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Il nuovo Messale Romano

Il Vescovo presenta la lettera pastorale

avuto è di fare in modo che tutti si sentano accompagnati perché dovremo affrontare le conseguenze di un’esperienza che ci ha colto all’improvviso e immaginare una ripresa che non sia semplicemente una riproduzione del passato. Tutto questo domanda di camminare insieme con il contributo di tutti, senza premura e avendo presente l’obiettivo comune che è quello di cogliere la grazia che il Signore ci dà nella forma di un discernimento che ci permette di fare tesoro di quella voce dello Spirito che ci ha raggiunto in modo anche drammatico attraverso la sofferenza di tante persone e la generosità di tante altre.

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Tratto da: www.diocesi.brescia.it Lettera pastorale 2020, intervista al Vescovo di Massimo Venturelli

La prima domenica di Avvento del 2020 ha segnato non solo l’inizio del nuovo Anno Liturgico, ma per la maggior parte delle diocesi italiane, compresa quella di Brescia, anche il passaggio all’adozione della terza edizione italiana del Messale di Paolo VI, meglio noto come il “Messale Romano”, una piccola rivoluzione che inciderà sulla vita delle comunità. La revisione italiana del Messa-

le scaturito dal Concilio arriva a diciotto anni dalla terza edizione tipica latina varata dalla Santa Sede

nel 2002 che contiene non pochi cambiamenti. La complessa operazione ha visto numerosi esperti collaborare con la Commissione episcopale per la liturgia fino a giungere nel novembre 2018 all’approvazione del testo definitivo da parte dell’Assemblea generale dei vescovi italiani. Poi, dopo il “via libera” di papa Francesco, il cardinale presidente Gualtiero Bassetti ha promulgato il libro l’8 settembre 2019. E lo scorso 29 agosto la prima copia è stata donata al Pontefice. In verità le modifiche che devono essere imparate dai fedeli sono poche, la maggior parte delle variazioni riguarda le formule proprie del sacerdote. Sarà comunque necessario fare l’orecchio ai cambiamenti. Già nei riti di introduzione dobbiamo abituarci a un verbo al plurale, «siano», perché il sacerdote introduce ora la celebrazione dicendo «La grazia del Signore

nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la co-

munione dello Spirito Santo siano con tutti voi». È stato rivisto anche l’atto penitenziale con un’aggiunta “inclusiva”: accanto al vocabolo «fratelli» c’è «sorelle»: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle...». Poi: «E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle...». Inoltre, il nuovo Messale privilegia le invocazioni in greco «Kýrie, eléison» e «Christe, eléison» sull’italiano «Signore, pietà» e «Cristo, pietà». Si arriva al Gloria che ha la nuova formulazione «pace in terra agli uomini, amati dal Signore», una revisione che vuole essere più fedele all’originale greco del Vangelo. La liturgia eucaristica vede fin dall’inizio alcuni ritocchi. Dopo l’orazione sulle offerte, il sacerdote, mentre si lava le mani, non dice più sottovoce «Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni pecca-

to» ma «Lavami, o Signore, dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro». Poi invita a pregare dicendo: «Pregate, fratelli e sorelle, perché questa nostra

famiglia, radunata dallo Spirito Santo nel nome di Cristo, possa offrire il sacrificio gradito a Dio Padre

onnipotente». Un lavoro di modifica più profondo ha invece caratterizzato le preghiere eucaristiche e i prefazi: di questi ultimi ne sono stati aggiunti ben sei. La Preghiera eucaristica II, quella fra le più utilizzate, non manca di cambiamenti. Dopo il Santo, il sacerdote allargando le braccia usa la formula: «Veramente santo sei tu, o

Padre, fonte di ogni santità. Ti preghiamo: santifica

questi doni con la rugiada del tuo Spirito», in sostituzione della precedente: «Padre veramente santo,

fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’ef-

fusione del tuo Spirito». L’inizio del racconto sull’istituzione dell’Eucaristia si trasforma da «Offrendosi liberamente alla sua passione» a «Consegnandosi volontariamente alla passione». E nell’intercessione per la Chiesa l’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» diventa con «i presbiteri e i diaconi». Varia anche la preghiera eucaristica della Riconciliazione I, dove si leggeva «Prese il calice del vino e di nuovo rese grazie» e ora troviamo «Prese il calice colmo del frutto della vite». Altra e forse più “sentita” novità significativa che riguarda più da vicino l’assemblea si trova nel Padre Nostro. Nella preghiera insegnata da Cristo è stato inserito un «anche» («Come anche noi li rimettiamo»). Quindi il cambiamento caro a papa Francesco: non si dice più «E non ci indurre in tentazione», ma «Non abbandonarci alla tentazione». Questa è la versione che la CEI ha approvato con la traduzione della Bibbia del 2008. Dopo lunghi dibattiti e discussioni, i vescovi hanno finalmente approvato questa soluzione introducendola nella liturgia eucaristica. Non si tratta di una traduzione letterale del testo greco (che indica “portare verso” e quindi “indurre”) bensì di una forzatura motivata da esigenze pastorali e teologiche. Per dirla con parole di papa Francesco, “dobbiamo escludere che sia Dio il protagonista delle tentazioni che incombono sul cammino dell’uomo”. Il rito della pace è stato modificato con la nuova enunciazione «Scambiatevi il dono della pace», che subentra a «Scambiatevi un segno di pace». E, quando il sacerdote mostra il pane e il vino consacrati, ora dirà: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che to-

glie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena

dell’Agnello», rimodulazione della formula classica che iniziava con «Beati gli invitati». Per la conclusione della Messa è prevista la nuova formula: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore». Queste sono le novità più importanti e facilmente riscontrabili che interessano le celebrazioni eucaristiche dall’adozione del nuovo Messale Romano. Non dobbiamo però limitarci a vedere il nuovo Messale come un libro dei preti e per “dire messa”, ma, come ci suggerisce Don Adriano Bianchi, responsabile diocesano per la comunicazione e direttore de “La Voce del Popolo”, come “un’opportunità unica per aiutare il popolo di Dio a entrare sempre più nel mistero d’amore della Trinità” e “una scuola di comunità per tutto il popolo di Dio”. Non va visto come una “partitura” da eseguire, ma ci potrà aiutare a mettere al centro della nostra vita l’eucaristia attraverso la riscoperta dell’ars celebrandi. E sempre Don Adriano sottolinea come il Messale sia “insieme preghiera e modello di preghiera, e potrebbe diventare, con le sue collette e le sue anafore, fonte di ispirazione per gli incontri di preghiera in comunità”. In conclusione, come evidenzia la presentazione della Cei, i vescovi italiani invitano i pastori a studiare attentamente il testo per imparare “l’arte di evangelizzare e di celebrare” e richiamano ogni presbitero alla responsabilità e alla fedeltà al testo liturgico appena pubblicato affinché non ci si affranchi dall’autorità e dalla comunione con la Chiesa. Il nuovo Messale deve diventare un’opportunità per tornare a riscoprire la bellezza della liturgia, i suoi gesti, i suoi linguaggi ed è necessario che si trasformi in «occasione di formazione del popolo a una piena e attiva partecipazione». Ecco la principale sfida per le parrocchie.

Francesco Quaranta

IL KYRIE

Kyrie eleison è una preghiera antica della liturgia cristiana. L’espressione è scritta in greco (Kύριε ἐλέησον) e Kyrie eleison è la traslitterazione dell’espressione in latino. Nella liturgia italiana è stata tradotta con Signore pietà; tuttavia, con maggiore aderenza, potrebbe essere tradotta anche come Signore abbi benevolenza Generalmente la formula è pronunciata secondo la pronuncia itacistica del greco, suonando cosi: [΄kyrie e΄lεjson], o anche [΄kyrie e΄lεjzon]; secondo la pronuncia erasmiana dovrebbe invece pronunciarsi: [΄kyrie e΄leε:son]. Vi sono espressioni simili in alcuni salmi e all’interno dei Vangeli. Il Kyrie è la più antica testimonianza di uso liturgico cristiano, risalente al IV secolo nella chiesa di Gerusalemme, e al V secolo nella Messa di rito romano. È usata come preghiera litanica e come risposta a determinate invocazioni. Il significato originario è quello conservato dal rito bizantino, traducibile con Signore,

mostraci la tua benevolenza

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