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I dolci d’Italia. Quali i più buoni?
Quasi impossibile scegliere un dolce simbolo per ogni territorio. La pasticceria italiana è ampia, complessa. Ricchissima. Proviamo a raccontare qualche dettaglio.
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Il dolce della domenica in Italia
A Roma si chiamano pastarelle, tecnicamente si tratta di bigné farciti spesso versione mignon, ma in qualsiasi caso stiamo parlando del dolce della dome - nica per antonomasia, un vassoio colmo di piccole delizie da condividere con amici e parenti a fine pasto. Dall’aspetto e il gusto vintage, i dessert tradizionali in Italia sono svariati, dai biscottini fragranti da abbinare un buon espresso o inzuppare in un bicchiere di vino dolce alle torte semplici spolverate di zucchero a velo dal sapore casalingo. I dolci della domenica, regione per regione
Partiamo dal Nord, dalle Tegole della Valle d’Aosta, perfette per accompagnare una tazza di caffè o di tè: la loro storia si lega a quella della famiglia Boch, pasticceri da generazioni che di ritorno dalla Normandia negli anni ’30 crearono queste delizie. In principio, i biscotti assumevano una forma ondulata dopo la cottura, caratteristica che ha portato alla creazione del nome, ma oggi sono quasi sempre piatte. Si preparano con farina 00, zucchero, mandorle bianche, nocciole, burro e albumi d’uovo.
Ecco i Bonèt del Piemonte che rappresentano la perfetta conclusione di un pasto: la versione primordiale di questo budino veniva preparata tra le Langhe e il Monferrato già nel Medioevo come portata finale dei banchetti più sfarzosi. Latte, uova, amaretti e zucchero erano gli ingredienti principali a quel tempo: è solo nel Settecento che il bonèt inizia a essere preparato con il cioccolato, trasformandosi nel dessert godurioso che tutti conosciamo. Il nome deriva dal cappello tondeggiante che ricorda la forma dello stampo in cui veniva preparato, detto “bonèt ed cusin”, ovvero “cappello da cucina”. E la Lombardia? C’è la gustosa sbrisolana mantovana, la soffice torta Donzinetti bergamasca e, sempre da Mantova, l’inimitabile torta Margherita, specialità semplicissima profumata al limone che non passa mai di moda. Come il Macafame, in Veneto, un dolce povero e di umili origini, fatto con il pane raffermo, tipico della cucina vicentina. Il pane avanzato viene bagnato nel latte e poi arricchito con frutta secca, zucchero e mele: una torta morbida e sostanziosa, perfetta per “ammazzare la fame”. Come nelle migliori tradizioni regionali, ogni famiglia ha la sua ricetta, che talvolta prevede l’aggiunta di fichi, miele o liquori. In Liguria, invece, spunta la torta sacripantina che è un pan di Spagna morbido alternato a strati di crema chiara e scura, a forma di cupola e ricoperto di briciole di impasto, un po’ come si fa con la Mimosa. Una torta dal gusto retrò, profumata con liquori e farcita generosamente, una ricetta antica.
Fino allo Strudel di mele del Trentino Alto Adige, un involucro di pasta sottile che racchiude un ripieno succoso, da servire con ciuffi di fresca panna montata o crema pasticcera. Per la farcia, si usano mele Golden Delicious della Val di Non oppure le Renette, uvetta (da ammorbidire nel rum), pinoli, cannella, zucchero e limone, a cui si può unire anche del pangrattato.
La Torta di riso dell’Emilia Romagna, stiamo parlando del dolce più famoso della tradizione bolognese, nato in principio come piatto tipico degli Addobbi, le feste periodiche parrocchiali in concomitanza con le celebrazioni del Corpus Domini, in cui era uso esporre alle finestre dei drappi colorati. Si tratta di un dolce morbido fatto con riso cotto nel latte, mandorle, liquore e limone. Mentre in Toscana ecco i Cantucci. Buoni a ogni ora ma sublimi a fine pasto imbevuti nel vin santo. Nelle Marche il Ciambellone che è il dolce italiano per antonomasia, apprezzatissimo. In Umbria la Rocciata e nel Lazio le Pastarelle. A Roma il cabaret di paste è d’obbligo, un vassoio da cui ognuno può attingere al proprio dolcetto preferito. Immancabile il diplomatico, il più bistrattato dei mignon che però è sempre presente: un tortino di pasta sfoglia, pan di Spagna imbevuto nell’alchermes e crema pasticcera, la più retrò delle pastarelle. E poi le code d’aragosta, simili alle sfogliatelle campane ma più allungate e ripiene di chantilly o crema al cioccolato, senza dimenticare i bignè – che nella Capitale si colorano con glasse rosa, nere o color nocciola a seconda dei gusti, oppure si arricchiscono con granella di zucchero se ripieni di panna montata – e le crostatine con crema e frutta.à
Arriviamo alla Pizza dolce dell’Abruzzo ed alla torta Tintilia del Molise fino a Napoli ed alla Campania con il Babà. A Napoli, proprio come a Roma, non può mancare il vassoio di paste della domenica. Qui però c’è un altro dolce tipico a fare la parte del leone, il babà, re della pasticceria campana che affonda le sue origini a Luneville, in Lorena: è qui che comincia il lungo viaggio di questa specialità, inventata dal re polacco Stanislao Leszczyński in esilio nella regione francese. Il sovrano considerava il kugelhopf, torta di tradizione alsaziana, troppo asciutta, così decise di bagnarla con uno sciroppo al rum per prolungarne la morbidezza, da lì si modificò la ricetta e aggiungendo in seguito tre fasi di lievitazione.
Ed i Bocconotti della Puglia? Presenti anche in Abruzzo, i bocconotti sono dei gusci di pasta frolla ripieni di ingredienti diversi a seconda della zona di produzione. In Puglia si dice siano nati nell’entroterra murgiano: il nome indica infatti le piccole dimensioni adatte per essere mangiate in un solo boccone, e quindi perfette per essere trasportate dai contadini durante il lavoro nei campi. Generalmente il pasticcino viene farcito con ricotta e marmellata oppure cioccolata; c’è poi la versione le Scorzette, originarie di Bernalda e Marconia, due paesi in provincia di Matera. In Calabria invece i Mostaccioli, filoncini duri e compatti, dall’aspetto e il gusto rustico, preparati in ogni occasione speciale, che sia un matrimonio, un compleanno, una festa di paese o un semplice pranzo in famiglia. Sapore principale è quello del miele, usato in abbondanza insieme a farina, uova e lievito: pochi ingredienti per un dolcetto semplice e casalingo.
Sicilia e Sardegna. La prima con i cannoli, la seconda con i Pabassinas Impossibile citare tutte le prepara- bitontina tradizionale delle monache benedettine che prevede solamente ricotta con poco zucchero. In Basilicata ci sono zioni dolci siciliane: per il pranzo della domenica, tra cassata e paste di mandorla c’è l’imbarazzo della scelta, ma il protagonista assoluto resta il cannolo. Un dolce che ha fatto la storia della gastronomia dell’isola e attorno al quale ruotano diverse leggende: la teoria più diffusa circa la sua origine è quella delle suore del convento di Caltanissetta, che sembra siano le autrici della ricetta. I Pabassinas della Sardegna sono dei biscottoni di pasta frolla decorati con la glassa e arricchiti con uva passa. A seconda della zona, vengono arricchiti con ingredienti diversi come la sapa, lo sciroppo concentrato d’uva, la cannella o il liquore all’anice. Fondamentali, in qualsiasi caso, la farina, le mandorle, le noci, l’uva passa, lo zucchero, il lievito, burro o strutto, uova, scorza di limone e arancia, un pizzico di sale.