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SCENARI
DOPO UN ANNO E MEZZO DI CHIUSURE QUASI TOTALI, LA MEETING INDUSTRY PROVA A RIPARTIRE. IL GREEN PASS È LA CHIAVE, MA BISOGNA ANDARE OLTRE IL FORMAT DEGLI EVENTI IBRIDI.
IL LUNGO SONNO DEL MICE
di Davide Deponti
Devastante. Lo spiega un recente studio dell’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-Oice, secondo il quale, nel 2020, le location per eventi hanno accusato un calo di fatturato del 79%. Un dato che posiziona le imprese del mondo Mice - ovvero alberghi business, centri congressi, hub fieristici e le altre tipologie di sedi per eventi - come le più danneggiate tra quelle della filiera del turismo. E se il crollo del fatturato è la più evidente conseguenza della drastica riduzione delle attività che ha colpito il settore meeting, uno studio promosso da Federcongressi&eventi, associazione nazionale che rappresenta la filiera, e realizzato da Aseri-Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, mette in luce un’altra lunga serie di indicatori accomunati tutti dal segno meno. Secondo la ricerca (che dal 2014 monitora gli eventi e i congressi realizzati in Italia), nel 2020 si sono svolti 69.880 eventi in presenza, con un drammatico -83,8% rispetto al 2019. Negativi anche il numero delle presenze e delle giornate di attività delle sedi: le presenze sono infatti state 5.847.330 (-86,5%) e le giornate di attività al netto di allestimenti e disallestimenti sono state 95.020 (-84,5%), pari a 24,8
giorni medi netti di durata degli eventi per sede attiva; quasi il 30% delle sedi non ha ospitato alcun evento. La pandemia insomma si è accanita contro un settore che invece è sempre stato importante per l’economia italiana e per il mondo alberghiero in particolare. Lo stop a congressi ed eventi ha causato perdite di fatturato pari a 4/5 del totale, per un comparto che, prima della pandemia, generava un indotto di 65,5 miliardi di euro e un impatto sul Pil di 36,2 miliardi all’anno. “Un ulteriore fermo metterebbe in ginocchio aziende e oltre 570mila addetti - dice Alessandra Albarelli, presidente Federcongressi&eventi - causando una crisi senza ritorno: ma come possiamo ripartire? Purtroppo l’industria dei congressi e degli eventi avrà bisogno ancora di un lungo periodo per tornare a regime, con forti campagne di promozione della destinazione Italia nei mercati internazionali e di incentivazione nei confronti delle imprese. I positivi risultati ottenuti dal settore Mice in questo 2021, grazie alla campagna vaccinale e all’adozione del green pass obbligatorio per partecipare a eventi, fiere e congressi, sono importanti ma non bastano. Anzi sono elementi che ci consentono di poter affermare che è giunto il momento di togliere limitazioni a uno dei settori più colpito dalla pandemia. Ad esempio eliminare il distanziamento di almeno metro tra i posti a sedere delle location o permettere lo svolgimento di eventi e congressi anche nelle Regioni ‘arancioni’”.
L’IBRIDO NON BASTA È importante fare un passo indietro per capire innanzitutto come stanno agendo le istituzioni per aiutare un settore industriale così martoriato: si torna al 6 agosto quando, per dare un boost a una ripartenza molto flebile del mondo Mice, il Governo ha deciso di rendere obbligatorio il green pass per la partecipazione ad eventi, fiere e congressi. Una misura che ha avuto subito il gradimento del settore e in particolare delle principali associazioni del comparto che già lo scorso anno per fare fronte comune contro la pandemia si erano riunite sotto l’aggregazione denominata #Italialive. “In una fase di incertezza come quella attuale, il ‘green pass’ rappresenta uno strumento indispensabile - ha spiegato Salvatore Sagone, portavoce del Club degli Eventi e della stessa #Italialive - per scongiurare un nuovo fermo degli eventi pubblici e privati, delle attività congressuali e convegnistiche, qualora le regioni dovessero tornare a ridipingersi di colori diversi dal ‘bianco’. È anche la soluzione fondamentale per assicurare agli operatori la possibilità di programmazione sul lungo periodo. Congressi ed eventi, infatti, hanno bisogno di mesi di preparazione e il passaporto verde appare oggi come l’unica via percorribile non solo per evitare l’aumento dei contagi ma anche per scongiurare l’incubo di future chiusure”. Insomma per il mondo degli
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eventi il pass è il primo step in grado di certificare la sicurezza di un settore che ha sempre lottato per avere regole chiare e che ha sempre investito, fin dall’inizio del 2020, per poter ricominciare a operare in sicurezza. E oggi che il ‘green pass’ sta gradatamente, ma costantemente, prendendo piede in altre attività che possono comunque anche essere utili alla ripartenza del Mice - dal 1° settembre il pass è attivo anche per il mondo dei trasporti a lunga percorrenza, mentre dal 15 ottobre è obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro – gli addetti ai lavori si interrogano su come sarà il mondo della meeting industry che ci aspetta e che già si sta delineando durante quella piccola percentuale di eventi che sono stati organizzati nel 2021. Per rispondere alle restrizioni che inizialmente aveva colpito duramente il mondo degli eventi in presenza, organizzatori e sedi hanno da subito investito in tecnologia per dedicarsi ai cosiddetti eventi ibridi, eventi cioè che prevedono un ristretto numero di persone fisicamente nella struttura a cui si somma un’audience più ampia invece collegata da remoto. Secondo l’Osservatorio Oice, il 42% delle sedi congressuali italiane ha realizzato uno o più eventi ibridi nel 2020. Ma si tratta di una soluzione solo a breve o anche a lungo termine? “Tanto utilizzo di tecnologia - spiega Franco Gattinoni, presidente del Gruppo Gattinoni - per la meeting industry è controproducente perché l’organizzazione diventa molto più impegnativa di quella di un evento fisico. Senza contare che usando il format ibrido vengono a mancare quegli elementi unici di empatia e di interconnessione personale che nel Mice sono fondamentali. Certo, piccoli meeting e riunioni di lavoro si possono continuare a fare online, ma i momenti che vogliono essere davvero speciali vanno condivisi in presenza, perché ‘ci si capisce meglio’. Quindi in parte la tecnologia potrà certamente restare ma gli eventi live restano fondamentali perché sono un momento di confronto insostituibile”. Secondo Gattinoni, il problema principale oggi non è tanto organizzare gli eventi in presenza, ma realizzarli bene, con regole certe per non sottostare a passaggi burocratici troppo complessi e improponibili ai clienti. “La sicurezza - continua - deve restare ovviamente alla base ma le regole si possono seguire anche se non sono bizantine ma solo coerenti con la situazione epidemica. Bisogna comunque guardare avanti: con la divisione Gattinoni Mice per l’autunno siamo già in fase avanzata con progetti importanti. Per un’azienda del ‘door to door’ realizzeremo un evento ibrido, una parte in presenza a
Milano e una parte in streaming, che in totale coinvolgerà oltre 1.000 persone, mentre per un brand del settore automotive di lusso, stiamo organizzando 4 tour in Puglia per dealer e clienti di tutta Europa che testeranno le performance delle vetture”.
RITORNO AL CONTATTO UMANO Un altro elemento da recuperare in vista della ripresa è il fattore umano, che non vuol dire solo puntare l’attenzione sull’importanza dell’empatia generata dagli eventi in presenza, ma focalizzarsi sul ruolo che le risorse umane del settore Mice hanno sempre avuto nell’organizzazione di eventi di successo. “Per gli eventi e gli incentive si tornerà come prima con il fattore umano protagonista perché la voglia è tanta da parte di tutti - racconta Daniele Rosso, presidente di Rossoevolution - e questo è il primo aspetto. Cortesia, professionalità e empatia devono essere un must indipendentemente da distanziamenti e mascherine. La percezione che però si ha in questo momento post pandemico è che, dopo un cosi lungo periodo di chiusura delle attività, ci si debba anche riabituare al contatto umano e alla routine lavorativa che nel nostro settore prevede forti carichi di lavoro e pazienza. D’altro canto, dopo ormai due anni di fermo totale o di solo virtuale, anche se oggi le aziende hanno l’esigenza di comunicare in presenza con i target di riferimento, molte ancora non si fidano a riprendere eventi live o a fare progetti a lunga scadenza. Sia per paura di cancellazioni e relative penali, sia perché ancora non è chiaro l’impatto del ‘green pass’ e delle nuove regole, seppur dal settore molto caldeggiate, su elementi quali la privacy dei partecipanti”. Rosso spiega che l’Italia resta al momento la destinazione maggiormente presa in considerazione dalle aziende per l’organizzazione in presenza dei loro eventi e si riscontra un aumento delle richieste di eventi anche da committenti esteri. “Recentemente – sottolinea - abbiamo organizzato due viaggi di incentivazione, uno in Sicilia e uno in Sardegna, con grandi numeri e soprattutto con grande successo, anche tenendo presente l’aver rispettato tutte le norme e le restrizioni anti Covid”. Una conferma arriva anche da Mirella Ciceri, Mice department director di Aci blueteam, divisione business travel del Gruppo Aci : “Sui nostri segmenti principali, ovvero fashion, congressuale medico e dello sport, registriamo da qualche mese un forte ripresa. La differenza rispetto al 2019 però la rileviamo nei volumi di fatturato che risultano ben inferiori al periodo pre Covid per due aspetti: a parità di numero di eventi, le presenze dei partecipanti sono nettamente inferiori, a causa dei protocolli di sicurezza vigenti; e poi mancano ancora tutti gli eventi a lungo raggio. Fa almeno ben sperare il fatto che i clienti esprimano già una forte volontà nel voler tornare in presenza, soprattutto nel mondo dello sport, come accaduto per il recente Gran Premio di Formula 1 disputato a Monza”. Le previsioni su quando il mondo Mice potrà arrivare al ritorno in piena attività non sono ancora semplici da fare, come conferma anche lo studio dell’Università Cattolica. Le aspettative più ottimistiche sono già andate in gran parte deluse: il campione contattato, per quanto riguarda le ipotesi di un ritorno ai livelli di eventi ospitati nel periodo pre Covid, ha stimato per la maggior parte (63,8%) un lasso di tempo pari a 1 o anche 2 anni, mentre il 26,8% ha previsto una tempistica di 3 o 4 anni.
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