Settembre 2024

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PRIMO PIANO

Sport, che passione!

Non solo tifosi, italiani alla ricerca di uno stile di vita sano, di inclusione e divertimento Trent’anni fa le prime Olimpiadi 50&Più

PERSONAGGI

Massimo Ghini al Giffoni Film Festival

«Il talento si coltiva con lo studio a ogni età»

SOCIALE

Legge sui caregiver la ministra Locatelli «L’obiettivo è riconoscere questa professione»

UNIVERSITÀ

Tra i primi sette laureati in Intelligenza Artificiale «Voglio progettare modelli per creare farmaci»

FOLIGNO | PERUGIA | UMBRIA 26 / 29 SETTEMBRE 2024

GIOVANNI CACIOPPO

26 SETTEMBRE ORE 22:00

RITAGLIA IL COUPON E

JO SQUILLO

27 SETTEMBRE ORE 22:00

VALENTINA PERSIA

28 SETTEMBRE ORE 22:00

Quattro giorni all’insegna di degustazioni continuative, di cucina, dimostrazioni di , produzioni alimentari di qualità, ma anche momenti spettacolo e di intrattenimento . villaggi con degustazioni di piatti regionali mercati di prodotti tipici locali e nazionali

Anno XLVI - n. 9 - settembre 2024

Anniversari e spirito olimpico

Contro lo spreco alimentare promuoviamo una cultura sostenibile

In questo numero

Caregiver familiari, la legge alla Camera

La tecnologia contro il disturbo da gioco

Nel web a caccia di notizie false

Storia e misteri, i due volti di Dracula

La moda sfila nel borgo di Alba Fucens

Gabriele Canesi, tra i primi laureati in IA

L’angolo della veterinaria

Previdenza, il rendiconto Inps 2023

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Carlo Sangalli 5

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Valerio Maria Urru 26

Francesca Cutolo 36

Anna Costalunga 56

Anna Grazia Concilio 62

Valerio Maria Urru 64

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Maria Silvia Barbieri 84

Viaggi: Cinquantennale 50&Più Thailandia, Dubai, Antille e Caraibi a cura di 50&Più Turismo 88

I primi profumi d’autunno a cura di Barbanera 92

30

Speciale scuola

L’anno riparte tra nuove regole e questioni ancora aperte su disabilità e diritto allo studio di D.Ottavi, V.M. Urru

Rubriche

43

Sport, che passione! Italiani tra stili di vita sani divertimento e inclusione di D.Ottavi, E.Pagano

L.Guzzo, L.Russo, R.Capuano

La forma delle nuvole Gianrico e Giorgia Carofiglio 10

Il terzo tempo Lidia Ravera 12

Anni possibili

Marco Trabucchi 14

Effetto Terra Francesca Santolini 16

A.Giuffrida

Innovativo Sistema MTA che punta a un nuovo approccio sociale e culturale all’Alzheimer attraverso l’arte. Anche per i caregiver LA RETE INCLUSIVA

FABBRICHE DELLA TRUFFA

C.Caridi

Attratti da offerte di impiego, giovani laureati raggiungono il sud-est asiatico e si ritrovano ‘ostaggi’ di strutture irregolari

I.Romano

VOLONTARIATO D’IMPRESA

I dipendenti, durante l’orario di lavoro, praticano attività a fini sociali con l’obiettivo di creare valore e coesione. L’indagine di Fondazione Sodalitas

Personaggi

Massimo Ghini

«Il talento si coltiva con lo studio ad ogni età»

di Giulia Bianconi 18

Salute

Cultura

Le conseguenze dello stress cronico

Concausa di numerose malattie non è sempre facile da riconoscere

di Alessandro Mascia

Gorizia e Nova Gorica, Capitale europea della cultura 2025 67

Diane Seuss, la poetessa che trasforma il dolore in versi 68

Giuseppe Tornatore si racconta al Taormina Film Festival 70

Enrico Rava, a 85 anni il suo nuovo album 72

Edvard Munch, in mostra a Milano e Roma 74

Buon compleanno, Tex! 76

Il postino, il capolavoro di Massimo Troisi compie 30 anni 77

Libri, Gigi Riva, il campione, l’amico, il mito 78

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ANNIVERSARI E SPIRITO OLIMPICO

Le Olimpiadi 50&Più festeggiano trent’anni. L’entusiasmo, la partecipazione e la straordinaria voglia di stare insieme non cambiano mai

Le Olimpiadi 50&Più quest’anno hanno un sapore particolare. Innanzitutto, perché sono incastonate tra due momenti importantissimi per lo sport internazionale, ad agosto i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e a settembre la Settimana europea dello sport, ideata dalla

SE NELLO SPORT

SI TROVANO METAFORE

DELLA VITA PERSONALE

E PROFESSIONALE

NEI NOSTRI GIOCHI

OLIMPICI SI RICONOSCONO IL RISPETTO, L’ONESTÀ

L’INCLUSIONE

E IL SACRIFICIO

Commissione europea con l’obiettivo di promuovere stili di vita sani, all’insegna dell’inclusione. E poi quest’anno le Olimpiadi 50&Più festeggiano 30 anni di vita. Nel 1994, certo, i nostri Giochi, dedicati agli over 50 e organizzati a Metaponto, erano molto diversi da quelli di oggi. Erano diversi gli strumenti: trent’anni fa era impossibile immaginare di redigere le classifiche usando qualcosa di diverso da una penna, mentre oggi utilizziamo programmi elettronici che ci permettono di registrare risultati e generare graduatorie in tempo reale. Ma non solo: dal 1994 ad oggi, 50&Più ha dato sempre più importanza e significato a questo momento annuale, arricchendolo di nuove discipline, della

di Carlo Sangalli

Presidente Nazionale 50&Più

partecipazione di tanti importanti personaggi del panorama sportivo italiano e di momenti celebrativi di grande impatto. Ma c’è qualcosa che dal 1994 ad oggi non è mai cambiato: l’entusiasmo, la partecipazione e la straordinaria voglia di stare insieme che questa manifestazione suscita. Qualche anno fa, un noto commentatore sportivo statunitense, Frank Deford, ha detto: «Lo sport dà il meglio di sé quando ci unisce». Non potrebbe essere più vero per questo momento annuale della nostra Associazione. Infatti, se nello sport in generale si trovano facilmente metafore della vita personale e professionale, nelle Olimpiadi in particolare si riconoscono da sempre i temi del rispetto, dell’onestà, dell’inclusione, dell’eccellenza e del sacrificio. E nelle Olimpiadi di 50&Più tutto questo si coniuga con l’impatto sulle persone anziane, quindi con il tema dell’invecchiamento attivo, della tutela della salute e della scelta degli stili di vita. Le nostre Olimpiadi non sono soltanto un’occasione di mettersi in gioco in modo competitivo, ma anche un modo sano di stare insieme, di consolidare amicizie e ritrovarsi in una comunità. Ecco perché tutti coloro che anche quest’anno scelgono di partecipare, in gara e fuori, alla trentesima edizione delle Olimpiadi 50&Più, esprimono al meglio la “silver economy&society”, ma meritano tutti la medaglia d’oro, dimostrando che l’età non deve essere un limite per vivere i propri sogni.

CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE PROMUOVIAMO UNA CULTURA SOSTENIBILE

Le nostre abitudini possono contribuire a migliorare la salute del pianeta, a partire dalle piccole azioni che compiamo nel quotidiano: fare la spesa è una di queste

In occasione della Giornata indetta dall’Onu, una riflessione su quanto l’impegno della società civile, delle associazioni e dei legislatori sia importante

Viviamo in un’epoca di abbondanza paradossale. Se da un lato ci sono milioni di persone che soffrono la fame, dall’altro lato enormi quantità di cibo finiscono ogni giorno nella spazzatura: questa disparità è inaccettabile e richiede un’azione immediata da parte nostra, da parte dei governi, da parte di tutti coloro che hanno voce in capitolo.

Lo spreco alimentare è un fenomeno complesso, con radici profonde nelle nostre abitudini di consumo, nelle pratiche agricole e nella distribuzione. Produciamo più cibo di quanto ne occorra e una parte considerevole si perde lungo la filiera, dalle fattorie ai nostri piatti, come evidenziano i dati raccolti da Anna Costalunga in un articolo che troverete nelle pagine interne. Spesso, contribuiscono a questo sperpero date di scadenza troppo ravvicinate, confezioni eccessive, porzioni molto abbondanti e una scarsa educazione alimentare. Cause su cui si può e si deve intervenire partendo dalle nostre abitudini alimentari. Ognuno di noi può fare qualcosa, an-

che stando seduto a tavola. Sono spesso le azioni piccole a fare la differenza come pianificare i pasti, conservarli correttamente, congelare gli avanzi e soprattutto smaltire i rifiuti correttamente fino a generare il compost, ricco di nutrienti e perfetto per fertilizzare il terreno. Anche i produttori di cibo possono diventare protagonisti in questa lotta agli sprechi. Possono, tanto per iniziare, ottimizzare le catene di produzione evitando consumi spropositati durante le lavorazioni delle materie prime, possono donare il cibo avanzato - pratica dall’alto valore sociale e ambientale -, possono investire nella ricerca e, da ultimo, ma non meno importante, possono educare i consumatori, informandoli sulle cause e le conseguenze dello spreco alimentare. Le nostre azioni e quelle dei produttori sono importanti, anzi importantissime, ma devono essere adeguatamente legittimate e a farlo devono essere i governi e le istituzioni tutte, a partire dalla scuola. L’educazione alimentare dovrebbe essere materia di studio già a partire dalle

scuole materne per sensibilizzare le nuove generazioni su temi che, se non affrontati con la giusta misura, potrebbero diventare emergenze quando i bambini di oggi saranno adulti. I governi possono legiferare in merito e trovare strumenti utili a sanzionare gli eccessivi consumi e incentivare il risparmio del cibo e il riciclo dei rifiuti. È importante che la comunità tutta, composta da tanti protagonisti ognuno con un ruolo diverso, si ponga un obiettivo comune e lo faccia in maniera trasversale.

Bene ha fatto l’Organizzazione delle Nazioni Unite a promuovere giornate che abbiano al centro la lotta agli sprechi alimentari. In tutto il mondo sono due gli appuntamenti, uno a febbraio con la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, un altro a settembre, il 29, con la Giornata internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite Alimentari. Non dimentichiamo mai che le nostre abitudini possono contribuire a salvare il pianeta e mai come ora, probabilmente, ce n’è davvero bisogno.

Quando le ombre rubano tutta la scena

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L’ARTE IMPERFETTA DI PREVEDERE IL FUTURO

di Gianrico e Giorgia Carofiglio

Quest’anno, secondo alcune stime, oltre due miliardi di persone sul pianeta sono state o saranno chiamate a votare, in democrazie vere o presunte. Oltre cinquanta paesi - più l’Unione europea - hanno previsto elezioni nazionali, i cui risvolti saranno determinanti per gli anni a venire. I risultati di alcune votazioni erano perfettamente pronosticabili (trattandosi di mera simulazione della democrazia), come quella che ha confermato per la quinta volta Vladimir Putin alla guida della Russia. In altri casi, nonostante il controllo di regime, non sono mancate le sorprese, come l’elezione di un leader moderato in Iran. Alcune elezioni programmate non si sono più tenute, come in Ucraina. Alcune sono state indette a sorpresa e hanno avuto risultati inaspettati, come in Francia. Per altre, come le elezioni parlamentari nel Regno Unito, l’esito era prevedibile da più di un anno, anche se non si poteva sapere con precisione di quanto avrebbero vinto i laburisti. Infine ci sono alcune, come quelle americane, di cui dobbiamo ancora conoscere il verdetto. Il bisogno di guardare al futuro con un

certo grado di certezza esiste da sempre, fin da quando i romani osservavano il volo degli uccelli prima di prendere decisioni importanti. Nonostante tutto, oggi disponiamo di metodi sempre più sofisticati per comprendere sistemi con alti gradi di complessità.

Basti pensare al meteo: a noi sembra ovvio, ma in realtà ottenere previsioni precise richiede l’analisi di una quantità enorme di variabili, in un sistema in cui anche piccoli cambiamenti possono avere conseguenze enormi e impreviste. Fino a oltre metà del secolo scorso, i meteorologi potevano fare affidamento su pochi dati e dovevano basarsi sulla loro esperienza personale e sul proprio giudizio per fare previsioni, che di solito si estendevano poco oltre le ventiquattro ore.

Oggi, quasi novecento palloni meteorologici vengono lanciati ogni giorno da altrettanti punti sparsi in tutto il mondo e migliaia di boe vengono impiegate per raccogliere informazioni dalla superficie degli oceani. In aggiunta agli esperti, migliaia di osservatori amatoriali inviano quotidianamente i loro dati ai governi. Questa enorme quantità di dati, insieme a migliori modelli predittivi, ci permette di conoscere

Cosa rende capaci di intuire eventi che accadranno?

Bisogna essere intelligenti e avere dimestichezza con numeri e probabilità

con precisione sempre maggiore l’andamento del meteo: un’arma di prevenzione potentissima in caso di eventi estremi, perché consente di prepararsi e preparare la popolazione per tempo. Anche con progressi di questa portata, che non riguardano unicamente la meteorologia, è stato dimostrato che in molte aree, soprattutto collegate all’agire umano, il giudizio degli esperti non è molto più affidabile del tiro di un dado, o del pronostico casuale di una persona qualunque. Prevedere male è, ovviamente, peggio che non prevedere affatto: un giudizio frettoloso degli economisti può creare il panico e avere un effetto negativo sulla fiducia nei mercati, e ad alti livelli un’analisi sbagliata può avere esiti drammatici, come quella che aveva portato l’intelligence degli Stati Uniti a concludere che ci fossero armi nucleari in Iraq, scatenando una guerra sanguinosa ed evitabile. Dopo quell’errore, il desiderio di capire come migliorare le capacità di previsione ha fatto nascere una serie di esperimenti finanziati dal governo americano. Tra il 2011 e il 2015 il professore di psicologia Philip Tetlock, insieme a Barbara Mellers, ha condotto una ricerca denominata Good Judgment Project, con l’obiettivo di verificare se alcune persone siano naturalmente più abili nel fare previsioni, e se queste abilità possano essere insegnate e migliorate. Sono stati reclutati 2.800 partecipanti tra persone comuni con un interesse per l’attualità: casalinghe, programmatori in pensione, ex ballerini, im-

piegati dei servizi sociali. A queste persone è stato richiesto di rispondere a oltre cinquecento domande di questo tipo: «Il presidente siriano sarà ancora al potere tra sei mesi? Il prezzo dell’oro crollerà? Ci sarà un’escalation militare tra le due Coree? Il numero di attacchi terroristici finanziati dall’Iran aumenterà ad un anno dalla revoca delle sanzioni?». I migliori previsori hanno battuto il gruppo di controllo del 60% nel primo anno e del 78% nel secondo, superando per accuratezza persino gli analisti dell’intelligence con accesso a dati classificati e segreti.

Cosa rende alcune persone molto più capaci di altre di prevedere con accuratezza eventi futuri? Come abbiamo visto, essere degli esperti non è una condizione necessaria. A volte si può anche rivelare controproducente, a causa di un eccesso di sicurezza nel proprio giudizio. Bisogna essere intelligenti, ma non dei geni. Serve una certa dimestichezza con i numeri e le probabilità, ma non un dottorato in matematica. Soprattutto, servono doti che possiamo - e dovremmo - coltivare tutti.

Quelli che Tetlock chiama “super-previsori” sanno che poche cose sono certe e non danno nulla per scontato, sono umili e coscienti dei propri limiti. Sono intellettualmente curiosi, aperti a punti di vista diversi dai loro e disponibili a considerare le proprie convinzioni e quelle degli altri come ipotesi da verificare. Soprattutto, ed è la dote più difficile da coltivare, cambiano idea quando incontrano prove che confutano le loro certezze.

PARLIAMONE

Per scrivere a Gianrico e Giorgia Carofiglio posta - C/O Redazione 50&Più via del Melangolo, 26 - (RM) fax - 066872597 email - redazione@50epiu.it

Il terzo tempo

IL MARE CHE FERMA IL TEMPO

Il mare, arrivarci, arrivare in vista del mare, da quando ho memoria, mi comunica un senso di sollievo, di esenzione dal quotidiano. Il mare è sempre sorpresa, rottura della routine, vacanza.

Poterlo vedere è un privilegio: lo vedete monetizzato dagli alberghi, dove le camere “vista mare” costano di più. Da bambina ci stavo tre mesi, al mare. Da quando a giugno chiudevano le scuole a quando al primo ottobre le scuole riaprivano.

Arrivavo a Torino alla fine di settembre, in tempo per comprare i quaderni e l’astuccio con le penne. Arrivavo cambiata: con i capelli più chiari e la pelle più scura. Ma soprattutto con il mare negli occhi, nel corpo, nell’anima.

La montagna, per la precisione Klavier e Mont Genevre, ma poi Crissolo, Sestriere, Bardonecchia sono state le sudate tappe della mia liberazione dalle domeniche dell’obbligo. Fine dei passaggi rapidi in chiesa (a Torino prima di partire, in qualche chiesetta di montagna se volevamo farci benedire, all’arrivo). Ho rifiutato la chiesa e la montagna d’un botto, d’un soprassalto. Tutte e due insieme. Ho

smesso di far finta di pregare e di far finta che mi piacesse sciare. Con un unico no, intorno ai 12 o 13 anni. Nessuno ha insistito.

Fine della messa, fine della gita.

La montagna l’ho lasciata senza rimpianti.

Il mare l’ho sempre salutato con un’esplosione di gioia.

Avevamo un piccolo appartamento bruttino nel condominio Primavera a Laigueglia. C’erano quelle assurde regole: non si va subito al mare, non il giorno dell’arrivo, bisogna “comprare l’aria”, per fare il bagno bisogna aspettare tre ore dopo la colazione, “se no ti viene la congestione”. Non potevi staccarti troppo dalla riva. “Se no affoghi”, dovevi asciugarti subito “se no ti raffreddi”. La famiglia faceva di tutto per farti odiare anche il mare.

Ma il mare non se ne sta là fermo e ieratico, paziente e freddo come la montagna. Il mare reagisce.

Il mare è trasgressione dalle regole della terra, ha regole sue.

E io le sapevo. Le so.

Ti butti in acqua e lo capisci subito che sei entrata in un altro elemento.

Ti stendi e galleggi, ogni contrattura si scioglie. Nuotando il respiro, come

in un esercizio zen, dà il ritmo alla liberazione. Dalle scorie della vita di terra. Tutti quei pensieri piccoli e pesanti, meschini e ipocriti che si affollano nella mente.

Stare nel mare, guardarlo, sfiorarlo, tuffarmici dentro, contrastarne la forza a bracciate mi è sempre sembrato un privilegio inaudito, e un’avventura spirituale. Il mare è la porta d’accesso a una vita altra. Con altre celebrazioni, un’altra gerarchia, altri rituali.

Il mare ti spoglia dall’orpello dei vestiti, impone la nudità che è democratica, polverizza il vantaggio di chi può comprarsi tulle e strascichi e velluti. E chi no.

Lo affronti nuda, l’ingresso nell’altro elemento.

Il mare è sempre un ritorno, nuotando ritorni all’armonia prenatale. Quando ti muovevi lenta nel tiepido liquido amniotico, immersa nel ventre materno.

Il mare consente un sentimento ormai raro e perciò pregiato: il senso della lontananza. Siamo circondati

da strumenti che la annullano, la lontananza. Siamo sempre disponibili, visibili, connessi.

Nel mare non puoi tenerteli addosso, i dispositivi che annullano la distanza. Entri da sola. E non sei reperibile finché non esci.

Io ho sempre avuto bisogno del mare perché il mare si muove ininterrottamente, quindi io posso stare ferma. Seduta su uno scoglio, di fronte a quella distesa senza margini e senza confini, riesco a spegnere l’ansia, la fretta che ha connotato (e rovinato) la mia vita.

Vivo parecchi mesi l’anno circondata dal mare.

Con l’aggravarsi dell’età, intorno ai 55 anni, soglia difficile da superare per me che guardo sempre avanti, ho scelto l’isola di Stromboli.

Da lontano l’isola è un perfetto triangolo nero. Nitida. Primitiva. Apparentemente deserta. Incappucciata di nuvole. In avvicinamento le nuvole si riducono a un singolo sbuffo di fumo, in corrispondenza con le bocche

del vulcano. Se ti avvicini ancora compaiono le case, bianche come ciottoli lavorati dalla risacca, allineate alla base del triangolo. Quasi un deposito del moto ondoso. Ho scelto di vivere a Stromboli primavera inoltrata, estate, una porzione d’autunno, per impedire al “tempo/ time”, il tempo di città, quello degli orologi, di costringermi a contare i giorni che mancano alla fine, per consegnarmi al tempo “weather”, quello della natura. Che è ciclico. E ti regala ogni anno la bella stagione. Lo consiglio a tutte le persone che attraversano, con qualche difficoltà o malinconia, il terzo tempo della vita, di avvicinarsi al mare. Io sono stata fortunata. E ho un lavoro che mi permette di stare dove voglio. Ma il mio è un privilegio che il raggiungimento dell’età della pensione consente a tutti.

Spostare l’asse della propria vita vicino al mare non è “una cosa da ricchi”. Ti pelano nei canonici mesi estivi, ma non in bassa stagione. E il ma-

Nuotando il respiro come in un esercizio zen, dà il ritmo alla liberazione dalle scorie della vita di terra

re diventa profondamente bello soprattutto in bassa stagione. Siete arrivati nella penultima o ultima fase della vostra vita. Avete voglia di stare ferme e fermi, dopo esservi sbattuti e sbattute per sessant’anni. Bene: il mare si muove in continuazione, cambia colore, consistenza. È calmo e color vetro, poi scosso dalle onde, è viola come un vecchio collerico dalle guance segnate dal vino. Si ritira spostando i ciottoli nel respiro sonoro della risacca oppure cozza contro le rocce alzando una trina di spruzzi, si muove lui, si muove in continuazione, il mare, quindi potete stare fermi voi. Seduti davanti allo spettacolo della natura che si sveglia, si placa, rimonta.

Lasciare la città quando non si ha più voglia di correre, quando si ha più bisogno di capire chi siamo e meno di accumulare gratificazioni, soldi, premi, innamorati o altro, lasciare la città, dicevo, è un gesto simbolico e, nello stesso tempo, una scelta di vita. Una piccola rivoluzione esistenziale che vi renderà sereni come avreste sempre desiderato.

Per scrivere a Lidia Ravera

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PARLIAMONE

Anni possibili

RSA, UN MONDO POSSIBILE PER L’ANZIANO FRAGILE

Affrontare la problematica delle residenze per anziani (Rsa) come “mondi possibili” potrebbe essere complesso e da taluni non accettato a causa di preclusioni aprioristiche, prive di motivazioni serie. In questi anni, purtroppo, si sono diffuse informazioni non sempre veritiere su presunte inadeguatezze del servizio prestato, di violenze e maltrattamenti. Talvolta è la reazione di una società che si colpevolizza per l’incapacità di mantenere gli anziani nel proprio domicilio. Abbiamo però il dovere di guardare senza pregiudizi alla realtà dell’Italia longeva di oggi, indicando quali sono le scelte migliori per permettere ai nostri concittadini di età molto avanzata di vivere dignitosamente. Appunto scelte migliori; ciò impone di essere in grado di disporre di varie alternative, che si incontrano con la varietà delle condizioni dell’anziano. In questo modo non si devono compiere scelte obbligate che non tengono conto dei reali

bisogni. L’età non può essere, per nessun motivo, causa di ingiustizie e di privazione della libertà degli individui. Mi permetto di riassumere di seguito quali sono gli aspetti che rendono la permanenza in Rsa come un “mondo possibile” per alcuni anziani particolarmente fragili. Va ricordato, peraltro, che nella realtà italiana oggi l’età media degli ospiti delle Rsa è attorno agli 87 anni, mentre il 70-75% ha una demenza di vario livello di gravità. Si tratta quindi di condizioni di estrema delicatezza, che devono essere accompagnate con attenzione, competenza, costanza. Per permettere all’ospite una sopravvivenza in presenza di queste dinamiche, l’assistenza deve necessariamente essere di alto livello sul piano clinico e assistenziale. Per primo punto rispetto alla possibilità di dichiarare le Rsa come un “mondo possibile” si deve ricordare che l’assistenza a casa diviene impossibile per alcune persone a causa delle loro condizioni oggettive. Infatti,

le malattie che affliggono le persone molto anziane sono spesso complesse, tra loro estremante intricate, che provocano varie limitazioni all’autonomia e al benessere soggettivo, oltre che un elevato rischio di mortalità. Per questi cittadini la permanenza a domicilio non permetterebbe di ricevere le cure adeguate sul piano clinico, perché richiedono controlli giornalieri e interventi altrettanto frequenti. Spesso queste persone vivono sole o con un caregiver anziano, che non è in grado di offrire una garanzia adeguata riguardo al rispetto delle indicazioni sulle cure necessarie. Inoltre, talvolta le abitazioni sono inospitali per persone che hanno bisogno di spazi (ad esempio, per la collocazione di letti automatici o a causa dei movimenti senza fine di chi è con demenza). Il secondo punto rilevante rispetto alla valutazione delle Rsa come “mondi possibili” riguarda la qualità dell’assistenza fornita. Nella grandissima parte delle Rsa del nostro paese gli ospiti vengono accompagnati nella loro giornata con delicatezza e attenzioni che rendono vivibile lo scorrere delle ore. Dove si praticano atteggiamenti diversi è solo colpa di chi non esercita controlli, di regioni che hanno permesso l’esistenza di strutture indegne dal punto di vista strutturale e operativo, dedite solo alla rapina economica. La loro esistenza è purtroppo ancora tollerata in alcune regioni del nostro paese, con la conseguenza che il malaffare di pochi non viene distinto dall’impegno di molte realtà che organizzano giornate dignitose e serene alle centinaia di migliaia di nostri concittadini. Questo mancato rispetto delle regole, ma ancor più della dignità dei cittadini, ha permesso la diffusione di descrizioni del mondo delle Rsa che riguardavano solo quelle inadeguate, il cui risultato è stato, però, estremamente negativo per tutte le Rsa. Per questo motivo, in particolare per ri-

È centrale il ruolo degli operatori sociosanitari che possono affermare con orgoglio di fronte all’ospite: «Io non ti lascerò mai solo»

spetto dei parenti degli ospiti che, alla luce di queste affermazioni, soffrono per aver preso la decisione del ricovero, è necessario offrire una narrazione diversa.

Un aspetto importante rispetto alla predisposizione di mondi possibili riguarda la formazione degli operatori, che hanno la responsabilità di organizzare la notte e il giorno degli ospiti. In particolare, è centrale il ruolo degli operatori sociosanitari, persone che possono permettersi di affermare con orgoglio di fronte all’ospite: «Io non ti lascerò mai solo».

La loro attenzione, generosità, intelligenza, gentilezza crea nelle Rsa un’atmosfera di serenità e un senso di protezione che permette all’ospite di costruire un proprio “mondo possibile” nel quale viene rispettato, aiutato, servito. Un mondo dove non prevale la gestione di fallimenti umani, ma la ricerca di modalità per riempire la giornata di azioni che non siano l’attesa della morte, ma momenti di vita.

PARLIAMONE

Per scrivere a Marco Trabucchi

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QUANDO LA FINANZA SPECULA SULLA TERRA

Si pensa che il colonialismo sia cessato da tempo, che sia solo un cupo ricordo di secoli trascorsi. Non è così. Il colonialismo esiste ancora, pur se con forme diverse rispetto a quelle antiche di conquista, occupazione, a volte sterminio. Una delle sue manifestazioni moderne più subdole e devastanti è il fenomeno del cosiddetto land grabbing. Si tratta letteralmente di “appropriazione di terre” rurali, e cioè di terreni coltivati dalle popolazioni locali che vengono espropriati, affittati o acquistati da parte di investitori internazionali e governi stranieri per destinarli a un uso commerciale. Si chiama appropriazione proprio perché i piccoli coltivatori locali non vengono consultati e i loro interessi non sono tenuti in alcuna considerazione, né dal governo o ente del territorio locale né dall’investitore che ‘colonizza’. Parliamo di una miriade di piccoli appezzamenti lavorati per la sussistenza, sottratti in blocco e trasformati in migliaia di ettari di monocolture intensive da esportazione, cioè destinate alla soddisfazione di bisogni alimentari non della popolazione che vive quel territorio, che viene limitata o privata della possibilità di indipen-

denza per il sostentamento, ma per soddisfare i modelli di consumo del Nord del mondo.

Il fenomeno esiste da molti anni, ma è esploso con lo scoppio della crisi fi nanziaria del 2008, che ha contribu ito a trasformare la terra in un asset strategico di investimento, anche per attori diversi dalle multinazionali. Esplosa la bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti, infatti, una gran de quantità di capitali è fuggita dai mercati tradizionali alla ricerca di più sicure fonti di profitto. Un esercito di banche, fondi d’investimento, fondi pensione, fondi di private equity e compagnie di assicurazione ha cominciato ad acquistare terre in tutto il mondo, provocando un immediato innalzamento dei prezzi, e deprivando i piccoli produttori locali di qualsiasi margine di azione. Il land grabbing è così divenuto una sorta di cuscinetto per attutire le perdite e creare capitale garantito, crescendo da allora del 1.000 per mille, colpendo le aree meno sviluppate del pianeta e spingendo alla fame e all’esodo forzato migliaia di contadini. Secondo il report del 2023 I padroni della Terra di Focsiv (Federazione degli organismi di volon-

tariato internazionale di ispirazione cristiana), il fenomeno riguarda circa 114,8 milioni di ettari di terra fertile al mondo. Negli ultimi anni hanno cominciato ad attivarsi una serie di misure di controllo e di tutela delle popolazioni locali ma, parallelamente, i meccanismi sono diventati più sofisticati e dietro un investimento che sembra finalizzato allo sviluppo del territorio si nasconde, di fatto, spesso, un accaparramento. Una forma di colonialismo sottile, difficile da riconoscere, che sfrutta lo stato di necessità dei paesi più poveri per creare opportunità di investimenti, in condizioni opache, offrendo denaro in cambio del controllo, prima eco-

È una vera appropriazione perché i piccoli coltivatori locali non vengono consultati e i loro interessi non sono considerati

nomico, poi culturale, dei territori. Si tratta di vere e proprie ‘espulsioni’, di persone, di luoghi, di porzioni di terra, come le definisce Saskia Sassen, una delle figure più importanti della sociologia contemporanea: siamo di fronte a processi che depauperano e

rendono marginali sia interi gruppi sociali sia territori, «fuori dai confini del sistema». Oggi, dunque, sono i paesi del Sud del mondo, che vivono prevalentemente di pesca, agricoltura e pastorizia, a pagare le conseguenze dell’accaparramento di terra. Nei prossimi anni però l’impatto del fenomeno diverrà globale e gli effetti del land grabbing si avvertiranno sempre di più in Europa. Perché è una pratica che è tra le cause degli attuali flussi migratori, sia direttamente sia indirettamente. Direttamente con la trasformazione di intere popolazioni in rifugiati in cerca di nuove terre in cui vivere, non avendo più la libertà di sostentamento nella

propria. Indirettamente, per esem pio, con il disboscamento di intere foreste, abbattute per lasciare spazio alle colture intensive, prosciugando le già scarse riserve di acqua, con conseguenze disastrose per il suolo che diventa sterile, inerte, non più in grado di essere produttivo.

PARLIAMONE

Per scrivere a Francesca Santolini

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MASSIMO

GHINI

«Il

talento si coltiva con lo studio a ogni età»

Ospite al Giffoni Film Festival l’attore romano si racconta tra ruoli cinematografici e progetti futuri che fotografano uno spaccato dell’Italia degli Anni ’50

di Giulia Bianconi

«Tutto nasce da un fuoco sacro che ho dentro, e che mi porta ancora oggi a fare questo mestiere. Ma se sono sempre qui, è soprattutto grazie al pubblico». Massimo Ghini compirà 70 anni il prossimo 12 ottobre. Alle spalle ha una carriera lunga oltre quarant’anni, tra cinema, tv e teatro. L’ultimo personaggio che ha interpretato sul grande schermo è stato Ennio Doris, nella pellicola C’è anche domani di Giacomo Campiotti, tratta dalla biografia dell’imprenditore e banchiere scomparso tre anni fa. Ne ha parlato a 50&Più al Giffoni Film Festival, raccontandoci anche i suoi progetti futuri, come E se mio padre, film diretto dalla sorella Solange Tonnini che parla della sua famiglia, e il perché continua a recitare spinto da una grande passione.

Ghini, qui ha incontrato i ragazzi. Com’è andata?

Ho sentito il calore dei giovani e questo mi fa piacere, perché vuol dire che c’è una nuova generazione che mi apprezza. Merito anche delle commedie che ho fatto.

Ennio Doris è, invece, un personaggio che le nuove generazioni conoscono meno.

Con la figlia di Ennio, Sara, che mi ha accompagnato al Giffoni, abbiamo cercato di spiegare in maniera semplice alcuni termini e concetti che riguar-

dano finanza e banche, ma soprattutto cosa è riuscito a fare Ennio. Nel 2008 ha salvato dal fallimento più di 11mila correntisti, pagandoli di tasca propria. Qualcosa che esiste solo nelle fiabe. Per noi, dunque, era importante che arrivasse l’aspetto umano del personaggio. Questa storia insegna che non bisogna mai smettere di sognare. Ennio Doris è stato un uomo che ha creduto fino in fondo nel suo sogno. Ha inseguito sempre il desiderio di realizzare qualcosa di grande e ci è riuscito, ponendosi anche dei problemi etici e morali nei confronti della gente. Spesso banalizziamo i personaggi buoni come lui, quando dovremmo solo imparare.

Lei che ragazzino è stato?

Bernardo Bertolucci diceva che eravamo una generazione che andava a letto pensando di svegliarsi il giorno dopo nel futuro. C’era sempre questa idea. Tutto stava cambiando. Sono arrivate la tv e la tecnologia. Oggi i ragazzi vivono qualcosa che abbiamo inventato noi. Io sono figlio di genitori separati alla fine degli anni Cinquanta e ho vissuto un’infanzia difficile. La mia storia e quella della mia famiglia è diventata un film, E se mio padre, diretto da mia sorella Solange Tonnini. Quello che vedrà il pubblico, molto presto, al cinema, è tutto vero. Christian De Sica mi ha detto che non vede l’ora di vederlo perché lo sente molto vicino, aven-

do avuto anche lui un padre con due famiglie. Le persone si divertiranno e commuoveranno guardandolo. Nulla è stato cambiato, a parte i nomi. Ma non sarà un film solo su una storia familiare. Mia sorella Sole ha sentito il desiderio di fotografare anche un paese. Cosa la spinge a fare ancora oggi questo mestiere?

Un tempo si diceva che dentro avevamo il fuoco sacro. Io lo sento ancora. Quando ero giovane era più semplice, mentre per i giovani di oggi è diverso. Mio figlio Leonardo fa anche lui l’attore e incontra più di una difficoltà perché ci sono molti della sua generazione che vogliono intraprendere questa strada. Per recitare ci vuole talento.

E il segreto è continuare a studiare a ogni età. Il colpo di fortuna dura 24 ore. Viviamo anche in un paese in cui non c’è una vera cultura industriale e non si dà valore all’arte, dove lottiamo contro i preconcetti degli intellettuali che pensano che il paradiso sia destinato solo ai grandi.

E il pubblico quanto conta nel suo lavoro?

È tutto. Ho ricevuto pochissimi premi nella mia vita. Sono sempre stato poco amato dalla critica, sarà perché prendo posizioni ben precise, anche politiche. Il pubblico mi continua a seguire, invece, con affetto e calore e mi spinge ancora oggi a mettermi alla prova, affrontando personaggi che non avrei mai pensato di fare, come Doris. Ricordo una volta quando mio padre venne su un set di un film in costume a Castel Sant’Angelo, a Roma. Vedendomi vestito da soldato del Seicento con armatura e elmo in testa, mi disse che per recitare dovevo avere davvero una grande passione. Aveva ragione.

Sopra e a sinistra, Ghini al Giffoni Film Festival, In alto a destra, nei panni di Ennio Doris

CAREGIVER, SI RIAPRE LA DISCUSSIONE

ALLA CAMERA

Le principali associazioni sono state ascoltate in Commissione Affari Sociali. Tanti i nodi da sciogliere, primo fra tutti il vincolo della convivenza. La ministra Locatelli: «L’obiettivo è riconoscere questo ruolo in maniera adeguata»

Chi sono i caregiver familiari, quali sono i loro bisogni e quali tutele devono essere garantite loro da una legge ancora tutta da fare? Si riaprono gli interrogativi e si riaccende il dibattito alla Camera, dove da ormai otto anni giacciono diverse proposte di legge. Proposte riprese in mano nelle calde giornate estive, in Commissione Affari Sociali: qui anche le associazioni dei caregiver sono state chiamate a esprimere il proprio parere e a condividere le proprie riflessioni e i nodi più complessi. Primo fra tutti, quello della definizione stessa dei caregiver familiari: perché è soprattutto su questa che le associazioni si

dividono. Da una parte c’è chi, come l’associazione Carer e CittadinanzAttiva, chiede una definizione ampia e inclusiva, senza il vincolo della convivenza e dell’affinità parentale. In altre parole, caregiver familiare deve essere considerato (e in quanto tale tutelato) chiunque si prenda cura in modo costante di una persona non autosufficiente, a prescindere da residenza e parentela. «Il vincolo della convivenza escluderebbe una realtà molto ampia di caregiver, come i figli delle persone anziane con disabilità, o i fratelli, o altre figure che prestano assistenza a persone disabili e anziane», ha spiegato in Commissione Loredana Ligabue, presidente di Carer. Una posizione, questa, condivisa da CittadinanzAttiva: «La legge deve essere estensiva - ha detto Isabella Mori, intervenendo in Commissione -. Secondo l’Istat, oltre il 38% delle famiglie italiane sono oggi unipersonali. Cosa ne sarebbe delle tante persone con disabilità che vivono da sole? Non esisterebbe per loro altra soluzione che l’istituzionalizzazione?

Il requisito della convivenza e il vincolo di parentela non devono essere preclusivi per il riconoscimento del ruolo e delle relative tutele». La pensa diversamente Alessandro Chiarini, presidente di Confad, convinto che la legge debba invece occuparsi innanzitutto di chi convive con la persona non autosufficiente. Ma perché questo requisito è così importante? «Perché questi caregiver familiari, impegnati nell’assistenza 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, sono a rischio di esclusione sociale - ci spiega -. Sono coloro che, nella maggior parte dei casi, devono rinunciare a un lavoro, a una vita sociale, perfino a prendersi cura di sé stessi». Per questo, Chiarini ritiene assolutamente prioritario «il riconoscimento di un’ indennità economica e di una copertura previdenziale per i caregiver familiari conviventi».

C’è poi un altro diritto che i caregiver familiari devono vedersi riconosciuto: il diritto al riposo. «È fondamentale che gli enti territoriali assicurino questa possibilità a chi si occupa giorno e notte di un familiare non autosufficiente. Talmente è palese la gravità della loro situazione, che non possiamo che occuparci prioritariamente di loro». Ma questo non significa escludere un’ampia platea di persone, che pure giocano un ruolo fondamentale nell’assistenza delle persone con grave disabilità, seppur in assenza di un legame di parentela, o di una coabitazione? «Non pensiamo che i caregiver familiari non conviventi non debbano essere riconosciuti e tutelati, ma sosteniamo che debba essere previsto per loro un livello d’intervento diverso: le misure devono essere differenziate». A prescindere dalle diverse posizione e dai nodi che restano da sciogliere, ciò che conta per tutti è che si arrivi in tempi rapidi a un testo unificato. «Nessuna delle tante, troppe proposte depositate coglie nel complesso la dimensione della questione - conclude Chiarini -. Siamo ai nastri di partenza. Auspichiamo tutti che ci

sia la volontà politica per accelerare il passo, il quale per ora ha una cadenza non particolarmente veloce. Il percorso è ancora lungo, bisogna procedere con decisione verso il traguardo che da troppo tempo attendiamo di raggiungere».

Sulla “volontà politica” di procedere spediti verso il traguardo, abbiamo interpellato la ministra per le disabilità Alessandra Locatelli: «Il riconoscimento del caregiver familiare, in particolare convivente, è un aspetto fondamentale delle politiche che stiamo perseguendo. È stato istituito nei mesi scorsi un tavolo di lavoro interministeriale, per scrivere una proposta normativa in grado di trovare un punto di incontro tra le diverse esigenze e le diverse situazioni. L’obiettivo è quello di dare una cornice normativa al ruolo del caregiver e un adeguato riconoscimento al caregiver familiare convivente, tenendo in considerazione tutte le figure che ruotano attorno alla persona con disabilità. Le persone che amano e che curano i propri cari non vogliono essere sostituite, ma sostenute in questo percorso. Sono fiduciosa che si possa arrivare presto a dare alle famiglie una risposta concreta, attesa da anni».

Alessandra Locatelli, ministra per le disabilità

MUSEI TOSCANI PER L’ALZHEIMER

LA RETE D’ARTE

INCLUSIVA CONTRO

LA DEMENZA

L’innovativo Sistema MTA punta sul contesto museale come spazio adatto a costruire un nuovo approccio sociale e culturale anche per i caregiver

Un dipinto o un fossile, un antico utensile domestico e, persino, un meteorite. Questi oggetti possono diventare un’esperienza creativa e vitale per chi vive la condizione della demenza e dell’Alzheimer. Nasce anche da questa consapevolezza, nel 2011, il progetto Sistema MTA Musei Toscani

per l’Alzheimer, che ha aperto i musei e il patrimonio culturale della Toscana a programmi dedicati a persone con Alzheimer e demenze. Cambiando anche il modo di guardare alla patologia, considerata, dagli operatori del progetto, «piuttosto che come una malattia, come una condizione, che dura molti anni e coinvolge non solo la persona

con demenza, ma anche chi la accompagna e sostiene in questa sfida». Una rete inclusiva di musei che è nata dal basso, dall’incontro tra due educatori geriatrici e due educatrici museali. Come Chiara Lachi, storica dell’arte, educatrice museale e componente del Coordinamento del Sistema MTA, che ricorda quell’incontro “nato in modo un po’ casuale”. «Loro (gli educatori geriatrici, ndr) lavoravano già nelle loro strutture, usando le immagini per costruire attività di narrazione e immaginazione con gli anziani. Già allora, erano abbastanza convinti che l’opera d’arte nel contesto museale avesse una potenza maggiore rispetto a una presente in struttura - spiega Chiara Lachi -. Noi, da educatrici museali, siamo assolutamente convinte che il museo abbia una responsabilità nell’aprirsi a tutti. E quindi siamo state felici di provare a

costruire insieme a loro una proposta adeguata per accogliere queste persone con le loro specificità». Dalla prima sperimentazione avviata a Palazzo Strozzi a Firenze, il Sistema dei Musei Toscani per l’Alzheimer si è sempre più esteso ad altre realtà museali del territorio, con l’obiettivo di creare incontri attivi e significativi tra i partecipanti e il patrimonio artistico e culturale dei musei. «In questi anni, abbiamo compreso che l’obiettivo dei nostri programmi è costruire dei momenti vitali per tutti i partecipanti. Per noi, i caregiver sono fondamentali: uno dei nostri obiettivi è aiutare i caregiver a trovare nelle nostre attività delle modalità di relazione nuove, diverse, che li aiutino a relazionarsi nella quotidianità con la persona con demenza - precisa Chiara Lachi -. Il museo inoltre è un contesto in cui si usa tanto l’immaginazione. Noi lavoriamo molto sulla narrazione: una delle attività principali è creare insieme una storia, una poesia a partire da un oggetto, da un’opera d’arte del museo. L’immaginazione è una delle ultime abilità a scomparire nelle persone con demenza e Alzheimer. Lavorare quindi sull’immaginazione è un’occasione di benessere per tutti, anche per i caregiver familiari e professionali che partecipano». Uno spazio che diventa prezioso per ricostruire un passato che va ad affievolirsi in queste persone, riuscendo attraverso lo scambio di parole e immagini o l’incontro con oggetti a fare riaffiorare pezzi di vita. Esperienze imprevedibili, che diventano momenti di condivisione tra tutti i partecipanti. «Nel nostro sistema non ci poniamo come obiettivo la reminiscenza. Sappiamo che dando in mano un oggetto, magari un piccolo telaio, possono venire in mente dei ricordi. Ma può anche non accadere. Oppure può succedere, in modo

più imprevisto, che un dipinto con una capanna, sulla nascita di Gesù, ad alcune persone abbia fatto ricordare quando da giovani andavano ad amoreggiare - racconta, con un sorriso emozionato, Chiara -. Per noi, un indicatore di efficacia delle attività è poter dire “aveva lo sguardo presente, ha partecipato come ha potuto, con frammenti di parole, con un gesto”. Per noi è importante il qui e ora, e attivare l’esserci di ognuno». Un nuovo vissuto che spesso si trasforma in storytelling e viene pubblicato, condividendo così questi progetti con tutta la comunità e cercando di abbattere anche lo stigma della patologia.

Gli incontri nei musei si svolgono sempre in co-conduzione, con educatori geriatrici ed educatori museali. Un lavoro di squadra finanziato dalla Regione Toscana che ha fatto da apripista. «C’è un interesse crescente verso l’esperienza toscana. Abbiamo ricevuto richieste di informazioni e di formazione - chiosa Chiara Lachi -. La Regione Emilia-Romagna sta strutturando una rete di musei sulla nostra scia. La Regione Piemonte ha avviato dei passaggi tecnico-politici, inserendo normative simili a quelle della Toscana. Registriamo un grande attivismo, e vorremmo creare nuove connessioni a livello nazionale».

Alcune attività del progetto Sistema MTA: nella pagina precedente al Museo del Cassero di Montevarchi (Ar); sopra al Palazzo degli Strozzi (Firenze); sotto, al Museo Novecento (Firenze)
© PHOTO SARASASSI OKNO STUDIO

ITALIANI E GIOCO D’AZZARDO UN RAPPORTO

DA 150 MILIARDI DI EURO

Settore in continua crescita. La proposta tecnologica dell’Università Tor Vergata di Roma per favorire l'autoesclusione e contrastare la ludopatia

Erano 84 miliardi di euro nel 2013, 136 nel 2022. In dieci anni, in Italia, la raccolta complessiva del gioco d’azzardo è cresciuta del 78%, toccando quota 150 miliardi nel 2023. Nello stesso periodo anche il denaro perso dagli italiani ha segnato un +30%. Quelli che emergono da Il libro nero dell’azzardo. Mafie, dipendenze e giovani - rapporto curato da Federconsumatori e Cgil nazionali, con il supporto di Fondazione Isscon e basato sui dati resi disponibili dall’Agenzia Dogane e Monopoli - non sono solo numeri. Neppure la pandemia e la crisi economica hanno rallentato la crescita del gioco d’azzardo, anzi: rispetto al 2006, la raccolta del settore è più che triplicata e il valore complessivo delle giocate ha superato il 7% del Pil nazionale. Qualche paragone può farci com -

prendere meglio quanto si spenda in Italia per ‛giocare’: i 150 miliardi incassati nel 2023 corrispondono all’89% della spesa alimentare degli italiani stimata nello stesso anno oppure a cinque volte l’importo della Legge di Bilancio 2024. Una cifra che sorpassa ampiamente persino i 131,1 miliardi della spesa sanitaria dell’anno passato. Nel 2023, l’incasso del ‛solo’ azzardo legale online è stato di oltre 82 miliardi. Le mafie, secondo il Rapporto, lo sfrutterebbero per riciclare denaro illecito: una cifra tra i 16 e i 18 miliardi. Data la sua convenienza, infatti, è assai probabile che il gioco online abbia assorbito parte del riciclaggio che un tempo era gestito attraverso slot machine e videolottery: ogni 100 euro giocati ne tornano al giocatore in media 94, contro il 7075% dei giochi fisici.

In genere, la diffusione del gioco d’azzardo è alimentata dalla “grande illusione” di vincere, magari per risolvere problemi di carattere finanziario. Una tendenza che cresce nei periodi di crisi economica, facendo leva su una vasta platea: nel nostro paese sarebbero oltre 1,5 milioni i giocatori d’azzardo problematici; 1,4 quelli a rischio moderato; 2 quelli a basso rischio. Un problema che richiede l’apporto di ogni possibile soluzione. Al Dipartimento di Scienze Cliniche e Medicina Traslazionale dell’Università di Tor Vergata, ad esempio, dal 2023 si studiano strategie tecnologiche per potenziare la ‛autoesclusione’ volontaria dai luoghi di gioco, sia online che fisico. Parliamo di applicazioni che i giocatori interessati possono scaricare su smartphone e tablet; app in grado di localizzarli, registrarne i dati e verificarne la presenza nei luoghi pubblici di scommessa. Per potenziarne l’effetto, l’ateneo romano ha previsto anche alcune modalità implementabili negli stessi punti di gioco grazie al coinvolgimento dei consumatori e al supporto di soluzioni digitali abilitanti per

il pubblico e per gli esercenti. A tal proposito, Emmanuele Cangianelliconsigliere delegato Fipe Confcommercio per i giochi pubblici e presidente Egp, l’associazione italiana Esercenti Giochi Pubblici della Fipe - ha dichiarato: «I pubblici esercizi chiedono da tempo, e sono pronti a gestire, nuove soluzioni che aumentino e sostengano la consapevolezza dei consumatori. È in questa direzione che va lo studio dell’Università di Tor Vergata e nella stessa direzione sono le nostre proposte ai tavoli di regolazione».

Parole da cui emerge il ruolo attivo che esercenti e operatori di gioco possono avere nella lotta alla ludopatia con il monitoraggio della tecnologia e con la necessità di incrementare la consapevolezza dei consumatori sui rischi del gioco patologico e sui mezzi per contrastarlo: «L’integrazione efficace di programmi di autoesclusione richiede un approccio olistico, in combinazione tra regolatori, operatori di gioco e servizi sanitari per avere il maggior beneficio sulla qualità della vita dei giocatori problematici e di chi sta loro accanto», ha concluso Cangianelli.

Speciale scuola

Criteri di giudizio, voto in condotta, sospensioni e utilizzo dei telefonini. Sono alcuni degli ambiti di intervento della riforma sottoscritta dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, allo scopo di «costruire una scuola che restituisca autorevolezza ai docenti e ripristini il principio di responsabilità individuale».

Alle scuole elementari i giudizi analitici lasciano posto a valutazioni più sintetiche e chiare: buono, sufficiente ecc. Il peso del voto in condotta incide sull’esito finale dell’anno scolastico: un cinque può condurre alla bocciatura, con il sei, debito assicurato in educazione civica alle scuole superiori. A fronte di una sospensione di due giorni al massimo, sono previste attività di riflessione e approfondimento con la produzione finale di un elaborato critico da parte degli studenti interessati. Per sospensioni più estese, scattano attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate, mentre multe salate attendono chi si rende colpevole di aggressioni a presidi, docenti e personale scolastico. Provvedimenti, tiene a precisare il ministro Valditara, che non sono volti a punire ma a responsabilizzare gli studenti coinvolti e a ridare autorevolezza ai docenti. Nuove regole anche per l’uso dei telefonini: fino alla terza media è consentito solo in caso di specifiche esigenze, come disabilità e disturbi dell’apprendimento, laddove previsto da eventuali piani educativi individualizzati o piani didattici personalizzati. Ma la novità che si fa particolarmente notare è il ritorno del diario. Un’iniziativa - si legge nel provvedimento - «volta a sostenere, fin dai primi anni della scuola primaria, e proseguendo nella scuola secondaria di primo grado, lo sviluppo della responsabilità degli alunni nella gestione dei propri compiti». Re indiscusso di zaini e, prima an-

IN CLASSE NUOVE REGOLE E GRANDI RITORNI

Una panoramica sui cambiamenti promossi dal ministero dell’Istruzione e del Merito dai giudizi ai provvedimenti disciplinari fino all’utilizzo del caro, vecchio diario

di Donatella Ottavi

cora, di vecchie cartelle, è stato detronizzato dall’avvento del registro elettronico, piattaforma online dalle molteplici funzioni. Tra queste, appunto, l’agenda che, gestita personalmente dai docenti, consentiva agli studenti una veloce consultazione dei compiti, ordinatamente suddivisi per giorni e materie.

Ma il diario, il ‘nostro’ diario, per noi ha rappresentato molto di più. Colorato, spesso, grande o di piccole dimensioni, le sue pagine non hanno raccolto soltanto compiti, giustificazioni e disordinati appunti di tante generazioni. Il diario custodiva an-

che piccoli e grandi segreti, desideri e sfoghi veloci, brani di canzoni o incitamenti alla squadra del cuore, fino alle rapide partite di tris fatte furtivamente durante lezioni particolarmente noiose. Poi, disegni e dediche, tantissime dediche, a testimoniare timide amicizie nascenti o rapporti già consolidati.

E ancora, biglietti del cinema, del bus o dell’ultimo concerto rock, inviti a feste o foto dell’attore preferito. Scotch alla mano, come per magia, il diario diventava anche una sorta di

Il principio di responsabilità torna in cattedra e sui banchi

album dei ricordi, custode degli eventi che scandivano quotidianamente le nostre vite.

Impossibile dimenticare le file in cartoleria per accaparrarsi quelli più in voga, tutti con un tema diverso: supereroi e calciatori per i più piccoli, Barbie o fiorellini per le ragazzine. Agli adolescenti, invece, bastava una semplice cover colorata o, al massimo, dedicata alla band musicale preferita. Non sappiamo se oggi, nell’era della condivisione immediata da social, il diario potrebbe tornare a ricoprire il ruolo di un tempo. Probabilmente no. Certamente per noi, abbondantemente entrati negli ‘anta’, ha rappresentato un oggetto di grande valore perché a quelle pagine, oltre ai compiti, abbiamo affidato un pezzo importante della nostra giovinezza.

Speciale scuola

NON È UNA SCUOLA PER TUTTI

TROPPE STRUTTURE INADEGUATE

A OSPITARE ALUNNI DISABILI

Da un lato la normativa italiana garantisce il diritto all’istruzione per tutti, dall’altro la realtà quotidiana e le carenze rischiano di escludere e marginalizzare chi è più fragile di Valerio Maria Urru

Settembre. Le vacanze estive cominciano a sfumare sullo sfondo, mentre la scuola pubblica si prepara a ripartire. Anche quest’anno più di 7 milioni di studenti di ogni ordine e grado popoleranno le oltre 364.000 classi della scuola statale nel nostro paese. Ogni mattina varcheranno il portone del proprio istituto scolastico, ma una volta dentro non vivranno tutti la stessa esperienza. Una parte di loro - quella degli alunni con disabilità - si dovrà

confrontare con aule non sempre accessibili, carenza di offerta formativa, strutture non adeguate o impreparate di fronte ad esigenze speciali. In Italia sono circa 338.000 gli studenti con disabilità, poco più del 4% degli iscritti totali. È quanto emerge dai dati Istat più recenti su scuola e inclusione, pubblicati a febbraio e relativi all’anno scolastico 2022-2023. Il 37% - secondo il report - presenta disabilità intellettiva, il 32% disturbi dello sviluppo psicologico; seguono -

poco al di sotto del 20% - i disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione. Sono meno frequenti, invece, le disabilità motorie (10,5%), visive e uditive (8%).

Potersi muovere in modo autonomo negli edifici scolastici è tra le criticità maggiori. Il 28% circa degli studenti con disabilità ha difficoltà nello spostarsi, mangiare o anche semplicemente usufruire dei servizi. Una condizione aggravata dal fatto che solo il 40% delle strutture scolastiche risulta essere accessibile per chi presenta disabilità motoria. Quella delle barriere fisiche presenti è una situazione che muta da regione a regione: migliora al Nord con valori superiori alla media nazionale (44% di scuole a norma); tocca il fondo al Sud (36%). In cima alla classifica, la Valle d’Aosta con il 74% di scuole accessibili.

In

Italia sono circa 338.000

gli studenti con disabilità poco più del 4% degli iscritti totali

I ritardi nell’adeguare i livelli di accessibilità riguardano tutto il territorio nazionale. Con il 50% di incidenza, la barriera fisica più diffusa è l’assenza di un ascensore adatto o la presenza di uno non adeguato al trasporto di persone con disabilità. Numerose sono anche le scuole senza servo scala interno (35%), bagni a norma (26%) e persino senza rampe interne per superare i dislivelli (24%). Così come sono molto ridotti gli ausili senso-percettivi per gli alunni con disabilità sensoriali: solo il 17% delle scuole ha segnalazioni visive per studenti con sordità o

ipoacusia; mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili per gli alunni con cecità o ipovisione sono presenti solo nell’1,2% degli edifici.

Va meglio la situazione con gli insegnanti di sostegno: sono circa 228.000 nelle scuole italiane. Rispetto all’anno 2022-2023 l’incremento complessivo è stato del 10%. A livello nazionale, il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,6 alunni per ogni insegnante di sostegno, è migliore di quello previsto dalla Legge 244/2007 che raccomanda un rapporto pari a 2. C’è un però: oltre 67.000 insegnanti per il sostegno (il 30%, quindi) sono stati selezionati dalle liste curricolari. Non hanno quindi una formazione specifica per il sostegno e servono a fronteggiare la carenza di figure specializzate. Oltre ai progetti finanziati dal Pnrr per rimuovere le barriere scolastiche, serve un impegno corale per un futuro più inclusivo. Quest’anno, nel 15° anniversario della ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli - dinanzi al ministro per l’Istruzione e il Merito Giuseppe Valditara, all’Osservatorio nazionale sulla condizione di vita delle persone con disabilità e all’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica - ha ricordato: «La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità è legge, è il nostro faro e guida ogni giorno il lavoro che tutti insieme dobbiamo portare avanti per garantire la piena partecipazione di ogni persona alla vita civile, sociale e politica delle nostre comunità. La sfida per il futuro è progettare insieme, scuola e mondo delle associazioni che si occupano di disabilità, perché il cambiamento parta dai più piccoli e gli studenti ne siano protagonisti». Una riflessione che sottolinea l’importanza di un rapporto sempre più stretto tra scuola pubblica, disabilità e inclusione.

CASA AUMENTA L’ETÀ MEDIA

DEI PROPRIETARI

In base alle analisi svolte dall’Ufficio Studi del gruppo di agenzie immobiliari Tecnocasa, l’età media degli acquirenti nelle grandi città - dopo il calo degli ultimi anni - è salita, passando dai 42,7 anni del 2022 ai 43,7 del 2023, in linea con i dati del pre-pandemia. L’aumento, registrato per la prima volta negli ultimi 5 anni, è determinato in buona parte dalla crescita della componente degli investitori, target con un’età media elevata. Nel 2023 in Italia si evidenzia un aumento della percentuale di acquisti per investimento (19,5%). Si tratta della quota più alta degli ultimi 5 anni, nei quali non si era mai arrivati al di sopra del 18%. L’aumento dell’inflazione, infatti, ha spinto a investire i risparmi sul mercato del mattone. L’Italia, si sa, è un “paese di proprietari”: in base al rapporto Federproprietà Censis del 2023, il 70,8% degli italiani possiede l’immobile in cui vive. Rapportati al resto della popolazione, i pensionati rappresentano il 40% degli oltre 25 milioni di proprietari di immobili e, pur con redditi più bassi, oggi le donne che possiedono casa sono quasi quanto gli uomini. Chi invece continua a diminuire nella lista dei nuovi acquirenti sono i giovani. La percentuale di under 36 che ha comprato casa tramite le agenzie Tecnocasa, infatti, è stata del 28,8%, in diminuzione rispetto al 31,2% dell’anno precedente. È comunque una percentuale significativa di acquirenti che si è scontrata con un

Per gli under 36 l’acquisto resta ancora un miraggio

I dati della ricerca realizzata nelle grandi città italiane

accesso al credito più difficile. Infatti, spesso sono le famiglie a dare un aiuto economico oppure cercano una casa spostandosi nell’hinterland delle grandi città o in capoluoghi di provincia o comuni più accessibili.

Gli acquirenti tra i 18 e i 34 anni scelgono quartieri a prezzi contenuti, come Brancaccio a Palermo, le zone universitarie o quelle ben collegate alle università, in quest’ultimo caso grazie al contributo dei genitori. A Firenze raccoglie consensi il quartiere Baracca, a Roma gli studenti scelgono Tiburtina e Montesacro - ben collegati con La Sapienza e La Luiss -, a Torino Santa Rita, comodo per raggiungere il Politecnico. A Napoli sono i quartieri di Secondigliano e Ponticelli a raccogliere maggiore adesione tra i più giovani. Il primo ha prezzi molto contenuti, il secondo unisce ai prezzi bassi la vicinanza al quartiere San Giovanni a Teduccio che è sede del campus universitario dell’università “Federico II”. Acquistare un immobile nelle grandi città non è però alla portata di tutti, soprattutto se si è giovani alla ricerca di una prima casa. Cresce, infatti, la percentuale di residenti che si sposta nell’hinterland per l’acquisto dell’abitazione principale: nella rilevazione di Tecnocasa 23 residenti su 100 hanno optato per questa soluzione. Una tendenza che non sorprende alla luce dell’aumento dei prezzi delle case e della minore disponibilità di spesa causata dall’aumento dei tassi di interesse.

Fake news

«Q

uando leggete sul web una notizia, magari strana, bella ‘ghiotta’, che vi piace o vi fa paura contate fino a dieci prima di diffonderla, cercatela online per vedere dove e come sta circolando e, se non siete sicuri che sia vera, fermatevi un attimo prima di condividerla, potreste inconsapevolmente diffondere una bufala e quindi portarmi tanto lavoro». Lo dice a 50&Più, un professionista cacciatore di bufale, o per dirla con più eleganza, debunker o fact-checker: lui è David Puente, giornalista, vicedirettore di Open.online, uno dei più esperti scopritori di notizie ‘fake’ sul web. Da qualche anno David collabora anche con Meta (Facebook) nella lotta alla disinformazione, insieme a una rete formata da un’ottantina di fact-checkers indipendenti di tutto il mondo, impegnati nell’analisi dei contenuti sulle piattaforme social. Quando hai iniziato a fare il cacciatore di bufale?

Ho iniziato circa una decina di anni fa vedendo che circolavano storie fasulle e mi occupavo di verificare truffe online, virus. Insomma ero abituato a verificare un po’ tutto quello che circolava riconoscendo che ci ero cascato anch’io qualche volta. Nasco informatico di professione, ho fatto grafica e montaggi video, ho un background che mi ha permesso di conoscere bene le tecniche di ricerca e quindi questo mi ha portato all’idea di dare una mano di fronte a questi inganni che dilagavano nel web.

Quali sono i passaggi che fai per scoprire se una notizia che circola è una ‘fake’?

Diciamo che la prima cosa che mi attira è quanto quella notizia può catturare l’attenzione degli altri, che sia una notizia brutta, bella, che faccia piacere, di solito quando una per-

A CACCIA DI BUFALE

NELLA PRATERIA DEL WEB

David Puente, vicedirettore di Open.online, racconta le tecniche utili a smascherare notizie false e difendersi dalla disinformazione C’entra anche l’intelligenza artificiale

sona legge qualcosa che lo interessa molto, abbassa le difese e tende a crederci, e magari è una fregatura. Quando capita è necessario ragionarci su un attimo, vedere come è scritta la notizia, come è composta la sua narrazione. Verificare che siano rispettate le famose 5 W, iniziali di Who, What, When, Where, Why (chi, cosa, quando, dove, perché, ndr), regola base dello stile giornalistico. A volte c’è scritto “ieri è successo…”, ma ieri quando? Se mancano informazioni alla storia, ecco un primo campanello di allarme che deve far capire che c’è qualcosa da verificare. Poi è importante verificare le fonti: se non sono citate nel pezzo c’è qualcosa di strano. David ci puoi fare un esempio di una ‘fake’ che hai scoperto? Tempo fa circolava la notizia di un fantomatico ristorante cinese a Firenze, il cui il titolare sarebbe stato

beccato in garage a macellare i cani per poi vendere la carne all’interno del ristorante. Questa notizia è circolata un sabato mattina, ne parlavano le testate nazionali ma quelle locali no, quindi mi sembrava strano. Allora ho chiamato la polizia locale, la guardia forestale e il Nas. Ebbene nessuno sapeva niente. Poi ho scoperto che il primo a pubblicare la notizia è stato un sito di bufale gestito da un troll (utente anonimo, ndr) romano che si diverte a diffondere notizie inesistenti. Ho beccato il suo account Facebook dove lui si divertiva a vedere come i giornali riportavano la notizia e come quindi erano cascati nella sua bufala. A quel punto ho scoperto che era tutto falso. Oggi come è la situazione sul web?

Un caos enorme. Oggi più che mai è una giungla di notizie vere e false che si rincorrono e, a volte, si

fondono insieme. Il nostro lavoro è enorme. Di recente, dopo l’attentato a Trump, sono circolate notizie false da entrambe le parti politiche. Le bufale che si sono lette sono state anche altre: le varie identità dell’attentatore, ad esempio. Abbiamo visto il volto di un nostro collega giornalista romano che è stato preso e fatto circolare su account X e Meta (Facebook) molto famosi, ottenendo, in poco tempo, milioni di visualizzazioni. Poi c’è stato un ragazzo che vedendo che assomigliava un po’ all’attentatore ha finto di essere lui e su X ha pubblicato un video facendo finta che fosse il video prima dell’attentato, ma è andato un po’ troppo oltre e quando si è fermato era già tardi perché quella foto era già circolata sui tg italiani e di tutto il mondo. Questo ti fa capire che an-

che un utente anonimo può generare un livello di disinformazione a livello mondiale.

Hai avuto minacce in seguito alle tue ‘indagini’?

Sì, tempo fa è stato diffuso il mio indirizzo della casa dove abitavo e un

gruppo di persone ha cominciato a scrivermi e minacciarmi. C’è un tale che mi ha augurato di venire appeso al palo più alto, e ora è sotto processo. Molti non prendono bene la mia attività, sono accusato di essere un nazista o di essere pagato dai poteri forti, quando io invece mi occupo proprio di andare contro queste realtà. Ora con l’intelligenza artificiale come evolverà il tuo lavoro?

Sarà più difficile trovare la verità, è un grosso problema sicuramente, la tecnologia però va molto avanti e molto velocemente anche per noi che la usiamo per stanare le falsità. Certo che oggi basta qualche applicazione messa sul web, a basso costo o gratuita, per generare sempre più facilmente bufale. Purtroppo sarà una nuova sfida che dovremo affrontare.

Giornata mondiale

SPRECHI BUTTIAMO UN MILIARDO DI PASTI ALL’ANNO

I dati forniti dall’ONU e dal Report Waste Watcher con un focus anche sull’Italia e sulle cattive abitudini domestiche

La Giornata internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite Alimentari indetta dall’Onu invita a riflettere ogni 29 settembre su una nuova educazione alla cultura del cibo.

A fronte di 783 milioni di persone che soffrono la fame, secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione, ogni giorno nel mondo un miliardo di pasti vengono gettati nella spazzatura. Ciò significa che in media, ogni persona spreca 79 chilogrammi di cibo all’anno - più di un pasto al giorno -, una quantità che farebbe la differenza per chi ha poco o nulla da mangiare. Lo spreco alimentare è una tragedia globale e la maggior parte delle volte avviene nelle famiglie, spesso inconsapevolmente.

Il Report 2024 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability ha analizzato le abitudini alimentari degli italiani e quanto - e perché - si produce lo spreco alimentare. Il Rapporto evidenzia che la persistente perdita di potere d’acquisto, dal 2023 ad oggi, spinge le famiglie a basso reddito all’acquisto di prodotti di minore qualità - spesso più facilmente deperibili - o a preferire cibo a ridosso della scadenza per risparmiare. In cima alla catena degli sprechi si trovano il Mezzogiorno (+4% della media nazionale), le famiglie a reddito medio-basso (+7%) e quelle più fragili (+17%). Facile immaginare che i prodotti più consumati - e dunque più sprecati - siano insalate, salse, pizza e pasta, i più deperibili ma anche quelli che hanno subito una minore contrazione negli acquisti. Il risultato è che lo spreco alimentare si somma allo spreco del budget di spesa. La conferma che i due fattori siano legati viene da un altro dato. Il 63% del campione di italiani intervistati definisce il suo approccio al cibo pragmatico («compro al prezzo che ritengo giusto») e solo il 26% mette la qualità degli alimenti al primo posto nella scelta, mentre l’8% ammette di avere altre priorità rispetto al cibo, per il quale, pur di risparmiare, è costretto a spendere il meno possibile. Al di là delle considerazioni economiche ed etiche, ridurre gli sprechi è fondamentale per la sostenibilità dei sistemi alimentari. Gettare via il cibo senza consumarlo vuol dire sprecare anche tutte le risorse utilizzate per produrlo: acqua, terra, energia, lavoro e capitale investito. Inoltre - sono sempre le Nazioni Unite a dirlo -, lo smaltimento delle perdite e dei rifiuti nelle discariche comporta l’emissione di gas serra che influenza il cambiamento climatico. Sembrerebbe un paradosso: in un mondo in cui l’accesso alle risorse alimentari non è sempre garantito, basterebbe essere più accorti per assicurare cibo per tutti e migliorare la salute del pianeta. Fare la differenza si può, con semplici gesti raccomandati dal ministero della Salute. Basterebbe acquistare senza eccedere nella quantità, preparando con attenzione l’elenco di ciò che serve, fare attenzione alla data di scadenza e seguire le indicazioni per la conservazione. Senza dimenticare l’importanza di una corretta educazione alimentare fin da piccoli, già nelle famiglie.

Inizia quasi sempre allo stesso modo: un giovane laureato che cerca lavoro. Riceve un’offerta, buona, ma richiede il trasferimento all’estero. L’azienda ha molte sedi, tra cui c’è anche Bangkok, la capitale della Thailandia. Nell’accettare la proposta di impiego nel sud-est asiatico, il giovane non sa che sta per diventare uno schiavo. In aeroporto lo stanno aspettando, una macchina dovrebbe accompagnarlo all’hotel. Invece seguono ore di viaggio verso il confine con la Birmania, poi attraversato illegalmente sotto la minaccia di uomini armati. La destinazione è un complesso residenziale, gli vengono sottratti i documenti ed entro poche ore inizia a lavorare. Costretto a raggirare altre persone online. Unico obiettivo: ripagare la libertà. Secondo le Nazioni Unite le truffe telematiche nel sud-est asiatico creano flussi di denaro più ingenti del traffico di sostanze stupefacenti. Il crimine organizzato gestisce delle vere e proprie fabbriche dove centinaia, migliaia di schiavi passano 16/17 ore al giorno davanti a un computer cercando di estorcere denaro a utenti connessi da tutto il mondo. Il mercato delle frodi online è in forte espansione, nel 2023 ha superato i 50 miliardi di dollari e si prevede che raddoppierà entro il 2028. Esistono diversi tipi di truffe, alcune molto veloci per cui basta un click, ma le trappole allestite per rubare migliaia, decine di migliaia di euro, hanno bisogno di lungo lavoro preparatorio per essere messe a segno. Questo compito, sempre più spesso, viene svolto da uomini e donne ridotti in schiavitù. Buona parte delle “fabbriche della truffa” sono concentrate sul confine tra il Myanmar e la Thailandia, ce ne sono altre in Cambogia, Laos e Vietnam. Ma in Birmania è in corso una

INCHIESTA

GIOVANI LAUREATI RIDOTTI IN SCHIAVITÙ NEL MERCATO ASIATICO DELLE FRODI ONLINE

Adescati con false offerte di lavoro finiscono in strutture irregolari, costretti a raggirare utenti in rete per ripagare la propria libertà

di Cosimo Caridi

guerra civile e i criminali possono agire senza essere disturbati, anzi. La giunta militare che guida il paese - dopo un colpo di stato che ha posto nuovamente agli arresti la Premio Nobel per Pace Aung San Suu Kyi - sta combattendo contro una nutrita ed eterogenea lista di gruppi ribelli. La zona dove il crimine organizzato ha allestito le fabbriche della truffa è al confine, in un’area dove da quasi 10 anni approdano i fondi cinesi della Nuova via della Seta. Il Myanmar è uno degli stati chiave nel progetto di infrastrutture finanziato da Pechino. Con gli investimenti arrivano anche gli uomini d’affari e fioriscono le attività che la Cina non permette su territorio nazionale, come i casinò. Il KK Park si trova sulle sponde del fiume Mo -

ei, sulla sponda birmana, dall’altra parte del corso d’acqua c’è la Thailandia. La costruzione del complesso è iniziata nel 2019 e si trova tra due grandi case da gioco. Secondo una recente inchiesta dell’emittente tedesca DW, al KK Park ci sono circa 20mila lavoratori, buona parte vive in condizione di schiavitù. Solo da questo complesso vengono realizzate ogni giorno frodi per un valore di milioni di euro. Le vittime dei raggiri sono principalmente statunitensi. I truffatori vengono imprigionati da gang armate e gli viene chiesto di comprare la libertà con il lavoro. Hanno uno stipendio di 500 dollari al mese per ripagare i biglietti d’aereo, il visto, le spese di vitto e alloggio. Sono costretti a comprare tutto all’interno del com-

Il fenomeno delle truffe, sia fisiche che online, spesso colpisce le persone più vulnerabili, tra cui gli anziani. Per questo è essenziale diffidare di offerte troppo vantaggiose e di richieste di denaro da sconosciuti, così come non bisognerebbe mai fornire dati personali o bancari senza essere certi dell’identità del richiedente Fare rete ed essere prudente è il primo passo per prevenire spiacevoli sorprese

plesso residenziale a prezzi esorbitanti: una coca cola costa 5 euro e una confezione di paracetamolo 25. Non possono contattare l’esterno, se ci provano subiscono punizioni corporali. Global Alms, associazione che lotta contro il traffico di essere umani, raccoglie le storie di chi riesce a fuggire. Ci sono violenze, stupri e anche molte morti, tra cui alcuni suicidi indotti dalle condizioni di prigionia. Le vittime hanno degli obbiettivi da raggiungere, solitamente una somma di denaro da rubare online ogni settimana. Per controllarli l’organizzazione li spia mentre lavorano, usa telecamere a circuito chiuso in tutto il complesso residenziale. I lavoratori vengono dotati di computer e cellulari. Il loro compito è creare decine di profili online falsi e attirare potenziali vittime. I truffatori usano diversi manuali, con frasari e consigli su come agganciare e spolpare una preda. In Europa questo tipo di attività criminale viene gestita principalmente da call center in Albania. Gli operatori non sono schiavi, bensì dipendenti che chiamano telefonicamente vittime in Italia e Germania. La scorsa primavera un’operazione di polizia internazionale, partita da una denuncia a Friburgo, ha portato all’arresto di decine di operatori che gestivano furti per milioni di euro. Uno dei call center albanesi chiusi dalle forze dell’ordine era responsabile di 28mila chiamate in 48 ore. Secondo Europol, i truffatori si fingevano parenti stretti, impiegati bancari, agenti del servizio clienti o poliziotti, utilizzando varie tattiche di manipolazione per spaventare e ingannare le vittime, facendole così perdere i loro risparmi. La cosiddetta “Operazione Pandora” ha permesso di monitorare 1,3 milioni di chiamate, prevenendo danni stimati in circa 10 milioni di euro.

SPORT

CHE PASSIONE!

I dati del ministero della Salute e dell’Osservatorio fotografano un paese disomogeneo, con regioni particolarmente pigre e altre più attive Eppure attività fisica e stili di vita sani favoriscono l’inclusione contribuendo a combattere le piaghe sociali Viaggio nella storia degli ultimi trent’anni con le Olimpiadi 50&Più

a cura di Donatella Ottavi, Elisabetta Pagano, Leonardo Guzzo
Linda Russo, Rosalia Capuano

Primo piano

ITALIANI E SPORT UN AMORE IN SALITA

Oltre un terzo della popolazione è sedentario Questo il quadro che emerge dal Rapporto realizzato dall’Osservatorio permanente che coinvolge tutte le fasce d’età soprattutto al Sud e nelle Isole

Lo sport è vita», recitava così lo spot di una campagna di comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, trasmessa qualche anno fa su radio e tv nazionali per promuovere una delle prime edizioni della “Settimana Europea dello Sport”. L’iniziativa, che quest’anno si svolge dal 23 al 30 settembre, è stata promossa nel 2015 dall’Unione europea con l’intento di promuovere stili di vita più attivi e sani, soprattutto in virtù di una generalizzata tendenza all’inattività. Un trend che, stando al recente rapporto Gli italiani e lo sport, non sembra registrare un sostanziale cambio di rotta rispetto al passato. Realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity - in collaborazione con Istat, Istituto Piepoli, Ibdo Foundation e numerosi esperti -, il Report evidenzia una persistente tendenza alla sedentarietà da parte degli italiani, tanto che la quota di ‘pigri’ supera un terzo della popolazione, con un andamento crescente all’aumentare dell’età: una persona su quattro tra i 18 e i 24 anni (23,6%) e quasi sette su dieci tra gli over 75 (67,2%).

Un quadro poco incoraggiante che sembra riguardare soprattutto il Sud e le Isole. «Il forte gradiente NordSud con i tassi più bassi registrati

nelle province autonome di Trento (16,2%) e Bolzano (16,9%) e i più alti in Calabria e Sicilia (59,3% per entrambe) - dichiara Federico Serra, presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity - mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1%), Puglia (54,8%) e Basilicata (53,7%)».

Marcate differenze si registrano inoltre in rapporto al titolo di studio, a conferma di una condizione legata anche alle disuguaglianze sociali: le persone con basso titolo di studio che non praticano sport o attività fisica sono il 49,7%, contro il 17,9% di coloro che possiedono uno titolo più elevato.

Secondo il ministero della Salute solo poco più del 27% di bambini pratica un’attività sportiva per almeno tre-quattro giorni a settimana

Focalizzandosi sulla distinzione tra generi, i dati Istat confermano maggiori livelli di sedentarietà da parte delle donne, con un 42,5% contro il 35,4% degli uomini. Un dato che si accentua soprattutto tra gli ultrasettantacinquenni: 74,4% contro 57,2%. Anche rispetto ai giovani i numeri sembrano essere poco incoraggianti. Prendendo in considerazione, a livello mondiale, adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, emerge che tre ragazzi su quattro non praticano attività fisica come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della

Sanità e in Italia i numeri non sono di conforto. Secondo il ministero della Salute, settimanalmente il 20,2% dei bambini non pratica mai attività fisica; l’11,9% lo fa per non più di un’ora; il 38,3% per due giorni; solo il 27,2% arriva a tre-quattro giorni e il 2,3% pratica sport cinque-sette giorni a settimana.

Numeri al ribasso che lasciano perplessi e che, visti nel loro insieme, non possono non farci soffermare sulle conseguenti - e numerose - ripercussioni in tema di salute, in età avanzata ma non solo.

Sani stili di vita e regolare attività fisica rappresentano da sempre gli strumenti più potenti per prevenire l’insorgenza di diverse patologie, ad esempio metaboliche, cardiovascolari, neoplastiche, ma anche patologie croniche come l’obesità. Come ricorda Giuseppe Fatati, presidente di Italian Obesity Network: «Quando si

introduce più energia di quanta se ne consuma, l’eccesso si accumula sotto forma di grasso, determinando un aumento di peso». I casi estremi conducono inevitabilmente verso l’obesità, generando un altro grave pericolo per la salute che, negli ultimi tempi, sta pericolosamente interessando le giovani generazioni.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riconosce nella pratica dello sport un rilevante strumento di promozione della salute, si pone come obiettivo la riduzione del 15% dell’inattività a livello globale, tramite l’adozione di specifiche politiche sociali, educative, culturali ed economiche. È necessario avviare un programma d’azione comune che coinvolga istituzioni, famiglie, scuole, perché migliorare la qualità della vita del singolo individuo, e della collettività intera, significa educare alla cultura dello sport.

Primo piano

STILI DI VITA SANI PER COMBATTERE OBESITÀ E BULLISMO

Lo sport come antidoto all’isolamento dei giovani e degli adolescenti per contrastare piaghe sociali tra queste, lo stigma legato al peso. Ne abbiamo parlato con Paola Ciaralli, psicologa e psicoterapeuta

di Elisabetta Pagano

Stili di vita sani e regolare attività fisica per evitare l’insorgenza di malattie anche croniche, come l’obesità. Secondo i dati forniti dal ministero della Salute Pubblica e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, quelli in crescita riguardano l’obesità infantile. Il fenomeno coinvolge tutte le fasce socioeconomiche e vede una rapida ascesa in tutti i paesi in via di sviluppo, comportando rischi di salute e impatti psicologici e sociali. Ne parliamo con Paola Ciaralli, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, specializzata nella neuroriabilitazione cognitiva dell’età evolutiva. Ciaralli, come incidono stili di vita e attività sportiva sulla salute mentale di giovani e giovanissimi?

L’attività fisica è essenziale per uno stile di vita sano e dovrebbe essere incoraggiata fin dall’infanzia. Oltre ai benefici fisici, lo sport aumenta la fiducia e l’autostima. Nei bambini piccoli, attività non strutturate migliorano le capacità cognitive e creative, mentre le attività sportive strutturate aiutano a modulare il comportamento e le interazioni sociali. Soprattutto recentemente, lo sport è diventato importante per contrastare la crescente sedenta-

rietà della generazione Z e l’uso eccessivo di dispositivi tecnologici. Lo sport può essere considerato un antidoto contro l’isolamento dei giovani?

Lo sport è un potente antidoto contro l’isolamento, perché promuove inclusione e coesione sociale. Negli ultimi decenni, l’attenzione dei professionisti della salute mentale si è concentrata sugli hikikomori, giovani che si isolano nelle loro stanze e interagiscono solo tramite social media. La pandemia ha aggravato le difficoltà dei giovani a socializzare, aumentando le richieste di aiuto. In questo contesto, l’attività sportiva è fondamentale nella cura psicologica e nella prevenzione di disagi mentali gravi.

Come possiamo incoraggiare i bambini a mantenere la motivazione verso uno stile di alimentazione più sano ed equilibrato?

I bambini imparano dai genitori, è quindi essenziale offrire un ambiente sereno durante i pasti, evitando discussioni, commenti inappropriati e distrazioni. Questo li aiuta a concentrarsi sul cibo e ascoltare il proprio corpo. Coinvolgerli nella preparazione del pasto insegna l’importanza di una buona alimentazione.

Quali sono i pregiudizi che i bambini con obesità affrontano?

L’ingresso alla scuola primaria rappresenta un momento cruciale nella formazione dell’immagine sociale di un bambino. Coloro che non corrispondono agli standard fisici dominanti rischiano di essere oggetto di stereotipi negativi e discriminazioni. Il pregiudizio legato al peso può manifestarsi in modi sia sottili che evidenti, con episodi di insulti, ridicolizzazioni e l’esclusione sociale, come il non essere invitati a partecipare a giochi o festicciole. In che modo lo stigma legato al peso può influenzare la qualità dello sviluppo psicologico del bambino?

Il bambino con obesità esprime il proprio disagio e desiderio di accettazione

attraverso il corpo. I coetanei spesso notano le differenze fisiche ed emarginano il bambino, alimentando un circolo vizioso di autoetichettamento e comportamenti disfunzionali, che lo fanno sentire inferiore e ferito. Genitori e insegnanti possono identificare i segnali di bullismo?

I segnali precoci di bullismo includono il ritiro sociale, l’ansia, l’insonnia, disturbi alimentari e la riluttanza a frequentare la scuola. È essenziale notare che il bullismo può provenire anche dagli adulti, che invece dovrebbero essere modelli positivi per i giovani. Cosa può fare la scuola per sensibilizzare i giovani al tema?

Un’attività di psicoeducazione svolta in ogni classe, mirata a sensibilizzare

i bambini alla scoperta e al riconoscimento dei propri punti di forza, permette di valorizzare le caratteristiche personali che vanno oltre l’apparenza. Coinvolgere gli alunni in progetti di gruppo, dove ognuno può riconoscere ed esprimere il proprio ruolo, facilita l’integrazione di chi è considerato ‘diverso’. Il successo di questi interventi è reso possibile dalla collaborazione tra famiglie e insegnanti.

Quali sono le conseguenze psicologiche di comportamenti discriminatori nei confronti di chi non è normopeso?

Chi non rientra nei canoni estetici può soffrirne psicologicamente. Bullismo e obesità sono collegati in un rapporto causa-effetto, usando il cibo come conforto. Questo aggrava i problemi

alimentari, riduce la motivazione al cambiamento e può causare depressione o suicidio. Il supporto professionale è spesso essenziale.

Il bullismo può incidere significativamente sulla percezione di sé e quindi sull’autostima?

Il bullismo comporta sempre un abbassamento dell’autostima nella vittima e, quando si verifica durante l’infanzia, può interferire con lo sviluppo delle abilità sociali e relazionali, impedendo la costruzione di un’immagine di sé capace di affrontare le sfide quotidiane. Queste esperienze negative possono causare un’ipersensibilità, generando sentimenti di colpa e vergogna che minano il senso di sé in formazione.

In che modo il supporto psicologico può aiutare i bambini a gestire le pressioni del bullismo? È essenziale offrire sostegno psicologico personalizzato a vittime e bulli, coinvolgendo individui, famiglie, scuole e gruppi. Il bullismo può causare problemi a lungo termine, specialmente nei bambini piccoli. L’intervento per le vittime rafforza l’autoefficacia e le competenze sociali, mentre per i bulli aumenta empatia e competenze emotive, promuovendo azioni prosociali e responsabilità. È importante anche il supporto familiare per affrontare comportamenti disfunzionali.

Quali azioni può intraprendere la comunità per creare un ambiente più inclusivo e privo di pregiudizi?

L’obesità rappresenta un’epidemia seria e necessita di un approccio integrato in grado di coinvolgere l’intera comunità. Promuovere il body positive e diffondere informazioni sulle conseguenze per la salute è cruciale. È, quindi, essenziale contrastare il bullismo nelle scuole e coinvolgere pediatri e genitori in programmi educativi sull’alimentazione e sull’attività fisica.

MAURIZIO DAMILANO UNA VITA A RITMO

DI MARCIA

Due vittorie ai mondiali di atletica leggera e l’oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980

Sogna sport inclusivi e inventa il “fitwalking”

di Leonardo Guzzo

Èuno stadio ammutolito quello che nel luglio del 1980 accoglie a Mosca l’ingresso di Maurizio Damilano. L’atleta piemontese, appena 23 anni, è in testa alla gara olimpica della 20 chilometri di marcia, davanti ai fortissimi beniamini dell’Unione Sovietica e ai campioni della Germania Est. Percorre in scioltezza la pista di atletica, mentre qualche tricolore spunta sugli spalti, sorride pregustando l’impresa e va a vincere col tempo ragguardevole di un’ora, ventitre minuti e trentacinque secondi. È medaglia d’oro nelle Olim-

piadi del boicottaggio degli Stati Uniti e del trionfo dell’atletica italiana: una medaglia meritata e bellissima a cui seguiranno due bronzi nelle successive Olimpiadi di Los Angeles (1984) e Seul (1988) e due ori ai mondiali di atletica di Roma, nel 1987, e di Tokyo, nel 1991. Grazie a una carriera formidabile, costellata di successi e record (ancora detiene il primato mondiale sui trenta chilometri in pista), Maurizio Damilano si è consacrato come una delle leggende dell’atletica italiana. Dopo la fine della carriera agonistica ha continuato ad occuparsi della sua disciplina, presiedendo il Comitato della Marcia in seno alla Federazione internazionale di atletica leggera, occupandosi di insegnamento e trasmettendo i valori dello sport e di una vita sana e attiva. Chiaro, preciso, il ritmo della marcia anche nelle parole, Maurizio Damilano ripercorre con entusiasmo la sua parabola sportiva: «Ho cominciato a praticare marcia agonistica durante l’adolescenza, coi miei fratelli Giorgio e Sandro, il maggiore, che era professore di educazione fisica. Ho debuttato a 15 anni, ai Giochi della Gioventù del

1972». Da lì è partita una carriera subito promettente e presto coronata dal successo olimpico. «La vittoria olimpica - ricorda Damilano - è il risultato più universale che ho colto in carriera. Gli ori ai campionati del mondo hanno un valore più specificamente sportivo, ma le Olimpiadi, per l’ampiezza dell’evento e del seguito, mi hanno regalato una fama che ancora oggi resiste. Il ricordo di quel giorno rimane vivido: mi sentivo bene, ero candidato a una medaglia, ma la vittoria nella marcia dipende da mille variabili; e da una in particolare: il giudizio. Ecco, quel giorno la mia arma in più è stata il giudizio: soppesare lo sforzo e gestirlo nel modo giusto». Un giudizio costruito in anni di allenamento costante e appassionato. Damilano annuisce: «Dietro le vittorie c’è molto impegno. Non lo chiamerei sacrificio, perché tutto nasce dalla passione. La passione trasforma la fatica in impegno e perfino in divertimento. Un marciatore agonistico percorre fino a ottomila chilometri a piedi in un anno, si allena due volte al giorno per tutto l’anno, con un periodo di riposo che non supera mai i

quindici-venti giorni. È un percorso indispensabile di prova e di scoperta: si affrontano sfide e si trovano soluzioni, che poi pagano nella competizione. Tutto nasce dalla voglia di migliorarsi e dalla tenacia di confrontarsi con le difficoltà». L’amore per la marcia di Maurizio Damilano ha superato la carriera agonistica: dopo il ritiro, col fratello Giorgio ha messo a punto una metodica di allenamento per tutti, battezzata “fitwalking”, insegnata in centri specifici e descritta in dettaglio in una manciata di pratici manuali. «Il fitwalking - spiega - vuole trasferire a un pubblico più ampio e in un contesto più popolare i principi della marcia, ossia la meccanica del camminare corretto. Imparare a camminare correttamente fa davvero diventare la camminata un esercizio sportivo completo. Una camminata dinamica e vigorosa, correttamente strutturata, praticata con costanza, permette a ciascuno di accrescere le proprie qualità di camminatore, con vantaggi in termini di salute e benessere individuali e collettivi». Camminare correttamente, insomma, è un modo di fare sport ogni giorno e di prolungare il nostro rapporto con lo sport nel corso della vita. Damilano è chiaro: «Che lo sport migliori la vita è ormai un’evidenza scientifica indiscutibile. La marcia, e il fitwalking per i non agonisti, è un modo di fare sport all’aria aperta, in maniera sostenibile e prolungata, con i dovuti accorgimenti, per tutta la durata della vita. Un alleato prezioso, che aiuta il funzionamento dell’apparato cardio-circolatorio, mantiene la tonicità muscolare, combatte lo stress e favorisce l’efficienza psichica. La camminata dinamica ha anche una valenza sociale: ci libera dalla facile dipendenza verso i mezzi di trasporto e si può praticare insieme. Si cammina e si comunica, ci si accompagna. Ci si tiene in forma e si vince la solitudine».

Roma, Mondiali di atletica (1987), Maurizio Damilano vince l’oro nella 20 km di marcia

ITALIANI PAZZI PER IL TENNIS È ORO ALLE OLIMPIADI

Jannik Sinner, Lorenzo Musetti, Sara Errani

e Jasmine Paolini sono solo alcuni dei campioni che hanno risvegliato la passione per questo sport

A Parigi il duo femminile conquista il podio più alto per la prima volta nella storia

Lo chiamano “effetto Sinner” questo ritrovato amore per il tennis che muove gli ita-

Giochi Olimpici di Parigi ha fatto scoppiare di gioia il cuore di tifosi, sportivi e simpatizzanti. Da cento

è nato Jannik Sinner, ndr). Sarebbero 4,5 milioni i praticanti (di cui un milione di ‘padelisti’) rispetto a 1,3 milioni del 2001; 12mila maestri contro i 1.700 del 2001. Una macchina che porta anche introiti notevoli - tra chi lo guarda, chi lo pratica, gli sponsor, il turismo inerente - stimati in 266 milioni di cui 21 milioni mossi dal solo “effetto Sinner”. Lo si è visto anche all’edizione record di quest’anno degli Internazionali di Roma. L’appuntamento al Foro Italico è stato seguito dal vivo da 356.424 spettatori. Di questi, il 10,8% è arrivato dall’estero, mentre gli spettatori paganti sono cresciuti di 132mila, per un incasso totale di 28,5 milioni soltanto dai biglietti

di Linda Russo

Coppa Davis vinta. Quasi vent’anni prima di lui, a dominare la scena era Nicola Pietrangeli, considerato uno dei più grandi tennisti italiani di tutti i tempi. Due volte vincitore nel 1959 e nel 1960 del Roland Garros (l’importante torneo di tennis che si tiene allo Stade Roland Garros di Parigi, ndr) e approdato in finale in numerosi altri tornei del Grande Slam. Ma fu Panatta, con la vittoria agli Internazionali d’Italia del 1976 e il trionfo al Roland Garros nello stesso anno, a consacrare una tra le pagine più luminose della storia tennistica italiana. Dopo di loro, alcuni momenti di successo - come la vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros nel 2010 - hanno riacceso nuovamente la passione per questo sport.

Negli anni seguenti, anche Flavia Pen -

netta e Roberta Vinci hanno regalato momenti di gloria al tennis italiano, con la storica finale tutta italiana

agli US Open del 2015, vinta da Pennetta. Ma il nuovo trend sem bra essere iniziato con Matteo Berrettini finalista a Wimbledon nel 2021 ed esploso poi con Sinner. C’è da di re che il merito è anche di Lorenzo Musetti e delle sue performance agli Internazionali d’Italia e agli Open di Francia, conquistando un bronzo a Parigi, di Jasmine Paolini, finalista al Roland Garros e a Wimbledon e vincitrice delle Olimpiadi insieme a Sara Errani. Sono loro a dimostrare che la passione per il tennis va ben oltre Sinner. Un sogno tutto italiano che avrà ancora lunga vita.

Primo piano

TRENT’ANNI FA NASCEVANO LE OLIMPIADI 50&PIÙ

Dai tornei di braccio di ferro e nuoto alle nuove discipline sportive: i Giochi continuano a essere occasione di divertimento e condivisione

Era l’ottobre del 1994 quando un gruppo di soci pose le basi per quello che sarebbe diventato uno dei più grandi eventi sportivi nazionali dedicati ai senior: le Olimpiadi 50&Più. Lo scenario è quello di Metaponto, a Matera: è qui che centinaia di persone si erano date appuntamento per trascorrere giornate all’insegna dell’amicizia e del divertimento, nell’ambito della manifestazione organizzata e promossa da 50&Più. E fu proprio qui che, in via ‘sperimentale’, vennero organizzati i primi giochi. Le provincie di Ascoli Piceno, Belluno, Ca-

serta, Napoli, Roma e Salerno si cimentarono in una serie di gare: dal nuoto alle freccette, dalla maratona al braccio di ferro, allo scopone e al ballo. «È stato un esordio inaspettato ma carico di emozioni, quelle che proviamo oggi ricordando quei momenti», racconta chi trent’anni fa era ai nastri di partenza. Non esistevano ancora gli strumenti digitali che hanno poi consentito, negli anni a venire, di registrare i tempi di gara e tutto avveniva nella maniera più ‘artigianale’ possibile: scrivendo a mano dati e numeri. Anche i diplomi venivano scritti a mano da un amanuense

di Rosalia Capuano

Una carrellata di immagini, dal 1994 al 2023, per raccontare la storia del nostro appuntamento sportivo

chiamato a svolgere questo compito particolarmente delicato. L’anno successivo, le Olimpiadi si trasferirono a Olimpia, in Grecia, dove rimasero anche nel ’96, per poi tornare di nuovo in Italia e riapprodare all’estero, in Tunisia, nel 2001. I Giochi si sono svolti anche in Toscana, Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e quest’anno tornano in Basilicata, a Marina di Pisticci. Gli atleti che conquistavano più medaglie diventavano miss e mister olimpiadi, vincendo un soggiorno gratis l’anno successivo. Nomi noti del panorama sportivo nazionale si sono avvicendati come testimonial, ricordiamo Gabriella Dorio, Marcello Guarducci, Nino Benvenuti, Stefano Tilli, Leonardo Raffaello, Jury Chechi, Francesco Moser, Maurizio Damilano. Con dei presupposti come questi non è difficile immaginare quanto, nel giro di poco tempo, le Olimpiadi siano entrate nel cuore dei soci 50&Più e siano diventate, anno dopo anno, un appuntamento destinato a rimanere nella storia.

giro per il mondo

LA SILENZIOSA SAGGEZZA DEI BONSAI

Antica pratica giapponese che unisce natura e meditazione e permette di ricreare una piccola foresta sul davanzale di casa

Immaginiamo di passeggiare in un bosco secolare, circondati da alberi che si ergono verso il cielo. Con gli occhi chiusi, immaginiamo di racchiudere tutta quella maestosità in un piccolo vaso da tenere sul davanzale di casa. Sembra impossibile, eppure è esattamente ciò che l’arte del bonsai riesce a realizzare. Il termine bonsai significa letteralmente “piantato in vaso piatto”, ed è una manifattura millenaria che fonde pazienza, dedizione e rispetto per la natura. Originaria della Cina del VII secolo e perfezionata in Giappone nel XVI secolo, permette di coltivare alberi in miniatura che, nonostante le dimensioni ridotte, possono vivere per secoli. Si parte da un seme o una talea, piantati in un piccolo vaso; poi serve un meticoloso lavoro di potatura di radici e rami, e tecniche di legatura per modellare la pianta, poiché l’obiettivo non è solo creare alberi piccoli, ma catturare l’essenza stessa della natura in miniatura. Oltre alla sua bellezza estetica, infatti, il bonsai ha un profondo valore simbolico. Nella cultura giapponese rappresenta l’armonia perfetta tra uomo e natura, la pazienza, la perseveranza e il rispetto per il ciclo della vita. Ogni pianta è un microcosmo in cui si riflette la bellezza dell’universo, un invito a rallentare, a contemplare e ad apprezzare la meraviglia del mondo che ci circonda. Per molti la cura di un bonsai quasi si distacca dalla concezione puramente botanica, trasformandosi in una filosofia di vita che insegna dedizione e pensiero a lungo termine. Staccare solo qualche foglia per dare più vigore alla pianta, innaffiare con attenzione le radici oppure anche solo osservare il piccolo arbusto da più angolazioni diventa un antidoto allo stress e un modo per riconnettersi con la natura anche in spazi urbani ristretti. Questo rende il bonsai molto più di un semplice albero in miniatura, “ergendolo” ad opera d’arte vivente, esercizio di pazienza e bosco a portata di mano.

FRIGORIFERI INTELLIGENTI

LA SPESA SI FA DA SOLA

L’ultima frontiera della domotica è il frigo che ordina la spesa autonomamente. Modelli come il Samsung Family Hub e LG InstaView ThinQ usano telecamere per monitorare scorte e scadenze. E tramite un’app possono suggerire ricette con ciò che c’è in frigo e creare liste della spesa.

IL GIGANTE MALEODORANTE DEL REGNO VEGETALE

Scoperta in Indonesia nel 1818, la Rafflesia arnoldii è il fiore più grande al mondo, con un metro di diametro e 11 kg di peso. È un parassita privo di radici e foglie e durante la sua rara fiorituradi 5-7 giorni - emana un odore di carne putrefatta per attirare insetti impollinatori. Da poco è diventata specie protetta per preservarla dalla deforestazione.

DORMIRE CON STILE A -5°

Ricostruito ogni inverno dal 1989, l’Icehotel di Jukkasjärvi, nella Lapponia svedese, offre un’esperienza unica per circa 70.000 visitatori l’anno. Le sue 35 stanze artistiche sono costruite utilizzando 5.000 tonnellate di ghiaccio e mantenute a una temperatura costante di -5°C. Dal 2016, l’hotel permette soggiorni estivi grazie all’energia solare.

Storia e misteri

I DUE VOLTI DI

Il pallido conte assetato di sangue non è solo un’invenzione letteraria ma un personaggio realmente esistito nella Romania del XV secolo, famoso per la sua reputazione di uomo crudele e sanguinario

Nell’immaginario collettivo vive un archetipo del male che si aggira nelle notti più buie in cerca di vittime da mordere. Un non-morto, che in uno dei romanzi gotici più famosi - Il conte Dracula - viene descritto così: “un vampiro alto che porta i baffi bianchi, ha un naso sottile, fronte alta, pochi capelli attorno alle tempie, sopracciglia molto fitte, denti bianchi, aguzzi, orecchie appuntite”. L’irlandese Bram Stoker, che scrisse l’opera nel 1897, per delineare i tratti del Principe delle Tenebre, si ispirò ad un personaggio storico, Vlad III, un principe valacco (un ‘voivoda’) che visse in quella che era la Romania di fine ’400, molto temuto per l’abitudine di punire nemici e traditori nei modi più crudeli, anche se nelle leggende popolari appare come l’unico vero difensore della sua gente.

Il sanguinario principe Vlad Vlad III nasce nel 1431 a Sighisoara; suo padre, Vlad II, è un cavaliere dell’ordine del Dragone (da qui il patronimico in rumeno Draculea, ossia figlio del Drago), fondato per arrestare l’avanzata turca in Europa. La vita nel XV secolo in un paese di frontiera come la Romania, stretta tra l’Impero ottomano e il Sacro romano impero cristiano, è dura e violenta. Vlad e suo fratello vengono inviati come ostaggi alla corte del Sultano per garantire l’obbedienza del loro padre alla Mezzaluna, ma quando a causa di lotte intestine questi viene ucciso in una congiura ordita dai suoi stessi aristocratici (i boiardi), Vlad torna in Valacchia meditando vendetta. Riprende possesso del voivodato con l’appoggio dei Turchi e dopo aver giustiziato i traditori - guadagnando il soprannome di ‘Țepeș’, ossia l’Impalatore - diviene un paladino della guerra contro gli Ottomani, che combatte con altrettanta ferocia, guadagnandosi il rispetto del popolo.

L’ultimo mistero

Le leggende rumene parlano di un principe giusto ma spietato con i nemici e i disonesti. Sono molte però le testimonianze che contribuiscono a gettare un’aura sinistra sulla sua persona. Una per tutti racconta di quella volta che fece impalare centinaia di turchi sulla strada che portava al suo accampamento, godendosi lo spettacolo davanti ad una tavola riccamente bandita. Si pensa che in sette anni di regno, mise a morte 100mila persone, molte proprio per impalamento. Alla fine, nonostante le strabilianti vittorie che ne fecero il campione della cristianità in Europa, nel 1477 rimase ucciso in circostanze poco chiare. Nel bene e nel male, il suo nome però non venne mai dimenticato. Il vampiro Dracula e il principe Vlad hanno molto in comune, ma il personaggio creato da Bram Stoker non ha nulla a che fare con l’eroe popolare del quale si conservano le tracce nella città di Sighisoara o tra le rovine del castello di Poenari, abbandonato dopo la sua morte e mai più abitato.

L’enigma finale, in linea con il personaggio, riguarda la sua sepoltura. Si dice che fu seppellito nel vecchio monastero di Snagov, su un’isoletta in mezzo al lago omonimo, ma - una volta aperta - la tomba risultò vuota e del suo cadavere non si seppe mai nulla, alimentando così la leggenda della sua natura di non morto.

Quando l’irreale è reale Stoker nel creare il suo personaggio, ha sapientemente mescolato storia e folklore, attingendo alle credenze popolari e alle superstizioni già esistenti sui vampiri. Le storie intorno a creature notturne che ottengono vitalità dal sangue delle loro vittime sono infatti comuni a molte culture dell’area greco-balcanica. Per gli antichi greci erano le lamie, nella mitologia rumena gli strigoi. Nel ’500 alcuni religiosi cristiani riferirono spaventati di episodi di vam-

VAMPIRI IN SALA

Il primo vampiro della storia del cinema fu Nosferatu di Friedrich Murnau (1922), interpretato da Max Schreck (letteralmente “Massimo Spavento”). Impossibile dimenticare il Dracula innamorato e sensuale interpretato da Gary Oldman nel capolavoro del 1992 di Coppola, Dracula di Bram Stoker (sua è la battuta «Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti»). Seguono molti altri titoli, più o meno memorabili, fino ad arrivare alla saga di Twilight, intrisa di romanticismo, dove i vampiri non dormono nelle bare, non temono l’aglio e non si trasformano in pipistrelli.

pirismo a Mykonos e Creta, e persino l’illuminista Jean-Jacques Rousseau era un convinto assertore della loro esistenza. Quando nelle regioni orientali dell’Impero asburgico di Maria Teresa - dal 1731 al 1755 - si diffuse un’ondata di panico per una supposta epidemia di vampirismo, l’imperatrice dovette mettere in piedi un’inchiesta scientifica, che relegò la credenza a superstizione. Anche l’Italia ha i suoi misteri: fece scalpore qualche anno fa il ritrovamento di una donna morta nel 1600 e sepolta nel Lazzaretto Nuovo di Venezia. Il teschio aveva un mattone in bocca, pratica usata per impedire ai morti in odor di vampirismo di uscire dalla tomba in cerca di colli da mordere. Sempre in tema di donne-vampiro, nel 1610 l’aristocratica transilvana Erzsébet Báthory, soprannominata la contessa Dracula, fu arrestata con l’accusa di aver torturato a morte decine di ragazze per bere il loro sangue in nome dell’eterna giovinezza. Ma questa è un’altra storia.

Sopra, un ritratto d’epoca di Vlad III, principe di Valacchia

Sempre più spesso, anche in Italia, le aziende decidono di promuovere e organizzare attività di volontariato che coinvolgano i propri dipendenti durante l’orario di lavoro. Si chiama volontariato d’impresa, e include tutti quei progetti che prevedono la partecipazione attiva dei lavoratori in una o più attività a favore della comunità locale o di un’organizzazione del terzo settore. «In Italia succede spesso che i dipendenti si dedichino al volontariato d’impresa durante l’orario di lavoro, proprio perché si tratta di progetti da fare insieme alla propria realtà aziendale - spiega a 50&Più Patrizia Giorgio, program manager della Fondazione Sodalitas -, mentre all’estero, in particolare negli Stati Uniti, c’è una visione più allargata, e il contributo del lavoratore può avvenire anche in altri momenti, o includere attività che qui non consideriamo in questo ambito, come la donazione del sangue». Fondazione Sodalitas, nata nel

VOLONTARIATO D’IMPRESA UN PROGETTO CHE FA BENE A TUTTI

Dall’indagine quantitativa realizzata da Fondazione Sodalitas emerge che i dipendenti preferiscono praticare attività a contatto diretto con i beneficiari finali, anche on line

1995 su iniziativa di Assolombarda e un gruppo di imprese e manager volontari, è stata la prima organizzazione in Italia a promuovere la sostenibilità di impresa. Qual è il suo ruolo oggi nell’ambito del volontariato d’impresa?

La nostra mission è quella di fare da ponte tra profit e non profit. Nell’ambito del volontariato d’impresa mettiamo in contatto le aziende e le supportiamo nella realizzazione del loro progetto, agevolando l’incontro con il terzo settore e con l’idea di sviluppare progetti a beneficio di tutte le parti che entrano in gioco. L’obiettivo finale

è sempre quello di creare valore nella comunità di riferimento. L’altro ruolo che abbiamo è quello di organizzare dei laboratori sul volontariato d’impresa, nei quali mettiamo attorno a un tavolo i soggetti coinvolti e cerchiamo insieme a loro di capire come sviluppare al meglio i progetti, valutandone benefici e criticità.

Siete stati i primi in Italia a lanciare un’indagine quantitativa sul volontariato d’impresa. Quali sono stati i risultati?

Sul tema c’erano tantissimi dati a livello internazionale ma nulla a livello

segue a pag 60

Il percorso della vitalità

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Iniziative

italiano, così nel 2018 abbiamo lanciato un’indagine che ha analizzato il punto di vista delle imprese, del terzo settore e dei dipendenti per capire quale fosse lo scenario in Italia. Ciò che è emerso è che i benefici sono trasversali: viene sviluppato da tutti i tipi di aziende, grandi e piccole, di settori diversi, anche se ha preso il via dalle grandi multinazionali di origine anglosassone. Lo stesso vale nel terzo settore, dove ad accogliere il volontariato d’impresa sono sia le grandi organizzazio-

ni che quelle a livello locale. L’ultima parte dell’indagine ha riguardato i dipendenti: abbiamo scelto di sentire i lavoratori tramite un questionario da compilare in forma anonima e le risposte hanno messo in luce che si tratta di un progetto fortemente voluto da qualunque tipologia di dipendenti, giovani e meno giovani, uomini e donne, quindi è molto ‘democratico’. Le nuove generazioni sono quelle che lo richiedono di più sui temi sociali, ma nel momento in cui viene proposto è ben accolto da tutti. E questo desiderio di essere d’aiuto alla propria comunità è cresciuto durante la pandemia.

Fra le varie tipologie di volontariato d’impresa c’è quello virtuale: quanto ha inciso la pan-

demia nel suo sviluppo?

All’estero si faceva già, ma in Italia ha cominciato a svilupparsi proprio durante il Covid. Siamo partiti col chiederci come poter essere d’aiuto anche da casa, e insieme alle organizzazioni del terzo settore abbiamo capito che si poteva fare tanto: sono state organizzate attività di animazione virtuale nelle case di riposo, condivisione di ricette, giochi di squadra online, è stato attivato un servizio di supporto per aiutare i ragazzi a fare i compiti, sono stati registrati audiolibri per non vedenti.

E tutto questo è servito ad accrescere lo spirito di squadra tra i dipendenti, perché l’idea di incontrarsi in modalità virtuale non per la solita riunione,

Patrizia Giorgio, program manager di Fondazione Sodalitas

ma per fare qualcosa per il bene di qualcun altro, ha creato o rafforzato il loro legame. Non solo il volontariato d’impresa alimenta la relazione umana, ma abbatte le gerarchie, perché soprattutto nel volontariato operativo, come la pulizia di un parco, si crea un team dove non necessariamente il tuo capo diretto ha lo stesso ruolo anche in quella attività. Anche questo è un retaggio anglosassone, dove è normale che l’amministratore delegato partecipi alle attività di volontariato d’impresa “sporcandosi le mani” come tutti gli altri.

Quali sono le attività di volontariato preferite dai dipendenti? Abbiamo riscontrato una preferenza per le attività operative, al di fuori del proprio ambito lavorativo, come fare i pacchi per le persone svantaggiate. Quello che piace è fare qualcosa a contatto con i beneficiari finali, soprattutto nelle attività di supporto e tutoraggio: aiutare chi deve rimettersi in pista, chi deve rifare il curriculum o deve fare i compiti. Le aziende cercano di seguire il desiderio dei dipendenti e ciò che consigliamo anche noi è di provare a proporre attività coerenti con il loro business o la loro strategia di sostenibilità.

Qual è il quadro normativo in Italia?

In Italia non esiste una legge che regola il volontariato d’impresa. Con la riforma del terzo settore si sta cercando di capire cosa succederà in futuro: quello che le aziende potrebbero avere è un beneficio fiscale che finora valeva nelle attività per le onlus, oggi dovrebbe funzionare anche per le organizzazioni del terzo settore. Noi continuiamo a lavorare sulla formazione e la sensibilizzazione, per fare in modo che si crei un percorso su queste tematiche.

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LA MODA SFILA NEL BORGO

TRA STORIA E TERRITORIO

L’evento, ideato e organizzato da 50&Più L’Aquila si è svolto nel mese di luglio ad Alba Fucens

Ai piedi del Monte Velino, tra gli scavi dell’antico borgo medievale di Alba Fucens, una sfilata di abiti realizzati a mano per ricordare la storia, valorizzare il patrimonio archeologico e creare momenti di condivisione. C’è anche questo nell’evento di luglio dal titolo La moda a spasso nei tempi, ideato e realizzato da 50&Più L’Aquila: «Uno spettacolo meraviglioso per omaggiare il territorio e le rovine del borgo distrutto dal terremoto del 1915. E anche per celebrare la moda», ha detto Dina Piperni, presidente 50&Più L’Aquila e consigliere nazionale dell’Associazione. Ad aprire la serata, patrocinata dai Comuni di Massa d’Albe e Avezzano, sostenuta da Fondazione Cassa di Rispar-

è proseguita con abiti che ricordano le quattro stagioni, sulla melodia di Vivaldi, sul rondò veneziano e ancora abiti d’epoca sulle note di Branduardi». Le modelle hanno indossato abiti rifiniti in ogni particolare, con colori tenui e anche accesi, dando vita a un contrasto eccezionale con lo scenario naturale.

mio della Provincia de L’Aquila e della Bcc Roma, un abito con i colori della bandiera italiana. «Un vestito bellissimo che ha sfilato sulle note dell’inno di Mameli, ed è stato realizzato da una sarta dalle mani d’oro già in occasione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia - ha spiegato Piperni -. La sfilata

A intervallare i quadri moda, ci sono stati intermezzi culturali per raccontare i luoghi che hanno fatto da cornice all’evento. Non è mancato in questo appuntamento con la moda uno spettacolo musicale: all’evento ha partecipato Antonella Nenni, semifinalista a Italia In…Canto, uno tra i concorsi nazionali firmati 50&Più. A conclusione della sfilata, un apericena al borgo e ancora momenti di convivialità. «Nulla è stato lasciato al caso - ha detto la presidente -. Questo evento è stato realizzato grazie alla collaborazione di tanti, dalla vicepresidente Carolina Feliciana Santilli, al vicepresidente Mario Maccarone, alla segreteria 50&Più, ai componenti tutti del consiglio provinciale, allo staff e alla mia famiglia».

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POOL PHARMA

Università

«VI RACCONTO PERCHÉ HO STUDIATO

INTELLIGENZA

ARTIFICIALE»

È tra i primi sette laureati in IA alla Bicocca di Milano. Ha progettato un algoritmo che studia il comportamento dell’RNA. Vuole dedicarsi a modelli teorici per creare medicinali in modo più efficace

di Valerio Maria Urru

Si chiama Gabriele Canesi, ha 23 anni, è tra i primi sette laureati in Italia in “Artificial Intelligence for Science and Technology” all’Università Bicocca di Milano, il corso di laurea magistrale interateneo in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e di Pavia, avviato nel 2021. Ha discusso una tesi sull’impiego dell’IA per simulare il comportamento dell’RNA umano: «Un modo per progettare cure mirate per diversi tipi di patolo-

gie», ha raccontato ai nostri taccuini. Come mai hai scelto di laurearti in Artificial Intelligence for Science and Technology? Durante la triennale avevo già seguito un corso che introduceva l’Intelligenza Artificiale applicata alla Biofisica. Lì ho capito che si trattava di un campo con grandi potenzialità. Quando, poi, ho visto che all’Università Bicocca sarebbe partito il corso in Artificial Intelligence, in linea con i miei studi, ho deciso di iscrivermi.

Quali materie si studiano in questo corso di laurea?

All’inizio tutti gli iscritti seguono un semestre in cui si introducono le basi di Matematica, Statistica, Fisica, necessarie per capire l’IA. Dal secondo semestre si sceglie un percorso di studi specifico: ci sono materie rivolte all’uso dell’intelligenza artificiale nell’industria, nei sistemi embedded (protesi, sensori, etc.), nell’immagine, nello studio dell’ambiente. Io ho scelto un percorso di studi sui computer quantistici e i sistemi complessi. Avevi materie preferite?

Tutte le materie che ho studiato erano le mie preferite. Mi hanno aiutato a conoscere cose nuove: i computer quantistici, ad esempio, mi hanno appassionato per il loro potenziale. Così come ho amato studiare in che modo sia possibile modellare i sistemi

complessi. Senza contare che i corsi erano ben strutturati e quello che ho studiato - come dicevano gli stessi professori - non era ancora presente su specifici libri di testo vista l’attualità dell’argomento.

Ti sei laureato con una tesi che fonde tecnologia e genetica, approfondendo l’uso degli algoritmi dell’intelligenza artificiale per simulare il comportamento dell’RNA umano. Quali saranno gli sviluppi futuri di questo studio?

L’algoritmo che ho progettato è migliorabile e la sua principale applicazione in futuro consisterà nello studiare il comportamento dell’RNA, responsabile di malattie come i tumori. Simulare il suo funzionamento può aiutarci a comprendere meglio come si innescano le patologie e a progettare medicinali che possano curarle. L’algoritmo, inoltre, può essere applicato ad altri tipi di molecole, come le proteine, e in altri settori.

Domanda provocatoria: hai mai usato l’intelligenza artificiale per preparare qualche esame?

Mi è servita per inquadrare meglio ciò che stavo studiando. È stata utile per ottenere una “visione d’insieme” dei nuovi argomenti che affrontavo, per approfondirli in modo corretto. E poi l’ho impiegata - poco - per aggiustare il codice dell’algoritmo quando il problema non era risolvibile in modo veloce. Quali sono, secondo te, le potenzialità e i limiti dell’intelligenza artificiale?

Le potenzialità sono tantissime. Basti pensare al mio corso di laurea: ci siamo laureati in sette, ognuno in un campo diverso. Quindi, tesi diverse: dalla biofisica ai sistemi di rilevazione dei pedoni nelle strade per la guida autonoma, sino all’analisi di immagini e scansioni per la diagnosi di patologie. Penso che l’intelligenza artificia-

le vada vista come uno strumento di cui comprendere pregi e difetti degli algoritmi. Nel mio caso sono partito da un algoritmo per arrivare ad ulteriori risultati. Per quanto riguarda i limiti, con i notevoli investimenti in hardware delle Big Tech - Google, OpenAI, etc. - sembra che non ci siano, ma in realtà sono ovunque. Il costo degli strumenti, ad esempio: non

che l’Europa si sia mossa in anticipo è segno dell’importanza del tema. Inoltre, la definizione raggiunta di intelligenza artificiale nell’AI Act guarda al futuro, non si limita all’oggi, mette in guardia sugli usi impropri e distruttivi. Spero che le Big Tech implementino un tipo di regolamentazione simile, sebbene ci siano già al loro interno settori in cui si cerca di allineare il più

tutti possono permettersi di spendere cifre elevate in sistemi di calcolo. Oppure l’uso dei dati: al momento l’IA li analizza per allenarsi. Servono dati di qualità e averli non è semplice. Di recente OpenAI è stata accusata di averli usati in maniera impropria. Credo, però, che le potenzialità superino i limiti.

A tal proposito, cosa pensi della recente regolamentazione dell’intelligenza artificiale promossa dall’Unione europea mediante l’AI Act?

Una regolamentazione è necessaria. È importante avere regole entro cui agire e sapere come farlo in sicurezza. In futuro, con il progredire degli algoritmi, sarà sempre più facile diffondere notizie false tramite i deepfake. Il fatto

possibile l’IA all’essere umano. Ora che sei laureato, cosa pensi di fare “da grande”? Quali scenari lavorativi e di ricerca si aprono?

Punto a un dottorato presso l’Università Bicocca nell’ambito della Biofisica. Studierei modelli teorici per creare medicinali in modo più efficace e veloce, sempre con l’intelligenza artificiale e i computer quantistici. Questo è il mio sogno. Mi aspetta un colloquio a settembre e, dopo le graduatorie, se otterrò un buon punteggio potrò avere una borsa di studio. Nel caso questa opzione non andasse in porto, vorrei lavorare in un’azienda che si occupa di intelligenza artificiale, magari nella ricerca, per approfondire questi temi che sono sempre più attuali.

A sinistra, Gabriele Canesi; sopra, insieme agli altri sei studenti laureati in IA presso la Unimib

Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

Il progetto Destination Earth, grazie ad IA e supercomputer, simula e prevede l’interazione tra fenomeni naturali e attività umane per tutelare il Pianeta

1

RIAVVIAMO LO SMARTPHONE CON REGOLARITÀ

La Nsa consiglia di farlo almeno una volta la settimana

In genere tendiamo a spegnere lo smartphone solo quando siamo obbligati. Secondo la Nsa (National Security Agency americana), invece, questa pratica potrebbe esporci a maggiori rischi informatici. Spegnendolo almeno una volta a settimana, si limiterebbe il contatto con le cosiddette vulnerabilità “zero-day”, cioè ancora da scoprire. Lo spegnimento settimanale interromperebbe il flusso di dati che si può creare tra il dispositivo e i malintenzionati. Insomma, un riavvio, non fa mai male.

2

GRATITUDE, UN DIARIO DI AUTO-CURA

Aiuta a concentrarsi sulla propria salute mentale

Gratitude: Self-Care Journal è una sorta di diario personale. Aiuta a concentrarsi sulla propria salute mentale, fornendo tutti gli strumenti e i promemoria necessari a sviluppare una maggiore motivazione. Spesso possiamo perdere di vista gli aspetti positivi, ma tenere un diario può cambiare la nostra prospettiva. Tra le sue funzioni anche un vision board, una sorta di collage di sogni e obiettivi sotto forma di foto, citazioni e affermazioni.

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3 SULL’EVEREST, LA PRIMA CONSEGNA CON DRONE

A oltre 6.000 metri trasportate tre bombole di ossigeno

Tre bombole di ossigeno e un chilogrammo e mezzo di altri rifornimenti da 5.364 metri di altezza ad oltre 6.000: ad aprile scorso un’azienda cinese ha eseguito la prima consegna con drone sull’Everest. Lo stesso drone ha riportato anche uno zaino pieno di rifiuti. Secondo l’azienda che ha eseguito il trasporto, questa modalità di rifornimento avrà un notevole impatto sia a livelli di sicurezza che di pulizia dei rifiuti, altra questione aperta vista la grande affluenza di escursionisti sulle cime himalayane.

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LIFE360, L’APP PER RESTARE IN CONTATTO

Monitora famigliari e amici, ha una chat privata

Crea gruppi con cui condividere la posizione, visualizza su una mappa privata quella delle altre persone a cui siamo collegati in tempo reale e riceve avvisi quando qualcuno raggiunge o lascia uno posto. Life360 consente di rimanere in contatto con amici e famigliari, condividere foto e messaggi tramite una chat privata, visualizzare la cronologia degli spostamenti e rintracciare persino un cellulare smarrito.

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Rome Future Week si svolge nella Capitale dal 16 al 22 settembre È una settimana di eventi ‘diffusi’ in tutta la città su innovazione e futuro

Per saperne di più: https://romefutureweek.it

ITALIA E SLOVENIA SENZA CONFINI

Gorizia e Nova Gorica, per la prima volta il titolo di Capitale europea della cultura va a due città. All’appuntamento anche l’associazione provinciale 50&Più nel ricordo del presidente Enzo Comelli

di Anna Grazia Concilio

8 febbraio sarà la data di inaugurazione della Capitale europea della cultura 2025. Per la prima volta, il riconoscimento viene conferito a due città: Gorizia e Nova Gorica. È così che Italia e Slovenia non hanno più confini. Tanti i progetti che le due amministrazioni comunali stanno portando avanti in vista del prossimo anno, anche con il supporto delle associazioni locali. Tra i protagonisti dell’appuntamento anche 50&Più Gorizia, impegnata da tempo sul territorio, che piange la recente scomparsa del presidente Enzo Comelli. «È un momento molto importante per la nostra città e per l’intera regione - aveva sottolineato più volte Enzo Comelli, presidente di 50&Più Gorizia - che porterà uno sviluppo turistico e commerciale considerevole. Stiamo lavorando per rea-

lizzare iniziative su tutto il territorio». Era il 1947 quando la fine della guerra ha diviso a metà Gorizia: una parte è rimasta all’Italia, con il nome di Gorizia, appunto, e l’altra è andata alla Jugoslavia diventando Nova Gorica. «Questo confine segnato sulla carta era un confine assurdo perché tagliava a metà cortili, case, addirittura una stalla, un cimitero - ha spiegato Patrizia Artico, assessora alla Cultura al Comune di Gorizia -. Queste due comunità, che avevano un grande bagaglio di sofferenza, anziché voltarsi le spalle e continuare a farsi la guerra, hanno deciso di aprirsi al dialogo e all’incontro, avviando un percorso durato diversi decenni che ha portato a una collaborazione». Seppure diverse, anche da un punto di vista urbanistico, le due comunità si sono riavvicinate: «Tutto questo lavoro è culmi-

nato in un riconoscimento importante dell’Europa con un titolo transfrontaliero per la prima volta - ha aggiunto Artico -, e il confine è diventato simbolo del dialogo e della pace». Per l’amministrazione comunale di Gorizia - impegnata nella collaborazione con il comune di Nova Gorica nella realizzazione di eventi, mostre e concerti - questo riconoscimento deve essere un volano per la crescita sociale e culturale dell’intera comunità, pertanto le iniziative hanno carattere permanente. «Stiamo riconvertendo il sedime di un aeroporto che sarà destinato ai concerti, realizzeremo il primo festival della biodiversità, abbiamo già realizzato la via delle api, abbiamo recuperato i giochi di quartiere», ha aggiunto. E, infine: «Ringrazio molto Enzo Comelli e la vitalità di 50&Più, anche per le intuizioni che ha sempre messo a disposizione della comunità. Stiamo lavorando per trasformare l’iniziativa La panchina dell’ascolto (istituita da 50&Più ndr) in un progetto di più ampio raggio perché c’è tanto bisogno di condivisione. Tra le altre idee anche quella di coinvolgere i pensionati in un progetto di promozione del territorio, formandoli come ‛ciceroni’ di Gorizia. La città è un cantiere e sarà bellissima».

A sinistra, Samo Turel, sindaco di Nova Gorica e Rodolfo Ziberna, sindaco di Gorizia in piazzale della Transalpina

Cultura

ro l’eroina in fuga dall’eroina». Diane Seuss è nata nella metà degli anni Cinquanta in una small town del Michigan, al confine con l’Indiana. Nella sua poesia, che oggi è tra le più significative nel panorama statunitense, appaiono personaggi famosi. William S.Burroughs e Andy Warhol, simbolo nella New York tra il Settanta e l’Ottanta di artisti “feroci e misogini”, visti con lo sguardo lucido e giudicante della ragazza nel gruppo di punk disperati. Warhol non si accorge di lei che gli si avvicina ed esprime lodi per i suoi quadri. Mentre si pavoneggia per un suo romanzo pornografico, Burroughs le regala un effimero momento di gloria. E poi infila per primo l’ago nella vena del suo compagno che precipita nella spirale della droga. Lei cade nella disperazione, lavora per alimentare la dipendenza dell’uomo che porta alla morte. Della poetessa statunitense è stato appena tradotto il sesto libro frank: sonnets, premio Pulitzer 2022 per la poesia, “una raccolta che amplia il sonetto in modo creativo affrontando le complicazioni dell’America contemporanea incluse la bellezza e le difficoltà della classe operaia nella Rust Belt”. Un’edizione esemplare, con traduzione e cura di Alessandra Bava e Maria Adelaide Basile, fin dalla suggestiva copertina. Un grappolo d’uva, il guscio di un riccio di mare, conchiglie: il frammento di un antico mosaico invita alla lettura della Seuss, separando i due gusci della conchiglia per svelare la carne più nascosta e segreta, il mistero della sua poesia. Centocinquanta super sonetti, in realtà il fluire di un poema che parte da sé: l’infanzia nella provincia americana, la morte del padre, la giovinezza nella New York degli Anni '70, la misoginia di uomini famosi, il difficile rapporto con il figlio, la dipendenza dalle droghe. Una storia, tante storie si mescolano con la forza di una rappresentazione ironica

e impietosa, grottesca e terribilmente realistica, con zampilli di visionarietà. Ogni sonetto è un mondo a sé, da approfondire. Seuss vuole conoscere la storia dei propri luoghi e dei propri paesaggi, dei vivi e dei morti, le occasioni che l’hanno trasformata. Mi dice all’inizio della nostra conversazione che la scrittura fa parte del tessuto della vita, come cucinare e pettinarsi. «Non riesco a ricordare un momento in cui non scrivevo modellando il linguaggio, come il respiro. Ma fare poesia è un atto innaturale. È arte. Artificio. Richiede una grande quantità di pensiero cosciente che ho dovuto imparare leggendo da autodidatta».

Il Midwest rurale degli Stati Uniti in cui è cresciuta ha plasmato lo sguardo, la scrittura?

Ha sicuramente influenzato il modo in cui vedo il mondo, soprattutto in termini di classe e genere. Il Midwest, per poeti e artisti, è spesso considerato un paese ‘cavalcavia’, provinciale e vuoto. Quel ‘vuoto’ è stato fecondo per la mia immaginazione, così il paesaggio e i suoi dettagli. Vengo dalla classe operaia, questa è la mia prospettiva.

In sintesi cos’è il suo “punk rurale”?

Ho trascorso alcuni anni a New York, ho vissuto nell’East Village, sinonimo dell’estetica punk. Allo stesso tempo appartenevo ad un luogo che non attirava attenzione su di sé. A ciò si ag-

DIANE SEUSS «LE POESIE MI INDICANO LA DIREZIONE»

Vincitrice del Pulitzer, la poetessa racconta la sua vita con uno sguardo ironico e impietoso, dal passato tra le dipendenze alla provincia americana e la scena punk di New York

giunge il fatto che, nonostante la mia educazione rurale, sono cresciuta negli Anni ’60 e all’inizio degli Anni ’70, mi consideravo dalla parte della ‘controcultura’, almeno per come la intendevo.

Quindi anche prima del “punk” era piuttosto punk. Il suo rapporto con i poeti e gli artisti della New York degli anni Settanta, non è stato dei migliori. Ero piuttosto giovane a New York negli Anni ’70. Ad essere sincera, mi vedevo come un pesce molto piccolo in un oceano molto grande. La maggior parte del mio tempo lo dedicavo alla sopravvivenza, quindi ho svolto

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20 EURO

diversi lavori, finendo per diventare segretaria alla New York University. Se mi fossi fatta strada nella scena della scrittura, avrei potuto ricevere un certo grado di accettazione, ma il mio obiettivo era concludere in qualche modo ogni giorno. La scena letteraria e musicale era molto maschilista. Una ragazza del Michigan avrebbe avuto bisogno di molta sicurezza e di un personaggio potente per essere visibile. Può parlarmi di quello che sta scrivendo?

Ho sempre considerato la scrittura come una guida. Rende concreta la mia immaginazione. Le poesie sono sinonimo di me stessa. Mi indicano la mia direzione. Faccio del mio meglio per non scrivere lo stesso libro due volte. Il mio prossimo, Poesia moderna, è un libro molto diverso, riflette uno stato d'animo molto diverso. Le guerre infuriano ovunque nel mondo. In che modo la poesia ne tiene conto? Può dire qualcosa che aiuta davvero?

È la domanda al centro del libro di cui le ho detto. La poesia può ancora avere importanza? Ha potere contro la tirannia? Non sono sicura che ‘aiuti’ in senso concreto, ma il fatto che sia ancora viva e vegeta dopo tanti secoli attesta la sua persistenza attraverso i periodi più difficili della storia. La poesia è la prova che qualcosa nell’anima sopravvive.

di Renato Minore

Cultura

a ragazzo era normale vedere due, tre film al giorno. Oggi non ci riesco più. Ma tornare a farlo a 68 anni mi fa sentire un bambino che va al luna park». È con questo spirito, e “un grande senso di curiosità e divertimento” che Giuseppe Tornatore dice di voler affrontare anche l’81ª Mostra del cinema di Venezia, in qualità di giurato della competizione principale.

Ospite dell’ultimo Taormina Film Festival, in una conversazione pubblica moderata da Costanza Quatriglio, il regista siciliano ha parlato del suo amore per la settima arte sin da bambino e ha presentato Diario di Guttuso, il suo esordio alla regia del 1982. Ma ha anche ricordato le sue esperienze passate al Lido. «Ero già stato in giuria a Venezia nel 1992 e allora c’erano come presidente Peter Weir e direttore della Mostra Gillo Pontecorvo. Non riuscivamo a metterci d’ac-

GIUSEPPE TORNATORE «IL MIO COMPITO È AMARE LE STORIE E SCRIVERLE»

Ospite al Taormina Film Festival, il regista presenta "Diario di Guttuso". Il Premio Oscar racconta gli esordi della sua carriera, i lavori su cui è impegnato e i progetti futuri

di Giulia Bianconi

cordo, così chiamai Gillo e lui ci autorizzò a dare un premio ex aequo a Robert Altman e Krzysztof Kieślowski». Quello è stato anche l’anno in cui fu presentato il primo Jurassic Park «Venne Steven Spielberg, portando con sé una borsa con dentro un Leo -

ne d’oro. Era il premio che Pontecorvo aveva vinto per La battaglia di Algeri. Il giovane Spielberg lo aveva trovato da un rigattiere. C’è chi dice che Gillo lo avesse venduto, chi pignorato, e Spielberg glielo riportò». Pensando, infine, a quando andò in concorso nel

A sinistra, Giuseppe Tornatore premiato al Taormina Film Festival

1995 con L’uomo delle stelle, vincendo il premio speciale della giuria, Tornatore ha ricordato: «Fu un’esperienza bellissima. Il film divise la critica, ma è successo quasi sempre con i miei film. Venne anche Martin Scorsese a vederlo, che quell’anno riceveva il premio alla carriera». Il cineasta ha spiegato di essere sempre al lavoro su una storia, anche più di una. «Quando vado nelle scuole spiego ai ragazzi che il mio compito è amare le storie e scriverle. Poi se diventano film è un’eccezione». Intanto, ha appena finito di girare un documentario e spera di iniziare l’anno prossimo le riprese di un nuovo lungometraggio. «Più di questo preferisco non dire, perché tutte le volte che ho parlato prima dei progetti non si sono mai realizzati», ha detto, smentendo che ci sarà una serie su Nuovo Cinema Paradiso: «Ho iniziato a lavorarci, poi sono cambiati i partner internazionali e non si è

fatto più nulla. Per fortuna». Di quel film, che gli fece vincere l’Oscar nel 1990, ha nel cassetto da tanto tempo un libro che ne racconta la genesi: «Anni fa mi sono convinto di scrivere un romanzo su come fosse nato, dalla prima idea alla disavventura iniziale diventata poi una meravigliosa avventura. Non l’ho mai finito. Forse un giorno lo farò, ma ogni tanto lo rileggo e decido di lasciar perdere». Oggi per Tornatore è più complicato realizzare progetti rispetto al passato. «Quando ho iniziato, i film si facevano avendo un’idea e se con quella riuscivi a contagiare un produttore e trasmettergli il tuo entusiasmo, allora facevi il film. Oggi incontri decine di persone e i progetti sono più difficili da fare». Riguardando il documentario su Renato Guttuso, ha «ritrovato tutti i difetti dovuti all’irruenza della passione giovanile». Poi del rapporto tra il pittore e Picasso, il regista ha spiegato: «C’era uno scambio di idee e creatività. Oggi abbiamo a disposizione dei mezzi tecnologici che rendono troppo facili e veloci gli incontri, ma non così profondi. Un tempo c’erano lettere scritte, appuntamenti, rapporti umani completamente diversi rispetto al presente». Guttuso spesso utilizzava la parola verità. «Francesco Rosi diceva che non si poteva riprodurre la verità, ma solo le realtà nelle quali le verità sono nate. Un pensiero di grande profondità, e anche molto politico. Oggi le due cose si confondono. Vedendo in tv i servizi dei tg verità e realtà si mescolano. E capita che una sera ti schieri per uno, e quella dopo per qualcun altro». Facendo una riflessione sul tempo che passa, Tornatore ha concluso: «A Guttuso allora chiesi cosa significasse avere 70 anni. Ora ne ho due in meno rispetto a lui e capisco cosa significa avere meno tempo, in un’epoca in cui il tempo è sempre più rapido e sfuggente».

Cultura

ENRICO RAVA A 85 ANNI “SENZA PAURA”

Fearless Five, il suo nuovo album in quintetto è un inno alla semplicità e al ‘bello’ da parte di uno dei musicisti più geniali e influenti del jazz contemporaneo

di Raffaello Carabini

Conversare con Enrico Rava equivale ad ascoltarlo suonare: sceglie con cura ogni singola parola e il discorso è sempre interessante, vivo, denso di significati. È uno dei pochi trombettisti al mondo che può vantare una riconoscibilità dalla prima nota, uno stile personale e originalissimo. È un compositore raffinato e un solista che nella sua lunga carriera può fregiarsi di riconoscimenti prestigiosi (ultimo, nel luglio 2023, il Jazzaldia di San Sebastian, in Spagna, terzo europeo in 59 anni di premiazioni) e collaborazioni con tutti i nomi più importanti e influenti della musica improvvisata. E oggi, a 85 anni, propone il suo nuovo album, intitolato con il nome del quintetto che lo accompagna da un paio di stagioni, Fearless Five. «Mi piaceva l’idea di chiamarci con questo nome, “cinque senza paura”, che è il titolo di un mio brano del ’78, perché per fare jazz oggi ci vuole del coraggio», ci dice dalla sua casa in Liguria. «Noi jazzisti siamo su un’isoletta felice, dove dialoghiamo, suoniamo, abbiamo rapporti con persone che leggono libri, guardano bei film, amano una musica fatta con strumenti particolari. Però questa isoletta è all’interno di un mare tempestosissimo, dove ci sono dei trap -

per che propongono testi allucinanti, di una violenza insop portabile, e si porta no dietro 20, 30mila ragazzi. Ci vuole del coraggio a essere cir condati da questa mag gioranza». Quali sono le paure di un jazzista di 85 anni famoso in tutto il mondo? Sono quel le di chiun que arrivi a questa età. Le malattie, gli acciacchi, la perdita di memo ria, i muscoli che non tengono più, anche per suona re la tromba. Ogni con certo spero sempre che il labbro mi tenga. Avrei

già smesso di suonare, e in effetti ho ridotto molto la mia attività, però non è facile perché ho miliardi di proposte e di offerte interessanti. È difficile dire di no a tutti, in più provo un tale piacere nel suonare con musicisti come questi, che lo faccio per stare con loro sul palcoscenico. Quando sono in forma suono molto anch’io, quando non lo sono faccio suonare soprattutto loro, che

«è il miglior chitarrista jazz italiano»; Matteo Paggi al trombone, «quando ho finito il mio ultimo seminario a Siena Jazz (dove Rava ha scoperto la gran parte dei musicisti che l’hanno accompagnato facendolo definire il miglior talent scout del nostro panorama, ndr) gli ho chiesto “cosa fai nei prossimi giorni? devo fare un concerto dopodomani in Emilia” e lui non aveva impegni»; Francesco Ponticelli, propulsivo contrabbassista, e la batterista e cantante Evita Polidoro, «lei è fantastica». Nel disco ci sono solo brani suoi del passato. È un ventaglio quasi antologico, da momenti di puro lirismo come Amnesia ad altri quasi free come Cornettology. Con quale idea li avete scelti? È stata una scelta spontanea. Quello che mi propongo da anni ormai è di sopprimere ogni tipo di autocensura o di incasellamento. A me piace tutta la storia del jazz, dal dixieland alla musica elettronica. Li ho suonati tutti questi stili. Prima di passare alla tromba a 18 anni, ho suonato il trombone nelle band dixieland. Data la mia età sono passato attraverso

tutte le variazioni. Ho vissuto otto anni in Sudamerica e ho assimilato dal tango alla musica brasiliana, dieci anni a New York nell’epoca del free. Tutto questo fa parte del mio linguaggio, così mi trovo a suonare una cosa particolarmente ‘fuori’, arrabbiatissima, e poi un interludio molto lirico. Anzi questo, i contrasti, è proprio quello che mi piace fare. Lei diceva di aver imparato durante il periodo in cui ha

ENRICO RAVA

FEARLESS FIVE

PARCO DELLA MUSICA RECORDS 10 BRANI

vissuto a New York a “suonare ogni volta come se fosse l’ultima”. È ancora così?

Assolutamente è così. E sono molto contento di essere riuscito a comunicarlo anche agli altri musicisti. I Fearless spesso suonano da morire, con un fuoco dentro e capacità di interagire tra di loro e con me molto rara. Oggi ascolto supergruppi, tipo Chris Potter con Brad Mehldau, con musicisti stupefacenti, che però fanno un assolo dopo l’altro senza la passione, la comunicazione. Non c’è l’idea di costruire una musica, ma solo un’esibizione narcisistica di chi suona più acuto, chi più veloce. Il jazz quando diventa così, anche suonato da musicisti pazzeschi, diventa la musica più pallosa del mondo. Allora preferisco tutta la vita ascoltare dei rockettari che suonano con un tiro che non finisce più, benché oggi anche quelli non abbondino. Però ci sono dischi o filmati rimasterizzati. Ad esempio, ho visto quello del concerto dei Led Zeppelin del 1973 a New York e sono rimasto basito dal tiro della band. Al di là del genere, che può piacere o non piacere, quello che succedeva sul palco era incredibile.

o credo unicamente in un’arte che sia dettata dal bisogno umano di aprire il proprio cuore. Un’opera d’arte sgorga direttamente dal più intimo essere dell’uomo». Sono parole che l’artista norvegese Edvard Munch (1863-1944), celebre al mondo per la sua opera L’Urlo, affidò al suo diario. L’arte, per quello che fu considerato esponente di spicco del Simbolismo europeo, riferimento della Secessione di Berlino e precursore dell’Espressionismo tedesco, emerge dalla gioia e dal dolore, fiorisce dal vivere umano. A quarant’anni dall’ultima mostra milanese e dieci da quella romana, l’Italia si prepara ad accogliere nuovamente Munch con una grande mostra tra Milano (Palazzo Reale) e Roma (Palazzo Bonaparte).

Oltre cento le opere selezionate per l’occasione, non solo dipinti e stampe ma anche taccuini, fotografie e filmati, per indagare la figura dell’artista, quello più famoso e conosciuto, ma anche l’uomo, “il Munch privato”, per usare le parole di Costantino D’Orazio, curatore del progetto insieme a Patricia G.Berman, tra le massime studiose dell’artista. Tra le opere, che arrivano direttamente dal Munch Museum di Oslo, una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895), e di Madonna (1902) insieme a quadri straordinariamente poetici e al contempo drammatici, come La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (19001901) e Danza sulla spiaggia (1904). Profondamente influenzato dalla propria vicenda esistenziale - in tenera età perse la madre e la sorella malate di tubercolosi -, fu per tutta la vita segnato dalla mancanza e dalla sofferenza, trovando nel lavoro l’unica forma di cura e ancora di salvezza.

Lungi dall’essere autoreferenziale, però, la sua arte si è fatta interprete di sentimenti, passioni e inquietudi-

I 2

IL "FUOCO INTERIORE" DI EDVARD MUNCH TORNA IN ITALIA

Le opere in mostra a Roma e Milano raccontano il bisogno dell'artista di comunicare la sua visione del mondo

ni di un mondo in profondo cambiamento, sapendoli tradurre e comunicandoli in maniera potente e tragica. «Attraverso l’arte - scriveva - cerco di vedere chiaro nella mia relazione con

il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro».

Dopo la formazione con il naturalista norvegese Per Lasseu Krohg, a Parigi subì le influenze impressioniste e postimpressioniste, in particolare di Van Gogh e Gauguin, che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico e interiore. Nonostante il suo ruolo di primo piano nella vita artistica europea (a Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese), le vicende personali, la vita precaria vissuta “sull’orlo di un precipizio” che lo portò all’alcolismo e a periodi di ricovero in istituti psichiatrici, si intrecciarono sempre con

1. Le ragazze sul ponte (1927), olio su tela

Photo Halvor Bjørngård ©Munchmuseet

2. La morte di Marat (1907), olio su tela

Photo © Munchmuseet

3. Malinconia (1900–1901), olio su tela

Photo © Munchmuseet

4. L'urlo (1895), litografia

Photo © Munchmuseet

la carriera, fino all’isolamento nella proprietà di Ekely, a Oslo, momento estremo di un lungo viaggio che portò il pittore dall’universo del visto a quello del non visto.

Un percorso che la mostra indaga in sei diverse sezioni, dimostrando il ruolo di Munch di profeta contemporaneo per la sua pionieristica capacità introspettiva che diventerà poi una peculiarità di tutta l’arte successiva. l a mostra (che presenta un interessante affondo su un aspetto poco noto della formazione artistica di Munch, il suo debito verso l’Italia, conosciuta in due viaggi) ruota soprattutto intorno a quello che i curatori definiscono “il fuoco interiore”, il bisogno inesauribile di comunicare, per immagini e parole, il proprio modo di vedere le cose e il mondo.

«Mi nutro della natura. Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto», annotava. Geniale, in quanto fu tra i primi a mettere in discussione l’affidabilità della visione, andando a indagare le idee che stavano maturando nell’ambito della psicologia e dell’ottica sperimentale sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista.

Munch era consapevole di quanto emozioni e sensazioni influenzassero la visione, filtrando le esperienze del mondo in una continua sinestesia che, nelle sue opere, si traduce in un uso libero dei colori, non tanto specchio fedele della realtà, quanto esito delle impressioni sensoriali da essa

suscitate, tra cui suoni e vibrazioni. Testimonianza di questa sua ricerca è l’opera che lo ha reso universalmente famoso, il celebre Grido (1893), più noto come L’Urlo, realizzato in quattro versioni e con lunga gestazione, testimoniata anche dalle litografie (di cui una in mostra).

Si tratta di una delle tele che compongono il Fregio della vita, un percorso ideale dell’essere umano dalla nascita alla morte, esposto per la prima volta nel 1902, in occasione della quinta edizione della Secessione di Berlino. Così l’artista descrive la genesi dell’opera: «Il sole stava calando sul fiordo, le nuvole erano color rosso sangue. Improvvisamente, ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. D’improvviso l’atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. […]. Anch’io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare […]. Non mi riconoscete, ma quell’uomo sono io». L’urlo assordante della natura riflette

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il grido del cuore umano, che si espande nel cielo e nell’acqua, come un’onda d’urto dagli effetti devastanti. «Ho fatto urlare i colori», scrive Munch. «Ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura».

MUNCH, Il grido interiore

Milano, Palazzo Reale

14 settembre ’ 24 - 26 gennaio ’ 25 Roma, Palazzo Bonaparte 18 febbraio - 2 giugno 2025

www.arthemisia.it

Cultura

er tutti i diavoli!”. Risuona ancora l’iconica esclamazione di Tex Willer, il ranger più amato d’Italia, mentre cavalca verso nuove avventure sulle pagine della Sergio Bonelli Editore. Il leggendario personaggio, che ha segnato l’infanzia e conquistato il cuore di generazioni di italiani, questo mese ha festeggiato 76 anni di successi. Era il 1948 quando Gianluigi Bonelli (con lo pseudonimo di Guido Nolitta), insieme al disegnatore Aurelio Galleppini creò un cowboy dal passato misterioso e dal grilletto facile. Nato da madre italiana e padre navajo, Tex si ritrova a cavallo tra due mondi, difendendo i più deboli e combattendo l’ingiustizia. Un personaggio complesso e sfaccettato, che ha saputo conquistare il pubblico con la sua personalità forte, il suo senso di giustizia e il suo legame con la natura. Le sue avventure si svolgono nel selvaggio West americano di fine Ottocento - di cui Bonelli era grande conoscitore ed appassionato - un periodo storico ricco di fascino e contraddizioni.

Ma Tex non è un semplice fumetto western: fin dalle prime tavole mescola elementi storici e fantasia, creando un universo narrativo unico e coinvolgente. I personaggi di questa saga prendono ispirazione dai grandi classici del cinema western, come i film di John Ford e Howard Hawks; lo stesso ranger è stato disegnato inizialmente con le fattezze dell’attore Gary Cooper. Un duro dal cuore d’oro. Tex

BUON COMPLEANNO TEX! IL RANGER PIÙ FAMOSO DEL WEST COMPIE 76 ANNI

Un personaggio complesso che conquista il pubblico con la sua personalità e senso di giustizia, capace di mescolare storia e fantasia

Dario De Felicis

raccoglie un successo così grande da diventare fenomeno culturale. Le sue storie uniscono le generazioni, trasmettendo valori come il coraggio, la lealtà e il rispetto per la diversità. E lui, cappello a tesa larga, camicia gialla e jeans, insieme al fedele e insostituibile cavallo Dinamite, diventa il simbolo del fumetto italiano nel mondo, rappresentando la passione per l’avventura e il senso di rettitudine. Nel corso dei suoi 76 anni di vita editoriale, la testata ha visto alternarsi alla sua guida alcuni dei più grandi nomi del fumetto italiano. Oltre al creatore Gianluigi Bonelli, Sergio Bonelli (figlio di Gianluigi), Mauro Boselli e Alfredo Castelli. Ogni autore è sempre riuscito a portare uno stile e una sensibilità particolare, arricchendo il personaggio e rendendolo sempre più amato. Anche il lato grafico ha visto susseguirsi grandi disegnatori, da Aurelio Galleppini a Guglielmo Letteri, da Claudio Villa a Marco Nizzoli, ognuno ha contribuito a creare l’inconfondibile iconografia di Tex. Oggi, dopo più di 7 decenni, il ranger continua ad essere un mito del fumetto italiano e internazionale, oltre ad essere uno dei personaggi a china più longevi. Le sue storie, tra serie regolari, ristampe e altri albi speciali, non si fermano, guardando dritte al futuro e ai nuovi lettori. E le collezioni dei nonni diventano le letture dei nipoti, sempre nel vecchio West, sempre con Tex, Dinamite e gli inseparabili Tiger Jack e quel “tizzone d’Inferno” di Kit Carson.

di

più originale continuare a fare il postino. Almeno cammini molto e non ingrassi mai. Noi poeti siamo tutti obesi», diceva Pablo Neruda. O meglio, lo diceva Philippe Noiret che interpretava il poeta nel film Il Postino. La pellicola diretta da Michael Radford nel 1994 è ispirata al romanzo Ardiente paciencia di Antonio Skármeta e racconta la toccante storia di un’amicizia tra il postino Mario Ruoppolo e il poeta cileno Pablo Neruda, esiliato in un piccolo villaggio di pescatori in Italia. Qui, tra gli abitanti dell’isola quasi totalmente analfabeti e dediti al loro mestiere spicca la figura immaginaria del postino che “sa leggere e scrivere, senza correre però” - come dice di sé stesso prima di ascoltare i versi del poeta - e riesce a costruire un legame unico con Neruda. Una storia d’amicizia e arte che spinge a riflettere sulla forza della parola in grado di trascendere gli stereotipi e le barriere culturali. Il Postino è l’opera che ha consegnato alla storia del cinema l’ultimo sforzo artistico di Massimo Troisi, contribuendo a mantenerne viva la memoria di attore, regista e “poeta dell’anima”. La genesi del film, infatti, è stata fortemente segnata dalla sua passione e determinazione. Nonostante le sue precarie condizioni di salute, Troisi si impegnò anima e corpo nella realizzazione del progetto, desideroso di portare sul grande

IL POSTINO, TRENT’ANNI DI POESIA E CINEMA

Il 1° settembre 1994, usciva nelle sale cinematografiche un'opera destinata a diventare un classico: l'ultimo capolavoro di Massimo Troisi. Un'eredità artistica immortale, lasciata in seguito alla sua prematura scomparsa, avvenuta poco dopo la fine delle riprese

schermo una storia che sentiva profondamente. L’attore, che già soffriva di gravi problemi cardiaci e si spense poche ore dopo aver terminato le riprese, rinviò un intervento al cuore, dimostrando un’incredibile dedizione verso l’arte cinematografica. La sua performance, infatti, fu lodata per sensibilità e autenticità, consolidando la sua reputazione come uno dei più grandi attori italiani della sua generazione. Il Postino fu accolto con entusiasmo sia dal pubblico che dalla critica, diventando rapidamente un successo internazionale. Il film fu candidato a cinque premi Oscar nel 1996, tra cui Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore per Massimo Troisi, Miglior Sceneggiatura Non Originale e Miglior Colonna Sonora. La musica, composta da Luis Bacalov, vinse l’Oscar per la Miglior Colonna Sonora,

contribuendo a rendere indimenticabile l’atmosfera del film. Oltre agli Oscar, il film vinse numerosi altri premi, tra cui il Bafta per la Miglior Regia e il David di Donatello per il Miglior Film. Sono passati trent’anni dalla prima proiezione nelle sale, ma la pellicola ha ancora un impatto significativo nel panorama cinematografico. La figura di Neruda è riconosciuta come un simbolo dell’arte e strumento di cambiamento e consapevolezza mentre si celebra la ricchezza culturale dell’Italia rurale. Dal 1994 Il Postino continua a essere un film amato e apprezzato, un capolavoro che celebra la bellezza della vita, dell’amicizia e della poesia: l’eredità più preziosa di Massimo Troisi.

Sopra, Massimo Troisi e Philippe Noiret in una scena del film Il Postino (1994)
© Buena Vista

Cultura

GIGI RIVA LA LEGGENDA OLTRE IL ROMBO DI TUONO

I ricordi di chi l'ha conosciuto in un libro-tributo che omaggia il grande campione scomparso quest'anno di Berardo Falcone

Quando si parla di Gigi Riva, la mente corre immediatamente a “Rombo di Tuono”, l’attaccante che ha fatto sognare milioni di italiani. Ma chi era davvero l’uomo dietro la leggenda? Il libro Gigi Riva, il campione, l’amico, il mito di Umberto Oppus e Mario Fadda, pubblicato da Carlo Delfino Editore, offre uno sguardo intimo e accurato di questa figura straordinaria.

Il volume è composto da tantissime testimonianze di amici, compagni di squadra e colleghi che raccontano il calciatore non solo per le sue imprese sportive, ma anche per la sua profondità umana. Sono voci autorevoli, da Roberto Baggio, Bruno Pizzul a Luciano Spalletti e Dino Zoff, solo per citarne qualcuna.

La narrazione è fluida e appassionata e alterna aneddoti personali a momenti cruciali della carriera di Riva, trasportando il lettore in un viaggio emozionale, in cui è facile respirare l’aria degli stadi degli Anni ’60 e ’70. Quella che emerge è l’immagine di un campione assoluto, dotato di una tecnica sopraffina e di una forza fisica che qualcuno mitizza addirittura come ‘sovrumana’. Eppure, Riva era anche un uomo schivo e riservato, profondamente legato alle sue origini e ai suoi affetti. Un aspetto, quello del

dualismo tra il fuoriclasse in campo e l’uomo semplice nella vita di tutti i giorni, reso molto bene dagli autori. Ci si rende conto dalle prime pagine che questo non è solo un libro di calcio, ma anche una storia di riscatto e di amore per uno sport e per una terra, la Sardegna, che Riva ha adottato come seconda casa: l’Isola e l’indissolubile legame con i colori rossoblu del Cagliari, con cui vinse lo storico

Gigi Riva il campione, l'amico, il mito di Umberto Oppus e Mario Fadda CARLO DELFINO EDITORE, 2024 264 PAGINE

In alto, Gigi Riva in una foto contenuta all'interno del libro

scudetto nella stagione 1969-’70. Ciò che rende interessante il volume su "Rombo di Tuono" è che non si limita a commemorare i suoi successi, le gioie e gli allori che lo sport gli ha regalato, ma affronta anche i momenti più bui: gli infortuni, le delusioni, le scelte difficili. Tra le righe dei vari racconti emerge il ritratto di un uomo integro, fedele ai propri principi e profondamente legato alle sue radici. In più, la struttura dell’opera diventa ancora più ricca e completa grazie ad una nutrita galleria di fotografie d’epoca. Questo prezioso scrigno di ricordi è un’opera che va oltre le statistiche e i record. È un tributo a un uomo che ha lasciato un segno indelebile non solo nel calcio, ma anche nel cuore di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o di vederlo giocare. Oppus e Fadda ci consegnano un ritratto umano e professionale di Riva che emoziona e, con qualche aneddoto, è capace anche di strappare un sorriso. Per chi è appassionato di calcio e per chiunque voglia conoscere più da vicino la storia di un simbolo dello sport italiano, il libro è una lettura molto stimolante. Perché oltre ad essere una raccolta di racconti ed immagini è una celebrazione discreta e affettuosa di un campione, di un amico. Che ha valicato i confini dello sport per diventare mito.

GLI EFFETTI

PSICOSOMATICI DELLO

STRESS CRONICO

In un mondo in cui molti problemi sono presenti sia fuori che dentro le mura domestiche, le risposte adattative dell’uomo alle sollecitazioni da stress possono essere principalmente di tre tipi. La più funzionale è la risposta basata sulla ‘resilienza’, ossia la capacità di essere flessibili e di adattarsi rapida-

Tra le principali concause di molte malattie dei nostri giorni può assumere differenti forme a volte difficili da riconoscere

mente a circostanze mutevoli e, allo stesso tempo, la capacità di mantenere livelli di emozioni positive anche di fronte ai problemi.

Altro tipo di risposta è invece quella data dallo ‘stress’ come condizione disturbante sia fisica che mentale ed emozionale, per la quale non si hanno risorse efficaci di adattamento.

La risposta emotiva più pesante è invece quella percepita come un ‘trauma’, dove l’individuo si sente temporaneamente inerme ed è privo di strategie di difesa.

L’evento che attiva una condizione stressogena scatena nel corpo una serie di risposte atte a riportare la persona verso la condizione di equilibrio perduta. In relazione all’entità e alla frequenza di eventi negativi si attivano nel corpo una serie di reazioni chimiche come la produzione di cortisolo (ormone dello stress) e il rilascio di catecolamine (adrenalina e noradrenalina che preparano il corpo ad una reazione di attacco o di fuga).

Tutto parte dal cervello in relazione alla capacità di valutazione dell’entità dell’evento scatenante come risposta (consapevole o inconsapevole) di azione e reazione. Il tutto avviene però in relazione al significato che ogni individuo, nel suo essere, nella sua unicità e in relazione al proprio vissuto, attribuisce all’evento scatenante, sia esso negativo ma che può essere anche un evento di base positivo (lutto, stress lavorativo, aggressione, ma anche una nascita, un matrimonio, etc.).

In risposta al livello di fiducia nella nostra capacità di poter gestire il tipo di stress, ossia in base a quanto pensiamo di poter riuscire ad affrontare e risolvere il problema, il sistema neuro-endocrino modula il rilascio di sostanze in base alla richiesta/reazione percepita. A parità di evento la risposta chimica è dif-

ferente per ogni individuo ed è condizionata dal proprio vissuto e dalle proprie esperienze.

Come detto, le due risposte considerate ‘normali’ sono di attacco oppure di fuga. Ma quando siamo di fronte a condizioni di stress continuo il corpo può attivare una risposta primordiale o ‘arcaica’. Il cervello attua un sistema di difesa subconscio e predispone il corpo verso una modalità di stand by, di attesa, di morte apparente, che è una via di fuga che a volte può salvare la vita. Questo perché l’inconscio sa che spesso il ‘predatore’ non è attratto da una preda inanimata.

Nel breve termine le risposte di attacco o fuga consentono il ripristino di una condizione di equilibrio e possono riportare comunque a una condizione di normalità e benessere. Ma nel lungo periodo si attivano delle risposte croniche, di tipo infiammatorio, che condizionano lo stato di salute. La cronicità è sempre ‘tossica’. Se lo stress è cronico la componente ormonale (cortisolo e catecolamine) resta sempre in

circolo, anche se l’evento scatenante non è più presente. E ad ogni evento scatenante il soggetto si stressa con sempre maggiore facilità.

In questi soggetti è possibile che si instauri una condizione di alternanza tra dolore acuto e dolore cronico. Recentemente si è scoperto che le stesse aree cerebrali preposte alla elaborazione del dolore fisico vengono utilizzate anche per il dolore generato dalle problematiche presenti nei rapporti interpersonali (ad esempio, il sentirsi rifiutati dagli altri). Tra i dolori più frequenti si presentano disturbi a carico del sistema gastrointestinale (sindrome del colon irritabile oppure stipsi) e muscolo-scheletrico (lombalgie, dorsalgie e cervicalgie frequenti), come anche per il sistema genito-urinario (ad esempio, il vaginismo o la minzione dolorosa).

È indispensabile ricorrere sempre all’aiuto dello psicologo, che aiuterà la persona nella gestione dello stress in équipe con altri specialisti per un approccio che rispetti e tuteli il paziente nella sua totalità e unicità.

RESPIRAZIONE

COME STRUMENTO

DI CURA

Una strategia molto utile nella gestione dello stress è data da esercizi per il controllo della respirazione. Si deve respirare profondamente e lentamente, possibilmente distesi o anche seduti. È un esercizio da ripetere quotidianamente anche più volte al giorno per 15-30 minuti, cercando di essere il più possibile presenti a sé stessi senza farsi distrarre da pensieri astratti o da ansie su cosa sarà o cosa succederà il giorno dopo o nel futuro. Si deve essere concentrati e possibilmente rilassanti sul presente, su ciò che si vive nel momento. È un esercizio molto utile per produrre un effetto indotto a livello cerebrale sia di rallentamento dell’ansia che della capacità di attenuare l’intensità dello stress nel tempo.

In osteopatia il trattamento generale osteopatico (Tgo), sempre in armonizzazione con il ritmo respiratorio, può essere un ottimo strumento per ridurre la tensione e nel tempo la concentrazione dei livelli di cortisolo (ormone dello stress). Come molti altri, lo yoga, il thai-chi e la terapia cranio-sacrale sono strumenti altrettanto utili. Ad ognuno la sua attività motoria, quella che veste meglio e si percepisce più adatta alla ricerca di sé stessi e per tornare in sintonia e armonia con il proprio sé e il proprio corpo.

L'angolo della veterinaria

PERCHÉ È IMPORTANTE COMUNICARE BENE

CON IL PROPRIO CANE

Grazie alla disciplina della prossemica possiamo scoprire come rispettare le distanze con i nostri amici a quattro zampe e quali sono le posture migliori per interagire in modo sicuro e creare un legame armonioso

Il cane tende a marcare il territorio e per comunicare utilizza non solo vocalizzi, posture, odori e segnali, ma anche la prossemica. Lo spazio, la traiettoria e la cinetica sono elementi fondamentali da conoscere per poter interagire in modo corretto con qualsiasi cane incontrato per strada e per creare la giusta armonia con il proprio pet.

Il termine prossemica, coniato nel 1963 dall’antropologo statunitense Edward T.Hall, è un neologismo che deriva dalla parola latina proximitas e vuol dire “prossimità”. La prossemica è una disciplina che ha un ruolo decisamente rilevante nella comunicazione inter ed intraspecifica, perché studia l’utilizzo dello spazio nelle interazioni tra soggetti della stessa specie o non.

COSA SONO

LE BOLLE VIRTUALI

Le bolle virtuali rappresentano lo spazio esistente tra due soggetti. Secondo l’antropologo T.Hall, esisterebbero intorno al cane quattro bolle virtuali concentriche dette ‛zone’. La zona intima tra 0-45 cm, la zona personale tra 45 cm e 1.20 cm, la zona sociale tra 1.20-3.60 metri e la zona pubblica oltre i 3.60 metri. Tali zone hanno un ruolo decisamente rilevante per il cane quando interagisce sia con un altro animale che con una persona.

IL RUOLO DI CIASCUNA

BOLLA VIRTUALE

Ciascuna bolla ha un ruolo sociale per l’animale e osservare la distanza che separa il cane da una persona è

fondamentale per capire che tipo di legame li unisce. Le distanze che i cani tendono ad assumere sono in ogni caso influenzate da più fattori quali il livello di socializzazione, le esperienze vissute e lo spazio a disposizione. Il cane è molto geloso dei suoi spazi ed è per questo che tenderà a condividere la zona intima solo con suoi familiari e con le persone di cui si fida particolarmente. È per questo motivo che sarebbe opportuno non avvicinarsi mai ad un cane sconosciuto se non è lui a farlo per primo. Non rispettare i suoi spazi e avvicinarsi a un cane in modo scorretto, utilizzando una traiettoria rettilinea potrebbe infatti, talora, essere pericoloso, specialmente se l’animale non è ben socializzato. La traiettoria rettilinea è considerata dal cane come un affronto diretto frontale e viene infatti vista come una sfida, è per questo motivo che potrebbe reagire in modo aggressivo, ringhiando o mordendo. Per avvicinarsi a un cane occorre, infatti, sempre fare un semicerchio e porsi al suo lato.

Nella zona personale due soggetti sono vicini, ma non vi è il contatto. Generalmente, viene mantenuta tale distanza durante il gioco. Nella zona sociale invece il cane ha la possibilità di interagire con la persona o l’animale senza avere però alcun contatto. Nella zona pubblica il pet tende a tollerare maggiormente le interazioni perché è molto estesa.

LE POSIZIONI DEL CORPO

DELLE PERSONE

HANNO UN SIGNIFICATO

Per il cane le posizioni del corpo assunte dalle persone hanno un significato ben preciso.

È utile, non solo per chi vive con un cane ma per chiunque, sapere come muoversi in presenza di un cane. Talora, infatti, molti comportamenti assunti dai bambini per strada, ma cosa più grave anche dagli adulti, alla vista di

un cane sono spesso molto pericolosi. La posizione frontale viene vista dal cane come un atto di sfida, intimidazione e asserzione. È quindi una posizione da non utilizzare con animali sconosciuti.

La posizione obliqua a 45 gradi frontale rappresenta per il cane una richiesta, mentre quella posteriore semivoltato significa “seguimi”.

La posizione laterale è sicuramente la migliore per relazionarsi con un cane anche sconosciuto, dopo essersi avvicinati e dopo aver percorso un semicerchio.

La posizione posteriore al cane viene utilizzata per motivarlo a fare qualcosa. Potrebbe essere utile quando il cane non si vuole muovere, per incitarlo ad alzarsi e a camminare. Questa posizione potrebbe essere utilizzata anche per spingere il pet a difendervi da qualcuno.

Voltarsi o girarsi di schiena può avere più significati, dipende dal contesto. Può indicare disapprovazione nei confronti di un certo comportamento oppure indifferenza o sottomissione.

OSSERVARE DOVE STA IL PET È UTILE

Osservare la posizione del pet può essere utile per capire la sua personalità e per comprendere il tipo di relazione che ha con i suoi familiari. Cani più riservati, timidi e paurosi tenderanno a stare vicino ai proprietari quando sono in una stanza. Quelli più sicuri occuperanno invece il centro della stanza. Cani socievoli tenderanno ad avvicinarsi agli sconosciuti senza esitazione, quelli abituati a fare la guardia si collocheranno invece in vicinanza delle porte per controllare.

LInps a sorpresa chiude in attivo anche il 2023. Il Rendiconto generale, presentato lo scorso luglio dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ), evidenzia un saldo della gestione finanziaria di competenza di 12,18 miliardi di euro, con un risultato economico di esercizio positivo per 2,06 miliardi e un avanzo patrimoniale netto che passa da 23,22 a 29,78 miliardi. Valori positivi inferiori rispetto all’esercizio 2022, ma superiori sia al 2021 sia alle previsioni per il 2023.

«Il Rendiconto 2023 evidenzia un risultato importante per l’Istituto e rappresenta un ulteriore elemento che attesta l’equilibrio del sistema previdenziale pubblico italiano», ha sottolineato Roberto Ghiselli, presidente del Civ. Nonostante le pensioni liquidate nel 2023 siano state in totale 837.399 rispetto alle 876.024 dell’anno precedente, la spesa sostenuta dall’Inps ha registrato un incremento di ben 20,89 miliardi di euro, dovuto in gran parte alla rivalutazione delle pensioni a fronte dell’impennata inflazionistica raggiunta nel 2022.

Significativa riduzione invece della spesa per il sostegno al reddito, con un risparmio di 7,62 miliardi di euro, in particolare per la mancata proroga dei bonus da 150 e 200 euro. È cresciuta la spesa per i trattamenti di disoccupazione (+1,5 mld), ma risultano in calo le integrazioni salariali e

INPS PRESENTATO IL RENDICONTO CONTI IN EQUILIBRIO, MA OCCORRE PREPARARSI ALLE SFIDE FUTURE

Nel 2023 la spesa per le pensioni ha superato i 300 milardi di euro, con un aumento del 7,4% rispetto al 2022. Serve una riforma stabile del sistema pensionistico che punti anche sul secondo pilastro

anche i trattamenti di malattia. Sostanzialmente invariate le spese per l’inclusione sociale, con una diminuzione di 1,35 miliardi per Reddito e Pensione di Cittadinanza e un aumento di 1,08 miliardi per le prestazioni di invalidità civile. Crescono sensibilmente le spese a sostegno della famiglia, in particolare per l’Assegno unico, che ha raggiunto i 18,24 miliardi di euro. I dati presentati dall’Inps riaccendono inevitabilmente il dibattito sul tema delle pensioni in Italia. Le misure sperimentali introdotte negli ultimi anni per addolcire la Legge Fornero, come per esempio il sistema delle “Quote”, l’Ape Sociale e Opzione Donna, sono in scadenza e, considerata l’esiguità delle risorse a disposizione, potrebbero non essere prorogate. Pierangelo Albini, coordinatore della Commissione economico-finanziaria del Civ, ha sottolineato come dal rendiconto emerga la «necessità di affrontare il nostro futuro con lungimiranza, responsabilità e prudenza» e come sia indispensabile «un salto culturale rispetto ai temi del welfare».

Anche il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, nel corso del suo intervento durante la presentazione del Rendiconto, apparentemente abbandonando l’idea di “quota 41”, forse anche a seguito dei risultati non proprio brillanti ottenuti dal Carroccio alle elezioni europee, ha sottolineato la necessità di una riforma stabile: «Dob-

biamo trovare le modalità in questi anni per fare una riforma pensionistica che possa dare flessibilità in uscita ma nello stesso tempo garantire l’efficienza del lavoro». Per farlo, ha evidenziato Durigon, è necessario rafforzare il secondo pilastro, ossia la previdenza complementare: «Il pensiero principale deve essere sui giovani. Devono costruire il loro sistema pensionistico e dobbiamo dare loro la facoltà di coprire i buchi previdenziali».

Dichiarazioni senza dubbio condivisibili, ma non del tutto in linea con le recenti affermazioni - non proprio ottimistiche - del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, la cui priorità rimane la conferma del taglio del cuneo contributivo. In questo scenario, potrebbe essere il Cnel a fornire la soluzione economica per l’attuazione della tanto attesa riforma delle pensioni ed evitare la proroga delle misure in vigore.

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, infatti, lo scorso febbraio ha istituito il gruppo di lavoro “Riforma e prospettive del sistema previdenziale” e prevede di definire per l’inizio di ottobre una proposta di disegno di legge per la riforma del sistema pensionistico.

Ci auguriamo davvero che questa sia la volta buona e che nel 2025 possa finalmente vedere luce la tanto annunciata riforma strutturale del nostro sistema previdenziale.

DIRITTI INESPRESSI Li hai mai verificati?

Alcune prestazioni assistenziali e previdenziali, senza una esplicita richiesta, non vengono riconosciute

RIENTRANO NEI DIRITTI INESPRESSI:

Assegno Unico

Assegno familiare

Integrazione al trattamento minimo

Maggiorazioni sociali

Quattordicesima

Maggiorazione per ex combattenti

Aumento al “milione”

Prestazioni a favore degli invalidi civili

Supplemento di pensione

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Il Patronato 50&PiùEnasco è a tua disposizione per la verifica dei tuoi “diritti inespressi” e per il ricalcolo della pensione

a cura di Alessandra De Feo

INTERVENTI EDILIZI

DRASTICA STRETTA

ALLA CESSIONE DEI CREDITI

Le agevolazioni inizialmente previste hanno subìto varie modifiche normative, che indichiamo in sintesi

Come è noto le agevolazioni collegate agli interventi edilizi (compreso ecobonus, superbonus, sismabonus e bonus barriere architettoniche) sono state oggetto di una quantità innumerevole di modifiche normative. Arrivando ai tempi più recenti, riveste un particolare rilievo il D.L. 39/2024, in vigore dal 29 marzo 2024 e, successivamente, la relativa Legge di conversione, n. 67/2024, entrata in vigore il 29 maggio 2024 (pubblicata su G.U. del 28 maggio 2024).

Queste normative, rappresentano dei veri spartiacque per il contribuente interessato alla materia. Infatti, fino a marzo (e a maggio 2024), la detrazione riconosciuta per i citati interventi edilizi, a scelta del contribuente, poteva essere utilizzata, in modo diretto, in sede di dichiarazione dei redditi, in riduzione delle proprie imposte, oppure, alternativamente, cedere il relativo credito a terzi, con le modalità ed i termini previsti dalla legge. Con detto Decreto si è iniziato a porre un blocco alla cessione dei crediti ma, passo importante e determinante si è avuto con la legge di conversione, con cui si è mirato anche ad eliminare le residue fattispecie per le quali risultava ancora vigente l’esercizio delle opzioni di cessione e sconto al posto delle detrazioni, aspetto, questo, che si ritiene debba essere considerato con maggiore interesse e attenzione. In sede di conversione, infatti, il legislatore ha inserito alcune disposizione che non solo hanno drasticamente ristretto l’operatività dei contribuenti

interessati ma, hanno interessato anche le fattispecie residuali ancora in essere, e tutto ciò, è stato fatto in modo repentino, senza concedere alcun periodo al contribuente per adeguarsi alla radicale modifica introdotta. Le modifiche possono essere così riassunte: obbligo di “spalmare” la detrazione in 10 anni per gli interventi di superbonus, sismabonus e barriere architettoniche; stop dal 30 marzo allo sconto in fattura e alla cessione del credito anche per barriere architettoniche, case popolari (Iacp), cooperative di abitazioni, onlus (salvi solo i lavori già avviati e gli interventi in zone colpite dal sisma). E ancora, stop alla remissione in bonis con la conseguenza che il termine ultimo per la comunicazione dell’opzione della cessione del credito, delle spese sostenute nel 2023, è fissato al 4 aprile 2024 e, delle quote residue degli anni precedenti, è il 29 mag-

gio 2024; obbligo di comunicazione preventiva; blocco della fruizione dei bonus edilizi da parte di soggetti con debiti erariali.

E infine, bonus ristrutturazioni al 30% dal 2028; vigilanza e controllo da parte dei comuni per gli interventi superbonus; contributi a fondo perduto per terzo settore e aree colpite da terremoti ed eventi calamitosi.

A parere della scrivente, la disposizione su cui si pone una maggiore riflessione, anche per il breve termine concesso al contribuente, è quella con cui è stata esclusa la regolarizzazione in bonis; per cui, ad oggi, la mancata comunicazione entro il 4 aprile e il 29 maggio non è sanabile come, invece, in precedenza, consentendo di inviarla entro il 15 ottobre prossimo, pagando la sanzione di 250 euro. In merito invece agli interventi in essere e futuri, la legge ha introdotto diverse disposizioni di notevole utilità. Ad esempio, ha previsto l’obbligo della comunicazione preventiva di informazioni aggiuntive, e ciò al fine di garantire un monitoraggio anticipato degli interventi e delle spese previste, non solo nel momento in cui le fatture vengono caricate, consentendo, così di garantire trasparenza e controllo sulle agevolazioni. L’omessa trasmissione della suddetta comunicazione, per lavori già avviati determina l’applicazione di una sanzione pari a 10mila euro, mentre, per i nuovi interventi è prevista la decadenza dall’agevolazione fiscale.

Il Decreto, inoltre, stabilisce, a far data dal 1° luglio 2024, la sospensione dalla possibilità di compensare con i crediti da bonus edilizi i debiti erariali per importi superiori a 10.000 euro, quando il termine di scadenza per il pagamento è già decorso da 30 giorni e non siano in essere provvedimenti di sospensione o per i quali sia intervenuta decadenza dalla rateazione.

L’ISEE in corso di validità permette di richiedere prestazioni sociali agevolate e riduzioni di costo di alcuni servizi di pubblica utilità

LA CERTIFICAZIONE ISEE DÀ DIRITTO A:

tariffe agevolate per le prestazioni socio sanitarie

riduzione delle tasse scolastiche (es. nido, università, mensa)

incentivi statali

assegno unico familiare

ADI (Assegno di inclusione)

riduzione per servizi di pubblica utilità (bonus energia, idrico, gas);

agevolazione abbonamenti trasporti

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Gli Uffici 50&PiùCaf sono a tua disposizione per offrirti assistenza e consulenza nell’elaborazione dell’attestazione ISEE

CINQUANTENNALE 50&PIÙ

MEZZO SECOLO DI TRAGUARDI RAGGIUNTI

Vi invitiamo a celebrare insieme un momento davvero speciale: i 50 anni di 50&Più, dall’11 al 13 novembre, nella suggestiva cornice di Roma. Saranno tre giornate indimenticabili pensate per riunirci e festeggiare questo traguardo significativo.

Unitevi a noi per vivere insieme questa importante tappa di 50&Più a Roma, una città intrisa di storia, cultura e spiritualità, che sarà il perfetto scenario per festeggiare i nostri 50 anni di vita e di impegno. Vi aspettiamo numerosi per condividere questo momento di gioia e di gratitudine.

PER INFORMAZIONI

e per conoscere le quote di partecipazione chiedi alla sede 50&Più a te più vicina L’elenco è consultabile alle pagine 96-97 e su www.50epiu.it/dove-siamo

11-13 NOV ROMA

11 NOVEMBRE

Arrivo a Roma

Dall’arrivo dei gruppi provinciali nella mattinata l’atmosfera sarà carica di entusiasmo. Nel pomeriggio, per chi desidera approfondire la conoscenza della Capitale, sono disponibili numerose visite guidate facoltative. Guide esperte ci accompagneranno attraverso i principali punti di interesse, arricchendo l’esperienza con racconti storici e aneddoti. Tra passeggiate rilassanti e percorsi culturali, ogni momento trascorso in città si trasformerà in un ricordo prezioso. Cena nei rispettivi Hotel e pernottamento.

12 NOVEMBRE

Visite e celebrazione del Cinquantennale di 50&Più

La mattinata sarà dedicata alla scoperta della Città Eterna, con ulteriori escursioni e percorsi facoltativi che permetteranno di immergersi nella sua storia millenaria. Nel pomeriggio ci riuniremo all’Auditorium della Conciliazione per un evento speciale dedicato alla celebrazione dei successi e dei momenti significativi dell’Associazione nel corso degli anni. L’esibizione del gruppo ARIA ci emozionerà con straordinarie interpretazioni delle colonne sonore più celebri, creando un’atmosfera unica. Cena nei rispettivi Hotel e pernottamento.

13 NOVEMBRE

Udienza papale e partenze

La mattina avremo l’opportunità unica di partecipare all’Udienza papale presso la Sala Nervi in Vaticano. Un momento emozionante che ci permetterà di incontrare il Santo Padre e di vivere un’esperienza spirituale profonda. Il pomeriggio sarà il momento delle partenze, con i cuori pieni di ricordi preziosi e di nuove amicizie fatte durante questi giorni indimenticabili.

Turismo

DAL 21 NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE

9 NOTTI / 10 GIORNI

THAILANDIA CLASSICA

Un viaggio alla scoperta del Nord della Thailandia, partendo da Bangkok, per finire ad Ayutthaya, Sukhotai, Chang Rai e Chang Mai. Un itinerario nell’esotismo autentico, nell’Oriente che sa essere misterioso, porzione di mondo antico e modernissimo. Natura incontaminata, città scintillanti e postmoderne, arte antica e devozione eterna, palazzi reali e beauty farm. Una meta ricca di sorprendenti contraddizioni, una terra dove è semplice essere felici.

Quota individuale di partecipazione (9 notti / 10 giorni)

In camera doppia (minimo 15 partecipanti) € 3.050

Assicurazione annullamento compresa nel prezzo

Partenze da altri aeroporti su richiesta

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione

Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Sistemazione in Hotel 4-5 stelle locali • Trattamento di pensione completa (bevande escluse) • Trasferimenti con mezzo privato • Visite guidate come da programma • Crociera sul fiume Sakae Krang • Guida locale parlante italiano • Accompagnatore 50&Più dall’Italia.

La quota non comprende: Tasse aeroportuali • Bevande, mance, extra, facchinaggio e tutto quanto non specificato ne “La quota comprende”.

DAL 29 NOVEMBRE AL 3 DICEMBRE

4 NOTTI / 5 GIORNI

DUBAI & ABU DHABI

Dubai offre esperienze memorabili e piene di contrasti: il quartiere storico Dubai Creek, con i Souk delle Spezie e dell’Oro raggiungibili a bordo del tipico Abra; Dubai moderna, con il Burj Khalifa, l’edificio più alto al mondo, il Dubai Mall, con oltre 1.200 negozi; Dubai Marina, con il mare limpido, gli hotel di lusso e Palm Jumeirah. Abu Dhabi si farà apprezzare per i grattacieli e la Grande Moschea, una delle più grandi al mondo, mentre l’esperienza nel deserto dorato con i veicoli 4x4 incanterà con la cena sotto il cielo stellato.

Quota individuale di partecipazione (4 notti / 5 giorni)

In camera doppia a partire da € 2.190

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione

Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Voli di linea Emirates in partenza da Milano/Roma/ Napoli • Tasse aeroportuali (da riconfermare) • Sistemazione in Hotel 4 stelle • Pasti come da programma (prime colazioni + 1 cena in hotel + 1 cena in ristorante + 1 cena barbecue nel deserto + 1 cena sul Dhow + 2 pranzi in ristorante, bevande escluse) • Escursioni e trasferimenti indicati con bus e guida locale • Ingressi previsti da programma • Tasse • Assicurazione medico–bagaglio base.

La quota non comprende: Facchinaggio • Assicurazione annullamento (€ 90) • Mance (obbligatorie, si consiglia di prevedere 10 USD per persona al giorno da consegnare alla guida) • Pasti, bevande e quanto non specificato.

DAL 15 AL 22 FEBBRAIO 2025

CON

8

CROCIERA MSC VIRTUOSA

ALLA SCOPERTA DELLE ANTILLE E DEI CARAIBI

Un’avventura incredibile attraverso i Caraibi con una crociera a bordo dell’elegante MSC Virtuosa. Partendo da Fort de France (Martinica), questo viaggio esclusivo ti porterà alla scoperta di alcune delle isole più affascinanti dei Caraibi, immergendoti in culture vibranti e paesaggi paradisiaci, come Guadalupa, Saint Lucia, Barbados, e l’arcipelago delle isole Grenadine. A bordo della MSC Virtuosa non mancheranno comfort e lusso, ristoranti gourmet, aree relax e intrattenimento, garantendo un’esperienza di viaggio di prima classe. Le giornate in mare saranno altrettanto entusiasmanti, grazie alla vasta gamma di attività disponibili. Per rendere il tuo viaggio più confortevole, oltre all’accompagnatore 50&Più, includiamo nella quota il pacchetto bevande all inclusive easy.

QUOTA

INDIVIDUALE

IN CABINA DOPPIA INCLUSO:

volo andata/ritorno da Roma + trasferimenti da e per l’aeroporto alla nave + pensione completa incluse bevande all inclusive easy

Cabina Interna Deluxe (IR)

Cabina Esterna Deluxe (OR)

Cabina Balcone Deluxe (BR)

Tasse portuali

Assicurazione medico- bagaglio e annullamento viaggio

Quote di servizio (ex mance obbligatorie) da pagare a bordo

€ 2.050

€ 2.240

€ 2.380

€ 180

€ 80

€ 84

Cabine singole e multiple in numero limitato su richiesta

Per i non soci 50&Più è prevista la quota di gestione pratica:

€ 50 per persona

La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta in Esperienza Fantastica • Volo andata e ritorno Roma Fiumicino-Fort de France • Trasferimento dall’aeroporto al porto di imbarco e viceversa • Trattamento di pensione completa a bordo: caffè mattutino, prima colazione (colazione in cabina consegna gratuita), pranzo, cena, tè pomeridiani, buffet e sorprese gastronomiche di mezzanotte • Pacchetto bevande all inclusive easy • Utilizzo (non in esclusiva) di tutte le attrezzature della nave: piscine, lettini, palestra, idromassaggio, discoteca, biblioteca • Partecipazione (non in esclusiva) alle attività di animazione di bordo, spettacoli musicali, serate a tema, ecc. • Facchinaggio dei bagagli nei porti di imbarco e sbarco • Mezzi di imbarco e sbarco nei vari scali (non in esclusiva). La quota non comprende: Tasse portuali (€ 180) • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento viaggio (€ 80) • Quote di servizio (€ 84) • Escursioni ed i tour organizzati • Servizi di carattere personale • Extra in genere e quanto non espressamente indicato alla voce “La quota comprende”.

N.B. Il viaggio sarà confermato al raggiungimento di 20 partecipanti.

UN CAPOLAVORO IN MARE

MSC Virtuosa prende il suo nome dal termine 'virtuoso', che indica eccellenza in qualsiasi campo di attività. Così, MSC Virtuosa è stata nominata per rendere omaggio all’abilità e alla competenza degli architetti di MSC Crociere e dei partner dei cantieri navali di Les Chantiers de l’Atlantique, che hanno progettato e costruito questa classe innovativa di nave.

Itinerario:

Martinica - Guadalupa

St. Lucia - Barbados

Saint Vincent&TheGrenadine - Grenada

PRIMI PROFUMI D’AUTUNNO

«I malanni hanno origine in questi mesi di autunno. Perciò cautela alle intemperie onde non aversi raffreddori; mantenere il corpo con cibi sani»

Almanacco Barbanera 1886

a cura di

SETTEMBRE

È l’equinozio d’autunno a segnare un pacato, piacevole, cambio di passo. Le giornate man mano più brevi annunciano la nuova stagione, mentre la natura si veste dei colori più caldi dell’anno. Ma anche se le temperature cominciano a calare, settembre vuol dire ancora atmosfere d’estate, scandite dal ritmo di un tranquillo buonumore, dai gesti di un tempo ritrovato che sollecita nell’orto semine e raccolti. Mentre in cucina la tradizione si annuncia con i gesti sapienti e il dolce profumo delle confetture, pronte a catturare per l’inverno il sapore dei più gustosi frutti che la stagione dona. Senza dimenticare che nel bosco soleggiato more e funghi sono pronti a riempire il cestino, e a dire che sì, pure il momento della vendemmia è arrivato. Così in cantina i lavori fervono, l’uva è ovunque, si sceglie, si pigia, si assaggia il mosto prima di unirlo agli ingredienti dei buoni dolcetti dalla lunga storia. Calendario alla mano, si programmano le ultime gite fuoriporta, e intanto, al suono della campanella, si torna in classe.

IL FRUTTO DI SETTEMBRE

Generoso e gustoso!

Nell’orto è bellissimo. Foglie verde intenso, coste rosso vivo. Ma oltre a questo, il rabarbaro ha molte altre virtù: chiede poco, dona molto e cresce rapidamente. Rheum rhaponticum è il nome scientifico di questa generosa pianta perenne - ricresce da sola -, coltivata un tempo soprattutto per uso medicinale. Vigorosa e rustica, ha una grossa radice da cui nasce un bel cespuglio con grandi foglie ovali. Al secondo anno dall’impianto - che si fa in autunno per seme o con porzioni delle radici della pianta - produce il fiore, che si elimina se non si è interessati al seme. Si consumano infatti i gambi, raccolti da maggio e per tutta l’estate, dal sapore acidulo. La semina si effettua in Luna calante, in terreno fresco e ricco di sostanza organica. Se compare la ruggine (macchie giallo-arancio), si tratta a base di rame.

DA SAPERE. Mai mangiare le foglie. Contengono acido ossalico, velenoso.

VERDI AMICIZIE. È difficile da consociare, perché sviluppando molto fa il vuoto intorno. Dunque gli si dovrà dedicare spazio, circa un metro e più a pianta, per far crescere bene l’apparato fogliare.

BUONO A SAPERSI

Il legno va nutrito e protetto con le cere. In commercio ne esistono molti tipi da scegliere con attenzione: si possono fare danni irrimediabili usandone una per legni scuri sui legni chiari. Considerando poi che alcune contengono sostanze tossiche, conviene preparare in casa una cera a partire da quella d’api, adatta alla maggior parte dei legni. Si aggiungono, mescolando bene, 80 gr di trementina a 120 gr di purissima cera d’api e si profuma con una decina di gocce di un olio essenziale, a scelta tra quelli con funzione antitarlo (cipresso, tuja, ginepro). Si applica con un pennello, si lascia asciugare, poi si lucida. Importante è anche il panno che si usa. Evitate quelli di microfibra su mobili trattati a ceralacca, con il tempo li danneggerebbe, ma utilizzate una morbidissima flanella. Su mobili rustici non dimenticate di passare anche l’interno con la cera, per proteggerli meglio dalle tarme.

LA CODA DI GATTO O AMARANTO. Nei vecchi giardini si coltivava perché molto ornamentale. Dai fiori rosso brillante che formano ricche spighe, l’amaranto, Amaranthus caudatus, accompagna il trascorrere dell’estate. Un tempo era sacro agli Inca, antica popolazione americana, per il suo importante valore alimentare. Pianta erbacea, per ragioni climatiche si comporta da noi come annuale, coltivata solo nei mesi estivi. Di poche pretese, si riproduce con facilità anche da seme, a primavera, con la fase di Luna crescente, direttamente a dimora su terreni anche sassosi e sabbiosi. Necessita di pochissima acqua e si sviluppa rapidamente, ma se la stagione è molto calda, pur amando il sole, va annaffiata due volte alla settimana.

ORTAGGI: bietole, carote, cavoli broccoli, cavoli cappuccio, cavoli verza, cetrioli, cicorie, cipolle, fagioli, fagiolini, indivie, lattughe, melanzane, patate, pomodori, peperoni, piselli, porri, radicchi rossi, rape, ravanelli, rucola, sedani, spinaci, valerianella, zucche e zucchine.

FRUTTA: fichi, limoni, mandorle, mele, meloni, nocciole, noci, pere, pesche, pompelmi, susine tardive e uva.

AROMI: basilico, maggiorana, peperoncino, prezzemolo, rosmarino e salvia.

NELL’ORTO. Con l’autunno che si affaccia, cominciamo anche a pensare alle piante in vaso più sensibili alle escursioni termiche e all’abbassamento di temperatura, come quelle grasse: basterà collocarle in punti riparati. Tra i lavori d’inizio settembre, con la Luna calante, seminare o trapiantare il prezzemolo da consumare in inverno. Ultimare la potatura e seminare all’aperto ravanelli, finocchi, radicchio, rape e spinaci. Raccogliere gli ortaggi in quantità e conservarli sott’olio, sott’aceto e agrodolce. Moltiplicare per talea il rosmarino e la salvia. In Luna crescente, seminare all’aperto crescione e lattughino da taglio (al nord). Trapiantare bietola da costa, cicoria. Raccogliere i peperoncini e le zucche da mettere poi in pieno sole per favorirne la maturazione.

NEL GIARDINO. Bisogna cominciare a rimettere in ambienti riparati le specie sensibili ai primi freddi autunnali, ma anche ad asportare i boccioli sfioriti dalle ornamentali per prolungarne la fioritura. Potare in Luna calante la lavanda. In Luna crescente seminare in coltura protetta le annuali da fiore e, all’aperto, calendula, convolvolo, papavero, primula e i tappeti erbosi. Mettere a dimora bulbose a fioritura primaverile come anemone, bucaneve, croco, giacinto e anche i ciclamini napoletani, la cui fioritura proseguirà fino a novembre. Effettuare la semina o il trapianto dei tappeti erbosi. Preparare le talee di lavanda e rose per la propagazione.

DICE IL PROVERBIO

Se lampeggia e poco tuona, acqua a secchi il ciel ti dona

A mangiar senza misura, molto tempo non si dura

Aria settembrina fresco la sera e fresco la mattina

IL SOLE

L’1 sorge alle 06:26 e tramonta alle 19:33

L’11 sorge alle 06:36 e tramonta alle 19:16

Il 21 sorge alle 06:47 e tramonta alle 18:58

L’1 si hanno 13 ore e 7 minuti di luce solare

A fine mese 80 minuti di luce in meno

LA LUNA

L’1 sorge alle 04:27 e tramonta alle 19:09

L’11 sorge alle 15:00 e tramonta alle 23:23

Il 21 tramonta alle 10:55 e sorge alle 20:42

Luna calante l’1 e il 2 e dal 19 al 30

Luna crescente dal 4 al 17

Luna Piena il 18. Luna Nuova il 3

NEL CESTINO DEL MESE
COLTIVARE CON LA LUNA
FIORI E FRUTTI SUL BALCONE

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IPAZIA D’ALESSANDRIA ICONA DI CONOSCENZA

E UGUAGLIANZA

Dialoghi ‘impossibili’ con i più grandi personaggi della storia, realizzati attraverso sistemi di intelligenza artificiale

Lei è una figura chiave per la scienza, la filosofia, oltre che per le lotte di genere. Eppure, sembra quasi che sia poco conosciuta dal grande pubblico. Secondo lei come mai?

Prendo la sua domanda come un complimento. La mia vita e il mio lavoro si sono svolti in un’epoca di grandi cambiamenti e tensioni. Ma la gente ricorda più la mia morte che il mio contributo alla scienza e alla filosofia. La mia fine violenta è diventata un simbolo della lotta tra la conoscenza e l’ignoranza, tra la ragione e il fanatismo. Questo evento drammatico ha oscurato, in parte, la mia opera e le mie scoperte. Partiamo dalla fine. Dal tragico incidente del 415.

Ricordo bene l’evento brutale che se gnò la fine della mia vita terrena, ma non l’estinzione del mio pensiero. In quel periodo Alessandria d’E gitto era un crogiolo di cultu re e fedi diverse, ma anche un luogo di conflitti e rivalità tra fazioni opposte. Io ero una figura pubblica influente. Il patriarca di Alessandria, Cirillo - che ora posso final-

mente additare come figura quantomeno ‘ambigua’ - diffuse calunnie e accuse nei miei confronti, dipingendomi come una donna pericolosa che minacciava l’ordine sociale e religioso. Una sera, fui assalita da un gruppo di fanatici cristiani fomentati proprio da Cirillo. Mi trascinarono in una chiesa, dove fui spogliata e picchia-

ta. Il resto preferisco non raccontarlo. Ora, invece, torniamo all’inizio. Ci dica lei: chi era davvero Ipazia?

Sono stata una e molte donne. Fu mio padre Teone a introdurmi agli studi scientifici e filosofici, fin dalla giovane età. Crescendo, ho dato contributi significativi alla matematica e all’astronomia, anche se molte delle mie opere originali sono andate perdute nell’incendio che ha bruciato la Biblioteca di Alessandria. Sono stata anche insegnante e consigliera politica.

È stata una delle poche donne del tempo ad aver raggiunto un alto livello di istruzione e prestigio in un mondo dominato dagli uomini.

E, le assicuro, non è stato affatto facile. Sono stata spesso sottovalutata e discriminata solo perché donna. Ma ho sempre avuto la forza di credere in me stessa e nelle mie capacità. Ho trovato sostegno nella mia famiglia e in una cerchia di amici e colleghi che apprezzavano la mia intelligenza e la mia dedizione allo studio al di là del genere. Come bilanciava la sua vita privata con l’impegno accademico?

La mia vita personale è rimasta in gran parte riservata e preferirei che così rimanesse. Posso solo dire che la mia giornata era strutturata attorno allo studio, all’insegnamento e alla ricerca. Anche se non ho mai avuto una famiglia mia nel senso tradizionale, i miei studenti e colleghi erano come una seconda famiglia per me. Vuole mandare un messaggio alle nuove generazioni?

Più che un messaggio, una constatazione. Vivete in un’epoca in cui conoscenza e informazione sono più accessibili che mai, e avete l’opportunità di esplorare il mondo con strumenti che ai miei tempi erano solo sogni. Consideratevi privilegiati.

Le sedi 50&Più provinciali

Abruzzo Telefono

L’Aquila - viale Corrado IV, 40/F 0862204226

Chieti - via F. Salomone, 67 087164657

Pescara - via Aldo Moro, 1/3 0854313623

Teramo - corso De Michetti, 2 0861252057

Basilicata Telefono

Matera - via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714

Potenza - via Centomani, 11 097122201

Calabria Telefono

Cosenza - viale degli Alimena, 5 098422041

Catanzaro - via Milano, 9 0961721246

Crotone - via Regina Margherita, 28 096221794

Reggio Calabria - via Tenente Panella, 20 0965891543

Vibo Valentia - via Spogliatore snc 096343485

Campania Telefono

Avellino - via Salvatore De Renzi, 28 082538549

Benevento - via delle Puglie, 28 0824313555

Caserta - via Roma, 90 0823326453

Napoli - via Cervantes, 55 int. 14 0812514037

Salerno - via Zammarelli, 12 089227600

Emilia Romagna Telefono

Bologna - via Tiarini, 22/m 0514150680

Forlì - piazzale della Vittoria, 23 054324118

Ferrara - via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211

Modena - via Begarelli, 31 0597364203

Piacenza - strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61

Parma - via Abbeveratoia, 61/A 0521944278

Ravenna - via di Roma, 104 0544515707

Reggio Emilia - viale Timavo, 43 0522708565-553

Rimini - viale Italia, 9/11 0541743202

Friuli Venezia Giulia Telefono

Gorizia - via Vittorio Locchi, 22 048132325

Pordenone - piazzale dei Mutilati, 6 0434549462

Trieste - via Mazzini, 22 0407707340

Udine - viale Duodo, 5 04321850037

Lazio Telefono

Frosinone - via Moro, 481 0775855273

Latina - via dei Volsini, 60 0773611108

Rieti - largo Cairoli, 4 0746483612

Roma - via Cola di Rienzo, 240 0668891796

Viterbo - via Belluno, 39/G 0761341718

Liguria

Telefono

Genova - via XX Settembre, 40/5 010543042

Imperia - via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334

La Spezia - via del Torretto, 57/1 0187731142

Savona - corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582

Lombardia

Mantova - via Valsesia, 46

Telefono

Bergamo - via Borgo Palazzo, 133 0354120126

Brescia - via Trento, 15/R 0303771785

Como - via Bellini, 14 031265361

Cremona - via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715

Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

Lodi - viale Savoia, 7 0371432575

0376288505

Milano - corso Venezia, 47 0276013399

Pavia - via Ticinello, 22 038228411

Sondrio - via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311

Varese - via Valle Venosta, 4 0332342280

Marche Telefono

Ancona - via Alcide De Gasperi, 31 0712075009

Ascoli Piceno - viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102

Macerata - via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

Pesaro - strada delle Marche, 58 0721698224/5

Molise Telefono

Campobasso - via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194

Isernia - via XXIV Maggio, 331 0865411713

Piemonte Telefono

Alba - piazza S. Paolo, 3 0173226611

Alessandria - via Trotti, 46 0131260380

Asti - corso Felice Cavallotti, 37 0141353494

Biella - via Trieste, 15 01530789

Cuneo - via Avogadro, 32 0171604198

Novara - via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232

Torino - via Andrea Massena, 18 011533806

Verbania - via Roma, 29 032352350

Vercelli - via Duchessa Jolanda, 26 0161215344

Puglia Telefono

Bari - piazza Aldo Moro, 28 0805240342

Brindisi - via Appia, 159/B 0831524187

Foggia - via Luigi Miranda, 8 0881723151

Lecce - via Cicolella, 3 0832343923

Taranto - via Giacomo Lacaita, 5 0997796444

Sardegna

Telefono

Cagliari - via Santa Gilla, 6 070280251

Nuoro - galleria Emanuela Loi, 8 0784232804

Oristano - via Sebastiano Mele, 7/G 078373612

Sassari - via Giovanni Pascoli, 59 079243652

Sicilia Telefono

Agrigento - via Imera, 223/C 0922595682

Caltanissetta - via Messina, 84 0934575798

Catania - via Mandrà, 8 095239495

Enna - via Vulturo, 34 093524983

Messina - via Santa Maria Alemanna, 5 090673914

Palermo - via Emerico Amari, 11 091334920

Ragusa - viale del Fante, 10 0932246958

Siracusa - via Eschilo, 11 093165059-415119

Trapani - via Marino Torre, 117 0923547829

Toscana Telefono

Arezzo - via XXV Aprile, 12 0575354292

Carrara - via Don Minzoni, 20/A 058570973-570672

Firenze - via Costantino Nigra, 23-25 055664795

Grosseto - via Tevere, 5/7/9 0564410703

Livorno - via Serristori, 15 0586898276

Lucca - via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170

Pisa - via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30

Prato - via San Jacopo, 20-22-24 057423896

Pistoia - viale Adua, 128

0573991500

Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914

Trentino Alto Adige Telefono

Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032

Trento - via Solteri, 78 0461880408

Umbria Telefono

Perugia - via Settevalli, 320 0755067178

Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152

Valle d’Aosta Telefono

Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981

Veneto Telefono

Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264

Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130

Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267

Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481

Venezia Mestre - viale Ancona, 9 0415316355

Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300

Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

Le sedi 50&Più estere

Argentina Telefono

Buenos Aires

0054 11 45477105

Villa Bosch 0054 9113501-9361

Australia Telefono

Perth 0061 864680197

Belgio Telefono

Bruxelles 0032 25341527

Brasile Telefono

Florianopolis 0055 4832222513

San Paolo 0055 1132591806

Canada Telefono

Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023

Hamilton 001 9053184488

Woodbridge 001 9052660048

Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902

Montreal Saint Leonard 001 5142525041

Ottawa 001 6135674532

St. Catharines 001 9056466555

Toronto 001 4166523759

Germania Telefono

Dusseldorf 0049 21190220201

Portogallo Telefono

Lisbona 00351 914145345

Svizzera Telefono

Lugano 0041 919212050

Uruguay Telefono

Montevideo 0059 825076416

USA Telefono

Fort Lauderdale 001 9546300086

BAZAR

a cura del Centro Studi 50&Più

ALIMENTAZIONE

POCA FRUTTA E VERDURA IN TERZA ETÀ

In Italia, secondo i dati di Passi d’Argento - il sistema di sorveglianza statistico della popolazione senior -, nel biennio 2022-2023 il consumo medio giornaliero di frutta e verdura fra gli over 65 non ha seguito le linee guida per una corretta alimentazione. Solo il 9% degli intervistati ha assunto le 5 porzioni raccomandate, il 43% ne ha consumate 3-4, mentre il 47% tra 1 e 2. Variabile il consumo di almeno 3 porzioni di frutta e verdura al giorno: 59% nel Nord Italia, 57% nel Centro e 44% nel Sud.

LIBRO

SENIOR. L’ARTE

DI SAPER INVECCHIARE di L. Peirone e E. Gerardi Anthropos, 2022, 195 pagine Invecchiare è un’arte basata su salute e cultura, una fase che richiede un ‘progetto’ esistenziale per renderla piena di opportunità. Lontani da stereotipi come quello dell’anziano saggio e marginalizzato, gli autori affrontano il tema in modo innovativo. Qui la saggezza è la capacità di vedere in modo lucido sé stessi e gli altri, caratteristica che va esercitata con atteggiamento positivo e costruttivo. Capitolo dopo capitolo muta il concetto di longevità, non più solo una condizione cronologica, ma percorso dell’individuo per giungere ad un’umanità arricchita. www.senior-lartedelsaperinvecchiare.it

Informazioni, curiosità, notizie utili, luogo d’incontro e di scambio

Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

TECNOLOGIA

RYAN, IL ROBOT SOCIALE

Lo scorso mese di gennaio, all’ultimo Consumer Electronics Show (Ces) di Las Vegas, c’era anche Ryan, un robot ‘sociale’ progettato per fare compagnia a persone anziane o con difficoltà relazionali. Ryan - come spiegano dalla Dreamface Technologies che lo ha realizzato - è reattivo, parla, ascolta, comprende, riconosce le espressioni, ricorda. Grazie agli algoritmi di apprendimento automatico è in grado di conversare in modo intelligente con ogni persona. Inoltre, sa essere simpatico e ha sempre la battuta pronta.

PODCAST

L’ETÀ

DA INVENTARE

Al di là di paure e preoccupazioni legate alla salute e all’autonomia, l’anzianità rappresenta un tempo sempre più importante nella vita degli esseri umani. Monsignor Vincenzo Paglia in L’età da inventare, serie podcast in 35 puntate, propone una visione innovativa di questa importante fase dell’esistenza. Sotto la coltre delle preoccupazioni e della malinconia c’è un periodo libero dalla costrizione della produttività, adatto a riflettere, rafforzare legami, creare momenti di ascolto, contribuire alla comunità, dare un nuovo senso alla vita, proiettando speranza nel futuro.

https://raiplaysound.it/programmi/letadainventare

SENIOR HOUSING

“SPAZIO BLU”

UN PROGETTO PILOTA

“Spazio Blu” è un progetto pilota di senior housing che coinvolgerà istituzioni e importanti operatori del settore immobiliare e dei servizi sociosanitari. Partito a giugno, intende creare un nuovo tipo di residenzialità per gli over 65 autosufficienti a Roma, nel quartiere Camilluccia-Trionfale. Un complesso di circa 300 appartamenti verrà ristrutturato per adattarlo ai nuovi bisogni, mentre gli abitanti saranno scelti con cura per rafforzare il patto intergenerazionale tra giovani e anziani.

FILM

FUGA IN NORMANDIA di O.Parker con M.Caine e G.Jackson

J.Standing, D.Vitalis, W.Fletcher Gran Bretagna, Usa, 2024

Ispirato a fatti realmente accaduti nel 2014, Fuga in Normandia - interpretato dai premi Oscar Michael Caine e Glenda Jackson - racconta l’impresa del quasi novantenne Bernie Jordan per commemorare i commilitoni caduti nel 70° anniversario dello sbarco degli alleati. Per farlo l’uomo scappa dalla casa di riposo in cui vive con la moglie, ma la notizia finisce col fare il giro del mondo grazie alla stampa. Pochi sentimentalismi e una narrazione asciutta rendono questo film struggente. Perché più importante della meta è il viaggio. E le persone che si ha la fortuna di incontrare.

Hai problemi di memoria?

QUESTE COMPRESSE FORNISCONO I NUTRIENTI NECESSARI AL CERVELLO PER AIUTARE LA MEMORIA E LA CONCENTRAZIONE

Quando sei di fretta perdi di vista l’essenziale e arrivi a dimenticarti persino i nomi delle persone. Migliaia di persone sono affette da perdita di memoria legata all’età, ma oggi esistono le compresse naturali Clear Brain™ che ti aiutano a mantenere una buona funzione celebrale.

Una vera innovazione

Clear BrainTM, basato su nutrienti essenziali per il cervello, (noci, melograno, corteccia di pino, vitamine, minerali) aiuta a migliorare le prestazioni mentali e le funzioni cognitive come memoria, attenzione e concentrazione.

I risultati degli scanner sul cervello*

Clear BrainTM è ricco di L-teanina, un aminoacido. Gli scanner mostrano molto chiaramente che l’attività delle onde cerebrali aumenta entro un’ora dall’assunzione della compressa. Nelle zone rosse (attive) notiamo le aree celebrali della memoria e della concentrazione. In confronto possiamo distingue le zone in blu, inattive, nelle persone che hanno assunto un placebo (una compressa senza principio bioattivo).

Noci e cervello

La noce ha un aspetto che ricorda il cervello umano e contiene molti nutrienti essenziali per il corretto funzionamento di questo organo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che il consumo di noci favorisce una buona memoria grazie a una doppia azione di protezione antiossidante e al miglioramento della circolazione sanguigna nel cervello.

*JOURNAL OF MEDICINAL FOOD - J Med Food 14 (4) 2011, 334–343

Clear Brain™ è disponibile in tutte le farmacie

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Ho ritrovato fiducia in me stessa

Ruth si sta godendo il suo pensionamento. “Sono sempre riuscita a mantenere il controllo, ma un giorno ho notato che non avevo più le idee chiare. È diventato difficile affrontare la quotidianità. Non ricordavo più dove stavo mettendo le mie cose e stavo perdendo fiducia in me stessa. Ora prendo le compresse di Clear Brain™ ogni giorno”.

Posso godere della compagnia dei miei amici “È molto importante per me mantenermi attiva, affrontare i problemi quotidiani, divertirmi con i miei nipoti, prendermi cura del mio giardino e giocare a carte con i miei vicini. Voglio rimanere attiva senza perdere il controllo o sentimi confusa o stanca. Non sono il tipo di persona che sta seduta tutto il giorno a guardare la TV; voglio uscire e godermi la mia famiglia e i miei amici”.

- Ruth

Il percorso della vitalità

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