PRIMO PIANO
La grande bellezza del bene comune
Viaggio nell’Italia della solidarietà e dell’impegno civico tra iniziative di reinserimento sociale, cooperazione difesa dei diritti e promozione della cultura
SPECIALE GIUBILEO 2025
Apre la prima Porta Santa in carcere. Padre Lucio, Rebibbia «La nostra speranza è che tutti i detenuti possano partecipare»
ECONOMIA
Federazione Moda Italia
parla Giulio Felloni, presidente
«Sostenibilità e innovazione per il successo delle imprese»
ESTERI È crisi diplomatica tra India e Canada
Ombre di Delhi. Un assassinio e una trama internazionale
Donare una casa all’UNICEF significa donare all’infanzia un futuro migliore. Ciò che ha avuto un valore affettivo per te, può avere valore anche per la vita di tanti bambini.
In molti luoghi del mondo milioni di bambini vivono in estrema povertà, afflitti da guerre, catastrofi naturali, vittime di abusi e sfruttamento.
La tua donazione immobiliare sarà trasformata in cibo, vaccini, scuola e protezione.
Chiama o scrivi, anche ora, a Laura Verderosa. Insieme troveremo il modo più semplice ed efficace per compiere questo gesto d’amore. 06 47809235 - 3664245511 donazionebeni@unicef.it
Anno XLVI - n. 12 - dicembre 2024
Un anno di sfide, un futuro da costruire
Il volontariato non è un atto di eroismo
ma una scelta consapevole
In questo numero
Keep me posted, la campagna europea
Felloni, Federmoda: «Equilibrio tra prezzo e qualità del prodotto»
Boomer e Gen Z, arriva il dizionario
Silvio Garattini è Italiano Controvento
Natale nel mondo, folklore e sorprese
Ozempic fa impazzire Hollywood
Vacanze formato famiglia
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Carlo Sangalli 5
Anna Grazia Concilio 6
Valerio Maria Urru 22
Francesca Cutolo 34
Ilaria Romano 36
Leonardo Guzzo 52
Dario De Felicis 62
Cosimo Caridi 76
Elisabetta Pagano 78
Inps: in calo le pensioni anticipate Maria Silvia Barbieri 84
Viaggi: Crociera sul Reno Incontri 50&Più, Colombia
Nel cuore dell’inverno
43 28
Speciale Giubileo 2025 L’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia e il nuovo cohousing per anziani del Campidoglio di A.G.Concilio e C.Ludovisi
Rubriche
Il terzo tempo
Anni possibili
Effetto Terra
a cura di 50&Più Turismo 88
a cura di Barbanera 92
La grande bellezza del bene comune Viaggio nell’Italia che aiuta difende e unisce generazioni di D.Ottavi, C.Benassai, A.Giuffrida, A.G.Concilio
Lidia Ravera 10
Marco Trabucchi 12
Francesca Santolini 14
20 a cura di Redazione
CARTA DI NAPOLI CONTRO I PREGIUDIZI
Protocollo d’intesa tra 50&Più Confcommercio e Ordine dei giornalisti della Campania, per combattere la discriminazione dovuta all’età attraverso i media
24
IL SOGNO VERDE DI SARO
Ha reso un terreno arido una collina rigogliosa che oggi conta oltre 500 alberi ed è un ecomuseo La sua impresa lo rende “custode della macchia mediterranea”
C.Caridi
È CRISI DIPLOMATICA TRA INDIA E CANADA
L’omicidio del leader sikh canadese ha innescato una profonda crisi tra i due paesi, rivelando profonde divisioni e sollevando numerosi interrogativi
Personaggi
Giuseppe Battiston
«Mettersi in discussione fa parte del nostro lavoro»
di Giulia Bianconi 16
L’angolo della veterinaria
Cultura
82
Cani e padroni condividono lo stesso umore
Ecco da cosa dipende il contagio emotivo influenzato anche dall’ambiente
a cura di Irene Cassi
Marco Balzano: «Amo i temi rimossi dalla memoria collettiva» 64
Con Napoli-New York Salvatores riscrive Fellini 66
Zucchero, le ‘nuove’ cover in Discover II 68
L’Adorazione dei Magi di Botticelli ed El Greco 70
Buon compleanno, Heidi. I 50 anni dell’anime giapponese 72 Il 2024 in pillole, i fatti più significativi dell’anno 74
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ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
UN ANNO DI SFIDE UN FUTURO DA COSTRUIRE
Il 2024 sta volgendo rapidamente al termine e come sempre è tempo di bilanci e di qualche riflessione. Il tempo giusto per farle, care amiche e cari amici, è quello subito dopo il Santo Natale quando la frenesia degli impegni si placa quasi improvvisamente. È un tempo veloce perché altri appuntamenti e il Capodanno si avvicinano. Ma è un tempo utile per pensare al percorso che abbiamo fatto e a quello che ci aspetta. L’anno che ci lasciamo alle spalle è segnato da quella che Papa Francesco chiama con estrema preoccupazione la Terza guerra mondiale a pezzi. Ha perfettamente ragione
OCCORRE PARTECIPARE
DIVENTIAMO COSTRUTTORI
DI SPERANZA ATTIVA E OPEROSA
CHE GENERA IL BENE
ed è l’unico a denunciare questa deriva che porta alla catastrofe.
Oggi, nel mondo, secondo il Global peace index, pubblicato dall’Institute for Economics & Peace, sono attivi 56 conflitti. È il numero più alto mai registrato dal 1945. Ed è la prima volta nella storia che si prende in considerazione l’ipotesi di utilizzare realmente le armi nucleari tattiche a livello globale. Chi paga il prezzo più alto, come sempre, sono gli innocenti. Bambini, donne e anziani coinvolti nelle guerre e che spesso non sono “solo” danni collaterali ma obiettivi scelti intenzionalmente per generare terrore.
di Carlo Sangalli Presidente Nazionale 50&Più
Difficile dire cosa possiamo fare noi di fronte a tali disastri. Certamente possiamo e dobbiamo evitare l’assuefazione, l’abitudine all’orrore che poi porta all’indifferenza. E questo significa non rassegnarsi, continuare ad informarsi, e per quanto possibile cercare di far sentire la nostra voce a ogni livello.
È quello che dobbiamo fare anche sul fronte del cambiamento climatico che sta lasciando tracce indelebili con eventi estremi che hanno colpito l’Italia e il mondo. Siccità, alluvioni, incendi hanno messo in ginocchio tante regioni e comunità intere. Le violente precipitazioni di queste ultime settimane sono un segnale chiaro: è necessario intervenire per scongiurare nuove calamità.
Gli eventi climatici straordinari ci mettono di fronte alle conseguenze devastanti di un’azione umana spesso indifferente e irresponsabile. Tuttavia, è proprio in questi momenti che dobbiamo ritrovare la forza e la determinazione per reagire e fare la nostra parte. Non dobbiamo mai perdere la speranza. Il 2024 è stato anche un anno di svolte che potrebbero lasciare il segno di un vero cambio di rotta. Come Paese abbiamo assunto davanti al mondo intero impegni rilevanti. Lo abbiamo fatto nel campo della salute, della cultura. Abbiamo ospitato i Grandi della Terra e abbiamo iniziato a tracciare un percorso sfidante che dovrà essere continuamente monitorato. In un panorama generale non possiamo non tenere conto che l’Italia è la prima in Europa per numero di anziani. Non possiamo non tenerne conto perché noi - che da cinquant’anni tuteliamo i diritti dei senior - abbiamo il dovere di stare al fianco delle fragilità e proporre soluzioni. Negli ultimi mesi abbiamo partecipato a tavoli importanti, in alcuni casi li abbiamo ospitati, conservando sempre un ruolo di primaria importanza nel panorama dei diritti. Proprio sulla scia di tutto quello che abbiamo fatto sino qui e dei traguardi che abbiamo raggiunto, dobbiamo guardare al 2025 con fiducia. Dobbiamo pensare al futuro con ottimismo, continuando a tutelare in maniera sempre più forte i diritti delle persone anziane, con fragilità. A proteggere, in particolare, i diritti dei caregiver. Questi ultimi, a loro volta, spesso con molti anni sulle spalle. Il mio augurio, la mia speranza è che i senior - che rappresentano una risorsa inestimabile per la nostra comunitàvengano finalmente tutelati e valorizzati come meritano. E la speranza vera, quella attiva e operosa, è legata strettamente al “nuovo”. E allora questo nuovo anno deve essere una nuova opportunità per ripartire e costruire un nuovo futuro per noi stessi e le nuove generazioni. È la grande sfida che ci aspetta. Per vincerla, occorre vivere e non lasciarsi vivere. Occorre impegnarci e non rassegnarci. Occorre partecipare e non rinunciare. Diventiamo, insomma, costruttori di speranza attiva e operosa che genera il bene.
È questo, care amiche e cari amici, il mio augurio di cuore di Buon Natale e felice 2025 per voi e i vostri cari.
Anna Grazia Concilio Direttrice responsabile 50&Più
IL VOLONTARIATO NON È UN ATTO DI EROISMO
MA UNA SCELTA CONSAPEVOLE
«Custodisco ancora un sogno nel cassetto e il desiderio di fare di più». A pronunciare queste parole è Michele, 57 anni, che dal 2006 si prende cura dei detenuti aiutandoli nel reinserimento sociale, insieme a tanti volontari e a sua madre che di anni ne ha 82.
La sua storia, raccontata per noi da Claudia Benassai, la trovate alle pagine 46 e 47: è una storia che viene dalla Sicilia e che, oltre a essere un racconto di quanto la solidarietà e la generosità siano capaci di rendere questo posto un mondo migliore, è anche un esempio e, se vogliamo, un invito. A dicembre ricorrono due appuntamenti importanti: uno è la Giornata del Volontariato (5 dicembre), l’altro la Giornata della Solidarietà (20 dicembre), entrambi voluti dall’Organizzazione delle Nazione Unite. Le due occasioni ci invitano a riflettere sul valore inestimabile dell’impegno civile e rappresentano un’opportunità per celebrare le azioni di quanti, ogni giorno, si prodigano per costruire una società più giusta e inclusiva. Ma sono anche un monito a non abbassare la guar -
dia, a non dare per scontato il bene comune. La storia di Michele sottolinea un aspetto di non poco conto: dimostra che mettersi al servizio degli altri non è un atto di eroismo, ma una scelta consapevole. È la decisione di donare le proprie risorse - quindi il tempo, le competenze e l’affetto - per il bene degli altri. È un gesto che certamente ci rende più ricchi, ci fa superare i limiti e ci lascia scoprire un senso più profondo della condivisione. Ma non è tutto, perché partecipare alla vita di comunità (dalle associazioni ai gruppi) è anche un potente strumento di cambiamento sociale. Lo è perché ci rende liberi di guardare all’obiettivo senza pregiudizi - ci stiamo impegnando per una società più giusta e inclusiva, a chi importa farsi condizionare da cosa pensano gli altri su questa o quella cosa? - e perché ci rende protagonisti di una scelta consapevole: sul nostro esempio, altre donne e altri uomini guarderanno all’impegno comune come antidoto all’individualismo e alla competizione. Mettersi al servizio degli altri, quin-
di, non può essere ridotto a un mero esercizio di altruismo: sono necessari costanza, capacità di ascolto, di dialogo e conoscenza delle realtà sociali in cui si opera. È un richiamo alla responsabilità individuale e collettiva, un invito a riscoprire i valori della condivisione e della cura reciproca, senza dimenticare che l’impegno e la partecipazione rappresentano un ponte tra i cittadini e le istituzioni ed è solo percorrendo il ponte - insieme - che i diritti di tutti, anche quelli violati, anche quelli dimenticati, possono essere riconosciuti.
Dicembre è il mese che l’Onu ha scelto per ricordare a tutti noi l’importanza di azioni solidali e volontarie; dicembre è anche il mese in cui ognuno di noi pensa ai progetti che da gennaio dovranno essere imprescindibili e allora aggiungiamone un altro, prendiamoci tutti l’impegno di metterci al servizio della comunità perché non è mai troppo tardi e non è mai il momento sbagliato per iniziare a partecipare al cambiamento di cui troppo spesso siamo solo spettatori.
Vuoi dare una mano a Don Michele?
Alla periferia sud-ovest di Ferrara hanno appena nito di ristrutturare la chiesa di Sant’Agostino e dentro ci hanno messo una meridiana: sul pavimento c’è una linea di piastrelle che a metà giornata è baciata da un fascio di luce, che entra da un foro (lo gnomone) sopra l’altare. “Volevamo che questo segno ci ricordasse quello che siamo – spiega don Michele Zecchin, cui sono state a date le parrocchie di Sant’Agostino e del Corpus Domini -: siamo baciati dalla bellezza del volto di Dio, che entra nella nostra storia. E a nostra volta noi cerchiamo di diventare per tutti un ri esso di quella luce”. “La nostra parrocchia – aggiunge Valentina, una delle catechiste – è un punto di riferimento per tutto il nostro quartiere, un abbraccio che ci aspetta sempre, ogni volta che ci incontriamo. È un punto d’incontro tra realtà anche molto diverse e don Michele conosce tutti per nome, ha sempre un sorriso per tutti, ha un cuore grande e ci sa ascoltare”. “Qui nel passato – le fa eco Alberto – abbiamo avuto molta immigrazione italiana e adesso ne abbiamo molta straniera. A noi si rivolgono molte di queste famiglie, anche se di fedi diverse, perché siamo l’unico centro che le ascolta: c’è da pagare una bolletta, non sanno in quale u cio bisogna fare un certo documento… spesso su questo territorio
siamo l’unica agenzia che si occupa davvero della gente”. “Io ho scoperto nella mia vita – aggiunge don Michele –che il messaggio del Vangelo era l’annuncio della possibilità di una umanità bella, matura, equilibrata: quella che ha vissuto Lui”. Una umanità che, tra i volontari di questa unità pastorale, abbraccia veramente tutte le fasce d’età: dai 16 anni di Chiara no ai 90 di Ada. “Ma grazie alla reciproca conoscenza –conclude Matilde – le barriere cadono”. Dal 1989, per legge, il sostentamento dei sacerdoti non è più a carico dello Stato ma è stato a dato a tutti noi. A tutte quelle persone di buona volontà che, attraverso la rma per l’8xmille alla Chiesa cattolica o direttamente attraverso le o erte deducibili per i sacerdoti possono contribuire a garantire loro un tenore di vita dignitoso. Dalle montagne alle isole, nelle grandi città come nei piccoli paesi, grazie ad un sistema che si fonda sulla perequazione e la corresponsabilità, ciascuno di loro ha bisogno del contributo di tutti. Anche del tuo. Scopri come donare, in modo semplice e sicuro, nel sito Magari poco, ma in tanti. Don Michele, e tanti altri don come lui, te ne saranno grati, insieme alle loro comunità.
Punti di vista
@TOONJOOSEN
Frammenti di Nostalgia
MONDI SOSPESI TRA IRONIA E POESIA
DALLO STUDIO OLANDESE DI TOON JOOSEN NASCONO COLLAGE CHE TRASFORMANO IL QUOTIDIANO IN POESIA VISIVA. VECCHIE FOTO E RIVISTE D’EPOCA SI INTRECCIANO
DANDO VITA A SCENE FAMILIARI E ALLO STESSO TEMPO SURREALI. PROTAGONISTE DI UN RACCONTO CHE GIOCA CON L’IRONIA, DOVE LE PAROLE, RITAGLIATE DA LIBRI CONSUMATI DAL TEMPO, SEMBRANO PRENDERE VITA
Il terzo tempo
VI RACCONTO PERCHÉ È DIFFICILE PER ME FESTEGGIARE IL NATALE
di Lidia Ravera
Era celebrato ossessivamente dalla mia famiglia d’origine, il Natale. Nascondevano i regali eccedendo in precauzioni consapevolmente grottesche. Era tutto un crescendo di attesa. Erano disprezzate le famiglie prosaiche che si accordavano, comperavano su richiesta, mettevano sotto l’albero un golf o un profumo con il cartellino del prezzo. Il regalo doveva essere il frutto della conoscenza dei desideri dell’altro. Doveva essere esatto e imprevedibile, fonte di gioia. Finché eravamo bambine, io e mia sorella, era un gioco solenne. Fingere di dormire, ascoltare i genitori muoversi con cautela in salotto. E la mattina del 25 alzarsi prestissimo e trovare i pacchetti sotto l’albero.
Fingere di credere. Credere. A Babbo Natale, certo. Ma soprattutto al rapporto che lega pedagogicamente fra loro, il merito e il premio. Se siete state buone riceverete i doni, se siete state monelle no. Al massimo carbone dolce.
Ricordo tutto con precisione, il rumore della carta mentre aprivi i pac-
chetti. La carta lucida. Le coccarde. Ricordo il teatro della sorpresa, la recita della gratitudine, anche se non sempre il dono corrispondeva alle attese. Gli occhi degli adulti fissi su di noi, a godere ogni sfumatura della nostra prevista gioia di bambine. La mattina era lunga e andava via così, a scartare, ringraziare, abbracciare. Seguiva un lungo pomeriggio noioso, il pranzo troppo pesante, il gioco che già si smontava e si rompeva. Trovare difetti alle bambole. Il pomeriggio era un supplizio.
La consumazione del piacere è molto meno allegra dell’attesa.
Al trascorrere di ogni anno, il Natale, sempre di più, appariva come una tappa obbligata del rapporto con la famiglia d’origine, per me e per mia sorella, adulte.
È stato di nuovo bello da madri, io e mia sorella, con mio figlio bambino e sua figlia bambina. E i nonni a guardare due generazione di figli che scartavano regali. Di nuovo, io e mia sorella, ci impegnavamo a recitare la sorpresa. I nostri erano due bambini felici, anche se più presto increduli dei
Certe volte mi apposto in un negozio e guardo le mani allungarsi verso oggetti inutili di poco valore. Saranno definiti un pensierino
loro genitori da piccoli. Poi, il 10 dicembre del 1993 mia sorella è morta. Sua figlia aveva 11 anni, mio figlio 14. Il Natale del 1993 è stato il più infelice della mia vita. Non l’abbiamo cancellata, la cerimonia, ma è diventata la cerimonia dell’addio. All’infanzia. All’attesa. Alla gioia intrecciata senza tempo e senza ragionamento. Ho recitato ancora un po’, per loro, per mio figlio e per la figlia di mia sorella che ho, pochi giorni dopo, adottato. Ho recitato attesa e sorpresa ma senza convinzione. Il pranzo di Natale è il momento in cui, a tavola, si contano i posti vuoti. Ormai, i posti vuoti sono tutta la mia famiglia d’origine. Per ultimo mio padre, dodici anni fa. Pensavo che avrei provato una sorta di liberazione. Non credo né in Dio né nello shopping. E allora basta Natale, no? No. Non mi manca la festa. Mi manca la vigilia.
Mi manca l’attesa, il rituale, quel dolce e assurdo fingere di credere. Non mi piace andare per negozi, in quella ressa di acquisti obbligati, per dovere sociale, per non presentarsi a mani vuote a pranzi e cene a cui non hai voglia di andare. Certe volte mi apposto in un negozio e guardo le mani allungarsi verso oggetti inutili, di poco valore. Sono quelli che, nell’atto del porgerli, saranno definiti ‘un pensierino’. E un Rolex che cos’è? Un pensierone?
Lo so, sono diventata acida. Confesso che da quel lontano Natale del 1993, quando il Natale andò in scena lo stesso, e la bambina di mia sorella mi consegnò con un sorriso difficile da dimenticare, il grande quaderno con la
copertina ricamata a mano che mia sorella aveva preparato per me, da quel Natale di 30 anni fa, è diventato difficile, per me, festeggiare. È diventato difficile anche, o forse soprattutto, per l’ormai quarantaduenne bambina rimasta orfana quel giorno. E per tutti noi? È facile fare festa mentre, non molto lontano da casa nostra, muoiono migliaia di persone?
Si può continuare a incartare regalini per i nostri figli e nipoti mentre ogni giorno muoiono centinaia di bambini in Palestina, in Libano, in Israele, in Ucraina? Riusciremo, dopo tutti questi mesi di morti annunciate e commentate sempre più rapidamente, ad abbracciarci e baciarci sotto l’albero di Natale, acceso di palline colorate? Il pranzo sarà consumato in silenzio perché, fra i commensali, ci sarà certamente qualcuno che ti chiama “putiniana” se metti in dubbio la cristallina innocenza di Zelensky, che ti considera cretina perché vuoi la pace, che ti dà dell’antisemita perché critichi la politica di Netanyahu. Viviamo tempi di schieramenti feroci, niente più del mondo di oggi è lontano dal presepe. E la pace in terra, gli uomini e le donne di buona volontà, quando potranno gustarla e godersela e lavorare per mantenerla?
Io non la vedrò, spero che abbiano questa fortuna almeno le mie nipotine. E non soltanto, come in una recita ormai logora, nel giorno del Santo Natale.
PARLIAMONE
Per scrivere a Lidia Ravera
posta - C/O Redazione 50&Più via del Melangolo, 26 - (RM) fax - 066872597 email - redazione@50epiu.it
COSTRUIAMO COMUNITÀ PIÙ UNITE ATTRAVERSO LA GENEROSITÀ
di Marco Trabucchi
Nel nostro tempo difficile sono sempre più numerosi i cittadini che soffrono di solitudine.
È una realtà in crescita, che colpisce in particolare le persone non più giovani. Secondo alcuni studi seri, tra gli ultrasessantacinquenni la percentuale di individui soli, e che soffrono per questa loro condizione, raggiunge nel nostro paese il 23-25%.
Di fronte a questa realtà dolorosa, oggi vi è un impegno determinato per ridurre la fatica di vivere di chi non trova vicinanza, ascolto, comprensione, aiuto nel momento delle crisi alle quali va incontro da parte di altri cittadini. Di seguito presento gli eventi negativi che la solitudine produce nella vita degli anziani, però cerco di prospettare anche la possibilità che l’anziano sia aiutato ad uscire dal tun-
nel buio dominato dalla solitudine. Gli studi epidemiologici più recenti hanno dimostrato che la solitudine è ‘patogena’; è un termine molto pesante, che però ben descrive i danni che, con diversa intensità, sono subiti sul piano della salute mentale e somatica del sentirsi in una gabbia di dolore, che non si può comunicare a nessuno, perché nessuno è disponibile ad ascoltare. Gli studi indicano un aumento forte, come conseguenza della condizione di solitudine, delle patologie cardiopolmonari, del 30% di demenza, in particolare della malattia di Alzheimer, di altre malattie quali diabete, obesità, abbassamento delle difese immunitarie, condizioni che nel loro insieme provocano un aumento importante del rischio di morte. Un dato molto importante, sia per le valutazioni cliniche che per le considerazioni sui possibili meccanismi d’azione, è l’aumento del 30% degli ictus nelle persone sole; è ben noto da molte ricerche che le relazioni sociali favoriscono il benessere sul piano strettamente somatico, ma il dato suscita davvero impressione. Un evento clinico di estrema gravità, con rilevanti manifestazioni ‘biologiche’ può essere
direttamente collegato con un evento come la solitudine.
Vi sono varie testimonianze sui danni della solitudine in molti diversi paesi; ad esempio, in Giappone esiste il termine “bocca sola”, per dimostrare come la solitudine non permette di mangiare in compagnia, mentre la solitudine si tampona almeno in parte con il cibo. L’isolamento sociale assomiglierebbe alla fame! In altre parole, le relazioni sono un bisogno ‘fisico’ dell’individuo, con tutte le relative conseguenze sul piano della salute. I dati sulla mortalità in Giappone sono drammatici: 37.000 persone sono morte sole l’anno scorso, delle quali
Entra in gioco il convincimento del singolo cittadino che la vita di rinuncia alla supremazia dell’io porta a una vita lunga e in salute, mentre una vita dominata dal noi porta ad una più elevata possibilità di salute e di benessere
4.000 sono state scoperte dopo oltre un mese dall’evento. Anche in Cina il problema della solitudine dell’anziano riveste una forte rilevanza sociale; dopo le scellerate politiche governative per ridurre la natalità adottate nei decenni scorsi, oggi il paese si trova ad affrontare i drammatici problemi della solitudine degli anziani, che non trovano più accoglienza nelle famiglie prive di giovani successori. Il fenomeno sembra in peggioramento in tutte le società, né le nuove modalità di comunicazione sembrano essere efficaci. D’altra parte, è ovvio che il sistema dei social non è assolutamente in grado di sostituire la relazione personale, diretta, soprattutto quando è in gioco la sensibilità di persone che nel corso della vita hanno goduto di relazioni dirette e significative. Chi scrive, peraltro, è convinto, in dissenso con quanto sostenuto da diversi studiosi, che quando invecchieranno le coorti di età più recenti anche queste non troveranno nel sistema dei social lenimento alla loro solitudine.
Di fronte a questo scenario di forte preoccupazione, è possibile sperare nella costruzione di un mondo dove la solitudine è controllata? Realisti-
camente non si può ipotizzare una rivoluzione in pochi anni; provo però a dare alcune indicazioni.
Un aspetto interessante deriva dall’assunzione da parte della medicina di responsabilità verso chi è solo, attraverso le indicazioni di misure concrete che possono rendere meno pesante la vita. Non vorrei essere male interpretato, ma oggi il sistema delle cure può espandersi fino a intervenire nella realtà più intima del cittadino sofferente, indicandogli atteggiamenti che possono contribuire a rendere meno pesante la cappa di solitudine nella quale vive. La medicina, e il medico sensibile, sono in grado di suggerire le modalità per cercare di sottrarsi alla solitudine, adottando atteggiamenti generosi verso sé stessi e verso gli altri. Entra in gioco, in questo ambito, il convincimento del singolo cittadino che la vita di rinuncia alla supremazia dell’io porta a una vita lunga e in salute, mentre una vita dominata dal noi porta a una più elevata possibilità di salute e di benessere. La generosità è lo strumento principale per combattere la solitudine e costruire per se stessi una vita di benessere. Chi è generoso pensa agli altri e ne viene ricompensato; chi è generoso dedica tempo al vicino bisognoso di affetto e di accompagnamento, costruendo così un ponte sul quale in futuro continueranno a passare legami e affetti. È, si potrebbe dire, una “generosità ripagata”, in particolare sul piano della riduzione della sofferenza causata dalla solitudine.
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LA MAPPA DEGLI ATTIVISTI CLIMATICI
di Francesca Santolini
Negli ultimi tempi, impegnarsi per la causa climatica è diventato sempre più complesso e rischioso. La lotta per la tutela ambientale si scontra con una crescente ostilità online e offline, mentre chi si espone in difesa del pianeta subisce attacchi che spaziano dall’odio digitale a vere e proprie misure repressive, fino al carcere. Ma mentre in Europa le conseguenze si traducono in arresti e processi, in altre parti del mondo, specialmente in America Latina, questa battaglia può costare la vita.
Ogni anno, come riportato dall’organizzazione Global Witness, centinaia di attivisti vengono uccisi per il loro impegno a favore dell’ambiente. Dal 2012 a oggi, 2.106 persone hanno perso la vita in difesa della natura e delle loro comunità, con ben 196 omicidi registrati solo nel 2023. Questo drammatico bilancio colpisce duramente paesi come la Colombia, il Brasile, il Messico e l’Honduras, dove la difesa della biodiversità e delle risorse naturali si scontra con forti interessi economici, spesso illeciti. In questi contesti, infatti, metà degli omicidi di attivisti è collegata alla
criminalità organizzata e molte delle vittime provengono da comunità indigene, custodi ancestrali di territori ricchi di risorse.
Se in America Latina l’attivismo climatico porta a rischi estremi come la morte, in Europa le modalità di repressione sono diverse, ma anch’esse in aumento. Nel vecchio continente, infatti, si assiste a un’intensificazione della repressione legale e giudiziaria contro chi protesta per il clima, una realtà documentata nel recente rapporto di Climate Rights International. Questo studio segnala come, in paesi quali il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Svezia e i Paesi Bassi, le pene detentive e le multe siano diventate strumenti efficaci per scoraggiare le manifestazioni e mettere a tacere le voci critiche. Nel Regno Unito, ad esempio, cinque persone sono state condannate fino a cinque anni di prigione per aver partecipato a un blocco stradale, una pratica di protesta che, benché non sempre popolare, resta una forma di disobbedienza civile non violenta.
La situazione in Italia non è molto diversa, anzi, anche nel nostro paese le autorità stanno intensificando le mi-
sure repressive contro i movimenti ambientalisti. Gli attivisti di “Ultima Generazione”, movimento noto per le sue azioni pacifiche e simboliche, anche se scomode e fastidiose, sono stati oggetto di sorveglianza speciale e fogli di via, e in un caso è stata addirittura richiesta l’applicazione di misure previste dal codice antimafia,
poi respinte dal Tribunale di Roma. Le accuse formali vengono spesso archiviate dalla magistratura, ma l’annotazione della denuncia resta nei registri di polizia, alimentando un clima di intimidazione.
La prima misura punitiva specifica è stata introdotta con la cosiddetta legge “eco-vandali”, promossa dall’ex Mi-
nistro Sangiuliano, che penalizza pesantemente azioni di protesta anche solo simboliche. Gli emendamenti al Ddl Sicurezza hanno poi rafforzato questa linea, prevedendo fino a due anni di carcere per i blocchi stradali, trasformando così una precedente sanzione amministrativa in reato penale, la cosiddetta legge “anti-Gandhi”
Il dibattito sulle modalità di protesta resta aperto e non è difficile riconoscere come alcune forme di manifestazione possano risultare controverse o non condivisibili
che criminalizza la protesta pacifica. Naturalmente, il dibattito sulle modalità di protesta resta aperto, e non è difficile riconoscere come alcune forme di manifestazione possano risultare controverse o non condivisibili. Tuttavia, la deriva verso la criminalizzazione di ogni dissenso è preoccupante. La capacità di tollerare il dissenso e di accettare la critica, anche quando si manifesta in forme fastidiose, è infatti uno dei pilastri delle democrazie mature. Trasformare ogni contestazione climatica in un crimine è una scelta che, oltre a limitare i diritti fondamentali di espressione e associazione, rischia di soffocare la possibilità di un dialogo aperto e costruttivo sulle sfide climatiche e ambientali, che rappresentano la vera emergenza del nostro tempo.
La sfida è trovare un equilibrio che permetta agli attivisti di portare avanti la loro battaglia senza temere per la propria libertà o addirittura per la propria vita.
PARLIAMONE
Per scrivere a Francesca Santolini
posta - C/O Redazione 50&Più via del Melangolo, 26 - (RM) fax - 066872597 email - redazione@50epiu.it
Personaggi
GIUSEPPE BATTISTON «METTERSI IN DISCUSSIONE FA PARTE DEL NOSTRO LAVORO»
Doppio ruolo per l’attore friulano, con l’ispettore
Stucky in tv e il misterioso Cosser al cinema
Due personaggi agli antipodi e faccia
della stessa medaglia
Sul piccolo schermo è Stucky, ispettore in servizio alla Questura di Treviso chiamato a risolvere i casi di omicidio più complicati, nell’omonima serie di Rai 2, in onda fino al 4 dicembre, e poi disponibile su RaiPlay. Ne Il corpo, presentato in anteprima al 42° Tori-
no Film Festival, e già nei cinema con Eagle Pictures, Giuseppe Battiston veste, invece, i panni di un altro investigatore, Corrado Cosser. Per l’attore, 56 anni, si tratta di due ruoli, seppur all’apparenza simili, totalmente distanti. Da una parte un ispettore la cui dote è quella di avere una spiccata curiosi-
tà verso le persone, verso i loro pregi e difetti. Dall’altra un uomo ambiguo, con una parte oscura, come tutti gli altri personaggi del film.
Nel giallo psicologico e intricato diretto da Vincenzo Alfieri, riadattamento italiano della pellicola spagnola El Cuerpo, che il regista ha co-sceneggiato insieme a Giuseppe G.Stasi, l’ispettore Cosser deve scoprire chi ha fatto sparire dall’obitorio il cadavere di Rebecca Zuin (Claudia Gerini), affascinante e carismatica imprenditrice. Le accuse ricadono sull’aitante e giovane marito, Bruno Forlan (An-
Sopra, Giuseppe Battiston nei panni dell’ispettore Stucky, serie in onda su Rai 2. A sinistra e in basso, l’attore in due scene tratte dal film Il corpo attualmente nelle sale cinematografiche
drea Di Luigi). Anche altre persone vicine alla donna, però, sembra avessero un movente per volerla morta. Battiston, cosa le è piaciuto particolarmente della storia de Il corpo?
Era scritta molto bene. Non capita sempre di leggere personaggi così ben definiti e profondi. Ho trovato soprattutto interessante l’ambientazione, così claustrofobica, labirintica, una sorta di prigione. Siamo in un obitorio, è una notte continuamente piovosa, con la corrente che va e viene. Questo è stato davvero di grande aiuto nel lavoro di costruzione anche del mio personaggio.
In che modo definirebbe Corrado Cosser?
Un ispettore che vive una dimensione di mistero. Ha anch’egli un lato oscuro, come gli altri personaggi del film. Nel suo caso non viene fuori, ma si sente, permea il racconto e lo rende inquietante. Cosser si rivelerà per ciò che realmente è nell’arco del film. Il suo personaggio dice che la felicità è sopravvalutata. È così?
Tra gli aspetti che me lo hanno fatto amare, c’è proprio il fatto che rivendi-
chi il diritto a essere triste in una società che ci spinge, invece, sempre a dover essere positivi. C’è un’allegria obbligatoria che ci pervade. Invece, tutti possiamo aver bisogno di percorrere un momento di tristezza senza dover provare alcun tipo di vergogna. In qualche modo può essere persino catartico. Il corpo è un giallo, genere che si faceva molto nel nostro paese negli anni Sessanta e Settanta, oggi pochissimo. Il cinema italiano dovrebbe rischiare di più, riscoprendo i generi?
Abbiamo bisogno di esplorare sem-
pre più terreni poco sfruttati. Per farlo, chiaramente, ci vogliono i mezzi. Dovremmo continuare a fare film che ci mettono in discussione. Anche questo fa parte del nostro lavoro.
In questo momento della sua carriera le sono capitati due ispettori. Una strana coincidenza.
Succede sempre così. Tu fai parte di due progetti nell’arco di un paio di anni, e poi intasi l’etere con la tua presenza, con ruoli che sembrano anche simili. Per fortuna sono due ispettori davvero distanti tra loro. E questo mi rende davvero felice.
Stucky che ispettore è?
Sicuramente non è un poliziotto tradizionale, né un uomo d’azione che porta le armi. È un solitario, anche se questo non vuol dire essere solo. Adora passeggiare per le strade deserte di Trieste di notte, farsi un bicchierino, fumare il sigaro. Non ha un cellulare né un computer, neppure la patente. In questo caso l’ambientazione di riferimento è un’osteria, dove Stucky prende appunti su scontrini o tovagliette di carta, cercando di trovare la soluzione ai suoi casi.
«C’è un’allegria obbligatoria che ci pervade Invece, tutti possiamo aver bisogno di percorrere un momento di tristezza senza dover provare alcun tipo di vergogna»
50&Più, l’associazione del sistema Confcommercio, e l’Ordine dei Giornalisti della Campania hanno firmato la ‘Carta di Napoli’, un protocollo d’intesa per la tutela dei diritti delle persone anziane. Il documento, siglato a Napoli in occasione del Cinquantennale 50&Più da Lorenzo Francesconi, segretario generale 50&Più, e Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, è il primo di questo genere mai firmato in Italia e ha l’obiettivo di contrastare, a mezzo stampa, il fenomeno dell’ageismo e della discriminazione nei confronti degli anziani: è quanto si legge in una nota di 50&Più-Confcommercio. Le linee guida, promosse dall’associazione 50&Più e accolte dall’OdG della Campania - prosegue la nota - forniscono indicazioni precise per supportare i media nell’elaborazione di in-
NASCE ‘CARTA DI NAPOLI’ PER SUPERARE I PREGIUDIZI DOVUTI ALL’ETÀ ATTRAVERSO
LA STAMPA
Protocollo d’intesa tra 50&Più-Confcommercio
e Ordine dei Giornalisti della Campania
Carlo Sangalli, presidente 50&Più
«Per la prima volta in Italia un documento che combatte la discriminazione»
A cura di Redazione
formazioni, dalla carta stampata alla tv e al web, al fine di promuovere il rispetto, la dignità e l’inclusione.
Fatto salvo il pubblico interesse,
l’associazione nazionale - da cinquant’anni voce degli over50 - invita i giornalisti a favorire una narrazione inclusiva, a non usare l’età per enfa-
tizzare la notizia, a non creare immagini eccessivamente giovanilistiche e ad utilizzare un linguaggio che eviti stereotipi per non alimentare il conflitto generazionale.
Il documento, in particolare, invita gli operatori dell’informazione a favorire circostanze in cui gli anziani parlino direttamente dei temi che li riguardano e a non usare suffissi, diminutivi, superlativi e vezzeggiativi, evitando di suscitare compassione o pietismo.
«Per la prima volta nel nostro pae-
se viene siglato un documento che disciplina l’informazione su tematiche che riguardano la terza etàha detto Carlo Sangalli, presidente nazionale dell’associazione 50&Più -. È un segno di civiltà necessario anche perché l’Italia, a livello percentuale, è il paese con più anziani d’Europa e il secondo al mondo dopo il Giappone. Siamo molto soddisfatti di questo traguardo, raggiunto proprio nell’anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario della nostra associazione».
Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Lorenzo Francesconi, segretario generale di 50&Più: «Questa firma dimostra ancora una volta il nostro impegno in difesa dei diritti delle persone anziane. Il contrasto a fenomeni quali ageismo e discriminazione rientra nell’ambito delle azioni che quotidianamente compiamo attraverso tutti gli strumenti a nostra disposizione per tutelare i diritti delle persone anziane e delle persone con fragilità, perché lotta all’ageismo significa anche lotta alla disinformazione. Ringraziamo la sensibilità dell’Ordine dei Giornalisti della Campania per aver accolto la nostra richiesta».
Sul documento il presidente dell’OdG regionale Ottavio Lucarelli ha dichiarato: «Come presidente dell’Ordine Giornalisti della Campania ritengo un privilegio avere firmato una Carta che peraltro porta il nome di Napoli. Ringrazio il presidente Sangalli per averci invitato a partecipare ad un progetto fondamentale sul terreno sociale che l’Ordine della Campania ha sempre seguito con grande attenzione, anche nei nostri corsi di aggiornamento professionale».
“KEEP ME POSTED”
LA CAMPAGNA EUROPEA CHE TUTELA IL DIRITTO DI ESSERE INFORMATI
di Valerio Maria Urru
L’iniziativa promuove la scelta dei consumatori a ricevere comunicazioni in formato anche cartaceo. È sostenuta da Age Platform Europe, da deputati ed ex deputati
Ottobre 1971. Ray Tomlinson, uno sviluppatore statunitense, crea un software per inviare le e-mail più o meno come le conosciamo oggi con tanto di ‘chiocciola’. Da allora sono trascorsi circa 55 anni. L’uso della posta elettronica
si è diffuso in modo capillare e la digitalizzazione ha cambiato il mondo e il nostro modo di ricevere comunicazioni. Se sino ad alcuni anni fa era normale vedersi recapitare dal postino bollette, estratti conto e notifiche in formato cartaceo, oggi l’impiego massiccio (talvolta indiscriminato) della posta elettronica
e dei servizi web rischia di tagliare fuori molti. È una transizione digitale non del tutto indolore, che lascia numerose ‘vittime’ sul campo se si considera che solo il 54% degli europei tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali di base (fonte: DESI-Digital Economy and Society Index, 2022).
Il passaggio dal cartaceo al digitale, insomma, sta influendo sempre più su importanti diritti ‘offline’. Se non li sta direttamente minacciando, visto che non tutti hanno beneficiato o beneficiano della digitalizzazione per via di barriere tecnologiche e scarsa accessibilità. E anche se la tecnologia aveva promesso di semplificare le cose, arrivare a tutti, ridurre i costi, essere semplice - il che è vero solo in parte e per pochi -, c’è sempre chi non ha accesso alla comunicazione digitale e può essere raggiunto solo tramite posta tradizionale. Spesso si tratta di persone anziane o di persone che hanno bisogno o che preferiscono essere contattate offline. Persone, magari, con scarse (o del tutto assenti) competenze digitali o che necessitano di assistenza o povere, disoccupate, vulnerabili, disabili. Per arginare quella che potremmo definire una discriminazione digitale è nata la campagna europea “Keep me posted” (tradotto: “Tienimi aggiornato”). Lanciata qualche anno fa per sensibilizzare e promuovere il diritto a scegliere come ricevere informazioni e comunicazioni, è riuscita a puntare i riflettori su un problema tutt’altro che scontato. Perché in ballo - se ci si pensa - non ci sono soltanto bollette, multe, notifiche ed estratti conto. Di mezzo c’è anche il diritto ad essere informati sulla propria salute. Non tutti infatti sono in grado di ‘scaricare’ e comprendere una cartella clinica digitale: per interpretarla sono necessarie conoscenze specifiche e l’accesso alla tecnologia. Sul sito di “Keep me posted” si possono trovare molti argomenti a sostegno di un equilibrio carta/digitale e la necessità di non escludere le comunicazioni stampate. La fatturazione elettronica si sta trasformando nella norma, ma una fattura cartacea - ad esempio - ha il doppio delle probabilità di essere pagata in maniera puntuale. Questo grazie alla sua presenza tan-
gibile e all’effetto ‘promemoria’ che porta con sé. Sei cittadini su dieci, inoltre, non sceglierebbero un’azienda che non offra una fattura cartacea. Il vero problema è che si è talvolta spinti ad un uso quasi esclusivo dell’online e, purtroppo, senza il proprio consenso. Essere costretti a ricevere comunicazioni importanti solo in formato digitale, addebitando poi costi aggiuntivi per le comunicazioni cartacee, sta creando divisioni e disuguaglianze che un tempo non esistevano. Quanto accaduto in Belgio è esemplificativo: un incremento delle lamentele sulle fatture dei servizi di telecomunicazione digitale. Nel 2022, l’Ombudsman belga - una figura istituzionale che tutela i cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche o di grandi organizzazioni private - ha visto aumentare drasticamente i reclami sulla fatturazione elettronica per i servizi di telecomunicazione. In totale sono stati 140. Due anni prima però erano stati solo 25: in cifre assolute possono sembrare pochi, ma l’aumento è stato di quasi sei volte di più. Il che vuol dire che “non tutti sono d’accordo con l’evoluzione digitale” e che le compagnie di telecomunicazioni dovrebbero essere più chiare nel passare alla fattura elettronica. Molte altre
persone, inoltre, potrebbero non aver segnalato gli stessi reclami all’Ombudsman belga. Il problema, quindi, potrebbe essere molto più grande. Sempre in Belgio, il barometro dell’inclusione digitale della Fondazione Re Baldovino, della Vrije Universiteit Brussel (VUB) e dell’Université catholique de Louvain (UCLouvain) ha mostrato che sono soprattutto le persone con qualifiche inferiori ad avere problemi con la digitalizzazione. “Keep me posted” è sostenuta da deputati ed ex deputati del Parlamento europeo, nonché da Anec - associazione internazionale senza scopo di lucro, aperta alla rappresentanza delle organizzazioni nazionali dei consumatori di 34 paesi - e da Age Platform Europe, la più grande rete europea di associazioni a tutela delle persone anziane di cui fa parte anche 50&Più. La digitalizzazione è certamente un processo inarrestabile, ma non deve avvenire a discapito dei diritti dei cittadini. La campagna “Keep me posted” non è antitecnologica, invita anzi a riflettere su come rendere la transizione digitale inclusiva. Carta o digitale che sia, la battaglia per il diritto ad essere informati va combattuta per un futuro in cui la tecnologia sia al servizio delle persone e non viceversa.
IL SOGNO VERDE DI SARO SCALISI CUSTODE DI MONTE PUDURÀ
di Claudia Benassai
Si chiamava Saro Scalisi. Per tanti un uomo qualunque, forse. Ma chi sta conoscendo le sue gesta riconosce che è un siciliano eccezionale. Note belle? Gli è stata riconosciuta la menzione di custode della macchia mediterranea. Ma riavvolgiamo il nastro della storia. Dagli inizi. Come nelle favole. Saro ha piantato alberi in una delle colline di Ucria, il monte Pudarà, forte e argilloso, combattendo anche il dissesto idrogeologico. E non è solo stato un visionario, ma anche creatore di un vero paradiso terrestre che ha tenuto ancora più salde le radici della sua famiglia e di tutti gli
Roverelle, lecci, castagni e noci: così il terreno arido è diventato un ecomuseo Paolina, sua figlia, ripercorre gli anni dell’impegno e della dedizione: «Dell’amore per la natura che mi ha trasmesso mio padre ne ho fatto un mestiere»
alberi che anno dopo anno, in oltre trent’anni, si sono centuplicati. Ma come è nato tutto? Rosario, scomparso a 72 anni, è stato legato per
una vita alla splendida moglie Enza, da cui ha avuto tre figli. E sono loro a raccontare la lieta novella: «Papà è scomparso da poco, ma ha permeato un po’ tutti noi con il suo fare. Io - racconta Paolina - sono una guida ambientale escursionistica e dell’amore per la natura ne ho fatto un lavoro. Dal 2014 accompagno gruppi di escursionisti su e giù per i parchi, le riserve, le isole e i vulcani del Sud Italia, con una particolare preferenza per l’adorato Monte Cucullo, ad Ucria sui Nebrodi. Mia sorella Maria è ingegnere edile, anche lei è amante della natura e delle cose autentiche. Ha ristrutturato di recente un’antica
dimora storica nel centro storico di Ucria e ne ha fatto il suo studio d’ingegneria. Claudio, invece, sulle orme di papà Saro, è oggi il proprietario dell’impresa edile. Assieme a Maria Carmen hanno formato una splendida famiglia e sono i genitori di Paride e Beatrice».
Ma chi era Saro? Di fatto non aveva molta dimestichezza con la terra, ma un giorno scattò qualcosa e nel 1990 decise di acquistare un appezzamento di terreno di tre ettari: «All’inizio - raccontano le figlie - questo bellissimo tesoro veniva sfruttato solo per le gite domenicali con la famiglia e per qualche pic-nic nelle giornate assolate, ma poi avanzò l’idea di fare qualcosa in più. Era un terreno che aveva subìto un disboscamento forsennato e, a parte qualche quercia secolare, di alberi neanche l’ombra. Inizialmente, tutto nacque per abbellirne il confine, perché una ‘barriera’ frangivento verde è molto più bella di una semplice staccionata, e così papà cominciò a posizionare, lungo il bordo di Piano Campo, le prime 150 piantine, per lo più conifere, che acquistò in un vivaio». Poi, come si suole dire, ci ha preso gusto e attraverso i semi, le ghiande degli
alberi originali e qualche piantina, ha rimboscato tutto il terreno solo con alberi locali: roverelle, lecci, castagni e noci. Puntini infinitesimali su quell’immensa distesa che diventava sempre più rigogliosa. Seme dopo seme. Cura dopo cura. E che, al calar del sole, avrebbe acceso orgoglio in questo uomo speciale che mirava il suo bosco intrecciato, e ancora alberi belli e robusti che donano meravigliosi frutti. Gli effetti? Tutta la sua famiglia è sensibile alle tematiche dell’ecologia e della sostenibilità. E a guardare ciò che ha creato, viene da dire, anche coloro che incroceranno questo paradiso incantato siciliano potrebbero diventarlo.
Oggi la collina conta più di 500 alberi variegati, creando un vero e proprio ecomuseo con il solo interesse di contribuire alla tutela del bene am-
bientale, restituendo consapevolezza e potere alla natura grazie alla lungimiranza di un maestro dell’edilizia, che ha riscoperto una nuova vita e ha sperato di mostrare il suo creato a chiunque voglia essere ‘rapito’ da questa zona caratteristica, in cui ci si può perdere trovando sé stessi. «L’onestà, morale e intellettuale, la coerenza, l’amore per la famiglia, virtù - chiosano Maria e Paolina - che lo hanno contraddistinto per tutta la sua vita, sono anche l’insegnamento più grande che possa averci lasciato. Tra i progetti futuri, sicuramente c’è l’idea di far conoscere, soprattutto ai più piccoli, ciò che di meraviglioso c’è perché il bello va condiviso». E tanti ne sono sicuri, come Francesco Cancellieri, presidente AssoCEA Messina APS - Centro di Educazione Ambientale: «Quando ho conosciuto questa bellissima storia familiare, mi è venuto subito in mente Jean Giono con L’uomo che piantava gli alberi. Chi conosce le Montagne dei Nebrodi e da sempre le percorre trova nelle immagini del ‘Paradiso’ citato da Paolina la plastica verità di come «gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi, oltre la distruzione». E mi è tornato in mente mio padre che a Faro Superiore, nella città dello Stretto, per decenni ha tentato di farci capire come la natura si debba rispettare e come anche un solo esemplare di una specie a rischio si debba salvaguardare. Ecco questa è la lezione dei nostri padri, ma la sapremo mai fare nostra?».
50&PIÙ ADERISCE AL PATTO SULLA NON AUTOSUFFICIENZA
50&Più entra a far parte del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza. Una scelta importante, in linea con il suo ruolo di tutela dei diritti delle persone anziane. Al Patto aderiscono numerose realtà, circa 60 organizzazioni della società civile, sindacale e scientifica che - sotto un unico coordinamento - monitorano le politiche di assistenza agli anziani non autosufficienti e di supporto alle famiglie che ogni giorno si sostituiscono al welfare.
L’associazione è ora parte di un’ampia rete di realtà che sostengono la riforma della Long Term Care in Italia
di Valerio Maria Urru
Le attività del Patto sono legate all’iter della riforma della non autosufficienza in Italia. La rete di organizzazioni è nata per mettere a nudo e superare le diversità territoriali che affliggono il nostro paese in tema di non autosufficienza. Così, negli ultimi anni, ha contribuito elaborando una proposta di riforma del settore Long Term Care (LTC) e interagendo con governo e istituzioni. L’ingresso di 50&Più nel Patto è un segnale forte della volontà di sostenere la vasta platea di persone interessate ‘dalle’ e ‘alle’ tematiche della non autosufficienza. È inoltre la dimostrazione di un impegno concreto per sostenere una riforma prevista dal Pnrr e costruire un sistema di assistenza più equo ed efficiente per coloro che versano in tali condizioni e per le loro famiglie. Dopotutto siamo di fronte ad una sfida cruciale: l’Italia sta invecchiando, serve garantire a tutti gli anziani non autosufficienti
l’accesso a servizi di assistenza di qualità, valorizzando il ruolo dei caregiver familiari e degli operatori professionali. Il nostro paese ha la più alta percentuale di persone anziane dell’Ue. Gli over 65 sono 14.358.000: il 24,3% della popolazione. Se da una parte questo certifica l’alta qualità di vita raggiunta, dall’altra espone a fattori “età dipendenti” come la non autosufficienza. In Italia 3,8 milioni di persone anziane versano in tale condizione. Secondo le proiezioni, saranno 4,4 nel 2030 e toccheranno quota 5,4 nel 2050. Il paese invecchia e sta correndo ai ripari, anche se con notevole ritardo: a marzo dello scorso anno il Parlamento ha approvato la Legge Delega in materia di politiche in favore delle persone anziane, con al suo interno la riforma della non autosufficienza. A marzo 2024, esattamente un anno dopo, è stato approvato il Decreto Attuativo 29 della Legge Delega 33/2023, testo che rimette al centro il futuro dell’assistenza agli anziani. Nei prossimi mesi 50&Più si impegnerà a promuovere la conoscenza di questa riforma, collaborando con le organizzazioni aderenti, monitorandone l’attuazione e segnalando eventuali criticità. L’invecchiamento della popolazione è una sfida complessa. Richiede soluzioni innovative e collaborazione. 50&Più è al lavoro per costruire un futuro in cui gli anziani possano vivere la propria vita con dignità e autonomia.
Speciale Giubileo
PAPA FRANCESCO APRE LA PORTA SANTA NEL CARCERE DI REBIBBIA
La comunità carceraria si sta preparando a vivere questo appuntamento con la storia
Padre Lucio Boldrin: «Speriamo tutti che il Giubileo non sia solo il 26 dicembre»
di Anna Grazia Concilio
Per la prima volta nella storia del Giubileo, dopo quelle delle quattro basiliche papali, una quinta Porta Santa sarà aperta in carcere. È l’istituto penitenziario di Rebibbia, a Roma, ad accogliere papa Francesco il 26 dicembre. Il Pontefice, già nella Bolla d’Indizione del Giubileo 2025, Spes non Confundit, aveva sottolineato l’importanza della cura dei detenuti e del loro reinserimento sociale. A pochi giorni dall’evento, la comunità carceraria, guidata da Padre Lucio Boldrin - cappellano di Rebibbia e delegato regionale alle carceri del Lazio - si prepara ad accogliere l’arrivo del Santo Padre.
Padre Lucio, come si sta preparando la comunità ad accoglie-
re questo evento?
Stiamo lavorando alla preparazione dell’evento, abbiamo una bellissima porta artistica all’ingresso della cappella che ospiterà la cerimonia. La comunità di Rebibbia Nuovo complesso accoglie circa 1.600 detenuti e non per tutti sarà possibile assistere all’evento, purtroppo. Per fare in modo che più persone possibili possano godere dell’appuntamento con il Papa stiamo cercando di montare un pannello esternamente per dare modo di seguire l’apertura; anche il coro sarà composto da detenuti.
Se per le altre basiliche papali l’accesso sarà consentito per l’intero anno giubilare, questo sarà possibile anche a Rebibbia?
La nostra speranza è che ciò accada, sia per i detenuti che per le loro famiglie. Noi cappellani abbiamo dato ampia disponibilità, ma non sappiamo se verrà concesso di tenere la chiesa aperta tutte le mattine per una questione di sicurezza e di scarsità del personale di vigilanza.
Quali benefici questo appuntamento avrà per la comunità carceraria e come potrà cambiare la visione che esternamente si ha degli istituti di pena?
I detenuti sperano che questo Giubileo porti loro l’amnistia e l’indulto, ma senza aiutare il loro reinserimento nella società è difficile evitare che tornino a delinquere, come già accaduto in passato. È importante sollevare l’attenzione sul fatto che in carcere ci sono persone che potrebbero beneficiare di altre restrizioni alternative al carcere. Basti pensare che molti dei detenuti reclusi scontano una pena inferiore ai tre anni che non prevede il carcere. Sono persone che hanno sbagliato e che devono essere supportati per il reinserimento nella società, come del resto dice la nostra Costituzione. Il carcere non può e non deve essere una discarica sociale. Davanti a noi ci sono donne e uomini che hanno sbagliato, ma le persone non sono il loro reato. Che rapporto hanno i detenuti con la fede?
C’è a chi non interessa nulla ma in linea di massima c’è un grande rispetto. Quello che mi sta colpendo di più è il rispetto dei ragazzi musulmani, quando li incontro più di uno mi dice che dobbiamo tutti ricordarci che siamo figli di un unico Dio. Un ragazzo che sta vivendo il dramma della guerra in Oriente mi dice spesso “ma non si rendono conto che quello che stanno facendo fa sì che crescano nuove realtà di violenza? I bambini cresceranno soltanto con l’odio”. In uno dei reparti in cui celebro messa in corridoio perché i detenuti non possono uscire dalla cella,
loro - facendo spuntare le mani dalle sbarre - mi fanno domande e mi chiedono di quanto sta accadendo. Come vive il suo impegno in carcere?
Sono cappellano a Rebibbia da cinque anni, è un’esperienza che aiuta a riflettere diversamente da come la si percepisce dall’esterno. È importante non avere pregiudizi, di fronte ho le persone e non il reato che hanno commesso. Il momento più pesante della giornata è la sera, quando esco dall’istituto e intorno a me si fa il silenzio. È esattamente in quell’istante che mi tornano alla mente tutti gli attimi della giornata, come se fosse un film. Deve esserci da parte di tutti l’impegno a creare comunità che accolgono i detenuti, soprattutto quando non hanno famiglie perché una volta fuori dal carcere, in assenza di riferimenti, tornano a commettere errori. Per i detenuti stranieri, poi, la questione è ancora più complicata perché sono completamente soli e senza strumenti. Cosa porterà il Giubileo?
In tanti aleggia il timore che il Giubileo sarà solo il 26 dicembre. Intanto, da gennaio, a tutti gli istituti di pena sarà consegnata una lampada realizzata dai detenuti del carcere di Secondigliano (NA): questa lampada verrà donata a una parrocchia come testimonianza dell’impegno dei detenuti al fine di aprire una nuova visione sulla realtà carceraria.
IL CAMPIDOGLIO APRE CASA SPERANZA FUNARI: «UN IMPEGNO AL FIANCO DEGLI ANZIANI»
Un appartamento sottratto alla criminalità e riconsegnato alla città. L’assessora alle Politiche sociali del Comune di Roma spiega: «Rispondiamo all’appello del Papa»
di Chiara Ludovisi
Si chiama Casa Speranza ed è molto più di un tetto sulla testa: è un posto in cui condividere i giorni e gli anni con altre persone. È un luogo in cui unire le forze e le risorse di ciascuno, per affrontare insieme quella fragilità che spesso accompagna la vecchiaia. È uno spazio in cui sentirsi al sicuro e, soprattutto,
non sentirsi mai soli. Casa Speranza è il nuovo cohousing per anziani, che apre le porte a Roma insieme al Giubileo. Perché proprio alla ‘speranza’ è intitolato e dedicato il Giubileo 2025, indetto da papa Bergoglio con la bolla “Spes non confundit” (“La speranza non delude”, ndr). Qui, una riflessione è dedicata proprio agli anziani: “Segni
di speranza meritano gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono - si legge nella Bolla d’indizione -. Valorizzare il tesoro che sono, la loro esperienza di vita, la sapienza di cui sono portatori e il contributo che sono in grado di offrire, è un impegno per la comunità cristiana e per la società civile, chiamate a lavorare insieme per l’alleanza tra le generazioni”. Così, negli stessi momenti in cui la capitale apre le porte e si popola di fedeli e pellegrini di ogni età e nazionalità, apre i battenti e si popola anche Casa Speranza, voluta dal Campidoglio per offrire una risposta, simbolica ma anche pratica e reale, a un problema diffuso in città e in tutto il paese: la solitudine degli anziani e il loro bisogno di riconoscersi e ritrovarsi in uno spazio condiviso, in cui sentirsi, appunto, a casa. Proprio papa Francesco aveva ricevuto, all’inizio dell’estate, le chiavi di questa casa, quando erano in corso i lavori di ristrutturazione, in occasione della sua visita in Campidoglio (come in foto). Gliele aveva consegnate Ubaldo,
segue a pag 32
un ottantenne ospite di una delle case alloggio di Roma Capitale, Casa Nino. Insieme alla chiave, Ubaldo aveva consegnato al Pontefice un’immagine della Porta Santa, che lui stesso aveva realizzato con degli stuzzicadenti. “Vuole rappresentare la Porta Santa come simbolo del Giubileo 2025, il Giubileo della Speranza - si legge nella lettera che, nella stessa occasione, Ubaldo ha consegnato al Papa -. Ho cercato questa bella e preziosa parola (‘Speranza’, ndr) sul vocabolario: “Sentimento di Aspettazione Fiduciosa nella Realizzazione presente o futura di quanto si Desidera”. La mia speranza era di avere una casa che potesse accogliermi nei momenti di salute e, ancor di più, di malattia. La mia speranza era di trovare facce amiche con le quali condividere le mie giornate per non sentirmi solo o isolato. La mia speranza era di avere qualcuno vicino in caso di bisogno. La mia speranza era di condividere bei momenti con le persone a me care. Santo Padre, io il 27 luglio 2022 sono entrato a Casa Nino e ho trovato risposta alle mie speranze che hanno preso il volto di sette persone, la mia nuova famiglia. Casa Nino è una realtà che ha regalato un’immensa gioia a me e ad altri uomini e donne che
condividono questo percorso e questa Casa. Ora, la mia più grande ‘Speranza’ è che altre persone in difficoltà possano trovare un luogo come Casa Nino, in cui poter vivere serenamente, supportati e aiutati quotidianamente”. Oggi quella speranza diventa realtà, con l’inaugurazione del nuovo cohousing, donato allora simbolicamente al santo Padre e da questi oggi consegnato alla città giubilare. L’appartamento si trova nel quartiere Ostiense: un tempo apparteneva alla criminalità organizzata, a cui è stato confiscato. Conclusi i lavori di ristrutturazione e adeguamento, ora sarà abitato da sei persone anziane, che vivevano in condizioni di solitudine e fragilità. Non è il primo progetto di questo genere nella capitale: l’amministrazione capitolina ha già avviato sei cohousing e tre case alloggio, a cui ora va ad aggiungersi Casa Speranza. Come spiega l’assessora alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, Barbara Funari, questo nuovo progetto vuole «trasformare in azione concreta il messaggio di Speranza di cui è testimone la nostra città attraverso il Giubileo. Un impegno al fianco di tanti anziani soli per rispondere all’appello che ci ha rivolto il Papa: che “Roma continui a manifestare il suo vero volto, un volto accogliente, ospitale, generoso, nobile”». Funari sottolinea quanto sia necessario sostenere realtà come quella di Ca-
sa Speranza: «I cohousing, le comunità alloggio sono esperienze importanti e rappresentano un modello valido e rispettoso della dignità degli anziani. Sono realtà alternative alle Rsa, che già esistono, ma che hanno bisogno di essere riconosciute come modello positivo di assistenza residenziale sociosanitaria. Esiste la Legge 33 del 2023 - ricorda infine Funari - che si propone di migliorare, con misure innovative e integrate, la qualità di vita degli anziani. Il quadro normativo ora ci aiuta, ma tutte le istituzioni devono fare la propria parte per evitare che non rimanga una realtà solo su carta. L’inaugurazione di Casa Speranza, proprio nei giorni dell’apertura del Giubileo, rappresenta un piccolo, grande passo in questa direzione».
NOVITÀ
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Economia
LA MODA DEL FUTURO SARÀ PIU CONSAPEVOLE
TECNOLOGICA E INCLUSIVA
Nel 2023 il settore ha registrato un calo medio di vendite di circa il 3%. Tra le cause della decrescita la concorrenza online e l’eccessiva tassazione
Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda
Italia-Confcommercio: «Sostenibilità e innovazione digitale saranno i pilastri per il successo delle imprese»
di Francesca Cutolo
Ogni giorno, negli ultimi 5 anni, hanno chiuso in Italia 10 negozi di moda, abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile casa e articoli sportivi. Quasi 18.500 in totale ovvero il 10% dei punti vendita, lasciando senza lavoro 15.180 commessi. E le vendite di prodotti di moda (abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile casa e articoli sportivi) hanno registrato un calo medio del 2,7% nel 2023. Neppure gli 8 mesi del 2024 sono riusciti a invertire il trend dei consumi. Che cosa sta succedendo al retail della moda italiana? Giulio Felloni, presidente di Fe-
dermodaitalia-Confcommercio prova a spiegarlo a 50&Più: «Nel corso dell’anno i consumi di moda nei nostri negozi di vicinato, vuoi per le situazioni di crisi internazionali, vuoi per i cambiamenti climatici che non hanno certo favorito gli acquisti in stagione, sono andati al rallentatore. Il nostro settore, tuttavia, è da qualche tempo in difficoltà a causa di una tassazione eccessiva, senza contare i costi proibitivi per l’affitto dei locali commerciali nei centri storici delle città e quelli del personale qualificato. Non di meno dobbiamo affrontare la massiccia concorrenza dell’online dei colossi del web che sottostanno a rego-
le anche fiscali diverse. Assistiamo a un depauperamento delle nostre vie, piazze, città e paesi anche perché le nuove aperture riguardano per lo più attività standardizzate e tutte molto simili». Per fortuna arrivano dati più confortanti dalle vendite di settembre: +1,1% e di ottobre +3,8%. E il Natale alle porte, seguito dall’avvio dei saldi invernali, fa ben sperare i commercianti di abbigliamento: «Sì, adesso ci aspettiamo un periodo di ripresa, spinto dal desiderio dei consumatori di tornare a vivere un’esperienza di shopping più serena, festosa, coinvolgente e personalizzata. Ci sono segnali positivi che indicano una crescita nelle intenzioni di acquisto, specialmente nei settori che offrono qualità e servizio, due elementi molto richiesti nel settore moda. Confidiamo che l’atmosfera natalizia e l’elevata qualità delle proposte del ‘fashion retail’ italiano possano attrarre sia la clientela locale sia quella internazionale, sempre più interessate ad acquisti ‘made in Italy’, effettuati nel nostro paese». Ottimismo arriva anche dalla spesa di abbigliamento che fanno i turisti stranieri in Italia. Secondo i dati di Global Blue - società leader nel
settore Tax free -, infatti, nel secondo trimestre del 2024 si è assistito ad un importante incremento rispetto al 2023 (+13%), con uno scontrino medio arrivato a 1.020 euro che ha attratto prevalentemente ‘shopping tourist’ americani, cinesi e arabi. «Sì, gli stranieri da sempre amano il fashion italiano, soprattutto nelle grandi città dello shopping: Milano, Firenze e Roma. Inoltre, nei primi sette mesi dall’entrata in vigore della riduzione dal 1° febbraio 2024 della soglia sul Tax Free Shopping a 70 euro (da 154,94 euro) per l’accesso al rimborso dell’Iva
dei cittadini extra-Ue - misura molto voluta dalla nostra Federazione - è cresciuto del 43% il numero di queste transazioni e del 5% la spesa complessiva». Un passo avanti sta avvenendo anche nel rapporto tra negozio fisico e online. Anche se il vero acquisto, quello ‘emozionale’, può avvenire solo in un contesto di vendita tradizionale. Felloni ne è convinto: «Non c’è dubbio che la globalizzazione abbia innescato un processo di concorrenza con i cosiddetti colossi del web e con il ‘fast fashion’ proveniente dal Sud Est asiatico. Inoltre, i nostri negozi devono addirittura competere con i propri fornitori che vendono gli stessi prodotti direttamente sul proprio sito o su piattaforme di e-commerce. Il rapporto tra negozio fisico e canale online, tuttavia, si sta sempre più integrando in una visione coordinata, dove entrambi i canali collaborano per migliorare l’esperienza del consumatore. Se da un lato il canale online continua a crescere in termini di accessibilità, informazione e convenienza, dall’altro il negozio fisico mantiene un ruolo insostituibile, so-
prattutto per il valore esperienziale che offre. Molti negozi stanno investendo sull’innovazione sempre più rappresentata dai social network e dall’applicazione dell’intelligenza artificiale nei piani organizzativi e di comunicazione». Secondo Felloni, il settore della moda affronta una sfida su due fronti: la sostenibilità e l’innovazione digitale, che saranno i due pilastri fondamentali per il successo delle imprese. «I consumatori sono sempre consapevoli dell’impatto ambientale dei loro acquisti e della trasparenza delle imprese, cercando una sostenibilità a “tripla E”, come la definisco io: Economica, che risponde a un’esigenza di un equilibrio tra prezzo e qualità del prodotto; Ecologica, perché la sovrapproduzione della ‘fast fashion’ produce più rifiuti che devono essere smaltiti correttamente; ed Etica, perché la moda deve essere esteticamente piacevole e moralmente giusta, garantendo la salute dei consumatori e la salubrità dei luoghi per i lavoratori. Solo così il futuro sarà caratterizzato da una moda più consapevole, tecnologica e inclusiva».
«I consumatori cercano una sostenibilità a “tripla E” Economica, che risponde a un’esigenza di un equilibrio tra prezzo e qualità del prodotto; Ecologica, perché la sovrapproduzione della ‘fast fashion’ produce più rifiuti che devono essere smaltiti correttamente ed Etica perché la moda deve essere esteticamente piacevole e moralmente giusta»
DIZIONARIO PER BOOMER
LA PROFONDITÀ DEGLI ADOLESCENTI DIETRO LO SLANG
di Ilaria Romano
Neologismi, parole inglesi che vengono italianizzate, termini che assumono
Attraverso aneddoti e un’analisi dei termini più popolari, Beatrice Cristalli rivela cosa si cela realmente dietro al linguaggio dei giovani
nel 2020, e che era nata come una sorta di podcast: ogni puntata era legata a una dimensione, da quella amorosa
ma oggi la situazione si è un po’ complicata, perché l’allungamento della vita e le migliori condizioni in cui viviamo nelle realtà più avanzate economicamente come l’Europa hanno portato alla coesistenza di otto, nove generazioni contemporaneamente. E questo fa scaturire un’esigenza: se dobbiamo passare il testimone, bisogna riuscire a capirci, iniziando col lasciare da parte i pregiudizi sterili e cercando di cogliere come ogni età abbia una sua legittimità, dal linguaggio alle idee sul mondo. Il dizionario è un’opera giocosa, ci sono un sacco di aneddoti, e l’obiettivo è che possa diventare un punto di partenza. Io mi occupo della formazione dei docenti e spesso mi confronto con i colleghi su come per le nuove adolescenze siano cambiati i concetti di carriera, sacrificio, lavoro. Analizzando le parole possiamo comprendere ciò che c’è dietro, molto più grande e profondo. Quali sono state le sue fonti di consultazione?
Il Dizionario nasce da un mix di fonti, dagli incontri diretti durante i laboratori che ho tenuto nelle scuole, dalle esperienze indirette dei docenti con cui lavoro, e ovviamente dall’analisi dei social, in particolare TikTok, che osservo da spettatrice. Ogni giorno cerco di catalogare, leggo tantissimi commenti, non solo di giovani ma anche di adulti, e quindi ho creato un bell’archivio con screenshot, appunti e valutazioni su quello che quotidianamente intercetto. Da dove attingono i giovani per le parole dello slang? Quanto pesano le lingue straniere, inglese in testa, e i dialetti?
In primis attingono dall’inglese perché ormai è la lingua franca del digitale: all’interno dello slang delle nuove generazioni abbiamo una varietà di
neologismi che sono dei prestiti adattati, come il verbo ghostare (ignorare una persona) che deriva da ghost (fantasma), ma ci sono anche dei prestiti non adattati, come il nome cringe (imbarazzante), che esiste anche in inglese ma che i giovani hanno risemantizzato. Rispetto ai dialetti, fino agli anni Ottanta c’era una sorta di regionalismo evidente nelle interazioni. Esiste ancora oggi, ma la lingua franca ha omologato il modo di parlare. Perciò il dialetto sta un po’ scemando, anche se rimane in alcune regioni del Sud, dove viene ancora utilizzato quotidianamente a livello orale.
C’è chi sostiene che la capacità di espressione e la varietà del linguaggio si siano ridotti a causa dell’interazione mediata dal digitale. Quanto c’è di vero e quanto è un pregiudizio? È un pregiudizio al quale molte volte contribuiscono anche i media. Spesso dimentichiamo che allo slang non interessa affatto la lingua d’uso, ma ‘interessa’ farsi capire dalle persone che lo parlano. La lingua è un grande ecosistema mobile, fluido e dinamico, nel quale si muovono quella che chiamiamo lingua d’uso, ma anche lo slang, il linguaggio burocratico ed altri, che non sempre si incontrano. Quindi pensare che lo slang inquini la lingua o che, ancora peggio, l’inquinamento dipenda dal digitale è una follia. D’altra parte
possiamo riscontrare una frammentazione della nostra sintassi per esempio nella messaggistica istantanea, dove scriviamo frasi spezzate e non curiamo la punteggiatura, e questo è uno scarso allenamento alla scrittura vera e propria. C’è da studiare per rendere soprattutto i giovani consapevoli dei vari registri, e in questo la scuola ha grande responsabilità. Che riscontro ha avuto dagli adulti che hanno letto il Dizionario?
Finora il feedback è stato positivo: alcuni mi hanno riferito di essersi resi conto, grazie al Dizionario, di quanto queste parole raccontassero cose profonde. Anche quelle relegate alla sfera amorosa, sentimentale o di rappresentazione di genere, che magari potevano sembrare semplicemente uno sfoggio di parole inglesi, in realtà nascondevano una tendenza da parte delle nuove generazioni di riformulare dei punti di vista sulle relazioni di genere. Qual è stata la parola che l’ha colpita di più nel corso della sua ricerca?
Si tratta di spawnare, un tecnicismo del lessico dei videogiochi che significa generare ma anche deporre le uova. Nel mondo del gaming indica l’apparizione per la prima volta di un personaggio, ma anche di un oggetto come un’arma, un’attrezzatura oppure la ricomparsa di un personaggio che prima era morto sul campo, una sorta di resurrezione. Una collega mamma di un’adolescente mi ha raccontato di essere stata rinominata dalla figlia come “respawnata” perché appariva all’improvviso nella sua camera. Mi ha fatto sorridere, ma ha rivelato un aspetto interessante: fino alla generazione Millennial le parole legate al gaming restavano relegate alle funzioni, oggi escono dalla loro dimensione natale e raccontano dinamiche umane quotidiane.
Sicari, servizi segreti, una trama che coinvolge almeno tre delle democrazie più potenti del mondo e una storia di terrorismo degli Anni ’70. Quello che sta accadendo da quasi un anno e mezzo tra India e Canada sembra il soggetto perfetto per un film. A settembre dello scorso anno, il primo ministro di Ottawa, Justin Trudeau, ha fatto una mossa plateale che ha reso la crisi visibile a tutto il mondo. «Ogni cittadino canadese deve essere protetto su suolo canadese», ha affermato Trudeau in un discorso davanti alla Camera dei Comuni, spiegando che esistevano “accuse credibili” riguardo al coinvolgimento di agenti governativi indiani nell’assassinio di Hardeep Singh Nijjar. Tre mesi prima, il 18 giugno 2023, a Surrey, poco lontano da Vancouver, due uomini si sono avvicinati a un furgone davanti al tempio Sikh e hanno sparato a ripetizione. Al posto di guida sedeva Nijjar, morto prima dell’arrivo dei soccorsi. Il quarantacinquenne era nato in India e, appena maggiorenne, si era trasferito in Canada, dove aveva ottenuto la cittadinanza. Era un leader della comunità Sikh, composta da circa 700.000 persone che hanno lasciato il Punjab per trasferirsi nel paese nordamericano.
UNA TRAMA INTERNAZIONALE
OMBRE DI DELHI UN ASSASSINIO, TRE POTENZE E
Cosimo Caridi
L’omicidio di Hardeep Singh Nijjar, leader sikh canadese, ha innescato una crisi diplomatica tra India e Canada, rivelando profonde divisioni sulla questione del separatismo sikh e sollevando interrogativi sull’uso della violenza politica a livello internazionale
Le accuse di coinvolgimento dei servizi segreti indiani nell’assassinio hanno messo a nudo le tensioni tra Occidente e Oriente
Stato per i Sikh all’interno dell’India. Attualmente, il gruppo indipendentista si trova per lo più all’estero e non è considerato pericoloso, ma non è sempre stato così. Negli Anni ’70, il movimento Khalistan, appoggiato dal Pakistan, ha compiuto diversi attentati. Il culmine dello scontro sembrava raggiunto nel giugno del 1984, quando Jarnail Singh Bhindranwale, leader religioso e politico sikh, si asserragliò armato con i suoi seguaci nel Tempio d’Oro di Amritsar. L’esercito indiano fece irruzione con i carri armati, causando diversi morti. L’operazione passò alla storia con il nome di “Blue Star”. Pochi mesi dopo l’assalto, l’allora prima ministra Indira Gandhi fu assassinata da due delle sue guardie del corpo sikh, in rappresaglia per l’operazione. Seguirono mesi, anni, di pogrom anti-sikh in diverse città indiane, soprattutto a Delhi, con
A sinistra, Londra, 2023
un gruppo di separatisti sikh protesta davanti alla High Commission of India dopo la morte dell’attivista Hardeep Singh Nijjar
In basso a sinistra, Justin Trudeau primo ministro del Canada
In basso a destra, Narendra Modi primo ministro dell’India
migliaia di vittime. Solo una piccola parte della minoranza religiosa voleva la creazione di uno Stato indipendente, ma tutti furono perseguitati. Iniziò così la grande diaspora sikh in tutto il mondo. La maggior parte si rifugiò in Nord America, ma anche in Italia abbiamo una numerosa comunità, circa 220.000 persone, molte delle quali impiegate nella produzione del Parmigiano Reggiano. Buona parte ha la cittadinanza italiana e rappresenta il 60% dei lavoratori impiegati negli allevamenti di vacche da latte in Emilia-Romagna. Torniamo in Canada, all’omicidio di Nijjar. La comunità sikh del paese è una minoranza importante, circa il 2% della popolazione, ma la scelta di Trudeau di affrontare direttamente l’India non arriva da pressioni interne. Il primo ministro di Ottawa ottiene dei documenti, plausibilmente da Washington, attraverso la Five Eyes, un’alleanza di intelligence composta da cinque paesi: Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. Un agente dei servizi segreti indiani aveva dato mandato a un suo concittadino di assoldare dei sicari negli Stati Uniti per uccidere un attivista sikh dalla doppia cittadinanza: canadese e statunitense. La Dea (Drug Enforcement Administration) intercetta la richiesta di un assassino a contratto e un agente statunitense si finge sicario per incastrare l’indiano. L’omicidio in Canada era già avvenuto e l’intelligence collega i fatti in breve tempo. Prima di rendere tutto pubblico, Trudeau incontra, al G20 che si svolge a Delhi, il primo ministro indiano Narendra
Modi. Il canadese espone i fatti e chiede una presa di responsabilità, ma Modi si rifiuta e, pochi giorni dopo, Trudeau fa scoppiare il caso internazionale. Negli equilibri di potere mondiale, gli omicidi extragiudiziali in territorio straniero non sono un tabù. Basti pensare alle operazioni di intelligence del Mossad o, per citare il caso più famoso, all’esecuzione di Osama Bin Laden ad opera dei Navy Seal. L’elemento nuovo di questa storia è che avviene tra due paesi democratici, anche se sull’India (come abbiamo raccontato nel numero di maggio) si avverte l’avanzare di una forma di autoritarismo paragonabile alla democrazia illiberale teorizzata dal primo ministro ungherese Viktor Orbán. Esiste poi la lettura indiana: i paesi occidentali uccidono chi vogliono dove vogliono e nessuno si lamenta. Ed è questa possibile interpretazione a spaventare gli altri attori. L’India è una potenza in ascesa, non è solo il paese più popoloso al mondo, ma è un alleato necessario per tentare di contenere la Cina. Il Canada, e gli Stati Uniti in misura maggiore, non vogliono che Delhi usi il suo ruolo geopolitico per scavalcare il diritto internazionale. La crisi tra Trudeau e Modi continuerà. A ottobre, il Canada ha espulso sei diplomatici indiani accusandoli di aver tramato, con l’approva-
L’ISEE in corso di validità permette di richiedere prestazioni sociali agevolate e riduzioni di costo di alcuni servizi di pubblica utilità
LA CERTIFICAZIONE ISEE DÀ DIRITTO A:
tariffe agevolate per le prestazioni socio sanitarie
ISEE 2025
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LA GRANDE BELLEZZA DEL BENE COMUNE
Un viaggio nell’Italia che aiuta, difende e unisce, tra associazioni che assistono detenuti, senza fissa dimora e cooperative che promuovono il fascino del patrimonio culturale spesso dimenticato. Da Aosta alla Sicilia passando per Bologna e Napoli, abbiamo raccolto storie di bellezza impegno civico e solidarietà in occasione della Giornata internazionale del volontariato per lo sviluppo economico e sociale
a cura di Donatella Ottavi, Claudia Benassai, Anna Giuffrida, Anna Grazia Concilio
OLTRE 4 MILIONI DI VOLONTARI IN ITALIA IL FILO CHE UNISCE
LE GENERAZIONI
Sabrina Stoppiello, responsabile del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’Istat «Anziani e giovani particolarmente attivi in ambito ricreativo-sanitario e nell’assistenza sociale»
di Donatella Ottavi
I“l volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”. Questa la definizione giuridica riportata nella Legge Riforma del Terzo settore, che descrive coloro che operano nell’ambito del volontariato. Una realtà - tra le tante - cara anche all’Organizzazione delle Nazioni Unite, tanto da istituire - nel 1985 - la Giornata internazionale del volontariato per lo sviluppo economico e sociale che ricorre proprio in questo mese, quasi in concomitanza alla Giornata mondiale della solidarietà umana. Due occasioni distinte ma imprescindibilmente legate dall’intento comune di promuovere azioni utili al bene del prossimo e dell’umanità intera.
A fare il punto sullo stato di salute del
volontariato in Italia, tra istituzioni non profit (Inp) e personale operativo, la seconda edizione del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’Istat - aggiornata al 2021 -, che fornisce un quadro della situazione utile a comprendere numeri e ambiti di applicazione. Cresciute del 53,3% negli ultimi vent’anni, oggi sono oltre 360.000 le Inp attive nel paese, costituite soprattutto da associazioni (84,9%), a cui si accodano cooperative sociali con il 4,2% e fondazioni (2,3%); l’8,6% riveste invece altre forme giuridiche.
Tra le diverse attività curate da istituzioni non profit prevalgono quelle inerenti all’ambito sportivo con il 33,7%, seguito dal settore artistico-culturale (15,3%), ricreativo e di socializzazione (14,1%), di assistenza sociale e protezione civile (9,8%). Un 6,9%, infine, si dedica a relazioni sindacali e rappresentanza di interessi. Rispetto alla distribuzione sul territorio, la presenza più consistente di Inp si registra al Nord con un complessivo 50,4%; a seguire, il Centro con il 22,1%, il Sud e le Isole, rispettivamente con il 18,1% e il 9,4%.
La realtà di queste istituzioni può
contare su grandi numeri di volontari. Il totale di persone operative supera infatti i 4,6 milioni, di cui il 58,3% uomini e il 41,7% donne. Una cifra notevole, anche se rispetto al 2015 - anno del precedente Censimento -, si rileva un calo del 16,5%. Una decrescita probabilmente imputabile allo stop imposto dal Covid e dalla lenta ripresa post pandemica. Alimentato dal desiderio di contribuire al bene dei singoli e della collettività, il fenomeno del volontariato coinvolge tutte le generazioni, in particolar modo la fascia dei 30-54enni (38%), immediatamente seguita dai 55-64enni con il 24% e dagli over 65 con il 22%. La presenza dei giovani non manca: il 13% dei volontari ha un’età compresa tra i 19 e i 26 anni, mentre il 3% rientra nella fascia degli under 18. È importante sottolineare, inoltre, che il 54% di coloro che trovano tempo da investire in questo ambito è regolarmente occupato in una propria attività lavorativa, nel 9% dei casi si tratta di studenti, mentre il 28% è in pensione.
Gli ambiti in cui i volontari prestano maggiormente la loro opera vanno dall’attività ricreativa a quella sanitaria, fino all’assistenza sociale, settori che vedono in particolar modo la partecipazione di senior e giovani. A confermarlo, attraverso un’intervista pubblicata sul canale YouTube dell’Istat, è la dottoressa Sabrina Stoppiello, responsabile del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’Istituto di statistica: «Sono 1 milione gli ultrasessantacinquenni impegnati nel settore del volontariato. Di questi, circa un quarto dedica il proprio tempo a organizzazioni che svolgono attività ricreative e di socializzazione, mentre un quinto presta la propria opera nel settore dell’assistenza sociale e protezione
civile. Proprio la presenza in questo ambito è la peculiarità del loro coinvolgimento, a riprova della capacità delle fasce più anziane della popolazione di mettersi ancora in gioco e di essere in alcuni casi a supporto dei soggetti fragili». Passando alle generazioni più giovani, continua Stoppiello, «sono circa 600.000 i ragazzi dai 19 ai 29 anni impegnati in queste attività. Anche se il 56% si concentra nel campo della cultura, sport e ricreazione, quello che caratterizza maggiormente il loro impegno è l’ambito sanitario, in cui sono presenti per il 17,3% del totale del settore, in particolare negli altri servizi sanitari, in cui sono inclusi soccorso e trasporto, donazione sangue e organi, attività di clown terapia-pet therapy e di accoglienza e orientamento».
Sotto l’aspetto geografico, la distribuzione di personale operativo nel paese è ovviamente allineata alla presenza di istituzioni non profit e vede il Settentrione detenere il primato di volontari attivi: il 30% nel Nord-Ovest e il 26% nel Nord-Est. A seguire, il Centro con il 23%, il Sud con il 14% e il 7% nelle Isole. L’analisi Istat ci aiuta, dunque, a comprendere entità e componenti di un fenomeno che trae linfa dalla generosità di numerose persone, le stesse che mettendo a disposizione tempo, competenze ed energie, generano un impatto positivo sulla vita degli altri, in particolar modo in contesti carenti di risorse adeguate. Una considerazione, quest’ultima, che chiama a una riflessione, rendendo auspicabile l’individuazione di possibili interventi volti a introdurre misure di sostegno che favoriscano crescita e sviluppo di un settore tanto impor tante, per i singoli individui e per l’intera collettività.
La vita dentro le sbarre è il suo pane quotidiano. Michele Recupero, classe 1967, ex guardia particolare giurata, presiede la Crivop Italia Odv e opera in 20 istituti penitenziari, raggiungendo Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Sicilia, con un grande esercito di 185 volontari. Grazie anche a un protocollo di intesa con il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria rinnovato il 24 giugno 2024: «Era il 2006 - racconta - quando mi chiesero di occuparmi di Maurizio, un senzatetto che si rivelò essere un ex detenuto. Da quel momento, sempre più enti caritativi locali iniziarono a chiedermi di prendermi cura di altre persone in difficoltà. Mi occupavo di farli ricoverare in ospedale per disintossicarsi dall’alcool, inserirli in comunità terapeutiche, ottenere per loro documenti e una residenza temporanea, riunirli con le loro famiglie e, in alcuni casi, aiutarli a trovare un lavoro». Una bella parentesi che ricorda Michele, quella della Le.L.A.T. (Lega Lotta Aids e Tossicodipendenze), una realtà virtuosa che si occupa di recupero: «Frequentai - precisa - anche un corso di formazione per volontari e poi divenni un operatore di comunità. Fu lì che iniziai a lavorare con detenuti che scontavano una pena alternativa al carcere, e nacque in me il desiderio di entrare nell’Istituto di Messina per aiutare i detenuti con problemi di tossicodipendenza. Anna Maria Garufi, l’anima della Le.L.A.T, mi chiese: “Te la senti di entrare per inserire i ragazzi tossicodipendenti nella comunità?”. Ad aprile 2007 si aprì così un nuovo capitolo della mia vita». E una volta che le richieste di aiuto si moltiplicarono crebbe il desiderio di fare “qualcosa in più”. Il 1° dicembre 2008, fondò la Crivop Onlus. Erano in tre. La chiamò Crivop perché rappresenta-
OLTRE LE SBARRE, L’IMPEGNO CHE CAMBIA LE VITE
Michele Recupero racconta Crivop Italia Odv una storia di sostegno e assistenza per i detenuti e le loro famiglie
di Claudia Benassai
va la sua identità: di Cristiano, Volontario, che opera nel Penitenziario: «In appena due anni, raggiungemmo - continua - 19 istituti penitenziari e riuscimmo a metterci in contatto con quasi 400 detenuti. Questo fu possibile anche grazie ai trasferimenti dei detenuti stessi che, spostandosi in altre strutture, continuavano a richiedere il nostro sostegno ovunque fossero stati trasferiti». Nel 2014 il primo corso a Genova Marassi. Nel 2015 è stata costituita la Federazione Crivop Italia onlus, con l’intento di raggruppare
Sicilia, Calabria, Campania e Liguria, fino a quando nel dicembre del 2019 la Federazione Crivop Italia onlus si è trasformata in una organizzazione di volontariato nazionale. Le Crivop regionali sono state dismesse e oggi la Crivop Italia Odv conta tanti volontari che portano speranza».
Nella missione, condotta a bordo di un camper, oltre Michele ci sono alcune donne: la moglie Cettina, che quando è libera dal lavoro lo accompagna ovunque, e soprattutto la madre, esempio per tanti, Giuseppa Lo
Re, una donna generosa nata nel 1942. Di fatto una delle volontarie più anziane della Crivop Italia Odv, sia per età che per servizio, con la matricola 005.09. «All’età di 67 anni - ricorda Michele, il figlio - è stata tra le prime a unirsi all’associazione (allora Crivop Onlus, fondata nel 2008), diventando la quinta volontaria iscritta. Ricordo con grande ammirazione il suo zelo e la determinazione con cui affrontava le attività di volontariato ogni fine settimana. Con un vecchio camper dell’associazione, che usavamo per sostenere le famiglie dei detenuti davanti alla casa circondariale di Messina, ci avventuravamo in tutta la Sicilia per promuovere e avviare attività di supporto negli istituti penitenziari e far conoscere la missione in varie città siciliane. Il gruppo partiva il venerdì e rientrava a Messina la domenica sera». Nel corso degli anni, Pina ha partecipato attivamente a presentazioni della Crivop in diverse
città italiane e ha preso parte a numerose missioni negli istituti penitenziari sia in Sicilia che nel Nord Italia. Ha anche svolto attività di volontariato a favore delle persone senza fissa dimora a Messina, trascorrendo anni interi sul camper parcheggiato fuori dalla Casa circondariale di Gazzi, dove offriva supporto alle famiglie dei detenuti: intratteneva i bambini e offriva un caffè o un tè alle madri in attesa di incontrare i propri cari: «Ciò che rende Pina - i toni si fanno decisi -, ovvero mia mamma, unica tra le volontarie è la sua fede cristiana profonda. Oggi, all’età di 82 anni, a causa di problemi di salute si dedica solo all’assistenza dei senza fissa dimora, il martedì sera dalle 18.00 alle 20.00, presso la postazione “Mai più ultimi” alla stazione di Messina». In cantiere ci sono tanti altri progetti: «Da quando ho fondato questa realtà custodisco un sogno nel cassetto: realizzare il “Crivop Village”. Ogni
volta che incontro detenuti che hanno compreso i propri errori, ma a cui mancano i mezzi per avviare un percorso di riabilitazione, provo un grande dolore. Ho fiducia che questo desiderio si concretizzi, per offrire una speranza a coloro che l’hanno persa, accogliendoli al “Crivop Village” e guidandoli verso un reinserimento graduale nella società». E i piani non si sono fermati neanche con le ferie agostane: «Tra i molti progetti portati avanti in questi 17 anni negli istituti penitenziari - conclude -, il “Summer Days” è stato significativo, portando una ventata di freschezza nella calda estate del 2024. Karaoke, giochi senza frontiere e una festa con l’anguria sono state le attività più apprezzate dai detenuti. In un periodo in cui tutto si fermava e molti erano in vacanza, la nostra presenza ha rappresentato un vero sollievo per loro. Vedere i detenuti ringraziarci per essere lì anche in estate è stato impagabile».
ANGELI CON LA TOGA IN DIFESA DEI PIÙ DEBOLI
Antonio Mumolo racconta l’associazione
‘Avvocati di strada’, oltre mille professionisti che tutelano gratuitamente i diritti dei senza dimora
di Anna Giuffrida
«In strada c’è una grande fame di diritti», e il volontariato rappresenta una risorsa. A dirlo è Antonio Mumolo, avvocato di Bologna, con una lunga esperienza di volontariato con le persone senza dimora. Da giovane volontario, negli Anni ’90, ha scoperto che chi vive nell’invisibilità ha bisogno di un aiuto anche giuridico per poter difendere i propri diritti fondamentali, come la salute, la residenza o la sicurezza di un alloggio. È nata così, nel dicembre del 2000, l’idea di Antonio Mumolo di fondare l’associazione “Avvocato di strada”, di cui è presidente. Un progetto che da Bologna ha coin-
volto negli anni tanti volontari, avvocati e non solo, in numerose città italiane dove ci sono persone senza dimora. Con 60 sportelli, mille avvocati volontari e 45mila persone difese «siamo diventati lo studio legale più grande d’Italia - sorride dicendolo Antonio Mumolo - e anche lo studio legale che fattura di meno, praticamente! Per statuto, nessuno di noi può guadagnare niente».
Un gratuito, e volontario, patrocinio che punta a creare anche un cambiamento culturale, a giudicare dalle battaglie su cui siete impegnati. Cerchiamo di cambiare la mentalità
corrente, secondo la quale chi è povero è colpevole di esserlo. Non ha fatto abbastanza, non ha lavorato abbastanza, e quindi è colpevole. E se è colpevole, va punito. Noi cerchiamo di far capire che la povertà non è una colpa, è una condizione in cui ogni persona si può trovare in un momento della sua vita. E soprattutto, che dalla povertà si può uscire. Questo lo facciamo con le nostre cause, ma anche facendo advocacy. Cercando cioè di capire quali sono le problematiche più importanti per le persone senza dimora e facendole diventare battaglia, anche politica. L’ultima, importante, battaglia vinta è quella per il medico di base diventata legge nazionale lo scorso 6 novembre. Quali sono altri diritti, che mancano alle persone senza dimora, su cui siete ancora impegnati per la tutela?
In questi anni abbiamo portato avanti con tutte le nostre forze questa battaglia, perché fosse riconosciuto il diritto fondamentale di curarsi anche a chi ha come unica colpa quella di essere povero. Una battaglia iniziata
15 anni fa, per dare il medico di base alle persone senza dimora, prive di residenza. Una legge che adesso consentirà a migliaia di persone in strada di avere almeno il medico di base, e non dover ricorrere al pronto soccorso solo per un raffreddore. Quella della residenza anagrafica, poi, è un’altra nostra battaglia, la prima, che prosegue. Nonostante le cause vinte, tanti comuni non danno ancora la residenza alle persone senza fissa dimora. Le ragioni sono emerse da una ricerca che abbiamo fatto con due ricercatori universitari su 300 uffici anagrafe. C’è chi dice “Non do la residenza a chi è povero”, altri dicono “Non do la residenza a chi non è nato in questo comune”. Cose assurde, ma questa è la realtà. Un altro impegno è per il diritto alla mobilità. In Emilia-Romagna abbiamo fatto in modo che le persone indigenti, quindi non solo chi è senza dimora, ma anche altri come i pensionati al minimo, avessero
un abbonamento semestrale gratuito rinnovabile. Se ci fosse in tutta Italia, sarebbe molto importante. Qual è la condizione delle persone anziane che vivono in strada?
Il tema degli anziani in strada è un tema grosso. Ce ne sono tantissimi. In Italia, una persona di 55 anni che perde il lavoro, se non ha una famiglia intorno, finisce in strada. E dalla strada ne esce solo se qualcuno gli dà un aiuto, un supporto. Alcuni anziani hanno ancora capacità lavorativa. Un 60enne vivendo in strada sembra vecchissimo, ma può ancora lavorare e ottenere un piccolo reddito. O una pensione, altrimenti.
Il vostro è un volontariato trasversale, sia perché coinvolge avvocati e non solo, ma anche in termini di età. Come una vostra volontaria senior, ottantenne. Sì, Anna. Lei era un’assistente sociale, e quando è andata in pensione è venuta a darci una mano. Quando arriva qualcuno a cui abbiamo fatto prendere la residenza e che deve rivolgersi ai servizi sociali, interviene Anna e lo
instrada verso il percorso da fare per farsi aiutare. Poi c’è chi si occupa del sito, ad esempio, o chi fa accoglienza, e chi accompagna agli enti le persone e segue la pratica. Come dice il vostro motto, che dà anche il titolo al libro le cui vendite servono a sostenere l’associazione, “Non esistono cause prese”. Un’ispirazione per tanti avvocati. Cosa direbbe, in più, per incoraggiare un collega avvocato a fare questo tipo di volontariato?
Gli direi di ricordare una frase del nostro padre costituente, Piero Calamandrei, che dice così: “La legge è uguale per tutti, è una bella frase che rincuora il povero quando la vede scritta sulla parete di fondo delle aule giudiziarie. Ma quando si accorge che per invocare l’uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria”. E poi di ricordare che tutelare i diritti delle persone più deboli, alla fine, significa tutelare i diritti di tutti quanti noi.
LA SORTE RESTITUISCE BELLEZZA ALLA SANITÀ
Una cooperativa di comunità fondata, a febbraio di quest’anno, da giovani abitanti del rione di Napoli cresciuti sull’esempio di don Antonio Loffredo Rebecca Rocco racconta il progetto
di
Anna Grazia Concilio
Dodici amici, un sogno in comune e un patrimonio da valorizzare. Sono questi gli ingredienti di una bella storia che arriva da Napoli, dal rione Sanità, per tanti anni simbolo di degrado e malavita: oggi uno dei quartieri più conosciuti e apprezzati della città partenopea, anche grazie al loro impegno. I protagonisti sono giovani abitanti, hanno tra i 23 e i 28 anni e vengono da esperienze sociali di vario tipo, dalla musica allo sport.
Si sono formati sulla scia de La paranza (cooperativa che dal 2009 gestisce le catacombe di Napoli), quando don Antonio Loffredo, parroco del rione, ha iniziato a coordinare il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico-religioso della Sanità. Dopo mesi di ‘prove generali’, i ragazzi hanno fatto il loro ingresso sulla scena con La sorte, prima cooperativa di comunità di Napoli, con l’obiettivo di restituire dignità ai luoghi e creare nuove opportunità di lavoro. Era il 13
Sopra, la Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi in occasione della riapertura A destra, in alto, un particolare dell’interno sotto, i ragazzi della cooperativa La sorte in basso, la Chiesa Blu dei Cristallini
febbraio di quest’anno quando, per i dodici amici, inizia un’avventura impegnata ma gratificante: «Lo so, può sembrare retorica ma se lavori con entusiasmo ogni giorno ti sembrerà di non lavorare mai - ci racconta Rebecca Rocco, 23 anni, dell’Ufficio comunicazione della Cooperativa -. Siamo sempre stati spettatori del cambiamento fino a quando non abbiamo assunto la consapevolezza che fosse giusto valorizzare i tesori del nostro quartiere per restituirli agli abitanti del rione e ai turisti. Siamo cresciuti in questa realtà e, in un rione difficile come la Sanità, abbiamo imparato a guardare il bello con occhi diversi». Come nasce La sorte?
La cooperativa La Paranza, durante la
pandemia, ha ideato il progetto ‘Luce al Rione Sanità’ per restituire luce, appunto, alle zone più periferiche del quartiere. Tra le prime attività del progetto, la riqualificazione della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi - primo vescovo di Napoli - e della Chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini. A prendersi cura di questi luoghi c’erano dodici giovani del quartiere, amici tra loro. È così che è iniziata la nostra storia. Perché questo nome?
Il nome è stato estratto a sorte (ride). Ognuno di noi aveva una proposta, non riuscivamo a decidere quale fosse la più adatta e allora abbiamo deciso di scrivere ogni proposta su un biglietto e di aggiungerne un altro, ‘la sorte’, poiché affidavamo al destino la scelta. Abbiamo messo tutti i nomi in un cestino, ci siamo messi sotto la cupola della Chiesa e ne abbiamo estratto uno: è uscito ‘la sorte’ ed è diventato la nostra scelta. Cosa vi tiene uniti?
La comunità per noi è la cosa più importante perché i beni comuni sono beni di comunità e ogni volta che apriamo le porte delle chiese restituiamo al quartiere il suo patrimonio. Per gli abitanti della Sanità, infatti, l’accesso è gratuito proprio perché vogliamo che quante più persone si avvicinino all’arte e alla cultura. Quali sono i beni di cui vi occupate?
Oggi ci prendiamo cura della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, un complesso religioso ancora consacrato che accoglie al suo interno lo Jago Museum (mediante una convenzione sottoscritta dal Fondo Edifici di Culto e dalla Parrocchia di Santa Maria della Sanità), della Chiesa Blu dei Cristallini e della Basilica di San Severo fuori le Mura con il Figlio Velato di Jago, esposto nella Cappella dei Bianchi. È in questi spazi che rac-
contiamo casa nostra, che mettiamo a disposizione di tutti, abitanti e turisti, l’arte e la bellezza.
Ti lascio con una domanda, che cos’è per te la bellezza?
La bellezza per me è rappresentata dalle persone del quartiere, dalla bellezza dell’arte, dai giovani che
vivono nel rione, dalla voglia di riscatto che hanno nonostante tutto quello che accade intorno e quello che la cronaca racconta. Non solo, la bellezza per me è il lavoro e la cura, soprattutto la cura nel tenere saldi i legami con il rione, un patrimonio che è casa nostra.
SILVIO GARATTINI PROFETA DELLA PREVENZIONE PREMIATO A MILANO
Fondatore dell’istituto Mario Negri insignito del premio “Italiani Controvento” spiega la sua ricetta per il benessere
Prevenzione, vita attiva e lezioni di salute nelle scuole
Èdavvero un “italiano controvento”, Silvio Garattini, luminare della medicina, fondatore dell’istituto di ricerca farmacologica “Mario Negri” e medaglia d’oro al merito della Sanità Pubblica. Lo scorso 29 novembre, la consegna del premio istituito dalla 50&Più Napoli e dedicato appunto agli “italiani controvento”, le eccellenze del Belpaese che impongono visioni e innovazioni mal-
grado i venti contrari, ne ha celebrato i settant’anni di esercizio della professione medica e lo straordinario contributo al progresso della sanità nel nostro paese. «Silvio Garattini è un esempio luminoso di competenza, passione e libertà - spiega Maurizio Merolla, presidente della 50&Più Napoli -. È stato un pioniere, capace di immaginare in tempi difficili nuove frontiere per la ricerca. Il suo istituto è un fiore all’occhiello
per l’Italia, il suo lavoro non risente del tempo; e proprio sul luogo di lavoro, com’è costume del premio, abbiamo voluto tributargli il nostro riconoscimento, che è insieme omaggio al passato e auspicio per il futuro».
Silvio Garattini ha, fin dalla voce, l’allure delle grandi personalità. La visione lucida, il tono calmo ma ipnotico di chi ripercorre con orgoglio, ma senza trionfalismi, le tappe di un’avventura
umana eccezionale. «Il mio interesse per la medicina - ricorda - nasce in famiglia, dalla necessità di confrontarmi, purtroppo, con problemi di natura medica: la paralisi di mia madre e la grave malattia di un mio fratello. Erano anni bui: nel 1947 mi diplomai all’Istituto Tecnico Espero, dove mi appassionai all’attività di laboratorio; poi presi la maturità scientifica, mi laureai in medicina e mi orientai alla farmacologia, che sposava la mia vocazione medica col mio talento per la chimica». È l’inizio di una carriera che ha pochi eguali, in Italia e nel mondo. Con un momento culminante, a detta dello stesso professore. «Nel 1957 feci un lungo viaggio in America, due mesi in giro per quasi tutti gli Stati Uniti a visitare industrie, fondazioni, università, per capire come si svolgeva la ricerca scientifica in quel Paese. Capii due cose: innanzitutto che la ricerca è un’attività a tempo pieno, e poi che le fondazioni non servono solo a distribuire denaro, ma anche a predisporre ambienti, risorse umane e attrezzature per realizzare scopi specifici, come l’indagine in campo medico. Tornato in Italia decisi di battermi per la nascita di una fondazione, a mio parere l’unica strada per evitare di dover emigrare all’estero. Trovai l’appoggio di Mario Negri, imprenditore e filantropo milanese, che morì sfortunatamente pochi anni dopo, ma lasciò nel testamento fondi per un grande istituto di ricerca farmacologica e indicò me, specificamente, come futuro direttore». Il 1° febbraio 1963 nacque dal nulla l’Istituto Mario Negri, tra non poche obiezioni e difficoltà burocratiche: la testardaggine bergamasca di Garattini ebbe la meglio e ha portato, negli anni, a un costante sviluppo del centro, passato dai 20 ricercatori degli inizi agli attuali 750. Non a caso l’autobiografia del professore, pubblicata alcuni anni fa, si intitola Il guerriero gentile. Garattini nicchia: «Non ho scelto io il titolo
ma in un certo senso mi corrisponde. Nella vita ho sempre lottato e continuo a farlo. Cerco di invogliare la gente alle buone abitudini, critico l’uso eccessivo dei farmaci, gli integratori (che fanno bene per lo più a chi li vende), l’accanimento medico sugli anziani, imbottiti di medicinali spesso superflui. Combatto, ma senza alzare la voce, senza scendere in polemiche inutili, solo per promuovere la mia idea di medicina, che non ha nulla a che fare con gli interessi del mercato». L’idea chiave della ricetta di Garattini è la “rivoluzione della prevenzione”: un autentico cambio di paradigma per la medicina, così come viene intesa e praticata nella nostra società. Il professore lo spiega in questi termini: «La medicina dovrebbe fare solo il lavoro strettamente necessario. Le buone pratiche dovrebbero fungere da argine a monte, attenuando la pressione insopportabile sul sistema sanitario. Bisognerebbe insegnare la salute a scuola: prevedere almeno un’ora di lezione a settimana dedicata alla consapevolezza e alla cura di sé. E poi bisognerebbe istituire una Scuola Superiore di Sanità, che formi i dirigenti deputati a gestire il servizio sanitario
nazionale. Oggi tutto risponde a criteri eminentemente politici, e questo non è un bene. Bisognerebbe avere la forza di attuare una grande rivoluzione culturale, che amplii lo spazio dell’informazione indipendente contro i diktat del mercato della medicina e gli interessi delle industrie farmaceutiche». L’autorevolezza della proposta di Garattini è rafforzata da un esempio di vita impeccabile, di dedizione indefessa e longevità davvero straordinaria. «Non ho segreti da svelare - dice lui -. Mantengo le mie buone abitudini: non fumo, mangio poco, bevo ancora meno alcolici, cerco di fare i miei cinque chilometri al giorno, coltivo interessi e rapporti sociali, tengo oliati i meccanismi della mente. La ricetta fondamentale per una vita lunga (e buona) è l’entusiasmo». Lo stesso con cui il professore difende le sue tesi semplici e rivoluzionarie: «La scuola e la politica giocano un ruolo fondamentale per mutare il paradigma vigente. Ma tutto comincia da noi. Ciascuno deve riprendere in mano la propria salute e il proprio futuro. Recuperare la consapevolezza e il senso di responsabilità che ci fa davvero persone e cittadini».
CON ‘DIRITTO E ROVESCIO’ LA SOLIDARIETÀ È DI CASA A GENOVA
L’iniziativa, ideata da 50&Più, è giunta alla quinta edizione. Capi di lana e alimenti per supportare le famiglie fragili della città ligure di Anna Grazia Concilio
Metti un gomitolo di lana, due ferri, mani generose che realizzano capi caldi e la solidarietà è servita. Siamo a Genova, dove per il quinto anno consecutivo, l’associazione 50&Più organizza il progetto ‘Diritto e rovescio’ con l’obiettivo di supportare le famiglie più fragili della città ligure. «Un’iniziativa importante per aiutare chi ha bisogno, soprattutto in un momento così particolare come il Natale», ha commentato Brigida Gallinaro, vicepresidente nazionale e presidente regionale 50&Più.
Era il 2020 quando, per la prima vol-
ta, da un’idea di 50&Più Genova, un gruppo di donne ha iniziato a lavorare a maglia: lo ha fatto per contrastare
la solitudine che la pandemia ha imposto per molti mesi e per essere di sostegno a chi quella ‘chiusura forzata’ la stava vivendo in maniera ancora più drammatica. «Abbiamo voluto portare un po’ di calore e di sollievo ai meno fortunati della nostra città, alle bambine e ai bambini del nostro territorio e alle loro famiglie», ha aggiunto Gallinaro che, a ottobre scorso, ha lanciato la quinta edizione del progetto. Sciarpe, berretti, calzini e coperte verranno consegnate - come da tradizione - a Don Valentino Porcile, parroco della Chiesa di San Siro e Nervi di Genova, che provvederà alla distribuzione insieme alla Caritas. Tante le novità che negli ultimi anni rendono ‘Diritto e rovescio’ una iniziativa sempre più vicina alle persone: «Aggiungiamo anche il ricavato della colletta di alimenti, resa possibile dalla generosità dei nostri soci e dalla sensibilità di un supermercato di zona che, per l’occasione, applica una scontistica maggiore ai prodotti che acquistiamo», ha aggiunto la vicepresidente nazionale 50&Più. «‘Diritto e rovescio’ vuole rappresentare un’occasione di supporto per le persone indigenti della nostra città e un momento di condivisione con la comunità - ha concluso Gallinaro -. Il successo che l’iniziativa sta riscuotendo ci rende molto orgogliosi e rappresenta uno stimolo a costruire progetti sempre più impegnati nel segno della solidarietà e della condivisione».
DIETRO LE QUINTE DEL CINQUANTENNALE 50&PIÙ
di Alessandra Espis
Una due giorni di eventi per celebrare mezzo secolo
All’appuntamento ‘Partecipare alla storia per creare il futuro’ oltre duemila soci provenienti da ogni parte d’Italia. Gli auguri all’Associazione anche da parte del Presidente della Repubblica
“Il compimento dei cinquant’anni di un’associazione è un traguardo importante. Un’occasione di festa e al tempo stesso di riflessione. Tanto più lo è per un’associazione che riunisce persone che hanno varcato nella loro vita il traguardo dell’impegno professionale e con passione civile intendono ancora costruire reti di solidarietà e partecipare attivamente alla crescita della società”. Con la lettura del messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 12 novembre sono iniziati a Roma, presso l’Auditorium Conciliazione, i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della nascita di 50&Più. Le parole scelte dal presidente Mattarella rispecchiano perfettamente lo spirito con cui 1.500 soci, provenienti da tutta Italia, hanno celebrato i primi cinquant’anni di vita dell’Associazione: momenti indimenticabili caratterizzati da forti emozioni, degne di un anniversario così importante. La festa è iniziata già l’11 novembre, quando, all’arrivo a Roma, i soci sono stati ac-
colti dallo staff 50&Più che li ha accompagnati presso gli hotel di destinazione. Tanti anche gli appuntamenti turistici, in giro per la città. Nel pomeriggio di martedì, un caloroso abbraccio fatto di storia, sorrisi, emozioni, ricordi e spettacolo ha accolto i soci presso l’Auditorium della Conciliazione. Un video ha ripercorso i primi 50 anni di vita della 50&Più, raccontando il suo grande impegno sociale e culturale ed emozionando la platea. A fare gli onori di casa, il presidente nazionale 50&Più, Carlo Sangalli, che ha ricordato come la tutela dei diritti dei senior e la loro valorizzazione siano da sempre gli obiettivi prioritari di 50&Più. Obiettivi che si rinnovano negli anni, ed è questa la vera forza dell’Associazione: stare al passo con i tempi e guardare al futuro grazie a un progetto culturale che mette al centro la persona, sempre. Dal 1974, infatti, 50&Più ha scelto la via dell’inclusione, della socialità, della partecipazione.
Il Presidente ha inoltre annunciato la firma della Carta di Napoli, Protocol-
lo d’Intesa tra 50&Più e l’Ordine dei Giornalisti della Campania. Il documento vuole orientare correttamente la comunicazione sui temi legati alla terza età, per tutelare i diritti degli anziani e per contrastare l’ageismo, fenomeno insidioso e diffuso che si manifesta attraverso pregiudizi, stereotipi e discriminazioni nei confronti delle persone in base all’età. Dopo la relazione del Presidente, con una breve intervista a tre dei ventotto autori, è stato presentato il quarto volume 50&Più, edito da Il Mulino, Partecipazione, fondamento per il benessere e la coesione sociale, a cura di Carlo Sangalli e Marco Trabucchi. Un’analisi approfondita sul ruolo della partecipazione attiva dei senior nella
costruzione di comunità più unite e solidali. La seconda parte della serata è stata dedicata all’intrattenimento. In prima battuta nello spettacolo Motore Ciak PartecipAzione, in cui Giampaolo Rossi - fondatore de La Fabbrica di Lampadine - ha declinato il tema della partecipazione attraverso il linguaggio cinematografico.
La serata si è conclusa con un appassionante concerto: Musiche da Oscar di ARIA. Cantanti lirici, archi, pianoforte, tromba, fiati e percussioni hanno accompagnato i soci in un percorso senza tempo: 18 elementi, con il loro talento, hanno ricalcato i più grandi capolavori cinematografici in un’atmosfera emozionante e suggestiva. Sul palco dell’Auditorium anche Lorenzo Fran-
cesconi, Segretario generale 50&Più. I festeggiamenti per il cinquantennale sono proseguiti nella mattina di mercoledì, quando alle prime luci dell’alba, i soci 50&Più si sono ritrovati in piazza San Pietro per l’udienza papale. «Celebrare questo traguardo - ha dichiarato Carlo Sangalli - è un segno importante di continuità che ci dà la forza per pro-
seguire nel nostro cammino. ‘Esserci’ è stato il fondamento della nostra azione e lo sarà in futuro. Il nostro impegno continua nella tutela dei diritti delle persone anziane anche perché siamo ben consapevoli che l’età non è un limite ma una risorsa. Tanti gli obiettivi raggiunti fino ad ora, tante le sfide che ci attendono».
Concorso
SCHEDA DI VOTAZIONE
È questo il momento più atteso dai finalisti del Concorso: superare la selezione. I cinque candidati al premio finale per le sezioni Prosa, Poesia, Pittura e Fotografia, attendono ora il giudizio inappellabile dei lettori. Come ogni anno, con la scheda di votazione qui proposta, sarà scelto il vincitore per
ogni disciplina. Dunque, votate secondo le vostre preferenze: quella crocetta che traccerete sul quadratino posto a lato di ogni nome sarà decisiva. Per visionare in maniera integrale le opere, consultare il sito www.50epiu.it/concorso-50epiu, scrivere a infoeventi@50epiu.it o telefonare al 06 68883297.
Da ritagliare e inviare in originale a 50&Più - Via del Melangolo 26 - 00186 Roma entro il 31/01/2025 (eventuali schede fotocopiate/scansionate saranno ritenute nulle). La votazione può essere effettuata anche online, all’indirizzo www.spazio50.org
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Il cielo stellato
Glauco MAGINI
Il profumo del tramonto
Giovanna PAITA
Proposta di immortalità Giovanni SILONIO
Incollata al mondo
Rainalda TORRESINI
Io ricordo
Gabriele O.R. VALENTE
Le tue preziose mani
Clara BERGOMI
Le ultime lune
Luigi DAVOLI
Sogni senza fissa dimora
Giovanni SIGNORINO
D’amore
Antonia TUFARIELLO
Vecchia solitudine
Walter VALLESI
Contrapposte follie
Andrea FAGOTTI
Sogno Maria Antonietta FRANCIULLI
Gli occhi chiusi del mondo
Emma MARTIN
Luci e ombre
Elisabetta MASSARI
La trascendenza dell’arte Francesca ORE
La speranza
Marina CHIARI
La caduta degli dei Renato DALL’ARMELLINA
Rotazione Armando FESTINI
Profumo di lavanda Cesarina RIGO
Riscatto Silvio Mario VALDISERRA
Peccato ce ne sia solo uno all’anno
Le piante del mese e come usarle
Le ricette di stagione
L’oroscopo
Coltivare l’orto, il giardino e il balcone con l’aiuto della Luna
Idee per creare con le mani
Più di 200 illustrazioni
Tutta l’esperienza del saggio Barbanera per vivere bene secondo natura
In edicola, in libreria e in rete
Storia e misteri
DILUVIO UNIVERSALE MITO O REALTÀ?
UN’INDAGINE
TRA PASSATO E PRESENTE
La memoria di una tragedia scaturita migliaia di anni fa da un cataclisma naturale acquista un valore planetario tanto da essere presente in molte civiltà distanti tra loro
di Anna Costalunga
Partiamo da una premessa: il mito è un racconto che cerca di spiegare i fenomeni naturali in chiave prescientifica, inserendoli in un circuito sacro. Per questo motivo è comune a tutti i popoli della terra, sia geograficamente che storicamente.
Il diluvio universale, così come narrato nella Bibbia, è però anche il simbolo del passaggio dalla mortalità all’immortalità, da un popolo senza più dio a un popolo timorato e obbediente.
L’acqua, dunque, è in questo contesto interpretata come un lavacro sacro che cancella tutte le impurità.
La storia narrata nel libro della Genesi, nei capitoli da 6 a 9, è nota: Noè, la sua famiglia e le coppie di tutti gli animali della terra sfuggono alla morte per la misericordia di Dio che, dopo aver creato il mondo, lo distrugge con un diluvio perché era diventato corrot-
to e iniquo. Noè, dunque, è il patriarca della nuova umanità, pacifico, giusto e timorato del Signore.
Il punto è che esistono molti racconti di alluvioni distruttive e di sopravvissuti, progenitori di un nuovo genere umano, alcuni antecedenti alla Genesi, che si pensa risalga al 1450 a.C. Potrebbero riferirsi a fatti realmente accaduti?
In India, nei testi sacri indù dei Veda e nel Mahābhārata, il giusto re Manu scampa al diluvio costruendo una barca dietro suggerimento di Visnù, che lo ha scelto per rigenerare l’umanità.
Tra gli Inca il diluvio arriva dal dio Viracocha, autore delle piogge torrenziali che da sempre si abbattono sulle Ande. Nell’Edda, il poema che raccoglie i miti vichinghi, saranno due giganti di ghiaccio a ripopolare il mondo sommerso dalle acque. Più vicino a noi, in Grecia, Zeus infuriato con gli uomini
li fa annegare salvando solo Deucalione e Pirra, la coppia che dopo aver galleggiato in una barca approdata sul Parnaso, ripopola la terra lanciandosi pietre dietro le spalle, che si trasformano in uomini e donne. Come spiegare tutto ciò? Premesso che la Genesi non colloca il fatto in un luogo preciso, che il Giordano è un fiume modesto e la Giudea è arida, l’idea del diluvio biblico deve essere nata altrove. Forse nella terra tra il Tigri e l’Eufrate, a Babilonia e a Ninive, dove sono state ritrovate diverse tavolette sumeriche che narrano l’Epopea di Gilgamesh. Nel poema, il dio Enlil invia un diluvio per punire l’umanità; il dio Ea, amico degli uomini, avverte re Utnapishtim e gli consiglia di costruire un’arca per salvare sé stesso, la sua famiglia e gli animali. La storia di Utnapishtim, che nei dettagli ricorda quella di Noè - l’Arca approda sui monti e il re manda in volo un uccello in cerca di terra ferma - è datata intorno al 1600 a.C., molti secoli prima della stesura della Genesi. Si pensa dunque che il racconto biblico sia una memoria di quello babilonese, riadattato secondo la religione ebraica. All’epoca della scoperta (la seconda metà dell’800), i frammenti del poema dedicati all’alluvione disastrosa apparvero come la prova dell’attendibilità della Bibbia come fonte storica.
Oggi pochi ritengono realistico il racconto biblico, al quale si riconosce il fondamento teologico, molti però continuano a cercare l’Arca che la tradizione vuole si trovi sul monte Ararat, tra Armenia e Turchia. Ultimamente, ad attribuirsi la scoperta - sulla quale sono stati sollevati molti dubbi - è stata una équipe di ricercatori turchi e cinesi, nel 2010.
Un’altra linea d’indagine punta invece a fornire una spiegazione scientifico-naturalistica dei fatti narrati. Una ricostruzione ormai datata collega il diluvio ad uno tsunami causato dall’e-
ruzione del vulcano dell’isola di Thera, oggi Santorini (1630 a.C.-1600 a.C.).
Secondo la teoria più recente, invece, formulata da due geologi della Columbia University, William Ryan e Walter Pitman, circa 7.500 anni fa - a causa dello scioglimento dei ghiacci - le acque del mar di Marmara si innalzarono superando il Bosforo e finirono nel mar Nero, che allora era un vasto lago di acqua dolce. Un evento geologico (di cui peraltro vi sono prove scientifiche) che avrebbe distrutto le vite degli uomini e degli animali che popolavano quelle zone, il cui ricordo si sarebbe tramandato grazie ai sopravvissuti, prima oralmente e poi in forma scritta, finendo col prendere i contorni del mito.
Così la paura primordiale dei disastri naturali ha trovato una spiegazione nelle piogge incessanti scatenate dagli dèi per punire l’umanità.
Sebbene non esistano prove scientifiche definitive a sostegno della sua veridicità storica, il mito del diluvio universale continua a essere oggetto di studio e dibattito.
È anche ipotizzabile che in tempi ancestrali siano esistiti diversi ‘diluvi’, in luoghi e tempi diversi; quello narrato nella Genesi è solo il ricordo di una delle tante catastrofi che hanno segnato la memoria dell’uomo.
Sebbene non esistano prove scientifiche definitive a sostegno della sua veridicità storica, questo racconto leggendario continua a essere oggetto di studio e dibattito
Periscopio
NATALE
UN MONDO DI DIFFERENZE FOLKLORE E SORPRESE
Dal Krampus ai folletti islandesi passando per il cenone a base di pollo fritto, un viaggio nelle più stravaganti tradizioni natalizie del mondo, tra creature inquietanti e doni misteriosi
a cura di Dario De Felicis
Il Natale, per come lo immaginiamo, è tempo di famiglia, regali e tradizioni. Eppure, se in molti paesi si celebra con canti, cenoni e alberi addobbati, in altre parti del mondo la festività assume contorni decisamente più stravaganti. In Germania e Austria, l’ombra di Krampus, creatura demoniaca, si staglia affianco di Babbo Natale. La “Krampusnacht” è un’esperienza dai tratti vagamente inquietanti: uomini mascherati da Krampus, con corna e pelliccia, spaventano i bambini, ricordando che la disobbedienza ha le sue conseguenze; un contrappunto oscuro alla dolcezza tradizionale. Mentre in altri paesi i bambini aspettano Babbo Natale, in Islanda i regali vengono portati da 13 folletti dispettosi chiamati “Yule Lads”. Ogni folletto rappresenta un diverso vizio e, nelle 13 notti che precedono Natale, ciascuno di essi lascia un piccolo dono (o un piccolo dispetto) per i bambini. Un modo decisamente originale per far capire ai più piccoli l’importanza del buon comportamento.
In Catalogna c’è lo “Tió”, un buffo tronco di legno con una faccia dipinta che diventa il protagonista del Natale. I bambini, come se fosse una pignatta colorata, si divertono a romperlo - cantando - con dei bastoni, finché lo “zio” non fa cadere dolci e piccoli regali. Per molti abitanti del posto rimane una tradizione grottesca, ma divertente, che unisce gioco e folklore. Se a Caracas, in Venezuela, il 24 dicembre famiglie intere si dirigono verso la messa di mezzanotte sui pattini a rotelle, in alcune regioni del Portogallo, il Natale è anche un momento di commemorazione. Le famiglie visitano i cimiteri, ricordando i defunti con fiori e preghiere, sottolineando l’importanza della memoria familiare. Più festosa la tradizione canadese, dove il Natale
50&Più | dicembre 2024
è sinonimo di “creatività” con la “Battaglia dei pu- pazzi di neve giganti”; tantissime persone escono in strada per sfidarsi a costruire le sculture di neve più imponenti, dando vita a vere e proprie opere d’arte ghiacciate. Un modo originale per celebrare le festività e divertirsi all’aperto (anche quando la temperatura scende sotto lo zero).
Tornando in Europa, più precisamente in Gran Bretagna, la corsa dei Babbo Natale a scopo benefico rappresenta un esempio di come la festività possa essere impiegata per promuovere iniziative sociali e di raccolta fondi. Per l’occasione si fondono solidarietà e impegno civile, anche se la presenza di centinaia, a volte migliaia, di persone vestite da Babbo Natale che corrono insieme crea uno spettacolo visivo unico. Mentre in Norvegia è tradizione nascondere le scope il giorno della Vigilia, per evitare che le streghe le utilizzino per volare, il Giappone celebra un’usanza ancora più bizzarra: a base di pollo fritto. Una campagna pubblicitaria di successo negli Anni ’70 di KFC ha trasformato il pollo fritto in un piatto natalizio irrinunciabile per molte famiglie giapponesi, creando una curiosa alternativa alla classica cena di Natale.
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Cultura
uale umanità si svela in chi sceglie il male, quale dolore prova chi lo commette e lo perpetra?, si chiede Marco Balzano. Mattia, il protagonista del suo ultimo romanzo, Bambino (Einaudi), nato con il nuovo secolo, segnato da una difficile infanzia, un fratello che parte per l’America, un amico che lo abbandona, alla ricerca della sua vera madre slava la cui identità gli viene sempre negata dal padre. Nonostante il suo viso da fanciullo che lo fa diventare per sempre ‘bambino’, dimostra una incredibile ferocia. A Trieste e nell’Istria, una terra di frontiera dove ognuno segna i propri confini con il sangue dell’altro in quasi trent’anni di storia. E la storia trascina Mattia nella guerra in Grecia, tra patimenti d’ogni tipo di una morsa destinata al fallimento dell’intera impresa bellica. Poi, nella Trieste preda della furia nazista e sempre dietro il suo fantasma, “cercare mia madre non era più un’ossessione, ma una quieta disperazione”. Marco Balzano è molto abile nel rappresentare il miscuglio indistricabile che annoda la sostanza e la densità dell’esperienza della “camicia nera più feroce della città” alla straziante realtà della frontiera d’Italia più dilaniata in tanti anni. L’artificio del racconto, scandito per momenti più significativi, trasmette la doppia ‘verità’ di finzione e di storia, abilmente intrecciate. Balzano è tra gli scrittori più affermati e riconoscibili delle ultime generazioni, autore di romanzi, poesie e saggi. Vorrei partire nel dialogo con lui da Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano, saggio molto felice che fa capire meglio anche il senso della sua ricerca letteraria.
MARCO BALZANO
«AMO I TEMI RIMOSSI
DALLA MEMORIA COLLETTIVA»
Nel suo ultimo romanzo, Bambino - ambientato in una terra di confine travagliata dalla guerra -, lo scrittore indaga l'animo umano di chi sceglie di stare dalla parte del male
Un’attenzione particolare alle parole scrivendo una storia di esse. Forse per farle affiorare ricche di quel senso opposto alla superficialità con cui le usiamo?
Non solo, ma per guardarle con più consapevolezza. La parola ha una vita piena di avventure, proprio come quella dell’essere umano. Comprendere che ha una storia è utile per mantenere un giudizio critico.
Lei ha studiato molto Leopardi, ne ha scritto. Quanto il poeta e il romanziere Balzano devono a questa lettura fondamentale?
Di lui sposo soprattutto l’ideologia politica ed esistenziale: è un “pessimista agonista”, un uomo che crede che la vita sia sempre perdita secca, ma che non vada mai rifiutata per il bene che ci vogliono le persone che ci circondano. Ha esordito come poeta. È abitudine, stato di grazia o esercizio?
La poesia è una visita a sorpresa. Se lei mi chiedesse “di cosa parlerà il suo prossimo romanzo?”, io le saprei rispondere, mentre per la poesia ogni volta sembra sempre l’ultima. Credo che ci sia un’ispirazione, a cui segue un lavoro artigianale per darle forma compiuta e definitiva. Lei è stato particolarmente premiato: Flaiano, Volponi, Campiello, Bagutta, Rigoni Stern, il “Città delle rose” per la saggistica. I premi cambiano la carriera di uno scrittore o portano a scrivere libri particolarmente adatti ad essere premiati?
I premi vanno presi per quelli che sono: un momento di fortuna e di festa, ma guai a considerarli un giudizio sull’opera. Leopardi non ne ha mai vinto uno e nemmeno Dostoevskij. Sono un sostegno economico per lavorare meglio e una ragione in più per prendersi la responsabilità di ciò che si pubblica. E infine no, non ho mai scritto per vincere un premio, né saprei come fare. Il romanzo oggi è mille cose insieme, è il tutto e il contrario di tutto. Lei ha maestri a cui riferirsi? Il romanzo forse è sempre stato il genere più privo di regole. Io amo usare la letteratura per raccontare temi silenziati o rimossi dalla memoria collettiva. Riconosco diversi autori, del passato e del presente, come maestri, ma non è detto che coltivino la mia stessa conce-
zione della scrittura e delle lettere. Ho, insomma, dei maestri a cui non assomiglio, e forse va bene così. Il suo Mattia è poco eroe, non una vittima ma un carnefice. Siamo abituati a parlare del male in modo molto astratto, come qualcosa che cade dall’alto o che giace in fondo a noi. È vero solo in parte: c’è chi il male lo agisce, lo compie, e il mio protagonista è una camicia nera, che come tutte di male ne ha causato. Il fascismo, specie quello di confine nella Venezia Giulia, è stato un movimento sanguinoso, ricordiamocelo. Volevo indagare quale umanità pulsa in un essere umano che compie il male, con quali occhi guarda l’altro, la storia, i sentimenti.
Mattia cambia volto e opportunisticamente è disposto a tutto: che cosa ci dice dell’Italia, anzi della frontiera?
Ci racconta che chi compie il male resta progressivamente più solo proprio perché si chiude agli altri, li vede come uomini che stanno dall’altra parte della frontiera. Mattia è capace di strappare compassione con lo scorrere delle pagine, proprio per la sua solitudine. Della frontiera ci dice che è un luogo ricco, di scambio, che solamente le dittature riescono a trasformare in un punto dove scorre sangue.
Ha scritto un saggio sulla felicità. Un po’ ingenuamente le chiedo: quale libro lo ha reso più felice e perché?
Vittorini diceva che i libri che si leggono durante l’infanzia si imprimono in maniera più profonda nella nostra memoria. Sono così d’accordo che le rispondo Pinocchio. Ho scoperto il piacere della lettura, ho riso, pianto e imparato parole. Si è impresso a tal punto in me che lo stesso Mattia, il protagonista del mio ultimo romanzo, si ostina a restare ‘bambino’, un infantile violento, nonostante suo padre Nanni, un vecchio orologiaio paziente e amorevole, cerca sempre di ‘ripararlo’ e farlo crescere.
Cultura
NAPOLI-NEW YORK SALVATORES RISCRIVE FELLINI
di Giulia Bianconi
ÈDa un inedito soggetto neorealista del regista romagnolo nasce una favola di formazione che si rivela più che mai attuale, accendendo i riflettori su immigrazione accoglienza e solidarietà stato chiuso in un baule all’interno di una cantina per più di sessant’anni. Ritrovato e, solo in un secondo momento, rielaborato da uno dei registi italiani più importanti. Gabriele Salvatores ha preso un soggetto originale, inedito e neorealista di Federico Fellini e Tullio Pinelli, trasformandolo in una favola di formazione, ambientata sempre sulla fine degli anni Quaranta, nel secondo dopoguerra, che affronta temi più che mai attuali, come l’accoglienza, la solidarietà, l’immigrazione.
Napoli-New York, già nei cinema italiani con 01 Distribution, racconta di due scugnizzi, Carmine e Celestina, interpretati da Antonio Guerra e Dea Lanzaro, che cercano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria. Una notte si trovano bloccati come clandestini su una nave diretta a New York. Decisi ad approdare in quella metropoli sconosciuta per ritrovare la sorella di Celestina, Agnese, conoscono il commissario di bordo Domenico Garofalo, ossia Pierfrance-
sco Favino. Dopo settimane di navigazione, come tanti migranti italiani in cerca di fortuna in America, i bambini sbarcano a New York, un luogo che dovranno imparare a chiamare casa. «Mi commuovo ancora quando penso che è stato ritrovato questo racconto. L’ho trovato vicino a me per molte cose - spiega Salvatores -. Sono nato a Napoli, anche se cresciuto a Milano, e fare questo film è stato un po’ come ritrovare quella città. Ai miei genitori sarebbe piaciuto il film, le mie due sorelle si sono commosse guardando la rappresentazione di Napoli, che ha una grande capacità reattiva, come dimostrano questi due bambini di fronte anche a situazioni difficili». Salvatores ha modificato parte della storia, quella ambientata a New York. «Fellini e Pinelli avevano troppa fiducia nel sogno americano - spiega -. Io ho sempre amato l’America, per il cinema, la musica, la letteratura, ma quella che vedo oggi non mi piace più». Il film rimane comunque un attestato di speranza verso un mondo che può essere solidale e accogliente, nei confronti dell’altro. «Viviamo un momen-
A sinistra, una scena tratta dal film
A destra Gabriele Salvatores con Antonio Guerra e Dea Lanzaro
In basso, il regista con i giovani protagonisti e Pierfrancesco Favino
to pieno di diffidenza, rancore e odio. Mi piaceva l’idea di fare un film che ci ricordava di guardare da vicino chi è diverso da noi, a cui possiamo anche volere bene. Questo è un film che ci fa pensare che possiamo essere migliori di come siamo», dice ancora il cineasta, 74 anni.
Per la riuscita di Napoli-New York è stato importante per Salvatores affidarsi a collaboratori stretti come Victor Perez, che ha curato gli effetti visivi del film. Ma anche alla bravura degli interpreti (nel cast anche Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Anna Lucia Pierro, Tomas Arana e Antonio Catania), Favino su tutti. «Il cinema si può fare in molti modi. Basta un’immagine, pochi sguardi e nessuna parola - afferma il regista, premio Oscar per Mediterraneo nel 1992 -. Il cinema è fatto di attori come Pierfrancesco e
la capacità della macchina da presa di cogliere quello che ti stanno dando». «Questo film nasce dalla fantasia di due persone come Fellini e Pinelli che non erano mai state a New York, e che guardavano all’America come a un sogno. Hanno attinto alla realtà che avevano intorno, come quella dell’immigrazione, che Gabriele ha trasformato in una favola di formazione - spiega
Favino, che nella pellicola parla napoletano e americano con cadenza italiana -. Alla fine questo è un film che non pretende di dare lezioni a nessuno. Però ci può far riflettere. Se le persone mettono sé stesse a disposizione degli altri, ci può essere un futuro migliore, anche per le nuove generazioni. La solidarietà umana rende possibili tante cose».
stato un lavoro lungo, perché volevo che ogni canzone suonasse come fosse mia.» Il che, detto di capolavori assoluti come Knockin’ On Heaven’s Door di Bob Dylan, Just Breathe dei Pearl Jam, Inner City Blues di Marvin Gaye, Sailing di Christopher Cross e via dicendo, può diventare un’arma a doppio taglio. Il compito è mantenersi all’altezza di cotanta arte, classe e popolarità, compito da far tremare i polsi anche a Zucchero. Il cantautore emiliano ci aveva già provato con il precedente Discover, pubblicato tre anni fa, che proponeva brani degli U2, Moby, Coldplay, Genesis, Fabrizio De André e così via. Il risultato allora era stato premiato più dalla critica che dal pubblico, anche se venne certificato disco d’oro (25mila copia vendute) dopo poche settimane. Oggi Zucchero fa il bis con Discover II, più per passione verso la grande musica pop e rock che perché
LE NUOVE “SCOPERTE” DI ZUCCHERO
Il cantautore torna con Discover II, 18 cover di classici rock e pop rivisitate in chiave personale Un lavoro lungo e appassionato, tra arrangiamenti inediti e collaborazioni prestigiose di Raffaello Carabini
si attende esiti commerciali differenti. Due i formati, quello ‘standard’ con 13 brani e quello ‘deluxe’ con 18. «Quando fai cover devi trovare un arrangiamento, i suoni tuoi, stravolgerle un po’. Non basta la voce diversa, io voglio farle diventare come fossero mie nuove canzoni. Mi fanno sentire un po’ più libero rispetto a un album inedito, che mi chiede il lavoro di un anno, un impegno quasi francescano, intestinale, che ti fa arrovellare ogni giorno, anche quando dormi». Per farlo Zucchero ha messo in campo un secondo collaudato team di lavoro. Oltre alla collaborazione abituale con Max Marcolini, ritorna ad affidarsi per quattro brani alla produzione di Corrado Rustici. Il risultato è contrastante e brillante, pieno della forza del king of italian blues and soul, come lo definiscono negli
Usa, lontano da un semplice esercizio stilistico e con un’apertura sonora ed emozionale a vasto raggio.
«Negli ultimi anni, più o meno da Chocabeck (il suo 11° album di inediti del 2010, ndr), tendo a fare o brani ‘overprodotti’ o brani sottoprodotti. Spesso all’orchestra preferisco il quartetto d’archi con il mellotron, ai grandi cori gospel preferisco il supporto di un amico. Corrado ha più soldi, fa cose più ricche, gli ho dato canzoni mirate come Sailing, con quel magnifico arpeggio delle chitarre, mentre quelle di Marcolini sono volutamente più minimaliste. Prima o poi farò un disco come quello di Johnny Cash, con solo due chitarre, un disco molto semplice e diretto che mi ha sempre emozionato.»
Cosa le hanno fatto riscoprire di sé questi brani?
Ormai non faccio più dischi se non provo emozione (Zucchero ha 69 anni, ha venduto oltre 60 milioni di dischi, fatto tournée in tutto il mondo e collaborato con i più grandi, ndr). Mi sono divertito e mi sono messo in gioco, dato che toccare certe canzoni ti fa rischiare, sia perché il confronto è inevitabile e perché rischi di non da-
re loro giustizia né nuova vita. A me sembra di averle fatte bene, in maniera originale, alcune in particolare in maniera introspettiva e profonda. Poi ci sarà sempre chi dice “potevi stare a casa a non fare niente”.
In due brani ha aggiunto un suo testo in italiano.
Sono convinto che la musica sia pretestuale, abbia già un testo dentro, suo. Secondo me, quello originale di My Own Soul’s Warning dei Killers non rispecchia ciò che dice la musica, che è un inno, pieno di energia, così le ho fatto un testo ex novo. È uscito Amor che muovi il sole, che ho già presentato negli stadi a sorpresa. Invece la canzone dei Bleachers, che è diventata Una come te, è una ballata molto vicina al mio stile. Aveva già un argomento che mi sta molto a cuore, quello del branco del sabato sera, dei ragazzi che si ammazzano per un paio di scarpe, per i quali la vita sembra non avere più valore. Un tema che avrei usato per una delle mie canzoni inedite. Non ho mai creduto che la traduzione letterale funzionasse perfettamente in un’altra lingua. Quando hanno tradotto in inglese Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress
e dall’Azione Cattolica è successo l’incredibile: invece dell’Azione Cattolica mi hanno messo la Spanish inquisition, l’Inquisizione spagnola del 1480. Insieme a brani più recenti ne ama anche di molto vecchi. Sono brani iconici del mio immaginario musicale. Canzoni che ho sempre amato e che avrei voluto scrivere io. Alcune me le porto dentro da quando, a 16 anni, suonavo nelle discoteche il sax tenore in una band locale, una mezzora prima dell’arrivo del deejay. Ad altri legato perché sono fotografie di momenti belli. Come pensa cambieranno le canzoni con l’arrivo dell’intelligenza artificiale?
La retorica dice che l’IA farà del bene, sarà di aiuto in tanti settori, a cominciare dalla medicina. È quello che sento dire, come tutti. Ma a me non importa nulla né di intelligenza artificiale né di social né di tutto quanto in quell’ambito. Non sono capace di parlarne. Anche se faccio i compitini al computer anch’io, è tutto troppo complesso per me. Preferisco attenermi alla mia parola d’ordine di quando scrivo le canzoni. Mi dico sempre “vola basso”.
I
l lungo viaggio dei Magi attraverso l’Italia: in occasione del Natale, due mostre vedono protagonisti i tre saggi d’Oriente, tra Milano e Nuoro, ma il loro percorso parte da Firenze e Roma. Appartiene infatti agli Uffizi la grande tavola con l’Adorazione dei Magi di Sandro Botticelli (1445-1510), mentre proviene dall’Urbe l’affascinante tela con il medesimo soggetto opera di El Greco, al secolo Domínikos Theotokópoulos (1541-1614), uno dei massimi rappresentanti della pittura europea del tardo Rinascimento. A Milano, la città in cui arrivarono nel IV secolo le reliquie dei magi, donate al vescovo Eustorgio dall’imperatore Costante I, poi rubate dall’imperatore Federico Barbarossa che le portò a Colonia (e solo in piccola parte restituite il secolo scorso), il Museo Diocesano presenta l’opera di Botticelli approfondendo dettagli, storia e storie nascoste all’interno dell’opera, attraverso un percorso studiato da Nadia Righi, direttrice dell’istituzione milanese, e Daniela Parenti, cura-
BOTTICELLI-EL GRECO L’ADORAZIONE DEI MAGI TRA MANIFESTI POLITICI
E SENSO DEL SACRO
I tre saggi d’Oriente protagonisti di opere dei due maestri dell’arte rinascimentale
In mostra a Milano e Nuoro, fino a febbraio 2025
di Serena Colombo
trice della “Pittura del Quattrocento” delle Gallerie degli Uffizi.
“Opera certo mirabilissima, e per colorito, per disegno e per componimento ridotta sì bella, che ogni artefice ne resta oggi maravigliato”, come scrisse nel Cinquecento Giorgio Vasari nelle sue celebri biografie di artisti, «l’Adorazione dei Magi di Botticelli è un’opera capace di narrare molte storie, oltre a quella dell’Epifania», racconta Parenti.
A commissionarla fu un ricco e ambizioso uomo d’affari, Gaspare di Zanobi del Lama (1411-1481), come pala d’altare per la cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze. Caduto in disgrazia, condannato per frode e privato delle ricchezze il Del Lama, l’Adorazione dei Magi entrò nella collezione della famiglia dei Medici, come risulta dagli inventari di fine XVI secolo, e fu esposta agli Uffizi dal 1796.
1. Sandro Botticelli (Firenze, 1445-1510)
Adorazione dei Magi, tempera su tavola Firenze, Gallerie degli Uffizi
2. El Greco (Domínikos Theotokópoulos):
Adorazione dei magi, 1570 circa, olio su tela © Accademia Nazionale di San Luca, Roma
Ciò che rende unica l’opera di Botticelli è la parata di personaggi della società fiorentina negli anni dell’ascesa al potere della famiglia Medici, la varietà dei volti della folla, diversificati nei tratti somatici e nelle pose. Il committente, che non a caso aveva il nome di uno dei Magi, è l’uomo anziano vestito di celeste che guarda verso di noi, compiendo con la mano un gesto che ne sottolinea il ruolo. I Medici invece, ferventi sostenitori della Compagnia dei Magi con sede a San Marco, che il giorno dell’Epifania si vestivano come i Magi per una solenne processione, danno il volto ai tre saggi: Cosimo il Vecchio è il più anziano che, inginocchiato, “struggendosi di tenerezza”, come scrive Vasari, bacia il piedino a Gesù. Lo seguono i due figli, Piero il Gottoso, con il manto rosso al centro, e Giovanni, vestito di bianco. Fra gli altri membri della famiglia medicea si possono riconoscere i ritratti di Lorenzo il Magnifico sulla destra, di profilo, con lo sguardo abbassato e i capelli scuri, vestito di nero e rosso; mentre suo fratello minore Giuliano potrebbe essere il giovane spavaldo con la spada da cavaliere in primo piano a sinistra. Lo stesso artista si ritrae nel ragazzo biondo sulla destra, posto di tre quarti con il manto giallo oro, che ricerca lo sguardo dello spettatore.
L’opera di Botticelli è insieme un manifesto politico, un’opera di propaganda, una dichiarazione di riconoscimento di un potere, quello dei Medici. Ma molteplici - come spiega Nadia Righi in catalogo - sono i significati religiosi dell’opera: san Giuseppe pensoso con accanto a sé il fagotto che preannuncia l’imminente fuga in Egitto, il pavone simbolo di Resurrezione, le rovine del mondo pagano raffigurate a sinistra, gli
2
elementi floreali, come i gigli e l’aquilegia, legati alla figura di Maria. E, soprattutto, la luce divina che cade sulla famiglia di Betlemme come polvere di stelle. Così anche i Medici si inchinano davanti al mistero dell’Incarnazione. Rifulge di oro e di luce divina anche il paesaggio sul fondo dell’Adorazione dei Magi di El Greco capolavoro giovanile scoperto solo nel 2018, dopo un accurato restauro e indagini diagnostiche. La tela è custodita all’Accademia Nazionale di San Luca di Roma ed esposta per il periodo natalizio al museo Man di Nuoro, affiancata dal Salvatore benedicente dei Musei Civici di Reggio Emilia. Artista cretese, amato da Cézanne e da Picasso che dichiarava il suo debito ripetendo «Yo soy El Greco!», il pittore di icone Domínikos Theotokópoulos nel 1567 si trasferì a Venezia per trovare, nella bottega dell’anziano Tiziano, un nuovo modo di dipingere, una dimensione dinamica, che si allontanasse dall’universo bidimensionale, astratto e immobile della tradizione d’oriente, un uso espressivo del colore, violento, totale, pastoso, luminoso, spirituale. Un’esperienza, quella in Italia, che riecheggia nell’Adorazione dei Magi, dove
il maestro mescola il senso del sacro della tradizione orientale con le novità dell’arte occidentale: le sue figure allungate ricordano quelle di Parmigianino, la scena è ambientata tra rovine classiche che citano le terme romane di Diocleziano o la volta sospesa del frigidarium di Villa Adriana a Tivoli. Molti i particolari di notevole qualità, come la luminosità degli incarnati della Vergine e del Cristo fanciullo, la ricchezza della materia pittorica utilizzata per le corone in rilievo e per le vesti dei Magi. La spiritualità dell’icona si manifesta in corpi reali, il cielo è solcato da nubi squarciate da una luce divina. Oriente e occidente si incontrano nello straordinario pennello di un artista amatissimo per la sua unicità.
BOTTICELLI
Adorazione dei Magi Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini, fino al 2 febbraio 2025 www.chiostrisanteustorgio.it
EL GRECO. Dialogo tra due capolavori MAN, Museo d’Arte Provincia di Nuoro, fino al 23 febbraio 2025 www.museoman.it
BUON COMPLEANNO, HEIDI!
Nel 1974 andava in onda la prima puntata del film di animazione giapponese. Con i piedi scalzi, a casa del burbero nonno, la bambina orfana accompagna da cinquant’anni intere generazioni. Una mostra a Lugano celebra la sua storia
di Anna Costalunga
anime (termine che indica il genere di film di animazione giapponese) Heidi festeggia 50 anni di età e resta un capolavoro senza tempo. Il sei gennaio 1974 va in onda in Giappone la prima puntata della serie Heidi, the girl of the Alps. In Italia arriva il sette febbraio 1978, quando alle 17.30 su Raiuno va in onda il primo episodio della storia di una bambina di 5 anni rimasta orfana e affidata al burbero nonno che vive isolato in una baia sulle montagne svizzere. Lì, in compagnia della capretta
Fiocco di Neve, dell’ingenuo amico Peter, dell’amica di città Clara e del gigantesco cane Nebbia, conquista il cuore di tutti con la sua spensieratezza e vivacità. Non le interessano i giocattoli né i bei vestiti e neanche la vita in città. I monti, gli animali e gli affetti veri sono tutto ciò che conta per vivere felici. La fortunata serie - in tutto 52 puntate - è frutto del genio di due autori dell’animazione mondiale, Isao Takahata e Hayao Miyazaki (oggi vincitore del Golden Globe con Il ragazzo e l’airone), fondatori dello Studio ci-
nematografico di film d’animazione giapponese, Ghibli.
In realtà i due hanno dato forma al personaggio creato dalla svizzera Johanna Spyri, pubblicato tra il 1880 e il 1881, che pare si sia ispirata - fatti salvi alcuni espedienti narrativi - non solo all’idillio delle montagne ma anche a un racconto antecedente di un poeta locale, Hermann Adam von Kamp, autore di Adelaide, la ragazza delle Alpi. La querelle poco importa: se il libro era poco noto in Italia, era però impossibile per un bambino degli Anni ’80 (e anche per molte mamme) resistere al richiamo di una vita semplice in un ambiente idilliaco, come quello delle Alpi svizzere del XIX secolo disegnate nel cartone. Così Heidi diventa un romanzo di formazione, che oltre al messaggio ecologista porta con sé i valori dell’inclusione e della solidarietà. La sigla, un 45 giri per bambini della RCA, conquista i primi posti negli ascolti: cantata da Elisabetta Viviani e scritta da
1. Heidi sorridente, 1974, cel, inchiostro e anime colour su lastra di triacetato di cellulosa trasparente © Studio 100 International 2. Masahiro Ioka (1941–1985) veduta delle Alpi al tramonto, 1973 art board, poster colour su carta 3. Masahiro Ioka (1941–1985)
casa del nonno in inverno, 1973 art board, poster colour su carta
4. Yōichi Kotabe (1936), disegni realizzati durante il viaggio in Svizzera nel luglio 1973, matita su carta
5. Yōichi Kotabe (1936), Heidi in primo piano che piange, 1974, fotogramma chiave numero quattro, matita su carta
Sotto, l'allestimento della mostra Buon compleanno Heidi! 50 anni della serie animata - © Luigi Paolo Zeni
Franco Migliacci (autore fra l’altro di capolavori come Nel blu dipinto di blu e La bambola), nel 1978 resta in classifica per 16 settimane, conquistando il terzo posto.
Per celebrare un simile successo Lugano ospita una mostra dal titolo Buon compleanno Heidi! 50 anni della serie animata, con una selezione di materiali originali: dagli schizzi preparatori agli sfondi dipinti a mano, passando per i fogli di acetato di cellulosa coi personaggi della serie e gli sketch del character designer Yōichi Kotabe. I visitatori sono accolti da un allestimento immersivo e nostalgico, principalmente realizzato con materiali naturali come legno e cartone. L’idea è di ri-
portare il pubblico nelle atmosfere incantate della natura di Heidi, con una struttura che richiama le maestose Alpi e il limpido cielo azzurro del cartone animato.
Per dar vita alla serie animata ci sono volute approfondite ricerche sul campo da parte di Zuiyo Eizo, rinomato studio d’animazione giapponese che, nell’estate del 1973, ha inviato il suo gruppo creativo dal Giappone fino in Svizzera. Durante quell’estate la squadra di artisti si è lasciata ispirare dai maestosi paesaggi alpini di Maienfeld ed è entrata in contatto con le usanze dei contadini e degli allevatori locali. È anche grazie a questo viaggio alla scoperta della natura svizzera e di
Una curiosità: il villaggio di Heidi esiste veramente, si chiama proprio come lei, Heididorf, ed è a Maienfeld, nel cantone dei Grigioni in Svizzera. Chi lo visita trova un mix tra museo diffuso delle tradizioni contadine e parco giochi per bambini che possono dar da mangiare alle caprette, lavorare la lana, fare il formaggio e riconoscere le erbe locali. Ci sono la baita del nonno, la scuola e le stalle, per vivere almeno una giornata come Heidi, “tenera piccola, con un cuore così”. 4 5
alcune delle sue città - tra le tappe c’erano Zurigo e Francoforte - se a partire dall’anno seguente, quando la serie è arrivata in tv, Heidi ha avuto un successo immenso.
Cultura
IL 2024 IN PILLOLE
Carrellata dei fatti che hanno segnato quest'anno tra elezioni, eventi climatici estremi conquiste sportive e grandi ritorni al cinema
di Ettore Costa
l 2024 non ha portato la pace nei territori insanguinati di Ucraina e Medio Oriente e gli effetti del cambiamento climatico continuano a sconvolgere la vita del pianeta e delle popolazioni. Ma l’anno (bisestile) che è quasi alle spalle ha visto anche la scomparsa di un combattente per i diritti civili, l’elezione di un presidente chiacchierato, le prime olimpiadi green e molto altro ancora.
ILa caduta e il trionfo di Donald Trump
È stato il primo presidente statunitense a ricevere una condanna penale (il 31 maggio scorso, per 34 reati aziendali), eppure Trump il 5 novembre vince le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, battendo la candidata democratica Kamala Harris, e si appresta a diventare il 47° presidente del paese. La strada per la presidenza (e per
il secondo mandato alla Casa Bianca, il primo è stato nel 2017, dopo Barack Obama) si concluderà il 20 gennaio 2025 a Washington, con il giuramento sui gradini del Campidoglio. Oggi tutti si chiedono cosa ne sarà dei guai giudiziari che ancora pendono sulle spalle del tycoon e se la nuova posizione cambierà lo stato delle cose.
La morte di Navalny e le ombre sulla vittoria di Putin
Un’altra campagna elettorale molto discussa si è conclusa il 17 marzo con la rielezione del settantunenne Vladimir Putin alla presidenza della Russia. Con l’88% di preferenze l’ex funzionario del KGB, militare di carriera e abile politico che ha rilanciato il paese ai tavoli internazionali, rimarrà al Cremlino fino al 2030. La sua vittoria avviene dopo la morte del maggiore opposito-
A sinistra, alcuni volti protagonisti del 2024: Jannik Sinner, Donald Trump
Aleksei Navalny e Kate Middleton
A destra, papa Francesco al vertice G7
re, Aleksej Navalny: il 16 febbraio, la voce libera in grado di contrastare la vittoria di Putin, muore nella colonia penale a regime speciale IK-3. Usa e Gran Bretagna parlano di democrazia illiberale, ma molti russi, che godono di un periodo di relativo benessere economico, si rispecchiano nell’immagine paternalistica e nel risveglio nazionalista dello ‘zar’.
Jannik Sinner è il numero uno del mondo del tennis
Gli italiani si scoprono appassionati di tennis, conquistati dalle vittorie di Jannik Sinner, personaggio sportivo dell’anno. Ma il 2024 vede altri eventi destinati a restare nella memoria. Le olimpiadi green di Parigi, lanciate come le più sostenibili della storia ed economicamente efficienti, che in realtà saranno ricordate anche per le polemiche degli atleti del Triathlon, intossicati dopo il tuffo nella Senna, per i letti in cartone del villaggio olimpico, per l’aumento dei prezzi delle case e per gli sgomberi forzati dei senzatetto dal centro città. In Italia, brucia la sconfitta e l’eliminazione contro la Svizzera negli ottavi di finale degli Europei, che scatena la delusione dei tifosi, colpiti dalla scomparsa di due grandi del pallone: Totò Schillaci, leggenda dei Mondiali di Italia ’90, e Gigi Riva, il “Rombo di tuono” del calcio italiano.
La malattia di Kate
La scomparsa e il ritorno agli impegni ufficiali di Kate Middleton è una delle royal news più seguite dell’anno. La principessa il 9 settembre ha annunciato di aver concluso il ciclo di cure contro il tumore e di essere pronta
a tornare ai doveri pubblici. Aveva molto commosso il video girato nel Norfolk alla fine delle vacanze estive con la famiglia, nel quale ammetteva le difficoltà dei nove mesi precedenti e la determinazione a “restare libera dal cancro”.
Dana, la peggiore catastrofe climatica della Spagna Caldo record in estate tra afa, piogge e fulmini; alluvioni disastrose in Emilia-Romagna, due volte sott’acqua nel giro di un anno; a settembre l’uragano Helene nel sud est degli Stati Uniti e il ciclone Boris in Europa causano devastazione e centinaia di vittime. A fine ottobre la tragica alluvione di Valencia, la Dana, che è costata 219 vittime e un numero altissimo di dispersi, e ha macchiato la reputazione del governo locale e di Madrid. Per il Wwf, dall’inizio del 2024 (che si chiude come l’anno più caldo di sempre) in Italia si sono contati circa 2mila eventi climatici estremi. Cop29 avverte: negli ultimi dieci anni gli eventi estremi legati al clima sono costati all’economia globale più di 2 trilioni di dollari, una perdita per l’Italia pari a 35 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2023.
Scott e Eastwood, i due leoni ruggiscono ancora
Il 2024 si chiude con lo scontro al cinema tra due longevi titani della macchina da presa. A novembre, escono in contemporanea Il Gladiatore II di Ridley Scott e Giurato numero 2 di Clint Eastwood. Il primo, infarcito di
inesattezze storiche da far rimpiangere i vecchi peplum, è adorato dai critici. Il Guardian lo definisce addirittura ‘sbalorditivo’. Probabilmente un omaggio all’immutata energia dell’ottantaseienne regista, già autore del successo del primo Gladiatore che 24 anni fa vinse 5 Oscar, sbaragliando i botteghini. Giurato numero II, l’ultimo capolavoro di Clint Eastwood (classe 1930), partito in sordina in patria (la Warner Bros lo ha distribuito in sole 50 sale), trionfa in Europa e in Italia. Impossibile per lo spettatore non identificarsi nel dilemma morale del protagonista e nel tema chiave del film: “qualche volta verità e giustizia non coincidono”.
Il Papa al G7
Dal 13 al 15 giugno i grandi del mondo si riuniscono a Fasano, in Puglia, per il 50° vertice del G7 presieduto da Giorgia Meloni. Il summit, oltre ai capi di stato e di governo delle sette democrazie più influenti del mondo (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America) ha ospitato papa Francesco. L’intervento del Pontefice sull’intelligenza artificiale (il primo nella storia a partecipare a un G7) riflette l’interesse della dottrina sociale della Chiesa che si interroga da tempo sulle conseguenze delle nuove tecnologie. Ai tavoli si tratta poi dei grandi temi internazionali: della guerra in Ucraina e del fronte israeliano-palestinese, di aumento dei dazi verso la Cina, di allontanamento dai combustibili fossili, di aborto e diritti di genere.
OZEMPIC
TUTTI PAZZI PER IL FARMACO
CHE FA DIMAGRIRE MA CHI
NE HA BISOGNO RIMANE SENZA
Sono gli effetti collaterali che hanno trasformato l’Ozempic nel farmaco più desiderato degli ultimi anni. Si tratta di un medicinale a base di semaglutide (GLP-1), sviluppato per trattare il diabete di tipo 2. Prodotto dall’azienda danese Novo Nordisk, è stato testato e commercializzato a dicembre 2017. Nell’arco di pochi anni, i casi studio hanno dimostrato che non solo funziona molto bene come regolatore dell’insulina, ma riduce anche l’appetito. Questo effetto collaterale ha permesso a molti diabetici, per cui l’obesità è spesso una conseguenza, di perdere peso. L’approccio rivoluzionario, rispet -
La fondazione creata per gestire gli immensi capitali generati dalla casa farmaceutica è oggi uno dei più grandi enti caritatevoli del mondo. Ma c’è il rovescio della medaglia: da un lato i costi, dall’altro la necessità di assumerlo per tutta la vita di Cosimo Caridi
to a tutti i farmaci e alle blasonate diete miracolose, è che il GLP-1 è un ormone, ovvero una sostanza prodotta naturalmente dal nostro organismo. Questo non agisce sul consumo di calorie, ma sulla sensazione di fame. È un messaggero chimico rilasciato da stomaco e intestino, che raggiunge il cervello per segnalare che gli organi stanno già processando del cibo e che quindi non è necessario ingerirne altro. Ben presto, i medici statunitensi (dove il farmaco è arrivato prima rispetto all’Europa) hanno iniziato a prescrivere l’Ozempic in modalità off-label , termine usato in medicina per indicare l’uso di un farmaco in
modo diverso da quello approvato dalle autorità regolatorie. Il numero di prescrizioni è aumentato vertiginosamente. Le star di Hollywood lo hanno descritto sui social come una rivoluzione: Oprah Winfrey, Whoopi Goldberg, Kathy Bates, Tracy Morgan e, soprattutto, Elon Musk hanno dichiarato di averne fatto uso. Più se ne parla, più aumenta la domanda. Secondo i dati elaborati da The Economist, uno statunitense su otto ha assunto farmaci GLP-1, senza che siano stati segnalati effetti collaterali gravi. Per rispondere meglio alla domanda del mercato, la casa farmaceutica ha prodotto un nuovo farmaco, il Wegovy, anch’esso basato sul GLP-1 ma con una composizione studiata appositamente per combattere l’obesità. Con l’allargamento della platea di pazienti, sono apparsi nuovi benefici: prima si trattava solo di diabete, poi di perdita di peso, e ora si sta rivelando efficace anche per trattare malattie cardiovascolari e renali. Sono in fase di sperimentazione composti simili per ridurre la degenerazione cognitiva dovuta all’Alzheimer, e si ritiene plausibile che i recettori antagonisti del GLP-1 possano essere utili anche per combattere le dipendenze. C’è il potenziale per trasformare il composto a base di semaglutide in una delle classi di farmaci più efficaci di sempre. Non stupisce, quindi, che Novo Nordisk sia diventata una delle aziende in più rapida crescita negli ultimi anni. La capitalizzazione di mercato, ossia il valore dell’azienda, è di circa 440 miliardi di euro, grosso modo il 110% del Pil danese. Novo Nordisk è nata un secolo fa, quando una coppia di medici si recò in Canada per ottenere la licenza di produzione di un nuovo farmaco che prometteva di salvare molte vite: l’insulina. Gli scopritori, Frederick Banting e Charles Best, poi insigni-
ti del Nobel, concessero ai coniugi August e Marie Krogh il diritto di produrre l’insulina, a condizione che tutti i guadagni venissero destinati alla ricerca. Grazie anche a questi fondi, Krogh vinse il Nobel per le sue scoperte sul flusso sanguigno. La fondazione creata per gestire gli immensi capitali generati dalla casa farmaceutica è oggi uno dei più grandi enti caritatevoli del mondo. Scienza, filantropia e una medicina contro l’obesità, malattia che colpisce circa un miliardo di persone al mondo. Sembra una fiaba, ma c’è il rovescio della medaglia: i costi. Ozempic e Wegovy vengono somministrati tramite piccole iniezioni, nel migliore dei casi con cadenza settimanale. Il trattamento parte da 500 euro al mese, ma la cifra può raddoppiare facilmente. Il Servizio sanitario italiano, come quello della maggioranza degli altri paesi, non può sostenere una spesa di questo tipo. Solo i pazienti con diagnosi di diabete di tipo 2 ricevono il farmaco gratuitamente; quindi, l’utilizzo per dimagrire è possibile solo per le persone che possono permetterselo. Un secondo problema, su cui molti medici insistono, è la necessità di utilizzare il farmaco per tutta la vita.
A sinistra, New York, Usa alcuni cartelloni della campagna pubblicitaria del farmaco Wegovy Sopra, un dettaglio della facciata del colosso farmaceutico danese produttore degli innovativi farmaci a base di semaglutide GLP-1
Non crea dipendenza, ma nel momento in cui si smette di assumerlo il corpo ritorna ai livelli di GLP-1 pretrattamento. Si tratta infatti di un ormone che il nostro organismo continua a produrre, ma senza la somministrazione aggiuntiva il tasso ritorna alla normalità e riemerge l’appetito in maniera simile a prima della cura. In parole povere, se si smette di pagare il farmaco, si torna a ingrassare. In alcuni paesi del Sud del mondo, le licenze per Ozempic scadranno nel 2026. Novo Nordisk potrebbe estenderle, ma ci sono già diverse richieste per la creazione di farmaci generici. Questo comporterebbe una grande riduzione dei costi e permetterebbe di creare un’economia di scala che potrebbe trasformare il GLP-1 in qualcosa di simile al paracetamolo: disponibile e accessibile a tutti.
VACANZE FORMATO FAMIGLIA
In van e in aereo, dalla Sardegna alla Namibia
Antonio e Rita: «Ogni destinazione può essere ideale per le famiglie se si presta attenzione alle esigenze di tutti»
di Elisabetta Pagano
Il concetto di vacanza è cambiato notevolmente rispetto al passato, influenzato da tendenze e fattori sociali. Questo cambiamento age vola le famiglie con bambini o favori sce gli adulti, soprattutto quelli che non amano la condivisione? Ne parliamo con Rita e Antonio che girano il mon do con la piccola Aurora, di sette anni. Qual è stata la vostra prima espe rienza di viaggio insieme come famiglia e come l’avete vissuta? Il nostro primo viaggio in aereo con Aurora, a soli due mesi. Il timore di fare errori e mettere in qualche modo a rischio una creatura così piccola ci ha causato non poca ansia. Dopo set te anni di viaggi insieme, ci rendiamo conto che molte di quelle paure erano infondate e quanto sia straordinario il mondo visto attraverso gli occhi di una bambina.
Quali sono i fattori che conside rate quando scegliete una desti nazione adatta ai bambini?
Per la scelta delle nostre mete non ab biamo criteri prestabiliti. Coinvolgia mo sempre Aurora sia nella scelta della destinazione che dell’organizzazione.
utile per i voli lunghi, visto che a volte le compagnie aeree non offrono film in italiano.
C’è un viaggio che ha avuto un impatto particolare su Aurora?
Il viaggio in Namibia ha avuto un impatto profondo su Aurora, perché si è trovata di fronte a una realtà completamente diversa dalla sua. In particolare, la visita a una scuola locale le ha fatto prendere consapevolezza del fatto che tanti bambini non godono della sua stessa fortuna.
Quali consigli dareste alle famiglie che vogliono viaggiare con i bambini?
Il nostro consiglio per tutte le famiglie che vogliono viaggiare insieme ai propri figli è sicuramente di iniziare con itinerari brevi, ma poi in seguito sperimentare senza timore, adattandosi sempre alle esigenze dei bambini. Come gestite il bisogno di relax per voi adulti con le attività per i bambini?
Non facciamo molti viaggi di puro relax, poiché ci piace l’avventura. Tuttavia, cerchiamo sempre di ritagliarci momenti, in piscina o al mare, scegliendo b&b o hotel vicino alla spiaggia. Quale luogo si è rivelato particolarmente adatto alle famiglie? Non crediamo ne esista uno; dipende sempre da come si pianifica il viaggio.
In queste pagine, alcuni scatti effettuati durante i viaggi della famiglia Borrelli
Ogni destinazione può essere ideale per le famiglie, se si presta attenzione alle esigenze di tutti. Tuttavia, se dovessimo scegliere tra le mete che abbiamo visitato, la Turchia e la Grecia le troviamo più indicate per una vacanza con bambini piccoli. Queste destinazioni offrono il vantaggio di poter essere visitate anche in bassa stagione, avendo un clima mite, minori costi e la possibilità di evitare il sovraffollamento turistico.
In che modo viaggiare ha influenzato la crescita di Aurora?
Ha amplificato la sua curiosità e la sua apertura verso il mondo, permettendole di sviluppare empatia e tolleranza nei confronti di culture diverse. Ha anche imparato a socializzare con bambini provenienti da ogni angolo del globo.
Qual è il ricordo più bello di una vacanza di Natale?
Ne abbiamo tanti, uno tra tutti quello trascorso in Taiwan. Il nostro Natale preferito, tuttavia, lo abbiamo trascorso in Sardegna con i nonni e tutta la famiglia. Viaggiando sempre molto come noi, ci si rende conto che il Natale in famiglia resta sempre la scelta più felice per i bambini, i quali hanno sì bisogno di camminare nel mondo, sapendo però che la famiglia resta sempre il loro punto fermo.
Tecnologia e dintorni
CURIOSITÀ
Ricordate gli screensaver dei computer? Furono creati per evitare - attraverso le loro animazioni - che le immagini statiche ‘bruciassero’ i fosfori dei vecchi monitor CRT
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SE LO SMARTPHONE FINISCE IN ACQUA
Cinque rapide mosse per evitare problemi e salvarlo
In genere non succede, ma se lo smartphone dovesse cadere in acqua, per prima cosa spegniamolo. Seconda: non collegarlo al caricabatterie finché non sarà asciutto, pena un bel cortocircuito. Terza: con un panno molto assorbente - tipo microfibra - rimuovere l’acqua e assorbire l’umidità nelle porte, crepe e fessure con un batuffolo di cotone. Quarto: se possibile estrarre batteria e SIM e farli asciugare. Quinto: aspettare 24/48 prima di riavviarlo.
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WI-FI GRATIS E AD ALTA VELOCITÀ NELL’UE
Una app per connettersi ad oltre 93.000 hotspot
È nata per favorire connettività Wi-Fi gratuita e ad alta velocità negli spazi pubblici di tutta Europa. L’app WiFi4EU consente di trovare ed accedere ad oltre 93.000 hotspot installati in più di 7.200 località distribuite per il territorio dell’Unione. L’app, infatti, dispone di un’intuitiva interfaccia cartografica in grado di rintracciarli velocemente. Garantisce, inoltre, un’esperienza ‘privacy-friendly’, senza tracciamento o raccolta di dati. www.digital-strategy.ec.europa.eu/en/activities/wifi4eu
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IL PRIMO MESSAGGIO MANDATO IN RETE
Oltre cinquant’anni fa la connessione andò in blocco
Fu subito ‘crash’ quando, cinquantacinque anni fa - il 29 ottobre 1969 -, Charley Kline, dell’Università della California, provò a trasmettere il testo ‘login’ ad un computer dello Stanford Research Institute tramite Arpanet, precursore di Internet. Il destinatario, Bill Duval, dell’Università di Stanford, ricevette solo le prime due lettere ‘lo’, divenute così il primo messaggio inviato in Rete. Circa un’ora dopo dal crash, il testo completo di ‘login’ arrivò con successo.
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QUISHING, LA TRUFFA DEL QR CODE
L’ultima frontiera delle frodi online per rubare soldi e identità
Il ‘quishing’ si basa sull’uso di QR Code fraudolenti per sottrarre dati sensibili o denaro. I truffatori inviano comunicazioni via e-mail o posta tradizionale che sembrano giungere - ad esempio - dal proprio istituto di credito. Peccato che i QR Code riportati scarichino malware o reindirizzino a false pagine di accesso all’Internet banking, inducendo a rivelare dati e credenziali. Il fenomeno sarebbe cresciuto dallo 0,8% del 2021 a circa l’11% della prima metà del 2024.
A Bologna, dal 4 al 12 dicembre 2024, per parlare di tecnologia a tutto tondo - dall’IA ai Social Media, dalle start up ai Big Data - c’è Bologna Tech Week. Per saperne di più: www.bolognatechweek.com
www.poolpharma.it
L'angolo della veterinaria
a cura di Irene Cassi
LA SCIENZA CONFERMA CANI E PADRONI CONDIVIDONO LO STESSO UMORE
Uno studio austriaco rivela che il contagio emotivo tra pet e proprietari dipende dalla correlazione dei livelli di cortisolo. Il benessere dell’animale è influenzato anche dall’ambiente circostante
Ciò che un tempo sembrava essere più un’impressione, oggi invece avrebbe un fondamento scientifico. Da quanto è emerso da uno studio condotto da Iris Schöberl e dal suo team all’Università di Vienna nell’ambito
del progetto “Clever Dog Lab” e pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, il cane tenderebbe ad assumere il comportamento e l’umore del proprietario. Per questo studio sono stati presi in esame 132 proprietari con i loro cani meticci o di razza e sono
stati suddivisi in cinque categorie: persone coscienziose, nevrotiche, estroverse, gradevoli e mentalmente aperte. Durante la prima sessione è stato valutato il comportamento del pet e del proprietario in seguito ad eventi stressogeni. Durante la seconda è stato invece osservato il loro comportamento in una situazione di gioco e in due minacciose, e misurata la loro frequenza cardiaca. A tutte le diadi pet-proprietario sono stati poi somministrati dei test utili per valutare la personalità di ambedue e prelevati sia dal pet che dal suo proprietario campioni di saliva, sia prima che dopo l’evento stressogeno per misurare i loro livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. In ciascun pet e proprietario è stato poi calcolato il coefficiente di variazione individuale del cortisolo. Questo esame si è rivelato utile perché ha consentito di dimostrare che il cane era sensibile
agli stati emotivi del suo proprietario. Più scarsa era la variabilità individuale del cortisolo e meno capace era il cane di affrontare imprevisti o situazioni di stress, come il camminare su un ponte a rete metallica o su una piattaforma traballante. Se invece il livello di cortisolo assoluto era basso, ma la sua variabilità era elevata, significava che il cane era in grado di fronteggiare gli eventi inaspettati della vita, senza timore.
LE EMOZIONI DEL PET
Il cane, secondo gli studiosi, tenderebbe a provare le stesse emozioni del suo proprietario. Si assiste quindi a un vero e proprio contagio emotivo tra pet e proprietario. In questa dinamica, però, l’influenza del partner umano sembrerebbe avere un effetto più rilevante sul cane. Il proprietario, infatti, rappresenta per il suo pet un modello di riferimento da seguire e da imitare in ogni situazione. Il trasferimento emotivo, inoltre, secondo gli studiosi avverrebbe anche tramite l’olfatto, come è stato dimostrato da uno studio condotto dal team diretto dal professor Biagio D’Aniello del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo Federico II di Napoli. Il cane, secondo gli studiosi, sarebbe infatti capace di percepire tramite l’olfatto, l’odore della felicità e della paura, e si comporterebbe esattamente come l’emozione annusata. È chiaro, quindi, che se il proprietario è felice lo sarà pure il suo pet e questo sarà un elemento
«È l’unico mammifero in grado di vivere realmente con noi e non semplicemente accanto a noi»
Irenaus Eibl-Eibesfeldt
utile per il suo benessere psicofisico. Conoscere quindi lo stile di vita condotto dal proprietario potrebbe essere un indice predittivo per un cucciolo appena adottato. È chiaro, però, che il comportamento e l’umore del pet non sono solo determinati da quelli del proprietario, ma giocano un ruolo decisivo anche l’ambiente e le dinamiche relazionali vigenti tra i componenti del nucleo familiare. Rumori troppo forti, carenze affettive, ambienti disordinati e bui possono infatti creare un forte disagio psicofisico all’animale.
PERSONALITÀ COMPLESSA
È vero che una valutazione della personalità del cane è piuttosto complessa sia dal punto di vista metodologico che interpretativo. Tuttavia, oggi il modello a cinque fattori, noto come “five factor model”, è quello più utilizzato per valutare differenze di personalità tra soggetti appartenenti alla stessa specie e non. E secondo gli studiosi, il cane tenderebbe ad avere la stessa personalità del suo proprietario. In pratica, la personalità del proprietario influenzerebbe quella del suo pet. Se fido è
CHE COS’È L’UMORE
Il termine ‘umore’ deriva dal latino umor , che significa ‘umore’ o ‘liquido’. È la condizione psichica endogena di un soggetto in un determinato momento. È transitoria, perché dipende da fattori esterni.
ansioso o depresso, con molta probabilità lo sarà anche il suo proprietario. Se il proprietario è nevrotico, insicuro e instabile emotivamente, in genere lo sarà pure il suo pet.
I CANI CHE UTILIZZANO STRATEGIE
DI ‘COPING’
Per ‘coping’ si intende il meccanismo tramite il quale è possibile prevenire o fronteggiare situazioni stressanti. Se il cane vive con un proprietario sereno, come è emerso dallo studio, ha un’elevata variabilità di cortisolo e quindi, in caso di situazioni difficili, utilizzerà strategie di ‘coping’ efficienti e adeguate.
INPS IN CALO LE PENSIONI ANTICIPATE CROLLO
DI OPZIONE DONNA
Nei primi nove mesi dell’anno si registra un calo del 16,47% nella liquidazione dei trattamenti anticipati e la stretta sui requisiti di “Opzione donna” fa crollare il numero di domande Gli assegni delle donne sono in media più bassi del 37% rispetto a quelli degli uomini
Uscire in anticipo dal mondo del lavoro è sempre più difficile. La stretta sulle pensioni scattata con le ultime Leggi di Bilancio, che verrà di fatto confermata anche con la prossima Manovra, sta funzionando e sta decisamente scoraggiando il ricorso ai pensionamenti anticipati. A evidenziarlo è l’ultimo monitoraggio dei flussi di pensionamento, recentemente pubblicato dall’Inps. Nei primi nove mesi del 2024, le pensioni anticipate liquidate dall’Istituto sono state in totale 150.642 rispetto alle 171.800 rilevate nello stesso periodo dello scorso anno, con un calo del 16,5% circa. La diminuzione ha raggiunto il 23,8% se analizziamo le pensioni liquidate a carico della gestione commercianti, mentre ha sfiorato il 16% per i dipendenti pubblici e il 14,8% per quelli privati. Se le pensioni anticipate diminuiscono, l’inasprimento dei requisiti introdotto dal Governo negli ultimi due anni ha provocato un vero e proprio crollo di “Opzione donna”. Sono appena 2.749 gli assegni liquidati nei primi nove mesi del 2024, rispetto ai 9.972 rilevati nello stesso periodo dello scorso anno e agli 11.594 liquidati dall’Inps nel corso di tutto il 2023.
Ricordiamo ai nostri lettori che la Legge di Bilancio 2023, pur proro-
gando la possibilità per le donne di andare in pensione con 35 anni di contributi, ha collegato il requisito anagrafico alla condizione genitoriale (58 anni se si hanno due o più figli, 59 anni se si ha un solo figlio e 60 anni se non si hanno figli) e ha introdotto dei requisiti soggettivi che vanno notevolmente a ridurre la platea delle beneficiarie. Successivamente, la Legge di Bilancio 2024 ha ulteriormente prorogato la misura, ma con tutte le restrizioni entrate in vigore nel 2023 e con un innalzamento dell’età anagrafica da 60 a 61 anni, confermando la riduzione di un anno - fino a un massimo di due - per ogni figlio.
Cosa succederà nel 2025? La Manovra, all’esame di Montecitorio, proprio nelle ore in cui scriviamo queste righe, prevede una nuova proroga per “Opzione donna”, ma si stima che solo 2.600 lavoratrici potranno di fatto accedervi.
Anche gli importi degli assegni, calcolati con il sistema contributivo, sono molto bassi e, nonostante i 35 anni di contributi richiesti per accedere a questa misura sperimentale, l’80% circa dei trattamenti liquidati da gennaio a settembre risultano inferiori a 1.500 euro al mese e oltre la metà di questi non arrivano a mille euro. Più in generale, il monitoraggio dell’Inps evidenzia che l’importo
medio del totale delle prestazioni con decorrenza nei primi nove mesi dell’anno è di 1.228 euro, con una differenza del 37% tra l’importo medio degli assegni erogati agli uomini (1.442 euro mensili) e di quelli liquidati in favore delle donne (1.048 euro mensili).
Le pensioni in media più elevate rimangono quelle dei dipendenti pubblici, con 2.143 euro al mese, seguite da quelle dei dipendenti privati, con 1.364 mensili. Decisamente più bassi gli importi medi delle prestazioni liquidate a carico delle gestioni autonome: 1.044 euro al mese per i commercianti, che si riducono a 1.020 per gli artigiani, fino ad arrivare a 737 euro mensili per i coltivatori diretti. Alla luce di questi dati, è evidente come la previdenza complementare rappresenti oggi un valido strumento per mantenere, una volta in pensione, un tenore di vita simile a quello che si aveva durante l’attività lavorativa. In quest’ottica, è fondamentale che le conoscenze in materia finanziaria e previdenziale siano diffuse anche e soprattutto tra le donne e tra i giovani, che sono le categorie più fragili. Oltre a essere una questione di giustizia sociale, la diffusione di una cultura finanziaria è imprescindibile per garantire il benessere delle famiglie e la sostenibilità del nostro sistema pensionistico.
Da gennaio 2025 sarà possibile richiedere un sussidio di 850 euro destinato a tutti gli anziani non autosufficienti che necessitano di assistenza continua.
PRESTAZIONE UNIVERSALE: NUOVO BONUS PER GLI INVALIDI CIVILI
INFORMAZIONI E REQUISITI
Per accedere alla Prestazione Universale occorre essere in possesso dei seguenti requisiti sanitari, reddituali e legali: età anagrafica di almeno 80 anni; reddito Isee non superiore ai 6.000 euro; essere dichiarato non autosufficiente tramite una valutazione medica specifica; residenza legale in Italia.
La domanda potrà essere presentata direttamente dal richiedente o, in caso di necessità, tramite un familiare.
Chiama il numero unico nazionale o trova la sede a te più vicina sul nostro sito www.50epiuenasco.it
Il Patronato
50&PiùEnasco è a disposizione per la presentazione della domanda e grazie alla collaborazione con 50&PiùCaf, è a disposizione per l’elaborazione dell’ISEE.
L’EFFETTO ‘SUPERBONUS’ SULLE
Ulteriori
CESSIONI IMMOBILIARI
interventi normativi da parte del governo rispetto al campo d’applicazione dell’agevolazione fiscale introdotta dal D.L. 34/2020
La materia del cosiddetto ‘Superbonus’ è stata oggetto di molti interventi normativi. Come abbiamo avuto modo di constatare, anche con precedenti articoli pubblicati dalla nostra rivista, il governo ha inteso sempre di più circoscrivere, limitando anche drasticamente, il campo di applicazione e i suoi effetti agevolativi a partire dalle entità degli interventi, dalle percentuali delle detrazioni, dal limitarne la cessione del relativo credito, fino ad arrivare, alla fase finale, rappresentata dalla cessione del bene, oggetto della nostra disamina.
In particolare, con la Legge di Bilancio 2024 è stato novellato l’articolo 67 del D.p.r. n. 917/1986, che disciplina i cosiddetti ‘redditi diversi’ e, con la lettera b-bis), ha introdotto una ulteriore fattispecie di plusvalenza di cessione immobiliare (la plusvalenza, ricordiamo, è la differenza tra i costi di acquisto/ costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo e il prezzo di vendita) qualora l’immobile oggetto di trasferimento sia stato interessato dagli interventi dal cosiddetto Superbonus, di cui all’articolo 119 del Decreto Legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni, dalla Legge n. 77 del 2020.
In particolare, la disposizione prevede l’imponibilità delle plusvalenze risultanti dalla cessione di immobili oggetto di detti interventi agevolativi, qualora siano conclusi da non più di dieci anni, indipendentemente dalla data di acquisto (o di costruzione) del bene. Diversamente, nell’ipotesi in cui
tra la conclusione dei citati interventi e la cessione dell’immobile trascorrano più di dieci anni, la plusvalenza non rientrerà nell’ambito applicativo della disposizione in esame, con la conseguenza che non risulterà imponibile. Va da sé, ma è opportuno precisarlo, che quanto previsto dalla precedente lettera b) del citato articolo, che prevede l’imponibilità delle plusvalenze derivanti dalle cessioni di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, si applica solo alle ipotesi diverse da quelle riconducibili alla lettera b-bis) oggetto del nostro esame. Anche in merito alle metodologie da seguire per determinare la plusvalenza della cessione di un immobile oggetto di interventi da Superbonus, sono state previste alcune specificità, indicate al seguente articolo 68. In particolare, nel caso in esame, ai fini della determinazione dei costi inerenti il bene si deve operare il seguente distinguo:
• caso in cui gli interventi si siano conclusi da non più di cinque anni all’atto della cessione: in detto caso non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura praticato dal fornitore (articolo 121 comma 1 D.L. n. 34/2020);
• caso in cui gli interventi si siano conclusi da più di cinque anni all’atto della cessione: nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50% di tali spese, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le
opzioni di cessione del credito o sconto in fattura praticato dal fornitore. Per i medesimi immobili, acquistati o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione è rivalutato in base all’Istat. A dette plusvalenze può essere applicata l’imposta sostitutiva dell’Irpef del 26%.
La norma in esame si applica alle cessioni poste in essere a decorrere dal 1° gennaio 2024.
In materia è intervenuta l’Agenzia delle Entrate, fornendo le prime istruzioni che tra l’altro chiariscono che nessuna imposta è dovuta sulla plusvalenza generata dalla cessione di un immobile oggetto di interventi agevolativi con Superbonus se lo stesso immobile è stato adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, per la maggior parte del periodo che intercorre tra l’acquisto e la vendita, e ciò a prescindere se l’intervallo di tempo sia superiore o inferiore ai dieci anni. Altro aspetto esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda le istruzioni per adeguare la rendita catastale delle unità immobiliari a seguito dei miglioramenti conseguiti per effetto degli interventi ammessi al Superbonus. In altre parole, attenzione alle rettifiche delle rendite catastali, operate a seguito di detti interventi, in quanto potrebbero comportare l’aumento delle stesse con conseguenze generali sulla tassazione (Imu, Imposta di registro, ecc.).
La dichiarazione di successione va presentata dagli eredi entro un anno dalla data del decesso del titolare dei beni. Ti aspettiamo nei nostri uffici per aiutarti con la presentazione della dichiarazione.
50&PiùCaf grazie all’accordo stipulato con il Patronato 50&PiùEnasco offre inoltre assistenza per la pensione di reversibilità.
Chiama il numero unico nazionale o trova la sede a te più vicina sul nostro sito www.50epiucaf.it
IN NAVIGAZIONE LUNGO IL ROMANTICO RENO A bordo della nave MS SWISS PEARL | Dal 21 al 28 Marzo 2025
COLONIA, COBLENZA, MAINZ, SPIRA, STRASBURGO, MANNHEIM, RUDESHEIM, COLONIA
Da più di 200 anni il termine romanticismo viene associato con il più tedesco dei fiumi: il Reno. Molti poeti, pittori e musicisti hanno reso il loro tributo a questa importante arteria del sistema fluviale europeo, che dalla sorgente nelle Alpi Svizzere fino alla foce nel Mare del Nord percorre 1.320 chilometri. La bellezza e la storia di questa vallata, con ben 40 castelli, sono state riconosciute nel 2002 dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La navigazione offre vedute su uno scenario di castelli superbi, vasti vigneti, pendii coperti da boschi, città storiche e graziose località, uniche nel loro genere.
A BORDO DELLA NAVE “MS SWISS PEARL”
Ristrutturata nel 2023, la nave presenta l’eleganza dei suoi interni con superfici vetrate che creano un ambiente luminoso e panorami incredibili dei paesaggi circostanti. A bordo gli ospiti hanno accesso a un ristorante, un salone con bar e spazio sufficiente per ballare e un salone più piccolo nella parte posteriore della nave, inoltre troverete un negozio di bordo, una sala fitness con le attrezzature più moderne. L’ascensore collega tutti i 3 ponti, eccetto il ponte esterno attrezzato con lettini.
VOLI DI LINEA O VOLI LOW COST
Al momento della prenotazione saranno verificate le migliori tariffe disponibili.
GERMANIA
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE
Ponte Diamante (Superiore) - suite plus
Ponte Diamante (Superiore) - suite
Ponte Diamante (Superiore)
Ponte Diamante (Superiore) - singola
Ponte Rubino (Centrale)
FRANCIA
RUDESHEIM
Ponte Smeraldo (Inferiore)
Ponte Smeraldo (Inferiore) -
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta • Trattamento di pensione completa a bordo, dalla cena del 1° giorno alla prima colazione dell’8° giorno • Cocktail di benvenuto e cena di gala a bordo • Escursioni e visite guidate inserite nel programma (ingressi esclusi, ove previsti) • Tasse portuali • Assicurazione medico/bagaglio e annullamento viaggio UnipolSai SpA (fino a un massimale di € 2.500) • Assistenza di un medico a bordo per tutta la navigazione • Assistenza dello staff di 50&Più Turismo.
La quota non comprende: Voli dall’Italia in Germania A/R e trasferimenti da e per l’aeroporto • Assicurazione integrativa (oltre il massimale indicato) • Ingressi durante le visite, ove previsti (da pagare in loco) • Escursioni indicate come facoltative (da acquistare prima della partenza o in loco) • Eventuali adeguamenti costi carburante aereo/nave e tasse non previste • Tutte le bevande, mance, extra in genere e tutto quanto non sopra specificato.
Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare: mail: infoturismo@50epiu.it - tel. 06.6871108/369 oppure la sede provinciale 50&Più di appartenenza (Aut. Reg. 388/87)
ANTEPRIMA “INCONTRI 50&Più” 2025
In Sardegna al MARINA BEACH di Orosei (Nu)
Una grande festa di inizio estate dove ritrovarsi e condividere il piacere di una vacanza all’insegna del bel mare, del relax, del divertimento e della scoperta di luoghi. Una scelta di qualità arricchita con attività culturali, corsi di cucina, tornei di burraco e gara di ballo, oltre all’assistenza dello staff 50&Più e 50&Più Turismo. Vi aspettiamo nella bella Sardegna.
CLUB HOTEL MARINA BEACH
Un perfetto villaggio-vacanze nel Golfo di Orosei, direttamente sul mare e sulle spiagge incontaminate della Sardegna. Si trova a circa 50 minuti dal porto/aeroporto di Olbia, inserito in un Parco di 23 ettari con giardini meravigliosi e frutteti, proprio di fronte a una spiaggia di sabbia dorata lunga circa 7 km, una delle più belle della Sardegna. Le forme architettoniche, le piazzette interne, le grandi piscine e la posizione rispetto al mare fanno del complesso uno dei più belli ed eleganti realizzati in Sardegna. Servizio navetta dal Resort al vicino paese di Orosei servito anche da una pista pedonale illuminata.
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE
1° TURNO (3/11 giugno 2025 - 9 giorni)
in camera doppia/matrimoniale
€ 785 in camera doppio uso singola
€ 1.075 in 3° letto adulto
Riduzioni bambini su richiesta
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE
2° TURNO (11/19 giugno 2025 - 9 giorni)
in camera doppia/matrimoniale
in camera doppio uso singola
€ 630
€ 885
€ 1.240 in 3° letto adulto
Riduzioni bambini su richiesta
€ 715
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
La quota comprende: Soggiorno di 8 notti/9 giorni (camere disponibili alle 15:00 del giorno di arrivo e liberate entro le ore 10:30 del giorno di partenza) • Trattamento di pensione completa a buffet dalla cena del giorno di arrivo al pranzo del giorno di partenza (per arrivi anticipati con il pranzo, i servizi terminano con la prima colazione del giorno di partenza) • Bevande ai pasti (acqua minerale e vino) • Tessera Club (dà diritto a tutte le attività sportive e ricreative del Marina Beach) • Servizi balneari riservati in spiaggia (un ombrellone e 2 lettini per camera) • Animazione diurna e serale con spettacoli, piano bar, giochi e tornei • Partecipazione ad attività culturali e ricreative organizzate da 50&Più • Partecipazione al Torneo di Burraco 50&Più • Assistenza medica H24 • Assicurazione bagaglio/sanitaria e annullamento viaggio UnipolSai SpA • Presenza di personale 50&Più e 50&Più Turismo.
La quota non comprende: Tutti i trasporti da e per il Marina Beach (quote su richiesta) • Telo mare a noleggio (da affittare in loco) • Escursioni facoltative da acquistare e pagare in loco • Eventuali imposte di soggiorno comunali, da regolare in loco (attualmente € 1,20 per persona al giorno) • Extra in genere e tutto quanto non espressamente specificato.
COLOMBIA, GIOIELLO DEL SUD AMERICA
Speciale Carnevale di Barranquilla | dal 23 febbraio al 6
marzo 2025
La Colombia è il paese più ricco di biodiversità per chilometro quadrato al mondo; questo viaggio ci permetterà di scoprire tutti i suoi meravigliosi paesaggi, dalla selva amazzonica alle vette andine. È un paese da sogno: non solo natura, anche archeologia, storia, cultura. Il Carnevale di Barranquilla è l’evento culturale più importante del paese, il secondo al mondo dopo quello di Rio de Janeiro: un’esplosione di colori, musica e danze. L’espressione più autentica del popolo colombiano in una unione di razze, leggende, allegria “costeña” e divertimento.
1° GIORNO Partenza per Bogotà con volo dall'Italia
2° GIORNO Bogotà - Zipaquirà - Villa de Leyva. Partenza per la visita alla Cattedrale di Sale, unica al mondo nel suo genere, meta di pellegrinaggio dei colombiani. Situata a 160 mt di profondità e una superficie di 8.500 mq. Sosta alla cittadina coloniale di Zipaquirà per ammirare la Piazza circondata dai balconi di legno del periodo ispanico.
3° GIORNO Villa de Leyva - Bogotà - Medellin. Visita al Museo del Fosil che ospita numerosi fossili. A seguire, il Convento del Santo Ecce Homo, fondato nel 1620 dai frati domenicani. Nella cappella si trova un magnifico retablo con una piccola immagine di Ecce Homo. Trasferimento per l’aeroporto di Bogotà.
4° GIORNO: Medellin. Un tempo considerata “infrequentabile”, oggi città elegante, moderna e d’avanguardia. Dal Parque El Poblado, si prosegue con la visita del Cerro Nutibara e del Pueblito Paisa; poi Parque Bolivar e la famosa Plaza Botero. Si continua per la Chiesa della Veracruz, il Parque Berrio fino al Parque di San Antonio e la Comuna 13.
5° GIORNO Escursione a Guatapè e Penõl. Tappa al gigantesco monolite di granito e quarzo alto 220 mt con una fenditura su un fianco che ha permesso di costruire un’imponente scalinata. Si prosegue per Guatapè, un delizioso paese famoso per i coloratissimi zocalos (la fascia bassa delle case).
6° GIORNO Cartagena de Indias. Partenza con il volo di linea per Cartagena. Tempo a disposizione per relax o passeggiate individuali.
7° GIORNO Escursione a Barranquilla. Assisteremo alla “Batalla de Flores”, la sfilata di apertura del Carnevale. Carri allegorici, comparse e gruppi di ballo preceduti dalla carrozza con la Regina che lancia fiori agli spettatori.
8° GIORNO Cartagena de Indias. Cartagena è ricca di cultura, di storia, di fascino e di mistero; è un gioiello a cielo aperto dove si respirano storia e poesia, soprattutto la città vecchia con i suoi palazzi storici e le piazze. Giornata dedicata alla visita della città coloniale.
9° GIORNO Cartagena de Indias: Isole del Rosario. Escursione a una delle Isole del Rosario, arcipelago composto da circa 27 isole di spiaggia bianca e mare cristallino; tempo a disposizione per relax.
10° GIORNO Cartagena de indias - Bogotà. Mattinata a disposizione. Nel pomeriggio volo di linea per Bogotà.
11° GIORNO Bogotà. Bogotà si trova nel centro del paese e ha quasi 8 milioni di abitanti provenienti da tutto il mondo. È una città che riflette le diversità culturali del paese, il suo centro culturale più importante. Visita della capitale. Al termine, trasferimento in aeroporto per la partenza.
12° GIORNO Rientro in Italia
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE minimo 15 partecipanti (11 notti / 12 giorni)
In camera doppia € 3.900
Tasse aeroportuali
€ 600
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
La quota comprende: Voli di linea da Roma • Sistemazione in Hotel 4-5 stelle locali • Trattamento di pensione completa (bevande escluse) • Trasferimenti con mezzo privato • Visite guidate come da programma • Ingresso al palco del Carnevale di Barranquilla • Guida locale parlante italiano • Accompagnatore 50&Più dall’Italia • Tasse di imbarco per le Isole del Rosario • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento.
La quota non comprende: Tasse aeroportuali ed eventuali tasse locali • Bevande e pasti non previsti • Mance, extra, facchinaggio e tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.
Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare: mail: infoturismo@50epiu.it - tel. 06.6871108/369 oppure la sede provinciale 50&Più di appartenenza (Aut. Reg. 388/87)
Vivere in armonia
NEL CUORE DELL’INVERNO
«Attenti a passare dal caldo al freddo a chiudervi in camera con braciere di carboni accesi. Vale più il moto che riscaldarsi col fuoco»
Almanacco Barbanera 1887
DICEMBRE seguendo
Da Natale in là il freddo se ne va! A dirlo è un vecchio proverbio che, come al solito, ha la sua saggia verità. Quel che è infatti certo è che il solstizio, pur portando con sé il lungo inverno, apre la strada all’anno che verrà, scaldato da speranze e nuovi desideri. Anche perché, nel cuore festoso dell’anno, le giornate riprendono timidamente ad allungarsi. Accade così che dopo il Natale e il benaugurante san Silvestro, pure la terra si prepara alla stagione futura. In giardino, nell’orto e sul balcone, dove solo qualche aromatica non ha ceduto alle basse temperature, si pensa già ai raccolti di primavera. Certo, in cucina tutto è pronto per portare in tavola gli antichi sapori che la tradizione lega ai riti della festa più amata di sempre, eppure si guarda già avanti. Senza badare ai rigori del freddo ci si addentra nei boschi, dove si troveranno le rosse bacche del pungitopo e quelle gustose del corbezzolo. Mentre in casa entrano i polposi frutti della stagione, pronti a donare profumi che sanno di buono e d’antico.
Si raccoglie il CAVOLO NERO
Immancabile presenza nell’orto d’inverno, si mostra fra i pochi ortaggi della stagione fredda con le sue foglie color verde intenso, lunghe e ‘bollose’. Capace di raggiungere un’altezza fino a 1 metro e mezzo, il buon cavolo nero, detto anche toscano, protagonista di ricche zuppe invernali, fa parte della grande famiglia dei cavoli, partiene ai cosiddetti ‘senza testa’, varietà ac aperte senza chiudersi a boccia. Ora si raccolgono quelli seminati in Luna calante tra maggio e giugno, trapiantati a luglio-agosto. Solo dopo le prime gelate, quando le foglie diventano croccanti, è tempo di mangiarli. Molto resistente al freddo, il cavolo nero tollera temperature fino a -10°C e chiede annaffiature solo dopo la semina e dopo il trapianto.
DA SAPERE
Il cavolo nero è buon amico di fagioli, piselli e cipolle, ma soprattutto gradisce la vicinanza di pomodori e sedani, che tengono lontana la cavolaia, un bruco vorace che mangia le sue foglie. a cura di
Trattato con il macerato di ortica, crescerà con vigore.
VERDI AMICIZIE
BUONO A SAPERSI!
Ogni Natale è diverso, speciale: i bambini crescono, mentre nuovi membri entrano a far parte della famiglia. È importante e rasserenante conservare nella memoria questo giorno così bello, dedicato gli affetti più cari. A questo scopo, con l’aiuto dei ragazzi, si può costruire un “libro fisarmonica”, acquistando un grande foglio di carta spessa da tagliare per lungo in 3 strisce alte 3 cm circa. Si incolla la parte terminale delle strisce per formarne una unica e lunghissima, che va piegata in modo regolare a fisarmonica, per creare le pagine del libro di Natale, lasciando una ripiegatura finale per chiuderlo. A questo punto, per decorarlo basta usare la creatività collettiva: applicare delle foto scattate a Natale, abbellirlo con disegni, far scrivere a ogni membro della famiglia una piccola osservazione, riportare il menu del pranzo. Via via che con gli anni i libri di Natale si allineeranno sulla libreria, sarà sempre più bello sfogliarli.
DICE IL PROVERBIO...
Chi non ha gustato l’amaro non sa cosa sia il dolce
Natale molle, Pasqua asciutta
Dicembre dà freddo al corpo ma gioia al cuore
NEL CESTINO DEL MESE
ORTAGGI: carciofi, cardi, carote, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cavoli broccolo, cavoli cappuccio, cavoli verza, cicorie, cicorini da taglio, cime di rapa, cipolle invernali, finocchi, indivie, lattughe, porri, radicchi rossi, rape, sedani, spinaci, valerianella e zucche.
FRUTTA: arance, bergamotti, cedri, clementine, limoni, mandarini, mele, mele cotogne, nocciole e pompelmi.
AROMI: rosmarino, salvia e santoreggia.
NELL’ORTO.
In questo mese di rigori anche per gli ortaggi, è la Luna calante a suggerire i primi lavori da a fare. Si dovrà quindi mettere mano al semenzaio per la semina della lattuga a cappuccio e anche del radicchio e della valerianella. In piena terra, aglio e cipolla. Concimare distribuendo letame o compost. Disinfettare i semenzai che andranno utilizzati per le semine. In Luna crescente, invece, procedere alla semina in semenzaio di agretti e rucola. Proseguire la raccolta degli ortaggi resistenti al freddo come cavolo di Bruxelles, cavolo broccolo, cavolo cappuccio, radicchio e verza.
NEL GIARDINO. Con il freddo e le gelate sempre più frequenti, effettuare in Luna calante dei piccoli fori sul tappeto erboso per favorire il drenaggio dell’acqua. Evitare inoltre di calpestare l’erba nelle giornate più gelide dell’inverno. Attendere invece la Luna crescente per seminare in coltura protetta - piccoli tunnel o semplici coperture con teli di tessuto non tessuto - le piante annuali da fiore come begonia, garofano e salvia ornamentale. Procedere alla preparazione del terriccio per le semine mescolando 1/3 di torba, 1/3 di sabbia e 1/3 di terra del giardino.
COLTIVARE CON LA LUNA FIORI E FRUTTI SUL BALCONE
LA BIANCA ROSA DI NATALE
Spontanea nel sottobosco o seminata nelle zone semi ombreggiate del giardino - ma cresce bene pure in vaso -, a dicembre non può mancare l’elleboro o rosa di Natale. Di ellebori ne esistono diverse specie e varietà, di cui la più diffusa è la vera “rosa di Natale”, l’elleboro nero, Helleborus niger, che fiorisce proprio nei giorni di Natale. A dispetto del nome, il suo fiore è color bianco luminoso e non rosa. Coltivata in piena terra, dove rispunterà per anni, vuole terreno calcareo e ben drenato. Detto popolarmente fiore di sant’Agnese, a parte la semina di inizio estate che chiede tempi molto lunghi, si moltiplica per divisione dei cespi - radiciin autunno, con la Luna crescente.
IL SOLE
L’1 sorge alle 07:09 e tramonta alle 16:29
L’11 sorge alle 07:18 e tramonta alle 16:29
Il 21 sorge alle 07:25 e tramonta alle 16:32
L’1 si hanno 9 ore e 20 minuti di luce solare
A fine mese, 9 minuti di luce in meno
LA LUNA
L’1 sorge alle 07:34 e tramonta alle 16:19
L’11 tramonta alle 02:31 e sorge alle 13:32
Il 21 tramonta alle 11:29 e sorge alle 23:02
Luna crescente dal 2 al 14 e il 31
Luna calante dal 16 al 29. Luna Piena il 15. Luna Nuova l’1
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CHARLES DICKENS
VI RACCONTO CHI ERA
DAVVERO SCROOGE
NEL MIO ‘CANTO
DI NATALE’
Dialoghi ‘impossibili’ con i più grandi personaggi della storia, realizzati attraverso sistemi di intelligenza artificiale
Mr. Dickens, la sua infanzia è stata segnata da grosse difficoltà economiche, ha dovuto anche lasciare la scuola per lavorare in una fabbrica.
Sìssignore, la mia giovinezza fu un’esperienza formativa, diciamo così. La povertà mi insegnò molto di più di qualsiasi scuola elegante. La fabbrica, con il suo rumore assordante e il suo odore acre, divenne il mio primo romanzo, un’opera scritta nel sudore e nelle lacrime. Vidi la disperazione negli occhi degli uomini, la stanchezza nelle loro ossa, e sentii il peso della loro fatica sulle mie giovani spalle. Fu un’esperienza dura, ma mi diede una comprensione profonda della condizione umana, una comprensione che avrebbe poi nutrito la mia scrittura. Molti dei personaggi dei suoi romanzi sono tratti dalle persone comuni di Londra. Ha mai ‘rubato’ un personaggio dalla vita reale?
La sua è un’accusa interessante. Direi che è più corretto parlare di ispirazione. Londra è un tesoro inesauribile di vite straordinarie. Ogni volto che incrociavo per le strade ha con-
tribuito a plasmare le mie creature letterarie. Non rubavo, piuttosto raccoglievo, come un botanico che compone un erbario di fiori rari. E, come ogni buon botanico, aggiungevo poi il mio tocco personale, trasformando il semplice fiore in un capolavoro. Uno dei suoi racconti più conosciuti è certamente il Canto di Natale. Ci racconta com’è nato? Nacque da un’esigenza profonda, da un desiderio di riscatto, di speranza. In quel periodo ero immerso in una profonda riflessione sulla condizione socia le, sulla povertà e sulla disuguaglianza, e sentivo il bisogno di esprimere tutto questo in una forma accessibile a tutti. Nel libro, più di tutti, spicca la figura di Scrooge.
L’idea di Ebenezer Scrooge mi venne in mente come un lampo. È un perso naggio complesso, un ritratto vivido dell’avidità e dell’isolamento, ma an che della redenzione e della speran za. La sua trasformazione è il fulcro della storia, un viaggio catartico che riflette la mia personale convinzione nella capacità di cambiamento insita nell’animo umano. Immaginava che il suo
Canto di Natale sarebbe diventata un’opera tanto conosciuta? Confesso che mentre lo scrivevo non immaginavo la sua immensa popolarità. Speravo, naturalmente, che la storia toccasse il cuore dei lettori, ma la sua longevità e la sua influenza sulla cultura popolare mi hanno sorpreso e commosso profondamente. Il Natale oggi è molto diverso da quello che ha conosciuto. Oh, certamente! Il ‘vostro’ Natale è un’ombra pallida di quello che era un tempo. Meno riflessivo, più commerciale, direi. La frenesia dei consumi ha, ahimè, offuscato lo spirito autentico di questa festa, quell’atmosfera di pace e di condivisione che io cercavo di evocare nel mio racconto. Vuole condividere un suo augurio di Natale per i nostri lettori? Che il Natale porti a tutti voi la gioia della speranza, il calore della famiglia e degli amici, e la gentilezza di spirito che illumina anche le notti più buie. Che il nuovo anno vi riservi prosperità e serenità, e che possiate trovare la forza e la luce per affrontare le avversità con coraggio e determinazione. Che il vostro cuore sia sempre aperto alla compassione e alla comprensione del prossimo. Buon Natale e Felice Anno Nuovo!
Le sedi 50&Più provinciali
Abruzzo Telefono
L’Aquila - viale Corrado IV, 40/F 0862204226
Chieti - via F. Salomone, 67 087164657
Pescara - via Aldo Moro, 1/3 0854313623
Teramo - corso De Michetti, 2 0861252057
Basilicata Telefono
Matera - via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714
Potenza - via Centomani, 11 097122201
Calabria Telefono
Cosenza - viale degli Alimena, 5 098422041
Catanzaro - via Milano, 9 0961720352
Crotone - via Regina Margherita, 28 096221794
Reggio Calabria - via Tenente Panella, 20 0965891543
Vibo Valentia - via Spogliatore snc 096343485
Campania Telefono
Avellino - via Salvatore De Renzi, 28 082538549
Benevento - via delle Puglie, 28 0824313555
Caserta - via Roma, 90 0823326453
Napoli - via Cervantes, 55 int. 14 0812514037
Salerno - via Zammarelli, 12 089227600
Emilia Romagna Telefono
Bologna - via Tiarini, 22/m 0514150680
Forlì - piazzale della Vittoria, 23 054324118
Ferrara - via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211
Modena - via Begarelli, 31 0597364203
Piacenza - strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61
Parma - via Abbeveratoia, 61/A 0521944278
Ravenna - via di Roma, 104 0544515707
Reggio Emilia - viale Timavo, 43 0522708565-553
Rimini - viale Italia, 9/11 0541743202
Friuli Venezia Giulia Telefono
Gorizia - via Vittorio Locchi, 22 048132325
Pordenone - piazzale dei Mutilati, 6 0434549462
Trieste - via Mazzini, 22 0407707340
Udine - viale Duodo, 5 04321850037
Lazio Telefono
Frosinone - via Moro, 481 0775855273
Latina - via dei Volsini, 60 0773611108
Rieti - largo Cairoli, 4 0746483612
Roma - via Cola di Rienzo, 240 0668891796
Viterbo - via Belluno, 39/G 0761341718
Liguria
Telefono
Genova - via XX Settembre, 40/5 010543042
Imperia - via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334
La Spezia - via del Torretto, 57/1 0187731142
Savona - corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582
Lombardia
Mantova - via Valsesia, 46
Telefono
Bergamo - via Borgo Palazzo, 133 0354120126
Brescia - via Trento, 15/R 0303771785
Como - via Bellini, 14 031265361
Cremona - via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715
Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279
Lodi - viale Savoia, 7 0371432575
0376288505
Milano - corso Venezia, 47 0276013399
Pavia - via Ticinello, 22 038228411
Sondrio - via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311
Varese - via Valle Venosta, 4 0332342280
Marche Telefono
Ancona - via Alcide De Gasperi, 31 0712075009
Ascoli Piceno - viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102
Macerata - via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393
Pesaro - strada delle Marche, 58 0721698224/5
Molise Telefono
Campobasso - via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194
Isernia - via XXIV Maggio, 331 0865411713
Piemonte Telefono
Alba - piazza S. Paolo, 3 0173226611
Alessandria - via Trotti, 46 0131260380
Asti - corso Felice Cavallotti, 37 0141353494
Biella - via Trieste, 15 01530789
Cuneo - via Avogadro, 32 0171604198
Novara - via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232
Torino - via Andrea Massena, 18 011533806
Verbania - via Roma, 29 032352350
Vercelli - via Duchessa Jolanda, 26 0161215344
Puglia Telefono
Bari - piazza Aldo Moro, 28 0805240342
Brindisi - via Appia, 159/B 0831524187
Foggia - via Luigi Miranda, 8 0881723151
Lecce - via Cicolella, 3 0832343923
Taranto - via Giacomo Lacaita, 5 0997796444
Sardegna
Telefono
Cagliari - via Santa Gilla, 6 070280251
Nuoro - galleria Emanuela Loi, 8 0784232804
Oristano - via Sebastiano Mele, 7/G 078373612
Sassari - via Giovanni Pascoli, 59 079243652
Sicilia Telefono
Agrigento - via Imera, 223/C 0922595682
Caltanissetta - via Messina, 84 0934575798
Catania - via Mandrà, 8 095239495
Enna - via Vulturo, 34 093524983
Messina - via Santa Maria Alemanna, 5 090673914
Palermo - via Emerico Amari, 11 091334920
Ragusa - viale del Fante, 10 0932246958
Siracusa - via Eschilo, 11 093165059-415119
Trapani - via Marino Torre, 117 0923547829
Toscana Telefono
Arezzo - via XXV Aprile, 12 0575354292
Carrara - via Don Minzoni, 20/A 058570973-570672
Firenze - via Costantino Nigra, 23-25 055664795
Grosseto - via Tevere, 5/7/9 0564410703
Livorno - via Serristori, 15 0586898276
Lucca - via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170
Pisa - via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30
Prato - via San Jacopo, 20-22-24 057423896
Pistoia - viale Adua, 128 0573991500
Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914
Trentino Alto Adige Telefono
Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032
Trento - via Solteri, 78 0461880408
Umbria Telefono
Perugia - via Settevalli, 320 0755067178
Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152
Valle d’Aosta Telefono
Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981
Veneto Telefono
Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264
Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130
Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267
Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481
Venezia Mestre - viale Ancona, 9 0415316355
Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300
Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502
Le sedi 50&Più estere
Argentina Telefono
Buenos Aires
0054 11 45477105
Villa Bosch 0054 9113501-9361
Australia Telefono
Perth 0061 864680197
Belgio Telefono
Bruxelles 0032 25341527
Brasile Telefono
Florianopolis 0055 4832222513
San Paolo 0055 1132591806
Canada Telefono
Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023
Hamilton 001 9053184488
Woodbridge 001 9052660048
Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902
Montreal Saint Leonard 001 5142525041
Ottawa 001 6139634880
St. Catharines 001 9056466555
Toronto 001 4166523759
Germania Telefono
Dusseldorf 0049 21190220201
Portogallo Telefono
Lisbona 00351 914145345
Svizzera Telefono
Lugano 0041 919212050
Uruguay Telefono
Montevideo 0059 825076416
USA Telefono
Fort Lauderdale 001 9546300086
BAZAR
a cura del Centro Studi 50&Più
SALUTE
OVER 65 VACCINATI
ANCORA POCHI
Secondo i dati del Servizio Sanitario Nazionale, pubblicati su Passi d’Argento (il sistema di sorveglianza della popolazione senior dell’ISS), alle ultime campagne vaccinali contro l’influenza (20222023) ha aderito mediamente il 65,3% degli over 65 e il 71% degli over 65 con patologie croniche. Possono sembrare percentuali alte, ma in realtà i dati che appaiono ancora piuttosto lontani dagli obiettivi di copertura minima (75%) e ottimale (95%) indicati nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2023-2025. Particolarmente preoccupante la tendenza degli over 65 con patologie croniche.
ANIMALI
FIDO IN AFFIDO
“Fido in Affido” è un progetto portato avanti dalla casa residenza per anziani Don Zalambani di Ravenna con il coinvolgimento del canile locale. Rispetto ad una pet therapy “Fido in Affido” ha previsto un avvicinamento dei cani alle persone anziane: grazie alla presenza di un’istruttrice cinofila, infatti, è stato realizzato un vero e proprio inserimento nella struttura. Il progetto, portato avanti per tutto il 2023, ha visto coinvolti quattro cani diversi che oggi hanno trovato tutti casa. Gli animali sono stati aiutati a socializzare con gli ospiti che, di rimando, hanno ricevuto stimoli cognitivi e affettivi importanti.
Informazioni, curiosità, notizie utili, luogo d’incontro e di scambio Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it
CULTURA
SENIOR E NEWS ONLINE
Secondo Eurostat (dati 2023), ben il 65% degli europei nella fascia d’età compresa tra i 65 e i 74 anni legge notizie online. Ma se guardiamo più da vicino, emergono differenze significative tra i diversi paesi. Le percentuali più alte sono state riscontrate nella Repubblica Ceca (91%), in Ungheria e Lituania (entrambe 89%). Seguono subito dopo Cipro, Croazia e Finlandia. Le percentuali più basse si trovano invece in Francia (50%), Romania (53%) e Austria (57%). E il nostro paese? È ventiduesimo, con il 60%, anticipato da Spagna e Portogallo. Restiamo comunque un po’ al di sopra della media europea.
LIBRO
GIOVANI PER SEMPRE
di T. Buzan e R. Keene
Apogeo Saggi, 2024, pp. 192
Un libro che ribalta l’attuale visione dell’invecchiamento mentale, a partire dalla credenza che, superati i vent’anni, inizi per il cervello un lento declino tra neuroni morenti e memoria che se ne va. Il cervello, invece, ha possibilità virtualmente infinite di apprendere e creare connessioni, una capacità che aumenta con l’età grazie all’esperienza e agli adattamenti avvenuti. All’interno tecniche per ricordare meglio nomi, fatti e cifre, ma anche per organizzare i pensieri, concentrarsi, comunicare in modo più efficace e aumentare il livello di creatività.
DOCUFILM
TENGA DURO SIGNORINA!
Isabella Ducrot. Unlimited Regia di M. Stambrini
Con I. Ducrot, N. Iosia, etc.
Italia, 2024, 87 minuti
Un documentario che provoca un senso di felicità e fiducia. Quando a 55 anni Isabella Ducrot, al secolo Antonia Mosca, inizia a dedicarsi all’arte, nessuno - lei compresaimmagina il suo percorso. Oggi, novantenne, è un’artista contesa dalle maggiori gallerie del mondo. Questo docufilm l’ha seguita per due anni offrendo, dietro al racconto dell’artista quotata e autodidatta, il ritratto di una donna convinta che «la vita felice comincia a sessant’anni!», quando le insicurezze cedono il passo alle certezze.
PODCAST
I NUOVI ANZIANI
Mondo complesso è un podcast di Joe Casini che intende leggere la realtà attraverso il contributo di esperti di filosofia, politica, scienze e tecnologia. Ospite della puntata I nuovi anziani è Franca Maino - professoressa del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano e direttrice di Percorsi di secondo welfare - che ha raccontato cosa significhi essere anziani oggi in una società che invecchia sempre di più e, di conseguenza, come l’Italia e l’Europa possano gestire il fenomeno dell’invecchiamento. www.spreaker.com/episode/s-2-ep12-i-nuovi-anziani--56014668