02 - PAGANESIMO NORDICO - MARZO 2023

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Direttore Elisabetta Cardinali Vice Direttore Aron Biasiolli Impaginazione e Grafica

Il Tempio del Lupo Editore Edits www.iltempiodellupo.org

SOMMARIO.

5 EDITORIALE

Essere eteni: etica, onore e identità da Midgard agli Dei

7 ANGOLO DEL GOTHI

Un ponte per Ostara: Yule, la celebrazione della luce e la promessa della rinascita

10 ALLE RADICI DEL CULTO

La Ruota dell’Anno: le festività pagane sono tutte uguali?

12 SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE

Egill Skallagrimsson: Poesia e Furor nell’ideale dell’Uomo nordico

15 SCIAMANESIMO E SPIRITUALITA’

Il Kalevala e lo sciamanesimo Sàmi: Dei, sciamani ed eroi di Finlandia e Karelia

18 LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD

Religioni desertiche all’abuso della spiritualità

europea: la distruzione dell’antica cultura

20 PAGANESIMO DAL MONDO

Asatru islandese: 9 cose da sapere sulla pratica dell’antica religione nella terra dei mari di ghiaccio

24 DEVOTI ALLA NATURA

L’unicità dell’arco alpino: perché preservare i boschi è così importante

26 IL PANE DEGLI DEI

Porridge, Pap o Gruel? Curiosità sul pasto quotidiano degli antichi popoli nordici

30 CACCIA, GUERRA, PESCA E AGRICOLTURA

Gli strumenti per l’agricoltura nei popoli del Nord: il quern stone

32 SAPEVATE CHE...

La Dea Ostara tra regione e simbologia

34 CHI SIAMO, DOVE ANDIAMO

Etenismo in Italia: una nuova speranza

37 UNA FINESTRA SU IL TEMPIO DEL LUPO

Percorsi di formazione per un progetto di respiro

europeo

3 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org
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Essere eteni: etica, onore e identità da Midgard agli Dei.

Le radici profonde non dubitano mai che la primavera arriverà. (Marty Rubin)

Oltre ad un debitorio omaggio ad Ostara nella rinascita della luce, il secondo appuntamento con l’informazione sul mondo eteno si apre con un concetto a noi caro, quello dell’identità. Un riferimento a ciò che ci contraddistingue, o meglio che contraddistingue NOI nel mondo moderno, differenziati dalla devozione ad una spiritualità apparentemente fuori da questo tempo e in qualche modo, ma senza alcuna sorta di anacronistico senso di inidoneità, confinati nella nicchia della trattazione di argomentazioni ritenute al limite della foresta culturale odierna e del dibattito ritenuto meritevole di permanere nell’arena dell’informazione mainstream e financo di settore.

E più la presunta saggezza del nuovo mondo avanza, nella disgregazione e liquefazione di strutture valoriali e principi che si decompongono e ricompongono con estrema rapidità, maggiormente avvertiamo l’urgenza di continuare a guardare indietro, certi che solo la consapevolezza di possedere radici salde può fare di noi il sicuro punto di approdo ad una religiosità ancora più attuale, che pure si ritrova e si esplicita unicamente attraverso il retaggio di un linguaggio culturale antico, quello dei popoli germanici

Al contrario di ciò che vacilla, volatile e fluido al limite dell’incertezza, lo spirito degli Avi restituisce con disarmante solidità ciò che non è mai andato

perduto. Così come l’Yggdrasil affonda le proprie radici ed estende i suoi rami verso ogni dimensione dell’esistente, così il senso del divino si diffonde formando l’esistente. Quella realtà popolata da uomini che lasciano traccia, nella storia, della propria eredità

Lo stesso avanzare della società non deve tuttavia costituire alcun elemento di distrazione nell’opera di realizzazione dell’esistenza, richiedendo l’utilizzo di quella involontaria incoscienza dell’essere che sfugga anche all’ingegno del più ostinato degli storici. Citando l’abile Fabrizio Caramagna, se ci si fermasse ad ascoltare il lavoro delle radici, chi riuscirebbe a dormire?

Nel loro modus inarrestabile, l’esistere e l’operare, nella creazione dell’esperienza pratica della materialità, generano identità ed in quest’ultima obbligatoriamente anche la dimensione etica dell’agire: assieme alla connessione con il divino, ecco un altro dei punti focali di tutta l’idea di religiosità pagana etena nella sua dimensione antropologica, il piano reale di Midgard

La coincidenza tra i doveri etici dell’etenismo e quelli personali di natura morale riferibili all’individuo è uno degli obiettivi di ogni fedele. In questo modo il concetto di identificazione di sé e dei propri doveri e valori, come singolo o come aggregato, si rivela un elemento fondante della religiosità etena.

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+ EDITORIALE.

Un uomo d'onore era, ed è tuttora, un uomo di principi che si manifestano attraverso il comportamento sociale, tanto che l’onore continua a sopravvivergli anche dopo la morte. Ieri come ora, gli elementi di identità ed onorabilità nel rispetto di un perfetto coniugio tra etica e morale rimangono dunque tra i principi fondamentali per il percorso spirituale eteno. Non di meno la cultura della comunità, compresa la presenza del Gothi, resta l’universo ideale attorno al quale ruota la coscienza di ogni individualità.

Un’analisi questa sulla quale avremo ancora modo di ritornare che oramai abbiamo intrapreso e che continueremo a sostenere con grande motivazione anche grazie al grande esito di pubblico suscitato dalla pubblicazione di esordio della nostra rivista.

Per un ulteriore stimolo di ricerca personale e per coloro che tra voi saranno meno ferrati in materia ma certamente più famelici di conoscenza, l’etica della fede nordica si trova per lo più negli Hávamál 1-83, mentre i costumi e la vita quotidiana si trovano nei 111-137.

Oltre alle strofe, possiamo trovare informazioni sull'etica antica anche in altre saghe. Poiché l'etica e i principi degli antichi popoli germanici rappresentano un argomento molto vasto, ne consegue che ancora oggi, sebbene l’etenismo sia presente e praticato in diverse aree del mondo occidentale e post-cristiano, la questione della differenziazione dei modelli appartenenti a gruppi e comunità diverse rimanga aperta.

A voi tutti, buona lettura.

UN PONTE PER OSTARA:

YULE, LA CELEBRAZIONE DELLA LUCE E LA PROMESSA DELLA RINASCITA.

di Gothi del Tempio del Lupo

Alle porte dell’equinozio di primavera, un’attenzione particolare va dedicata al suo illustre predecessore temporale, il magico solstizio d’inverno, ricco di simbologie e significati come festa che chiude la ciclica naturalità e nel contempo la sua nuova ripartenza. Al contrario di quanto si pensi, non è l'oscurità la protagonista di questa celebrazione, bensì la luce. Una luminosità solo apparentemente sovrastata dall’avanzare delle tenebre, come si potrebbe ipotizzare dal suo fenomeno prevalente, ovvero quello della notte più lunga dell’anno. E’ così che la terra, indissolubilmente legata al Sole, assume il ruolo di ponte naturale per la prossima e feconda primavera: il perfetto equilibrio tra il giorno e la notte.

Yule è una celebrazione del solstizio d'inverno che si onora tradizionalmente in molte culture germaniche, nordiche e celtiche. La celebrazione cade solitamente intorno al 21 o 22 dicembre, che è il giorno più corto dell'anno in termini di luce solare. La celebrazione di Yule ha radici antiche e si celebrava per festeggiare il ritorno della luce del sole, poiché il solstizio d'inverno segna il punto in cui la giornata inizia a diventare più lunga. Era visto come un momento di rinnovamento e di speranza per un futuro migliore.

Una dedicazione permeata da riti atti dunque a stimolare il processo di rinascita accompagnati da falò, canti e danze Era anche un momento per ringraziare gli dei per i raccolti dell’anno appena passato e per chiedere prosperità per quello successivo. In molte culture germaniche e nordiche, Yule era associato al dio del sole e alla dea della fertilità. Inoltre, nella mitologia norrena, era associato al dio Odin e al suo figlio Balder, che rappresentavano la luce e la vita.

Una celebrazione antica e suggestiva che ancora oggi rappresenta un’occasione per passare del tempo con la famiglia e gli amici, per ringraziare gli dei per le benedizioni dell'anno passato e per chiedere prosperità per l'anno a venire. In tempi moderni, molte delle tradizioni di Yule sono state incorporate nella celebrazione del Natale cristiano, che cade intorno alla stessa data. Tuttavia, i pagani continuano generalmente a celebrare Yule come una tradizione separata. Questo succede, ad esempio, nel caso de Il Tempio del Lupo.

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+
ANGOLO DEL GOTHI.

Il Solstizio d’Inverno, portarsi a nuova luce: cosa ci ricorda la saggezza degli antichi nel nostro quotidiano?

Il solstizio d'inverno, che si verifica attorno al 21 o 22 dicembre, è il momento in cui il Sole raggiunge il punto più meridionale dell'emisfero settentrionale. Come già detto, durante questo periodo, assistiamo alla giornata più corta e alla notte più lunga dell’anno.

Nel medioevo il solstizio d'inverno aveva un significato particolare per le culture rurali, che dipendevano dalle stagioni per l'agricoltura e la raccolta delle risorse. Per queste società, esso rappresentava la fine del periodo di raccolta e l'inizio del periodo di riposo e preparazione per la stagione successiva. Era anche visto come un momento di transizione verso un nuovo ciclo di vita, anche personale, simboleggiato dalla morte e rinascita del Sole. Così come gli antichi Germani festeggiavano lo “Yule" i druidi celti intorno al medesimo periodo organizzavano il festival del Samhain, che segnava la fine dell'anno agricolo e l'inizio dell'anno sabbatico. Lo stesso Natale cristiano ha in realtà assorbito e inglobato come propri molti dei suoi aspetti, ma l’unicità della ricorrenza si deve unicamente alla

cultura e alla religione degli popoli germanici. Tra i lasciti caratteristici ricordiamo il ceppo, la decorazione dell’albero, il vischio, la realizzazione delle carpette di paglia o di vimini.

In generale, per le culture medievali il solstizio d'inverno era un momento di riflessione e di riconnessione con la natura e le proprie radici. Per questo motivo, molte tradizioni e riti associati al solstizio d'inverno sopravvivono ancora oggi e sono ancora celebrate in tutto il mondo. Nei Paesi scandinavi sia Natale che Yule sono chiamati entrambi col termine "Jul". Una parola questa che è entrata anche nel vocabolario finnico, tant'è che in Finlandia Natale è detto "Joulu".

Bentornata primavera: Ostara nell’equilibrio tra luci e ombre

L’avvento della stagione più corta ma anche la più attesa dell’anno nel calendario pagano prende il nome di Ostara. Non ci sarebbe bisogno di ricordare che si tratta di una festività pagana che ricorre solitamente intorno al 20 o 21 marzo, per celebrare l'equinozio e l’inizio della nuova stagione. Essa è legata proprio al culto della dea della primavera e della fertilità, la germanica Eostre, da cui prende il nome.

8 2023 + ANGOLO DEL GOTHI.

Vita e rinascita vengono qui simboleggiate dal ritorno alla vita. Gli antichi celebranti rendevano omaggio alla dea, ringraziandola per i doni della primavera e chiedendo la sua benedizione. In generale, Ostara rappresenta infatti la rinascita, un momento in cui tutto si ricrea, un’occasione di ringraziamento e richiesta di benedizioni per la stagione in arrivo.

Ostara è anche un momento dedicato alla contemplazione della natura e all’omaggio della sua bellezza. Molti celebranti in questo periodo dell’anno partecipano a passeggiate o escursioni all'aperto per godere tutto il fascino dei suoi colori e dei suoi profumi.

La celebrazione include spesso l'uso di simboli associati come uova decorate, fiori, miele, verdure germogliate e verde, asparagi. Le uova, in particolare, erano considerate un simbolo di vita e rinascita, e venivano spesso dipinte e decorate con colori vivaci. Le tradizioni includono anche la raccolta di fiori selvatici, l'uso di candele e l'accensione di falò per riaccogliere tutto ciò che è pronto a ritornare dopo l’inverno. Il desiderio di ritorno al nuovo si traduce spesso anche in rituali ierogamici, ovvero di unione sessuale come rappresentazione sacra della fertilità.

L'equinozio di primavera è tra il resto un fenomeno di interesse per gli astronomi e gli scienziati, poiché fornisce l'opportunità di studiare l'inclinazione dell'asse terrestre e l'effetto della luce solare sulla Terra. Da questo punto di vista si tratta di un evento che si verifica quando il Sole si trova esattamente sopra l'equatore, causando una distribuzione uguale di luce solare su entrambi gli emisferi. In questa fase, il giorno e la notte hanno la stessa durata ovunque.

E’ proprio questo il punto di partenza per la definizione delle stagioni. Con esso nell'emisfero settentrionale le giornate diventano più lunghe e le temperature si alzano, segnando l'inizio della stagione della crescita

e della fioritura. Nel contempo l'emisfero meridionale entra invece nella sua fase autunnale.

La festività di Ostara, come molte altre festività pagane, è stata soppressa con l'avvento del cristianesimo. Come nel caso di Yule, molte delle sue tradizioni e dei suoi simboli sono stati incorporati in diverse ricorrenze come la Pasqua, che cade intorno alla stessa data. Anche quest’ultima porta infatti con sé molti elementi simbolici quali l'uso delle uova decorate e dei fiori.

Così come in Europa l’equinozio di primavera è legato al concetto della fertilità, esso rappresentava un momento importante dell’anno già per molte culture antiche: l'antica civiltà egizia in questo periodo celebrava il festival di Opet, a ricordare la rinascita del faraone come figlio divino del Sole e anche oggi, in Giappone, si celebra la festività di Vernal Equinox Day, un giorno festivo nazionale, in cui le famiglie si riuniscono per mangiare insieme e visitare i templi e i santuari.

Ostara è in sintesi il tempo del rinnovamento. Perciò lasciamo che questa dea purifichi la nostra mente, riportando l'armonia dentro e fuori di noi.

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+ ANGOLO DEL GOTHI.
Bjorn - Il Tempio del Lupo

LA RUOTA DELL’ANNO:

LE FESTIVITA’ PAGANE SONO TUTTI UGUALI?

di Elisabetta Cardinali

La Ruota dell'Anno descrive in dettaglio le celebrazioni pagane legate all'alternarsi delle stagioni. Si tratta di festività che si concentrano su ciò che ogni stagione ci regala ed era prevalentemente incentrata in passato sulla gestione delle risorse alimentari e sul sostentamento. In passato, prima dell’invenzione degli orologi, dei mesi, delle settimane e dei giorni, questo strumento tradizionale era utilizzato come calendario originale. In origine infatti le culture antiche utilizzavano l’osservanza dell’avvicendarsi delle stagioni per sopravvivere, prosperare, organizzare e gestire al meglio il contesto sociale. Informazioni queste che sono state tramandate di generazione in generazione per arrivare fino ai giorni nostri.

Se dovessimo escludere coloro tra i quali è viva la consapevolezza dell’importanza di celebrare i cosiddetti ‘festival pagani’, nelle diverse tradizioni annoverati come ‘sabba’, ‘equinozi’ e per il paganesimo nordico ‘Blot’, la maggior parte delle persone o anche dei praticanti il paganesimo, probabilmente confesserebbe di sapere poco sull’argomento, o addirittura di non sapere di cosa si tratti.

Assumendosi la responsabilità di spiegare nel dettaglio la questione dei cicli annuali e delle relative celebrazioni, trattasi in questo caso di una sorta di ‘osservatorio religioso’ delle specificità pagane antiche ma anche moderne, nelle loro diverse ramificazioni e peculiarità rituali.

Al di là delle differenziazioni che avremo modo di trattare nel corso del tempo, la risposta alla domanda che più ci

interessa è la seguente: i pagani seguono la cosiddetta Ruota dell’Anno? “Sì” ma anche “No” e “DIPENDE” sono tutte in questo caso risposte generalmente accettabili.

Ciò significa che nonostante la sostanziale similarità di base che accomuna gli appuntamenti appartenenti alla suddetta, il vasto panorama religioso risulta nella realtà molto più complesso e diversificato di quanto saremmo portati a pensare, presentando al suo interno sfaccettature difficilmente riconducibili ad un nucleo unitario, diviso com’è tra correnti antiche e neopagane e la miriade di variazioni storiche e contemporanee o di differenziazioni semantiche dei termini utilizzati.

Coven o Kindred, praticanti solitari, pagani e neopagani celtici, osservatori della tradizione druidica, Wiccan, etenisti appartenenti a diverse correnti fino ai neo coniati Wolfsangisti: a livello europeo, tutti indistintamente, possono essere identificati non eredi ma piuttosto soggetti ‘ereditari’ di quelle tradizioni che contemplano la celebrazione ciclica delle diverse festività che caratterizzano la ciclicità del tempo dell’anno.

Per una maggiore volontà di definizione e per la tipologia di approfondimento che più ci sta a cuore, gli stessi Wolfsangisti, passando per la sintesi coniata dalla penna di Siegfried Blazesson, lungi dal rappresentare una corrente autonoma o separata dell’etenismo, si presentano anzi come vivi testimoni di un’elaborazione ed infine un riferimento ex novo alle tradizioni legate al paganesimo germanico.

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+ ALLE RADICI DEL CULTO.

La ruota dell’anno nordica e il labirinto delle definizioni terminologiche

Dal punto di vista del paganesimo nordico, l’Ynglinga Saga ci indica le tre feste principali celebrate dagli antichi pagani: all'inizio dell’inverno, in ottobre, a metà inverno, originariamente a gennaio e poi a dicembre e all'inizio dell’estate, in aprile. Poiché i primi pagani nordici seguivano generalmente un calendario lunisolare, queste celebrazioni avevano luogo principalmente in occasione delle lune piene o nuove.

E’ tuttavia necessario riconoscere che al giorno d’oggi, tra i medi indicatori culturali di massa riferibili alla Ruota dell’anno, ritroviamo in via principale le festività celtiche come Samhain, Imbolc, Lughnasadh o Beltane nonché quelle di derivazione anglosassone, piuttosto che quelle norrene o di derivazione popolare germanica. Un fenomeno, questo, dovuto soprattutto ad una

sorta di generalizzazione contemporanea della cultura pagana nel suo complesso, che non contempla opportunità di approfondimento e di doverosa separazione, tanta è la spinta pressapochista e dozzinale con la quale in particolare modo le correnti neopagane hanno subito un processo di semplificazione e di ‘democratizzazione’ generalista del culto.

Sebbene i suddetti termini trovino diversi riscontri nella loro radice storica, vale la pena specificare che essi, prima della definizione moderna, non sono mai stati utilizzati in riferimento ad un odierno ‘equinozio di primavera’, un ‘equinozio d’autunno’ o un ‘solstizio d’estate’. Tantomeno in essi si sarebbero identificate le festività normalmente celebrate dai popoli germanici e nordeuropei.

Ciò ci potrebbe portare a pensare che la Ruota dell'Anno come la conosciamo oggi e nelle sue differenti versioni sia arrivata nell’era contemporanea a rappresentare un concetto più moderno nei termini utilizzati

per identificarle, pur derivando da un tempo assai lontano. Tanto è vero che gli stessi termini di Litha, Mabon oppure Ostara vennero creati e successivamente istituzionalizzati nei decenni più recenti (indicativamente intorno agli anni 70’ del ‘900) dallo wiccan Aidan Kelly.

Alla luce di queste considerazioni, bisogna riconoscere che l’idea di Ruota dell’Anno, nonostante sul suo modello primario si presentino evidenti difficoltà di analisi e ricognizione di dati storici, fornisca tuttavia una solida sintesi di intenzionalità su ciò che per i popoli antichi significavano i riti temporali di passaggio basati sulla ciclicità della natura e la simbologia legata alla rotazione delle fasi solari. In essa si ritrovano ritualità, tradizioni e valori delle genti del Nord, profondamente legati alla ritmicità del tempo naturale.

Il paganesimo nordico, compreso il contesto germanico, rimane una tradizione religiosa tutt’altro che dormiente nello scenario del paganesimo europeo odierno. Lo stesso Wolfsangismo si è assunto il compito di riproporre un calendario che più si confà al sentire e alle consuetudini dei germani, intesi nel dettaglio come popolazioni germaniche tout court, ovvero quelle numerose e varie genti che appartenevano alla comunità di lingua indoeuropea, grande e indistinta, dalla quale poi si estesero per formare una massa non omogenea successivamente sviluppata culturalmente dalla Mitteleuropa fino alla parte meridionale della Scandinavia e in altri territori del Mar Baltico e del Mare del Nord.

In quanto wolfsangisti, chiamiamo le nostre festività Blót. Inizialmente, il Blót significava rafforzare le divinità. Ci sono poche fonti scritte sui rituali e sui riti sacrificali negli antichi riti germanici. L’Edda Poetica con Hávamál e Völuspá e l’Edda di Snorri Sturluson sono le nostre migliori fonti sul paganesimo e sulla religione nordica e germanica, ma Flateyjarbók alla fine del XIV secolo racconta dell’antico re Thorri, che faceva grandi sacrifici e ne faceva uno ogni anno in pieno inverno.

11 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + ALLE RADICI DEL CULTO.

EGILL SKALLAGRIMSSON:

POESIA E FUROR NELL’IDEALE DELL’UOMO NORDICO

La poetica e la vita dell’antieroe della letteratura islandese: il poeta di guerra dell'epoca vichinga, stregone, berserker e agricoltore, Skallagrimsson è stato chiamato dai più ad incarnare l’ideale dell’Uomo Nordico.

“Il finale è tutto. Anche ora sull’alto promontorio Hel sta lì e aspetta. La vita svanisce, devo andare e affrontare la mia fine Non in miseria ma con il cuore di un uomo”.

Poeta eccelso, Berserker e praticante di magia runica: queste poche parole riassumono, se pur non esaustivamente, la figura di Egill Skallagrimsson Nato in Islanda da Skalla-Grímr Kveldúlfsson e Bera Yngvarsdóttir, Egill è considerato un eroe in patria ed è celebrato dagli Asatruar il 9 dicembre con un memoriale. Pochi hanno incarnato l’ideale dell’uomo nordico in modo cosi completo e complesso. La sua lunga vita è narrata nella saga omonima, una delle più famose saghe islandesi scritta con tutta probabilità da Snorri Sturlusson, discendente dello stesso Egill da parte di madre. Ma a rendere veramente immortale lo scaldo-guerriero fu il componimento “L’impossibile vendetta per il figlio”.

L’infanzia e le faide

La sua natura particolare emerse già all’età di 3 anni quando compose la sua prima poesia. Ma insieme alle doti di rimatore, Egill ricevette anche la berserksgangr, che si manifestò già durante l’infanzia. Verso i 7 anni

fu imbrogliato da alcuni ragazzi e la cosa lo fece imbestialire a tal punto che spaccò il cranio ad uno di questi con un’ascia. Era questo soltanto il preludio ad una vita burrascosa dove fu messo continuamente alla prova. Famoso è il suo Holmgang (Duello giudiziale/ rituale) contro Berg-Önundr per questioni di eredità. Egill si macchiò inoltre dell’omicidio di un certo Bárðr, servitore favorito della regina Gunnhildr di Norvegia moglie di Harald I.

La regina non perdonò mai Egill per questo, scatenandogli contro una faida che durò molto tempo e costò la vita ai suoi due fratelli, mandati ad uccidere lui e suo fratello maggiore Þórólfr un tempo amico dei reali di Norvegia. Successivamente le cose non miglioreranno affatto con l’ascesa al trono di Eirik Asciarossa (Eirik Blodøks ). Furioso per la morte del figlio Rögnvaldr, dopo molte vicissitudini, riuscì ad imprigionare Egill e a condannarlo a morte. Ma Egill non avendo nessuna intenzione di morire in quel modo, sfruttò le sue doti poetiche per comporre un brano (drápa) di lode dedicato allo stesso Eirik.

12 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

Egill e la magia

L’utilizzo della magia intesa come stregoneria e l’impiego delle rune, è un tema assai ricorrente nelle saghe islandesi. Dopo l’ uccisione di Rögnvaldr Eiríksson, Egill maledisse i reali di Norvegia con la pratica del níðstöng o “palo dell’infamia”:

"Qui ho posto il palo della níð, e dichiaro e questa níð contro il re Eiríkr e la regina Gunnhildr," — girò la testa del cavallo verso la terraferma — "Io dichiaro questa níð contro gli spiriti di questa terra, e sulla terra stessa, in modo che tutti si smarriscano, non rimangano o trovino i loro luoghi, finché non scaccino il re Eiríkr e Gunnhildr da questa terra." Preparò il palo della níð nella rupe di fronte e la lasciò eretta; portò gli occhi del cavallo sulla terra, mise delle rune sul palo, e disse tutto con le parole formali della maledizione...”

In un altro episodio, Egill salva dalla malattia una donna la quale si era aggravata a causa dell’uso errato da parte del fratello di un amuleto runico. Si dice che Egill, notando la sofferenza estrema della donna, chiese se si fosse fatto uso di pratiche magiche. Quando vide che l’amuleto d’osso di balena,posto sotto il letto della donna, presentava una sequenza errata di rune, la corresse e la donna guarì in breve tempo.

I poemi

Il lascito più importante di Egill sono però i suoi componimenti. Egli è considerato come il più grande poeta della sua epoca ed esponente della poesia di corte (ovvero degli scaldi). La passione delle popolazioni germaniche per la poesia è ben

conosciuta e lo stesso J.R.R. Tolkien la vedeva come uno dei tratti più nobili ed elevati di questa cultura. Con tutta probabilità, nella famiglia di Egill questa virtù era un tratto ereditario tanto che, come abbiamo detto prima, compose la sua prima rima all’età di 3 anni.

Oggigiorno sarebbe stato visto come un “bambino prodigio” salvo poi mostrare il suo carattere cupo e irascibile pochi anni dopo. La principale caratteristica delle sue poesie sono le rime baciate che usò per primo nella lingua norrena oltre alle consuete “Kennigar”.

Nel Sonatorrek, "L'impossibile vendetta per il figlio" o “morte di un figlio” si narra di Böðvarr, il figlio minore che ad Egill era immensamente caro, morto durante un naufragio alla sua prima uscita per mare. Lo seppellì a Digranes, nel tumulo di suo padre Skállagrimr. Questo ennesimo lutto (il figlio maggiore Gunnarr era morto di malattia) lo prostrò a tal punto che Egill maturò propositi suicidi. Fu sua figlia Þorgerð a farlo desistere dall’intenzione di lasciarsi morire nel letto, incitandolo a scrivere dei versi che avrebbero ricordato Böðvarr per sempre. Pur essendo convinto di non riuscire a poetare per l’immenso dolore che provava, riuscì lo stesso a comporre "L'impossibile vendetta per il figlio" poema che a tutt’oggi viene celebrato come massima espressione della sua arte.

Gli altri componimenti attributi ad Egill sono Aðalsteinsdrápa, Drápa per il re Anglosassone Æthelstan, Höfuðlausn ("Il riscatto della testa") dove è narrato come si salvò dalla condanna a morte di Eirik, Arinbjarnarkviða, poema dedicato al suo amico Arinbjörn e ancora Skjaldardrápa, Berudrápa, Lausavísur e Frammenti.

13 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

L’ideale del “vichingo” nella poetica di Skallagrimssson

Nell’immaginario collettivo odierno, la figura del “vichingo” inteso come uomo del nord è ormai annacquata e edulcorata a tal punto da non avere più alcuna aderenza con la realtà storica. Se era vero che l’era vichinga fu l’ultimo periodo in cui esplorazioni, scorrerie e guerre avevano ancora una dimensione umana, era anche vero che gli scandinavi che la vissero, ebbero sempre a che fare con le leggi del posto dove si trovavano e dei regni ai quali appartenevano che, sia per tradizione che per convenienza, venivano quasi sempre fatte rispettare.

L’idea di poterle ignorare e scavalcare, anche solo per ottenere giustizia, restò sempre un romantico azzardo. La vita di Egill ci comunica a chiare lettere che si, un uomo dotato di forza e intelligenza fuori dal comune come lui poteva, se assistito dalla fortuna e con qualche aiuto di natura magica, tenere testa anche a figure come Harald I ed Eirik Asciarossa , ma che poi c’era comunque un prezzo da pagare.

La sua vita straordinaria non sarebbe risultata tale in un contesto diverso. Gli scandinavi non ancora cristianizzati, vivevano in una “bolla” dove il sovrannaturale si fondeva col quotidiano, come riportato anche in molte saghe e in particolare nella “Saga degli insediamenti”. La poesia scaldica, di cui Egill era maestro e l’utilizzo delle rune a scopo di maledizione e di cura erano il ponte tra questa realtà materiale e quella magico-religiosa-sciamanica propria di quell’area

in molte saghe e in particolare nella “Saga degli insediamenti”. La poesia scaldica, di cui Egill era maestro e l’utilizzo delle rune a scopo di maledizione e di cura erano il ponte tra questa realtà materiale e quella magico-religiosa-sciamanica propria di quell’area

geografica che subiva comunque le influenze finniche e slave relative a queste pratiche. Ma quello che la sua saga ci mostra tra le righe è l’aspetto “multi-potenziale” della sua personalità. Non una figura a “senso unico” totalmente buona o totalmente malvagia ne lo stereotipo del barbaro ignorante e illetterato che ancora oggi va per la maggiore. Quello che traspare è un uomo consapevole delle sue doti, il cui carattere peculiare lo porta spesso dentro non semplici conflitti dai quali esce si vivo ma mai senza conseguenze.

Egill è riuscito in quello a cui molti hanno aspirato, essere ricordato secoli dopo la sua esistenza. Questo era ed è sempre stato il vero “ideale del vichingo” Non tanto la morte gloriosa in battaglia, che comunque era sempre vista come atto d’onore supremo, quanto al ricordo che si sarebbe lasciato dopo la dipartita.

“Muoiono i beni, muoiono i congiunti e tu stesso,morrai; una cosa conosco che mai perirà la fama di chi è morto”

Havamal stanza 77

+ SAGHE NORDICHE, TRADIZIONI, MITI E LEGGENDE.

IL KALEVALA E LO SCIAMANESIMO SAMI:

DEI, SCIAMANI ED EROI DI FINLANDIA E KARELIA

Il secondo appuntamento con lo sciamanesimo riprende il filo del precedente articolo sugli sciamani e gli eroi di Finlandia, splendidamente sintetizzati nel poema epico in ottonari del Kalevala. Al suo interno si ritrova tutta la dimensione del sacro delle genti baltofinniche.

di Marco Alimandi

15 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + SCIAMANESIMO E SPIRITUALITA’.

Sia i tietäjä(1) - sciamani dei Finni - che i noita(2) - sciamani dei Sámi - sono custodi di tradizioni arcaiche molto somiglianti. Da queste tradizioni si svilupparono i canti del Kalevala e le leggende sámi che con i primi presentano numerosi parallelismi - ciò è riscontrabile nel RUNO XVII del Kalevala.

Il RUNO XVII noto con il nome di «Viaggio nel corpo di Vipunen», narra della discesa del vegliardo Väinämöinen nel ventre del gigante Vipunen con lo scopo di ottenere i tre termini posti a chiusura di un incanto che gli necessitava per la creazione della sua barca.

Si è qui usato il termine ‘creazione’ e non ‘costruzione’ dacché la suddetta barca non viene fabbricata da Väinämöinen ma viene da quest’ultimo “cantata” nella dimensione del reale tramite l’uso di formule in versi. Seppure alcuni studiosi, come Christfrid Ganander, ritenessero che l’eroe protagonista dei tre runi sciamanici del Kalevala non fosse il runoja Väinämöinen bensì il dio Ilmarinen, i runolaulajat(3) erano soliti prediligere la figura del vegliardo Väinämöinen a quella del fabbro divino che forgiò il Sampo(4).

Per quanto concerne il RUNO XVII, la maggioranza dei runolaulajat era convinta che fosse proprio

Väinämöinen «[...] l’eroe che aveva [...] bisogno di

certe parole magiche per costruire una barca»(5). È legittimo supporre che il materiale arcaico dei canti contenuti nel Kalevala differisse non poco da quello riportato dal Lönnrot nella sua raccolta.

Sempre sul RUNO XVII, lo studioso Matti Kuusi fa notare come lo stesso Lönnrot avesse riportato nel primo degli originari 33 volumi della raccolta Suomen kansan vanhat runot (i.e. Gli antichi canti delle genti finlandesi) i seguenti versi da lui uditi nel 1833, nel villaggio di Kuivajärvi, nella Carelia del Mar Bianco:

Evidenti sono le similitudini che intercorrono fra il Lemminkäinen del Suomen kansan vanhat runot(6) e l’antico tietäjä Vipunen del RUNO VII che ivi viene descritto come un vecchio «ricco di versi» fuso con la vegetazione che su di lui cresce rigogliosa, addormentato in un sonno di «canti e scongiuri». Kuusi suppone che originariamente il ruolo di Vipunen fosse ricoperto da Lemminkäinen e che solo successivamente questi venne sostituito dal gigante Vipunen in una rielaborazione dei vari canti.

Nel Kalevala tramandato da Elias Lönnrot sarà proprio Väinämöinen a risvegliare il putrefatto Vipunen, costringendolo a rivelargli quegli incanti atti a ottenere il controllo magico sui fenomeni del mondo terreno dopo essersi calato nel suo ventre.

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Il viaggio verso la tomba di uno sciamano per acquisirne la saggezza è tipica delle tradizioni sciamaniche dell’areale subartico. La materia mitica che caratterizza il RUNO XVII del Kalevala la si può infatti ritrovare nella tradizione sámi - Juho Pentikäinen afferma che:

Se Antero Vipunen si consuma nelle sue cantilene magiche, uno dei più celebri noita, Akmeeli o Torajainen, giace addormentato nella sua tomba. Nei canti baltofinnici Väinämöinen sveglia lo sciamano dormiente dicendo: «Oh! Antero Vipunen, àlzati dall’ozio, innalzati dal sogno!». Il ragazzo o l’aiutante dello sciamano della leggenda sámi

Lemminkäinen luottehinen, Laulaja ijän ikuinen, laulissansa lahoopi, luotteissansa märkänöövi

Lemminkäinen lo stregato, il cantore sempiterno, ammuffisce nel suo canto, imputridisce di magia, invece grida: «Àlzati dall’ellisse dell’intestino, dalla terza spirale». Väinämöinen abbandona lo stomaco di Vipunen solo dopo aver appreso le parole magiche. L’antico sciamano Vipunen desidera esser lasciato definitivamente in pace, dicendo: «Non vi è uomo nel defunto... la mia carne è marcia assai». Il defunto sciamano sámi Akmeeli afferma: «Non vi è uomo in chi è putrefatto»(7).

1 tietäjä: finn. composto di tietä- (i.e. radice del verbo tietää, “conoscere”) e di -jä (i.e. suffisso sostantivante che genera nomina agentis). Nel mondo finnico indica il sapiente, colui che conosce la realtà fisica e indaga quella metafisica.

2 noita: finn. derivante dal p-finn. *nojta, “stregone, veggente”. Nel mondo sámi indica il sapiente, colui che conosce la realtà fisica e indaga quella metafisica.

3 runolaulajat: finn. composto di runo (i.e. sost. che sta a indicare un poema o una sua sezione; nom. plur. runot) e di laulajat, ossia “cantori di metri runici”.

4 Oggetto che generava abbondanza, il Sampo fu forgiato dal dio Ilmarinen per poter guadagnarsi la mano della figlia della strega Louhi, regina del reame del Pohjola.

5 PENTIKÄINEN 2014, p. 248.

6 Suomen kansan vanhat runot, canto 398.

Ulteriore punto di raccordo fra le due tradizioni è la ragione che spinge i loro rispettivi eroi a compiere il viaggio verso la tomba dello sciamano, ossia la realizzazione di una barca volta a navigare con sicurezza nel mare aperto.

Affermare che entrambe le tradizioni sciamaniche affondino le loro radici nella stessa materia mitica è di certo un’approssimazione, se non un’esagerazione, eppure è innegabile che queste presentino numerosi punti di raccordo. In questo senso è più opportuno ricordare come, seppur lo sciamanesimo sámi tenda verso le steppe siberiane, anche la terra di Carelia dei tietäjä finlandesi si trova a breve distanza da esse, a metà fra l’Europa indo-germanica e l’Asia

sciamanico-siberiana. Ecco che la Carelia dei Finni si prefigura come porta per l’Occidente che guarda alla spiritualità dell’Oriente e viceversa.

BIBLIOGRAFIA

PENTIKÄINEN 2014

PENTIKÄINEN J., La mitologia del Kalevala, Viterbo, aprile 2014

Suomen kansan vanhat runot, vol. I, tomo 1, Helsinki, SKS, 1908-48

17 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + SCIAMANESIMO E SPIRITUALITA’.

+ LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD.

RELIGIONI

DESERTICHE ALL’ABUSO DELLA SPIRITUAITA’ EUROPEA:

I MOVIMENTI TELLURICI DELLA STORIA E LA DISTRUZIONE

DELL’ANTICA CULTURA

È un fatto storico documentato che in un determinato momento della storia d’Europa, nel nostro continente, sia stata importata una forma di spiritualità e di religione del tutto estranea, mi riferisco ai culti così detti del deserto, forme religiose modificate e rese “digeribili” prima ai Romani e poi a tutto il resto del mondo conosciuto, creando uno stravolgimento del tessuto sociale stesso, minato alla base nel suo senso del sacro.

La “religione” dei popoli Germanici era senza dubbio un tipo di spiritualità etnica, legata al sangue e agli antenati, era animista e naturale. Asserire che le radici dell’Europa siano giudaico/cristiane è semplicemente una falsità. La formula battesimale Sassone del IX secolo è una prova inconfutabile di ciò che ho appena asserito, nella sua prima parte, l’Abrenuntiatio diaboli (abiura del demonio), c’è scritto:

“Forsachistu diabolae”?

et respondet: “Ec forsacho diabolae”.

“End allum diobolgelde”?

respondet: “End ec forsacho allum diobolgeldae”.

“End allum dioboles wercum”?

respondet: “End ec forsacho allum dioboles wercum and wordum, Thunaer ende Woden ende Saxnote ende allum them unholdum the hira genotas sint”.

Che tradotto sarebbe:

“Abiuri il diavolo”?

E risponde: “Abiuro il diavolo”.

“E tutti i sacrifici al diavolo”?

Risponde: “E abiuro tutti i sacrifici al diavolo”.

“E tutte le Eere del diavolo”?

Risponde: “E abiuro tutte le opere e parole del diavolo, Thunar e Wotan e Saxnot e tutti gli spiriti malvagi che sono loro compagni”.

In questo caso, tale particolare formula, si è resa necessaria soprattutto nei regni Sassoni d’Inghilterra, in cui il clero, aveva la necessità di perpetrare il suo potere usurpante presso quei po-poli di origine germanica il cui proto-genitore era Wotan. Ovviamente tornava utile anche per i nuovi venuti dai regni scandinavi che per motivi politici accettavano il “sigillo” del battesimo

18 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org

cristiano. I clericali misero in questo modo gli antichi Dèi Germani sullo stesso piano del “diavolo” cristiano, facendoli apparire come suoi “compari”, cosa totalmente insensata ma fondamentale al loro scopo: sovvertire e sradicare l’ordine naturale delle cose, mistificando il retaggio del sangue degli stessi sovrani Sassoni e la tradizione secolare del loro popolo.

Anche i sistemi iniziatici oggi considerati occidentali, hanno subito in realtà la totale influenza della filosofia che sta alla base delle religioni importate più o meno con la forza, in quell’Europa che nelle sue confraternite vanta il lustro della tradizionalità. La spiritualità etnica è un valore comune a tutti i popoli del globo. La diversità è una ricchezza, non una macchia di fango da pulire dai nostri abiti.

(NOTA A MARGINE) Le fonti britanniche, sia in lingua latina che anglosassone, sono ricche di rife-rimenti a Wōden, citato come mitico progenitore di molte delle dinastie fondate dagli invasori ger-manici, riconducendo a lui molte delle mitiche genealogie dei sovrani Angli, Sassoni o Juti.

Esordisce Bǣda Venerabilis (672-735) che, nella sua imponente Historia ecclesiastica gentis An-glorum, scritta in latino e terminata nel 731, riporta la genealogia di Hengist e Horsa, i due capi degli Juti invasori di Britannia: Erant autem filii Uictgilsi, cuius pater Uitta, cuius pater Uecta, cuius pater Uoden, de cuius stirpe multarum prouinciarum regium genus originem duxit.

[Hengist e Horsa] erano i due figli di Wihtgils, il cui padre era Witta, il cui padre era Wecta, il cui pa-dre era Wōden: da questa famiglia trasse origine la stirpe reale di molte regioni.

Fonte: Bǣda Venerabilis: Historia ecclesiastica gentis Anglorum [I: 15] (fonte bifrost.it).

Fonte: Bǣda Venerabilis: Historia ecclesiastica gentis Anglorum [I: 15] (fonte bifrost.it).

[22:34, 28/2/2023] VálaAlex: Tratto da "La Stirpe di Wotan" di Alex Lo Vetro, capito 1 - WOĐAN ID EST FUROR. Edito da Psiche2, Torino 2021.

19 2023 + LA STORIA DEGLI UOMINI DEL NORD.

ASATRU ISLANDESE:

9 COSE DA SAPERE SULLA PRATICA ODIERNA DELL’ANTICA RELIGIONE

DEI VICHINGHI NELLA TERRA DEI MARI DI GHIACCIO NORDICA

La religione dei primi coloni vichinghi in Islanda è ad oggi viva e vegeta. Parliamo dell'antico paganesimo norreno che in questo territorio negli ultimi anni sta vivendo una sorta di rinascita. Ecco una rapida guida allo stato attuale dell’Ásatrú islandese nella sua dimensione peculiare più o meno condivisibile con le radici degli antichi, oggi lontana dalla logica della battaglia.

20 2023 + PAGANESIMO DAL MONDO

E’ stata abbandonata a favore del cristianesimo nell'anno 1000.

Sebbene l'Ásatrú fosse la religione della grande maggioranza dei coloni islandesi, alcuni si erano convertiti al cristianesimo durante i loro viaggi in Europa. Durante i primi secoli della storia islandese il cristianesimo fece ulteriori incursioni e alla fine del X secolo era chiaro come l’avanzare del nuovo culto avrebbe costretto alla ritirata quello autoctono.

Nell’anno 1000 il parlamento del Commonwealth vichingo, l’Alþingi, decretò che il cristianesimo sarebbe stato l'unica religione sul territorio. La decisione fu presa per evitare una nazione divisa tra diversi orientamenti governati da un codice legale differente. Ai fedeli della vecchia spiritualità fu permesso di continuare a praticarla "in segreto", ma nonostante gli sforzi di resistenza la religione di Cristo arrivò a sostituire rapidamente l'Ásatrú come religione degli islandesi.

E’ stata riconosciuta nel 1973

L’Ásatrú è stata riconosciuta come religione dallo Stato solo nel 1973. Da tempo si riuniva un gruppo di persone che praticavano l'antica religione o ne erano studiosi. Questo gruppo, guidato da Sveinbjörn Beinteinsson, che in seguito divenne il primo sommo sacerdote dell'associazione, decise di fondare una congregazione formale e di chiedere il riconoscimento al Governo. La riunione si tenne il Primo giorno d'estate, una festività islandese unica che segna la fine dell'inverno. All'epoca il numero dei membri era di appena 12.

L’associazione pagana Ásatrúarfélagið è stata formalmente fondata nella primavera del 1992. Il primo blót (i rituali di Ásatrú sono chiamati blót) si tenne a Jónsmessa, la notte di mezza estate. Lo Stato ha concesso all'associazione il riconoscimento formale di organizzazione religiosa il 16 maggio 1973.

Sveinbjörn è stato Allsherjargoði, il sommo sacerdote di Ásatrúarfélagið, fino alla sua morte nel 1993. Gli successe Jörnmundur Ingi Hansen, che rimase in carica fino al 2002. Il terzo Allsherjargoði è stato Jónína

K. Berg, la prima donna a ricoprire la carica, dal 2002 al 2003, quando è entrato in carica l'attuale Allsherjargoði, Hilmar Örn Hilmarsson.

E’ la religione che cresce più rapidamente in Islanda

Secondo i dati di Statistics Iceland, al 1° gennaio 2017 appartenevano ad Ásatrúarfélagið 3.583 persone, rispetto ai 1.040 membri di 10 anni fa. L'adesione è cresciuta del 244% dal 2007, rendendo il paganesimo la religione in più rapida crescita in Islanda nell'ultimo decennio. I dati mostrano che la quota di pagani in Islanda supera ora l'1% della popolazione per la prima volta da quasi un millennio. L'Ásatrúarfélagið è la sesta religione ad oggi in Islanda e la più grande religione non cristiana sul territorio nazionale.

Nessun proselitismo o lavoro missionario

Questa crescita è avvenuta nonostante il fatto che, a differenza di altre organizzazioni religiose, Ásatrúarfélagið non si sia mai impegnata in alcuna forma di lavoro missionario o di proselitismo. Hilmar Örn Hilmarsson, il sommo sacerdote di Ásatrúarfélagið, ha dichiarato di ritenere che la

ragione del crescente interesse per Ásatrú sia dovuta al fatto che sempre più persone vengono a conoscenza di ciò che l'associazione fa e assistono alle loro cerimonie.

21 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + PAGANESIMO DAL MONDO

Un sommo sacerdote, il Goði

L'organizzazione di Ásatrúarfélagið si basa sull'organizzazione storica di Ásatrú durante l'epoca vichinga. I sacerdoti di Ásatrú sono chiamati Goðar, e ogni Goði è responsabile di una congregazione "goðorð". Mentre i goðorð erano associati a determinate aree geografiche durante l'epoca vichinga, le persone erano libere di scegliere il proprio Goði.

La carica più alta di Ásatrú è l'Allsherjargoði, "Il Goði di tutti". La seconda carica più alta è Kjalnesingagoði "Il Goði di Kjalarnesþing", che comprendeva le aree controllate dai discendenti di Ingólfur Arnarson, il primo colonizzatore dell'Islanda. Quest'area corrisponde alla grande area metropolitana.

Altri nove Goðar (il plurale di Goði) servono diverse regioni geografiche. I Goðar possono celebrare tutti i servizi religiosi, comprese le cerimonie di assegnazione dei nomi, i matrimoni, i funerali e i blót.

Tutte le cerimonie di Ásatrúarfélagið sono aperte al pubblico. Le riunioni settimanali del Ásatrúarfélagið sono aperte al pubblico, così come tutte le sue cerimonie ufficiali, i blót. Ogni anno l’Ásatrúarfélagið organizza quattro blót principali: lo Jólablót (Yule-blót) al solstizio d'inverno in onore della dea Freyja, il Sigurblót (Victory-blót) che si tiene a Sumardagurinn Fyrsti in primavera in onore del dio Freyr, il Þingblót (Þing/assemblea-blót) al solstizio d'estate in onore delle leggi, del Þing e della società umana, e il Veturnáttablót (Winter-nights-blót) che si tiene il primo giorno d'inverno. Veturnáttablót è in onore di Óðinn, il dio degli dei.

Il primo tempio pagano dall'anno 1000 è stato inaugurato nel 2018

Cinque anni fa l’Ásatrúarfélagið è stato trasferito in un nuovo tempio appena fuori dal centro di Reykjavík. Il

tempio sarà il primo tempio centrale pagano costruito nei Paesi nordici dopo oltre mille anni.

L’Ásatrúarfélagið sta lavorando da due anni al nuovo tempio sul versante meridionale della collina di Öskjuhlíðin, appena fuori dal centro di Reykjavík. Nel marzo 2015 si è tenuta una cerimonia per consacrare il terreno dove sorgerà il tempio e l'anno scorso si è tenuta una cerimonia per ringraziare Madre Natura per il legname per il tempio. Il tempio ha una cupola di 400 metri quadrati e può ospitare 250 persone. L'apertura è avvenuta nel mese di marzo.

Non ci sono dogmi o scritture pre scritte

Bbbbb Ásatrú non ha dogmi o scritture prescritte. Tuttavia, si è incoraggiati a leggere le Eddas poetiche e in prosa scritte dal capo tribù e studioso del XIII secolo, Snorri Sturluson. Nessuno prega gli dèi e il modo in cui si possa chiedere la loro intercessione. Il risultato dipende solo da voi. Gli dei sono imperfetti e non divini. Sono visti più come amici che come divinità e non giudicano noi umani.

È una religione di pace e tolleranza

L'Ásatrú, così come è praticata in Islanda, è una religione della natura e della vita, che sottolinea l'armonia del mondo naturale e la ricerca dell'armonia nella vita degli individui. La sua apertura e il suo carattere filosofico hanno portato alcuni a paragonarla all'universalismo unitariano.

Hilmar Örn Hilmarsson, sommo sacerdote di Ásatrúarfélagið, ha sottolineato che l’Ásatrú è una religione di pace e rispetto. "È una religione che insegna a vivere in armonia con l'ambiente circostante e con se stessi, e a gestire le diverse fasi della vita. Come diventare maggiorenni e poi come invecchiare".

22 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org
+ PAGANESIMO DAL MONDO

Chiunque può praticare la religione

Solo i cittadini islandesi o le persone che hanno un domicilio in Islanda possono diventare membri dell'Ásatrúarfélag, ma chiunque può praticare l’Ásatrú, indipendentemente dalla sua nazionalità o residenza. L'iscrizione non costa nulla ed è aperta a tutti, indipendentemente dalla razza, dal background culturale, dal sesso o dall'orientamento sessuale.

FONTE ICELANDIC MAGAZINE traduzione dall’articolo originale “11 things to know about the present day practice of Ásatrú, the ancient religion of the Vikings” JAN 22 2019

(https://icelandmag.is/article/11-things-know-about-present-day-practice-asatru-ancient-religion- vikings)

23 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + PAGANESIMO DAL MONDO

DEVOTI ALLA NATURA:

L’UNICITÀ DELL'ARCO ALPINO E L’IMPORTANZA DELLA

CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO BOSCHIVO

L’etica dell’ambiente e il suo rispetto occupano dagli ultimi tre decenni un posto di primo piano tra i temi più dibattuti per il futuro sostenibile del territorio a livello globale. Soprattutto nella cultura pagana nordica, la relazione profonda con la natura e il suo rispetto sono elementi imprescindibili della religiosità e della condotta quotidiana di ogni fedele al culto. Il patrimonio naturale con tutta la sua ricchezza guarisce e fortifica l’universo interiore rafforzando nel contempo la fitta trama energetica che crea e sviluppa in un moto continuo le relazioni e la profonda interconnessione tra gli esseri viventi.

Il 2022 da poco conclusosi è stato proclamato dall’ONU l’Anno internazionale dello Sviluppo sostenibile della Montagna. Il fine era quello di aumentare la consapevolezza della critica situazione di questi preziosi ecosistemi, indispensabili per l’essere umano e per gli animali, e di focalizzarsi sull’importanza di proteggerli e preservarli. Ven t’anni prima, nel 2002, l’11 dicembre è diventato ufficialmente la Giornata mondiale delle montagne. Ma ciò non risulta sufficiente, se la maggior parte delle persone ancora non conosce il valore della salvaguardia dell’ambiente montano e, soprattutto, i reali rischi in cui l’essere umano incorre inesorabilmente se non vi è una tutela adeguata.

La catena primato d’Europa

Le Alpi, anche chiamate arco alpino per via della loro forma arcuata, costituiscono la più grande e importante catena montuosa europea. La loro estensione è di oltre 1300 km, dal Mar Mediterraneo fino a sfiorare i confini ungheresi. L’imponente dimensione di questa catena montuosa fa sì che essa accolga un’ampia varietà di fauna, flora, idrologia e climi. Questa biodiversità viene protetta e preservata sia dalle condizioni geografiche particolari della zona, sia dall’attenta e precoce tutela esercitata da enti e associazioni, che negli anni si sono impegnati a prendersi cura della vastità delle zone incontaminate che compongono l’arco alpino. Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici e delle note problematiche legate all’invasivo intervento dell’uomo, la bellezza e l’utilità delle Alpi viene compromessa giorno dopo giorno.

Il massico turismo che coinvolge l’arco alpino è direttamente legato all’abbattimento di boschi ed ecosistemi per aumentare i luoghi di intrattenimento e le strutture di soggiorno. Non solo, quindi, si va costantemente ad alterare e distruggere la natura alpina, ma si crea anche un pericolo per l’uomo stesso, a causa della costruzione di vie di comunicazione e di infrastrutture laddove vi sono limiti imposti per la nostra stessa sicurezza.

24 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org
+ DEVOTI ALLA NATURA.

Le funzioni del bosco quali sono?

Perché i boschi sono utili per l’ambiente? Come componente essenziale dell’ambiente naturale, i boschi rivestono una moltitudine di ruoli: oltre a costituire luogo di vago e di riconnessione con la terra e a servire alla produzione del legno e alla protezione del suolo e delle acque, essi provvedono anche alla conservazione della biodiversità, serbatoio di CO2.

Ma vediamo in sintesi altre funzioni:

• PROTEZIONE: le radici degli alberi creano una fitta rete nel terreno, sia in superficie sia molto in profondità, che tiene salda la terra e i massi, evitando che l’acqua piovana li porti via col suo flusso, e trattiene l’acqua mitigando il rischio di siccità.

• OSSIGENO: grazie alla fotosintesi, quel processo chimico attraverso il quale le piante si nutrono, l’anidride carbonica viene trasformata in ossigeno, permettendoci di respirare aria pulita.

• SOSTENTAMENTO: il bosco è ricco di elementi necessari al sostentamento dell’uomo, dalle bacche e i frutti alla legna per scaldarsi.

• SPIRITUALE: una semplice passeggiata nel bosco è in grado di rilassare e ricaricare le energie, oltre che essere di grande giovamento alla salute. Secondo alcuni psicologi, passeggiare nei boschi migliora la vita sociale e aiuta a combattere lo stress psico-fisico.

• ARTISTICO: anche se molti non lo tengono in considerazione, i boschi fanno parte del nostro patrimonio culturale e accrescono la bellezza e il valore dei nostri territori.

Perché è importante

preservare i boschi e i territori delle Alpi

La natura è in grado di rigenerarsi e fornirci bacche, frutti e cibo, nonché legna da ardere e molto altro, ma questo può avvenire solamente se le si permette di proliferare indisturbata. Quando si abbattono zone boschive più o meno estese per sostituirle ad ambienti artificiali, questa possibilità viene meno. Ma non si tratta solo del nostro sostentamento: anche gli animali hanno bisogno di vivere nella natura incontaminata, lontano dallo zampino dell’uomo. Inoltre, l’eccessivo abbattimento degli alberi nelle zone montane può risultare pericoloso e diventare causa di frane, valanghe e smottamenti.

Il bosco ha anche una funzione di termoregolazione: influisce sulla quantità d’acqua trattenuta dal terreno e quindi sul livello di umidità presente nell’aria, attenuando il rischio di siccità. Infine, gli alberi fungono da barriera contro il gelo e il vento, costituendo riparo per la fauna e per le coltivazioni. Insomma, non potevamo essere meno chiari di così: preservare i boschi dell’arco alpino è necessario sia da un punto di vista ambientale che spirituale, e solo noi possiamo fare la differenza.

+ DEVOTI ALLA NATURA.

PORRIDGE, PAP O GRUEL?

CURIOSITA’ SUL PASTO QUOTIDIANO DEGLI ANTICHI

POPOLI NORDICI

di Redazione

Dopo il primo appuntamento dedicato alla panificazione, la nostra rubrica Il Pane degli Dei continua la sua opera di divulgazione con un altro grande classico delle tradizioni culinarie e dell’alimentazione dei popoli nordici e germanici.

Sebbene il materiale storico e archeologico finora disponibile riveli molto poco di ciò che potevano essere le abitudini alimentari e gastronomiche di queste antiche genti, possiamo con certezza affermare come gran parte della dieta degli antichi popoli consistesse nella consumazione di prodotti a base di cereali, dai quali si ricavava non solo il materiale per la panificazione ma anche per la realizzazione di altre forme di alimenti come ad esempio il porridge, anche chiamato pap o gruel

Un pasto quotidiano che proprio come il pane veniva consumato quasi ogni giorno accompagnato da miele, bacche ed altra frutta fresca e secca ma anche da altri componenti come carne, cipolle e diversi tipi di verdura.

Si suppone che le ricette originali non fossero troppo simili a quello che siamo abituati a consumare oggi e anche se il porridge venisse sostanzialmente considerato alla stregua di una sorta di ‘piatto povero’ il suo utilizzo era molto frequente in tutte le famiglie

vichinghe dell’epoca antica.

Le antiche genti avevano diverse opzioni per la preparazione con orzo, avena, grano saraceno o miglio Secondo quanto riportano gli studi di Grethe Bjørkan Bukkemoen, storica e archeologa dell’alimentazione e degli spazi commensali presso l’università di Oslo, la macinazione avveniva tramite l’utilizzo di un quern rotante, un’antica pietra che veniva utilizzata per la molatura manuale di un'ampia varietà di materiali, compresi i cereali.

Il gruel nelle sue varianti (si presentava talvolta anche come una sottile pappa brodosa) non può essere tuttavia considerato semplicemente come un'indecifrabile poltiglia grigia rovesciata su di un pianale di legno o di pietra. Una semplice pappa di cereali mescolata ad acqua, latte e burro, con l’aggiunta di altri ingredienti poteva infatti acquisire il sapore e la consistenza di un piatto sostanzioso e gustoso.

La ‘pappa’ (pap), gruel o porridge veniva prodotta sia in versione dolce che salata e durante le celebrazioni veniva spesso arricchita con noci e spezie Un'attenta lettura delle antiche saghe nordiche e delle testimonianze archeologiche suggerisce inoltre che il cibo vichingo fosse un più elaborato di quanto non si pensi.

26 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org
+ IL PANE DEGLI DEI.

Come possiamo immaginare, in tempi così antichi non si scrivevano libri di cucina e non esistono al giorno d’oggi testi di ricette dell'epoca. Ma la ricostruzione della dieta dei popoli nordici e di alcuni metodi di cottura è stata possibile studiando le storie e le leggende dell’Edda e per l’appunto delle Saghe, nei cui testi compaiono alcuni riferimenti al cibo e dai quali si evince chiaramente che erano le donne a occuparsi del focolare.

SCELTA PER VOI:

Un personaggio della Saga di Brennu-Njáls afferma addirittura che "non è da uomini immischiarsi nella preparazione del cibo". Quando si combinano i dettagli della letteratura norrena con i risultati degli scavi archeologici dei resti delle antiche latrine e delle analisi dei pollini delle torbiere e dei fondali dei laghi, il quadro della dieta dell'epoca vichinga diventa molto più chiaro.

IN QUESTO NUMERO TRE RICETTE PER UN PERFETTO PORRIDGE NORDICO

Porridge di miglio con noci e frutta stufata

Ingredienti:

• 2 tazze di semi di miglio interi

• 2 tazze di acqua

• 4,5 tazze di latte

• Sale qb

• Noci

• Cannella

• Miele

• Frutta dolce stufata

Preparazione:

Sciacquare i semi di miglio sotto l'acqua fredda per eliminare l'amaro dei semi. Portare a ebollizione l'acqua in una pentola di terracotta, aggiungere i semi di miglio e cuocere a fuoco lento continuando a mescolare. Aggiungere il latte e lasciare sobbollire il porridge finché il miglio si sarà ammorbidito. Salare e successivamente aggiungere miele, cannella e nocciole tritate a piacere. Servire con frutta stufata.

Importante:

Per evitare che la polenta si bruci, si può mettere la pentola in un cesto o in una scatola foderata di fieno.

28 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org
+
IL PANE DEGLI DEI.

ZuPPa di latticello

Ingredienti:

• 50 g di burro

• 4 cucchiai di farina di frumento

• 1,5 brocche di latticello

• Sale qb

Ribes nero stufato

farinata d'orZo

Ingredienti:

• 150 g di semole d'orzo

• 1,5 litri di acqua

• latte vaccino o latticello

• Un pizzico di sale

Preparazione:

Sciogliere il burro in una pentola di terracotta. Aggiungere la farina con una frusta fino a ottenere un composto omogeneo. Aggiungere il latticello un po' alla volta. Frullare bene per evitare la formazione di grumi nella pappa. Aggiungere un pizzico di sale e portare a bollitura. Mescolare di tanto in tanto.

Importante:

Servire con ribes nero stufato e miele sopra.

Preparazione:

Portare a ebollizione il latticello in una pentola di terracotta. Aggiungere le semole d'orzo e lasciare sobbollire fino a quando non saranno tenere. Ricordarsi di mescolare di tanto in tanto per evitare che il porridge si bruci. Aggiungere un po' di sale.

Importante:

Si consiglia di mettere la pentola in un cesto o in una scatola foderata di fieno per mantenere il porridge caldo più a lungo. Servire la polenta con miele, un po' di latte o frutta stufata.

Note: 1 brocca = 1 litro circa 1 tazza = 150 ml circa

Fonte: Ribe VikingeCenter.dk. Progetto 2012 "Il cibo nordico è cibo vichingo" sostenuto dalla Regione Syddanmark.

29 2023 n. 02Marzo 2023iltempiodellupo.org + IL PANE DEGLI DEI.

GLI STRUMENTI DELL’AGRICOLTURA NEI

POPOLI DEL NORD:

IL QUERN STONE PER LA MOLATURA A MANO

L'uso di macine per la lavorazione degli alimenti vegetali, e forse per la produzione di farina, risale in tutta Europa almeno a 30.000 anni fa. Le mole sono state utilizzate da numerose civiltà in tutto il mondo per macinare materiali ma soprattutto i cereali per la panificazione.

30 2023 + CACCIA,
GUERRA, PESCA E AGRICOLTURA.

Quando i cacciatori/raccoglitori iniziarono a coltivare cereali selvatici come il grano e l'orzo per integrare la loro dieta di sussistenza, circa 10 mila anni fa, trovarono la necessità di decorticare i chicchi e ridurli in polvere. In questo modo si facilitava la digestione e si rilasciava la maggior quantità di sostanze nutritive.

fungeva da dispositivo di centraggio, ma permetteva di aggiungere del cereale.

Nel Neolitico e in seguito, questa operazione veniva tipicamente eseguita schiacciando i cereali tra due pietre grezze. La forma più antica era nota come saddle quern, che comprendeva una pietra inferiore piatta o concava, di solito appoggiata al suolo, sulla quale veniva sfregato a mano un ciottolo superiore.

Il grano veniva aggiunto all'estremità più vicina all’agricoltore e il materiale macinato cadeva dai lati e dall'estremità più lontana su un telo dove veniva raccolto.

La maggior parte delle pietre manuali era dotata di un foro per la presa a mano o a fessura per il probabile inserimento di un bastone o pezzo di legno che facilitava la molatura anche da una posizione eretta Altre quern possiedono più fori per l’inserimento dell’asta forse per la necessità di ridurre l’usura dello strumento.

La pietra utilizzata per un quern stone doveva essere resistente all’uso e durevole. La sua superficie non doveva consumarsi e diventare liscia troppo rapidamente e doveva essere in grado di rivestirsi quando si consumava. Per la sua reaizzazione sono stati utilizzati diversi tipi di roccia, come il pudding stone, caratteristico di molte pietre di quern della regione dell'East Anglian (Philips, 1950).

Il quern stone (o mulino rotante manuale) anche per gli antichi popoli germanici del Nord rappresentava uno strumento fondamentale per la macinatura a mano di un'ampia varietà di materiali e alimenti. La pietra mobile superiore è chiamata muller, gomma o pietra a mano accompagnata da una pietra stazionaria inferiore, la mola da sella

Altri tipi di roccia includono Greensand, arenarie terziarie e graniglie Millstone e il tipo utilizzato dipendeva in gran parte dalla disponibilità di forniture locali. Per quanto riguarda la forma stessa del quern, non solo vi erano differenze tra aree adiacenti, ma anche una notevole variazione da nord a sud.

Il disegno covesso della pietra inferiore raccoglieva la farina e aiutava il materiale macinato a dirigersi verso i bordi esterni per essere raccolto. Le mole scanalate consentivano il movimento della farina. La pietra superiore aveva talvolta un'area coppiforme attorno al foro della tramoggia con un bordo rialzato. Talvolta alla macina era aggiunto un pezzo di legno o altro materiale che non solo

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LA STAGIONE DELLE BENEDIZIONI:

CHI E’ LA DEA OSTARA, TRA RELIGIONE E SIMBOLOGIA

Eostre è una delle divinità appartenenti al pantheon nordico. Ostara (chiamata anche Eastre oppure Eostar) costituisce una delle celebrazioni pagane incluse nella tradizione della ruota annuale. Si celebra il giorno dell'equinozio di primavera, tra il 20 e il 21 marzo, ed è condivisa in parte da tutte le religioni pagane moderne.

Essa è ricollegata a vari aspetti del rinnovarsi della ciclo vitale e della natura, come la fertilità e, soprattutto al rinverdire dei campi e il nuovo inizio delle fasi di semina e di raccolta. A questa divinità è associata anche l’immagine della lepre, ugualmente collegata al concetto di tutto ciò che è fertile, per la velocità con cui si riproduce.

La Primavera Ostara, o Eostre o Eastre, è la dea germanica della primavera e dell'alba. Viene menzionata solo una volta negli scritti eruditi dell’epoca. Nel suo De Temporum Ratione il Venerabile Beda, monaco cristiano e storico nato nel 673 circa e morto nel 735 che ha vissuto la sua vita nel monastero benedettino di San Pietro e San Paolo a Wearmouth, in Inghilterra, ha parlato molto delle credenze delle popolazioni pagane e del processo di cristianizzazione da esse subito (una delle opere principali dell’autore è proprio Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum).

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Inoltre il nome Eostre sembra riconducibile alla radice indoeuropea *awes-, brillare, dunque la sua figura è associata anche all’alba radiosa, un’ennesima prova del collegamento della divinità in questione con la fertilità e la rinascita, data la simbologia del sole e dell’alba.

Il monaco Beda afferma che durante l’Eostremonath, l'antico nome anglosassone di aprile, gli anglosassoni pagani organizzassero feste in suo onore (duecento anni dopo, in Germania, nella sua “Vita di Carlo Magno”, un monaco di nome Einhard riporta l'antico nome di aprile come Ostaramonath).

Viene menzionata anche in numerose iscrizioni germaniche e la moderna festività della Pasquaoriginariamente il nome dell'equinozio di primavera, ma in seguito incorporata nel calendario pasquale per la festività della resurrezione cristiana - prende il nome da lei. Il nome “Eostre" è legato a quello di Eos, la dea greca dell'alba, ed entrambi possono essere fatti risalire a una dea proto-indoeuropea dell'alba.

Il materiale relativo all’argomento è così scarso che alcuni studiosi hanno ipotizzato che ella non fosse affatto una dea, ma semplicemente un'invenzione di Beda. E’ improbabile tuttavia che un personaggio così paganofobico come Beda abbia avuto il tempo di cimentarsi dal nulla nella creazione di miti vuoti. Secondo alcuni altri studiosi, in modo piuttosto casuale e sulla base di scarse informazioni, la figura di Ostara avrebbe trovato invece una corresponsione in quella della dea Freya. Altri credono invece che questa possa corrispondere in realtà a Iduna, oppure a Walburga.

Secondo alcuni pagani moderni e norreni Ostara/ Eostre sarebbe invece una dea vanica, o comunque molto vicina ai Vanir, ma ancora una volta non ci sono prove e le sue origini continuano a rimanere un mistero.

Il suo vero fascinoso mistero, del resto, è evidente ogni anno nel primo vento caldo, nel ritorno degli uccelli migratori, nel rifiorire della vita. È la terra che si risveglia, i conigli e le lepri, le uova che appaiono dopo un inverno senza luce. Chi vive in città forse non sa che le galline allevate con luce naturale smettono di deporre in inverno, quando le giornate sono corte, e ricominciano quando le giornate si allungano. L'eredità di Ostara è costituita da tutte quelle uova colorate che molti di noi appendono ogni anno sugli alberi.

Guinevere Maying Jakob Grimm, nella sua Mitologia teutonica, sosteneva che "Ostara, Eástre, era la dea della luce crescente della nuova stagione". In questo periodo si raccoglieva l'acqua sotto forma di rugiada o di acqua raccolta dai ruscelli; si diceva che lavarsi con essa restituisse la giovinezza. Si dice che si vedessero belle fanciulle vestite di bianco puro che si divertivano in campagna. Sempre secondo i Grimm, la fanciulla bianca di Osterrode sarebbe apparsa con un grosso mazzo di chiavi alla cintura e si sarebbe diretta al ruscello per raccogliere l'acqua la mattina di Pasqua.

Una giovane fanciulla - come scrive Ember Cooke "... abbastanza grande da portare figli, ma non una madre". Vestita di fiori o di verde nuovo, spesso danza. È spesso gioiosa, ma può anche diventare improvvisamente solenne, come il tempo primaverile che può trasformarsi rapidamente in pioggia. Come la primavera stessa, è capricciosa, innocente e inconsapevole”.

Salve dunque alla Fanciulla della Primavera, l'alba dell'anno!

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ETENISMO IN ITALIA:

UNA NUOVA SPERANZA

“Che gli eteni italiani seguano la tradizione etenistica longobarda, esattamente quella che il Fato ha voluto che raggiungesse la nostra terra”. Tra la corrente scandinava e le tradizioni legate al paganesimo germanico della Mitteleuropa, la complessità del panorama di culto pagano e le dovute differenziazioni portano a una riflessione fondamentale. Siamo davvero noi i destinati seguaci della memoria storica e religiosa appartenente alla totalità degli antichi popoli europei di epoca pre cristiana? Se la risposta può essere confermata solo parzialmente, essa segue nel contempo la naturale logica culturale che ci conduce ad una interpretazione del credo religioso legato al neo coniato termine di Wolfsangismo, inteso come sintesi nuova e certo più idonea a rappresentare le caratteristiche del paganesimo germanico come eredità storica che senza dubbio ci appartiene, ovvero quella dell’Europa centrale.

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CHI SIAMO, DOVE ANDIAMO.

Mi è stato spesso chiesto, da chi si avvicina al mondo dell’etenismo di fornire un compendio che si possa definire completo, per comprendere e mettere in pratica l’etica etena nella vita quotidiana. I dubbi di chi si approccia a questo mondo ed a questa fede sono molti ma, se quelli relativi alla comprensione delle divinità od alla decifrabilità della complessa cosmologia germanica si estinguono con la raccomandazione da parte mia di alcuni testi storici e filologici, così non è per quanto riguarda gli insegnamenti basilari della moralità di ogni eteno.

Convengo che l’Edda Poetica, in questo ambito, sia una fonte inesauribile di spunti per affrontare la quotidianità, tuttavia non è sempre esauriente ma soprattutto in diversi passaggi non è comprensibile alle moltitudini ma solamente a chi la legge con un approccio più erudito. Altre questioni mi vengono sollevate, in questo caso anche dagli addetti ai lavori, su quello che abbiamo deciso di chiamare “Wolfsangismo”. Il Wolfsagismo non è solamente quella che si può definire una corrente autonoma o separata dell’etenismo, è invece un’elaborazione ed infine una sintesi (ex novo, ci tengo a precisare) delle tradizioni legate al paganesimo germanico.

Il paganesimo ha permeato per secoli la vita delle popolazioni alpine: prima i popoli retici con la scoperta di quelle che si possono già definire Rune (che per gli studiosi sono gli alfabeti FrtizensSanzeno) e successivamente Cimbri, Goti e Longobardi contribuirono, in modo più o meno influente, a mantenere nella ruralità delle zone alpine la conoscenza degli antichi Dèi indoeuropei e di quelle Rune che anche il mondo accademico è ormai concorde nell'attribuirne la natività presso nostre montagne. Basterebbe solamente quest'ultima premessa per farci sentire il dovere morale di non lasciar morire questa tradizione. Per noi è fondamentale non allinearci all'etenismo "nordico"

in quanto il nostro percorso culturale ha subito uno sviluppo diverso da quello dei popoli scandinavi, maturando spesso anche idee e modi di pensare necessariamente diversi che hanno plasmato il nostro popolo per oltre 3000 anni.

Non possiamo aderire all’etenismo scandinavo semplicemente perché non siamo scandinavi e questo ci porterebbe ad appropriarci di una cultura che, per quanto possa essere sintetizzata in quella indoeuropea e quindi legata a grandi linee a tutti i popoli europei moderni, si è sviluppata in maniera autonoma in Scandinavia mentre nelle terre mitteleuropee ha avuto risvolti diversi, spesso mescolandosi con culti pre indoeuropei ed in seguito con quelli di origine romana; infatti, a differenza della Scandinavia e di alcune zone della Germania orientale, la cosiddetta mitteleuropa (o Europa centrale) è stata quasi interamente colonizzata dai romani, con tutte le conseguenze del caso nello sviluppo dell’autonomia religiosa. Dunque noi possiamo (e dobbiamo) portare avanti la tradizione mitteleuropea.

Il ragionamento fatto poc’anzi può essere valido per i lettori vicini al mio kindred e che vivono in una zona sensibile al discorso sopra citato, ovvero i lettori che si trovano tra il Triveneto, l’Austria, la Svizzera orientale, la Slovenia e la Baviera. Sono tuttavia numerosi anche i lettori provenienti dal resto d’Italia, per questo trovo utile affrontare, anche se solo a grandi linee, il ragguardevole passato longobardo

Tra i testi che io consiglio sempre a chi si approccia a questo mondo vi è sempre il nome di Paolo Diacono (storico longobardo) e della sua più esauriente opera: Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi).

E’ fondamentale per ogni eteno italiano conoscere questo popolo, la sua storia, la sua evoluzione, le sue usanze ed i suoi Dèi, per capire l’approccio più importante e significativo significativo che

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le genti del nord hanno avuto per la cultura dell’epoca e che si riflettono limpidamente in alcuni aspetti anche nella cultura italiana di oggi.

Sarebbe fazioso affermare che l’Italia è nata per volontà di questi Germani dell’Elba, tuttavia non si può negare la loro importanza nella nascita del concetto di Italia come unica entità politica e non parte di un impero (come può essere stato quello romano). Fu infatti Alboino, il Re Longobardo che portò il suo popolo in Italia, a fregiarsi per primo del titolo di Dominus Italiae (che diventerà Rex Italiae solo alla fine del Regno Longobardo, con Carlo il Franco). E’ dunque di fondamentale importanza, e continuo a ribadirlo, che gli eteni italiani seguano la tradizione etenistica longobarda, esattamente quella che il Fato ha voluto che raggiungesse la nostra terra.

Impariamo anzitutto e soprattutto, ma non lo spiegherò io qui per non dilungarmi, a chiamare gli Dèi con i nomi che gli sono stati posti dai nostri padri spirituali Longobardi: Odino ad esempio è una italianizzazione dello scandinavo Odinn, non troverete che i Longobardi abbiano mai chiamato così il padre degli Dèi, loro lo chiamavano Godan, diretto derivato del suo nome in Alto Tedesco ovvero Wotan, o ancora la principale divinità della stirpe dei Vanir che gli scandinavi chiamano Freya, per i Longobardi diventa Frea che va inoltre a creare un forte sincretismo con quella che nella cultura scandinava è invece la moglie di Odino: la Dea Frigg

Questo nuovo approccio ci permetterebbe innanzitutto come eteni italiani di distaccarci dal cordone ombelicale della corrente scandinava, alla quale siamo rimasti quasi parassiticamente attaccati dagli anni ‘70 fino ad oggi, o almeno, questo è il mio auspicio, che si sviluppi un modo di intendere l’etenismo che sia italiano e che non abbia paura di chiamarsi italiano: le fonti ci sono e dobbiamo solo uscire dalle

ali della chioccia che per gli eteni del Belpaese è rappresentata dalla sopracitata corrente scandinava.

Anche per i Germanici il problema è simile a quello italiano: sono pochi i gruppi di Heidnischen tedeschi e quelli che ci sono risultano frammentati e pseudosegreti, credo che questo sia dovuto all'accostamento che tende a venire fatto soprattutto in Germania tra gli eteni ed il nazionalsocialismo. Anche l’ambiente tedesco piange la carenza di una filosofia etena propria, un paradosso se pensiamo che è proprio la letteratura germanica che ci dà le fonti principali della fede etena; tuttavia questa caccia alle streghe operata nei nostri paesi, non ci permette (salvo rare eccezioni) di spiccare il volo, cosa che sono riusciti a fare ad esempio gli eteni di tradizione Slava e quelli di tradizione Anglosassone, cosa che auspico nel minor tempo possibile sia per l’Italia che per la Germania.

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LA FINESTRA SU ‘IL TEMPIO DEL LUPO’:

PERCORSI DI FORMAZIONE PER UN PROGETTO DI RESPIRO EUROPEO

Il profondo impegno da parte dell’associazione ‘Il Tempio del Lupo, comunità etenista italiana’ profuso nella costruzione e sviluppo di diversi percorsi di approfondimento per fedeli e neofiti che si avvicinano alla tradizione del paganesimo nordico, sta dando i suoi frutti. Le adesioni e le richieste di iscrizione a livello territoriale italiano ed europeo pervenuteci negli ultimi mesi confermano ad oggi che la visione estensiva della divulgazione formativa e spirituale prospettata nelle prime fasi del progetto si è ufficialmente discostata, per un ulteriore salto di qualità, dalla proiezione unicamente ‘onirica’ dell’iniziativa religiosa e culturale da noi messa in piedi negli anni, per proiettarsi nella dimensione di un successo reale del tutto inatteso. E questo anche dal punto di vista della ricerca e della divulgazione storico sociale inerente ai diversi aspetti della cultura pagana nordica, in una rete che sta man mano allargando le sue trame. Il paganesimo non è morto e con lui restano vivi i principi e l’etica assieme all’inconsapevole, ma preziosa ed insostituibile eredità di quel pensiero radicato, solido e permeante dell’essere eteni, tramandatoci dai popoli germanici.

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Da quando abbiamo deciso, in unione con il Direttivo della nostra associazione ‘Il Tempio del Lupo’ di proporre dei corsi di formazione rivolti oltre che ai membri più stretti della nostra comunità anche agli esterni ed ai neofiti, siamo felici di ammettere che questi hanno riscosso un pregevole successo verso tutte le fasce della popolazione etena.

I percorsi formativi da noi proposti sono nati inizialmente per istruire ed aggiornare i membri interni e anziani del Tempio, ma successivamente si è deciso di aprire a tutti la possibilità di informarsi. Molti hanno già colto con entusiasmo e partecipazione questa opportunità non solo come viatico per la propria istruzione post-scolastica ma anche come metodo di ampliamento dei propri orizzonti spirituali, sia singolarmente che in forma comunitaria e questo non può che essere motivo di orgoglio per noi.

Siamo partiti lo scorso anno con il corso base di storia germanica che ha avuto da subito un exploit che noi stessi abbiamo faticato a prevedere. Quest’anno, in collaborazione con il Gothi, abbiamo invece avviato il primo corso di etica etena in Italia.

Lo spunto per quest'ultimo tipo di formazione è arrivato direttamente dall’Islanda, ove da anni ormai l'Associazione Asatrù propone questo corso al fine di formare sia i membri interni che i nuovi prospects.

Bisogna ammettere che inizialmente avevamo scartato questa ipotesi per evitare di proporre una attività troppo simile alla catechesi di cattolica memoria ma in seguito, dopo aver iniziato a tracciare le linee guida del corso, abbiamo tratto un sospiro di sollievo: ciò che stava nascendo non aveva nulla a che vedere con l'indottrinamento ma assomigliava sempre più ad una guida per affrontare la modernità con i mezzi della fede antica che è poi l'obiettivo che tutti i gruppi eteni dovrebbero porsi.

In primavera prenderà il via anche il livello due del corso di storia germanica. Di questo siamo molto soddisfatti, infatti la risposta lo scorso anno è stata molto positiva e per questo motivo non abbiamo potuto fare a meno di proporre un livello più avanzato per l’anno in corso che andrà a toccare molte tematiche.

Senza anticipare troppo, possiamo dire che saranno trattati gli impatti culturali che hanno avuto le popolazioni germaniche nel territorio italiano nel corso della storia. Come avranno intuito i più arguti si parlerà principalmente dei Longobardi e del regno fondato da Re Alboino dopo la traversata delle Alpi ma non solo. Parleremo anche di Goti, dell'augusto re Teodorico da Verona e di molteplici altri aspetti della cultura germanica in Italia.

Dal canto nostro non possiamo che restare a vedere come procederanno questi progetti, in ogni caso cercheremo di affrontarli con serenità e soddisfazione, dato che l'assidua frequentazione di queste formazioni è sintomo di benessere per la nostra comunità, in primis, e di vivacità culturale nell'intero ambiente eteno italiano.

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+ IL TEMPIO DEL LUPO.

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