia. “Le associazioni fatte con questo concetto, come la magia, i viaggi in un mondo ultraterreno, il contatto con gli spiriti animati e la guarigione, sono state costantemente sviluppate o glorificate a seconda del contesto storico e discorsivo. Oggi il termine "sciamanesimo" opera in diversi modi: come categoria nell'etnologia e negli studi religiosi, come concetto artistico e come forma di pratica religiosa”.

Parlando di antichità così come nei tempi moderni, nella misura in cui oggi il numero dei sedicenti o aspiranti sciamani cresce, altrettanto è necessario ricordare che lo sciamanesimo non è una pratica democraticamente e bonariamente destinata a tutti.

Un concetto questo che secondo von Schnurbein “deve essere tenuto presente quando si affronta il tema dello sciamanesimo”. Dalla tradizione dell'Antica Islanda alla pratica riconducibile alla tradizione ugrofinnica, allo sciamanesimo norreno e germanico, così come l’attenzione alla pratica sciamanica nel Seidr, nella magia guerriera e nella religione, Freia come archetipo divino di Volva, la pratica femminile e le forme ‘meno socialmente accettabili agli occhi degli uomini’,

la vastità dello studio attorno al tema è evidente. Fonte https://norse-mythology.org/concepts/shamanism/ https://berloga-workshop.com/blog/443-shamanism-in-seidr-warrior-magic-and-religion.html

Stefanie v. Schnurbein - Shamanism in the Old Norse Tradition: A Theory between Ideological Camps https://aaatec.org/documents/article/fournetar2.pdf

+ SCIAMANESIMO E SPIRITUALITA'.

IL “DIVINO SAPORE” DELL’ANTICA CUCINA.

DI COSA SI NUTRIVANO DAVVERO I POPOLI DEL NORD?

di Redazione

Tra i diversi aspetti della cultura e delle tradizioni dei popoli dell’antico Nord, quelli riguardanti alimentazione e tradizioni culinarie occupano certamente un posto di rilievo, se non altro per la possibilità di approfondimento degli innumerevoli nuovi orizzonti che si aprono nel momento stesso in cui ci apprestiamo ad avvicinarci al variegato mondo della preparazione alimentare. E poiché esso a sua volta conduce ad una serie ulteriore di approfondimenti riguardanti più sfere della tradizione e della socialità di queste genti, al netto delle dovute differenziazioni, possiamo dire che occuparci di Cucina, riportando le antiche tradizioni alla luce della dimensione moderna, potrà senza dubbio portarci nel tempo e in qualche modo a riconoscerci nelle vesti di ‘volenterosi sociologi ed entusiasti conoscitori della tradizione culinaria nordica”.

Ma cosa mangiavano davvero i Vichinghi? La rubrica Il Pane degli Dei, dedicata proprio alle molte particolarità dell’antica cucina nordica, è qui per rispondere, di volta in volta, a tutte le curiosità del caso avvalendosi della presentazione di ricette originali e rivisitazioni, in un excursus che dal passato riuscirà a riproiettarci anche verso il vasto mondo dei sapori dell’epoca contemporanea.

Coltivazione e allevamento, come è tipico del cibo prodotto da un'economia feudale: si mangiava ciò che si produceva all’interno dei propri terreni o ciò che si poteva cacciare, pescare o raccogliere. Una tipica fattoria vichinga era generalmente piccola, ma sufficientemente grande per mantenere la famiglia o la famiglia allargata ben nutrita nelle buone annate. Il cibo era stagionale, quindi in alcuni periodi dell'anno potevano avere molto cibo a disposizione e in altri molto poco.

La varietà di verdure spaziava tra cavoli, cipolle, aglio, porri, rape, piselli e fagioli. Queste colture da orto venivano seminate in primavera e raccolte alla fine dell'estate e in autunno. Le donne e i bambini raccoglievano piante selvatiche ed erbe, soprattutto verdi. Tra le verdure selvatiche c'erano ortiche, molo, crescione e quarti d'agnello. I Vichinghi coltivavano anche alcune erbe come aneto, prezzemolo, senape, rafano e timo.

Manzo, capra, maiale, montone, agnello, pollo e anatra e, occasionalmente, carne di cavallo erano tra le carni consumate. Le galline e le anatre producevano uova, quindi i Vichinghi mangiavano le loro uova e quelle degli uccelli marini selvatici. Poiché la maggior parte di essi viveva sulla costa, si consumavano tutti i tipi di pesce, sia d'oceano

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+ IL PANE DEGLI DEI.

che d'acqua dolce. E in effetti, il pesce rappresentava probabilmente un buon 25 percento della loro dieta.

Inoltre, la maggior parte delle mucche vichinghe viveva abbastanza a lungo da allevare un vitello, che veniva poi macellato per la carne. Alcune mucche, tuttavia, vivevano fino a circa 10 anni, per la produzione del latte. Esso veniva usato anche per produrre altri prodotti caseari, tra cui formaggio, skyr, un formaggio morbido simile allo yogurt, cagliata e burro. Il siero di latte acido veniva usato invece per conservare le carni cotte in inverno.

Frutta e noci

Le fattorie vichinghe comprendevano meleti e alberi da frutto come pere e ciliegie. In estate si raccoglievano i frutti di bosco, tra cui le bacche di prugnolo, le bacche di lingon, le fragole, i mirtilli e le bacche delle nuvole. Le noci venivano importate, ma le nocciole, considerate una prelibatezza, crescevano spontaneamente.

La frequenza dei pasti

Quante volte al giorno mangiavano i vichinghi? Tenendo conto delle dovute diversità ambientali e territoriali, in una tipica giornata, generalmente la famiglia consumava due pasti. Il primo, il dagmal, o pasto diurno, veniva servito un'ora dopo l'alba. Si consumava infine il nattmal o pasto notturno alla fine della giornata lavorativa. Per la colazione, il dagmal, gli adulti potevano mangiare un po' di stufato avanzato dalla sera prima, ancora nel calderone, con pane e frutta.

I bambini si nutrivano invece di porridge e frutta secca o forse latticello e pane. Il pasto serale potrebbe essere a base di pesce o carne,

stufati con verdure. Come dolce, potevano anche mangiare altra frutta secca con miele, l’unico dolcificante che i Vichinghi conoscevano.

Birra, idromele o latticello costituivano le bevande preferite soprattutto durante i banchetti che includevano gli stessi alimenti - carne, pesce, pollame, verdure, verdure selvatiche, pane e frutta - ma in una varietà maggiore rispetto al solito pasto e in quantità maggiore.

Le donne cucinavano carni, verdure e pane sul focolare, una fossa di fuoco aperta al centro della sala. La moglie vichinga arrostiva la carne allo spiedo sul fuoco o la bolliva in una pentola di pietra ollare o in un calderone di ferro. I vichinghi amavano gli stufati ricchi, quindi spesso carni, verdure e ortaggi selvatici venivano stufati nel calderone con acqua. I pani venivano cotti su pietre piatte o griglie di ferro sul fuoco. Sale e pepe erano disponibili per la maggior parte delle famiglie mentre le spezie e i cibi più esotici venivano importati e aggiunti sulle tavole dei più abbienti.

Il ciclo delle stagioni e l’alimentazione

In estate e in autunno i Vichinghi mangiavano bene, perché queste erano le stagioni in cui il cibo era fresco e abbondante. Era importante conservare e immagazzinare gli alimenti per l'inverno e la primavera, quando i cibi freschi erano finiti. Il pesce, il pollame e la carne venivano essiccati, salati o affumicati. Le verdure e la frutta venivano essiccate e conservate per l'inverno. I cereali venivano macinati e dalla farina si ricavava il pane, che veniva anch'esso conservato e immagazzinato. Anche se gli alimenti freschi erano difficili da reperire in inverno e in primavera, gli studi archeologici rivelano che i Vichinghi non soffrivano di carenze vitaminiche o minerali.

+ IL PANE DEGLI DEI.

SCELTA PER VOI:

IN QUESTO NUMERO LA RICETTA DEL PANE VICHINGO DELLA NORMANDIE

L'orzo e la segale erano i cereali che crescevano meglio nel clima settentrionale, insieme all'avena. Con questi cereali i Vichinghi producevano birra, pane, stufati e porridge. L'orzo era usato soprattutto per la birra, con il luppolo per aromatizzarla. Il pane piatto era il pane quotidiano dei Vichinghi. Si preparava un semplice impasto con avena o orzo macinati, si aggiungeva acqua e si appiattiva l'impasto su una piastra e si cuoceva sul fuoco.

La ricetta contenuta in questo numero vuole partire proprio dal cibo prediletto dagli uomini per onorare gli Dei e la vita quotidiana. Il pane o meglio, in questo caso, la focaccia vichinga.

Resti di pani piatti sono stati ritrovati nelle tombe vichinghe di Birka, in Svezia, da diversi team di archeologi. Il gusto e il sapore di questo prodotto della panificazione si basa su un'antica ricetta della Normandia, in Francia. Si ritiene che sia il più simile possibile a un'antica focaccia vichinga.

Il pane vichingo trovato nelle tombe di Birka era fatto con una miscela di orzo e farina di grano. Alcuni pani vichinghi utilizzavano anche farina di farro o avena. Potreste provare a sperimentare, mischiando anche diversi tipi di farina.

Ingredienti: UOVA BURRO MISCELA DI FARINE (vedi

NOCI TRITATE SALE ACQUA

Per la preparazione:

istruzioni)

Mettere la farina e il sale in una terrina (evitare la plastica e prediligere materiali naturali). Fare un buco al centro e versare le uova intera sbattute. Tagliare il burro a pezzetti e aggiungerlo al composto di farina e uova.

È ora di mettere le mani in pasta! Impastare il composto fino a ottenere una pasta liscia. Lasciare riposare per circa 30 minuti in un luogo asciutto.

Stendere in seguito la pasta in modo che sia abbastanza sottile. Infarinare precedentemente il mattarello e la superficie di lavoro per evitare che la pasta si attacchi.

Ripiegarla su se stessa per quattro volte. Stendere nuovamente la pasta e ripetere la piegatura, quindi formare una palla e lasciarla riposare per 15 minuti coperta da un canovaccio pulito. Stendere l'impasto in una forma rotonda dello spessore di un dito e metterlo su una teglia.

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Ora la focaccia è pronta per essere cotta! Cuocere nel forno preriscaldato per circa 30 minuti, o finché non sarà dorata. Naturalmente i Vichinghi non avevano il forno e probabilmente avrebbero cotto il pane su pietre roventi o su padelle di ghisa appoggiate su un fuoco all'aperto.

Per rendere la focaccia più dolce, potete aggiungere un po' di miele. Le noci tritate rendono la focaccia ancora più gustosa.

CUOCERE IL PANE IN EPOCA VICHINGA: QUATTRO SEMPLICI RICETTE

Pane in padella Olandese

2 dl di latte

1 cucchiaino di sale 5 dl di farina di frumento 25 g di lievito

Mescolare tutti gli ingredienti e lavorare l'impasto. Dividere l'impasto in 10 pezzi. Stendere la pasta con un mattarello per pane croccante. Cuocere senza grassi su una padella a brace viva o su una griglia all'aperto, circa 1,5 minuti per lato.

Il lievito non è necessario. Farina e acqua sono sufficienti. Potete usare la farina che preferite (orzo, grano, segale) e mescolarla in una ciotola con l'acqua, ma solo quanto basta per ottenere un impasto lavorabile. Questi panini possono essere preparati anche su pietre riscaldate, direttamente su una piastra o in una padella.

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Piccole torte d'orzo Farina d'orzo Acqua o latte Sale

Impastare la farina con acqua o latte e un po' di sale. L'impasto deve essere lavorato a lungo. Si formano quindi delle palline che vengono schiacciate e rese sottili. Queste vengono poi cotte su cocci di argilla o simili che vengono posti sulla brace.

Le torte d'orzo sono buone con la zuppa. Se si desidera una torta d'orzo più dolce, si può mescolare del miele nell'impasto. Si possono aggiungere anche altri aromi sotto forma di noci o di glande bollito tagliato.

Pane a forma di quattro trifogli 1,5 dl di farina d'orzo 0,5 dl di farina di graham 2 cucchiaini di semi di lino schiacciati 1 dl di acqua 1/2 cucchiaio di strutto 1 ml di sale

Impastare gli ingredienti fino a formare un impasto che va lasciato riposare in un luogo fresco per 2 giorni. Il pane diventa più piatto, più scuro e più saporito rispetto alla cottura diretta.

Formare 8 pani rotondi e pizzicare i quattro lati per dare la forma di un quadrifoglio. Fare tre piccole rientranze come decorazione sulla parte superiore. Cuocere in forno, a 150 gradi, per 10-13 minuti, oppure in una padella sul fuoco (in questo modo il pane potrebbe risultare leggermente irregolare).

La farina integrale con germogli e gusci dà un gusto più ricco che si adatta meglio al pane originale dell'epoca vichinga. Poiché il pane non è fermentato, è piuttosto duro e compatto.

Pane al siero di latte Farina Sale

Liquido composto per metà da acqua e per metà da siero di latte

L'impasto è fatto con farina, sale e un liquido composto da metà acqua e metà siero di latte. Formare delle palline e lasciarle riposare tutta la notte. Il giorno seguente cuocere sul focolare in questo modo: Accendere il fuoco sotto una grande roccia piatta o un coccio di argilla appoggiato su altre rocce. Quando la roccia è molto calda, posizionare l'impasto sulla roccia piatta o sul coccio.

Fonte https://www.fotevikensmuseum.se/d/en/ vikingar/hur/mat/recept/brod

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