Novembre 2024

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PERSONAGGI

Pirandello secondo Placido

«Eterno visionario è chi come lui non smette mai di sognare»

INCHIESTA 50&PIÙ

Italiani e partecipazione tra ostacoli e aspettative

Ecco come si vince l’esclusione sociale

SPECIALE 25 NOVEMBRE

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Per combattere il fenomeno anche l’impegno degli uomini

ESTERI

Gli “ascoltatori di strada” tra le vie di Parigi

Psicologi e psicoterapeuti a disposizione dei cittadini

Anno XLVI - n. 11 - novembre 2024

Partecipazione, la forza libera di una comunità

Perché ogni donna viva libera dalla paura

In questo numero

Oncologia, al Sant’Orsola di Bologna un prezioso alleato nel percorso di cura

A Parigi arrivano gli psicologi di strada

Vienna, tra gas e nazionalismo

Lo sport che conquisterà gli italiani

Atlantide, l’isola perduta

Woke, analisi di un fenomeno sociale

L’angolo della veterinaria

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Carlo Sangalli 5

Anna Grazia Concilio 6

Bruno Mincarelli 22

Chiara Ludovisi 34

Cosimo Caridi 36

Francesca Cutolo 38

Anna Costalunga 60

Dario De Felicis 76

Irene Cassi 82

Rapporto Inps 2024: anziani, una risorsa Maria Silvia Barbieri 84

Viaggi: Capodanno, Settimana bianca Antille e Caraibi, Colombia

Alle porte dell’inverno

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Speciale 25 Novembre

La lotta alla violenza sulle donne e le sfide degli uomini per combatterla di I.Romano, A.Giuffrida

Rubriche

a cura di 50&Più Turismo 88

a cura di Barbanera 92

Gli italiani e la scarsa partecipazione sociale Una storia da analizzare di P.Ascani, V.M.Urru, D.Ottavi A.Costalunga, D.De Felicis

Il terzo tempo Lidia Ravera 10

Anni possibili Marco Trabucchi 12

Effetto Terra Francesca Santolini 14

DAGLI

C.Ludovisi

Il 51,4% dei giovani soffre d’ansia e solo l’8% si dichiara felice.

L’Autorità garante, Carla Garlatti: «L’attenzione di adulti e istituzioni continua a essere inadeguata»

C.Caridi

A Berlino apre una nuova concessionaria BYD e il mercato automobilistico europeo si avvia verso una profonda crisi con ripercussioni anche in Italia

A.Espis

I festeggiamenti a Roma per ricordare l’impegno e la forza dell’Associazione che in cinquant’anni ha contribuito a scrivere la storia di questo paese TANTI AUGURI 50&PIÙ

Personaggi

Michele Placido: «Racconto la devastata tensione interiore di Pirandello»

di Giulia Bianconi 16

Salute

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Il click alla mandibola

Cause e rimedi

Malocclusione 80 di Alessandro Mascia

Marco Masini: «La mia nostalgia è quella di tutti» 64

The Substance, il body horror al femminile arriva nelle sale 66

Rosella Postorino vince il premio Campiello e si racconta 68

Matisse, il maestro del colore in mostra a Mestre 70

Hemingway, quel Nobel che ha radici in Italia 72

Le ultime uscite in libreria 74

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NUMERO CERTIFICATO 9271

DEL 6/03/2024

ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

PARTECIPAZIONE

LA FORZA LIBERA DI UNA COMUNITÀ

Partecipazione è una parola bellissima. Lo è se leggiamo semplicemente la sua etimologia e anche se la contestualizziamo in ambiti di vita vissuta. Partecipare significa prendere parte a un’attività, a un processo sociale. Significa ancora prendere parte a una decisione, significa scegliere di esserci.

E avviene senza costrizioni, solo grazie alla libera volontà che ognuno di noi mette in questa o quella iniziativa. È a questo concetto che, insieme all’a-

IL NOSTRO BAGAGLIO

DI ESPERIENZE E IL NOSTRO VISSUTO TESTIMONIANO L’IMPORTANZA DI ESSERE PARTE DI QUALCOSA

mico Marco Trabucchi, abbiamo deciso di dedicare il quarto volume realizzato da Fondazione 50&Più e Fondazione Leonardo. Per farlo abbiamo ascoltato voci, opinioni, abbiamo provato a dare alla partecipazione tante forme diverse. E lo abbiamo fatto per un motivo molto semplice: 50&Più Associazione rappresenta una forma di partecipazione alla vita di comunità alta e nobile.

perché uniti siamo sempre andati - e continueremo a farlo - nella stessa direzione. Una direzione che, certamente, può prendere strade diverse da quelle che pensiamo, che a volte può portarci al punto di partenza e ci fa ricominciare daccapo.

di Carlo Sangalli

Presidente Nazionale 50&Più

Non è un caso che un libro dedicato a questo tema venga pubblicato nell’anno del Cinquantennale perché, care amiche e cari amici, il segreto del successo della nostra storia è strettamente legato alla partecipazione. Lo diciamo nelle pagine del volume, e insieme a noi lo dicono tanti altri illustri colleghi, la partecipazione - quando è sentita e vera - assume anche la funzione di protezione sociale.

Non si è mai soli quando si persegue un obiettivo comune e noi lo sappiamo bene. Il nostro bagaglio di esperienze e il nostro vissuto testimoniano l’importanza di essere parte di qualcosa, raccontano i traguardi che abbiamo raggiunto e le sfide che abbiamo davanti

Non importa. Non importa perché siamo insieme, perché ognuno ha la determinazione per andare avanti. Immaginate un puzzle: è fatto di tanti tasselli. Quando apriamo la scatola rimaniamo sempre sorpresi per la confusione, abbiamo il timore di non farcela. Ma poi iniziamo a costruire ed ecco che i pezzi si incastrano perfettamente e appare il quadro completo. Lo guardiamo con soddisfazione perché viene spontaneo dire “ce l’ho fatta”.

Noi ce l’abbiamo fatta ma la strada per il riconoscimento dei diritti delle persone anziane è ancora lunga. Dobbiamo impegnarci perché sempre più gli anziani vengano considerati una ricchezza, un patrimonio insostituibile da valorizzare.

E con loro anche chi delle persone anziane si prende cura. Senza caregiver, senza animatori sociali che costruiscono progetti, oggi tante persone della terza età sarebbero sole. Una solitudine che dobbiamo combattere.

Custodiamo la storia di questo Paese, delle nostre famiglie, dei nostri figli e dei nostri nipoti e a loro dobbiamo trasmettere i valori che da sempre sono la nostra forza. E tra questi il valore della partecipazione. Partecipazione alla vita pubblica con passione, con generosità, con coraggio e con onestà.

Questo tempo, i cinquant’anni della nostra storia, non è solo un traguardo bellissimo che siamo fieri di vivere e di raccontare.

Questo tempo è anche un impegno per quello che verrà. Viviamolo, viviamolo intensamente perché siamo le radici del futuro di questo straordinario Paese.

PERCHÉ OGNI DONNA VIVA LIBERA DALLA PAURA

Camelia Ion aveva 56 anni e un ex compagno: è stato arrestato con l’accusa di omicidio perché secondo gli inquirenti è sua la mano assassina che ha ucciso la donna a Civitavecchia. Camelia Ion - sì, ripetiamo il suo nome - mentre scriviamo queste righe è l’ultima donna ammazzata quest’anno, in ordine di tempo. Prima di lei è toccato a Celeste Rita, Eleonora, Maria, Martina, Giusi, Roua, Ana Cristina, Lucia, Annarita, Francesca, Lorena, Manuela. E ancora Ignazia, Anna, Giada, Saida, Sofia, Auriane Nathalie, Cristiane Angelina, Shuai, Li, Aneta Katarzyna, Sara, Maria Batista, Renée, Nicoletta. E ancora Annalisa, Ester, Delia, Maria, Rosa. Voglio elencarle tutte perché nessuna di loro deve essere ricordata come un numero: dietro ognuno di questi nomi c’è un volto, una famiglia, una storia. Dietro ognuno di questi nomi c’è una donna che, nella maggior parte dei casi, è stata ammazzata dal marito, dal compagno, dall’ex.

Siamo stanchi. Siamo stanchi di leggere sui giornali di un altro femminicidio (da gennaio a ottobre, in Italia, ne contiamo 32), di leggere di un’al-

tra vita spezzata. Siamo stanchi di leggere che quell’uomo era stato già denunciato, che non avrebbe dovuto trovarsi lì, eppure c’era, di leggere che quella donna ha avuto paura e ha continuato a ingoiare lacrime e botte e non ha mai chiesto aiuto. È la paura che alimenta la violenza. È sulla paura che fa leva il mostro che abita nelle nostre vite. E allora la lotta alla violenza sulle donne deve procedere su un doppio binario. Perché, se da un lato è importante contrastare i soprusi, dall’altro lato è importante denunciare. Si sente spesso parlare di ‘rivoluzione culturale’. È un’espressione che ci piace, che usiamo spesso soprattutto perché ci toglie dall’impasse della responsabilità e dell’impegno immediato, del resto si sa, per fare la rivoluzione occorre tempo. E invece no, noi questo tempo non l’abbiamo perché anche se il numero dei femminicidi è in calo rispetto all’anno precedente, dobbiamo arrivare allo zero e intervenire deve essere una priorità di tutti. Delle scuole, certamente, anche delle associazioni, dei gruppi, delle istituzioni e aggiungo degli scrittori, dei giornalisti, dei musicisti, del

vicino di casa e del commerciante di quartiere. Diventare sentinelle per metterci in ascolto di quelle richieste di aiuto anche non pronunciate e di quelle dette sottovoce.

Mi sembra superfluo, oggi, ricordare agli uomini che anche loro devono fare la loro parte nella lotta alla violenza sulle donne. Mi sembra superfluo perché in una società libera e democratica come la nostra non deve esistere distinzione nell’impegno e nella responsabilità. Gli uomini, quindi, devono essere protagonisti attivi della lotta, devono alzare la voce contro ogni forma di maschilismo, devono educare - al pari delle donne - i loro figli al rispetto. Non possiamo permetterci di indignarci solo quando un femminicidio sconvolge l’opinione pubblica. Dobbiamo agire ogni giorno, in ogni ambito della nostra vita. Dobbiamo denunciare, sostenere, proteggere. Dobbiamo costruire una società più giusta, più equa, più libera dalle violenze. La strada è ancora lunga, ma possiamo farcela. Dobbiamo creare un mondo in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura, in cui ogni uomo possa essere un esempio di rispetto e di uguaglianza.

@ SCULPTTHEWORLD

Un messaggio d’amore verso il nostro pianeta

MOLTO PIÙ DI UNA SEMPLICE CORRENTE ARTISTICA è un dialogo profondo, intimo, tra l’uomo e la natura un respiro condiviso tra ciò che è creato e ciò che esiste già

L’ART LAND È UNA FORMA D’ARTE NATA TRA IL ‘67 E IL ‘68 NEGLI STATI UNITI

HA SEGNATO LA ROTTURA CON LE RIGIDE PARETI DEI MUSEI, SPINGENDO

GLI ARTISTI A TRASFORMARE IL MONDO INTERO IN UNA GALLERIA A CIELO APERTO

Vuoi dare una mano a Don Davide?

Da un po’ di tempo le mondine non cantano più nelle risaie di Candia Lomellina, provincia di Pavia ma diocesi di Vercelli, eppure in primavera, quando gli appezzamenti, separati da un con ne in rilievo, sono completamente ricoperti dall’acqua, il “mare a quadretti” o re sempre il medesimo spettacolo, unico nel suo genere. Anche qualche giovane, come Edoardo, qui ha deciso di fare l’agricoltore: “Nella terra dove sono nato e cresciuto quello dei campi è il lavoro principale e per noi è la vita. Io sono laureato in economia aziendale, però poi la strada è stata quella del seguire le orme di mio padre e dei miei nonni. Ora sto diventando anch’io genitore e mio glio si ritroverà un papà giovane e attivo”. Attivo anche in parrocchia, dove suona la chitarra nel coro, se gli chiedi del suo parroco a Edoardo brillano gli occhi. “Don Davide Besseghini – racconta – è un prete che sa costruire famiglia: per lui la comunità e l’aiuto per gli altri sono certamente al primo posto”. Non è l’unico, Edoardo, a pensare questo del sacerdote cui è stata a data la comunità di Candia Lomellina e, come amministratore parrocchiale, anche quelle di Cozzo e di Langosco. Oltre, naturalmente, ai detenuti della casa circondariale di Vercelli, di cui è cappellano. “Il nostro parroco –aggiunge Giorgio, il falegname – riesce

ad arrivare a incontrare tutti, a parlare con chiunque. Un prete deve fare anche questo, non solo la messa…”. La pensa come lui anche Rita, impiegata comunale, che da don Davide ha ricevuto qualcosa che è impossibile quanti care: “Quando mi sento sola e triste, a volte anche solo pensare a Gesù è su ciente. Questo senso spirituale è qualcosa che qualcuno mi ha regalato!”

Dal 1989, per legge, il sostentamento dei sacerdoti non è più a carico dello Stato ma è stato a dato a tutti noi. A tutte quelle persone di buona volontà che, attraverso la rma per l’8xmille alla Chiesa cattolica o direttamente attraverso le o erte deducibili per i sacerdoti possono contribuire a garantire loro un tenore di vita dignitoso. Dalle montagne alle isole, nelle grandi città come nei piccoli paesi, grazie ad un sistema che si fonda sulla perequazione e la corresponsabilità, ciascuno di loro ha bisogno del contributo di tutti. Anche del tuo.

Scopri come donare, in modo semplice e sicuro, nel sito Basta una del tuo sostegno. e tanti altri don come lui, te ne saranno grati, insieme alle loro comunità.

In foto: don Davide Besseghini , parroco della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Candia Lomellina (VC)

LA VIOLENZA SULLE DONNE ANZIANE E LA NOSTRA RESPONSABILITÀ

Il film si intitolava L’amour e i protagonisti erano una coppia di anziani insegnanti di musica, Georges e Anne. Due intellettuali, due artisti che trascorrevano le loro giornate di ottantenni in una bella casa scambiandosi, con dolcezza e ironia, ricordi e progetti. Niente melassa, per carità, ma tutto molto rassicurante, finché, una mattina, Anne versa il tè nel posto sbagliato, dove non c’è la tazzina, e non se ne accorge . È l’inizio di un declino inarrestabile che trasformerà lei in un vegetale senziente e lui in un assassino per amore. Il regista, il pluripremiato Michael Haneke, rifiuta qualsiasi censura e mette in scena una sofferenza universale: il declino del corpo, il perdurare dell’affetto. Il film risulta perciò sadicamente commovente. Quando siamo usciti dal cinema, io e mio marito eravamo stravolti. Abbiamo detto la prima parola la mattina dopo. Dunque è questo, verso la fine della vita, l’amore?

Sì, certo, il sentimento che ti spinge

ad abbreviare la sofferenza della persona a cui vuoi bene, è amore. È amore quello che ti fa rischiare la galera per porre in essere il suicidio di cui la persona amata è ormai incapace. ma non tutti gli anziani mariti appartengono alla categoria degli arcangeli terminali. E i femminicidi per compassione non sono frequenti come si potrebbe credere.

Capita che i caregiver siano semplicemente stufi di convivere con una persona bisognosa di tutto.

Capita che la persona bisognosa di tutto sviluppi una sorta di selvaggio rancore che impedisce ogni forma di riconoscenza.

Ma capita anche che una lunga e dolorosa reciproca antipatia, covata e repressa per tutta la vita adulta, degeneri in violenza (i matrimoni longevi contengono questo rischio).

Pochi mesi fa una donna è stata uccisa a colpi di mazza da golf dal marito: aveva 67 anni. Il marito l’ha colpita in casa, l’ha finita in strada. L’ha fermato da sola e coraggiosamente

una poliziotta, nemmeno in servizio: donna, giovane.

Il dato è inquietante: «Il rischio di femminicidio fra le donne che hanno almeno sessant’anni supera di oltre il 31% quello delle donne della fascia d’età 10-59», così scrive il sociologo Luca Ricolfi che, con la Fondazione Hume, ha elaborato i dati forniti dall’associazione femminista “Non una di meno”.

La smania di possesso del maschio nei confronti della giovane donna che gli sfugge (e sarà di un altro uomo perché ha tutta la vita davanti) non è più l’unico scenario possibile. La gelosia, l’orgoglio ferito, l’invidia per la libertà che le giovani donne, oggi, per fortuna, sventolano come una bandiera rosa da difendere a tutti i costi, non sono più i soli sentimenti coinvolti nella genesi di questi fatti di sangue.

Dal 2020 i femminicidi sono in aumento, tanto che molti ipotizzano una relazione con la clausura da Covid, quei mesi in cui, per molte, il nido d’amore, in assenza di vie di fuga, si è rivelato una trappola mortale. Analizzando il dato di questa crescita esponenziale, l’elemento più significativo riguarda proprio l’età delle vittime: poco meno della metà aveva più di sessant’anni. Hanno un età compresa fra i 71 e i 90 anni il 25% delle donne uccise per mano di un uomo in ambito famigliare.

Quasi sempre si tratta di un ex marito o un marito, certe volte di un figlio. Vorrei provare a riflettere su questo dato.

Mi libero subito delle domande più odiose: uccidono donne anziane perché le donne anziane non hanno nessun valore di mercato, nemmeno più quello di piacere agli altri uomini che alza le quotazioni delle giovani?

Le uccidono come si schiaccia una formica, con facilità, distrattamente? E qual è l’età degli assassini?

Quasi sempre la stessa delle vittime, spesso qualche anno di più. Il presunto assassino della settantaduenne

Margherita Ceschin, per esempio, di anni ne aveva 80.

Ma pare che fosse il mandante, non l’esecutore materiale.

Forse, dopo una certa età, brandire personalmente un coltello da cucina e piantarlo nella carne di tua moglie risulta faticoso.

Ma non era, la vecchiaia, il tempo della saggezza e dell’empatia? Il tempo in cui la serenità si avventa su di te e ti pervade magnanima perché “ogni passione è spenta”?

Evidentemente il prolungamento dell’aspettativa di vita ci costringe a restare ancora un po’ sul campo di battaglia, la dove la libertà delle donne cozza contro le derive di un patriarcato morente e perciò più violento. Ma se è vero, come è vero, che l’inferiorità fisica femminile e la supremazia muscolare maschile sono la solida base materiale del femminicidio, perché non armare la mano delle donne? No, non di armi da fuoco, nessuna soluzione alla ‘texana’, ma spray urticanti sì. Gratis, distribuiti ovunque, per tutte. Ma soprattutto per le anziane. Si è spento da poco più di un anno il

La gelosia, l’orgoglio ferito, l’invidia per la libertà che le giovani donne, oggi per fortuna, sventolano come una bandiera rosa da difendere a tutti i costi, non sono più i soli sentimenti coinvolti nella genesi di questi fatti di sangue

sorriso fiducioso della ventiduenne Giulia Cecchettin.

Lo vedo ovunque. Mi perseguita anche di notte.

Era un sorriso di bambina, carico di vita.

Ha commosso tutta l’Italia, quel sorriso, una commozione bipartisan che ha fatto intervenire insieme perfino

Elly Shlein e Giorgia Meloni. Una commozione bellicosa e femminista che ha riempito le piazze di una folla intergenerazionale, dove le madri e le nonne marciavano insieme alle figlie e alle nipotine.

Era il 25 novembre dell’anno scorso. È di nuovo novembre. Scenderemo di nuovo in piazza.

PARLIAMONE

Per scrivere a Lidia Ravera

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POSSIAMO AVERE LUNGHI ANNI DESIDERABILI DAVANTI A NOI?

Uno studio recente, pubblicato su un’importante rivista scientifica, ha dimostrato che la vita umana ha smesso di allungarsi. Attorno a questo dato è cresciuta una seria

discussione, perché altri scienziati hanno mostrato disaccordo con quanto riportato da Nature Aging. Sulla base di quanto è oggi noto sarebbe poco serio trarre conclusioni certe; però, in attesa di risposte dalla

scienza, in grado di darci indicazioni in un senso o nell’altro, mi pongo la seria domanda: se il futuro sarà caratterizzato da una barriera all’aumento della speranza di vita, come vivremo? Se, invece, la nostra epoca sarà caratterizzata da un continuo aumento dell’aspettativa di vita delle donne e degli uomini, sarà un evento desiderabile o sarà vissuto negativamente?

Provo a rispondere a questi interrogativi, analizzando le due ipotesi. La prima sostiene che abbiamo raggiunto il tetto massimo della nostra sopravvivenza. Già in passato si era sostenuto che la nostra specie era destinata a raggiungere una certa età, ipotizziamo i 90 anni, e che poi tutti sarebbero morti in un lasso di tempo molto breve. Non è una bella prospettiva; ogni persona che si avicinasse a quell’ipotetico traguardo vivrebbe con angoscia gli ultimi anni, facendo il conto ogni giorno di quante ore, settimane, mesi, anni gli rimarrebbero da vivere. Si diventerebbe facilmente infelici, ansiosi, espri-

mendo due atteggiamenti opposti: il fatalismo rinunciatario, “tanto non c’è più nulla da fare” o, al contrario, il super attivismo, dettato dall’imperativo di realizzare ogni cosa possibile nel poco tempo rimasto prima della fine. Nel complesso, quindi, l’eventuale blocco dell’aumento della lunghezza della vita non porterebbe serenità né nella vita personale né in quella delle comunità. La seconda alternativa, quella attorno alla quale si sta sviluppando un’enorme quantità di studi (la scienza non ha forse come compito principale quello di garantire sempre qualche cosa di nuovo e di bello all’umanità?)

Una vita ricca generosa, attiva produce anni in più mentre chi si isola non ha interessi si chiude in sé stesso è destinato a una vita più breve

ci pone di fronte a un interrogativo pesante, anche se affascinate, riguardo all’apprezzamento o meno da parte dei nostri concittadini di questo ‘dono’ ricevuto, anche se non richiesto né sperato. Questi ‘anni possibili’ inducono gioia, aspettative da realizzare con serenità, voglia di fare e di amare o, al contrario, saranno caratterizzati dalla preoccupazione, dall’incertezza, dalla sensazione anticipata della fatica che dovrà essere affrontata in tanti futuri anni in più? Qualcuno potrebbe interpretare come depressivo questo atteggiamento, ma è invece uno stato d’animo diffuso tra molte persone. Vi sarà, inoltre, chi porrebbe problematiche generali, quali la reale possibilità economica di garantire la sopravvivenza di un numero sempre maggiore di anziani. Per molti altri, fortunatamente, gli anni possibili che sarebbero donati dall’evoluzione dei tempi sono anni accettati positivamente, dominati dalla voglia di fare e di produrre per sé e per gli altri. Peraltro, si instaura un circolo virtuoso, perché gli anni

aggiunti, se vissuti con ottimismo e con impegno, producono nuova vita. È infatti ormai acclarato nella letteratura scientifica che una vita ricca, generosa, attiva produce anni in più, mentre chi si isola, non ha interessi, si chiude in sé stesso è destinato ad una vita più breve, soprattutto a causa di un assommarsi di malattie. Di fatto, quindi, chi apprezza gli anni in più ha davanti a sé una prospettiva di un continuo miglioramento della propria condizione. A cominciare dalla salute: chi vive assieme agli altri, generosamente, incorre in minori rischi di malattia. Peraltro, è anche noto che chi assume verso i concittadini un atteggiamento di supporto e vicinanza poi percepisce la loro gratitudine, ulteriore fattore importante per il benessere somatico e psicologico.

Gli anni futuri sono pieni di incertezze; però, chi è iscritto a 50&Più dimostra concretamente di apprezzare la vita in tutte le sue espressioni. Anche in età di pensione c’è spazio per una vita piena, aperta alle relazioni, disponibile ad apprendere cose nuove e a donare il proprio tempo all’insegna di un’esistenza attiva, ricca di interessi e di generosità. In questa prospettiva l’interrogativo del titolo riceve una risposta positiva. Sì, possiamo avere lunghi anni desiderabili davanti a noi!

Per scrivere a Marco Trabucchi

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PARLIAMONE

CLIMA E CERVELLO UN LEGAME PERICOLOSO

Il cambiamento climatico ci rende più stupidi. No, non è una boutade, ma la conclusione a cui sono arrivate alcune ricerche di neuroscienza applicata. In sostanza: più aumenta la CO2 e più calano le nostre prestazioni cognitive e decisionali. Si tratta di uno degli effetti più sottostimati (e più preoccupanti) del cambiamento climatico, soprattutto se lo paragoniamo agli impatti devastanti delle alluvioni e della siccità, ormai quasi quotidianamente davanti ai nostri occhi e che, in qualche modo, abbiamo pericolosamente normalizzato.

Uno di questi studi è stato condotto da Strobilo, un’azienda di neuroscienze applicate il cui scopo è quello di definire scenari predittivi a partire da quelle che sono le relazioni tra gli esseri umani e il pianeta terra. Le conclusioni sono piuttosto semplici: il nostro sistema biologico è basato su una certa condizione ambientale, che è rimasta stabile per diversi millenni e che poi, negli ultimi 50-70 anni, è cambiata in maniera repentina. Noi come genere umano non abbiamo la minima capacità di adattarci in così poco tempo a condizioni ambientali del tutto nuove, in parole povere, non

siamo preparati a vivere nell’ambiente che ci ospita.

Più nel dettaglio, basti pensare che ci siamo evoluti ad una concentrazione media di anidride carbonica (CO2) in atmosfera di circa 280 parti per milione (ppm), mentre oggi siamo arrivati a 424 ppm, ovvero quasi il doppio. Non solo. Trascorrere tanto tempo in un luogo chiuso condiviso con altre persone espone il nostro cervello a delle quantità di gas ancora maggiori: quando siamo a scuola, in auto o nelle nostre case, raggiungiamo la soglia di oltre le 2.000-2.500 parti per milione, esponendo il nostro cervello a una quantità di gas a dir poco folle.

Se il nostro sistema biologico si è sviluppato per operare ad una certa concentrazione di gas serra, è intuitivo - e comunque adesso anche scientificamente provato - che soffra a causa di questa continua sovraesposizione. Ma, in particolare, a quali effetti stiamo andando incontro?

In concreto, è come se il nostro sistema neurologico avesse una piccola asfissia, andasse in sofferenza: ecco che, senza che ce ne rendiamo minimamente conto, noi accusiamo una diminuzione delle nostre capacità co-

gnitive, che può arrivare fino al 50%. In sostanza gli studi confermano che gli impatti a livello cognitivo dell’aumento dei livelli di CO2, che è il principale indicatore della qualità dell’aria in spazi chiusi, rappresentano un effetto “diretto” della concentrazione del gas, esattamente come l’acidificazione degli oceani, ad esempio. Ciò vuol dire che, in entrambi i casi, è la CO2 elevata in sé - e non il successivo riscaldamento che essa provoca - a scatenare i danni. E, in questo caso, i danni di cui stiamo parlando riguardano la capacità di utilizzare le informazioni, la perdita della capacità di calcolo, di essere creativi, di prendere iniziative o decisioni stra-

Più aumenta la concentrazione di CO2 più calano le nostre prestazioni cognitive e decisionali. Si tratta di uno degli effetti più sottostimati e preoccupanti del cambiamento climatico

tegiche. Tutte abilità che afferiscono a una parte specifica del cervello, che è il lobo frontale e che risente tantissimo di questa scarsità di ossigeno e di saturazione di CO2. Ma non fini-

Per scrivere a Francesca Santolini

posta - C/O Redazione 50&Più via del Melangolo, 26 - (RM) fax - 066872597 email - redazione@50epiu.it

sce qui, la parte più inquietante della questione è che potrebbe esserci un legame tra la concentrazione di CO2 e l’insorgenza di demenza senile. Le stesse ricerche ci offrono però anche qualche spunto positivo. Se con l’aumento della CO2 il nostro cervello inizia a ridurre le proprie performance cognitive, allo stesso modo, il livello di stress si riduce quando entriamo in contatto con il verde, i boschi, la natura incontaminata. Insomma, l’uomo negli anni si è allontanato sempre più dalla natura, ma il suo corpo è ancora progettato per stare nel verde. E per chi non può passare la giornata al parco, ci sono soluzioni alternative, come aprire le finestre e garantire un ricircolo d’aria che andrebbe a ridurre sia lo stress termico sia la concentrazione di CO2. Anche se, come scrive il pensatore indiano Amit Ray: “Guardare la bellezza della natura è il primo passo per purificare la mente”.

PARLIAMONE

PIRANDELLO SECONDO PLACIDO: «RACCONTO

LA SUA DEVASTATA TENSIONE INTERIORE»

Eterno visionario è il film diretto dal regista pugliese presentato alla Festa del Cinema di Roma dove l’abbiamo incontrato. La pellicola nelle sale da novembre

di Giulia Bianconi

«Ci voleva la vita per fare un film su Luigi Pirandello. Lui diceva: la vita o si vive o si scrive». Michele Placido non ha mai pensato di realizzare un film sul drammaturgo siciliano. Fino a cinque anni fa. «Ho ‘incontrato’ Pirandello quando avevo 21 anni, all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Da allora ho portato sul palcoscenico tantissime volte i testi di questo sorprendente artista. Ma solo a un certo punto della mia vita ho capito che ero interessato anche a farne un film», ci racconta il regista, oggi 78enne. Eterno visionario, presentato in an-

teprima alla 19ª Festa del Cinema di Roma, nella sezione ‘Grand Public’, e dal 7 novembre nelle sale con 01 Distribution, ripercorre un viaggio, soprattutto esistenziale ed emotivo, tra umanità, passioni e ossessioni, di Pirandello, consegnando al pubblico un momento di vita di un autore teatrale considerato scandaloso e sovversivo per il perbenismo borghese di quell’epoca. Nel 1934 lo scrittore - interpretato da Fabrizio Bentivoglio - è su un treno verso Stoccolma, pronto ad andare a ricevere il premio Nobel per la Letteratura. Attraverso quel viaggio rivive il fascino e la magia dei personaggi, e

dei fantasmi, che hanno popolato la sua vita e ispirato la sua arte. Ci sono la follia della moglie Antonietta (Valeria Bruni Tedeschi), il burrascoso legame con i figli (Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo, Michelangelo Placido) e il legame con quella che diventerà la sua musa, l’attrice Marta Abba

A sinistra, Placido sul set di Eterno visionario A destra, con la compagna e attrice Federica Luna Vincenti alla Festa del Cinema di Roma. Sotto, una scena del film con Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi

(Federica Luna Vincenti, anche produttrice del film con la sua Goldenart). Placido, perché proprio a questo punto della sua carriera ha deciso di fare un film su Pirandello? Dovevo vivere. Seminare e raccogliere. Proprio perché non sono Pirandello, non bastava frequentare artisticamente questo grande maestro, ma avevo bisogno di maturare dentro di me qualcosa per avvicinarmi a lui. E poi, cos’è cambiato?

Qualche anno fa ho sentito che ero maturo come uomo per affrontare un film in cui non mi sono sentito solo regista, ma anche protagonista. Ci sono alcune affinità autobiografiche, come il rapporto con Marta, che in qualche modo è qualcosa di parallelo con la mia vita. Ho incontrato Federica vent’anni fa e ho deciso di affidarle al cinema in questo film il più importante ruolo della sua carriera. È un’attrice di grande talento, lo ha dimostrato a teatro, ma spesso non ti rendi conto del fascino e della bravura delle persone che ti stanno accanto.

Che film è Eterno visionario?

Dice la verità sulla vicenda umana e artistica di Luigi Pirandello, liberandolo dalla protezione moralistica in cui finora è stato ingabbiato. È stato un genio della letteratura, un indiscusso innovatore del teatro. Ma ho voluto fare un racconto cinematografico che puntasse anche sulla devastata tensione interiore di Pirandello, nella quale irrompe la passione cieca per Marta, impossibile oggetto di un desiderio irrealizzabile.

Raccontava di aver conosciuto artisticamente Pirandello in Accademia.

Per entrare alla Silvio D’Amico ho provato a memorizzare L’uomo dal fiore in bocca , spettacolo che poi nella mia carriera ho portato a teatro almeno cinquecento volte. Allora avevo già perso mio padre e per me Pirandello è stato una sorta di padre putativo, una specie di San Giuseppe, uno di famiglia.

Quanto si sente anche lei un eterno visionario?

Lo siamo un po’ tutti. Un eterno visionario è chi fa determinate scelte nella vita e fa un determinato mestiere continuando a sognare. Il visionario per eccellenza è stato Federico Fellini. E Pirandello lo è stato quando metteva in scena dei testi teatrali molto contemporanei, che si avvicinavano anche all’analisi di Freud. Alla fine facciamo tutti parte della stessa visionarietà.

Con questo film il pubblico avrà modo di scoprire un Pirandello inedito.

Io direi anche scomodo. Conoscerà un autore che io ho avuto modo di scoprire negli anni. Lui era avanti con la sua creatività. Ha anticipato alcune tematiche importanti, oggi attualissime, come l’alienazione dell’umanità. Temi affrontati nel film. Attraverso la sua arte Pirandello ha predetto in qualche modo il futuro.

Sociale

ADOLESCENZA ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ

«G

li adolescenti stanno male e spesso non sanno dire perché. Solo l’8% di loro si dichiara felice. Un numero spaventosamente basso»: così Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, indica e rilancia una delle principali urgenze, in vista della Giornata internazionale del 20 novembre. Il disagio mentale tra bambini e bambine, ma soprattutto tra ragazzi e ragazze, è grave e diffuso e richiede un’attenzione che continua ad essere inadeguata e insufficiente da parte del mondo degli adulti da

Parla Carla Garatti

Autorità garante in vista della Giornata internazionale

del 20 novembre

«Ascoltiamo i giovani soprattutto sul futuro»

di Chiara Ludovisi

un lato, delle istituzioni dall’altro. A certificare quanto il problema sia reale e importante c’è la consultazione

pubblica “Salute mentale. Come stanno i ragazzi”, che proprio l’Autorità garante ha voluto, realizzato e diffuso nelle scorse settimane. Circa 7.500 studenti delle scuole superiori, di cui oltre la metà sedicenni, hanno risposto a un questionario a risposta multipla, elaborato con il supporto di un comitato scientifico. Non è la prima volta che l’Autorità garante rivolge l’attenzione al tema del disagio mentale: «Già tre anni fa - ricorda Carla Garlatti - abbiamo iniziato uno studio sulla salute mentale dei ragazzi, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, per valutare, in

quel caso, le ricadute della pandemia. Ora, ci siamo domandati come stiano i ragazzi oggi, nel momento in cui il ricordo della pandemia si è affievolito, ma i suoi effetti evidentemente no: i dati confermano un malessere ancora diffuso». Il 51,4% dei ragazzi intervistati dichiara infatti di soffrire in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 49,8% lamenta un eccesso di stanchezza. Il 46,5% riconosce di provare nervosismo. E ancora: il 29% ha frequenti mal di testa e il 25,4% non riesce a dormire bene. «Se il 35% si definisce sereno, solo l’8% si dichiara felice: questo è un dato che mi ha particolarmente colpito», commenta Garlatti. Ci sono anche tanti giovani (26,4%) che dicono di aver avvertito nell’ultimo anno disagio nei confronti delle relazioni in presenza (26,4%) e sono ancora diffuse abitudini emerse durante il periodo pandemico, come studiare meno o in maniera discontinua (40,4%), dormire poco o tardi (33,3%), fare

poca attività fisica (31,8%) e mangiare troppo o troppo poco (31,7%). Non mancano le buone notizie. Tra queste, la ripresa delle relazioni sociali, che durante il periodo pandemico e subito dopo erano state rimpiazzate da quelle virtuali: la maggior parte dei ragazzi intervistati (55,9%) preferisce vedere gli amici dal vivo, mentre solo il 6,9% preferisce le relazioni online. «Un dato, quest’ultimo, che ritengo comunque troppo alto per ragazzi e ragazze di questa fascia d’età. Dovremmo interrogarci e approfondire». Complessivamente, dall’indagine emerge dunque il ritratto di un’adolescenza che richiede attenzione e soprattutto ascolto. Eppure, dei giovani si parla poco e male: «Solo la cattiva notizia fa notizia, le storie belle passano sotto silenzio: e così si parla solo di adolescenti per lo più quando compiono atti illeciti, manifestano la loro rabbia, si comportano con violenza». Occorre dunque parlare meglio di

adolescenti, ma soprattutto parlare di più con loro. E ascoltarli sempre, rendendoli partecipi. È questo uno degli appelli che, una volta ancora, Carla Garlatti rilancia con forza: «I ragazzi e le ragazze devono sentirsi parte attiva di una società che li ascolta e li tratta come ‘adulti’, prendendo sul serio le loro esigenze e le loro richieste». Così come per gli anziani il benessere fisico e mentale è positivamente correlato con la partecipazione sociale, così anche i giovani e i giovanissimi possono trarre beneficio dal coinvolgimento attivo nella comunità: «Gli anziani hanno bisogno di sentirsi ancora parte della società, i giovani, al contrario, non sentendosi ancora parte della comunità degli adulti, hanno bisogno di essere coinvolti. In ambito europeo, tutte le strategie sono ormai partecipate: così anche in Italia, tutte le decisioni che riguardano i ragazzi dovrebbero tener conto di quello che dicono e che chiedono». L’impressione, tuttavia, è che il nostro paese sia ancora molto lontano da questo obiettivo: «In un’altra nostra consultazione, “Il futuro che vorrei”, l’80% dei giovani ha dichiarato che le problematiche dei minorenni non sono al centro delle scelte politiche - ricorda Garlatti -. Sicuramente esistono esempi virtuosi di partecipazione, soprattutto a livello locale. Penso ai comitati studenteschi o ai Consigli comunali dei ragazzi e delle ragazze. Ultimamente, abbiamo realizzato, come Autorità garante, la “Guida alla partecipazione attiva di ragazze e ragazzi. Una bussola per orientarsi”, proprio per promuovere e accompagnare questo processo. Molto ancora però deve essere fatto per cambiare mentalità e cultura: noi adulti non abbiamo solo da insegnare ai più giovani, ma tanto possiamo imparare da loro, soprattutto se parliamo di futuro».

Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza

Sociale

“IO

NONOSTANTE TUTTO” IL PROGETTO PER LE GUERRIERE DEL REPARTO ONCOLOGICO DI BOLOGNA

Realizzato in collaborazione con Loto Odv e Asi-Asso Style Image il programma di appuntamenti vuole migliorare la qualità della vita delle pazienti con un percorso di cura dell’immagine personalizzato

Tre incontri dedicati alle pazienti oncologiche per riscoprirsi attraenti e accompagnare il percorso di cura dal cancro. È questo l’obiettivo di ‘IO nonostante tutto’, il progetto di Asi-Asso Style Image che l’associazione Loto Odv, nata a Bologna e attiva contro i tumori ginecologici, ha portato al reparto di ginecologia del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. Attraverso l’utilizzo dei colori, dell’abbigliamento, degli accessori, del make-up e della skin care, le pazienti oncologiche - in cura presso il nosocomio bolognese - riscoprono la bellezza del loro corpo in una fase in cui le cure salvavita lasciano segni tangibili nell’aspetto. «Molte delle pazienti in terapia si vedono repentinamente private del loro abituale aspetto a partire dal colore e dalla grana della pelle, fino alla trasformazione della propria forma fisica e del viso. La perdita dei capelli, delle ciglia e delle sopracciglia diviene un segno visibile della malattia a sé stessi e agli altri che amplifica la consapevolezza della diagnosi gravando sull’impatto emotivo già turbato», spiega Sandra Balboni, presidente Loto Odv, l’associazione non profit con l’obiettivo di colmare il vuoto informativo e di consapevolezza sui tumori ginecologici.

Aggiunge: «Il tumore va affrontato con ogni forza, fisica e mentale, e prendersi cura di sé, della propria immagine, riscoprendosi attraenti e uniche “nonostante tutto” può aiutare a migliorare la qualità della vita e l’atteggiamento con cui ci si approccia alla malattia».

Il sostegno estetico che un consulente d’immagine può fornire in questa fase svolge un ruolo importante nel contribuire a preservare la dignità e l’autostima del paziente. «Il nostro obiettivo come associazione è quello di offrire ai pazienti l’opportunità di riscoprire sé stessi e la loro immagine “nonostante tutto” - sottolinea Ilaria Marocco, presidente Asso Style Image -. Nonostante i cambiamenti e le alterazioni transitorie, andando ad enfatizzare attraverso i tecnicismi della nostra professione, la loro bellezza e mettendo l’accento su tutti i punti di forza che si possiedono».

Al termine del percorso, in base alle analisi che ogni persona avrà scelto di svolgere, verranno date indicazioni riguardanti capi e accessori che esaltano la figura e il viso coerentemente alla palette personalizzata, nel rispetto dello stile individuale. ‘IO nonostante tutto’ è qui ed ora, oltre le terapie, oltre il peso, oltre i fazzoletti in testa, oltre gli occhi della gente.

Sociale

GLOBULI ROSA

LE DONNE ITALIANE DONANO

MENO DELLE COETANEE EUROPEE

L’indagine commissionata dal Centro Nazionale Sangue, nell’ambito della campagna del ministero della Salute “Dona vita, dona sangue”, analizza gli ostacoli che portano le over 30 a donare meno Tra le cause, la mancanza di tempo

Le donne italiane over 30 trovano poco tempo per donare. È questo quello che emerge da Globuli Rosa , l‘indagine commissionata dal Centro Nazionale Sangue, nell’ambito della campagna “Dona vita, dona sangue”. L’iniziativa, promossa dal ministero della Salute in collaborazione con il Cns e le principali associazioni di donatori (Avis, Croce Rossa, Fidas, Fratres e Donatori Nati), indaga le ragioni che portano le italiane a donare meno rispetto alle coetanee europee. L’indagine è stata condotta attraver-

so la realizzazione da parte di Doxa di focus group composti da non donatrici o ex donatrici (divise in gruppi a seconda della fascia di età: 30-45 anni e 46-55 anni). E anche con una survey (sondaggio, ndr) sul portale donailsangue.salute.gov.it, che ha raccolto testimonianze di 3.947 donne over 30, allo scopo di instaurare un dialogo diretto per comprendere le ragioni della mancata donazione. I focus group hanno evidenziato che la donazione di sangue non trova spazio nella routine delle donne over 30, spesso al centro delle dinamiche

familiari e carichi di responsabilità. Donare sangue, dunque, è percepito come un gesto complicato a più livelli, non particolarmente chiaro nell’iter e che non riesce a trovare, come dice il rapporto, spazio nel ‘cuore’poiché l’impegno emotivo è già destinato alla famiglia -, nella ‘mente’ - creando ulteriore disordine e fatica -, e nella ‘vita’, essendo difficile riuscire a collocarlo tra i vari impegni. A questo fattore si aggiunge la mancanza di supporto che fa sentire la donna socialmente sola. Il lavoro fragile e privo di un adeguato sistema di welfare costringe le donne a evitare ulteriori assenze, preferendo utilizzare permessi e ferie per le necessità familiari e personali, invece che per iniziative sociali.

Le testimonianze raccolte dai sondaggi (1.446 donatrici, 1.615 non donatrici e 886 ex donatrici) evidenziano, oltre alla mancanza di tempo, che si attesta anche in questo caso al primo posto (36,8%), altri temi quali la gravidanza e l’allattamento, come due momenti che portano a interrompere le donazioni di sangue e riprenderle con difficoltà (18,5%). Inoltre, i problemi di salute, reali o percepiti, sono frequentemente citati come motivazioni che ostacolano significativamente questa pratica (14,5%): le donne in Italia spesso pensano di non avere i requisiti per donare, anche se, all’interno del panorama europeo si distinguono per l’ottimo livello di salute di cui godono. La scarsa informazione (13,6%) in questo senso può contribuire a far sì che erronee convinzioni e pregiudizi ostacolino a priori la spinta a effettuare la donazione. In ultimo, vengono indicate la mancanza di informazione sul tema (13,6%), paura e preoccupazioni (7,7%) e la percezione negativa del sistema sanitario (2,8%), rinforzata da vissuti ed esperienze passate.

Speciale 25 novembre

Nel corso degli ultimi anni l’Italia si è dotata di un quadro normativo per il femminicidio, inteso come l’uccisione di una donna ma anche come fenomeno più ampio, che comprende molte condotte come maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, economica, agite da uomini in ambito familiare e sociale. Di evoluzione delle leggi italiane e dello stato attuale di tutela che può essere messa in campo per le vittime di violenza di genere, 50&Più ha parlato con Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, associazione nata nel 1989 che oggi aiuta le donne tramite centri antiviolenza, case rifugio, ascolto e valutazione del rischio al numero 1522, supporto legale, sociale e psicologico. Dottoressa Ercoli, qual è il quadro normativo attuale entro il quale si muove l’Italia a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere?

Il punto di partenza è stata la Legge 119 del 2013, conosciuta come “Legge sul femminicidio”, che ha iniziato a definire una specificità del fenomeno. Poi nel 2019 è arrivata la Legge 69, il cosiddetto “Codice Rosso”, e nel 2023 la Legge 168, o “Legge Roccella”, che lo ha rafforzato. Tutte queste norme sono state scritte sull’esperienza pratica dei percorsi di protezione delle donne. Possiamo dire che abbiamo un buon sistema normativo in merito, tranne per la violenza sessuale per la quale si fa ancora riferimento alla Legge 66 del 1996, una norma ormai obsoleta, essendo la violenza sessuale l’unico reato penale che fa pesare sulla vittima l’onere probatorio. Le norme hanno un’evoluzione interpretativa che è sia convenzionale, cioè per la Convenzione di Istanbul, che giurisprudenziale, ossia per le sentenze che sono state emesse; purtroppo non sempre questa evoluzione viene applicata. Qual è il contesto culturale italia-

CODICE ROSSO E OLTRE LA LOTTA CONTRO IL FEMMINICIDIO IN ITALIA

Un’intervista esclusiva con Elisa Ercoli di Differenza Donna per fare il punto sulla situazione della violenza di genere nel nostro paese. I progressi fatti e le sfide ancora aperte

di Ilaria Romano

no in fatto di violenza di genere e quanto incide sul suo contrasto? La normativa sulla violenza sessuale spiega benissimo quale sia il nostro stato culturale, tenuto conto che prima del 1996 lo stupro era ancora un reato contro la moralità pubblica e non contro la persona. Come se non bastasse l’Italia viene anche condannata dalla Corte europea per i diritti umani per sentenze sessiste. Una ricerca importante realizzata da Differenza Donna insieme all’Università della Tuscia e a La Sapienza, ha analizzato molte sentenze in ambito di reati di genere: quello che è emerso è che nelle motivazioni ritroviamo sempre una premes-

sa rispetto alla credibilità delle donne, come se dovessero meritarsi giustizia a seguito di un reato di maltrattamento, stupro, stalking.

Cosa ha modificato l’introduzione del Codice Rosso?

Il Codice Rosso ha interpretato i sistemi di protezione: invece di lasciare ai giudici la valutazione dei tempi di risposta, di intervento, di emanazione, ha dato un carattere di urgenza ai sistemi di protezione, che sono la risposta a un bisogno. Purtroppo siamo consapevoli che il Codice Rosso, e oggi il Codice Rosso rafforzato, non possono essere applicati realmente se non si aumenta il numero dei dipendenti delle forze

dell’ordine e della magistratura, che sono svuotati di personale. Siamo contente che ci sia una declinazione normativa specifica sui sistemi di protezione, ma se poi non è sostenibile diventa un vero inganno per le donne. Invece avere un sistema di protezione che funziona significa bloccare chi può essere pericoloso, perché le donne che escono da situazioni di gravi violenze, siano essi maltrattamenti, stalking, violenza sessuale, devono recuperare il loro punto di vista su quello che hanno vissuto. Anche per questo l’idea della giustizia sulla repentinità dell’audizione della vittima associata alla sua credibilità è una cosa che non corrisponde al vero. Come si aiutano le donne che chiedono aiuto?

Dobbiamo pensare in quali condizioni si trova la donna e mettere in atto dei sistemi di protezione adeguati. Noi possiamo accogliere immediatamente una donna in una casa rifugio, ma anche su questo dobbiamo ricordare che l’Italia ha una copertura di posti letto in casa rifugio pari al 5% dei parametri europei che prevedono un posto ogni diecimila abitanti. Nell’ultima Legge Finanziaria la ministra Roccella ha inserito un importante aumento di fon-

di dedicati ai centri antiviolenza e alle case rifugio, e speriamo che si rispettino i requisiti minimi della conferenza Stato-Regioni su chi sono le organizzazioni che possono realmente gestire questi luoghi.

Quali caratteristiche deve avere una casa rifugio?

Le case rifugio sono luoghi che garantiscono alla donna di stare al centro del suo sistema di protezione, sostenuta dalle forze dell’ordine e dai servizi sociali nel reinserimento sociale come soggetto liberato. C’è un percorso di rielaborazione della storia della violenza vissuta, della consapevolezza di essere un soggetto di diritto. La cosa più importante è bloccare gli uomini pericolosi e non fare pressione sulle donne sin dal primo giorno rispetto a quello che devono raccontare. La casa rifugio serve non solo a non essere ammazzate, ma ad uscire dal proprio ambiente per rielaborare il progetto della propria vita. Ma la preziosità di questa fase c’è solo se ad accogliere la donna ci sono organizzazioni che hanno dei requisiti e delle competenze specifiche. Gli ultimi dati del numero gratuito 1522 ci dicono che l’emersione dei casi della violenza maschile con-

tro le donne è in aumento: che tipo di telefonate si ricevono e come si procede?

Per la prima volta notiamo un aumento di emersione della violenza maschile contro le donne: sono vent’anni che assistiamo a un 10% di emerso, mentre il 90% resta sommerso. Nel 2022 ci hanno contattato 33mila persone, quasi

tutte donne; nel 2023 sono state 51mila. E nel 2024 avremo un ulteriore aumento perché nel primo semestre siamo già arrivati a 34mila. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin hanno cominciato a chiamarci molti genitori preoccupati per le proprie figlie, che hanno ascoltato gli audio di Giulia diffusi in rete, nei quali si percepiva il continuo senso di stress a cui ti sottopone la persecuzione violenta di un ex partner. Molte mamme e papà hanno riconosciuto quei messaggi come segnali e hanno chiesto aiuto. Anche i gruppi di amici, che prima restavano in silenzio, oggi hanno capito che devono parlare. È un cambio di passo importante, e proprio per questo non può essere deluso dall’intervento istituzionale.

Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna
Roma, piazza Montecitorio, 17 luglio 2023. Flash mob organizzato dall’associazione Differenza Donna contro il sessismo nelle sentenze

‘CERCHIO DEGLI UOMINI’

STORIE DI RINASCITA

E SPERANZA

Percorsi di crescita personale per prevenire la violenza e promuovere relazioni più sane l’idea di un’associazione torinese sta rivoluzionando il concetto di mascolinità. Ecco come

di Anna Giuffrida

Quando gli uomini si parlano, e parlano di disagio maschile, si sta già lavorando alla prevenzione contro la violenza sulle donne e in famiglia. Se ne sono resi conto oltre vent’anni fa i fondatori dell’associazione Cerchio degli Uomini, nata nel 2004 a Torino, quando «hanno scoperto che costruire un cerchio di condivisione consentiva ai maschi di uscire da una dimensione superficiale di comunicazione, ed entrare in un ter-

ritorio in cui poter condividere emozioni», racconta Andrea Santoro, presidente dell’associazione ed esperto nella conduzione di gruppi di condivisione e incontri sulle tematiche del bullismo, della paternità e della parità di genere.

Scardinare gli stereotipi, quelli legati a un’idea di maschilità tossica, è il lavoro che portano avanti gli operatori ed esperti dell’associazione con i gruppi dei cerchi di condivisione, con il centro d’ascolto, cui accedono anche uo-

mini maltrattanti con pendenze giudiziarie, e con gli incontri nelle scuole dedicati alle nuove generazioni. Spazi in cui spesso gli uomini prendono atto dei loro comportamenti violenti (“Si tratta di prevaricazione, non le permetti più di agire. In quei momenti pensi solo a non essere sottomesso”, racconta uno dei protagonisti del documentario Nel cerchio degli uomini, visibile su RaiPlay) e scoprono che aprendosi agli altri si esce da una dimensione di solitudine. «La solitudine è uno stereotipo micidiale. Molti uomini pensano: “se non sei capace di cavartela da solo quando sei nei guai, allora non sei un vero uomo”. E questo provoca storie di sofferenza prima personali, poi familiari - dice Andrea Santoro -. Invece, aprirsi, chiedere aiuto e cercare percorsi trasformativi potrebbe essere quel volano positivo che fa bene, agli uomini e alle loro famiglie».

Un’opportunità di cambiamento, che qui si sperimenta anche con la pratica del teatro o della meditazione, e che in alcune attività prevede il coinvolgimento della partner. Come nei percorsi dedicati alla paternità e all’allatta-

“Come siamo, come uomini, accanto alle nostre compagne che allattano?

mento. «La paternità è un tema così importante che non c’è un ambito nei nostri lavori che non sia crocevia di dibattito sia nelle scuole, sia nei primi mille giorni (della paternità, ndr), sia nei casi di codice rosso per violenza maschile - prosegue Andrea -. Incontrando questo argomento, noi cerchiamo di renderlo un motore di evoluzione per gli uomini. E spesso ci riusciamo. Per fortuna le nuove generazioni fanno ben sperare». Un impegno, un attivismo, reso possibile anche dalla rete di associazioni, centri antiviolenza e istituzioni locali che promuovono azioni a sostegno del disagio maschile e della paternità. Come il progetto europeo “4e-parent”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, al quale partecipa l’associazione Cerchio degli Uomini, insieme ad altri centri e gruppi presenti in tutta Italia. Il progetto promuove una paternità partecipe, fatta di condivisione nell’accudimento dei figli fin dalla nascita, possibile solo garantendo ai padri lavoratori un “congedo paritario” con parità di trattamento economico e tutele sul lavoro, che al momento, in Italia, non è stato attuato.

Un tempo e una cura da dedicare ai figli, e all’aiuto alle donne, che coinvolge anche la fase dell’allattamento.

- chiede idealmente Andrea Santoro, che con il Cerchio degli Uomini è impegnato anche nella promozione dell’allattamento rivolto ai papà -. Come possiamo sostenerle, senza finire in quella solita mentalità in cui ‘io so cosa devi fare’?”.

«La paternità è l’esperienza più trasformativa che ci può essere. Ci sono uomini con denunce per maltrattamenti che trovano la forza di lavorare su sé stessi, spinti dalla speranza di ricostruire la relazione con figlie e figli su basi diverse. Ma la paternità non è solo biologica: si può essere padri adottivi, essere punto di riferimento

per un bambino del condominio o al giardinetto. Le mascolinità accudenti rappresentano un orizzonte, una speranza per noi. Quella che l’uomo abbracci il percorso trasformativo, praticando la cura. Nell’ottica della prevenzione, l’impegno si estende ai ragazzi delle scuole superiori a cui si rivolgono incontri e laboratori organizzati dell’associazione per ragionare sugli stereotipi di genere, sul concetto di consenso e di relazioni sane o tossiche. Partendo da casi di bullismo, per arrivare a chiedersi se “quello che sto facendo può creare problemi”», aggiunge Andrea Santoro. Esperienze che puntano a costruire una società con pari diritti e pari dignità, in cui gli uomini colgano l’opportunità del cambiamento “perché questa decisione va nella direzione della felicità”. «La violenza è un fenomeno culturale ed è una scelta. Molti uomini sono contenti di un cambiamento, alcuni invece hanno bisogno di scontrarsi su questo. Noi cerchiamo di aiutarli ad accorgersi di questa opportunità. La questione è strutturale, culturale, ed è questo il cambiamento a cui possiamo lavorare tutti», chiosa Andrea.

Locandina del progetto “Parent”, volto a promuovere una paternità partecipe
A sinistra, un evento promosso dal Cerchio degli Uomini. Sopra, Andrea Santoro, presidente dell’Associazione

Economia

GLI ADOLESCENTI SPENDONO

49 EURO AL MESE TRA FOOD E FASHION

Consumano cibo fast food, prediligono comprare capi di abbigliamento su Shein, amano pagare con Apple Pay e Google Pay e giocare ai videogiochi. È il ritratto della Generazione Alpha, i nati dalla metà del 2010, che si potrebbe definire davvero come Fast Generation. A tracciare questo particolare identikit sono i consumi registrati dal primo report del Barometro, a cura di Pixpay, la startup francese leader nel settore del ‘teen banking’, fondata con lo scopo di fornire ai ragazzi dai 10 anni in su uno strumento di pagamento all’avanguardia e di educarli finanziariamente. L’indagine, realizzata nell’ambito del programma Teenage Lab by Pixpay, ha analizzato le abitudini di adolescenti e genitori riguardo la paghetta, le spese dei ragazzi e il modo in cui gestiscono il denaro. Sono state considerate oltre 500.000 transazioni, eseguite dagli utenti nel periodo dell’ultimo anno scolastico (compreso tra settembre 2023 e giugno 2024). Tra i dati più rilevanti vi è il paniere degli acquisti, che permette di evidenziare quali sono i brand preferiti dagli adolescenti. Un paniere che contribuisce a delineare l’immagine di una generazione fast food e fast fashion. Guardando ai consumi delle ragazze ai primi tre posti troviamo brand quali Shein, McDonald’s e Apple, mentre i ragazzi prediligono McDonald’s, Apple e Playstation.

Poco meno del 3% va per l’acquisto di libri

Ecco come la generazione

Alpha spende la paghetta di mamma e papà

di Berardo Falcone

Nella top ten delle ragazze, “moda-centriche”, figurano al quarto posto Deliveroo, seguito da Amazon, Subdued,

Tezenis, Uber, Zara e Vinted. I ragazzi si confermano “gamer”, visto che al quarto posto troviamo Google, seguito da Deliveroo, Amazon, Vinted, Shein, Steam Games, Burger King. Complessivamente le “paghette” vengono spese principalmente in cibo (40%), seguono gli acquisti per vestiti & accessori (21%), bellezza e benessere (6%), al pari di cultura, intrattenimento e media appaiati (tra cui i libri, con una percentuale di poco sotto il 3%). Gli adolescenti italiani fanno in media 4 pagamenti con la carta al mese, con un importo medio della transazione pari a 12,25 euro. Sul fronte dei risparmi, solo l’11% dei ragazzi riesce a risparmiare, per un “tesoretto” medio di 96 euro raccolto durante i mesi di scuola da settembre 2023 e giugno 2024. In Italia i ragazzi risparmiano in media più delle ragazze: 108 euro contro 85 euro. Il Barometro evidenzia come il 41% dei ragazzi riceva una paghetta regolare, settimanale o mensile, il cui importo varia da 35 euro per i 10-12enni, 43 euro per i 13-14enni, 58 euro per i 15-16enni, fino ad arrivare a 76 euro per i 17-18enni. Sommando anche le ricariche puntuali l’importo medio aumenta per tutte le fasce d’età e passa da 45 euro per i 10-12enni, fino a 125 euro al mese per i 17-18enni con picchi significativi nei mesi di giugno, settembre e dicembre. «La nostra missione è di insegnare ai ragazzi come gestire il loro budget in autonomia e in modo consapevole, coinvolgendo i genitori», commenta Matilde Bille, Country Manager Italia di Pixpay.

IL SORPASSO ELETTRICO BYD SUPERA VOLKSWAGEN

E RIDISEGNA IL FUTURO DELL’AUTO

Il mercato automobilistico europeo sta vivendo una profonda trasformazione

Mentre il marchio tedesco, un tempo leader indiscusso, affronta una grave crisi i produttori cinesi stanno guadagnando terreno con le loro auto elettriche: l’apertura di una nuova concessionaria a Berlino è un chiaro segnale di questo cambiamento di Cosimo Caridi

Una nuova concessionaria

sta per aprire al piano terra del WestLight, uno degli edifici più iconici della Berlino commerciale, a due passi da Kurfürstendamm, la via dei negozi di lusso. Porsche, Mercedes, Audi?

No. Venderà auto cinesi: le elettriche

Build Your Dreams (BYD). La crisi dell’automotive tedesco è riassunta qui. Esportare è sempre più costoso, il mercato europeo si contrae, mentre cresce la concorrenza. Secondo i dati della Commissione europea, le vendite di auto sono diminuite del 13% rispetto ai livelli pre-Covid. Per

Volkswagen, il 2019 è stato l’anno record con 10,97 milioni di auto vendute, mentre il 2023 si è chiuso con 9,24 milioni di immatricolazioni. Per il gruppo, la crisi non riguarda solo le vendite, ma anche le prospettive. Sono passati nove anni dal dieselgate, settembre 2015, e l’azienda non

ha ritrovato il passo che nei decenni l’aveva portata a essere il secondo produttore al mondo di automobili, dietro solo a Toyota. Dopo lo scandalo, l’amministratore delegato Martin Winterkorn si dimise. Da allora i vertici dell’azienda sono cambiati tre volte, ma nessuno sembra essere riuscito a proporre una soluzione che garantisca una ripartenza. A inizio settembre, l’attuale Ceo, Oliver Blume, ha annunciato un piano di ristrutturazione, motivato dal “contesto economico”. Uno, forse due stabilimenti in Germania verranno chiusi. È la prima volta dal dopoguerra che VW prospetta una misura del genere in patria. Lo scorso anno erano già emersi segnali di difficoltà: erano stati annunciati tagli, con la possibile chiusura di uno stabilimento Audi in Belgio. Il gruppo comprende 12 marchi (tra cui Porsche e Lamborghini) e quasi tutti vanno meglio di Volkswagen. Anche Škoda e Cupra, in termini assoluti, generano profitti superiori rispetto alle auto che portano il marchio VW. Volkswagen ha circa 300.000 dipendenti in Germania e 680.000 nel mondo. Il numero è cresciuto costantemente negli ul timi anni: dal 2013 è aumentato del 17% a livello nazionale e del 21,5% a livello globale. A lanciare l’allarme è stato il direttore finanziario, Arno Antlitz, che ha dichiarato che il grup po ha «uno o due anni» per raddriz zare la situazione. Le vendite di auto a combustione sono calate drastica mente, mentre l’aumento delle ven dite di veicoli elettrici (EV) ha favo rito i gruppi concorrenti, soprattutto al di fuori della Germania. Gli analisti del settore hanno identificato diversi problemi, il più importante dei qua li è il posizionamento sbagliato dei nuovi modelli. Volkswagen ha deciso di puntare tutto sull’elettrico, accan tonando il metano e l’idrogeno, su cui aveva già investito miliardi. Ha

La crisi produttiva europea minaccia l’occupazione in Italia

scelto di non sviluppare le full-hybrid, ossia automobili spinte da un motore termico e da uno elettrico, capaci di lavorare insieme o separatamente. Le case automobilistiche giapponesi hanno quasi completamente conquistato questo segmento di mercato, in cui Volkswagen, grazie ai suoi motori a combustione ben collaudati, avrebbe dovuto giocare un ruolo di primo piano. Il gruppo di Wolfsburg, in pochissimi anni, ha lanciato modelli elettrici in cinque segmenti, lasciando però sguarniti quelli delle auto piccole e medie. Troppe auto, troppo simili e troppo costose, ha sentenziato il mercato. Tesla ha un vantaggio di parecchi anni: ha abituato i clienti al marchio ed è percepita come un’auto elettrica premium e affidabile. La ID.3, ribattezzata in Germania “Golf elettrica”, ha un listino prezzi che parte da oltre 40mila euro, mentre

auto premium rispondono a logiche diverse. Le vendite di Bmw, ad esempio, sono buone; sul mercato europeo, il marchio bavarese ha superato quello di Elon Musk. A pesare sui prezzi di Volkswagen ci sono due variabili: l’aumento del costo dell’energia e l’alto costo del lavoro in Germania. Il gas russo ha garantito per decenni energia a basso costo per la manifattura tedesca. Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream rende impossibile, anche nel caso di una pace immediata tra Russia e Ucraina, un ritorno ai livelli di prezzo del 2021. La dirigenza di Volkswagen ha quindi deciso di ridurre i costi del lavoro. Alla fine dell’estate ha annunciato che rescinderà diversi contratti collettivi, tra cui quello sulla sicurezza del lavoro. A partire da luglio 2025 circa 120.000 dipendenti potranno essere licenziati. Gli accordi tra azienda e sindacati sono in vigore, senza interruzione, dal 1984. Il contratto collettivo sarebbe dovuto terminare nel 2029. La riduzione della produzione europea, anche nell’ipotesi poco probabile di mantenere stabile il numero di autovetture vendute nel mondo, metterà a rischio decinero in Italia. Nel nord-ovest del paese, in particolare, ci sono migliaia di piccoleniscono componentistica

Oliver Blume Ceo del gruppo Volkswagen
Markus Wissmann

Esteri

SULLE VIE DI PARIGI ARRIVANO GLI ASCOLTATORI DI STRADA

“Les écouteurs de rues” è un’associazione nata nel 2019. Come i “Sidewalk Talk” americani, portano la psicoterapia fuori dagli ambulatori per rendere la cura di sé accessibile a tutti Tra i volontari, non mancano terapisti in pensione di Chiara Ludovisi

Si chiamano “Les écouteurs de rues”, letteralmente

“ascoltatori di strada”: sono psicoterapeuti volontari, che cinque anni fa hanno iniziato a comparire sulle strade di Parigi, precisamente nel quartiere Goutte d’Or, nel 18° Arrondissement, per poi diffondersi in altre città francesi. Oggi sono operativi anche a Rennes e Nantes. Si tratta di veri e propri terapisti, per lo più di formazione Gestalt, che prestano ascolto non tra le quattro mura di uno studio, ma nei parchi e sui marciapiedi cittadini. Un servizio offerto gratuitamente, per assicurarlo a chi, altrimenti, non potrebbe permetterselo. Non ci sono divani né lettini, ma due sedie e una bandiera, per segnalare la presenza e la disponibilità di un “ascoltatore”, riconoscibile grazie a un bracciale colorato che indossa al polso. Non c’è lista d’attesa, non serve appuntamento: chiunque può fermarsi a parlare, per condividere un pensiero o una preoccupazione, esprimere un dubbio o un malessere, comunicare un’emozione. Semplicemente, entrare in relazione e ricevere, se serve, un consiglio o un aiuto. L’incontro può durare fino a 20 minuti e avviene in un clima in-

Non ci sono requisiti per essere ammessi agli incontri, che sono invece aperti a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche e sociali. «Questo lavoro di ascolto e questa presenza di professionisti della salute mentale nello spazio pubblico può aiutare a comprendere che prendersi cura di sé, parlare di sé, entrare in relazione ed esistere di fronte agli altri è una dinamica positiva e costruttiva», spiegano i promotori dell’iniziativa. L’obiettivo, in sintesi, è rendere la salute mentale accessibile a tutti: non solo dal punto di vista economico, ma anche

formale. Ogni sessione dura in tutto due ore ed è affidata a cinque volontari, tutti psicologi e psicoterapeuti professionisti, che non svolgono però sedute terapeutiche strutturate, ma si pongono come ascoltatori attivi e partecipi.

sotto il profilo ambientale, sociale e culturale. Il progetto nasce dall’idea di Séverine Bourguignon, un’artista e terapista di Parigi. Durante un’esperienza artistica sul territorio, Bourguignon rilevò il bisogno diffuso di un ascolto attivo, a cui tut-

ti potessero aver accesso, a partire da coloro che fino a quel momento non avevano potuto fruirne, per ragioni economiche, o per una resistenza psicologica o culturale. Scoprì, quasi per caso, l’esperienza dei “Sidewalk Talk”, l’associazione nata

proprio pochi anni prima a San Francisco: qui, nell’autunno del 2014, due terapeuti locali avevano dato vita a spazi di ascolto e confronto sui marciapiedi della città, per rispondere a solitudine, violenza e diseguaglianza, sempre più dilaganti. Il 7 maggio 2015, ventotto ascoltatori erano scesi in strada per la prima volta. Séverine Bourguignon riprese, reinterpretò e importò a Parigi quell’esperienza.

“Poiché la tua parola ha valore, qui ti ascoltiamo!”, è lo slogan dell’associazione, che circa una volta al mese scende in strada con i suoi volontari e invita i passanti a raccontarsi.

“Tutto bene?”, “Come stai?”, “Ti va di parlare un po’?”: un approccio semplice e confidenziale, per conquistare attenzione e fiducia. C’è chi tira dritto, chi sbircia da lontano, chi si ferma a leggere i cartelli che spiegano, in poche parole, a cosa servano quelle sedie. Tra i volontari, ci sono giovani e meno giovani: Béatrice, per esempio, è una business coach (allenatore aziendale, ndr) in pensione. Tanti i problemi che si trovano ad ascoltare: violenze, difficoltà economiche, lavorativi, familiari. «Il pubblico a cui ci rivolgiamo è vario - spiega Séverine Bourguignon -. A volte si tratta di migranti con traumi multipli, stupri, torture, altre volte di famiglie in cui il dialogo tra genitori e figli si è interrotto. Stare per strada permette anche di attira-

re un’utenza maschile, che con più difficoltà si avvicina alla terapia clinica». A volte una soluzione non c’è, ma la possibilità di essere ascoltati e di condividere dubbi e preoccupazioni è per tutti di grande sollievo. Altre volte i volontari riescono a offrire una soluzione, a indicare una via d’uscita, o semplicemente fanno da ponte con associazioni o istituzioni che possono essere di aiuto. Ciò che conta è il rapporto che si crea e che rompe la solitudine: «La relazione tra l’ascoltatore e la persona ascoltata si stabilisce immediatamente e le storie diventano subito intime - spiega ancora Bourguignon -. La riservatezza che si può avere in uno studio si può garantire facilmente anche fuori, dove le parole sono coperte dal tumulto della strada!».

Sopra, un momento di confronto tra terapisti al termine di una giornata dedicata all’ascolto. A sinistra e sotto alcune postazioni di psicoterapeuti volontari a disposizione dei cittadini parigini

Esteri

Le luci dei mercatini di Natale stanno per accendersi e i termosifoni sono già caldi da settimane. Oltre l’80% dell’energia che riscalda il paese proviene dalla Russia. Nonostante le sanzioni e le limitazioni imposte da Bruxelles, l’Austria rimane il principale importatore di gas siberiano in Europa. A fine settembre, il paese è andato al voto e ha vinto il Partito della Libertà (Fpö), fondato nel 1955 da un ex ufficiale delle SS. Oggi, è la forza politica più favorevole alla riapertura dei canali diplomatici e commerciali con Mosca. Nonostante il Fpö abbia ottenuto più consensi rispetto a qualsiasi altro partito, non vi è alcuna possibilità che il suo leader, Herbert Kickl, diventi il nuovo cancelliere. Durante la campagna elettorale, tutti i partiti hanno chiarito che non avrebbero mai sostenuto un governo guidato dal Fpö. Kickl, quindi, non sarà mai a capo di un esecutivo.

L’Austria è un paese ricco: il reddito pro capite supera i 56.000 euro, mentre in Italia è fermo a 37.000. Tuttavia, attraversa da anni una profonda crisi politica. Dal 2020 si sono alternati tre governi, tre cancellieri e due maggioranze diverse, entrambe guidate dai popolari. Secondo l’Istituto Austriaco per le Ricerche Economiche (Wifo), l’economia sta affrontando la crisi più grave dal 2008-2009. Nel 2023, l’inflazione ha raggiunto il 7,8%, quattro volte superiore all’obiettivo della Bce; in Italia, nello stesso periodo, i prezzi sono aumentati del 5,7%. Inoltre, la manifattura austriaca è in recessione da nove trimestri, e nello stesso periodo gli investimenti immobiliari sono crollati del 18%.

In questo contesto, la retorica populista del Fpö trova terreno fertile. Il primo punto su cui Kickl insiste in ogni sua apparizione pubblica è la

VIENNA, TRA GAS E NAZIONALISMO

di Cosimo Caridi

La capitale è sede di importanti istituzioni internazionali è parte dell’Unione europea ma non della Nato

Herbert Kickl è il leader del Partito della Libertà che ha vinto le elezioni lo scorso settembre. Una fotografia del paese tra crisi economica e populismo

necessità di fermare l’immigrazione. “Fortezza Austria” è in cima al suo programma elettorale da sempre. Nei suoi comizi, ha spesso affermato di aspirare alla carica di “Volkskanzler”, il “cancelliere del popolo”, una definizione che Hitler rivendicò per sé. Oggi, Kickl rappresenta l’anima più estremista, ma anche maggioritaria, del partito.

Due giorni prima delle elezioni, alcuni dirigenti e candidati del Fpö hanno partecipato a un funerale a Vienna, durante il quale è stata intonata la Treuelied (“canzone della fedeltà”), uno degli inni delle truppe naziste. Alla fine dell’autunno del 1955, gli

ra, scriveva quei discorsi incendiari. Poco dopo, però, Haider si distaccò dal partito, considerandolo troppo estremista, lasciando spazio a Kickl che ne assunse la leadership, portando il partito verso un’escalation di radicalismo.

Vienna, settembre 2024: Herbert Kickl leader del Partito della Liberta (Fpö) vincitore delle recenti elezioni politiche

alleati posero fine all’occupazione del paese, e l’anno successivo l’ex ufficiale delle SS Anton Reinthaller fondò il Fpö . Negli anni, il partito ha attraversato fasi più o meno radicali. Tra il 2000 e il 2019, è stato al governo come alleato di minoranza, ottenendo però ministeri di peso come Interni, Esteri e Difesa.

Kickl è stato lo speechwriter (autore di discorsi, ndr) di Jörg Haider, il leader che portò il Fpö alla ribalta internazionale. Haider riuscì a catturare l’attenzione degli elettori con la sua retorica anti-immigrazione e le critiche all’Unione europea. Bruxelles lo bollò come estremista per le sue dichiarazioni che tendevano a minimizzare o giustificare aspetti del regime nazista. Sotto la sua guida, il Fpö raggiunse il 27% dei voti nel 1999 ed entrò al governo in coalizione con i popolari. Kickl, già allo -

L’Austria, in proporzione alla popolazione, è il paese dell’Ue che accoglie il maggior numero di richiedenti asilo. Kickl ha costruito una virulenta retorica contro l’islam e i migranti su questo dato. Vienna ospita importanti istituzioni internazionali e rivendica la propria neutralità: è parte dell’Ue, ma non della Nato. Dall’invasione russa dell’Ucraina, l’Austria non ha inviato aiuti militari a Kiev. Tuttavia, il cancelliere Karl Nehammer, leader del Partito Popolare, è stato uno dei pochi leader ricevuti al Cremlino dall’inizio della guerra. Kickl ha fatto leva sul desiderio di molti austriaci di normalizzare i rapporti con Vladimir Putin, chiedendo una nuova apertura diplomatica con la Russia. Un elettore su tre ha votato per il Fpö, vedendo nell’estremismo di destra la migliore soluzione ai problemi del paese. Il prossimo governo sarà probabilmente formato da una coalizione simile a quella tedesca: socialisti e conservatori, supportati da un terzo partito, i liberali. Ma la dipendenza dal gas russo persiste. Il gasdotto che porta energia a Vienna attraversa l’Ucraina, e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha annunciato che intende interrompere il flusso entro la fine dell’anno. L’Austria potrebbe far fronte alla situazione utilizzando le riserve e importando più gas dall’Italia, ma il prezzo dell’energia schizzerebbe alle stelle, provocando un ulteriore aumento dell’inflazione e spingendo il paese verso una recessione prolungata. Uno scenario perfetto per far guadagnare ancora più consensi all’estrema destra.

«HO PORTATO IL PICKLEBALL IN ITALIA VI RACCONTO PERCHÉ»

Due racchette, una rete e una pallina. No, non è tennis, nemmeno padel, neanche ping pong o paddington, ma un parente un po’ timido e meno conosciuto: il pickleball. In realtà negli Stati Uniti si pratica da quasi 40 anni ed è uno degli sport più amati oltreoceano, molto diffuso nelle scuole statunitensi. In Italia c’è chi lo sta promuovendo con entusiasmo: è Davide Rossi, avvocato e direttore della Aires Confcommercio (l’associazione che rappresenta i rivenditori di elettrodomestici e prodotti elettronici), che ci racconta come è nata quasi per caso l’idea di affiancare a questo suo incarico la creazione di una start up dedicata al mondo del pickleball: «Durante una vacanza in California sono stato invitato in un circolo a Newport Beach e mi sono

Davide Rossi, avvocato e direttore di Aires

Confcommercio, spiega perché questo sport è destinato a diventare un fenomeno di massa di Francesca Cutolo

imbattuto in questo sport che era già stato in grado di attirare tantissimi appassionati, tra cui anche campioni di tennis del calibro di John McEnroe, André Agassi e Steffi Graf. Volendo approfondire la conoscenza e capire di più i motivi di questo successo, sono tornato negli Stati Uniti per incontrare alcuni dei protagonisti della scena americana. Ho visto con i miei occhi la crescita tuttora vertiginosa di questa disciplina negli Stati Uniti nell’ultimo anno (ad oggi si parla di oltre 35 milioni di praticanti), e mi sono riproposto di provare a portare

questo fenomeno anche in Italia». Il pickleball non è solo uno sport ma anche uno stile di vita semplice, intergenerazionale, “gender equal”. «Si impara facilmente. E ci si diverte da subito. Funziona come il tennis ma si gioca in un campo molto più piccolo e con una racchetta in carbonio solo di poco più grande di quelle per il pingpong - spiega Rossi -. I movimenti sono più misurati e precisi: niente a che vedere con gli scatti repentini e le torsioni del padel; intergenerazionale perché si può giocare a tutte le età e in tutte le condizioni di forma. Il sin-

golare richiede più agilità e dinamismo, ma il doppio può anche essere giocato con lunghe fasi tecniche che consentono il recupero. Inoltre, per le caratteristiche del gioco e la leggerezza della pallina il rischio di infortuni è quasi nullo. Infine, “gender equal” perché è in pratica l’unico sport in cui, a livello amatoriale, donne e uomini se la giocano veramente alla pari. Non è infrequente vedere tornei in cui coppie miste o anche coppie femminili prevalgono su coppie di uomini». Da pochissimi mesi è nata una ‘Pickleball Community’, un’agenzia che ha come missione la conoscenza e lo sviluppo del pickleball in Italia. «È in pratica un incubatore che si propone di supportare a 360 gradi tutti coloro che vogliono entrare in questa disciplina sia gestendo campi sia organizzando manifestazioni, team building, sponsorizzazioni o altre iniziative anche in ambito turistico o commerciale. Sono molto orgoglioso poi - ci dice ancora Rossi - di avere portato la ‘Pickleball Vip Cup’ al Circo Massimo di Roma lo scorso maggio, in occasione di ‘Race for the Cure’». Davide Rossi è convinto che il pickleball possa diventare un vero a proprio fenomeno sociale come è stata l’aerobica negli Anni ’80 e il golf negli Anni ’90. «L’aerobica - ci dice - ha cambiato il volto delle palestre, che sono diventate veri e propri luoghi di intrattenimento e

di incontro. Stessa cosa per i circoli di golf. Abbiamo oggi la possibilità, grazie a questo sport ‘minore’, di avvicinare alla pratica sportiva fasce di popolazione che avrebbero dedicato il proprio tempo libero ad altre attività non sportive e meno salutari». Non è uno sport costoso neppure nel livello di costruzione dei campi (si parla di poco più di 10.000 euro tutto compreso) e di attrezzatura. Le racchette si trovano da 50 euro in su e le palline (costo 3 euro) non si rompono se non dopo decine e decine di ore di gioco. Per di più non vanno mai perse anche in assenza di recinzioni perché, dopo il secondo rimbalzo, in pratica si fermano. Per il resto bastano un paio di scarpe da tennis, calzoncini e una t-shirt. E tra tennis, padel e pickleball chi vincerà in futuro? Con la ‘testa’ Davide Rossi risponde così: «Non vedo assolutamente

una competizione tra questi tre sport. Il pickeball si affianca a tennis e padel coinvolgendo anzitutto nuovi giocatori che ad oggi non si sono mai dedicati agli sport di racchetta, oppure che hanno giocato un po’ a tennis da piccoli per poi abbandonarlo». Ma con la ‘pancia’ conclude: «Oggi il pickleball è il meno diffuso tra i tre ma ha straordinari margini di crescita; basta considerare che può essere giocato dai 5 ai 95 anni, si impara facilmente, non comporta alcuno stress fisico e al contrario aiuta il benessere e la socialità. Insomma, possiamo dire che sarà certamente lo sport del futuro. Si tratta solo di una questione di tempo e per questo stiamo cercando in tutti i modi di accelerare questo processo e la diffusione di campi e iniziative promozionali».

A sinistra, Davide Rossi In basso, con altri giocatori di pickleball

TANTI AUGURI 50&PIÙ

I festeggiamenti a novembre. A Roma per ricordare l’impegno e la forza dell’Associazione che ha contribuito a scrivere la storia di questo paese

di Alessandra Espis

La storia di 50&Più è un percorso che si caratterizza per impegno, passione, condivisione e partecipazione. È una storia che fonda le sue radici su una certezza: gli anziani rappresentano un’immensa risorsa umana, portatrice di cultura, competenze, esperienze e valori.

È una storia che inizia il 14 marzo del 1974, quando 26 sindacati provinciali di pensionati del mondo del commercio, del turismo e dei servizi diedero vita alla Fe.n.a.com (Federazione nazionale anziani del commercio), spinti dalle riforme sociosanitarie che stavano modificando l’assetto del nostro paese e dall’ormai evidente necessità

che il mondo della terza età richiedeva nuove risposte e nuove politiche. Il percorso era già iniziato nel 1967, quando Confcommercio affidò all’ente di patronato Enasco l’avvio di una nuova azione di rappresentanza e tutela sociale verso gli anziani del commercio. Con la nascita dell’Associazione, la strada scelta virava verso un obiettivo più ampio: dare visibilità e spessore a una nuova identità sociale, proponendo alle istituzioni e all’opinione pubblica una nuova visione del mondo anziano, libera da stereotipi e pregiudizi. Una visione dell’anziano da valorizzare.

Ben presto fu chiaro che l’originale progetto culturale, per poter incidere

sul bene comune, doveva farsi portavoce di una categoria più ampia. E così, grazie alle modifiche statutarie del 1984 e del 1990, tutti gli anziani over 50 poterono diventare soci e il nome dell’Associazione divenne 50&PiùFenacom. I successivi cambiamenti statutari hanno portato a una progettualità sempre più ampia e alla nascita di 50&Più, un sistema associativo e di servizi che mette al centro la persona e i suoi diritti.

Da sempre in prima linea, 50&Più ha contribuito attivamente all’elaborazione delle politiche per la terza età collaborando in Italia con le sedi istituzionali quali ministero del Lavoro e Dipartimento per gli Affari Sociali, e nel mondo con importanti associazioni internazio -

nali quali Fiapa, Aarp, Age Platform Europe.

Uno dei passi più importanti per valorizzare la terza età è arrivato nel 1979 con il mensile 50&Più, unico e primo nel suo genere, che grazie a interviste, inchieste, articoli di settore è riuscito a scalfire l’immagine stereotipata della terza età e a fornire un’informazione di qualità. Dopo l’impegno su carta stampata, è arrivato l’impegno online con Spazio50.org, il portale degli over 50.

Con l’obiettivo di far riflettere la società sulla nuova e contemporanea prospettiva in cui gli anziani sono parte attiva della società, negli anni, hanno preso vita progetti come Le Perle della memoria e Essere anziano oggi, pubblicazioni dedicate alla trasmissione del patrimonio culturale della terza età e all’importanza del ruolo degli anziani per le future generazioni; l’Università e il Centro Studi 50&Più; i “Volumi 50&Più”, pubblicazioni che affrontano aspetti specifici della vita over 50 quali lavoro, tecnologia, diritti, partecipazione.

Tra le più alte rappresentazioni dell’impegno culturale e sociale di 50&Più ci sono le 13 edizioni del Forum internazionale Gold Age - Incontri di generazioni, momenti

di confronto per tutti coloro che del mondo anziano sono interlocutori e rappresentanti.

La partecipazione è da sempre il file rouge con cui l’Associazione sceglie di valorizzare la terza età, facilitando momenti di condivisione in cui i soci 50&Più si possono sentire i veri protagonisti delle loro passioni.

Il primo grande evento 50&Più fu “Il mese dell’anziano” organizzato nel 1976, diventato poi un appuntamento annuale sotto il nome di “Incontri 50&Più”.

Nel 1983 ci fu la prima edizione del Concorso “Prosa, Poesia, Pittura e Fotografia”, momento associativo magico in cui ad ogni edizione la partecipazione è stata un crescendo di opere e di artisti. Nel 2021 per tutti gli appassionati d’arte è nata la “Settimana della creatività”, un appuntamento ricco di laboratori creativi per liberare la propria espressività.

Vista la grande adesione alle manifestazioni associative, nel 1984 la costellazione 50&Più si arricchisce di una propria agenzia turistica e tour operator, 50&Più Turismo, specializzata nei viaggi dedicati agli over 50.

Nel 1994 debutta un’altra manifestazione nazionale che diventerà tra le più amate tra i soci: le “Olimpiadi di

50&Più”, un evento sportivo che chiama a raccolta i soci di tutta Italia appassionati di sport. Negli anni sono state assegnate migliaia di medaglie d’oro, d’argento e di bronzo agli atleti che si sono cimentati nelle gare di nuoto, tennis, maratona, bocce. Dopo l’arte e lo sport, 50&Più ha dato voce a un’altra passione: il canto. Nel 2001 è nato a Napoli “Italia In… Canto”, un evento che offre ai soci un nuovo sogno, quello di esibirsi su un palcoscenico e con un’orchestra e davanti a un grande pubblico. Nel 2017 è il momento del cinema ed è nato “Corti di Lunga Vita”, concorso internazionale di cortometraggi che invita i partecipanti a raccontare storie legate alla vita degli anziani, alle loro esperienze, sfide e successi. Rappresentanza e tutela dei diritti, studi e ricerche, formazione e informazione, condivisione e partecipazione sono stati i pilastri dei primi 50 anni di vita di 50&Più che, grazie all’impegno sociale e culturale, ha rovesciato la prospettiva con cui guardare alla terza età: gli anziani non sono più soggetti che osservano l’ultima parte della vita, ma persone attive che vogliono mantenere vive le loro passioni, che vogliono e hanno il diritto di partecipare. Persone da valorizzare.

Peccato ce ne sia solo uno all’anno

Le piante del mese e come usarle

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L’oroscopo

Coltivare l’orto, il giardino e il balcone con l’aiuto della Luna

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Tutta l’esperienza del saggio Barbanera per vivere bene secondo natura

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GLI ITALIANI E LA SCARSA PARTECIPAZIONE SOCIALE UNA STORIA DA ANALIZZARE

L’impegno civico degli over 50 italiani è in evoluzione. L’indagine del Centro Studi 50&Più fa emergere un quadro complesso e dinamico della loro partecipazione. Da un lato si registra un calo formale nelle associazioni, dall’altro si delineano nuove forme di coinvolgimento, più flessibili e personalizzate. È segno di una profonda trasformazione delle modalità di espressione della cittadinanza attiva e anche di un cambiamento che

riflette bisogni più autentici, in linea con i ritmi di vita contemporanei, mentre diverse barriere sembrano contrastarla. Tra crisi di fiducia nelle istituzioni, percezione di una distanza crescente tra persone e politica, mancanza di coinvolgimento accessibile e inclusivo, emerge con chiarezza la necessità di affrontare sfide che ostacolano i cittadini. Obiettivo: costruire una comunità più coesa, inclusiva e democratica.

a cura di Pierluigi Ascani, Valerio Maria Urru, Donatella Ottavi
Anna Costalunga, Dario De Felicis

Inchiesta

ITALIANI IN CERCA DI PARTECIPAZIONE

Gli over 50 continuano a cercare forme di impegno che esprimano senso di comunità e identità. È quanto emerge dalla ricerca condotta dal Centro Studi 50&Più L’indagine è anche parte del volume promosso da Fondazione 50&Più e Fondazione Leonardo

Cosa spinge gli italiani over 50 a mettersi in gioco per la propria comunità? Quali barriere impediscono loro di partecipare attivamente alla vita civile e sociale? Cosa accomuna coloro che si impegnano attivamente? Attraverso l’indagine La partecipazione sociale il Centro Studi 50&Più, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Format Research, ha analizzato a fondo questi temi interrogando un campione rappresentativo di 1.000 ultracinquantenni. Una ricerca contenuta anche nel volume Partecipazione, fondamento per il benessere e la coesione sociale (Ed. Il Mulino).

Secondo i dati il 63,5% degli intervistati non appartiene ad alcuna associazione. Le forme di partecipazione più comuni includono le associazioni di volontariato e quelle culturali, suggerendo che eventi con un forte impatto sociale e che offrono gratificazione personale risultano particolarmente attraenti per questa fascia d’età. Emerge una disparità di impegno tra i generi. In particolare, le donne tendono a partecipare meno attivamente rispetto agli uomini. Questo divario non è solo quantitativo: la partecipazione femminile sembra anche diminuire con l’aumentare dell’età, il che può riflettere una serie di fattori, come impegni

familiari o una minore esposizione a opportunità di coinvolgimento. Tuttavia, tra coloro che decidono di partecipare alle associazioni, sia donne che uomini manifestano un forte senso di identità e connessione con il gruppo. Questo suggerisce che le associazioni non sono solo luoghi di attivismo, ma anche spazi dove si possono creare legami comunitari significativi. Le persone che vi partecipano spesso sviluppano relazioni profonde e un senso di appartenenza, che contribuiscono al loro benessere sociale e psicologico. In particolare, per gli individui oltre i 74 anni, emerge una maggiore propensione a identificarsi con i partiti politici.

Ciò indica che, per le persone anziane, le associazioni possono fungere da importanti punti di riferimento, offrendo supporto sociale e opportunità di coinvolgimento politico. Le associazioni non solo aiutano a mantenere attivo il dibattito politico, ma forniscono anche un senso di comunità che può essere particolarmente prezioso in età avanzata. In questo contesto, il ruolo delle associazioni si rivela cruciale nel sostenere la partecipazione attiva e il coinvolgimento civico degli over 50. Una grande parte degli intervistati (62,1%) crede che il coinvolgimento in cause comuni migliori il senso di appartenenza alla comunità. Inoltre, per il 78,6% l’associazionismo è un rimedio efficace contro la solitudine, evidenziando un bisogno intrinseco di socializzazione in questa fase della vita. Le motivazioni che spingono a impegnarsi nelle associazioni sono legate al desiderio di contribuire al benessere della comunità e al bisogno di sentirsi utili.

L’indagine mette in luce una crisi della partecipazione: fattori come la perdita di fiducia nelle istituzioni politiche (indicato come molto influente dal 44,5% degli intervistati) e un crescente individualismo contribuiscono È attualment o di uno o più gruppi o associazioni?

63,5%

«No, non sono membro

36,5%

«Sì, sono membro di (almeno) una associazione/gruppo»

a questo fenomeno. Barriere sociali ed economiche, insieme all’assenza di competenze e alla mancanza di tempo, si rivelano ostacoli significativi. Nonostante ciò, il 76,1% afferma che la partecipazione attiva migliorerebbe la loro qualità della vita.

Tra i luoghi di partecipazione preferiti troviamo centri culturali, biblioteche e scuole, considerati spazi fondamentali per l’apprendimento e l’interazione sociale. La necessità di una comunicazione chiara e accessibile emerge come una prestazione cruciale per facilitare l’impegno civico, con il 67,4% degli intervistati che concorda sull’importanza di un linguaggio trasparente. Nonostante la percezione di un calo

nella partecipazione civica, gli over 50 continuano a cercare forme di impegno che esprimano un senso di comunità e identità. Le difficoltà legate al tempo, alla mancanza di supporto e alla sfida di equilibrare vita personale e impegno civico sono comuni. Tuttavia, il 94,9% concorda sull’importanza dell’appartenenza a associazioni per ridurre l’isolamento fisico e sociale.

In conclusione, l’indagine presenta un quadro complesso della partecipazione sociale degli over 50, evidenziando un calo nelle forme tradizionali di impegno, come l’appartenenza a associazioni formali o a gruppi organizzati. Al contrario, emerge una

preferenza per attività più informali e spontanee, che possono risultare più accessibili e gratificanti per questa fascia d’età. Questa situazione sottolinea la necessità urgente di riformare le modalità di partecipazione e coinvolgimento civico. Inoltre, è importante accompagnare queste riforme con iniziative di sensibilizzazione ed educazione. È cruciale considerare le specifiche esigenze degli over 50 e le delicate dinamiche demografiche attuali, come l’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti nei contesti sociali. In questo modo si potrà favorire un coinvolgimento attivo e significativo, contribuendo a creare comunità più coese e solidali.

L’IMPEGNO SMUOVE

GLI OVER 50

ASSOCIAZIONISMO COME

ANTIDOTO

ALLA SOLITUDINE

Lo sostiene quasi l’80% del campione intervistato ma servono educazione alla democrazia e riforme L’emergenza demografica frena la partecipazione

di Valerio Maria Urru

“Dove non c’è partecipazione non c’è nemmeno realtà. Dove c’è egoismo non c’è realtà. La partecipazione è tanto più completa quanto più immediato è il contatto del Tu. È la partecipazione alla realtà che fa l’Io reale; ed esso è tanto più reale quanto più completa è la partecipazione”. Le parole di Martin Buber (1878-1965) - filosofo, teologo e pedagogista - raccontano lo stretto legame tra partecipazione e relazione. Ci ricordano che non siamo isole, ma esseri interconnessi. Che siamo destinati a vivere in relazione con gli altri e che la partecipazione, quando è relazione autentica con l’altro, ci definisce come esseri umani.

Oltre ad aspetti come identità e significato, ‘partecipare’ è un verbo che racchiude un universo di desideri, aspettative, speranze. Cosa spinge gli over 50 ad essere parte di qualcosa? Cosa cercano nella partecipazione? Dietro queste domande c’è un personale fraseggio di attese, bisogni, volontà di cambiare, ricerca di senso di appartenenza. Soprattutto quest’ultima, perché per l’89,4% degli intervistati partecipare attivamente accresce la percezione di inclusione e del proprio valore. È l’azione collettiva,

l’impegno in una causa comune ad influenzare - secondo il 62,1% - il senso di appartenenza alla comunità. Lo pensano in particolare gli over 74 (64,1%), le donne (63%), chi abita al Nord-Est (64,6%) e nel Sud e Isole (62,6%).

Dall’indagine emerge che gli over 50 sono convinti sostenitori dell’importanza delle relazioni nelle dinamiche di partecipazione - il 60% circa gli attribuisce un valore centrale - e vedono nell’associazionismo un antidoto alla solitudine. È così per il 78,6%, con una prevalenza nella fascia d’età

65/74 anni (79,5%). Tuttavia, anche se l’associazionismo gode di una considerazione così elevata, coloro che sono membri di almeno un gruppo o un’associazione si attestano al 36,5%. Li spinge ad associarsi soprattutto “l’interesse condiviso” (34,5%), consueta tendenza a unirsi a gruppi con le proprie stesse passioni, idee, progetti. Segue, con il 30,2%, la necessità di “sentirsi utili”: qui si mescolano il desiderio di contribuire al benessere altrui con il vantaggio di sentirsi meglio con sé stessi. Al terzo posto c’è “l’impegno sociale” verso la comunità e la società (29%), segno che gli over 50 sono consapevoli di come questo rafforzi le reti sociali e la fiducia reciproca. Questi ultimi due motivi sono particolarmente forti tra i 50-64enni e chi risiede nel Sud e Isole. Quali sono allora gli aspetti più apprezzati della partecipazione ad un gruppo o ad un’associazione? In testa alla classifica c’è il “contributo alla comunità” (è così per il 38,2%, una percezione diffusa soprattutto tra gli uomini e gli over 65), seguono le “esperienze condivise” (36,3%), il “senso di appartenenza” (27,9%), il “supporto sociale” (25,4%). Solo per

Ritiene che la partecipazione a gruppi o associazioni riduca la sensazione di solitudine?

78,6%

Crede nell’associazionismo come antidoto alla solitudine

Molto Abbastanza Poco Per nulla

citare i primi quattro. Al di là della maggiore o minore stima riservata ad alcuni aspetti, però, sono due i dati che spiccano: per il 76,1% degli intervistati - con una percezione più marcata nel Sud e Isole - partecipare a gruppi o associazioni migliora la qualità della vita; per l’80% la partecipazione ad attività politiche/sociali è un modo efficace per influenzare la società.

Sin qui le aspettative, i desideri, gli effetti positivi legati al partecipare. Quali, invece, i fattori che ne alimentano la crisi? Per il 65% degli over 50 le attuali dinamiche demografiche sono un ostacolo all’impegno civico. Sono coscienti delle criticità legate al calo demografico - invecchiamento della popolazione, riduzione della forza lavoro, potenziale flessione delle persone coinvolte in attività sociali, culturali e di volontariato -, così come identificano tre fattori in grado di influenzare negativamente la partecipazione sociale: “declino della fiducia nelle istituzioni politiche” (44,5%), “aumento dell’uso dei social” (38,2%), “individualismo” (33,2%). La prima, in particolare, si lega strettamente ad altre due cause: la crescente “complessità dei processi decisionali” (14,7%) e la “frammentazione sociale” (20,9%), entrambe in fondo alla classifica ma sempre percepite come importanti ostacoli. Sono invece le “barriere economiche e sociali” (21,2%) e la “mancanza di competenze” (22,3%) ad attrarre maggiormente la preoccupazione delle persone più anziane. Per gli over 50 individualismo e social media sono veicoli di disimpegno o frammentazione. Ma anche la politica pesa molto e, con la perdita di fiducia nelle istituzioni, produce disillusione e distacco. Il 59,8% pensa infatti che la politica, i partiti, le istituzioni influenzino il desiderio di

Oggi la partecipazione in attività politiche o sociali è un modo efficace per influenzare la società?

In che misura ritiene che la partecipazione in associazioni o gruppi migliori la qualità della vita?

Basecampione: 1. 002 casi Idatisonoriportati all’universo

partecipazione. E lo fanno in maniera negativa secondo il 69,9% di questi. Per questo, quindi, per il 47,6% è necessario “educare i cittadini alla partecipazione democratica”: è la sfida più urgente con quella di “riformare le istituzioni politiche rendendole più trasparenti, inclusive e rappresentative” (45,3%). Seguono la necessità di “semplificare i processi decisionali per renderli più accessibili ai cittadini” (41,4%), “combattere

discriminazioni” (41%),

“promuovere politiche di inclusione sociale e riduzione della povertà” (39,4%), “favorire la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali” (35,6%), “dare maggiore riconoscimento al valore della partecipazione” (32,6%). “Integrare maggiormente la popolazione senior” (23,2%) è l’ultima voce, sostenuta soprattutto dagli over 74: un richiamo, quest’ultimo, a politiche mirate e più inclusive che considerino le diverse esigenze demografiche.

Secondo lei l’attuale emergenza demografica sta mettendo in crisi la partecipazione sociale?

l’attuale emergenza demografica sta mettendo in crisi la partecipazione sociale

l’attuale emergenza demografica non sta mettendo in crisi la partecipazione sociale

Basecampione: 1.002casi Idatisonoriportati all’universo

Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

LA PARTECIPAZIONE INIZIA IN BIBLIOTECA, I SENIOR BOCCIANO I SOCIAL

Sul podio dei luoghi in cui ‘essere e sentirsi’ parte attiva ci sono centri culturali e biblioteche eventi locali e spazi pubblici

Da tempo al centro del dibattito delle politiche governative in tema di diritti, forme di tutela, bisogni, i senior rappresentano indubbiamente una fetta di popolazione che, come altre, ha esigenze da soddisfare e aspettative da non deludere. L’immaginario collettivo, a causa di opinioni precostituite, induce spesso a percepirli - e a farli sentire - come un corpo estraneo al sistema sociale, in quanto non più attivamente partecipi all’interno della collettività. In realtà, forti di un indiscusso bagaglio di esperienze, gli anziani vivono qui ed ora, artefici del loro presente, con un grande potenziale da

mettere a disposizione e tanta voglia di fare. Un approccio che, contro ogni stereotipo, rivela il desiderio di essere considerati parte integrante della società e di offrire attivamente il proprio contributo. A confermarlo, l’indagine del Centro Studi 50&Più che offre uno spaccato su opinioni e preferenze dei senior sui contesti in cui vivere attivamente il proprio tempo.

Alla domanda “Quali luoghi ritiene più efficaci per favorire la partecipazione sociale?”, l’ambito culturale riscuote il maggiore consenso, registrando il 52,5% di preferenze per biblioteche e centri culturali, soprattutto tra le donne (55,8%) e nella fascia d’età 50-64

Quali luoghi ritiene più e caci per favorire la partecipazione sociale?

Centri culturali o biblioteche

Scuole o università

Eventi e riunioni locali

Associazioni o club

Spazi pubblici come piazze e parchi

Parrocchie

Online tramite social media o forum

di culto

anni (52,9%); ampio riconoscimento anche per scuole e università (45,8%), apprezzate in particolar modo dai 65-74enni (48,9%). A seguire, eventi e riunioni locali che, con il 43,5% di preferenze, si rivelano un contesto gradito specialmente al Nord-Est (49,3%). A preferire realtà come associazioni e club è il 42,2% del campione, dato che registra soprattutto il gradimento degli uomini (51,2% contro il 33,6% delle donne). Infine, spazi pubblici come piazze e parchi sono apprezzati dal 35,7% degli intervistati, mentre le parrocchie - ambito maggiormente gradito dalle donne (28,2%) e nel Sud e Isole (27,5%) - e i luoghi di culto ricevono rispettivamente le preferenze del 24,6% e del 10%.

Basecampione: 1.002casi Idatisonoriportati all’universo

Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

Un altro dato interessante riguarda la posizione guadagnata dai social media-forum, forma di partecipazione ritenuta “estremamente efficace” solo dal 7,2% del campione, tendenza rilevata soprattutto tra gli over 74 (10,9%). Il 25,4% crede sia “molto effi-

cace”, mentre per la maggioranza degli intervistati (34,2%) è “moderatamente efficace”. “Poco efficace”, invece, per il 23,1% e “per nulla efficace” per il 10,1%, dato che si registra soprattutto tra i 65-74enni. Uno scenario, questo, che potrebbe essere sintomo di una certa ‘distanza’ dal contesto digitale avvertita da alcune fasce di popolazione, ma anche dell’estrema importanza data alle interazioni e al coinvolgimento che solo una partecipazione ‘fisica’ può offrire.

Un discorso a parte merita il sentiment espresso nei confronti delle iniziative intergenerazionali che, a livello geografico, registrano il maggiore gradimento nelle Isole (21%), seguite dal Centro Nord. “Abbastanza importanti” per l’80,4% del campione, sono invece “molto” rilevanti per il 18% degli intervistati, in special modo over 74 (22,2%) e 50-64enni (15,9%). Da sottolineare, infine, il dato più significativo: nessuno ritiene tali iniziative “per nulla importanti” e solo per un

Crede che la partecipazione online (attraverso social media, forum) sia e cace tanto quanto la partecipazione fisica?

Quanto sono importanti le iniziative di partecipazione intergenerazionale (come progetti familiari o comunitari) per lei?

esiguo 1,6% lo sono “poco”, a riprova del valore riservato ai rapporti tra generazioni che, attraverso il trasferimento di conoscenze e competenze, alimentano coesione sociale e sviluppo comunitario.

Partecipazione, confronto e condivisione, dunque, per “essere e sentirsi”

parte attiva della società. Una tesi che l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene, definendo il concetto di “invecchiamento attivo” come “un processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, sicurezza ma anche, appunto, di partecipazione, per migliorare la vita delle persone”.

Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

Inchiesta

COSÌ SI COMBATTE LA FRAMMENTAZIONE SOCIALE

Meno burocrazia, più progetti inclusivi ecco la ricetta che riaccende l’interesse verso la partecipazione

Ènoto che una buona partecipazione sociale è necessaria per raggiungere l’obiettivo dell’invecchiamento attivo per una migliore qualità della vita in età avanzata. Si tratta infatti di un’attività attraverso la quale gli anziani possono soddisfare un bisogno fondamentale, quello dell’aggregazione e dell’unione con i gruppi e la comunità. Questa visione risulta valida per la maggioranza (otto su dieci) - che valuta il proprio ruolo come significa-

tivo nel frenare la frammentazione sociale - in forte contrasto con quei due su dieci per i quali tale importanza è ‘poca’ o ‘nulla’.

Gli over 50, dunque, sono consapevoli del valore della coesione sociale e trovano nella partecipazione - antidoto naturale alla frammentazione - lo strumento idoneo a favorire i rapporti tra le persone in un clima comunitario e di comprensione reciproca. Tuttavia, dall’indagine emerge che quasi la metà degli intervistati (il

40,6%) riscontra una diminuzione nel proprio livello di partecipazione alla vita sociale che interessa gli ultimi 20 anni. Percentuale che scende al 37,6% tra chi pensa sia rimasta inalterata e il 19% di chi invece ritiene sia aumentata. Nel dettaglio la percezione della diminuzione della propria partecipazione riguarda soprattutto gli over 74 (44,9%), i maschi (41,6%) e gli abitanti delle regioni del Centro (45,5%). Per i ricercatori tale diminuzione potrebbe essere correlata al cambiamento demografico, tecnologico e culturale che ha influito a sua volta sulle modalità della partecipazione stessa. In effetti, guardando alle fasce d’età, il sentiment è più diffuso nella fascia degli over 74, che - a motivo del pensionamento - sono in cerca di rivalutare il proprio progetto di vita. Più del 40% considera però che, con opportune strategie (meno burocrazia e più progetti inclusivi) sia possibile

riaccendere l’interesse verso la partecipazione sociale. Scendendo nel dettaglio, il 37,3% chiede di promuovere la consapevolezza dell’importanza della partecipazione, il 23,1% di promuovere le campagne di sensibilizzazione e il 18,2% ritiene che sia fondamentale ottenere il sostegno economico dalle istituzioni. È poi interessante notare quali dovrebbero essere le caratteristiche necessarie degli strumenti sopra indicati. A tal proposito - in una scala da 0 a 10 - risultano essenziali valori quali la coerenza (83,9), l’efficacia (82,6), l’accessibilità (81,3) e la tangibilità dei risultati (81,1), ai quali se ne aggiungono altri, tra cui la responsabilità condivisa (76,3) e la continuità (79,9). Innovatività (71,7) e trasparenza (52,4) sono considerate importanti ma in misura minore e ciò porta alla conclusione che per gli over non possa esistere partecipazione sociale senza impegno.

A suo avviso che ruolo svolge la partecipazione nel contrastare la frammentazione sociale?

Come valuta il suo attuale livello di partecipazione alla vita sociale rispetto a 20 anni fa?

Basecampione: 1.002casi Idatisonoriportati all’universo

Quali sono le strategie o gli strumenti che, a suo parere, sono maggiormente utili nell’ottica di riattivare i valori della partecipazione sociale?

la burocrazia

Promuovere iniziative coinvolgenti e inclusive

Promuovere la consapevolezza dell'importanza della partecipazione

Semplificare le procedure di partecipazione

Promuovere le campagne di sensibilizzazione

Promuovere modalità di partecipazione flessibili

Sostegno economico da parte delle Istituzioni

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Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

LINGUAGGIO, L’ALTRA CHIAVE DELL’INCLUSIONE

Chiarezza della comunicazione e accessibilità delle informazioni sono fattori determinanti per la partecipazione attiva degli over 50 e influenzano anche il senso di appartenenza

Un linguaggio inclusivo e immediato non solo facilita la comprensione delle informazioni, ma promuove anche un senso di appartenenza sociale e incoraggia un coinvolgimento significativo da parte della fascia di popolazione over 50. Lo dicono i dati dell’indagine per cui ben il 67,4% degli intervistati ritiene “molto importante” l’utilizzo di un linguaggio chiaro e comprensibile nei processi di partecipazione; un ulteriore 29,2% lo considera “abbastanza importante”, mentre solo una piccola minoranza lo giudica “poco importante” (2,8%) o “per nulla” importante (0,6%).

Più nello specifico, il 61,3% ha identificato l’uso di un linguaggio semplice come il metodo più efficace per migliorare la partecipazione. Una terminologia chiara non solo rende le informazioni più accessibili, ma suscita anche un forte senso di appartenenza, elemento cardine per un maggior attivismo sociale. In tal senso, la metà esatta degli intervistati ha affermato che incoraggiare le persone ad intervenire è fondamentale per aumentare il coinvolgimento sociale, mentre il 50,9% ha sottolineato l’importanza di raccogliere attivamente le opinioni e le idee dei cittadini, suggerendo che dare voce agli anziani sia una stra -

In che modo il linguaggio può essere usato per rendere la partecipazione sociale più inclusiva ed e cace?

Usando una comunicazione semplice, comprensibile, che eviti termini tecnici

Usando una comunicazione inclusiva, che eviti discriminazioni di ogni genere

Basecampione: 1.002casi Idatisonoriportati all’universo

Raccogliendo le opinioni e le idee delle persone Incoraggiando le persone a partecipare

tegia indispensabile per migliorare la partecipazione sociale. La comunicazione inclusiva, quella che evita discriminazioni di ogni genere, è considerata importante dal 36,4%, mentre per il 35,2% lo è rendere accessibili a tutti quelle informazioni sulle modalità che consentono di prendere parte in modo attivo alla vita della propria comunità. Infine, il 21,3% ha evidenziato la necessità di informare le persone sui processi di partecipazione attraverso l’uso di strumenti digitali. Un’analisi più approfondita rivela una maggiore valorizzazione degli strumenti digitali da parte dei più giovani (50-64 anni) e degli over 74, e si nota una preferenza geografica nel Sud e nelle Isole. Mentre non emergono differenze significative tra uomini e donne riguardo la preferenza per una comunicazione semplice.

Infine, come affermato da un intervistato su due (51,3%), il linguaggio più adatto per promuovere la partecipazione sociale deve essere ‘coinvolgente’ e ‘stimolante’. Questo approccio non solo educa e informa sui problemi relativi al sociale, ma crea anche un senso “di comunità, appartenenza e connessione” tra i partecipanti (41,5%).

Informando le persone sui processi di partecipazione sociale

Usando strumenti digitali che rendano le informazioni più accessibili

Ma dove si sperimenta un linguaggio in grado di promuovere la partecipazione sociale? Per il 39,9% nel volontariato, per il 38,6% nella famiglia e per il 33,7% nelle associazioni; in fondo alle preferenze, entrambi al 6,5%, troviamo i partiti politici e i sindacati. Questi i principali contesti in cui la maggior parte degli intervistati ha sperimentato un linguaggio capace di favorire la condivisione. Ambienti che rappresentano opportunità preziose per incoraggiare gli anziani a partecipare attivamente alla vita sociale.

Fonte: Centro Studi 50&Più - Format Research

ASSOCIAZIONISMO

LA RICETTA PER SENTIRSI PARTE DI UNA COMUNITÀ

È un mezzo per combattere solitudine e isolamento costruisce connessioni e supporto reciproco

Nell’ampio spettro di fattori che agiscono sulla partecipazione dei senior, emerge un dato importante: le associazioni sono considerate spazi cruciali per la costruzione di legami e supporto reciproco. Secondo l’indagine, il 71,4% dei membri di associazioni si sente “molto” (17%) o “abbastanza” im-

pegnato (54%); d’altra parte per il 28,6% degli intervistati l’impegno è “poco” (25,8%) o “per nulla” (2,8%). Nonostante questo alto livello di coinvolgimento, il 51,2% di chi fa parte di un’associazione esprime soddisfazione per il proprio impegno, al contrario del 48,8%. Ciò suggerisce un equilibrio tra aspettative personali e oppor-

tunità offerte, particolarmente evidente tra gli over 50, che sembrano trarre un beneficio dalla partecipazione attiva. Dai dati raccolti, compare che il 59,5% dello stesso campione considera il senso di appartenenza alla comunità il principale vantaggio derivante dalla partecipazione a un’associazione. Questo dato sottolinea l’importanza di tali spazi nel fornire un’identità collettiva e un supporto emotivo. A seguire, il 55,6% ha indicato lo sviluppo di relazioni personali come un beneficio significativo, mentre il 54,2% ha evidenziato l’ampliamento delle conoscenze come un altro aspetto positivo dell’impegno associativo.

La quasi totalità degli intervistati, il 94,9%, ritiene che l’impegno nelle associazioni contribuisce a ridurre l’isolamento sociale. Di questi, il 25,8% afferma che il contributo è “molto” significativo, il 54,9% lo considera “ab-

Inchiesta

Basecampione:

bastanza” rilevante e solo per il 14,2% è “poco” importante. Questi risultati evidenziano come le associazioni non siano solo luoghi di attività, ma siano anche fondamentali per costruire e mantenere legami

sociali, specialmente in contesti dove l’isolamento è una preoccupazione crescente.

Nonostante il generale approccio positivo, il 45,8% di coloro che sono stati interpellati ha indicato la

mancanza di tempo come la principale difficoltà nel mantenere un impegno attivo. Altri impedimenti includono la difficoltà nel bilanciare impegni personali e professionali (36,8%) e le differenze di opinioni o conflitti interni (36,7%). Mentre solo per il 23,7% i motivi sono da ricercarsi nella complessità e nella gestione delle attività.

Sono dati che fanno emergere un sostanziale apprezzamento per le associazioni come pilastri essenziali del benessere collettivo, utili per combattere l’isolamento e promuovere relazioni positive. Seppure la mancanza di tempo rappresenta un ostacolo tangibile al proprio impegno associativo, questa forma di partecipazione si dimostra un arricchimento della vita individuale e del tessuto sociale nel suo complesso.

(Solo coloro che sono membri di un’associazione o gruppo)

Iservizi sanitari al centro del dibattito in Emilia-Romagna.

L’obiettivo della 50&Più regionale, presieduta da Franco Bonini, anche vicepresidente nazionale, è snellire gli accessi ai pronto soccorso garantendo, allo stesso tempo, l’efficienza delle cure. «Abbiamo già ottenuto risultati importanti con l’impegno del Cupla, continuiamo con la collaborazione di 50&Più affinché sempre più territori - regionale prima e nazionale poi - possano essere dotati di servizi di supporto». Il riferimento è ai Cau (Centri di assistenza e urgenza) attivi nella sola regione emiliana. Si tratta di strutture sanitarie in cui lavorano medici di continuità assistenziale e infermieri, adeguatamente formati, che assistono i pazienti, sette giorni su sette con accesso diretto. Come spiegato dalle pagine del portale dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Emilia-Romagna, il Cau è destinato alla gestio -

COSÌ 50&PIÙ EMILIA-ROMAGNA

VUOLE SNELLIRE LE FILE AL PRONTO SOCCORSO

Come abbattere le liste d’attesa e rispondere alle esigenze dei pazienti. A spiegare il progetto Franco Bonini: «L’obiettivo è alleggerire l’affluenza e rendere più veloci i servizi sanitari» All’appuntamento anche Enrico Postacchini presidente Confcommercio Emilia-Romagna e Mattia Altini, responsabile Settore Assistenza Ospedaliera Regione Emilia Romagna

ne delle urgenze a bassa complessità clinico assistenziale. Il cittadino che accede al Cau viene accolto dall’infermiere che procede con l’intervista per inquadrare il bisogno sanitario: lo step successivo è la

visita medica. Seguono poi indicazioni su eventuali approfondimenti. Il medico del Centro, a questo punto, valuta se è necessario, prescrivere prestazioni specialistiche a completamento diagnostico. L’esito

A sinistra, il tavolo di lavoro del convegno. Sopra, un momento di dibattito

del percorso clinico-assistenziale eseguito presso il Cau viene messo a disposizione sul Fascicolo Sanitario Elettronico del cittadino. «Abbiamo raccolto le istanze dei cittadini e le abbiamo trasforma -

te in richieste da portare sui tavoli istituzionali - ha spiegato Bonini -, lo abbiamo fatto con il Cupla, che coordino in Emilia-Romagna, e vogliamo farlo anche con 50&Più». Ha aggiunto: «Per questo abbiamo organizzato il convegno “Servizi sanitari per la terza età in Emilia-Romagna”, lo scorso 7 ottobre, con i presidenti provinciali, i segretari

e gli addetti ai lavori della nostra Associazione affinché questo messaggio venga veicolato a tutti. Rivolgersi ai Cau contribuisce a snellire le file al pronto soccorso e si riceve un’assistenza adeguata alle necessità».

I dati diffusi recentemente da Simeu (Società Italiana Medicina d’Emergenza-Urgenza) contribuiscono a descrivere l’evoluzione dell’attività erogata dalla Medicina di Emergenza Urgenza in questi ultimi anni. La rilevazione è stata eseguita su un campione significativo di pronto soccorso italiani, raffrontando i dati relativi all’anno 2019 (anno pre-pandemico, con circa venti milioni di accessi nazionali) con quelli relativi all’anno 2023 (18.000.000 di accessi, dati Agenas). I risultati, proiettati sul dato complessivo nazionale, evidenziano l’accesso di pazienti molto anziani, con più di 80 anni di età: nel 2019 erano il 23% degli accessi totali, pari a circa 4.600.000, e nell’anno 2023 il 27% degli accessi totali, pari a circa 4.860.000. All’appuntamento di ottobre anche Enrico Postacchini, presidente Confcommercio Emilia-Romagna, e Mattia Altini, responsabile Settore Assistenza Ospedaliera Regione Emilia Romagna.

Indagine BOLLETTE PIÙ LEGGERE?

A fronte di un’offerta diversificata nel settore della fornitura di elettricità o gas, i clienti si dimostrano spesso restii a passaggi di gestore e cambi di contratto

Un’indagine condotta da Annalect mette in luce le paure più comuni e fornisce alcuni chiarimenti

ECCO PERCHÉ NON TUTTI CI PROVANO

a cura di Damiano Cossu

Lo scorso anno circa 6 milioni di italiani hanno scelto un nuovo fornitore di energia elettrica e oltre 3 milioni hanno cambiato quello del gas. Ad affermarlo è un’indagine effettuata dall’istituto di ricerca Annalect per conto di Facile.it, azienda specializzata nella comparazione online di diversi servizi finanziari, da cui emerge, però, anche un’accentuata ritrosia a cambiare gestore da parte di altri 6 milioni di cittadini. Dalla paura di affrontare costi extra a quella del distacco della fornitura, facciamo un po’ di chiarezza per rassicurare gli utenti.

Il timore di dover sostenere spese straordinarie per cambiare contratto coinvolge il 14% del campione intervistato. In realtà, nella maggioranza dei casi, il passaggio a un nuovo fornitore non implica alcun costo aggiuntivo. E sebbene la legge consenta alle società energetiche, esclusivamente a fronte di un contratto con prezzo bloccato e durata determinata, di inserire una clausola di recesso, nella realtà si tratta di una pratica quasi del tutto assente che, in ogni caso, è indicata nel contratto. Come sempre, il consiglio è di leggere attentamente prima di sottoscrivere. Un’altra fonte di preoccupazione è legata alle tempistiche dell’operazione. Il 13% del campione teme che la sottoscrizione di un nuovo contratto richieda tempi eccessivamente lunghi; stesso timore per l’effettivo passaggio di gestore (6%). Andando per ordine, per il cambio di contratto è sufficiente fornire alla nuova società energetica scelta - telematicamente o recandosi in negozio - i dati

dell’intestatario e della relativa utenza, come ad esempio, i codici POD e PDR indicati in bolletta. Assieme alla firma del contratto, che può essere apposta anche a distanza attraverso strumenti digitali, l’operazione complessiva richiede pochi istanti. L’effettivo passaggio al nuovo fornitore, invece, prevede normalmente dai 30 ai 60 giorni, ma nel frattempo l’utente non dovrà preoccuparsi di nulla; continuerà infatti ad usufruire regolarmente della fornitura di energia elettrica o gas e sarà la società stessa ad avvisare il vecchio gestore del cambio richiesto. L’idea di una possibile sostituzione del contatore frena il 10% degli intervistati. Una circostanza che, in realtà, potrebbe verificarsi solo per la fornitura elettrica se, contestualmente al passaggio al nuovo gestore, si dovesse scegliere di aumentare la potenza in kilowatt. In questo caso, se il vecchio contatore non fosse idoneo, potrebbe servire l’intervento di un tecnico per sostituire l’apparecchiatura. Il 9% teme una interruzione della fornitura, altra paura immotivata in quanto il passaggio non implica, in alcun caso, questo rischio. Infine, un isolato 2% degli intervistati rinuncia alla possibilità di avvalersi di un nuovo fornitore a causa dell’errata convinzione di aver raggiunto il “numero massimo di cambi effettuabili”. Partendo dal presupposto che non esiste affatto un limite numerico, alcune società energetiche potrebbero manifestare delle riserve su passaggi di fornitura richiesti da clienti che, nel giro di poco tempo, abbiano effettuato diversi cambi. Ma sono casi isolati.

Storia e misteri

ATLANTIDE L’ISOLA PERDUTA

Nonostante i tentativi di dimostrarne l’esistenza, del misterioso regno descritto da Platone rimane oggi solo il racconto di una mitica Età dell’oro

Il filosofo ateniese Platone, vissuto nel IV secolo a.C., nei due dialoghi Timeo e Crizia, racconta di un’isola ricca e potente chiamata Atlantide, con meravigliosi palazzi, sorgenti di acqua calda e fredda, strade, giardini e canali, sprofondata nel mare “in un solo giorno e una sola notte terribili”.

Atlantide, descritta come una società ideale nella quale regnavano il benessere e la giustizia, fu distrutta dall’umana smania di potere. Dopo aver sottomesso i popoli dell’Asia e del Mediterraneo - e aver tentato la conquista di Atene -, gli dèi punirono la sua arroganza. Poseidone colpì l’isola con terremoti e diluvi, finché venne inghiottita dai flutti senza lasciare traccia.

Per Platone questa terra “più grande della Libia e dell’Asia messe insieme”, si trovava oltre le Colonne d’Ercole (il nome che gli antichi davano allo stretto di Gibilterra) ed era esistita 9mila anni prima del suo tempo. Un periodo mitico, fuori dalla storia, che però non ha scoraggiato archeologi, scrittori e cacciatori di tesori che ostinatamente hanno continuato a cercarla, senza però mai trovare la prova della sua esistenza.

L’isola fu via via collocata dall’Atlantico ai Caraibi, dalla Sicilia alle Canarie, dalla Sardegna al Sahara. I Nazisti - appassionati di esoterismo - svilupparono una vera ossessione, tanto da mettere in piedi una spedizione di ricerca nella convinzione che gli atlantidei venissero da un’isola nell’Artico.

Una delle ipotesi più accreditate identifica la civiltà scomparsa con quella minoica, con epicentro a Creta, che fu colpita duramente nel 1600 a.C. dall’eruzione del vulcano

della vicina isola di Santorini. Tsunami e terremoti sconvolsero il Mediterraneo (“Il mare divenne impraticabile per la melma”, scrive Platone). Santorini si inabissò - lasciando al suo posto la caldera del vulcano, visibile ancora oggi - e la fiorente Creta di Minosse non si riprese mai più. È probabile che i sopravvissuti siano approdati in Egitto - dove sono stati ritrovati affreschi in stile minoico - e qui abbiano lasciato la memoria della catastrofe giunta fino a Platone.

Ancora: nel palazzo di Cnosso, legato al mito del labirinto e del Minotauro, sono numerosi i rimandi al toro come animale sacro e Platone nel racconto descrive proprio il sacrificio di un toro. Il famoso affresco della corrida incruenta (che vede alcuni giovani saltare sulle corna per ricadere alle spalle dell’animale) richiama poi la descrizione della caccia ai tori senza armi condotta dai re di Atlantide, raccontata dal filosofo.

Le analogie tra le due civiltà appaiono suggestive per tentare un’identificazione, ma non forniscono una prova certa. E se invece l’Atlantide di Platone non fosse altro che un immaginario insegnamento etico, la parabola di un paradiso ancestrale distrutto dalle passioni umane? Gli atlantidei, infatti, dapprima giusti e nobili d’animo, erano divenuti prepotenti e avidi di potere, incorrendo nella collera divina.

Oggi quella dell’allegoria resta di fatto l’ipotesi più accreditata, anche perché una frase di Aristotele, allievo di Platone, sembra voler liquidare tutto come un’invenzione del suo maestro: “Atlantide: l’uomo che l’ha inventata l’ha fatta anche scomparire”.

I racconti di isole perdute nella notte dei tempi appartengono a molte civiltà antiche. Le più note sono Avalon - che appare nel ciclo celta di Re Artù - e Thule, nata dagli scritti dell’esploratore greco Pitea (IV secolo a.C.). Quest’ultima ha generato il mito dell’ultima Thule, una terra abitata da una popolazione di giganti biondi con gli occhi azzurri che una volta dominavano il mondo, e che è alla base di molte teorie oscure del III Reich.

MONOPOLI: COME DIVENTARE RICCHI, PASSANDO DAL VIA

Case, alberghi e bancarotta: un viaggio attraverso l’evoluzione del gioco da tavolo più famoso al mondo dal tabellone di carta alle applicazioni per smartphone

Quasi tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo giocato a Monopoli, un gioco da tavolo che ha segnato generazioni di aspiranti magnati immobiliari. Magari ci siamo divertiti come fosse un enorme Gioco dell’Oca, in cui il primo a completare il giro di tabellone con più soldi era dichiarato vincitore, ignorando però molte delle vere regole. A partire dal fatto che per vincere bisogna essere i primi a mandare in bancarotta gli avversari. Ma come ha fatto un semplice passatempo a diventare un fenomeno culturale globale? Pubblicato nel 1935 negli Stati Uniti, Monopoli ha rapidamente conquistato il mondo, diventato il gioco da tavolo più venduto di sempre, con oltre 275 milioni di copie distribuite in 114 paesi e tradotto in 47 lingue. La sua storia, però, affonda le radici nei primi anni del ’900, quando Elizabeth Magie creò il gioco The Landlord’s Game per denunciare gli effetti negativi dei monopoli immobiliari. Successivamente, il gioco fu perfezionato da Charles Darrow durante la Grande Depressione. Con amara ironia, proprio quando milioni di americani perdevano case e risparmi, Darrow creava un passatempo che permetteva a tutti di sentirsi ricchi, almeno per qualche ora. Nel corso degli anni, il Monopoli si è evoluto ben oltre il classico tabellone con le strade di Atlantic City, arrivando ad avere oggi oltre 1.000 edizioni tematiche. Ma il vero salto evolutivo è arrivato con l’era digitale. App e versioni online hanno portato il gioco su smartphone e console, permettendo partite globali in tempo reale, attirando le giovani generazioni, introducendo effetti speciali e persino integrazioni con i social media. Eppure, nonostante questa metamorfosi tecnologica, il fascino del Monopoli classico resiste. Ancora oggi c’è qualcosa di magico nel riunirsi attorno a un tavolo, lanciare i dadi e costruire il proprio impero immobiliare con casette di plastica. Stando ben attenti a non finire in prigione.

IL SEGRETO DEI PEPERONCINI INFUOCATI

Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Agricultural and Food Chemistry, le piante di peperoncino esposte a caldo intenso o siccità, producono più capsaicina, la sostanza che gli conferisce il caratteristico sapore piccante. È come se la pianta si “difendesse” dagli insetti producendo una sostanza sgradevole.

L’ORECCHIO DI LADY ELLA

La regina del jazz Ella Fitzgerald possedeva il dono dell’orecchio assoluto. Molti strumentisti che lavorarono con lei raccontano che il suo senso dell’intonazione era perfetto, tanto che i membri della sua band accordavano i loro strumenti proprio in base alla sua voce. Un talento innato che la elevava al rango di vera e propria direttrice d’orchestra naturale.

L’ANFORA CHE SENTIVA TREMARE LA TERRA

Il primo sismografo fu inventato nel 132 d.C. dallo scienziato cinese Zhang Heng: uno strumento a forma di anfora, con otto levette disposte intorno e un pendolo al centro. In caso di terremoto, il pendolo si muoveva, facendo cadere una delle levette e indicando così la direzione e l’intensità della scossa.

di Dario De Felicis

Cultura

gnuno di noi ha avuto dieci amori nella vita. L’amore non è soltanto quello che respiri in una storia d’amore, ma qualcosa di più universale, che ti rimane appiccicato come colla nella mente e riesce a tenere insieme il passato, dandoti la certezza che esista ancora un domani in cui credere». Con questo claim Marco Masini lancia il nuovo album, intitolato appunto 10 amori, che arriva a ben sette anni dal precedente Spostato di un secondo. «Sono canzoni scritte in due anni e mezzo, che individuano l’amore come motore primario per vivere meglio, dall’adolescenza fino alla vecchiaia. L’amore come concetto universale, come aiuto, perché quello che abbiamo vissuto ieri ci permette di vivere meglio domani. Soprattutto in un periodo in cui abbiamo paura. Non per noi stessi, ma soprattutto per i nostri figli e nipoti. La loro eredità è un mondo violento, sia per le guerre che per i continui scontri sociali».

Dieci canzoni, racchiuse tra un prologo e un epilogo voce/chitarra alla maniera dei vecchi concept album, offrono una visione a 360 gradi del sentimento più totale. I 10 amori di Masini sono quello del padre separato verso il figlio che vede poco, quello tra due persone di età (troppo) differenti, tra due ex-adolescenti insoddisfatti, di un figlio che scopre l’intensità che univa i genitori, di chi corre solo nella notte, quello degli over che ritornano dove sono cresciuti. Quello di chi “fa un indelebile casino” e ne esce

MARCO MASINI RACCONTA IL NUOVO ALBUM «LA MIA NOSTALGIA

È LA STESSA DI TUTTI»

Si intitola 10 amori e parla di sentimenti l’ultimo lavoro discografico: il cantautore toscano festeggia così i suoi primi sessant’anni

di Raffaello Carabini

sconfitto. E soprattutto l’amore verso sé stessi. «È l’amore più importante. Solo amando sé stessi si riesce ad amare gli altri. Quando non ci si stima, non abbiamo fiducia in noi stessi, non ci amiamo e non riusciamo ad amare nulla e nessuno».

Un dodicesimo album di inediti che musicalmente segna il ritorno al cantautorato dalla solida base pop-rock, pur scorrendo attuale e pieno di finezze sonore.

Mi tengo sempre aggiornato, sia dal punto di vista metrico e letterario che da quello armonico e musicale. Seguo i giovani e la tecnologia, per -

10 Amori

ché la musica ci dà comunque segnali positivi, con quanto di bello e di meno - anche io ho scritto canzoni orribili - ci offre. E devo ringraziare gli autori, i collaboratori, i produttori che lavorano con me, perché riescono a farmi mantenere la mia coerenza, nonostante l’abitudine che abbiamo di lasciarci influenzare ogni giorno da qualcosa di nuovo. Riscoprire l’amore in questi tempi bui è di certo un segnale positivo.

Assolutamente. L’amore è svalutato, questo mondo ci insegna che non è importante. Io ho voluto rimetterlo al centro dell’attenzione, renderlo protagonista almeno in musica. L’intento è di rivalutare questo grande motore, questa energia, l’unica che ci consente di ambire a un domani di felicità e di gioia. E ho voluto fare una colonna sonora da ascoltare di seguito, per questo 10 amori è acquistabile solo in cd, vinile e download.

Il 18 settembre ha compiuto 60 anni. Cosa mancava al giovane Masini che il sessantenne di oggi potrebbe offrirgli? Sono un appassionato di astrofisica e fantascienza. Il loro principale insegnamento è che cambiare il corso degli eventi porta a mutamenti incontrollabili nel futuro. Se tornassi

indietro, suggerendo al Masini di 18 anni di cambiare, non sarei a parlare con lei. Proprio i grandi sbagli che ha fatto quel ragazzo mi hanno permesso di arrivare a 60 anni in buona salute e con questo amore per la vita e per la gente. Sono felicissimo di quello che ho fatto con impegno e passione, ricevendo grandi soddisfazioni. Non voglio giustificarmi, ma ringraziare per essere arrivato qui. A ottobre è stato nei palasport di Roma, Milano e Firenze, le tre città più importanti per lei. Ha portato il pubblico a rivivere il clima dei suoi amati anni Novanta?

Le canzoni fanno parte della nostra vita, perché fotografano esattamente un periodo storico, e ce lo fanno ricordare, con gli amori, gli amici, la scuola, i parenti, le storie che ci riguardavano. Noi vogliamo ricreare i suoni, le atmosfere che riportano immediatamente a quegli anni che, con tutti i loro problemi, furono migliori degli attuali. Vogliamo far respirare al pubblico quelle sensazioni, grazie anche a scenografie, vestiti e oggettistica presenti sul palco.

Ma allora lei è un nostalgico. La mia nostalgia è la stessa di tutti. Amo la vita per le continue scoperte che ci offre. I Tg ci dicono quanto questo mondo ami sempre meno sé stesso. So che ritornare ai ’90 non riuscirà a distrarre tutti da questa realtà, riportandoci a quando cercavamo di scappare dalla strada che i genitori avevano disegnato per noi, come adesso fanno i nostri figli e nipoti. Però la musica è terapeutica. Ha il grande dono di farti isolare dai problemi, di farti ricaricare, di farti ritrovare te stesso. Ed è nostro dovere di artisti il cercare di allontanare la gente dalle preoccupazioni, dai dolori, dalle difficoltà. Non solo fuggendo, ma anche affrontandole a viso aperto, come facevo io.

Chi non ha mai sognato una versione migliore di sé stesso? Una versione più giovane, più bella, più perfetta. Coralie Fargeat nel suo ultimo film The Substance si interroga sul passare del tempo, sul significato di bellezza estetica, «sulla violenza a cui le persone, le donne, soprattutto, si sottomettono quando vogliono adattarsi a standard di bellezza sempre più innaturali». In questo body horror audace, che sfocia nel gore (horror violento, ndr), la regista francese, alla sua prima prova in lingua inglese, trova un bilanciamento tra realtà, terrore irrealistico e ironia. Premiato all’ultimo Festival di Cannes per la Miglior sceneggiatura, e presentato in Italia anche alla Festa del Cinema di Roma il mese scorso, il film è ora nelle sale con I Wonder Pictures. Le protagoniste sono Demi Moore e Margaret Qualley, la versione adulta e quella

THE SUBSTANCE, IL BODY HORROR AL FEMMINILE ARRIVA NELLE SALE

Già premiata a Cannes per la Migliore sceneggiatura la pellicola è diretta da Coralie Fargeat. Tra le protagoniste Demi Moore: «Non posso dire di non aver provato disagio Sono uscita dalla mia comfort zone, ma quella sensazione è stata necessaria per trasmettere il messaggio del film»

Giulia Bianconi

giovane dello stesso personaggio, ossia Elisabeth Sparkle, che ’young’ diventa Sue.

La protagonista è un’ex stella di Hollywood che arrivata a cinquant’anni vede la sua carriera finita. Viene licenziata da uno show televisivo in cui insegna aerobica, perché considerata dal produttore ormai troppo

vecchia. Il pubblico ha bisogno di qualcosa di nuovo, le dice proprio il viscido Harvey, con il volto di Dennis Quaid. La disperazione di Elisabeth si trasforma in speranza quando viene a conoscenza di una ’sostanza’ , un misterioso siero sperimentale di ringiovanimento che, iniettato una sola volta, può sbloccare il suo Dna per

renderla migliore. Ma c’è un equilibrio da mantenere. «Tu sei una, non puoi scappare da te stessa», chiarisce una voce in un video esplicativo su come usare quella sostanza. Le due versioni, quella vera e quella artificio-

A sinistra, le due protagoniste femminili in alcune scene del film

Sotto, da sinistra, Dennis Quaid, Coralie Fargeat, Margaret Qualley e Demi Moore al Festival di Cannes 2024

sa, non possono coesistere. Si possono solo alternare, una settimana per una. Mantenere quell’equilibrio, però, non sarà assolutamente facile.

In The Substance Demi Moore, 61 anni, ha avuto il coraggio di mettersi completamente a nudo di fronte allo spettatore, anche visivamente. «Non provo il desiderio di voler tornare indietro nel tempo. Mi considero poco una vittima del tempo e Coralie ha messo in scena la prospettiva maschile della donna idealizzata in cui siamo cresciuti. Nel film, questa versione più nuova, più giovane e migliore ha un’opportunità, ma ripete lo stesso schema della versione più matura. Cerca ancora un consenso esterno e alla fine si ritrova a lottare contro sé stessa», ha raccontato l’attrice americana, spiegando poi quanto fosse importante mostrare la ’vulnerabilità’ della protagonista, come la sua. «Ho affrontato il film partendo proprio da questo punto e creando una sintonia con Margaret. Non posso dire di non aver provato

disagio - ha confessato Moore -. Sono uscita dalla mia comfort zone, ma quella sensazione è stata necessaria per trasmettere il messaggio del film. È stata un’esperienza molto cruda che mi ha fatto esporre emotivamente e fisicamente. Ma questa esplorazione è stata qualcosa di liberatorio». Per Fargeat Il ritratto di Dorian Gray è stato un punto di partenza, come Shining un’ispirazione, in un film che racconta una specie di patto faustiano contemporaneo. «Quando ho superato i quaranta ho iniziato a riflettere sul mio aspetto - ha spiegato la regista di Parigi, oggi 48enne -. Da giovane ti senti troppo grassa, con un sedere che non è quello giusto, o un seno non abbastanza grande. Ma quando invecchi arrivano le rughe. Hai sempre qualcosa da ridire sul tuo corpo. The Substance è una metafora per parlare proprio della condizione umana e di come il corpo femminile sia davvero specchio della società e della violenza che quest’ultima fa a noi. Come riflesso di una richiesta della società, ci autoinfliggiamo quella violenza, che poi si trasforma dentro noi stessi».

Cultura

ROSELLA POSTORINO

«NEI NERVI E NEL CUORE È IL MIO VIAGGIO INTIMO NELLA SCRITTURA»

Vincitrice del premio Campiello, racconta la sua storia che inizia nella periferia di Reggio Calabria e arriva ai grandi palcoscenici, per rivendicare “il diritto di trionfare e perdere”

ice Rosella Postorino: «Scrivo perché a volte mi sono sentita rifiutata e indegna, e questa sensazione prima o poi la provano tutti. Scrivo perché ho bisogno di essere accettata, come chiunque. Scrivo per rivendicare il nostro diritto di trionfare e perdere, qualcosa che difficilmente si può afferrare del tutto, perché siamo ambigui, e cioè umani». Nei nervi e nel cuore, la sua ultima fatica, è un libro singolare e coinvolgente che ricorda, ragiona e costruisce. È anche un trascinante dizionario biografico, modulato in flash, piccoli racconti, quasi apologhi densi di vita, memoria, rabbia e ragione, spesso con loro morale che provvisoriamente si impone e lascia posto alla prossima, per sottrazioni e addizioni molto ben miscelate. Rosella Postorino ha scritto un romanzo su di sé partendo dall’infanzia, il buco nero che illumina ogni passo futuro mettendo sulla scena un fluttuante tragitto di esperienze e conoscenze attraverso l’interrogazione del proprio io. Magari fragile, provvisorio, minimo con sue forme, i ricordi, gli scontri, le avversità (lo sradicamento, i fallimenti, i sogni misurati sul senso e l’ostacolo della realtà). Da questo ’andare’ si solidifica il suo ’essere’ lo sguardo sul mondo e sé stessa, coagulo di idee, pensieri, incontri, piccoli scatti cognitivi. L’io for-

Dtificato attraverso il benefico percorso della scrittura può farle confessare un tragitto che definisce la sua essenziale verità conquistata sul campo della stessa scrittura. Per definire questo tragitto, si può partire dal titolo di questo ultimo libro Nei nervi e nel cuore. Rossella Postorino pensa di scrivere puntando più sui nervi o sul cuore?

Senza dubbio sui nervi, nel senso che cerco una scrittura che sintatticamente possa avere leggeri slittamenti, qua-

Nei nervi e nel cuore Memoriale per il presente di Rosella Postorino SOLFERINO 224 PAGINE

si degli imprevisti, e questo mi pare abbia a che fare più con i nervi che con il cuore. Se un corpo nervoso è elastico e potente, credo di cercare una scrittura che gli somigli.

Una donna deve affrontare maggiori ostacoli prima di accettare in pieno la sua vocazione a scrivere?

Credo che possa soffrire maggiormente della sindrome dell’impostora. Io posso parlare della mia generazione, non di tutte. Ricordo che alla mensa universitaria erano soprattutto i maschi a tenere banco. Mai avrei confessato loro che volevo scrivere. Poi vengo da una classe sociale bassa e da una famiglia all’antica, un contesto in cui è strano che qualcuno voglia prendere parola, specie se è femmina. Nel libro parla di tre analisi. In cosa crede che questa multipla esperienza l’abbia cambiata?

La prima terapia, che era psicanalitica, mi ha aiutata ad accettare il mio desiderio, scrivere, e a perseguirlo. Faceva anche paura, perché il rischio di fallimento è enorme e, se identifichi te stesso con la scrittura, il fallimento sei tu per intero. La seconda mi ha aiutata a gestire l’emotività e a interagire con le perverse dinamiche del lavoro, questo però significa che ha anche cercato di rendermi più ’adatta’ al sistema. La terza mi ha fatto capire che non avevo più voglia di fare terapia. Come ha intrecciato le sue vicende private con la Storia?

Ogni vicenda privata è intrecciata alla Storia. Non sarei la stessa persona se non fossi italiana, nata alla fine degli Anni ’70 alla periferia di Reggio Calabria, emigrata al Nord come molti italiani del Sud, se non fossi stata donna in un paese in cui il matrimonio riparatore è stato abolito per legge solo nel 1981: la mia individualità è condizionata dall’epoca in cui si è sviluppata. In questo libro ci sono poi temi dell’attualità che riempiranno

in futuro i libri di Storia: le stragi nel Mediterraneo, la guerra in Ucraina, la crisi dell’Unione europea.

Nei suoi scritti c’è una forte attrazione per i migranti e le donne che vengono dall’altra parte d’Europa. C’è un motivo particolare?

Il tema dello sradicamento è molto presente nei miei romanzi, perché sono una sradicata, e perché ritengo lo sradicamento una condizione dell’umano: per nascere tutti siamo sradicati dal corpo materno, venire al mondo è già migrare.

La volatilità della virtualità crea una continua disattenzione, un passare da una cosa all’altra senza approfondimento? Chi scrive in letteratura come pensa di aggirare questo ostacolo, di creare quell’attenzione alla lettura senza di cui non c’è letteratura?

Facendo letteratura. Non bisogna cercare di somigliare ad altri mezzi. La gente legge proprio per fare un’esperienza diversa, simile alla meditazione, alla preghiera. Credo che i lettori siano attirati dall’autenticità, cioè dal tentativo di indagare l’umano senza schemi precodificati. La gente vuole sentirsi toccata nella sua parte più segreta.

Nel suo libro si parla della fatica che comporta il dopo libro, un’infinità di incontri, occasioni, letture. Come reagisce a tutto questo? Sembra rimpiangere gli scrittori di una volta senza altro compito che scrivere, però è coinvolta

più che mai nella promozione dei suoi libri.

No, non lo rimpiango, adoro incontrare il pubblico. Il tema non è la promozione in sé, ma l’idea che lo scrittore sia tipo un personaggio dello spettacolo. La letteratura ha a che fare con la vulnerabilità, gli scrittori sono vulnerabili, non aspettiamoci che siano accomodanti.

Editor presso Einaudi e scrittrice affermata, tra l’altro con un super Campiello vinto nel 2018 con Le assaggiatrici. C’è conflitto di interesse o integrazione tra i due ruoli? Chi scrive di solito ama leggere e trova senso nei libri altrui. Credo ci sia integrazione. L’unico problema è il tempo. Sono entrambi lavori immersivi. Uno però è di più: una condizione identitaria.

Si dice: “non esiste più il romanzo di una volta”. Il romanzo ha mille metamorfosi. Per lei cosa deve essere oggi il romanzo? Il romanzo è qualunque cosa riteniamo sia romanzo. Ha una forma elastica e mobile e proprio per questo credo sia destinato a sopravvivere ancora a lungo.

FOTO
DI LEONARDO CENDAMO

editerraneo. Mare “in mezzo alle terre”, specchio d’acqua salata tra oriente e occidente, crocevia di genti, culture, lingue e religioni, luogo di incontro e di scontro, di scambi e di battaglie, di viaggi reali ed epici. Culla delle civiltà e dei commerci ma anche luogo dell’anima e dell’arte. “Un grande atelier”, secondo lo storico dell’arte André Chastel, “un jardin incomparable” nelle parole del poeta e saggista Guy de Maupassant, il luogo in cui si raccoglie l’arte moderna, secondo Vincent Van Gogh, che proprio nei colori del Sud ha trovato nuova linfa vitale per la sua pittura. Il linguaggio espressivo della contemporaneità nasce insomma a Sud, dove vivono e operano alcuni impressionisti, ma anche Cézanne, Picasso, Miró, Chagall e Henri Matisse (1869-1954), che proprio dal mondo mediterraneo prese spunto per concepire i colori accesi e apparentemente innaturali che caratterizzarono la sua ricerca. Lo si capisce visitando la mostra Matisse e la luce del Mediterraneo, allestita al Centro Culturale Candiani di Mestre (Ve) e curata da Elisabetta Barisoni, che con oltre cinquanta opere, provenienti da importanti musei internazionali come il Philadelphia Museum of Art e il Centre Pompidou di Parigi, accanto a pezzi delle collezioni civiche di Ca’ Pesaro a Venezia, immerge il visitatore in un viaggio tra le atmosfere luminose della Costa Vermiglia e della Costa Azzurra, della Corsica e della Sardegna fino all’Africa del Nord, alla ricerca del punto di contatto tra natura, cultura e arte.

di Serena Colombo M

MATISSE, IL MAESTRO DEL COLORE IN MOSTRA A MESTRE

Dalle tele espressioniste ai ‘papiers découpés’ un percorso alla scoperta dell’artista che ha rivoluzionato il mondo dell’arte

Proprio dal Mediterraneo partì, dunque, la ricerca pittorica di Matisse, che dopo gli studi di Legge a Parigi, casualmente, in occasione di un periodo di convalescenza da un attacco di appendicite, scoprì la pittura, «una specie di Paradiso», come scriverà in seguito. «La dimensione della natura rinnovata dagli impressionisti e l’uso del colo-

re inaugurato dai post impressionisti servì a Matisse - racconta Elisabetta Barisoni - per portare la propria arte verso una maggiore potenza espressiva in contatto con l’emotività, con la sensibilità, con il mondo del sentire più che del capire». Trasferitosi nel Sud della Francia, a Collioure, tra le atmosfere e il paesaggio primitivo del Mediterraneo, Matisse dipinse con forme appiattite e linee controllate, facendo del colore potente ed espressivo l’elemento centrale del

suo linguaggio, strumento per esprimere l’interiorità, per trasmettere gioia, serenità e persino spiritualità. «L’afflato selvaggio e infuocato delle atmosfere del Sud si esprime nel colore usato direttamente sulla tela, un colore acceso, squillante, a contrasto, che diventa vero protagonista delle opere», prosegue la curatrice. «Le pennellate sono violente, i pigmenti vengono applicati dal tubo di colore, le cromie sono divise ma non complementari: è la liberazione del colore che diventa

1. La finestra aperta (1919), olio su tela

Donazione di Adèle et George Besson, 1963

Bagnols-sur-Cèze, Musée Albert-Andr

2. Odalisca gialla (1937), olio su tela Philadelphia Museum of Art

The Samuel S. White 3rd and Vera White Collection, 1967

3. Icaro (1947), stencil su carta

Donazione Henri Matisse 1947 Bordeaux

Musée des Beaux-Arts

protagonista di un’esplosione gioiosa ed espressiva».

Le opere di questo periodo, esposte al Salon d’Automne del 1905, al Grand Palais di Parigi, suscitarono scandalo. Lo scrittore Camille Mauclair disse che «un barattolo di vernice era stato buttato in faccia al pubblico», mentre il critico Louis Vauxcelles scrisse che il candore dei busti marmorei presenti nella medesima sala sorprendevano «in mezzo all’orgia dei toni puri» quanto Donatello tra le bestie feroci. Bestie selvagge, Fauves, da allora furono chiamati gli artisti che presero parte all’esposizione, André Derain Maurice de Vlaminck, Henri Manguin, Charles Camoin e l’unica donna, Jelka Rosen. Dopo il Midi, per Matisse furono fondamentali i viaggi nel Nord Africa, in

Algeria e Marocco, sempre sulle sponde del Mediterraneo. Tornò due volte a Tangeri, studiò l’arte islamica e gli ornamenti fatti di sinuose linee curve e arabescate. Nasce qui la grande stagione delle odalische matissiane degli anni Venti. «A popolare la sua produzione sono le donne e le figure riprese in un interno con le finestre aperte, una sorta di quadro nel quadro che ha ancora una volta un sapore classico», come in Odalisca gialla (1937), in cui una figura femminile si fonde con lo spazio e con i ricchi ornamenti dell’interno rappresentato.

L’esposizione si chiude con l’ultima rivoluzionaria fase creativa di Matisse. Costretto sulla sedia a rotelle a causa di un delicato intervento chirurgico, non riuscendo più a dipingere, Matisse inventò una tecnica per «disegnare nel colore» senza dovere usare i pennelli. Sono i papiers découpés, fogli di car-

ta colorata ritagliati e incollati, forme semplici, liberate dai vincoli della tela, divenute pura espressione di colore e forma, capaci di creare lo spazio. Esemplare di questa fase è, in mostra, il suo famoso Icaro, una delle pagine di Jazz, libro d’artista realizzato per l’editore greco Emmanuel Teriade. Con i papiers découpés, scrive Barisoni, «Matisse esce dalla tela, dalla stampa, dal libro artistico per rivolgersi, come i primi uomini nelle caverne, alla grande decorazione parietale. Questo il lascito più forte di Matisse alle generazioni future, quando gli autori riflettono sul decorativo e sulla sintesi delle forme di un colore liberato».

Matisse e la luce del Mediterraneo Mestre, Centro Culturale Candiani fino al 4 marzo 2025 www.muvemestre.visitmuve.it

HEMINGWAY QUEL NOBEL CHE HA RADICI NEL CILENTO

Settant’anni fa vinceva il premio Nobel grazie al successo mondiale de Il vecchio e il mare

Ad Acciaroli c’è chi giura che il capolavoro sia nato proprio qui, da una visita segreta dello scrittore

Il 28 ottobre del 1954 l’Accademia Reale di Svezia attribuisce a Ernest Hemingway, cinquantacinquenne scrittore americano, il premio Nobel per la Letteratura. La motivazione è chiara: “per la sua maestria nell’arte narrativa, recentemente dimostrata con Il vecchio e il mare, e per l’influenza che ha esercitato sullo stile contemporaneo”. È chiaro anche il riferimento al suo più recente successo letterario, pubblicato in America alla fine del 1952 e vincitore del

premio Pulitzer nel 1953. Hemingway non poté recarsi in Svezia per ritirare personalmente il Nobel, a causa dei postumi persistenti di un incidente occorsogli in Africa all’inizio dell’anno. Era già in atto, per lo scrittore, un declino psicofisico che lo avrebbe portato alla paralisi artistica e alla tragica decisione di togliersi la vita nel luglio del 1961. Ma il Nobel avrebbe consacrato la sua opera - e specialmente Il vecchio e il mare, l’ultimo capolavoro - come un punto di riferimento imprescindi-

bile del Novecento letterario. Racconto lungo o romanzo breve, Il vecchio e il mare esplora la parabola di un moderno titano: l’anziano pescatore cubano Santiago, che si spinge sempre più al largo per catturare una preda favolosa, un gigantesco pesce spada Marlin, ignora le avversità della sorte e finalmente riesce a raggiungere il suo obiettivo. Ma la sua personale “conquista del fuoco” ha un prezzo: è andato troppo al largo, è senza la compagnia di Manolo (il ragazzo, fedele amico, a cui i genitori impediscono di partecipare alla folle impresa), è esposto agli attacchi dei terribili pescecani Mako, contro cui lotta eroicamente prima di arrendersi. La sua preda favolosa è dilaniata: ne riporta a casa solo la lisca, tra l’indifferenza dei profani e l’ammirazione degli altri pescatori, che riconoscono il valore della sua impresa, eccezionale benché vana. La versione ufficiale vuole che Hemingway si sia ispirato alle gesta reali dei pescatori cubani, spiati per anni dalla sua tenuta di Finca Vigia, nei pressi dell’Avana. Fernanda Pivano, amica dello scrittore e prima traduttrice italiana

di Leonardo Guzzo

de Il vecchio e il mare, racconta che Hemingway amava compiere personalmente battute di pesca a bordo del suo yacht e si intratteneva a cogliere gesti e espressioni dei vecchi lupi di mare cubani, ardimentosi e generosi di aneddoti. Ma una trentina di anni dopo la morte di ’Papa’ (come amava farsi chiamare, in segno di riverenza, dagli amici più intimi), ha cominciato a farsi strada un’ipotesi fondata sulla familiarità dello scrittore con l’Italia meridionale, la Sicilia dove era stato nel corso della prima guerra mondiale e soprattutto Napoli, che visitò con certezza (e con tanto di testimonianze fotografiche) nel giugno del 1954. La storia, ricostruita da libri e articoli giornalistici, farebbe riferimento a qualche anno prima, probabilmente all’estate del 1951. Hemingway era in Veneto, in vacanza con la moglie Mary, e indulgeva troppo volentieri alla compagnia della baronessa Adriana Ivancich (giovane artista, autrice della prima copertina de Il vecchio e il mare). Gelosa della rivale, Mary si tirò dietro Ernest in una lunga gita a Napoli, da

alcuni amici nobili; ma, a quanto pare, lo scrittore si annoiò presto della vita mondana dell’alta società napoletana e un bel giorno partì con l’autista e alcune casse di amarone per un’avventura verso sud. Si sarebbe spinto fino ad Acciaroli, perso tra le colline del Cilento, colpito forse da una tipica visione italiana: “mare aperto e sotto, in una baia, una striscia di spiaggia con le barche da pesca e sopra, sul fianco di un colle, un abitato; e poi, lungo la costa, promontori a perdita d’occhio”. I vecchi pescatori del villaggio, frazione marina del comune di Pollica, ricordavano un signore americano con la barba e il ventre teso dall’alcol che alloggiò per qualche settimana in un hotel sul lungomare e, aggirandosi tra la torre normanna e la chiesa dell’Annunziata, fece amicizia con alcuni tra i più esperti marinai del posto. Uno in particolare, Antonio Masarone, “u viecchiu” per tutti gli abitanti di Acciaroli, era oggetto delle sue attenzioni, delle domande tradotte in dialetto locale dal medico condotto, delle osservazioni meticolose che si trasformavano in lunghe pagine di appunti. Per tutti i sostenitori della leggenda di Acciaroli - quel misterioso soggiorno speso tra chiacchiere e bevute, e dura-

to finché Mary non venne a riprendersi il marito nel suo sperduto Eden - fu proprio Antonio Masarone ad ispirare ad Hemingway la figura del protagonista de Il vecchio e il mare. Poco importa che non esistano prove certe, che Fernanda Pivano abbia categoricamente escluso quell’incursione e le circostanze rocambolesche in cui avvenne. Della veridicità dell’episodio era convinto Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica ucciso nel 2010 per la sua strenua lotta contro il malaffare che cercava di insinuarsi nel piccolo paradiso di Acciaroli: per sua volontà l’insegna stradale del borgo sulla costa del Cilento porta ancora oggi la dicitura “paese di Hemingway”. Qualche anno fa un nipote dello scrittore, Sean, è venuto a prendersi la cittadinanza onoraria di Pollica, ringraziando i cittadini per l’ospitalità offerta al nonno e alimentando ulteriormente la leggenda, che ha tanto in comune con le storie avventurose di ’Papa’. Conta davvero la verità? Forse è perfino più bella la bugia, che parla del valore universale di una storia - la lotta tra lo spirito dell’uomo e la crudeltà della vita - catturata da Hemingway in una metafora formidabile.

A sinistra, Ernest Hemingway durante uno dei suoi soggiorni in Africa. Sotto, il porto di Acciaroli, nel Parco Nazionale del Cilento

Cultura

LE ULTIME USCITE IN LIBRERIA

di Dario De Felicis

M. L'ora del destino di Antonio Scurati BOMPIANI

Giugno 1940. Quarant’anni dopo i primi passi in politica, venti dall’ascesa al potere, Mussolini trascina l’Italia in guerra. La morte di Italo Balbo, abbattuto da fuoco amico, è un sinistro presagio. La tragedia si dipana attraverso i suoi protagonisti: il generale Roatta, artefice di rappresaglie, Ciano, ossessionato dal Mediterraneo, Edda, in prima linea con la Croce Rossa, e Clara Petacci, accanto a un Mussolini sempre più spettrale. Dùmini, l’assassino di Matteotti, prospera ricattandolo; e i gerarchi, tra cui Grandi, sempre più ostili al Duce. Una generazione di italiani, uomini e donne, soldati come Rigoni Stern sul fronte russo, o Caccia Dominioni ad El Alamein, è costretta a combattere. Mussolini, crede di poter bilanciare le ambizioni di Hitler, ma si rivela un patetico lacchè. Scurati dipinge un affresco potente dell’Italia fascista nella Seconda guerra mondiale, tra errori, orrori e sprazzi di eroismo, ritraendo Mussolini solo, all’incrocio tra crepuscolo e sangue.

I titoli di coda di una vita insieme di Diego De Silva EINAUDI

De Silva abbandona il suo Malinconico per regalarci un romanzo sulla fine di un amore. Fosco e Alice, sull’orlo della separazione, raccontano la loro storia. Due punti di vista opposti: Alice vuole un finale drammatico, Fosco è più passivo. I loro avvocati falliscono nel descrivere una vita insieme. Ritornano in una casa piena di ricordi, cercando un “fuoco comune”. Attraverso sofferenza e ironia, estraggono ciò che resta del loro amore. Un’analisi potente delle speranze, delusioni e sentimenti che accompagnano una rottura. Un libro intenso e toccante.

Questa terra è nostra da sempre. Israele e Palestina di Arturo Marzano LATERZA

Arturo Marzano ci offre finalmente una prospettiva equilibrata su un conflitto complesso, con un libro che sfida le narrative semplicistiche, esaminando le origini della disputa e le motivazioni di entrambe le parti. L’autore riesce a semplificare la questione israelo-palestinese senza mai banalizzarla, rendendo accessibile le ragioni di un conflitto spesso ridotto a slogan. Un contributo prezioso che promuove dialogo e comprensione reciproca, indispensabile per chi cerca chiarezza in un dibattito spesso offuscato da pregiudizi.

Il fiume incantato di Rebecca Ross FAZI EDITORE

Sull’isola magica di Cadence, divisa tra i clan Tamerlaine e Breccan, misteriose sparizioni di bambine seminano il panico. Jack Tamerlaine, musicista esiliato, viene richiamato in patria. Adaira, erede dei Tamerlaine, sospetta il coinvolgimento degli spiriti elementali e cerca l’aiuto di Jack, l’unico bardo capace di comunicare con loro. I due ex rivali uniscono le forze per svelare un antico mistero che minaccia l’equilibrio dell’isola. Un fantasy avvincente dove musica e magia si intrecciano in una storia di suspense e collaborazione tra clan.

La locanda dei gatti e dei ricordi di Yuta Takahashi FELTRINELLI

Un anno per rinascere di Virginia Gambardella PIEMME

Perdersi per ritrovarsi. Un anno per rinascere di Virginia Gambardella è un invito a un viaggio interiore, un percorso di 365 domande per riconnettersi con sé stessi. Un diario che non fornisce risposte, ma stimola riflessioni profonde, giorno dopo giorno. Un’opportunità per esplorare i propri pensieri, senza giudizio, e per scoprire chi si è veramente. Con una struttura circolare e un ordine non casuale

WOKE

DA PAROLA DI NICCHIA A FENOMENO GLOBALE

Com’è nato e come si sta diffondendo il movimento sociale che accende i riflettori sulle discriminazioni di ogni genere. Un dibattito che solleva molti interrogativi sul delicato equilibrio tra rappresentanza e limiti della libertà d’espressione

Solo fino a qualche anno fa il concetto di woke era sconosciuto ai più, assente da ogni vocabolario sociale; una parola di nicchia usata prevalentemente in certi circoli accademici o di attivisti. Poi, intorno al 2010, quasi improvvisamente, il termine ha guadagnato popolarità globale, diventando sinonimo di attenzione contro ogni forma di discriminazione, spinto anche

da una serie di eventi sociali e movimenti (“BlackLivesMatter” e “MeToo”) che hanno catturato l’attenzione del mondo. In questo contesto, le piattaforme social hanno giocato un ruolo cruciale, trasformando woke in un vocabolo prima riconosciuto, poi conosciuto, infine elevato a popolare. Questa improvvisa illuminazione ha portato molti a riflettere su quanto poco si sapesse delle esperienze vis-

sute da milioni di persone a causa di discriminazioni di genere, razza e altre forme di ingiustizia.

Per essere precisi, il termine woke non ha una traduzione diretta in italiano, ma può essere inteso come “consapevole”. Originariamente nata negli Stati Uniti nei primi del ’900, era la parola che descriveva l’atteggiamento di chi era attento alle ingiustizie sociali, soprattutto quelle legate al genere e all’etnia, e sceglieva di non restare indifferente. Negli ultimi anni la definizione ha cambiato alternativamente accezione - anche in relazione al contesto in cui viene usata - da estremamente positiva a negativa, quasi dispregiativa, per poi tornare in auge fino a trasformarsi in vera e propria “cultura”. Diventando, di fatto, terreno fertile per discussioni profonde e molto spesso divisive.

Essere woke oggi implica un’attenzione e una sensibilità verso le ingiustizie sociali, razziali e di genere, non limitandosi ad osservarle ma denunciandole. Una cultura che promuove l’uguaglianza e l’accettazione, sostenendo cause come il femminismo, i

bilità sociale, portando le persone a riflettere sulle proprie azioni e sui loro impatti sugli altri. Eppure, tra tutti gli ambiti in cui si è riversata questa nuova ondata culturale, quello dell’intrattenimento è stato senza dubbio quello più influenzato e coinvolto. Dal cinema alla televisione fino agli spot pubblicitari, gli schermi si sono fatti sempre più colorati e variegati. La rappresentazione di personaggi provenienti da diverse culture, con orientamenti sessuali, identità di genere differenti e con disabilità è diventata sempre più frequente. Se un tempo eroi e protagonisti erano quasi esclusivamente bianchi, eterosessuali e abili, oggi si vedono sempre più spesso personaggi

Una manifestazione in difesa dei

diritti LGBTQ+, l’antirazzismo e la giustizia ambientale. In questo senso, la cultura woke ha contribuito a portare alla luce importanti problematiche, stimolando il dibattito pubblico e spingendo molte aziende e istituzioni a rivedere le loro politiche di inclusione. Oltre, naturalmente, a promuovere una maggiore responsa-

che sfidano gli stereotipi e ci offrono modelli di riferimento più inclusivi. Un impatto culturale di enorme portata rispetto ai palinsesti di qualche anno fa. Basti pensare alla rappresentazione positiva di coppie LGBTQ+ nelle serie in streaming, alle storie di supereroi con disabilità o alle protagoniste femminili, finalmente, forti e determinate.

Proprio sull’aspetto dell’intrattenimento, però, si fondano le prime - e più aspre - contestazioni alla cultura

woke. Ad esempio, per i detrattori è impensabile che le nuove protagoniste di due classici Disney come La Sirenetta o Biancaneve, siano interpretate da attrici afroamericane, oppure che la riedizione dei Ghostbusters presenti un cast tutto al femminile. L’accusa è quella di voler essere woke a tutti i costi, snaturando lo spirito originale delle opere. Ma più in generale, al centro del dibattito, c’è l’accusa di eccessivo moralismo e censura del dissenso. I critici sostengono che, in nome della correttezza politica, si stia creando un clima di paura e autocensura, dove le persone sono riluttanti ad esprimere opinioni che potrebbero essere percepite come offensive, anche se espresse in buona fede. Un’altra critica riguarda la presunta superiorità morale che alcuni esponenti del movimento sembrano arrogarsi. L’idea di essere “svegli” (woke, appunto) e “dalla parte giusta della storia” può portare a un atteggiamento di disprezzo verso chi la pensa diversamente, creando paradossalmente un clima di intolleranza e di divisione.

Infine, c’è chi critica l’“effetto cancellazione” (cancel culture) ovvero la tendenza a boicottare o mettere a tacere persone od opere ritenute offensive o discriminatorie. Se da un lato questa pratica può essere vista come una forma di responsabilizzazione sociale, dall’altro si teme che possa soffocare la libertà di espressione e limitare il dibattito pubblico. Ad oggi, questa ondata di inclusività sembra non volersi arrestare, decisa a risvegliare un nuova coscienza collettiva per una società più giusta; con il rischio neppure troppo latente di creare l’effetto opposto di divisioni profonde. L’equilibrio tra inclusione e libertà di espressione detterà le sorti della cultura woke, un tema che richiederà a tutti una riflessione continua e aperta.

diritti LGBTQ+

Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

Nella sua prima versione, lanciata nel 1997, il motore di ricerca Google era in grado di analizzare circa 50 pagine web al secondo. Oggi siamo oltre il milione

1

SE CHAT GPT FA LO CHEF A DUBAI

Creato un nuovo tipo di pizza con l’intelligenza artificiale

Una nota catena di ristorazione di Dubai ha inserito in menù la ricetta di una pizza ‘pensata’ da Chat Gpt che ha riscosso da subito un successo inaspettato. A renderla speciale un mix di ingredienti - all’apparenza inconciliabili su una pizza - che rappresentano tutte le culture conviventi nel famoso emirato: pollo shawarma, paneer shashlik (formaggio indiano speziato) alla griglia, erbe orientali Za’atar e tahini (celebre salsa mediorientale).

2

UN TIPO DI CARICABATTERIE PER TUTTI

Nell’Ue i nuovi dispositivi useranno solo il modello USB-C

Ricordate la guerra tra Betamax e Vhs negli Anni ’80? Qualcosa di simile avviene oggi tra i vari tipi di caricabatterie. Dal 28 dicembre, però, le regole dell’Ue prevedono il solo tipo USB-C per ogni nuovo dispositivo portatile, indipendentemente dalla marca. Il vantaggio è duplice: non solo si potrà acquistare un nuovo dispositivo senza caricatore, ma uniformando la tecnologia di ricarica eviteremo di produrre 980 tonnellate di RAEE all’anno.

3

CUE6, IL ROBOT ATLETA CHE FA CANESTRO

Grazie all’intelligenza artificiale non sbaglia davvero un colpo

Calcola la distanza, prende la mira e tira. E ogni tiro è un canestro grazie all’IA integrata. Lui è CUE6, un incredibile robot cestista. Tutto ha avuto inizio nel 2017, quando un gruppo di impiegati della Toyota - volontariamente - è partito dall’idea che sarebbe stato bello creare un robot atleta capace di tirare a canestro. Oggi CUE6 rappresenta la sesta generazione del progetto CUE. Ciò ha permesso di ampliare molto l’esperienza e la conoscenza nel campo della robotica.

4

CIRCLE IN FAMILY, L’APP CHE SUPPORTA LA FAMIGLIA

In un solo posto calendario, liste, foto e tutto ciò che serve

Una cosa alla volta e con l’aiuto di tutti: è il concetto alla base di Circle in family, app per gestire in modo semplice calendario, spese, foto e impegni di tutta la famiglia. Circle consente di assegnare la gestione di un giorno o un evento a un solo componente, assegna liste da ‘spuntare’, permette di controllare entrate e uscite e ha - tra le funzioni - un cassetto virtuale dove salvare in sicurezza i documenti più importanti. Utile e con molti strumenti. www.circleinfamily.com

Il 12 novembre, a Torino, si tiene il Techshare Day 2024

Focus dell’evento e delle tecnologie presentate è la centralità della persona Per saperne di più: www.ctenext.it/eventi/techshare-day-2024-tecnologiae-innovazione-la-persona-al-centro

BENESSERE AL MASCHILE

CONSULTARE IL MEDICO IN CASO DI DISTURBI PERSISTENTI E FREQUENTI.

Il prodotto non sostituisce una dieta variata ed equilibrata e uno stile di vita sano. Leggere le avvertenze sulla confezione.

POOL PHARMA sostiene

Inizialmente può essere soltanto una lontana sensazione di scroscio vicino le orecchie mentre si morde un panino o per un grande sbadiglio, ma nel tempo questo disturbo può aumentare di intensità e frequenza fino a rendere molto difficile nutrirsi.

Provate ad eseguire dei movimenti di apertura e chiusura della bocca, posizionandovi di fronte ad uno specchio. Se la mandibola si apre in direzione verticale (fisiologica) il movimento è corretto, ma se invece devia verso destra o sinistra il movimento risulta scorretto. A volte può virare da un lato per poi riallinearsi, ma di frequente questo riallineamento non avviene. Ancor peggio se provando a muovere la mandibola di lato (mantenendo il contatto tra i denti superiori e gli inferiori) si nota che il movimento è impossibile. Questo comportamento nella maggior parte dei casi sta a significare che il disco che si trova all’interno dell’articolazione (molto simile per funzione ai menischi del ginocchio) è completamente fuori sede (lussato) creando non pochi dolori e problemi durante la masticazione. Le cause possono essere estremamente variabili, al punto da rendere difficile la diagnosi, e i pazienti si rivolgono spesso a molti specialisti prima di inquadrare correttamente la causa e iniziare un percorso che porti alla risoluzione del problema. La diagnosi di “disturbo da malocclusione temporo-mandibolare” può a volte partire da molto lontano. Si può percepire una cervico-brachialgia come anche un senso di instabilità simile alle vertigini, ma anche dei fischi nelle orecchie (acufeni). Prima di arrivare alla corretta diagnosi al paziente viene spesso consigliata inizialmente una valutazione dall’ortopedico (per il dolore cervicale) poi l’otorino (perché sovente è associato anche un dolore nella zona dell’orec-

QUEL FASTIDIOS O

C LICK DELLA MANDIBOLA

I dolori nella masticazione o durante uno sbadiglio sono tra i sintomi più importanti di un disturbo da malocclusione di Alessandro Mascia

chio), per poi giungere dal dentista e dal chirurgo maxillo-facciale che però devono essere necessariamente specializzati nei disturbi della malocclusione e nel trattamento dei disordini temporo-mandibolari. La mandibola ha la particolarità di muoversi in sincronia su due articolazioni (temporo-mandibolari) che si trovano subito al davanti delle orecchie. Queste articolazioni hanno legami diretti con il sistema vestibolare (nell’orecchio interno e preposto al controllo dell’equilibrio), con il condotto uditivo, con il complesso muscolare responsabile della deglutizione, con il cranio (e la prima vertebra cervicale), con l’allineamento dello sguardo, con il complesso articolare e muscolare della colonna cervicale e delle spalle, con i muscoli respiratori, e non da ultima la conformazione della bocca e il rapporto di chiusura tra denti dell’arcata superiore con quella inferiore (seconda o terza classe occlusale oppure mancanza di denti).

Questa breve descrizione delle relazioni anatomiche e funzionali della masticazione con gli altri sistemi rende l’idea di quanto a volte può essere complesso individuare la causa dei dolori delle articolazioni della man-

dibola e di quanto alcuni sintomi possano essere fuorvianti.

La valutazione, la diagnosi e il trattamento delle patologie delle articolazioni temporo-mandibolari devono essere condotte sempre da un team multidisciplinare (inclusi il fisioterapista o l’osteopata con formazione superiore per il trattamento delle articolazioni temporo-mandibolari) proprio al fine di individuare e curare la vera causa dei dolori lamentati dal paziente.

La mandibola è un osso che è letteralmente “sospeso nel vuoto”. È sostenuta da strutture capsulari, da legamenti e da muscoli. Le due articolazioni temporo-mandibolari non sono quindi stabilizzate dalla forza di gravità (come avviene per le altre articolazioni del corpo). La mandibola ha soltanto un muscolo preposto alla apertura boccale (muscolo digastrico che però viene supportato dallo pterigoideo laterale), mentre ha un sistema complesso e fortissimo responsabile della chiusura e della masticazione. La forza dei muscoli masticatori è impressionante. Si pensi soltanto che con i muscoli della bocca si può essere capaci di sostenere il peso del corpo sospeso nel vuoto.

La masticazione è anche strettamente

IL DISCO ARTICOLARE

È una struttura fibrocartilaginea contenuta all’interno delle d ue articolazioni della mandibola. Ha lo scopo di favorire il m ovimento di rotazione-traslazione della mandibola durante i movimenti di apertura/ c hiusura e durante la masticazione e fonazione. Lo spessore del disco tende a diminuire c on l’età e il processo di usura è particolarmente veloce nei soggetti affetti da disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare. Per questo m otivo è consigliato non trascurare quegli scrosci percepiti d urante la masticazione o uno sbadiglio. Il riequilibrio della funzione neuro-muscolare dell’occlusione è fondamentale per conservare il più a lungo possibile la buona salute dei dischi articolari.

legata alla morfologia della colonna vertebrale e in particolare alla conformazione del rachide cervicale. Se la colonna cervicale è troppo dritta (verticalizzata) la mandibola si sposta indietro mentre, al contrario, si sposta in avanti nei soggetti con colonna cervicale in iperestensione e/o anteposta. Già soltanto questo adattamento posturale antigravitario altera il centraggio della mandibola rispetto alla sede articolare con il cranio, dando luogo a una scorretta funzionalità articolare che si attiva a ogni singolo atto della masticazione. Ne deriva infine l’importanza della correzione e cura del bruxismo (ossia il digrignamento e serraggio dei denti durante il sonno ma anche durante il giorno), capace di creare nel tempo danni importanti ai denti ma anche a tutte le componenti che costituiscono il delicato complesso articolare della mandibola.

L'angolo della veterinaria

PRATICARE SPORT CON FIDO FA BENE

Le discipline a disposizione sono diverse e utili a rafforzare il legame tra animale e proprietario È però importante valutare bene quella che più si adatta alle caratteristiche del cane

Come dicevano i latini, mens sana in corpore sano (“mente sana in corpo sano”, ndr). Ed è proprio così, praticare uno sport fa sicuramente bene e, se fatto con il proprio amico a quattro zampe, non solo è utile per il benessere psicofisico di entrambi, ma migliora anche la loro relazione.

QUALE SPORT SCEGLIERE?

Le discipline sportive da praticare con il proprio amico peloso sono numerose e divertenti, ma non tutte adatte al pet. Ecco perché, prima di effettuare una scelta, sarebbe opportuno chiedere un parere al medico

veterinario comportamentalista. Lo specialista stabilirà in base all’età del cane, alla razza, alle sue condizioni fisiche e al suo arousal, cioè il suo stato di attivazione emozionale, quale sia lo sport più adatto.

MEGLIO CON IL PET CHE DA SOLI

Praticare sport con il proprio animale può essere un valido aiuto in presenza di problemi relazionali, perché permette di creare un rapporto più saldo. Inoltre, consente di divertirsi e di stimolare in ambedue i soggetti la produzione di endorfine, sostanze chimiche che hanno un ruolo benefico sull’organismo.

AGILITY DOG

È lo sport cinofilo più noto, ma non può essere praticato da tutti i cani perché richiede un’intensa preparazione fisica. Fido deve seguire un percorso costituito da salti, tunnel, ruota, muro, slalom, passerella, bascula e tavolo, nel minor tempo possibile.

OBEDIENCE

Si tratta di una disciplina che richiede molto autocontrollo ed è un ottimo esercizio mentale per il pet. Durante l’obedience, al cane vengono insegnati condotta, riporto e controllo a distanza. Competenze che l’animale dovrà dimostrare in modo preciso durante le gare e che gli saranno utili nella vita quotidiana. È una disciplina particolarmente indicata per i soggetti che hanno un problema legato allo status gerarchico e per chi ha un arousal molto spiccato.

RALLY OBEDIENCE

La rally obedience è una disciplina utile a migliorare le capacità comunicative tra animale e proprietario. Il cane deve seguire il proprio conduttore, eseguendo una serie di esercizi di obedience che variano ogni volta. Il percorso va completato entro un tempo prestabilito cercando di non commettere errori. Le difficoltà degli esercizi variano in base alle competenze della coppia e all’età del pet.

CANICROSS

È una disciplina nata in Europa come forma di allenamento per i cani che venivano utilizzati per trainare le slitte. Oggi è uno sport molto diffuso, ideale per i proprietari e i cani che amano correre. Per praticarlo occorrono un imbrago, una pettorina - che consente al cane di essere trainato senza subire pressioni al collo -, una linea elastica, una cintura e un moschettone a sgancio rapido. Tramite questa attrezzatura specifica il cane e il proprietario possono correre uniti in sicurezza su un percorso sterrato. Questa disciplina è praticabile anche a piedi, in bicicletta o utilizzando un monopattino. Per evitare cadute, è necessario che il cane impari a mantenere un andamento costante.

SPORT IN ACQUA

Si tratta di un’attività sportiva molto utile, viene praticata in piscina ed è indicata per tutti quei cani che soffrono di artrite e artrosi, in quanto in acqua non vengono sollecitate le articolazioni. Occorre però tenere in considerazione che non tutti i cani amano immergersi. Solo determinate razze, come il Labrador Retriever, il Golden Retriever, il Flat Coated Retriever, il Terranova, il Landesser e il Cane d’acqua portoghese sono più propense a praticare sport in acqua.

DOG DANCE

Nata in Canada negli Anni ’80, la “Dog Dance” è una disciplina ideale per chi ama ballare e utile per creare la giusta armonia tra pet e proprietario. Sullo sfondo di una base musicale, entrambi devono eseguire in sincronia una sequenza di esercizi (trick) e figure, definita routine, muovendosi in modo fluido e armonico. È un’attività che richiede molto impegno, ma dà molta soddisfazione.

DISC DOG

Il “Disc Dog” è una disciplina sportiva, nata negli Stati Uniti. Viene praticata su un grande prato piano, per evitare eventuali infortuni al cane e al suo proprietario, e utilizzando dei frisbee appositi. Durante l’attività si assiste a un vero e proprio show dove, creando una routine di freestyle con salti e giravolte, entrambi compiono solitamente delle vere e proprie acrobazie. È senza dubbio uno sport divertente e utile per creare una perfetta sintonia tra proprietario e cane. Può essere praticato, però, solo da animali giovani, agili, in salute e che amano saltare.

PRESENTATO IL RAPPORTO ANNUALE INPS

GLI ANZIANI, UNA RISORSA

PER IL PAESE

Il presidente dell’Inps Gabriele Fava ha presentato il XXIII Rapporto annuale dell’Istituto, alla presenza di Sergio Mattarella. È indispensabile ripensare il sistema di welfare, anche con politiche di invecchiamento attivo

Come ogni anno, il Rapporto annuale dell’Inps, analizzando gli aspetti più rilevanti della previdenza sociale e del mercato del lavoro in Italia, rappresenta un importante documento di riferimento per comprendere le dinamiche previdenziali, sociali ed economiche che caratterizzano il nostro paese. In particolare, nel Rapporto 2024, l’Inps dichiara il proprio impegno a percorrere insieme ai cittadini tutte le fasi della loro vita. Con oltre 52 milioni di utenti e attraverso l’erogazione di più di 400 prestazioni previdenziali e assistenziali, l’Istituto, usando le parole del suo Presidente, si configura come “il vero e proprio partner istituzionale” dei cittadini italiani, capace di dialogare con lavoratori, pensionati, famiglie e imprese.

Il numero dei pensionati, circa 16 milioni, è sostanzialmente stabile, con una spesa complessiva lorda per le pensioni che sfiora i 347 miliardi di euro. Circa il 96% dei pensionati italiani percepisce almeno una prestazione erogata dall’Inps, con una spesa di

338 miliardi, dei quali oltre la metà è destinata al pagamento delle pensioni di anzianità o anticipate, seguite dalle pensioni di vecchiaia e dalle pensioni ai superstiti. In uno scenario caratterizzato da sfide complesse, come l’invecchiamento della popolazione, il calo demografico e le trasformazioni strutturali del mercato del lavoro, il Rapporto evidenzia un sistema previdenziale coerente con i parametri dei paesi dell’Unione europea, nonostante l’Italia sia quello con l’aspettativa di vita più elevata. A questo proposito, il presidente Fava ha sottolineato come nel 2050 gli italiani over 65 potrebbero rappresentare il 35% circa della popolazione nazionale e come questa previsione ci obblighi a ripensare l’attuale sistema di welfare. L’aumento di questa fascia di popolazione rispetto a quella in età lavorativa comporterà un significativo incremento dei consumi legati alla terza età e andrà di pari passo con la crescita della cosiddetta silver economy, rendendo indispensabili politiche di invecchiamento attivo ed age management.

a cura di Maria Silvia Barbieri

Se una delle principali sfide della nuova governance Inps sarà dialogare con i giovani per migliorare la loro educazione previdenziale, è innegabile che gli anziani, o “i diversamente giovani”, come li ha definiti Fava, rappresentino una grande risorsa per la nostra società, da valorizzare adeguatamente. Basti pensare al ruolo svolto dai nonni che sostengono le famiglie prendendosi cura dei nipoti. La silver economy può diventare una grande opportunità per l’economia globale. Le occasioni di business sono molteplici e riguardano la salute, l’assistenza, l’industria alimentare, la mobilità e il tempo libero e, più in generale, tutti i prodotti e i servizi che rendono migliore la vita degli anziani. L’Inps ha iniziato a investire concretamente in questo settore con il progetto “Spazio blu”, un’iniziativa di senior housing per concepire in modo innovativo la residenzialità degli over 65 autosufficienti. Si tratta di un complesso immobiliare residenziale di circa 300 appartamenti che potrà ospitare non solo anziani, ma anche giovani, coppie e famiglie, con l’intento di creare solidarietà intergenerazionale. Inoltre, all’Istituto è stato affidato il compito di erogare la cosiddetta “prestazione unica”, introdotta in via sperimentale per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 e rivolta agli anziani over 80 non autosufficienti e con un livello di bisogno assistenziale gravissimo.

È indubbio che l’impegno dell’Inps nell’affrontare queste sfide sia fondamentale per garantire una protezione sociale efficace e un benessere duraturo per tutti i cittadini. Per questo, ci auguriamo che le parole del presidente Fava si traducano in fatti concreti e che il sistema di welfare italiano possa essere ripensato con un approccio generativo e inclusivo, per andare incontro ai reali e nuovi bisogni delle persone.

CHI NE HA DIRITTO

I “lavoratori precoci” sono coloro che hanno maturato almeno 12 mesi di lavoro prima del compimento dei 19 anni di età. Possono andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.

PENSIONE ANTICIPATA PRECOCI 2024

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RIFORMA DELLE SANZIONI SULLE IMPOSTE DIRETTE

I principali interventi apportati dal Decreto

Legislativo

n. 87 del 14 giugno scorso

Aseguito di specifiche disposizioni, sancite anche dalla nostra Costituzione, ogni contribuente è chiamato ad adempiere a obblighi tributari, il cui mancato adempimento determina l’applicazione di specifiche sanzioni. Da ultimo, con il Decreto Legislativo 14 giugno 2024, n. 87 (entrato in vigore il 30 giugno 2024), è stata eseguita una revisione del sistema sanzionatorio tributario, dando attuazione al principio di proporzionalità contenuto nell’articolo 20 della Legge delega n. 111/2023. Il Decreto in questione si è interessato di trattare sia le sanzioni penali sia quelle amministrative, con riguardo a tutte le diverse imposte. Nel presente articolo ci interesseremo esclusivamente dei principali interventi in materia di imposte dirette.

L’articolo 2 del Decreto in esame ha modificato il Decreto Legislativo 471/1997 in merito, tra l’altro, alle violazioni relative alla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Il Decreto Legislativo n. 87/2024, con l’articolo 2 lettera a), interviene per ridurre la sanzione nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap). In particolare, il legislatore prevede una sanzione nella misura del 120% dell’ammontare delle imposte dovute (con un minimo di euro 250), in luogo di quella variabile dal 120 al 240% precedentemente prevista. Le sanzioni applicabili, nel caso in cui non siano dovute imposte, possono essere

aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili (contribuenti con la partita Iva).

Se dalla dichiarazione non risultassero imposte dovute, la sanzione applicabile è pari da un minimo di euro 250 ad un massimo di euro 1.000. Inoltre, nuovi importi sanzionatori si applicano se la dichiarazione considerata omessa , è stata successivamente presentata con ritardo. In altre parole, qualora, il contribuente si attivi a presentare la dichiarazione, seppur oltre i 90 giorni, ma entro e non oltre i termini di decadenza dell’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate, e comunque prima che detta attività sia iniziata, trovano applicazione le sanzioni per omesso o tardivo versamento di cui all’articolo 13, comma 1, aumentata al triplo. Se non sono dovute imposte, si applica il comma 1, secondo e terzo periodo.

Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o comunque un’imposta inferiore a

quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa del 70% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, con un minimo di euro 150 (la norma precedente ha stabilito la sanzione dal 90 al 180%). La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.

Per quanto concerne i casi di dichiarazione infedele, la sanzione amministrativa applicabile è stata ridotta nella misura del 70% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, con un minimo di 250 euro (la sanzione precedentemente prevista era variabile dal 90 al 180%). Qualora il contribuente, che ha presentato una dichiarazione infedele (parimenti a quello che l’ha omessa), si attivi per presentare una dichiarazione integrativa per rimuovere l’infedeltà, entro e non oltre i termini di decadenza dell’attività di controllo, e comunque prima che sia iniziata qualunque attività da parte degli uffici, si applica sull’ammontare delle imposte dovute (o delle ritenute non versate nel caso di dichiarazione dei sostituti d’imposta) la specifica sanzione per omesso o tardivo versamento, prevista dall’articolo 13, comma 1, aumentata al doppio. Sono abrogate le vigenti maggiorazioni per sanzioni relative a redditi prodotti all’estero.

Altra modifica è rappresentata dalla riduzione della sanzione per omesso e/o tardivo versamento delle imposte dal 30 al 25%. Il nuovo sistema sanzionatorio si applica alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024.

In tal modo, si ritiene che le disposizioni di favore non debbano trovare applicazione per quelle precedenti seppur constatate successivamente (non si applica il cosiddetto favor rei)

La dichiarazione di successione va presentata dagli eredi entro un anno dalla data del decesso del titolare dei beni. Ti aspettiamo nei nostri uffici per aiutarti con la presentazione della dichiarazione.

50&PiùCaf grazie all’accordo stipulato con il Patronato 50&PiùEnasco offre inoltre assistenza per la pensione di reversibilità.

Turismo

CAPODANNO

Abano Terme

DAL 27 DICEMBRE 2024 AL 3 GENNAIO 2025

Meta turistica da più di 2.000 anni, Abano Terme è il più importante e antico centro termale d’Europa. Le proprietà benefiche delle acque termali di Abano Terme sono conosciute dal VI secolo a.C. La località, benché nota soprattutto per la qualità delle acque termali che la inondano, presenta in realtà davvero tante ricchezze, in principal modo naturalistiche e paesaggistiche, trovandosi circondata dai Colli Euganei che ben si prestano a suggestive escursioni a contatto con la natura. Le città murate di Cittadella, Monselice, Este e Montagnana, sono piccoli borghi che celano grandi misteri a due passi da Abano e facilmente raggiungibili, dove riscoprire un magico passato Medievale che rivive ancora oggi.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE:

(7 notti / 8 giorni)

In camera doppia “Superior” (confortevole e spaziosa, arredata in stile classico comodo e funzionale con vista piscina/parco o colli)

In camera doppia “Standard” (con letto matrimoniale, sempre gradevole, curata e dagli spazi più essenziali)

In camera singola “Comfort” (accogliente e confortevole arredata in stile classico e con vista sul parco piscine)

HOTEL TERME INTERNAZIONALE (4 stelle)

È circondato da un grande parco nel centro di Abano, ideale per chi cerca il comfort di un grande albergo e un centro qualificato per le cure termali. L’Hotel dispone di camere doppie/matrimoniali standard dagli spazi essenziali con balcone oppure di camere doppie/ matrimoniali Superior accoglienti e spaziose con balcone.

A disposizione degli ospiti: ampie piscine termali (35°-33°) a varia profondità, con nuovo massaggio cellulare subacqueo, grotta termale, fangoterapia, balneoterapia, cure inalatorie, oltre a massaggi e trattamenti estetici di ogni tipo.

€ 1.050

€ 980

€ 1.120

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

Le quote comprendono: 7 pernottamenti nella tipologia di camera riservata • Trattamento di pensione completa incluso ¼ vino ed ½ acqua minerale ai pasti (dalla cena del giorno di arrivo al pranzo del giorno di partenza) • Gran Cenone di fine anno con intrattenimento (escluso brindisi di mezzanotte) • Programma di intrattenimenti • Ingresso Spa: uso piscine termali 35°/33° a varia profondità con angolo idromassaggio, percorso vascolare esterno ozonizzato, acquagym, uso della grotta termale, utilizzo della doccia emozionale e della bio-sauna • Collegamento wifi gratuito • Assicurazione bagaglio/sanitaria Unipolsai (polizza annullamento facoltativa a pagamento).

Le quote non comprendono: Trasporti da e per Abano Terme • Escursioni facoltative da prenotare e pagare in loco • Brindisi di mezzanotte, mance, extra personali e tutto quanto non sopra specificato • Noleggio accappatoio • Imposta comunale di soggiorno (se prevista dalle normative vigenti) da saldare in loco • Assicurazione annullamento (facoltativa) euro 20.

N.B.: Per usufruire delle cure termali convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale è necessario presentare l’impegnativa Asl del proprio comune con prescrizione: “ciclo di fangoterapia con bagno terapeutico”.

SETTIMANA BIANCA

Sansicario (To)

Comprensorio della VIALATTEA

DAL 26 GENNAIO AL 2 FEBBRAIO 2025

7 NOTTI / 8 GIORNI

Nel cuore della Vialattea si trova il piccolo e tranquillo villaggio alpino di Sansicario, frazione in quota di Cesana Torinese. La sua posizione privilegiata, al centro di un'area di 400 km, lo rende una base ideale per la tua giornata di sci. Con i suoi 69 impianti di risalita, è il luogo perfetto per trascorrere la “settimana bianca” fra boschi incontaminati e vette maestose.

SISTEMAZIONE ALBERGHIERA

L’Hotel Sansicario Majestic (4 stelle) del gruppo Bluserena, ha un design nuovo e raffinato. È nel cuore delle Alpi, a Sansicario vicino al Sestriere, a 1.700 metri di quota, nel meraviglioso comprensorio sciistico internazionale della Vialattea. L’Hotel Sansicario Majestic è il tuo angolo di tepore ed eleganza tutta nuova di fronte alla vista mozzafiato del monte Chaberton. Ogni spazio all’Hotel Sansicario Majestic è stato rinnovato nel 2023, in uno stile che unisce il calore della tradizione alpina con il design moderno. Ristorazione. L’Hotel Sansicario Majestic offre un accogliente ristorante, con tavoli per singola famiglia assegnati a ogni ingresso al ristorante. La prima colazione è a buffet, pranzo e cena con servizio al tavolo. Per i più piccoli, menu baby servito al tavolo, previa prenotazione del menu durante la cena del giorno precedente. Un accogliente bar è a disposizione degli ospiti. Bimbi e ragazzi. Serenino Club dai 3 ai 10 anni • SerenUp dagli 11 ai 14 anni • Accompagnamento alla scuola sci fino al rientro in Hotel per bimbi e ragazzi • Aiuto nella vestizione per i più piccoli. Intrattenimento. Grande Équipe di animatori • Intrattenimento, spettacoli serali e Dj set • Escursioni • Passeggiate nei boschi con gli animatori. Baby Coccinella. Dotazione in camera di culla, fasciatoio, riduttore WC (su richiesta), scaldabiberon, vaschetta per il bagnetto, set biancheria, Kit Baby con prodotti per la detergenza dei bambini; seggiolone al ristorante. Quota obbligatoria per ogni bimbo tra 0 e 3 anni non compiuti.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (7 notti / 8 giorni)

In camera doppia

In camera doppia uso singola

Quota “Coccinella Baby” 0-3 anni (non compiuti)

Quota 3° letto in camera con 2 adulti (dai 3 anni compiuti)

Polizza Sanitaria e Annullamento Viaggio (facoltativa)

€ 760

€ 1.070

€ 91

€ 370

€ 30

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione

Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Soggiorno di 7 notti in camera doppia prescelta presso il Bluserena Sansicario Majestic • Trattamento di prima colazione e cena (bevande escluseacqua microfiltrata durante il pasto inclusa) • Tessera Club • Assicurazione bagaglio/sanitaria.

La quota non comprende: Trasporti da e per Sansicario • Ingresso alla SPA • Polizza annullamento viaggio facoltativa (€ 30,00) • Bevande non previste, tassa di soggiorno, mance, extra in genere e tutto quanto non specificato.

Turismo

DAL 15 AL 22 FEBBRAIO 2025

CON VOLO DIRETTO DA ROMA FIUMICINO

8 GIORNI / 7 NOTTI

CROCIERA MSC VIRTUOSA

Alla scoperta delle Antille e dei Caraibi

Un’avventura incredibile attraverso i Caraibi con una crociera a bordo dell’elegante MSC Virtuosa. Partendo da Fort de France (Martinica), questo viaggio esclusivo ti porterà alla scoperta di alcune delle isole più affascinanti dei Caraibi, immergendoti in culture vibranti e paesaggi paradisiaci, come Guadalupa, Saint Lucia, Barbados, e l’arcipelago delle isole Grenadine. A bordo della MSC Virtuosa non mancheranno comfort e lusso, ristoranti gourmet, aree relax e intrattenimento, garantendo un’esperienza di viaggio di prima classe. Le giornate in mare saranno altrettanto entusiasmanti, grazie alla vasta gamma di attività disponibili. Per rendere il tuo viaggio più confortevole, oltre all’accompagnatore 50&Più, includiamo nella quota il pacchetto bevande all inclusive easy.

QUOTA INDIVIDUALE IN CABINA DOPPIA INCLUSO: volo andata/ritorno da Roma + trasferimenti da e per l’aeroporto alla nave + pensione completa incluse bevande all inclusive easy

Cabina Interna Deluxe (IR)

Cabina Esterna Deluxe (OR)

Cabina Balcone Deluxe (BR)

Tasse portuali

Assicurazione medico- bagaglio e annullamento viaggio

Quote di servizio (ex mance obbligatorie) da pagare a bordo

€ 2.050

€ 2.240

€ 2.380

€ 180

€ 80

€ 84

Cabine singole e multiple in numero limitato su richiesta

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta in Esperienza Fantastica • Volo andata e ritorno Roma Fiumicino-Fort de France • Trasferimento dall’aeroporto al porto di imbarco e viceversa • Trattamento di pensione completa a bordo: caffè mattutino, prima colazione (colazione in cabina consegna gratuita), pranzo, cena, tè pomeridiani, buffet e sorprese gastronomiche di mezzanotte • Pacchetto bevande all inclusive easy • Utilizzo (non in esclusiva) di tutte le attrezzature della nave: piscine, lettini, palestra, idromassaggio, discoteca, biblioteca • Partecipazione (non in esclusiva) alle attività di animazione di bordo, spettacoli musicali, serate a tema, ecc. • Facchinaggio dei bagagli nei porti di imbarco e sbarco • Mezzi di imbarco e sbarco nei vari scali (non in esclusiva).

La quota non comprende: Tasse portuali (€ 180) • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento viaggio (€ 80) • Quote di servizio (€ 84) • Escursioni ed i tour organizzati

• Servizi di carattere personale • Extra in genere e quanto non espressamente indicato alla voce “La quota comprende”.

UN CAPOLAVORO IN MARE

MSC Virtuosa prende il suo nome dal termine 'virtuoso', che indica eccellenza in qualsiasi campo di attività. Così, MSC Virtuosa è stata nominata per rendere omaggio all’abilità e alla competenza degli architetti di MSC Crociere e dei partner dei cantieri navali di Les Chantiers de l’Atlantique, che hanno progettato e costruito questa classe innovativa di nave.

Itinerario: Martinica - Guadalupa St. Lucia - Barbados Saint Vincent&TheGrenadine - Grenada

Mar dei Caraibi
BRIDGETOWN Barbados

COLOMBIA, GIOIELLO DEL SUD AMERICA

Speciale Carnevale di Barranquilla

| dal 23 febbraio al 6 marzo 2025

La Colombia è il paese più ricco di biodiversità per chilometro quadrato al mondo; questo viaggio ci permetterà di scoprire tutti i suoi meravigliosi paesaggi, dalla selva amazzonica alle vette andine. È un paese da sogno: non solo natura, anche archeologia, storia, cultura. Il Carnevale di Barranquilla è l’evento culturale più importante del paese, il secondo al mondo dopo quello di Rio de Janeiro: un’esplosione di colori, musica e danze. L’espressione più autentica del popolo colombiano in una unione di razze, leggende, allegria “costeña” e divertimento.

1° GIORNO Partenza per Bogotà con volo dall'Italia

2° GIORNO Bogotà - Zipaquirà - Villa de Leyva. Partenza per la visita alla Cattedrale di Sale, unica al mondo nel suo genere, meta di pellegrinaggio dei colombiani. Situata a 160 mt di profondità e una superficie di 8.500 mq. Sosta alla cittadina coloniale di Zipaquirà per ammirare la Piazza circondata dai balconi di legno del periodo ispanico.

3° GIORNO Villa de Leyva - Bogotà - Medellin. Visita al Museo del Fosil che ospita numerosi fossili. A seguire, il Convento del Santo Ecce Homo, fondato nel 1620 dai frati domenicani. Nella cappella si trova un magnifico retablo con una piccola immagine di Ecce Homo. Trasferimento per l’aeroporto di Bogotà.

4° GIORNO: Medellin. Un tempo considerata “infrequentabile”, oggi città elegante, moderna e d’avanguardia. Dal Parque El Poblado, si prosegue con la visita del Cerro Nutibara e del Pueblito Paisa; poi Parque Bolivar e la famosa Plaza Botero. Si continua per la Chiesa della Veracruz, il Parque Berrio fino al Parque di San Antonio e la Comuna 13.

5° GIORNO Escursione a Guatapè e Penõl. Tappa al gigantesco monolite di granito e quarzo alto 220 mt con una fenditura su un fianco che ha permesso di costruire un’imponente scalinata. Si prosegue per Guatapè, un delizioso paese famoso per i coloratissimi zocalos (la fascia bassa delle case).

6° GIORNO Cartagena de Indias. Partenza con il volo di linea per Cartagena. Tempo a disposizione per relax o passeggiate individuali.

7° GIORNO Escursione a Barranquilla. Assisteremo alla “Battalla de Flores”, la sfilata di apertura del Carnevale. Carri allegorici, comparse e gruppi di ballo preceduti dalla carrozza con la Regina che lancia fiori agli spettatori.

8° GIORNO Cartagena de Indias. Cartagena è ricca di cultura, di storia, di fascino e di mistero; è un gioiello a cielo aperto dove si respirano storia e poesia, soprattutto la città vecchia con i suoi palazzi storici e le piazze. Giornata dedicata alla visita della città coloniale.

9° GIORNO Cartagena de Indias: Isole del Rosario. Escursione a una delle Isole del Rosario, arcipelago composto da circa 27 isole di spiaggia bianca e mare cristallino; tempo a disposizione per relax.

10° GIORNO Cartagena de indias - Bogotà. Mattinata a disposizione. Nel pomeriggio volo di linea per Bogotà.

11° GIORNO Bogotà. Bogotà si trova nel centro del paese e ha quasi 8 milioni di abitanti provenienti da tutto il mondo. È una città che riflette le diversità culturali del paese, il suo centro culturale più importante. Visita della capitale. Al termine, trasferimento in aeroporto per la partenza.

12° GIORNO Rientro in Italia

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE minimo 15 partecipanti (10 notti / 12 giorni)

In camera doppia € 3.900

Tasse aeroportuali

€ 600

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Voli di linea da Roma • Sistemazione in Hotel 4-5 stelle locali • Trattamento di pensione completa (bevande escluse) • Trasferimenti con mezzo privato • Visite guidate come da programma • Ingresso al palco del Carnevale di Barranquilla • Guida locale parlante italiano • Accompagnatore 50&Più dall’Italia • Tasse di imbarco per le Isole del Rosario • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento.

La quota non comprende: Tasse aeroportuali ed eventuali tasse locali • Bevande e pasti non previsti • Mance, extra, facchinaggio e tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.

Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare: mail: infoturismo@50epiu.it - tel. 06.6871108/369 oppure la sede provinciale 50&Più di appartenenza (Aut. Reg. 388/87)

Vivere in armonia

ALLE PORTE DELL’INVERNO

«In questo mese il freddo e l’umido è nocivo Fa mestier cautelarsi con buoni abiti e migliori calzature»

Almanacco Barbanera 1887

a cura di

NOVEMBRE

A un passo dal freddo inverno, novembre porta la brina che disegna i suoi meravigliosi merletti nell’orto e nel giardino. Ovattato, introverso, con la nebbia che invade paesaggi e giornate, questo mese ci tiene in casa, al riparo dalle temperature sempre più basse. Intanto il tempo lento chiama alla riflessione e a coltivare gli affetti domestici. Ma poi il calendario entra nel vivo, le atmosfere si fanno allegre e gioiose, tra i riti di sempre e qualche attesa novità. Nei frantoi si fa festa all’olio nuovo, poi nelle cantine si stappa il frizzante vino novello. E mentre al fuoco si arrostiscono le castagne, san Martino riempie i bicchieri di buon rosso, pronto a scaldare il cuore dai rigori del tardo autunno. Imperturbabile, fuori brilla la Luna, pronta a ricordarci di raccogliere e seminare, di proteggere dai rigori di questi giorni severi, piante e ortaggi di stagione. E con la notte che incalza sempre di più il giorno e il sole basso sull’orizzonte, le giornate concedono spazio all’intimità, ad un’allegria lieve e alle belle serate in famiglia.

TEMPO DI TOPINAMBUR

Americano d’origine, ma diffuso da noi da lungo tempo in forma spontanea, il topinambur, Helianthus tuberosus, è anche detto “pero di terra”. Fiorisce in tarda estate, regalando bellissimi fiori gialli simili a piccoli girasoli alti fino a 2 metri. Produce tuberi molto sostanziosi, ricchi di inulina, una molecola nutritiva e assai efficace nel favorire la digestione. Si raccoglie quando gli steli sono secchi, perché il tubero si ingrossa in questa fase. Poi va consumato subito, perché fuori dalla terra non si conserva molto. Ora è anche il momento di interrare i tuberi, con la fase di Luna calante, a file distanti 60-70 cm e a 30 cm l’uno dall’altro. Pianta molto rustica, si adatta a tutti i tipi di terreno, non richiede alcuna cura, non si annaffia e soprattutto non ha nemici.

DA SAPERE. Ha un sapore amarognolo, molto simile a quello del carciofo.

VERDI AMICIZIE. Quasi infestante, è bene piantare il topinambur dove non farà concorrenza ad altri ortaggi. Visto che non chiede attenzioni, starà benissimo anche ai margini dell’orto o del campo.

BUONO A SAPERSI!

Mauro Corona, scrittore, alpinista e scultore, in un suo libro racconta come nella sua infanzia poveris sima il nonno riuscì a far tornare nuovo un paio di vecchi scarpon cini: finalmente poteva giocare con le scarpe e non a piedi nudi! Pro babilmente quegli scarponi erano di cuoio, un materiale che, se ben tenuto, diventa con il tempo sem pre più bello. Borse, scarpe, divani di cuoio vanno puliti regolarmente con acqua mescolata a latte, oppu re con acqua e pochissimo sapone di Marsiglia o, nel caso di macchie specifiche, sfregandoli con trementina. Il cuoio va anche ingrassato, meglio se in ambiente caldo, con prodotti a base di lanolina o con la vaselina gialla, che lo rendono morbido e lo conservano. Importante: usare sempre panni puliti che non graffino.

COLTIVARE CON LA LUNA

’ORTO. L’autunno, anche inoltrato, quello che arriva a lambire l’inverno, è comunque tempo di semine. Che sono ovviamente quelle in serra, o protette, fatte cioè utilizzando cassette o piccoli contenitori da tenere in luogo riparato dal freddo e dalle intemperie. Seminare allora in Luna calante la cicoria, indivia, lattuga e valerianella. Forzare i radicchi, ovvero interrarli lasciando fuori la punta, per l’imbianchimento. Lo stesso fare con i cardi da ‘incartare’ con carta grossa e da legare, sempre per l’imbianchitura. Continuare con le lavorazioni e la concimazione organica intorno alle piante perenni. Con la Luna crescente seminare dal primo di novembre, come tradizione vuole, fave, piselli, aglio e cipolle. Raccogliere cavolfiori, broccoli e finocchi.

NEL GIARDINO. Riparare le piante in vaso che potrebbero venire danneggiate dal freddo intenso e dall’arrivo delle gelate, indipendentemente dalla fase lunare, agrumi compresi. Con la Luna crescente raccogliere per il consumo fresco i limoni maturi, lasciando sulle piante solamente un frutto maturo e quelli verdi. Collocarle in spazi chiusi ma luminosi, oppure al di sotto di ampie tettoie o di piante a foglia persistente. Per le piante, soprattutto sul balcone, la cosa più semplice sarà foderare il vaso con due strati di tela iuta da legare con uno spago. Si può utilizzare anche il tessuto non tessuto. Sempre in Luna crescente terminare la messa a dimora dei bulbi a fioritura primaverile. In Luna calante potare siepi e arbusti a fioritura precoce.

IFIORI E FRUTTI SUL BALCONE

NEL CESTINO DEL MESE

ORTAGGI: bietole, cardi, carote, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cavoli broccolo, cavoli cappuccio, cavoli verza, cicorie, cipolle, fagioli, finocchi, indivie, lattughe, pomodorini, porri, radicchi rossi, rape, sedani, spinaci, valerianella e zucche.

FRUTTA: arance, bergamotti, cachi, castagne, cedri, clementine, kiwi, limoni, mandarini, mele, mele cotogne, nocciole, pere, pompelmi e uva.

AROMI: crescione, maggiorana, prezzemolo, rosmarino e salvia.

DICE IL PROVERBIO

Per san Martino cadono le foglie e si spilla il vino Chi ruba una volta è sempre ladro Per trovare ingiustizie non occorrono lanterne

I COLORI DEL CERATOSTIGMA. Se in giardino, o sul balcone, si hanno punti in cui il sole arriva poco, il Ceratostigma plumbaginoides fa al caso nostro. Piccolo arbusto semi strisciante, rustico e versatile, giunto dalla Cina nel XIX secolo, si impone alla vista per la bellezza del contrasto che nasce nel tardo autunno, tra le foglie che da verdi divengono rosse e i piccoli fiori dal colore blu profondo. Il ceratostigma, infatti, continua a fiorire in autunno, mentre la propagazione si fa in primavera, con la Luna crescente, tramite divisione dei cespi dalle foglie alla radice. In zone con inverni particolarmente rigidi, bisogna ricordarsi di proteggere la pianta con una pacciamatura di foglie e torba.

IL SOLE:

L’1 sorge alle 06:33 e tramonta alle 16:54

L’11 sorge alle 06:45 e tramonta alle 16:42

Il 21 sorge alle 06:58 e tramonta alle 16:34

L’1 si hanno 10 ore e 21 minuti di luce solare

A fine mese 59 minuti di luce in meno

LA LUNA:

L’1 sorge alle 06:27 e tramonta alle 16:37

L’11 tramonta alle 01:00 e sorge alle 14:20

Il 21 tramonta alle 12:19 e sorge alle 22:02

Luna crescente dal 2 al 14. Luna calante dal 16 al 30

Luna Piena il 15. Luna Nuova l’1

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Intervista Artificiale a

ROSA PARKS IL GESTO CHE DIVENNE SCINTILLA DI RIVOLUZIONE

Dialoghi ‘impossibili’ con i più grandi personaggi della storia, realizzati attraverso sistemi di intelligenza artificiale

Signora Parks, è corretto dire che lei ha cambiato per sempre il corso della storia?

La sua affermazione è forse un po’ esagerata, ma la ringrazio. Certamente ho contribuito a un momento di svolta. Il mio gesto è stato una piccola scintilla in un grande fuoco già acceso da tanti altri. Molti altri hanno lottato e sacrificato tanto prima di me e molti altri hanno continuato la lotta dopo. Io sono stata solo una parte di tutto ciò. Quali sono i primi ricordi della sua infanzia che l’hanno porta ta a riflettere sulla giustizia e sull’ingiustizia?

Ricordo la segregazione a Mont gomery, in Alabama, fin da picco la. Vedere i bianchi e i neri separati su autobus, nelle scuole, nei negozi. Era normale, ma non giusto. Ricordo di aver visto mia madre, una donna forte e dignitosa, lottare contro le in giustizie quotidiane, e questo mi ha insegnato molto sulla perseveranza e sul valore della lotta per la giustizia. Ricordo la frustrazione e l’indi gnazione nel vedere che le per sone di colore venivano con siderate cittadini di serie B. Questo ci porta al mo mento più noto del la sua vita, quando

si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus ad un uomo bianco.

Non è stata una decisione presa a tavolino, capisce? Era stanchezza fisica ma soprattutto stanchezza dell’anima. Anni di umiliazioni, di sguardi di disprezzo, di continue dimostrazioni di inferiorità; quel giorno, quella stanchezza si è trasformata in qualcosa di diverso. La mia risposta fu istintiva,

ma radicata in una profonda convinzione di giustizia e uguaglianza. Per quel gesto lei venne arrestata. L’arresto mi lasciò un senso di calma. Stranamente; ero preparata ad affrontare le conseguenze delle mie azioni. Non mi aspettavo l’enorme eco mediatica che ne seguì. Ero solo una persona stanca di subire ingiustizie, non una leader di un movimento. Eppure in quel momento esatto percepii una cosa: la mia azione era diventata un simbolo, qualcosa di più grande di me stessa.

Quale fu la reazione della comunità afroamericana?

Di grande sostegno e solidarietà. La gente si unì per protestare contro l’ingiustizia, dimostrando quanto il desiderio di cambiamento era profondo e diffuso. Sentivo il loro sostegno come una forza che mi dava il coraggio di andare avanti. Non ero sola.

Lei stessa divenne emblema di ribellione e attivista per i diritti civili.

Non mi considero né un’attivista né un simbolo. Lei continua a darmi più importanza di quella che ho. Ma capisco che il mio gesto assunse un significato più ampio.

Lei non ha vissuto abbastanza a lungo per vedere l’elezione di Barak Obama, primo presidente afroamericano.

So che è stato un momento di grande gioia e speranza, un potente simbolo del progresso compiuto nella lotta per i diritti civili.

Un messaggio a chi difende oggi i diritti degli ultimi?

La lotta per la giustizia è un cammino lungo e faticoso, ma ogni piccolo passo, ogni atto di coraggio, conta. La vostra voce è potente, anche un singolo gesto di resistenza può ispirare altri a unirsi alla causa.

Le sedi 50&Più provinciali

Abruzzo Telefono

L’Aquila - viale Corrado IV, 40/F 0862204226

Chieti - via F. Salomone, 67 087164657

Pescara - via Aldo Moro, 1/3 0854313623

Teramo - corso De Michetti, 2 0861252057

Basilicata Telefono

Matera - via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714

Potenza - via Centomani, 11 097122201

Calabria Telefono

Cosenza - viale degli Alimena, 5 098422041

Catanzaro - via Milano, 9 0961721246

Crotone - via Regina Margherita, 28 096221794

Reggio Calabria - via Tenente Panella, 20 0965891543

Vibo Valentia - via Spogliatore snc 096343485

Campania Telefono

Avellino - via Salvatore De Renzi, 28 082538549

Benevento - via delle Puglie, 28 0824313555

Caserta - via Roma, 90 0823326453

Napoli - via Cervantes, 55 int. 14 0812514037

Salerno - via Zammarelli, 12 089227600

Emilia Romagna Telefono

Bologna - via Tiarini, 22/m 0514150680

Forlì - piazzale della Vittoria, 23 054324118

Ferrara - via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211

Modena - via Begarelli, 31 0597364203

Piacenza - strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61

Parma - via Abbeveratoia, 61/A 0521944278

Ravenna - via di Roma, 104 0544515707

Reggio Emilia - viale Timavo, 43 0522708565-553

Rimini - viale Italia, 9/11 0541743202

Friuli Venezia Giulia Telefono

Gorizia - via Vittorio Locchi, 22 048132325

Pordenone - piazzale dei Mutilati, 6 0434549462

Trieste - via Mazzini, 22 0407707340

Udine - viale Duodo, 5 04321850037

Lazio Telefono

Frosinone - via Moro, 481 0775855273

Latina - via dei Volsini, 60 0773611108

Rieti - largo Cairoli, 4 0746483612

Roma - via Cola di Rienzo, 240 0668891796

Viterbo - via Belluno, 39/G 0761341718

Liguria

Telefono

Genova - via XX Settembre, 40/5 010543042

Imperia - via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334

La Spezia - via del Torretto, 57/1 0187731142

Savona - corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582

Lombardia

Mantova - via Valsesia, 46

Telefono

Bergamo - via Borgo Palazzo, 133 0354120126

Brescia - via Trento, 15/R 0303771785

Como - via Bellini, 14 031265361

Cremona - via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715

Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

Lodi - viale Savoia, 7 0371432575

0376288505

Milano - corso Venezia, 47 0276013399

Pavia - via Ticinello, 22 038228411

Sondrio - via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311

Varese - via Valle Venosta, 4 0332342280

Marche Telefono

Ancona - via Alcide De Gasperi, 31 0712075009

Ascoli Piceno - viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102

Macerata - via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

Pesaro - strada delle Marche, 58 0721698224/5

Molise Telefono

Campobasso - via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194

Isernia - via XXIV Maggio, 331 0865411713

Piemonte Telefono

Alba - piazza S. Paolo, 3 0173226611

Alessandria - via Trotti, 46 0131260380

Asti - corso Felice Cavallotti, 37 0141353494

Biella - via Trieste, 15 01530789

Cuneo - via Avogadro, 32 0171604198

Novara - via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232

Torino - via Andrea Massena, 18 011533806

Verbania - via Roma, 29 032352350

Vercelli - via Duchessa Jolanda, 26 0161215344

Puglia Telefono

Bari - piazza Aldo Moro, 28 0805240342

Brindisi - via Appia, 159/B 0831524187

Foggia - via Luigi Miranda, 8 0881723151

Lecce - via Cicolella, 3 0832343923

Taranto - via Giacomo Lacaita, 5 0997796444

Sardegna

Telefono

Cagliari - via Santa Gilla, 6 070280251

Nuoro - galleria Emanuela Loi, 8 0784232804

Oristano - via Sebastiano Mele, 7/G 078373612

Sassari - via Giovanni Pascoli, 59 079243652

Sicilia Telefono

Agrigento - via Imera, 223/C 0922595682

Caltanissetta - via Messina, 84 0934575798

Catania - via Mandrà, 8 095239495

Enna - via Vulturo, 34 093524983

Messina - via Santa Maria Alemanna, 5 090673914

Palermo - via Emerico Amari, 11 091334920

Ragusa - viale del Fante, 10 0932246958

Siracusa - via Eschilo, 11 093165059-415119

Trapani - via Marino Torre, 117 0923547829

Toscana Telefono

Arezzo - via XXV Aprile, 12 0575354292

Carrara - via Don Minzoni, 20/A 058570973-570672

Firenze - via Costantino Nigra, 23-25 055664795

Grosseto - via Tevere, 5/7/9 0564410703

Livorno - via Serristori, 15 0586898276

Lucca - via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170

Pisa - via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30

Prato - via San Jacopo, 20-22-24 057423896

Pistoia - viale Adua, 128 0573991500

Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914

Trentino Alto Adige Telefono

Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032

Trento - via Solteri, 78 0461880408

Umbria Telefono

Perugia - via Settevalli, 320 0755067178

Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152

Valle d’Aosta Telefono

Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981

Veneto Telefono

Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264

Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130

Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267

Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481

Venezia Mestre - viale Ancona, 9 0415316355

Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300

Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

Le sedi 50&Più estere

Argentina Telefono

Buenos Aires

0054 11 45477105

Villa Bosch 0054 9113501-9361

Australia Telefono

Perth 0061 864680197

Belgio Telefono

Bruxelles 0032 25341527

Brasile Telefono

Florianopolis 0055 4832222513

San Paolo 0055 1132591806

Canada Telefono

Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023

Hamilton 001 9053184488

Woodbridge 001 9052660048

Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902

Montreal Saint Leonard 001 5142525041

Ottawa 001 6139634880

St. Catharines 001 9056466555

Toronto 001 4166523759

Germania Telefono

Dusseldorf 0049 21190220201

Portogallo Telefono

Lisbona 00351 914145345

Svizzera Telefono

Lugano 0041 919212050

Uruguay Telefono

Montevideo 0059 825076416

USA Telefono

Fort Lauderdale 001 9546300086

BAZAR

a cura del Centro Studi 50&Più

PREVENZIONE

CANI E DECLINO

COGNITIVO

Vivere con un cane per più di cinque anni rallenterebbe il declino cognitivo tra gli over 65. A notarlo è stata la sociologa Jennifer Applebaum dell’Università della Florida. Secondo la ricercatrice servirebbero però altri studi per capire se sia legato al mix di incremento di attività fisica per portare fuori il cane e riduzione dello stress. Di certo la presenza di un cane diminuisce i livelli di cortisolo con ricadute positive, ma sino ad ora non si erano notate evidenze sul decadimento cognitivo: è forse la naturale capacità dei cani di combattere la depressione in chi vive da solo?

TRANSIZIONE

DEMOGRAFICA

OCCASIONE DI SVILUPPO

Entro il 2070, nell’Ue, i lavoratori nella fascia d’età 55-64 anni passeranno dal 65,4% al 75,5%. Per supportare questa transizione è bene ripensare condizioni e luoghi lavorativi in cui coesistono quattro generazioni: Gen Z, Millennials, Gen X e Boomers. Formazione continua, flessibilità e ambienti inclusivi possono bilanciare l’aumento di lavoratori over 55, generando valore e innovazione. Programmi di mentoring e job rotation, oltre a stimolare l’apprendimento continuo, possono promuovere la motivazione e una cultura del lavoro più dinamica.

Informazioni, curiosità, notizie utili, luogo d’incontro e di scambio

Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

TECNOLOGIA LIBRI

BAZE, LA PIATTAFORMA

CHE TROVA BADANTI

E COLF

Baze è una piattaforma tecnologica in grado di trovare badanti e colf referenziati attraverso l’intelligenza artificiale. Attiva da luglio 2023, ha registrato sinora oltre 6.000 lavoratori attivi nel settore. L’automazione dei processi accelera l’incontro tra domanda e offerta. È prevista persino la possibilità di svolgere videocolloqui in app per conoscersi meglio. I lavoratori che vi aderiscono possono creare e mantenere un curriculum digitale aggiornato e accedere a offerte di lavoro corrispondenti alle loro competenze e preferenze.

BAUMGARTNER

di Paul Auster

Supercoralli Einaudi 2023, pp. 160

Seymour “Sy” Baumgartner è un settantenne professore di filosofia che cerca di convivere con la perdita della moglie, Anna Blume, poetessa e traduttrice. Anche se ormai sono trascorsi dieci anni dalla morte, lui continua ad amarla in modo tenero e senza patetismo. L’ultimo romanzo di Paul Auster, il grande scrittore statunitense scomparso lo scorso maggio, attraverso le piccole esperienze di Baumgartner - un uomo con qualche acciacco e molti ricordi - spinge a riflettere su un intreccio di temi: il lutto, l’amore e la memoria.

INVECCHIAMENTO

IN ITALIA: DOVE SIAMO

E DOVE STIAMO ANDANDO

L’Italia è uno dei paesi più vecchi al mondo, destinato forse a diventare il più vecchio in assoluto. Ma come si misura l’invecchiamento e cosa lo determina? Gli effetti negativi si possono contrastare? Gustavo De Santis - professore di Demografia all’Università di Firenze, esperto di invecchiamento della popolazione - risponde a tali interrogativi in questo podcast, una delle puntate della serie Otto miliardi realizzate per conto dell’associazione Neodemos. www.neodemos.info/2024/01/12/ podcast-invecchiamento-in-italia-dove-siamo-e-dove-stiamo-andando

IL TEMPO RIMASTO

Regia di D. Gaglianone

Italia, 2021, 85 minuti

Il vero protagonista di questo film è il tempo. Lo stesso tempo rimasto nelle pieghe della vita e nei racconti degli anziani che sfilano davanti la cinepresa. Sembrano tornare bambini, giovani, grazie ai ricordi. È come se fossero ancora lì, dove sono stati, ma con un’unica differenza: le rughe sui loro volti. La distanza tra passato e presente quasi si annulla, dà vita ad un confronto fra ieri e oggi, innesca riflessioni sulla vecchiaia. Il risultato è un lungo percorso di ascolto e incontri attraverso l’Italia, in cerca di un mondo che sembra remoto, eppure è incredibilmente presente.

Hai problemi di memoria?

QUESTE COMPRESSE FORNISCONO I NUTRIENTI NECESSARI AL CERVELLO PER AIUTARE LA MEMORIA E LA CONCENTRAZIONE

Quando sei di fretta perdi di vista l’essenziale e arrivi a dimenticarti persino i nomi delle persone. Migliaia di persone sono affette da perdita di memoria legata all’età, ma oggi esistono le compresse naturali Clear Brain™ che ti aiutano a mantenere una buona funzione celebrale.

Una vera innovazione

Clear BrainTM, basato su nutrienti essenziali per il cervello, (noci, melograno, corteccia di pino, vitamine, minerali) aiuta a migliorare le prestazioni mentali e le funzioni cognitive come memoria, attenzione e concentrazione.

I risultati degli scanner sul cervello*

Clear BrainTM è ricco di L-teanina, un aminoacido. Gli scanner mostrano molto chiaramente che l’attività delle onde cerebrali aumenta entro un’ora dall’assunzione della compressa. Nelle zone rosse (attive) notiamo le aree celebrali della memoria e della concentrazione. In confronto possiamo distingue le zone in blu, inattive, nelle persone che hanno assunto un placebo (una compressa senza principio bioattivo).

Noci e cervello

La noce ha un aspetto che ricorda il cervello umano e contiene molti nutrienti essenziali per il corretto funzionamento di questo organo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che il consumo di noci favorisce una buona memoria grazie a una doppia azione di protezione antiossidante e al miglioramento della circolazione sanguigna nel cervello.

*JOURNAL OF MEDICINAL FOOD - J Med Food 14 (4) 2011, 334–343

Clear Brain™ è disponibile in tutte le farmacie

o visita il sito www.newnordic.it

Per maggiori informazioni: 02.89070845 - info@newnordic.it

L’Albero Argento è il logo di New Nordic, è un simbolo di qualità e autenticità riconosciuta da milioni di persone in tutto il mondo

Clear Brain™ 60 compresse - codice 939478400

Clear Brain 120 compresse – codice 976733978

Ho ritrovato fiducia in me stessa

Ruth si sta godendo il suo pensionamento. “Sono sempre riuscita a mantenere il controllo, ma un giorno ho notato che non avevo più le idee chiare. È diventato difficile affrontare la quotidianità. Non ricordavo più dove stavo mettendo le mie cose e stavo perdendo fiducia in me stessa. Ora prendo le compresse di Clear Brain™ ogni giorno”.

Posso godere della compagnia dei miei amici “È molto importante per me mantenermi attiva, affrontare i problemi quotidiani, divertirmi con i miei nipoti, prendermi cura del mio giardino e giocare a carte con i miei vicini. Voglio rimanere attiva senza perdere il controllo o sentimi confusa o stanca. Non sono il tipo di persona che sta seduta tutto il giorno a guardare la TV; voglio uscire e godermi la mia famiglia e i miei amici”.

- Ruth

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