Ottobre 2024

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PRIMO PIANO

Viaggio nelle università italiane dove più generazioni costruiscono il futuro

Statale, privata e telematica: quanto costa studiare tra tasse e affitti I senior scelgono le facoltà umanistiche e ritornano tra i banchi per realizzare un sogno

SOCIALE

Caregiver abbandonati

Marchesi (Uneba)

«Più tutele per chi si prende cura degli altri»

COMMERCIO

L’innovazione passa dalle proposte Confida

Le macchinette automatiche adesso erogano servizi

FESTA DEI NONNI

Concorsi e iniziative con scuole e associazioni

Nell’Italia che celebra gli ‘angeli’ di grandi e piccoli

Poltroncine per la tua indipendenza

Perchè Handicare?

rivenditori autorizzati a due passi da casa vostra

diversi modelli di seggiolini dal design elegante ed ergonomico servizio rapido ed efficiente la più ampia gamma di montascale

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Anno XLVI - n. 10 - ottobre 2024

Sfide e opportunità per i nonni del mondo moderno

Università, dove nascono responsabilità e confronto

In questo numero

Eurostat, l’identikit di chi legge di più

La giornata internazionale degli anziani

Ricoveri del sollievo, un diritto mancato

Macchinette automatiche: non solo caffè

Chi fa pettegolezzi non fa carriera

Storie di animali a lieto fine

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Carlo Sangalli 5

Anna Grazia Concilio 6

Valerio Maria Urru 18

Anna Costalunga 22

Chiara Ludovisi 28

Francesca Cutolo 34

Mario Tolomei 42

Ilaria Romano 78

Pensioni 2025, le ipotesi del governo Maria Silvia Barbieri 84

Il decreto legge Omnibus

Viaggi: Colombia, Antille e Caraibi Settimana bianca e Cinquantennale 50&Più

Alessandra De Feo 86 a cura di 50&Più Turismo 88

Profumo di vendemmia e sapore di olio nuovo a cura di Barbanera 92

38

Speciale mobilità su due ruote

Tra piste ciclabili inadeguate e veicoli per la micromobilità elettrica, le nuove norme del Codice della strada di V.M.Urru, D.Ottavi

Rubriche

43

Viaggio nelle università italiane dove più generazioni costruiscono il futuro di A.G.Concilio, R.Capuano D.Ottavi, A.Giuffrida C.Ludovisi

Il terzo tempo Lidia Ravera 10

Anni possibili

Effetto Terra

Marco Trabucchi 12

Francesca Santolini 14

30

A.Giuffrida

REINVENTARSI A 60 ANNI

Stefano, ex manager d’azienda avvia Geppe Home Restaurant con il desiderio di: «Cucinare con professionalità, come se i clienti fossero miei amici»

PRIMAVERA BENGALESE

Dopo le proteste degli studenti, il premio Nobel per la Pace Yunus guida il paese. Intanto, ogni anno espatriano circa 800mila persone

OLIMPIADI 50&PIÙ

V.M.Urru

Dietro le quinte di Immagina 2024

Oltre 700 partecipanti, tra amicizia musica, cultura, hanno celebrato il trentesimo anniversario dell’evento sportivo dedicato ai senior

C.Caridi

Personaggi

Fausto Russo Alesi: «Il mio lavoro è un viaggio di conoscenza»

di Giulia Bianconi 16

L’angolo della veterinaria

Cultura

Un

comportamento ‘strano’ potrebbe nascondere un’esperienza traumatica

Visar Zhiti, il poeta che ha sfidato il regime comunista 64

George Clooney e Brad Pitt al cinema con Wolfs 66

Il jazz in Italia, tra radici e nuove frontiere 68

Mariangela Vacatello, la passione al servizio della musica 70

Berthe Morisot, il talento femminile dell’Impressionismo 72

La seconda onda, una nuova prospettiva sulla terza età 74

A Saluzzo torna il festival del libro medievale e antico 75

G7 della Cultura a Napoli, il documento programmatico 76

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NUMERO CERTIFICATO 9271 DEL 6/03/2024

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© G. ZUCCHIATTI

SFIDE E OPPORTUNITÀ

PER I NONNI DEL MONDO MODERNO

Ogni anno, il 1° ottobre celebriamo la Giornata Internazionale delle Persone Anziane, istituita dalle Nazioni Unite nel 1990 per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti e il benessere dei senior.

A questa ricorrenza si affianca la Festa dei nonni, che sottolinea il ruolo unico e insostituibile dei nonni e la loro rilevanza sociale.

Entrambi gli appuntamenti, seppure celebrati in modo diverso in varie parti del mondo, ricordano che le per-

GLI ANZIANI

POSSIEDONO UN BAGAGLIO

DI CONOSCENZA

ED ESPERIENZA CHE

NESSUNA INTELLIGENZA

ARTIFICIALE PUÒ SOSTITUIRE

sone anziane sono una risorsa preziosa e insostituibile per la comunità. Tuttavia, il mondo contemporaneo pone i nonni di fronte a una serie di sfide che - nel tempo - diventano sempre più complesse. L’allungamento della vita media, il calo demografico, le nuove tecnologie e le difficoltà economiche sono solo alcuni dei fattori che influenzano la quotidianità delle persone anziane. Famiglie sempre meno numerose e allontanamento di figli e nipoti, anche all’estero, per motivi di studio o di lavoro aumentano i fenomeni di solitudine e isolamento.

mo cedere al pessimismo. In passato, per certi aspetti, le criticità erano ancora maggiori.

Oggi reagire e rispondere a tutte queste sfide è possibile, soprattutto se c’è la volontà di farlo.

Certamente possiamo, anzi dobbiamo, continuare a impegnarci perché la nostra sia una società sempre più inclusiva in cui le differenze diventano un valore aggiunto e non un limite, proprio a partire dall’età. Non affrontare questi problemi o sottovalutarli significa sviluppare una pericolosa miopia politica e sociale. I giovani di oggi nel giro di una manciata di anni saranno gli anziani di domani e le criticità con le quali si confronteranno saranno forse ancora maggiori.

di Carlo Sangalli

Presidente Nazionale 50&Più

Dunque? Innanzitutto occorre compiere ogni sforzo per superare il conflitto generazionale. Gli anziani, come abbiamo visto, hanno molti problemi ma non sono il problema. Anzi, spesso possono far parte della soluzione. A cominciare dall’esperienza e dal bagaglio di conoscenza umana che nessuna intelligenza artificiale può sostituire. E questo, se è vero per il mondo del lavoro lo è ancora di più per quello della famiglia.

Il rapporto e il dialogo tra nonni e nipoti, ad esempio, andrebbe valorizzato e sostenuto proprio per evitare che il delicatissimo processo educativo venga delegato a strumenti tecnologici sempre più sofisticati e invasivi.

Allo stesso modo la rapida diffusione delle tecnologie digitali può allargare il divario generazionale col risultato di escludere tanti senior anche dalla vita e dalla comunità on line. E questo coincide spesso con l’aumento delle difficoltà ad accedere ai servizi legati alla salute e dunque alla prevenzione e alle cure adeguate.

C’è poi da considerare la precarietà economica dovuta sostanzialmente alle pensioni basse, all’aumento delle spese per i servizi e al calo del potere d’acquisto.

Care amiche e cari amici, questi problemi sono il risultato dei tempi che viviamo, della modernità, ma non dobbia-

Ecco perché i senior devono essere considerati un patrimonio da tutelare attraverso la cura della salute e il mantenimento della capacità operativa. Un patrimonio che non va isolato perché può dare ancora molto alla società. Naturalmente se messo nelle condizioni di farlo. Promuovere il dialogo e lo scambio intergenerazionale arricchisce tutti perché mette ognuno di noi nelle condizioni di dare il meglio di sé per il bene nostro e quello delle future generazioni.

Non è un caso che la riflessione in queste righe metta insieme i due appuntamenti di ottobre: investiamo nelle relazioni per il bene di tutta la comunità.

UNIVERSITÀ, DOVE NASCONO RESPONSABILITÀ E CONFRONTO

Per molti rappresenta il trampolino di lancio verso un futuro radioso, uno spazio dove coltivare sogni, stringere amicizie che durano tutta la vita e acquisire competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro. Per altri, una tappa obbligata che affrontano condizionati da fattori esterni, dalla famiglia, dai modelli e dagli stereotipi che la società impone. L’università può essere tutto questo e anche il suo contrario, perché molto dipende dall’entusiasmo, dalla volontà e dalla determinazione: ma tutto dipende dalla libertà di essere e di scegliere. L’università viene presentata, spesso, come una fabbrica dei sogni, un luogo dove ogni desiderio può prendere forma. I genitori, spesso, con le migliori intenzioni, proiettano sui figli un desiderio di riscatto, un’ambizione, spingendoli verso facoltà prestigiose che possano favorire carriere remunerative. Gli studenti, a loro volta, vedono nel titolo di studio l’unica chiave per il successo. Ma siamo sicuri che questa sia l’unica realtà possibile? L’università non è una garanzia di felicità né un passaporto per il mondo del lavoro. Anzi, può trasformarsi in una incubatrice di ansie e frustrazioni. Le lezioni noiose, gli esami stressanti, la competizione con i compagni: sono solo alcuni degli ingredienti di un cocktail che rischia di inebriare

e disorientare i giovani. Senza tediare i lettori, è doveroso ricordare come il timore di non essere all’altezza e l’angoscia di deludere gli altri abbiano portato a epiloghi anche tragici: secondo l’Istat, il 5% dei 4.000 suicidi annui in Italia è rappresentato proprio dalla fascia dei giovani d’età inferiore ai 24 anni. Frequentare l’università, dicevamo, non equivale ad assicurarsi il successo nel mondo del lavoro - e di questo siamo assolutamente certi - ma rimane un’esperienza fondamentale per la crescita personale e intellettuale. Perché l’università è un luogo dove si impara a pensare in modo critico, a confrontarsi con idee diverse e a sviluppare le proprie capacità. E questo avviene anche perché frequentare l’università non significa solo sedersi tra i banchi, ascoltare la lezione e prepararsi al meglio per un altro esame da ‘mettere sul libretto’, per usare un’espressione cara ai giovani. Significa anche acquisire la responsabilità e la consapevolezza di intraprendere un percorso che dipende esclusivamente da chi lo avvia. Significa partecipare a eventi e iniziative, entrare a far parte dell’associazionismo, ascoltare le istanze degli altri studenti, vivere il campus e diventare - perché no - megafono di altre voci, fino a intervenire nelle politiche

strutturali e dare risposte. È qui che si costruisce la propria identità e si gettano le basi per un futuro, magari non sempre roseo, certo, ma sicuramente più consapevole e autentico. Allora, cosa possiamo fare per smontare alcuni dei luoghi comuni sull’università e aiutare i giovani a fare scelte più consapevoli? Innanzitutto, è fondamentale sfatare il mito del successo garantito. L’università non è un percorso lineare e privo di ostacoli. Ci saranno momenti di difficoltà, di scoraggiamento e di incertezza. Ma è proprio attraverso queste esperienze che si impara a crescere e a maturare.

È importante invitare i giovani a riflettere sulle proprie passioni e i propri interessi. Scegliere una facoltà solo perché è considerata prestigiosa è un errore che si paga, e a caro prezzo. Seguire il proprio cuore e costruire un percorso di studi che sia in linea con le proprie aspirazioni è fondamentale. L’università è solo una delle tante tappe della vita, è un’esperienza complessa e articolata, che può regalare grandi soddisfazioni ma anche generare molte perplessità. Sta a noi, come individui e come società, creare un ambiente più accogliente e meno pressante, dove i giovani possano sentirsi liberi di esprimere loro stessi e costruire il proprio futuro.

Il battito segreto delle parole

L’ARTE FONETICA È LA MAGIA

DEL SUONO NEL LINGUAGGIO UMANO

STUDIA COME PRODUCIAMO

PERCEPIAMO E DISTINGUIAMO I FONEMI

LE MINUSCOLE SCINTILLE SONORE

CHE DANNO VITA ALLE PAROLE

LA FORMA DELL’ONDA SONORA VOCALE NELL’ALFABETO

Il terzo tempo

LA MIA VITA DALLA CHIESA AL PARTITO SEMPRE IN CERCA DI RISPOSTE

di Lidia Ravera

In questi tristi tempi di guerre infinite, di paci impossibili, penso spesso alla morte. E tutte le volte che mi interrogo sulla morte, penso alla religione, alla favola meravigliosa dell’aldilà, del Paradiso, della certezza di incontrarsi lontano da questo mondo, in un’altra dimensione. Penso che essere credenti sia un vero privilegio.

C’è una frase che dico sempre, tutte le volte che si cade su questo argomento: «La fede non la compri al mercato. È un dono. O ce l’hai o non ce l’hai. Questo dono io non l’ho ricevuto». Il mio rapporto con la fede è un rapporto fatto di assenze e di grandi dubbi. Di malcelate certezze. Io mi sono sempre considerata agnostica. L’unica forma di spiritualità a cui mi sento vicina è il buddismo. Ma quella è una filosofia, non una religione.

Un giorno una amica cattolica mi ha chiesto: «Lidia, i tuoi genitori erano credenti?».

Le ho risposto sinceramente: «Sai che non l’ho mai capito? Comunque direi di no. Mio padre in chiesa non ci veniva. Mia madre ci portava in chiesa

per conformarsi alle regole della religione cattolica, come tante persone della sua generazione, in quell’Italia che non c’è più».

Ci sono andata fino a dieci, undici anni, in chiesa. Le donne portavano i figli a messa per convenzione e dunque anche io ci andavo, però sono cresciuta senza una vera e propria educazione religiosa. Sono stata battezzata. Ho fatto la prima comunione e anche la cresima, anche se non ho capito bene a che cosa serviva. Dicevano che diventavo soldato di Cristo e io mi chiedevo che cosa avrebbe comportato. Un ritorno alle Crociate? Neanche oggi, se ci penso, so darmi una risposta. Ricordo bene il vestito bianco lungo con il velo, il cappellino di mia zia, comprato per l’occasione. Già alle elementari mi chiedevo se Dio esistesse o meno. Un giorno lo chiesi anche a mia madre. Lei rispose: «Sei troppo piccola per pensare a queste cose». Ci rimasi male. Nessuno capiva, all’epoca, che i bambini hanno pensieri profondi, tutt’altro che superficiali. A 11 anni, poi, lessi L’idiota, il capolavoro di Dostoevskij. Lì sentii molto

Credevo nella politica e in parole come giustizia, libertà uguaglianza

Non volevo cedere a sentimenti tossici come invidia, possesso e competizione

forte il richiamo della spiritualità, il principe Myshkin, il protagonista, era un uomo quasi perfettamente buono. Un romanzo che volli leggere a tutti i costi. Anche se mio padre, era convinto fossi troppo piccola per dei testi così impegnativi, mi appassionò. Verso i 12 anni seguii con fervore il breve periodo religioso di mia sorella maggiore: voleva aiutare i poveri, facendo le questua domenicale davanti alle porta del cimitero. Con una sacchetta di velluto rosso, cercava di raccogliere qualche spicciolo. Tutta la famiglia andava al cimitero per accompagnarla. L’aspettavamo in macchina. Fuori c’era il gelo. Gli inverni a Torino erano freddissimi all’epoca. Io le portavo un thermos con il tè bollente. E la ammiravo. I miei genitori sembravano, in qualche modo, divertiti. Io ero fiera della sua decisione di darsi da fare per i poveri.

E poi cosa accadde?

Accadde che i poveri diventarono la classe operaia, e la religione fu soppiantata dal comunismo.

Mia sorella entrò nel partito comunista e io, a 14 anni, nella federazione giovanile.

In fondo tra quello che diceva il Pci e quello che predicavano i sacerdoti non vedevo tanta differenza. I principi erano gli stessi: la solidarietà, l’uguaglianza, l’aiuto ai più poveri, l’amore per il prossimo. Era semplicemente un’altra fede. Noi difendevamo la classe operaia, sposavamo la lotta di classe. E così, mia sorella, che persi quan-

do aveva soltanto 46 anni per un tumore, passò dalla questua per i poveri, alla cellula universitaria del Partito comunista italiano. Anche lì regalava il suo tempo, la sua intelligenza, il suo impegno.

Del resto: molti dicono che il primo comunista della storia è stato Gesù. Per me il comunismo era spiritualità, qualcosa che trascendeva i piccoli egoismi quotidiani. Credevo nella politica e in parole come giustizia, libertà, uguaglianza. Non volevo cedere a sentimenti tossici come l’invidia, il possesso, la competizione sfrenata. Poi mi sono allontanata anche da quella fede. Ho visto i crimini del comunismo realizzato in Unione Sovietica, ho visto disordinarsi le fila del comunismo italiano.

Adesso, arrivata verso la fine della mia vita, vivo come la maggior parte della popolazione, nella delusione e nel disincanto, diffido di ogni posizione politica, cerco la verità dietro ogni slogan. Non ho perso la speranza che sia possibile un mondo migliore, ma non lo so più descrivere o forse immaginare. Se mia madre fosse ancora viva, se io fossi ancora piccola, le chiederei: “secondo te, si può vivere senza la certezza di essere ogni giorno migliore del giorno precedente? Si può ancora sognare e imparare, si può ancora aderire a qualcosa che non sia un tuo desiderio privato, una ambizione personale?”.

Al posto di mia madre, che non c’è più, potete provare a rispondermi voi?

Per scrivere a Lidia Ravera

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PARLIAMONE

Anni possibili

LA CHIAVE PER UNA VECCHIAIA SERENA E INDIPENDENTE

Una delle aspirazioni più diffuse tra le persone anziane è la possibilità di vivere nella propria casa, anche quando le condizioni di salute non sono più ottimali e vi è l’esigenza di essere aiutati, sia sul piano delle cure mediche sia su quello del supporto nelle faccende dalla vita quotidiana.

Il desiderio di non abbandonare il proprio nido fa parte della natura stessa di ogni cittadino, perché le radici sono, e non solo metaforicamente, elementi che aiutano a vivere. Radici che garantiscono relazioni del passato e del presente, un ambiente sociale che è l’antidoto alla solitudine, il riconoscersi nelle piccole cose

che hanno accompagnato la propria storia, che la casa conserva, la gioia di vedere sempre lo stesso scenario, naturale o urbano, alla mattina al risveglio, gioia che significa continuità, vita. Peraltro, sono ben noti gli studi che dimostrano come le relazioni sono un fattore di lunga vita; alcune indagini longitudinali hanno confermato il valore del contatto umano, della possibilità di scambio delle storie della propria vita come fattori di lunga vita. Di fatto, quindi, oggi vi sono le condizioni soggettive, collegate alla vita degli anziani, e quelle oggettive della scienza a confermare l’opportunità che la vita si svolga nella propria casa anche in età avanzata, purché le condizioni organizzative lo permettano, assieme con lo stato di salute oggettivo della persona. Partendo da queste considerazioni, si deduce che è responsabilità primaria delle comunità mettere in atto azioni e servizi perché il desiderio dell’anziano si realizzi. È responsabilità di ogni aggregazione garantire il diritto alla propria casa, condizione direttamen-

te collegata al diritto di cittadinanza. Oltre al diritto delle persone anziane, queste considerazioni fanno meditare sul valore della casa per le persone di ogni età e di ogni censo, perché la costruzione di un nido è, oltre ad un importante fattore di stabilità sociale, il modo per avere cura di sé, il primo passo per proteggere la propria salute. Partendo da queste valutazioni si può con certezza affermare che è possibile costruire un mondo dove l’anziano possa vivere nel proprio nido il più a lungo possibile. Non un mondo teorico, ma una realtà che prevede di portare all’interno del nido alcuni servizi che garantiscono atti di cura sufficienti per permettere la perma-

Il desiderio di non abbandonare il proprio nido fa parte della natura di ogni cittadino, le radici sono elementi che aiutano a vivere

nenza a casa. L’insieme di questi servizi è definito assistenza domiciliare, cioè il portare nella casa dei cittadini competenze cliniche e assistenziali che permettano di mantenere un buon equilibrio della salute, con la conseguente possibilità di non doversi trasferire in luoghi dove questi servizi vengono adeguatamente forniti, ma che sono diversi dal proprio nido. Oggi la ricerca scientifica sull’organizzazione dell’assistenza all’anziano ha ampiamente dimostrato che anche persone molto anziane e fragili possono ritardare, e in molti casi, cancellare il ricorso a strutture residenziali. Perché, però, questa soluzione produca davvero la possibilità di ridurre i rischi per l’anziano, rischi oggettivi, ma che producono ansia e paure, che inducono a ricorrere alle cosiddette Rsa (o altre soluzioni residenziali) è necessario che l’assistenza domiciliare rispetti alcune regole e non sia solo, come purtroppo accade ancor oggi in alcune situazioni, un simulacro che serve a poco. Riassumo schematicamente alcune regole per permettere al

cittadino di capire se i servizi che riceve sono adeguati alle sue esigenze: - costruzione di un programma specifico di cure per ogni persona, prevedendo interventi coordinati, scadenzati nel tempo e periodicamente controllati rispetto ai risultati che si devono raggiungere per garantire la salute dell’anziano (o quantomeno garantire un equilibrio che eviti un peggioramento della sofferenza e del disagio); - organizzazione di interventi coordinati, cioè garantendo che quelli clinici (diagnosi delle malattie, interventi farmacologici e non, guarigione o stabilizzazione della condizione di salute) siano in linea con quelli assistenziali (alimentazione, igiene, eventuali attività riabilitative, controllo della cute, ecc.), mantenendo sempre un’attenzione al tono dell’umore e all’insieme di dinamiche che portano a definire la vita di qualità; - accompagnamento nel tempo dell’anziano, con attenzione mirata alle sue esigenze, garantendogli supporto psicologico nelle eventuali crisi, e la costante presenza per evitare che la solitudine possa rendere triste e vuota la sua vita (condizioni che spesso sono l’anticamera di una malattia). Sembrano regole semplici e di facile attuazione; l’esperienza però ci insegna che per onorarle è necessario un grande coinvolgimento umano, una forte formazione degli operatori, investimenti economici, ma soprattutto la determinazione della comunità a porre la vita dell’anziano nella casa al centro dei propri obiettivi.

PARLIAMONE

Per scrivere a Marco Trabucchi

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IL SEGRETO DELLA LONGEVITÀ È SCRITTO NEL VERDE

Achi non piacerebbe aggiungere due anni e mezzo alla propria vita: quasi mille giorni in più. È esattamente quello che succede alla longevità umana quando il nostro corpo e la nostra esistenza sono esposti agli spazi naturali.

A metterlo nero su bianco è una ricerca condotta dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine e pubblicata sulla rivista scientifica Science Advance. Si tratta del primo studio che è riuscito a calcolare in modo così preciso l’impatto sulla salute di chi vive più a contatto con la natura.

Ormai sappiamo che accanto all’età anagrafica esiste anche un’età biologica, quella che realmente rispecchia di quanto il nostro corpo stia invecchiando. Il nostro “orologio biologico” dipende da tanti fattori: cosa mangiamo, quanto movimento facciamo, come dormiamo.

Oggi grazie a questa ricerca abbiamo scoperto che esiste anche un altro fattore che determina la nostra longevità e influisce sul nostro organismo, e cioè quanto verde abbiamo intorno.

I ricercatori hanno analizzato l’esposizione sul lungo periodo a spazi verdi, e come questa influenzi l’invecchiamento biologico, di oltre 900 persone in quattro città degli Stati Uniti. Secondo lo studio, il fatto di vivere più a contatto con la natura ha effetti molecolari e biologici che possono essere rintracciati nel nostro sangue. «La natura ti entra sotto la pelle», hanno dichiarato gli scienziati in un’intervista al Washington Post. Ed è una bella notizia: la natura come medicina contro l’invecchiamento, uno scudo contro lo scorrere del tempo.

Per indagare la relazione tra l’esposizione prolungata agli spazi naturali e l’invecchiamento, i ricercatori hanno

Gli scienziati hanno dichiarato che «La natura ti entra sotto la pelle». Ed è una bella notizia perché può essere vista come una medicina contro l’invecchiamento

confrontato i cambiamenti biologici legati all’età dei partecipanti, in un periodo lungo più di vent’anni. Analizzando il Dna del sangue, hanno misurato l’età biologica a livello molecolare, osservando piccoli cambiamenti nel funzionamento dei geni coinvolti

nel processo di invecchiamento. L’età biologica, che può accelerare o rallentare a seconda dello stile di vita, può incidere sulla probabilità di sviluppare malattie legate all’età come il cancro, le malattie cardiovascolari o l’Alzheimer. Tuttavia, sottolinea lo studio, non conta solo il nostro stile di vita, ma anche l’ambiente in cui si vive. Insomma, questo studio aggiunge una nuova dimensione alla comprensione dei benefici della natura, spiegando come gli spazi verdi possano modificare l’espressione dei geni e dimostrando come la vita in aree più verdi possa portare a cambiamenti fondamentali nei biomarcatori dell’invecchiamento. Nonostante i risultati promettenti, lo studio lascia

alcune domande aperte. I ricercatori hanno utilizzato immagini satellitari per valutare gli spazi verdi e identificare i principali parchi nelle vicinanze delle case dei partecipanti, ma questo metodo non fornisce dettagli sul tipo di spazio verde: si potrebbe trattare di un campo da golf come di una foresta. E invece conoscere i dettagli degli spazi verdi e delle attività svolte in essi, è cruciale. Inoltre, lo studio ha evidenziato differenze nel ritmo di invecchiamento biologico a seconda del genere e dello status sociale.

Gli esperti suggeriscono che sono necessari ulteriori approfondimenti per capire meglio come le persone possano beneficiare degli spazi verdi e quali altri fattori sociali possano influire. Nel frattempo però i risultati dello studio dovrebbero spingere le persone a considerare l’ambiente in cui vivono come elemento essenziale per una vita sana e magari mobilitarsi affinché i decisori politici integrino la natura come un elemento fondamentale della vita quotidiana. Tra siccità, ondate di calore e inquinamento atmosferico, mai come oggi è fondamentale iniziare a considerare gli spazi verdi come una sorta di infrastruttura sanitaria pubblica, al pari dei sistemi fognari e della raccolta dei rifiuti. In ballo non c’è solo la nostra vita, ma anche, come abbiamo visto, la nostra aspettativa di vita.

Per scrivere a Francesca Santolini

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PARLIAMONE

FAUSTO RUSSO ALESI

«IL MIO LAVORO È UN VIAGGIO

DI CONOSCENZA»

Dalla Mostra del Cinema di Venezia al prossimo progetto teatrale l’attore ripercorre le tappe della sua carriera sotto la guida di grandi maestri

L81esima Mostra del cinema di Venezia per Fausto Russo Alesi è stata «un’edizione intensa». Tra gli interpreti del film in concorso su Matteo Messina Denaro, Iddu di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, nei cinema dal 10 ottobre con 01, l’attore era anche della miniserie di Sergio Rubini, Leopardi. Il poeta dell’infinito, presentata in anteprima al Lido e in onda su Rai 1 il 16 e il 17 dicembre. Infine, protagonista del cortometraggio di Marco Bellocchio, realizzato con gli allievi della scuola di cinema di Bobbio, Se posso permettermi. Capitolo II, con il quale ha un sodalizio che dura ormai da quasi diciotto anni. «Lo considero un maestro. Gli devo tutto, per il mio percorso nel mondo del cinema».

Russo Alesi, il suo Fausto del corto, è un uomo circondato da libri e cultura che oggi sembrano avere un peso sempre meno rilevante nel nostro paese.

Per lui quei testi sono un nutrimento continuo. Non si può fare a meno dei grandi capolavori o dei grandi autori. I letterati hanno raccontato tutto dell’essere umano, le pulsioni, le storture, le relazioni. L’aspetto bellissimo di questo personaggio è che la sua dedizione, la sua curiosità

di Giulia Bianconi

è tutta in quei libri che per molti dovrebbero andare solo al macero. Ha un candore invidiabile.

Con Bellocchio lei ha un sodalizio lungo e duraturo.

Il primo incontro è stato proprio a Bobbio per un cortometraggio, La media matematica, rientrato poi in Sorelle mai. Il primo film insieme è stato Vincere. Il rapporto con Marco è cresciuto e si è sviluppato nel tempo in maniera imprevedibile, misteriosa e naturale. Lui cerca sempre di costruire continuità e legami nel suo cinema, dove ci sono delle presenze ricorrenti. Io mi ritengo fortunatissimo ogni volta che lavoro con lui. Ho interpretato Giovanni Falcone ne Il traditore e Francesco Cossiga in Esterno notte. Personaggi che non mi somigliavano fisicamente, ma che lui aveva visto vicini a me umanamente.

In Iddu, invece, è il colonnello Emilio Schiavon, un uomo ambiguo a capo di un team dei Servizi Segreti che vuole incastrare Matteo Messina Denaro.

Tutti i personaggi di questo film (nel cast Elio Germano, Toni Servillo e Antonia Truppo, ndr) si muovono in maniera sfuggente e ambigua. Tutti indossano una maschera, pur di ottenere ciò che vogliono. E questo, al di là del fenomeno criminale, è qualcosa che appartiene all’essere umano, certo in maniera differente in ciascuno di noi. Ho trovato la sceneggiatura di Iddu potente e metaforica. Ciò che crediamo distante da noi, in realtà in parte ci appartiene. La cronaca ci mostra quanto l’orrore sia accanto a noi, in continuazione, e che ci può somigliare, come diceva anche Falcone. Questa è una storia che pone delle domande, che ci parla di esseri umani dai molteplici aspetti e pulsioni, fatti di non detti e segreti. Questo è il motivo per cui fa l’attore?

Per me questo lavoro è un viaggio di conoscenza, che si basa su collaborazione, confronto e dialogo. È la pos-

sibilità di raccontare storie anche del passato che ci facciano porre nuovi interrogativi nel presente.

Pietro Giordani, che interpreta nella miniserie su Leopardi, è un personaggio che apre a delle riflessioni importanti.

Coinvolto dalla passione di Sergio Rubini, che ha raccontato un Leopardi positivo e che ha fame di vita, mi sono

appassionato a questo personaggio bellissimo proprio per le parole che risuonano forti anche nel nostro presente. Come se fosse un secondo padre, senza volerlo però ingabbiare, Giordani ha riconosciuto in Leopardi il genio e il talento, e ha fatto di tutto affinché lui potesse liberarsi nel mondo al massimo delle sue potenzialità. In questo i maestri sono fondamentali. Ti insegnano a guardare di fronte a te con libertà e senza paura di affermare ciò che sei. Lei che maestri ha avuto nel suo percorso artistico?

Sicuramente Bellocchio è uno di questi. Gli devo tutto, per il mio viaggio nel mondo del cinema. A teatro ho avuto

grandi maestri come Gabriele Vacis e Luca Ronconi. Lo sono stati Eimuntas Nekrošius o Peter Stein, anche se ho lavorato con entrambi solo una volta. Tornerà presto a teatro?

Riprenderò a marzo, per il terzo anno consecutivo, L’arte della commedia di Eduardo De Filippo, di cui ho curato adattamento e regia. È un atto d’amore nei confronti dell’arte e del teatro. Un testo sorprendentemente attuale, che sembra scritto oggi, e anche politico. Ci fa domandare quanto sia necessaria l’arte libera da censure, che si può esprimere in tutte le sue potenzialità, e quanto la nostra società debba sostenerla e non ne possa fare a meno.

In alto, Fausto Russo Alesi alla Biennale di Venezia 2024. Sopra, con Edoardo Leo e Barbara Ronchi in una scena del cortometraggio Se posso permettermi. Capitolo II Nella pagina precedente, nei panni del colonnello Schiavon sul set del film Iddu

GIOVANE E DONNA L’IDENTIKIT

DI CHI LEGGE DI PIÙ

Il nostro paese in fondo alla classifica Eurostat. Intanto si avvicina la nomina della Capitale Italiana del Libro e a candidarsi sono soprattutto città del Centro-Sud

Nei bambini stimola la curiosità e sviluppa l’immaginazione, con essa gli adolescenti possono costruire la loro identità e comprendere le emozioni. Tra gli adulti ha il potere di mantenere la mente attiva e di ridurre lo stress, per gli anziani è un valido aiuto per prevenire la perdita di memoria e favorire il benessere psicologico. La lettura, dunque, è una vera e propria terapia. Senza controindicazioni ed effetti collaterali. Semmai può aggiungere anni alla vita, perché - come scriveva Umberto Eco - “chi non legge a settant’anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Con buona pace del compianto Eco, però, gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2022 sulla lettura non sono lusinghieri. Secondo le statistiche, il 52,8%poco più della metà della popolazione dell’Unione europea dai 16 anni in su - ha dichiarato di aver letto libri nei dodici mesi precedenti l’indagine.

Con il crescere dell’età, inoltre, i lettori calano. In testa con il 60,1% c’è la fascia compresa tra 16 e i 29 anni, che concretizza un certo distacco rispetto al 53,5% della classe d’età tra i 30 e i 54 anni, al 52,6% di quella tra i 55 e i 64 e al 47,2% di quella dai 65 in su.

Se si considera il genere, il primato della lettura nell’Ue resta saldo nelle mani delle donne: legge il 60,5% di queste contro il 44,5% degli uomini. Ma il prevalere delle quote rosa si riflette anche sul ‘numero’ di libri letti: si attesta a meno di 5 libri il 28,8% delle donne contro il 24,8% degli uomini; sono il 14,3%, invece, quelle che leggono tra 5 e 9 libri contro il 9,8% degli uomini, mentre - e qui lo stacco è più netto - è il 17,4% delle donne contro il 9,9% degli uomini a leggere 10 o più libri.

I cittadini del Nord Europa confermano la loro fama di lettori ‘onnivori’ e ai primi posti troviamo Lussemburgo (75,2%), Danimarca (72,1%) ed Estonia (70,7%). Seguono Svezia, Finlandia, Olanda, Irlanda. Molto dopo, verso il fondo della classifica, c’è l’Italia: terzultima, con solo il 35,4% degli intervistati che ha dichiarato - nei dodici mesi precedenti l’indagine - di aver letto libri. Peggio di noi hanno fatto solo Cipro e Romania.

Siamo un popolo di santi, poeti e navigatori, ma non di lettori. Una condizione che stride con l’attesa di conoscere il nome della città che nel

2025 sarà la Capitale Italiana del Libro. Istituito nel 2020 dal ministero della Cultura, il titolo è stato conferito in passato a Chiari (2020), Vibo Valentia (2021), Ivrea (2022), Genova (2023) e Taurianova (2024). Per il 2025 sono venti le città candidate, ognuna con progetti per promuovere la lettura e valorizzare la cultura del libro. La maggior parte delle realtà candidate - quindici - è del Centro-Sud Italia. Si tratta di Benevento, Butera (Cl), Casalnuovo di Napoli (Na), Castel Bolognese (Ra), Chioggia (Ve), Cuneo, Gallipoli (Le), Grottaferrata (Rm), Ischia (Na), La-

tina, Macchiagodena (Is), Mantova, Mercogliano (Av), Mistretta (Me), Palombara Sabina (Rm), Sant’Andrea di Conza (Av), Sorrento (Na), Subiaco (Rm), Terni e Velletri (Rm). Dopo un’altra scrematura, a fine novembre conosceremo la città scelta da una giuria composta da esperti nel settore dell’editoria e della cultura. Chi vince riceverà un contributo di cinquecentomila euro per realizzare progetti, appuntamenti ed eventi culturali legati al libro e alla lettura. E, soprattutto, per riaccendere l’amore e il piacere di leggere nel cuore e nella mente degli italiani.

In Nord Europa i lettori sono onnivori più pigri quelli di Cipro e Romania

Ricorrenze

La Giornata internazionale degli anziani del 1º ottobre è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1990 per accrescere la consapevolezza sui temi dell’anzianità e incoraggiare lo sviluppo di politiche sociali a supporto di un invecchiamento attivo e in salute.

“Invecchiare con dignità”
è il focus della 34ª edizione della ricorrenza nata per tutelare i diritti dei senior di tutto il mondo

Dignità, benessere, diritti e inclusione sono le parole chiave alla base dei programmi dell’evento che ogni anno si focalizza su uno specifico aspetto. La tendenza globale dell’invecchiamento della popolazione sta trasformando la società. L’aspettativa di vita alla nascita - sono le Nazioni Unite a dirlo - supera ad oggi i 75 anni in metà dei paesi del mondo, 25 anni in più rispetto al 1950. Si prevede che, entro il 2030, le persone anziane supereranno di numero i giovani a livello globale, con una crescita più rapida nei paesi in via di sviluppo. Il cambiamento demografico ha mutato il panorama dell’assistenza, dando vita ad un’ampia gamma di esigenze di supporto, retribuito e non. Con l’invecchiamento della popolazione la domanda di servizi sanitari, assistenziali e di sostegno sociale è di fatto cresciuta notevolmente, in particolare per le persone con condizioni come la demenza, una delle principali cause di dipendenza dall’assistenza e disabilità in età avanzata in tutto il mondo. Riconoscendo in ciò nuove sfide e opportunità, questa edizione della Giornata si concentra sul tema “Invecchiare con

dignità: l’importanza di rafforzare i sistemi di assistenza e sostegno per gli anziani di tutto il mondo”. Gli organizzatori focalizzano l’interesse sulla necessità di ampliare la formazione in campi come la geriatria e la gerontologia, di affrontare la carenza globale di operatori sanitari e di riconoscere il contributo dei caregiver. A tal proposito sottolineano l’importanza di difendere i diritti umani sia dei caregiver che degli assistiti, promuovendo un approccio centrato sulla persona nel rispetto della dignità, dei bisogni e della privacy, e non ultimo del diritto di questa a decidere autonomamente sull’assistenza e sulla qualità della propria vita. È necessario tenere presente, sottolineano le Nazioni Unite, che l’anzianità non è una condizione univoca: le persone anziane costituiscono un gruppo eterogeneo con esigenze di salute diverse, che richiedono approcci diversi e livelli di assistenza e supporto differenti.

Al di là degli impegni ‘ufficiali’, però - ricorda l’Onu - ciascun cittadino può offrire il proprio contributo. Alcuni esempi: sostenere le iniziative che tutelano il benessere e i diritti degli over; attivarsi nel volontariato offrendo il proprio tempo per assistere gli anziani della comunità; usare i mezzi a disposizione - primi fra tutti i social - per condividere informazioni sull’importanza di questa giornata, sulle proposte e sui risultati raggiunti.

Ricorrenze

2 OTTOBRE LA FESTA DI TUTTI I NONNI DEL MONDO

Il 2 ottobre gli oltre 12 milioni di nonni italiani hanno ottimi motivi per festeggiare: è il giorno che ufficialmente ricorda il loro impegno, affetto e sostegno (anche economico) nei confronti della famiglia. Il calo della fecondità e l’aumento della longevità continuano a trasformare la società, e con questa la rete parentale. I bambini di oggi, lo sottoscrive l’Istat, hanno una probabilità maggiore di conoscere tutti i nonni, anche se meno fratelli e cugini con cui crescere. Pilastro della famiglia (e del welfare familiare), i nonni, ben lontani dall’essere una forma arcaica da superare, sono un modello di saggezza ed esperienza, fondamentali per la costruzione di solidi ponti intergenerazionali. E come tali sono ovunque considerati.

Dal 2005 in Italia una legge riconosce l’importanza di celebrare l’impegno di questa figura. Nello stesso giorno vengono ricordati anche gli angeli custodi

Il riconoscimento del loro impegno in Italia è stato sancito da una legge del 31 luglio 2005 per “celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale” (articolo 1). Lo stesso provvedimento istituisce anche il “Premio nazionale del nonno e della nonna d’Italia”, in favore dei nonni che, nel corso dell’anno, si siano distinti per aver compiuto azioni particolarmente meritorie sul piano sociale (articolo 2). La scelta della data è simbolica: il 2 ottobre, infatti, la chiesa cattolica festeggia gli Angeli Custodi.

Tutto il mondo ha la sua festa dei nonni, anche se in date e con modi differenti. Negli Stati Uniti cade ogni prima do-

menica di settembre, dagli Anni ’70. Il 3 agosto 1978, il presidente Jimmy Carter firmò infatti un proclama in cui si affermava che la giornata era stata istituita “per onorare i nonni, per dare ai nonni l’opportunità di dimostrare amore per i figli dei loro figli e per aiutare i bambini a prendere coscienza della forza, delle informazioni e della guida che le persone anziane possono offrire”. Nel Regno Unito è stata introdotta nel 1990 su iniziativa di Age Concern, una importante rete di associazioni per gli anziani. Nei Paesi Bassi è il 4 giugno, ma non è una festa molto conosciuta. La giornata è stata concepita come un giorno in cui i nonni possono trascorrere del tempo in attività piacevoli con i loro nipoti, per rafforzare il legame tra le generazioni e aumentare il rispetto e l’apprezzamento per gli anziani in generale.

In Bangladesh si onorano con gratitudine i nonni ogni 9 settembre, in Brasile e Spagna il 26 luglio, festa di sant’Anna e san Gioacchino - nonni di Gesù - e dal 2021 la Santa Sede ha la sua ricorrenza che per lo stesso motivo cade nella quarta domenica di luglio.

In Francia esiste invece la festa delle nonne (La fête des grands-mères) che è stata promossa nel 1987 da un marchio di caffè (Café Grand’Mère) e si celebra la prima domenica di marzo. Festa “solo per le nonne” anche in Germania ogni seconda domenica di ottobre, un’iniziativa ispirata nel 1989 dalla rivista per bambini Bummi.

50&PIÙ CELEBRA I NONNI

Tante le iniziative promosse dalle associazioni provinciali e regionali per raccontare il rapporto intergenerazionale e valorizzare una figura sempre più importante. Le novità di quest’anno

Celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale”. È questo l’obiettivo della legge 159 del 2005 con cui il Parlamento istituisce la Festa dei nonni in Italia, indicando la ricorrenza nella giornata del 2 ottobre. Una data che non viene scelta a caso: nello stesso giorno si celebra anche la Festa degli Angeli Custodi. E a chi verrebbe in mente di dire che i nonni non sono gli angeli custodi dei loro nipoti? Sono rifugio, sono spalla, sono supporto e ancora, sono la testimonianza del passato da cui non può prescindere il

futuro. 50&Più, da sempre sensibile al tema, ha accolto l’invito del governo e, se da un lato c’è il Presidente della Repubblica che premia il nonno e la nonna d’Italia, le associazioni provinciali e regionali 50&Più celebrano i nonni più virtuosi; celebrano, soprattutto i nipoti attraverso i racconti che fanno del loro rapporto con i nonni. Dal Friuli all’Umbria, sono tante le iniziative messe in campo da 50&Più. Diciotto anni fa è stata l’associazione provinciale 50&Più Pordenone a inaugurare il filone degli eventi dedicati a questa festività, istituendo un concorso che vede protagonisti i bambini delle scuole del territorio e i loro

nonni. «Fin dal 2006 promuoviamo il concorso dedicato agli alunni delle elementari: lo scopo è raccontare quello che i nonni tramandano ai loro nipoti», spiegano dall’associazione provinciale. Il titolo dell’edizione di quest’anno è Il nonno mi ha raccontato. A un anno dall’appuntamento di ottobre, la prima domenica più prossima alla data del 2, 50&Più Pordenone invita gli Istituti comprensivi della provincia a promuovere il concorso tra i ragazzi. «A maggio riceviamo i lavori che poi vengono selezionati e premiati - continuano da 50&Più Pordenone -. Tutti gli istituti ricevono un premio, un buono del valore di 200 euro da spendere nell’acquisto di materiale didattico, e un premio individuale per i più meritevoli del valore di 100 euro». Circa 500 studenti si ritrovano, dunque, all’interno del Palazzetto dello sport di Pordenone, insieme alle loro famiglie per una platea che supera le mille presenze. L’iniziativa è patrocinata dal Comune di

Sociale

«Viviamo in un sistema in cui si declinano i diritti, ma si praticano poco le tutele. Dobbiamo costruire un sistema di tutele, che sia capace di rispondere a bisogni complessi e diversificati. Di questo sistema, devono far parte anche i ricoveri di sollievo». Virginio Marchesi, già docente all’Università Cattolica e presidente della sezione di Milano dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale (Uneba), ritiene che questi ricoveri debbano essere un tassello importante nel supporto che lo stato deve offrire alle persone anziane non autosufficienti e ai caregiver familiari, che si prendono cura di loro.

«Accudire una persona con complessità di natura sociosanitaria elevate è un impegno che coinvolge i fami-

CAREGIVER ABBANDONATI

SERVONO PIÙ TUTELE PER CHI

SI PRENDE CURA DEGLI ALTRI

Previste dall’articolo 30 del decreto sui Lea del 2017 sono un “bel diritto” ma solo sulla carta Virginio Marchesi, presidente Uneba Milano spiega come dovrebbero funzionare

Chiara Ludovisi

liari in modo determinante e pesante - spiega Marchesi -. L’assistenza domiciliare, infatti, solo raramente riesce a soddisfare il bisogno: nella migliore delle ipotesi, le prestazioni riguardano una parte limitata del tempo, mentre il resto è a carico del

familiare accudente. Questo spiega il frequente ricorso ad assistenti familiari o badanti, a sostegno della persona e della famiglia».

L’assistenza di un familiare, peraltro, non concede pause né riposi: d’altra parte, però, esistono delle esigenze

dei caregiver familiari, più o meno prevedibili e programmabili, di cui bisogna tener conto. Di qui l’idea dei ricoveri di sollievo, o temporanei, per far fronte a “eventi che riguardano la vita del caregiver: può essere il bisogno di una vacanza, ma anche il bisogno di cure, specialmente quando anche il caregiver è anziano. Di qui, l’esigenza di un sistema residenziale che possa farsi carico in modo temporaneo della persona non autosufficiente”.

Un’opportunità prevista dall’articolo 30 del decreto sui Lea (Livelli essenziali di assistenza) del 2017, sia nel caso delle dimissioni protette dopo una degenza ospedaliera, sia nel caso, appunto, di un’esigenza del caregiver familiare. Il costo di questa risposta sociosanitaria è, quasi sempre, in parte a carico del Ssn, in parte a

carico della famiglia o del comune. La forma della compartecipazione è infatti quella prevista per questo servizio, tranne in alcune rarissime eccezioni per le quali la spesa è totalmente a carico del Ssn. Per quanto riguarda la procedura, in alcune regioni la richiesta viene ‘filtrata’ dai servizi, in altre viene presentata direttamente dalla famiglia. Fin qui, la teoria e i diritti sulla carta. Poi c’è, di contro, una realtà molto diversa: quella in cui, come diceva inizialmente Marchesi, ai diritti declinati non corrispondono tutele garantite. «Per ricorrere al ricovero di sollievo, serve una rete di strutture residenziali per anziani non autosufficienti. Questa rete, oggi, è tutt’altro che sufficiente e distribuita sul territorio nazionale in modo molto diseguale. Secondo gli ultimi dati

del ministero della Salute (Annuario Statistico 2024, su dati 2022), il sistema residenziale sociosanitario conta su un totale di 212.874 posti letto per gli over 65: in media, 152 posti ogni 10.000 residenti. Si passa però dai 360-400 posti di alcune regioni e province autonome ai 250 di altre, fino ai 12 della Sicilia. Siamo di fronte a differenze abissali. Aggiungiamo che in poche regioni ci sono posti dedicati a ricoveri temporanei: con questi numeri, è facile immaginare come il ricovero di sollievo sia più un’ipotesi che una realtà». In altre parole, un caregiver familiare che abbia bisogno di “una pausa” e chieda un ricovero temporaneo per la persona di cui si prende cura, ha un’altissima possibilità di non trovare posto. «E se consideriamo che il caregiver spesso prova un senso di colpa nel presentare una richiesta del genere, capiremo come sia facile che questi rinunci a quello che, invece, è un suo diritto. L’ideale sarebbe pianificare e programmare per tempo il ricovero di sollievo: è tuttavia evidente che se una vacanza è programmabile, una malattia o un problema di salute non lo sono affatto».

La soluzione, per rendere effettivo ed esigibile questo diritto previsto dalla legge, sarebbe quindi dedicare un numero di posti letto alle emergenze. «Ma si tratterebbe, in buona sostanza, di avere dei posti inutilizzati: questo non è economicamente conveniente, però è necessario per garantire quella qualità della vita di cui dovremmo farci carico, al di là dei bisogni assistenziali. La qualità della vita, infatti, è data dalla capacità del sistema di rispondere proprio ai bisogni non primari. È questo il nuovo sistema socioassistenziale che dobbiamo costruire. Serve un cambio di visione e di cultura: solo così riusciremo a tradurre finalmente i diritti in tutele».

FOTO UNEBA

DALLA SALA RIUNIONI ALLA CUCINA

LA NUOVA VITA DI STEFANO A 60 ANNI

Ex manager d’azienda

sceglie di avviare la start up a casa sua tra le colline bolognesi

Dedica il progetto al padre Geppe, da cui prende il nome l’home restaurant «Mi impegno come se i clienti fossero tutti miei amici»

Reinventarsi una vita professionale, e farlo a 60 anni. Stefano Dalla Casa, manager d’azienda con quarant’anni di esperienza, custodiva il suo progetto di cambiamento dal 2016. Alcuni anni dopo, quando i figli sono cresciuti e “l’idea si è dimostrata possibile”, ha deciso di avviare la sua start up, un home restaurant nella sua casa tra le colline bolognesi, ad Ozzano dell’Emilia. Un progetto imprenditoriale nato nel 2023, con l’idea di rendere compatibili i suoi tempi di vita con quelli del lavoro. «Sono passato dal fare il manager d’azienda a cucinare nel mio home restaurant, due cose che sono molto lontane. Ma dopo quasi 40 anni di lavoro, avevo voglia di dedicare più tempo a me stesso e alla mia famiglia - racconta

Stefano Dalla Casa, ideatore e gestore dell’home restaurant Geppe -. Il trait d’union è stata sicuramente la passione per la cucina, che mi ha trasferito mio padre, soprannominato Geppe, a cui ho intitolato l’home restaurant Questo progetto, inoltre, mi permette di non avere tutti i giorni il peso di dover gestire un locale, con un impegno sistematico che alla mia età non avevo voglia di assumere».

Un’avventura professionale avviata da zero, contando solo sulle proprie esperienze e competenze professionali in comunicazione e marketing, e nella gestione di siti internet. «Fin dall’inizio mi ha aiutato tanto la mia carriera professionale. Ho lavorato in tante aziende. Ho fatto il direttore marketing e supervisionavo i siti e la comunicazione. Anni prima, ho iniziato facendo l’informatico: su certi aspetti tecnici ho quindi delle basi che mi hanno tenuto aggrappato all’evoluzione tecnologica - chiarisce Dalla Casa -. Qualcosa mi ha salvato, da questo punto di vista. Anche perché in 40 anni le cose sono cambiate, in modo esponenziale».

Stefano Dalla Casa ha fatto una scelta imprenditoriale diversa da quella

A sinistra, la sala interna di Geppe Home Restaurant. A destra, Stefano Dalla Casa prepara i Balanzoni, tortellini con sfoglia di uovo e spinaci. In basso, un altro piatto forte, i cannelloni di ricotta al forno

dell’apertura di un classico ristorante. Ritagliando la sua attività sulla sua idea di home restaurant. “Sentirsi a casa”, è questa una delle esperienze più apprezzate scritte dai clienti dell’HR Geppe nelle recensioni su Google. «Uno dei pilastri della mia start up era proprio la speranza di re-incontrare persone che non vedevo da tanto tempo, conosciute durante la vita professionale e non. E questo sta succedendo - spiega, con soddisfazione, Dalla Casa -. Questo progetto per me non nasce per farne un business. Se ci si vuole davvero arricchire, allora bisogna fare il grande salto nella ristorazione su larga scala. Ma quel tipo di attività sarebbe incompatibile con l’idea che ho di home restaurant: si spersonalizzerebbe». E prosegue: «Io preparo le ricette qualche ora prima di servirle. La mia missione è cucinare con professionalità, come se i clienti

fossero tutti miei amici. Molto spesso ci si siede di fianco, si fanno quattro chiacchiere con i clienti. Sono disponibile a condividere anche la preparazione dei piatti, non ho segreti professionali! Anzi, avrei piacere che non andassero perse le tradizioni». Una condivisione a tavola, e in casa, di ricette e piatti genuini che in Italia va diffondendosi sempre più. Eppure, manca ancora una legge che disciplini in modo uniforme questo settore. Dal 2016, quando il ministero dello

Sviluppo economico si è espresso sulla ‘sorvegliabilità’ degli home restaurant, ci sono state proposte di legge e petizioni, che hanno puntato a fare chiarezza sulla regolamentazione di questo settore del social eating. Tra le richieste rivolte al governo c’è anche la proposta di favorire l’avvio di home restaurant per i pensionati e gli studenti fino ai 25 anni. Ma restano proposte a cui manca ancora una risposta, o anche solo una presa in carico delle richieste. «Partendo dal presupposto che si deve, prima di tutto, essere appassionati di cucina e avere voglia di gestire un’attività su più fronti, introdurre degli elementi di facilitazione sarebbe sicuramente opportuno - commenta Stefano Dalla Casa, che nell’avvio dell’attività ha gestito da solo le pratiche burocratiche necessarie -. Bisogna essere pronti e curiosi nel cimentarsi in tutta una serie di attività. Per avviare la start up ho dovuto aprire una ditta individuale, con tanto di partita Iva. Ho dovuto prendere un’abilitazione professionale, non avendo fatto la scuola alberghiera. Ho fatto anche la Scia, per l’inizio dell’attività commerciale, autorizzando gli organismi di controllo a entrare in casa per le verifiche che si fanno in un locale commerciale. Insomma, è un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti».

Un impegno professionale che Stefano Dalla Casa rifarebbe, non ha dubbi. «Piccoli ostacoli se ne incontrano tutti i giorni, l’importante è non perdersi d’animo - riflette Stefano, ripensando al suo percorso -. Uno degli aspetti positivi del diventare grandi è che si acquisiscono esperienze. L’altro aspetto è che si diventa vecchi. Ma se uno mette in positivo tutte le esperienze accumulate, e non le dimentica, queste diventano utili. E possono essere reimpiegate in avventure nuove».

NUOVO CAPITOLO PER SELLA

ARRIVA L’AMPLIAMENTO DEL LABORATORIO

L’azienda farmaceutica, con oltre 100 anni di storia, avvia programmi di welfare per i dipendenti e attività a sostegno della comunità

di Berardo Falcone

Intesa Sanpaolo ha annunciato un finanziamento di 3 milioni di euro destinato al Laboratorio Chimico Farmaceutico Sella, storica azienda farmaceutica con sede a Schio (Vicenza). L’investimento mira a sostenere i progetti di crescita sostenibile dell’azienda, che si è sempre distinta per la produzione di medicinali, dispositivi medici, integratori alimentari e cosmetici, con un forte impegno verso la salute delle persone e la salvaguardia dell’ambiente. Il progetto di espansione prevede un ampliamento di oltre 5.600 mq su due piani dello stabilimento di via Vicenza, dove sono stati già completati i nuovi reparti di produzione e i magazzini dedicati ai medicinali. A questi si aggiungono circa 4.900 mq di aree esterne, per un intervento complessivo che potenzia significativamente la capacità produttiva dell’azienda. Ma l’impegno di Sella non si ferma all’aspetto puramente industriale. Il finanziamento è stato erogato attraverso s-Loan, un nuovo strumento creato da Intesa Sanpaolo per supportare le imprese virtuose nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Tra gli intenti della casa farmaceutica, infatti, spiccano miglioramenti in ambito ESG (Environmental, Social, Governance), come l’implementazione di programmi di welfare per i dipendenti e la realizzazione di attività a sostegno della comunità locale.

Antonio Salviato, amministratore delegato di Sella, ha sottolineato l’importanza di questo passaggio: «Sella ha compiuto 104 anni di attività, prima azienda in un territorio a

forte vocazione industriale ad occuparsi della produzione di medicinali. Inoltre, negli ultimi 10 anni si è sviluppato il business della produzione di medicinali per conto di aziende nazionali e multinazionali, che ha portato l’azienda a investire fortemente nella produzione farmaceutica. Insieme ai partner del Progetto Benessere - ha aggiunto Salviato - l’azienda punta a sviluppare un polo industriale innovativo e di qualità, capace di generare ricchezza e posti di lavoro qualificati nel territorio. Questo approccio non solo valorizza le risorse locali, ma promuove anche un modello di business sostenibile che considera il benessere della comunità».

Il sodalizio tra l’azienda farmaceutica e il gruppo bancario è stato ulteriormente ribadito dalle parole di Cristina Balbo, direttrice regionale di Intesa Sanpaolo per il Veneto ovest e il Trentino Alto Adige: «Crediamo fortemente nella visione e nella capacità del Laboratorio chimico Farmaceutico Sella di proseguire la sua lunga storia, crescendo in chiave sostenibile e influenzando positivamente sia il suo settore che il territorio in cui opera. La nostra banca - ha concluso Balbo - continua a sostenere le imprese che investono in progetti ESG che ne garantiscano la competitività e la prosperità a lungo termine. A fine 2023 sono oltre 207mila le piccole e medie imprese del Nord-Est alle quali abbiamo erogato finanziamenti per circa 1,7 miliardi, di cui 750 milioni di euro per investimenti in sostenibilità ed economia circolare».

Commercio

L’Italia sempre più leader nel settore del vending, con oltre 830mila macchinette automatiche e 4 miliardi di consumazioni, a cui si aggiungono 1,1 miliardi di capsule e cialde, per un totale di oltre 5 miliardi di erogazioni. Il settore ha un giro di affari di oltre 1,6 miliardi di euro con un incremento di 2,6% rispetto al 2022, e altri 397 milioni di euro del comparto OCS (Office Coffee Service) portando il totale a più di 2 miliardi di euro. Il caffè rimane il protagonista assoluto delle preferenze dei consumatori rappresentando il 57% sul totale, con quasi 2,3 miliardi di tazzine bevute. Seguono tè e ginseng rispettivamente aumentati del 5,7% e del 5,2%. Gli snack vanno sempre alla grande, soprattutto quelli dolci, tra cui spiccano le barrette con un +12%, ma nel 2023 si è riscontrato un aumento significativo anche di quelli salati (+7%) e del confectionery (+26%). Per quanto riguarda le bevande, l’acqua frizzante registra un trend negativo visto che 7 su 10 consumatori scelgono quella liscia, in linea con stili di vita più salutari che si rispecchiano anche nelle preferenze di bevande alla frutta e alla crescente diffusione di prodotti free from, a basso contenuto di zuccheri e grassi. «Questi numeri, forniti dal recente studio che l’Istituto Ipsos ha realizzato per noi - sottolinea Massimo Trapletti, presidente di Confida Confcommercio, Associazione Italiana Distribuzione Automatica, - sono da rapportare con un indotto occupazionale di oltre 33.000 persone e più di 3.000 imprese, a cui si devono aggiungere altre realtà che intervengono nella filiera, come i produttori alimentari e i fabbricanti di accessori e di tecnologie. Proprio per queste ultime, l’Italia è un’eccellenza: il 70% delle macchine prodotte viene esportato così come

ALLE MACCHINETTE AUTOMATICHE NON SOLO CAFFÈ

Massimo Trapletti, presidente Confida Confcommercio, racconta i nuovi progetti tra riciclo e solidarietà

anche molti accessori utilizzati nelle vending machine». Negli ultimi anni le macchinette automatiche stanno subendo una trasformazione grazie all’innovazione tecnologica, tanto da parlare di una vera e propria rivoluzione digitale: «Sì, è proprio

così. In poco tempo sono stati fatti passi da gigante. Oggi, ad esempio, con la connettività è possibile gestire una vending machine da remoto; nelle ultime generazioni di distributori automatici, inoltre, gli schermi touch sono installati al posto delle

tradizionali pulsantiere consentendo una maggiore interazione col consumatore, e i sistemi di pagamento digitali cashless, in particolare le app di pagamento, stanno aumentando rapidamente». Ma la vera rivoluzione è quella che fa delle macchinette automatiche dei punti che erogano servizi ai cittadini. Sì, avete capito bene. Non solo caffè, ma molto altro: «Confida - spiega bene il presidenteinsieme a Illimity, Gruppo bancario e PSP (Payment Service Provider), ha lanciato Pehi, una soluzione che

amplia le potenzialità delle vending machine facendole diventare anche centri di servizio a disposizione della collettività, dove in questa prima fase si potranno pagare avvisi PagoPA. Gli utenti possono accedere a Pehi tramite l’app che già utilizzano per le consumazioni (caffè, bibite o altro), scansionare il QR Code dell’avviso e pagare con estrema facilità. È possibile ricaricare il proprio borsellino elettronico direttamente ai distributori, dalle app dei singoli gestori, con denaro contante, oppure optare per

metodi di ricarica come carte di credito, Apple Pay o Google Pay. Completata la transazione, il consumatore riceve immediatamente conferma e ricevuta del pagamento effettuato, in maniera pratica e sicura». Oltre all’innovazione, la transazione sostenibile è un altro importante pilastro dello sviluppo del settore. L’attenzione alla sostenibilità si sta diffondendo sempre più tra i professionisti e il settore ha attivato il progetto RiVending, un circuito chiuso di riciclo per bottigliette e bicchierini in plastica dei distributori automatici che conta già oltre 13.000 cestini in tutta Italia. «Per quanto riguarda gli sprechi alimentari - ci dice il presidente di Confida - la nostra associazione ha stretto una partnership con il Banco Alimentare a cui doniamo le nostre eccedenze alimentari perché vengano consegnate alle persone e famiglie meno abbienti». Insomma, la distribuzione automatica è un settore in continua evoluzione e il suo futuro è segnato da ulteriori trasformazioni tecnologiche e di servizio. Il vending ricopre un’importante funzione sociale: garantire ristoro a 25 milioni di italiani nei luoghi che frequentano ogni giorno, uffici e fabbriche, luoghi di transito, scuole, università e ospedali. «Una recentissima novità - conclude Trapletti - coinvolge inoltre la nostra manifestazione fieristica Venditalia, la principale Fiera del settore della distribuzione automatica in Europa. Confida ha infatti stretto un accordo con IEG - Italian Exhibition Group, come partner strategico per lo sviluppo della manifestazione che si tiene a cadenza biennale. Ne nascerà una nuova società che lavorerà per continuare a consolidare l’importanza di Venditalia in Italia e in Europa, e per entrare in futuro anche in nuovi mercati internazionali».

Massimo Trapletti

Esteri

Se non ci fossero stati oltre 300 manifestanti uccisi dalla polizia, la storia del cambio di regime in Bangladesh sarebbe quasi una favola a lieto fine, una di quelle da leggere con un sorriso. A gennaio, Sheikh Hasina era stata confermata per la quarta volta consecutiva, la quinta nella sua carriera politica, come primo ministro. A fine giugno, gli studenti universitari sono scesi in piazza e, nel giro di poche settimane, hanno rovesciato un sistema di potere decennale. A differenza del passato, i militari hanno garantito un trasferimento pacifico dell’autorità. A guidare il periodo di transizione c’è il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, l’inventore del microcredito. Riavvolgiamo e procediamo con ordine. Il Bangladesh è una delle economie a più rapida crescita al mondo. Nel 1991 il Pil si attestava attorno ai 30 miliardi di euro, e per il 2024 le stime parlano di 450 miliardi. A spingere questa crescita c’è una popolazione di oltre 170 milioni di abitanti, concentrata in un territorio grande tre volte la Pianura Padana. La densità abitativa è sei volte quella italiana e la popolazione è giovane: il 60% ha meno di 25 anni. Dacca, la capitale, ha raddoppiato i suoi abitanti in meno di vent’anni, attirando persone dalle campagne verso i grandi poli produttivi della periferia cittadina. Se osserviamo l’etichetta della camicia o dei pantaloni che indossiamo, con buone probabilità ci sarà scritto: “Made in Bangladesh”. Circa l’85% delle esportazioni del paese proviene dall’industria dell’abbigliamento, che produce principalmente per le catene del fast fashion: H&M, Zara (Inditex), Primark, C&A, Uniqlo, Mango. Questa manifattura richiede pochi investimenti ma una grande quantità di manodopera a basso co -

PRIMAVERA BENGALESE IL MICROCREDITO CONTRO L’AUTOCRAZIA

Dopo le proteste degli studenti, il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus guida il paese

Intanto, sono circa 800mila le persone che ogni anno lasciano il Bangladesh per raggiungere il Golfo Persico e l’Europa. Nel 2023, quasi 14.000 bangladesi sono giunti in Italia

rendendola la quinta nazionalità di origine dei migranti arrivati nel nostro paese

di Cosimo Caridi

Dhaka, Bangladesh, luglio 2024 studenti manifestano contro il sistema di reclutamento per i posti di lavoro statali

sto, condizioni ideali per un paese in pieno boom demografico. Il benessere portato dall’industria tessile ha permesso a centinaia di migliaia, milioni di giovani di frequentare le università. Una volta laureati cercano impieghi fuori dal comparto dell’abbigliamento, che però scarseggiano, soprattutto nel settore dei servizi, dove gran parte dei posti di lavoro disponibili sono pubblici. Qui il sistema entra in crisi. Mentre il paese è giovane, chi lo governa è anziano. Tutti i leader sono ultrasettantenni e legati alla (breve) storia del Bangladesh. Fino alle recenti proteste, il 30% dei posti di lavoro pubblici era riservato ai figli e ai nipoti dei combattenti che nel 1971 avevano conquistato l’indipendenza dal Pakistan.

La stessa Hasina è figlia di uno di questi rivoluzionari, Mujibur Rahman, il primo presidente del Bangladesh. L’intera famiglia di Rahman fu assassinata nel 1975 durante un colpo di stato. Hasina si salvò perché era in viaggio in Germania Ovest con il marito. Dal 1996, anno in cui venne eletta per la prima volta a capo del governo, Hasina ha progressivamente accentrato il potere. A luglio, dopo le prime manifestazioni studentesche, segnate subito dalla violenza della polizia, la premier ha accusato i giovani di essere “traditori della patria”. Ha tagliato internet per settimane e imposto il coprifuoco in tutto il paese, ordinando alla polizia di sparare a vista sui manifestanti.

Nonostante le morti, i feriti e le migliaia di arresti, il movimento studentesco non si è fermato, anzi ha coinvolto una parte sempre più am-

pia della popolazione. La premier Hasina è diventata il bersaglio delle proteste e a inizio agosto è stata costretta a lasciare il paese mentre i manifestanti occupavano il palazzo presidenziale.

La protesta ha indicato in Muhammad Yunus l’uomo giusto per guidare la ricostruzione, e una parte del movimento gli ha chiesto di convocare un’assemblea costituente per riscrivere la Costituzione. Il “banchiere dei poveri”, soprannominato così dal suo biografo Alan Jolis, ha 84 anni e arriva alla guida del Bangladesh dopo essere stato perseguitato dai precedenti governi. Yunus è stato processato in oltre 160 procedimenti legali. Hasina lo considerava un rivale politico e cercava di screditarlo in ogni modo. Ora Yunus ha poco tempo per riorganizzare il paese. Ogni anno, quasi 800.000 persone lasciano il Bangladesh, con una parte significativa che si trasferisce nel Golfo Persico e un numero crescente di persone che arriva in Europa. Nel 2023, circa 14.000 bangladesi sono giunti in Italia, rendendola la quinta nazionalità di origine dei migranti arrivati nel nostro paese. Questo flusso è in costante aumento: dieci anni fa arrivavano solo 5.000 bangladesi. Le rimesse inviate dall’Italia al Bangladesh hanno superato nel 2023 gli 1,2 miliardi di euro. È importante notare che i bangladesi emigrati in Italia e in Europa appartengono in gran parte al ceto medio, e le rimesse che inviano alle loro famiglie sono spesso investite nell’istruzione e nel futuro dei loro figli. Questa situazione, unita a un’economia nazionale ancora fortemente basata sullo sfruttamento nella produzione tessile, crea le condizioni per un ulteriore aumento dell’emigrazione. La stabilizzazione del Bangladesh ci riguarda molto più di quel che pensiamo.

PISTE CICLABILI IN CRESCITA MA POCO NELLE REALTÀ DEL

CENTRO-SUD

Sono in aumento, secondo l’Istat, ma in modo disomogeneo sul territorio nazionale

Oltre il 70% dell’infrastruttura è al Nord Crescono i servizi di bike sharing con un +64,1% rispetto al 2019

La scorsa estate il distretto di Monaco di Baviera, in Germania, ha inaugurato il suo primo tratto di pista ciclabile ‘veloce’. All’apertura di quella che potrebbe essere definita “un’autostrada per biciclette” era presente anche il ministro bavarese per l’Abitazione, la Costruzione e i Trasporti. L’opera, costata circa 3,5 milioni di euro, è l’inizio di un progetto più ampio per collegare il centro di Monaco di Baviera con le città di Garching e Unterschleißheim. Una volta terminata sarà possibile percorrere in circa 65 minuti i 19 km di distanza da Garching. Ce ne vorranno, invece, circa 55 per il percorso più breve fino a Unterschleißheim. È un progetto così rivoluzionario e innovativo che nei prossimi anni - hanno fatto sapere le autorità bavaresi - è prevista la realizzazione di una quindicina di piste ciclabili veloci, per una lunghezza totale di oltre 200 chilometri tra percorsi rapidi e diretti. Una scelta, quella di costruirle, legata ad alcune caratteristiche dell’infrastruttura, in grado di facilitare lo scorrimento e i sorpassi e di ridurre al minimo gli intervalli di tempo dovuti a semafori o incroci. Partire da un confronto potrebbe forse apparire poco elegante, ma alla fine può rivelarsi utile. Mentre da diversi anni in Germania, come in altri paesi nordeuropei, le piste ciclabili ‘veloci’ rappresentano una soluzione per migliorare la mobilità, in Italia le infrastrutture ciclabili sono cresciute in modo discontinuo e disomogeneo sul territorio nazionale. L’ultimo report Istat sull’ambiente urbano (dati 2022) ha svelato che l’estensione complessiva delle ciclabili nei comuni capoluogo è di 5.440 km e un incremento di appena il 2,3% nel 2021. Se si considera invece come anno di riferimento il 2017, la crescita è stata assai più consistente: +24%. Dati alla mano, secondo l’Istituto di Statistica, ciò significa che la “densità media” di queste

La Germania ha inaugurato la prima “autostrada per biciclette”, con oltre 200 km di piste veloci e un investimento di circa 3,5 milioni di euro

infrastrutture è di 27,9 km ogni 100 km quadrati di superficie territoriale e che due capoluoghi su tre, in Italia, possono contare su oltre 10 km di piste. È al Nord, tuttavia, che si concentrano maggiormente visto che quest’area del nostro paese dispone di oltre il 70% delle ciclabili: qui la media sale in modo drastico a 66 km ogni 100 km quadrati. Un dato che fa impallidire i 18,3 km del Centro e, ancor più, gli appena 6,5 del Mezzogiorno. Al Nord, dicevamo, la densità media della rete ciclabile risulta più elevata. È una tendenza alla crescita che si manifesta anche nei capoluoghi metropolitani. Qui, infatti, si registrano 42 km ogni 100 km quadrati contro i 24,7 degli altri capoluoghi. Tra città e città, ovviamente, resistono profonde differenze: a guidare la classifica sono Torino e Milano con rispettivamente 172,3 e 171,7 km ogni 100 km quadrati. A seguire, nella graduatoria Istat, troviamo le città di Bologna (121,4) e di Firenze (88). Molto in fondo, con va-

lori assai inferiori alla media, si posizionano quattro realtà del Sud: Napoli (16,1), Catania (10,7), Reggio di Calabria (4,2) e Messina (3,4). Anche la Capitale, pur essendo passata dai 18,9 km del 2017 ai 24,9 del 2022, risulta avere una densità piuttosto risicata. Se da una parte la rete ciclabile chiede investimenti, anche per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione, dall’altra in questi anni è cresciuta a ritmi sostenuti l’offerta di servizi di bike sharing (o ‘condivisione’). Distribuita su 65 capoluoghi - ci dice l’Istat - c’è una flotta di oltre 53.000 bici, gestite soprattutto da servizi a flusso libero, che consentono ovvero prelievo e riconsegna del mezzo in qualsiasi punto idoneo alla sosta compreso entro un certo perimetro. L’aumento è stato del +24,8% rispetto al 2021 e - addirittura - del +64,1% rispetto al 2019. Anche in questo caso le differenze territoriali sulla distribuzione del servizio sono evidenti. Nel 2022 la disponibilità media risultava esse-

re di 30,3 biciclette ogni 10.000 abitanti, ma se si suddivide per area si ottiene un quadro diverso: sono 56 ogni 10.000 abitanti nel Nord-Ovest, 27,3 nel Nord-Est, 34,9 nel Centro e 5,9 nel Mezzogiorno).

Ad aprile, l’Ue ha riconosciuto alla bicicletta un ruolo chiave per l’ambiente e l’economia firmando la Dichiarazione Europea sulla Ciclabilità. Tra gli impegni c’è l’adozione di misure che promuovano la mobilità delle persone anziane e contribuiscano all’invecchiamento attivo. Uno dei suoi principi fondamentali, inoltre, prevede la realizzazione di un maggior numero di infrastrutture ciclabili, sicure e ben connesse con i trasporti pubblici. Un obiettivo fondamentale, visto che oltre a essere un “mezzo di trasporto sostenibile, accessibile, inclusivo, economico e salutare”, entro il 2028 il suo mercato globale dovrebbe raggiungere i 38 miliardi e solo in Italia dovrebbe crescere del 60% (Fonte: Report Houlihan Lokey-Kearney).

Speciale mobilità su due ruote

MONOPATTINOMANIA TRA DIVIETI E NUOVE REGOLE

Annoverato tra i mezzi di trasporto più sostenibili apprezzato per praticità e maneggevolezza nel tempo ha fatto emergere seri interrogativi in tema di sicurezza e cattiva gestione, tanto da imporsi tra i protagonisti della riforma del Codice della strada di Donatella Ottavi

La recente riforma del Codice della strada prevede una serie di modifiche normative che vanno a toccare importanti ambiti, tra i quali la guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di so-

stanze stupefacenti, l’eccesso di velocità, la sosta vietata, l’uso di biciclette e veicoli destinati alla micromobilità elettrica, la regolamentazione degli autovelox, le restrizioni per i neopatentati, le multe in caso di uso del

cellulare alla guida o di abbandono di animale in strada, ecc. Molteplici interventi, dunque, volti a incrementare ulteriormente la sicurezza sulle strade. In attesa che il processo di approvazione del relativo disegno di legge si concluda - nel momento in cui scriviamo è all’esame del Senato -, ci soffermiamo sulle novità introdotte in ambito di micromobilità elettrica, approfondendo in particolare uno dei temi ‘caldi’ oggetto di intervento: la regolamentazione del monopattino. Apparso sulle strade italiane ormai da qualche anno, si è diffuso piuttosto velocemente soprattutto nelle grandi città, guadagnandosi un ruolo da protagonista della mobilità ‘green’ al fianco di e-bike, hoverboard, segway ecc. e dando vita a un business dai grandi numeri, una vera “monopattinomania”. Nel tempo, però, le notizie di cronaca riguardanti incidenti, soste

selvagge e utilizzo improprio del mezzo e degli spazi pubblici hanno reso necessario rivedere la relativa normativa, spingendo a realizzare gli interventi riportati di seguito.

I monopattini elettrici non possono essere messi in circolazione se privi di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi prevista dall’articolo 2054 del Codice civile.

I proprietari dei veicoli sono tenuti a richiedere ed esporre in modo visibile l’apposito contrassegno identificativo (targa) e a comunicare tempestivamente eventuali cambi di residenza.

L’obbligo del casco protettivo, che deve essere conforme alle norme tecniche armonizzate UNI EN 1078 e UNI EN, non è più limitato ai soli minori ma viene esteso a tutti.

Il limite di velocità dei veicoli è fissato a 50 km orari e la circolazione degli stessi è consentita solo su strade urbane, escludendo così il transito nelle aree pedonali, piste ciclabili e percorsi ciclabili extraurbani. Severamente vietata anche la circolazione contromano e sui marciapiedi, e il trasporto di persone o cose.

Novità anche rispetto ai criteri di sosta. Viene vietata sui marciapiedi salvo che i singoli comuni individuino idonee aree - debitamente dotate di segnaletica - che consentano, però, la regolare e sicura circolazione dei pedoni. Tutte le altre aree di sosta possono essere prive di segnaletica purché le coordinate Gps della loro localizzazione siano consultabili sul sito internet istituzionale del comune interessato. Permane invece la possibilità di sostare negli stalli riservati ai velocipedi, ai ciclomotori e ai motoveicoli. Coinvolti nella rivisitazione della normativa anche i gestori dei servizi di sharing, per i quali viene introdotto l’obbligo di installare sistemi automatici che impediscano il funzionamento dei monopattini al di fuori delle aree consentite.

Restano invece invariate le caratteristiche tecnico-costruttive già in essere che prevedono la marcatura CE, un motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 kW, un regolatore di velocità configurabile in funzione dei limiti previsti, segnalatore acustico e luminoso di svolta e di freno. Anche l’età minima per mettersi alla guida del mezzo resta fissata a 14 anni. Molte città europee hanno intrapreso azioni più drastiche rispetto all’utilizzo di questi veicoli elettrici, prima fra tutte Parigi. Lo scorso anno, dopo un referendum popolare consultativo, la capitale francese ha imposto il divieto assoluto di utilizzo dei monopattini in libero accesso, costringendo i gestori di sharing a rimuoverli totalmente dalla città. Anche Madrid, sulla scia di Parigi,

Tra le novità introdotte dalla riforma anche l’estensione dell’obbligo del casco protettivo ai maggiorenni

ha recentemente revocato le licenze alle tre società di noleggio cittadine. Quanto proposto in Italia con la recente riforma potrà effettivamente contribuire a rendere più sicure le nostre strade? Ce lo auguriamo, nella speranza che buon senso, rispetto del prossimo e del bene comune guidino le azioni di un sempre maggior numero di persone.

CHI FA PETTEGOLEZZI NON FA CARRIERA LO DICE LA SCIENZA

La teoria emerge da uno studio della Business school dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna

Gli esperimenti sono stati condotti su un campione di 1.400 persone

«Il pettegolezzo può danneggiare la reputazione degli individui e creare incomprensioni tra i colleghi, interrompendo il lavoro di squadra e la cooperazione». A dirlo è Nahid Ibrahim, co-autrice della ricerca intitolata Parole sussurrate e dinamiche organizzative: la valutazione sfumata della personalità dei pettegoli e il suo effetto sulla ri-

di Mario Tolomei

cerca di consigli sul posto di lavoro, realizzata dalla Business school dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna. Gli studiosi hanno sottoposto a una serie di esperimenti un campione di 1.400 persone, pubblicando il risultato dell’indagine sulla Rivista di psicologia sociale sperimentale. Partendo dall’esito di ricerche passate - secondo cui il 90% dei dipendenti fa gossip in uf-

ficio - i ricercatori si sono posti queste domande: come viene considerato chi fa pettegolezzi al lavoro? E come, invece, chi non li fa? Per dare una risposta agli amletici quesiti, volti a spiegare la cosiddetta “triade del pettegolezzo” (mittente, destinatario e bersaglio, assente o inconsapevole), per capire come viene percepito il pettegolezzo, il gruppo di ricerca ha costruito scenari diversi chiedendo al campione di giudicarli. Dai risultati emerge che chi non fa parte della ‘triade’ percepisce i pettegoli come persone meno morali e meno competenti, ma più socievoli dei non pettegoli. Non solo, emerge anche che gli osservatori sono meno propensi a chiedere consiglio ai pettegoli su compiti correlati alla moralità e alla competenza, ma sono più propensi a chiedere consigli ai pettegoli - rispetto ai non pettegoli - su compiti correlati alla socievolezza. Insomma, se fai gossip sei socievole, certamente, ma poco affidabile e competente. La ricerca inglese, pubblicata nell’estate di quest’anno, pone le basi per indagini future. Dall’università di Leeds, dunque, fanno sapere che sarebbe interessante esaminare come le valutazioni degli osservatori possano evolversi e modificarsi in base alle interazioni di questi con la triade del pettegolezzo e capire anche quando, se il pettegolezzo viene condiviso in contesti formali o informali, può avere un impatto significativo sulla tendenza a pettegolare come parte della cultura organizzativa. Tuttavia, con la buona pace degli studiosi inglesi, gossip e pettegolezzi in ufficio possono configurare il reato di diffamazione, come suggerisce l’articolo 595 del Codice penale. Del resto, come sosteneva Platone, “La gente vede, sente e parla. Purtroppo, però, vede male, sente poco e parla troppo”.

A sinistra, una scena tratta dal film Il diavolo veste Prada

VIAGGIO NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE DOVE PIÙ GENERAZIONI

COSTRUISCONO IL FUTURO

La scelta della facoltà è il primo passo da compiere per avviare il nuovo percorso: l’orientamento è la chiave di volta Tra affitti troppo cari, tasse e sogni da realizzare la passione per lo studio non conosce età. L’indagine di 50&Più sulle materie preferite dagli studenti senior

a cura di Anna Grazia Concilio, Rosalia Capuano
Donatella Ottavi, Anna Giuffrida, Chiara Ludovisi

Primo piano

«L’UNIVERSITÀ È UN PROGETTO PERSONALE GLI STUDENTI LIBERI DI SCEGLIERE»

Vito Introna, delegato del Rettore all’Orientamento Tutorato e Placement dell’Università di Roma

Tor Vergata racconta il percorso che conduce uno studente all’iscrizione, tra ostacoli e ambizioni

Sono oltre 300mila gli studenti che ogni anno si iscrivono all’università. A dirlo sono i dati del ministero dell’Università e della Ricerca. Nel biennio scorso, quello 2022-2023, il numero di iscritti è aumentato di due punti percentuali rispetto al passato. Tra le nuove immatricolazioni è confermata la maggiore presenza femminile - 183.647 nuove iscritte, il 56% - rispetto a quella maschile - 146.170 nuovi studenti, il 44% -. Nel 2021-2022 gli studenti e le studentesse iscritte al primo anno erano 143.164 e 179.501. I corsi di laurea preferiti dagli studenti restano quelli compresi nell’area Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica): è qui che confluisce circa il 30% delle nuove immatricolazioni. Costante il numero degli iscritti anche per l’area economica, giuridica e sociale (35%) e per quella sanitaria e agro-veterinaria (17%). Confermate le opzioni per l’area artistica e letteraria (18%).

Ogni anno, dunque, trecentomila sogni, speranze, ambizioni e paure devono essere ascoltate, gestite e bisogna farlo con attenzione e delicatezza, usando gli strumenti giusti perché è

proprio in questo esatto momento che lo studente investe nel proprio futuro. Quanto è importante la conoscenza dell’offerta didattica? Degli sbocchi lavorativi? Quanto conta, nelle decisioni dei giovani, l’influenza dei genitori? E, infine, cosa è cambiato con la pandemia? Lo abbiamo chiesto a Vito Introna, delegato del Rettore all’Orientamento, Tutorato e Placement dell’Università di Roma Tor Vergata. Com’è strutturato il percorso di orientamento?

Abbiamo sportelli fisici, presso gli uffici dell’Università, e sportelli virtuali con la consulenza online, oltre alle iniziative che portiamo nelle scuole superiori e agli open day. Abbiamo ideato

Università di Roma Tor Vergata

e promosso anche l’appuntamento dal titolo “Un giorno da matricola”, in cui gli studenti possono vivere l’esperienza di una giornata da matricole, appunto, in una delle macroaree presenti nel nostro ateneo, con l’allestimento di stand in cui sono presenti referenti: è a loro che gli studenti possono fare tutte le domande che ritengono opportune. Non solo, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) sono presenti iniziative volte all’orientamento degli studenti nella transizione scuola-università con il programma dal titolo “Orientamento Next Generation”. Tra attività online e appuntamenti in presenza, compresi gli eventi e gli incontri nelle scuole, lo scorso an-

no abbiamo avuto contatti con 15mila ragazzi. Aggiungo che con le esperienze degli ultimi anni, ci siamo resi conto che è importante esserci anche durante i mesi estivi: in questo caso, infatti, gli studenti possono recarsi direttamente all’università anche senza prendere appuntamento, considerate poi le immediate scadenze e le iscrizioni ai test di ingresso.

Quando finisce il vostro compito?

Non finisce al momento dell’iscrizione ma continua anche in itinere. Durante la pandemia abbiamo messo a punto una serie di servizi, ci siamo resi conto che è importante continuare a seguire la storia degli studenti.

Questo perché può succedere che al momento dell’iscrizione i ragazzi si facciano condizionare da altro rispetto alle loro passioni, scegliendo la facoltà che ha scelto l’amica o quella consigliata dai parenti, e che durante il percorso cambino idea.

Gli studenti arrivano già con le idee chiare?

Alcuni scelgono la facoltà da frequentare già alle scuole superiori, altri decidono all’ultimo minuto dove iscriversi e altri ancora hanno vagamente idee perché condizionati da amici o da genitori.

A proposito di genitori, che ruolo hanno in questa scelta?

Capita spesso che gli studenti arrivino nei nostri uffici, o agli open day, accompagnati dai loro genitori. È comprensibile perché davanti a offerte didattiche così ricche è normale sentire il dovere di aiutare i propri figli. Li vediamo talvolta rassegnati ascoltare le domande che i genitori fanno al posto loro. C’è un rischio però ed è quello che i genitori si sostituiscano ai figli. Devono essere invece i figli a fare la scelta perché molto del loro futuro dipende da cosa decidono di fare. Oltretutto, i corsi sono impegnativi e senza la giusta passione è difficile continuare convintamente il percorso. Se dovesse fare l’identikit dello studente universitario che arriva ai vostri sportelli, come lo disegnerebbe?

Ci sono ragazze e ragazzi determinati e decisi, altri insicuri. Qualcuno è spaventato, qualcun altro ha paura di non essere all’altezza. Molti sono abituati a essere spronati - un atteggiamento figlio dei tempi - e si aspettano che siamo noi a dirgli cosa fare. I ragazzi devono ascoltare tutti ma devono essere liberi di scegliere perché spesso è proprio l’insicurezza che li porta a fare scelte di gruppo, l’università è un progetto personale.

L’ITALIA CHE STUDIA LE FACOLTÀ PIÙ AMATE

DAGLI OVER 50

La nostra indagine, condotta a livello nazionale mostra una netta preferenza per le materie umanistiche. Il viaggio tra alcuni dei più grandi atenei del paese

Sono iscritti prevalentemente alle facoltà umanistiche gli over 50 d’Italia. A dirlo è un’indagine che 50&Più ha condotto nelle ultime settimane attraverso la raccolta dei dati forniti dalle principali università del paese. Un viaggio lungo la penisola che inizia a Padova e, passando per Milano e Bologna, termina a Roma, a Tor Vergata e alla Sapienza, che vanta il primato di essere l’università più grande d’Europa.

Tra le 17 facoltà presenti nell’ateneo di Padova, fondato intorno al 1200, è certamente la facoltà di Scienze umane e sociali e del patrimonio culturale che registra la presenza più numerosa di studenti senior. Sono 337 gli over 50 iscritti attualmente a questa facoltà e distribuiti tra i vari corsi di laurea. Dai dati in nostro possesso risulta che il numero più alto di iscritti (49) si registra a Storia, segue poi il corso di laurea in Filosofia con 29 iscritti e ancora Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo con 20 iscritti. E ancora Scienze storiche (17), Storia dell’arte (15) e Lettere (13). La seconda facoltà dell’Università di Padova con il più alto numero

di studenti over 50 è Psicologia, se ne contano 112 in totale, divisi tra laurea triennale (totale 54) - con prevalenza in Scienze e tecniche psicologiche che annovera 27 iscritti - e laurea magistrale, in totale (58), con prevalenza al corso di laurea Psicologia clinico-dinamica. Sul podio delle facoltà con il maggior numero di senior c’è la facoltà di Economia e Scienze politiche: è qui che tra i corsi di Scienze politiche, Relazioni internazionali e Diritti umani si contano 101 studenti over 50. Seguono poi le facoltà di Medicina e Chirurgia con 88 iscritti, Giurisprudenza con 76 iscritti, e ancora Ingegneria con 44, Scienze con 42 e, infine, Agraria e Medicina veterinaria.

Da Padova ci spostiamo a Milano, raccontando i dati dell’Università Statale di Milano e l’Università Milano Bicocca. Intanto, un dato: per l’anno accademico in corso risultano iscritti presso l’Università di Milano Bicocca 339 studenti over 50 a fronte di una popolazione studentesca di 38.299 iscritti. Anche alla Bicocca, la prevalenza di studenti senior sceglie di frequentare corsi di laurea in materie umanistiche. La percentuale resta la

stessa anche nell’altro ateneo lombardo: all’Università Statale di Milano si contano in totale 615 studenti senior, in prevalenza uomini (333) e 282 donne con la maggioranza iscritta a Studi umanistici. Sono 220 gli uomini che frequentano corsi di laurea dedicati alle Humanea Litterae e 170 le donne. Seguono poi le facoltà di Giurisprudenza (che conta 29 studentesse e 30 studenti), e Scienze politiche, economiche e sociali (che conta 28 donne e 31 uomini). E ancora la facoltà di Medicina e Chirurgia con 25 donne e 7 uomini, poi Scienze e tecnologie (16 donne e 33 uomini). Numeri bassi si registrano a Mediazione linguistica (6 donne e 2 uomini), Scienza del farmaco (4 donne e un uomo), Scienze agrarie e alimentari (3 donne e 6 uomini) e, infine, Medicina veterinaria

che conta una sola iscritta over 50. Il nostro viaggio nelle università italiane prosegue e fa tappa a Bologna, all’Alma Mater Studiorum, la prima università dell’Occidente e - secondo molte fonti storiografiche - anche la più antica al mondo. Ad oggi si contano 1.255 iscritti over 50. I senior, tra i banchi del capoluogo emiliano sono così distribuiti: il numero più alto si registra nelle facoltà di Studi umanistici con 531 studenti. Seguono poi Giurisprudenza con 166 iscritti (una popolazione che in percentuale corrisponde a oltre il 2% del totale), Ingegneria e architettura con 101 iscritti. Non sono sul podio ma hanno un considerevole numero di iscritti anche le facoltà di Medicina e Chirurgia (74), Scienze dell’educazione e della formazione (73). Seguono - con

lo stesso numero di iscritti, quindi 54 - le facoltà di Economia e management e Scienze. E ancora, Scienze politiche con 46 iscritti, Sociologia con 36, Lingue e letterature straniere con 35, Scienze agro-alimentari (30) e, infine, Psicologia (19), Farmacia e biotecnologie (12). In coda Scienze statistiche, Medicina veterinaria e Scienze motorie. Dall’università più antica al mondo, arriviamo all’ateneo più grande d’Europa: Sapienza. È qui, tra i vari plessi dislocati in vari quartieri di Roma, che studiano 2.057 studenti senior. E anche qui, i senior scelgono gli studi umanistici in prevalenza. Già, perché sono 530 gli iscritti alla facoltà di Lettere e Filosofia e 326 gli iscritti alla facoltà di Scienze politiche, Sociologia e Comunicazione. Seguono poi le facoltà di

Giurisprudenza con 252 iscritti over 50 e ancora Medicina e Psicologia (150), Medicina e Odontoiatria (140). Con 122 iscritti c’è la facoltà di Architettura e con 116 Farmacia e Medicina. Infine, Economia (106), Ingegneria dell’informazione, Informatica e Statistica (113), Ingegneria civile e industriale e Scienze matematiche e fisiche naturali hanno lo stesso numero di iscritti 101. Anche a Tor Vergata, Università degli Studi di Roma, la prevalenza di iscritti si registra alla facoltà di Lettere e Filosofia con 194 studenti senior. Con 113 studenti over segue la facoltà di Medicina e Chirurgia, poi Giurisprudenza con 56, Ingegneria con 24, Scienze matematiche e fisiche naturali con 19 ed Economia con 12.

Università di Bologna

STATALE, PRIVATA E TELEMATICA A OGNUNO LA SUA

Oltre alle opportune considerazioni per la scelta della facoltà, prima di intraprendere un nuovo percorso di studi si rendono spesso necessarie ulteriori valutazioni come la distanza, i costi da sostenere o un impiego da portare avanti Cosa offre il panorama universitario italiano per andare incontro a esigenze specifiche

Al traguardo del diploma di maturità si aprono nuovi scenari da valutare rispetto al proprio futuro, non ultimo quello della scelta di un nuovo percorso di studi su cui non tutti possiedono necessariamente un’idea precisa. Il sistema italiano di formazione superiore propone una vasta gamma di percorsi di istruzione terziaria che si articolano su 3 cicli principali: il corso di laurea, di durata triennale, ha l’obiettivo di assicurare agli studenti un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali e l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali; il corso di laurea magistrale (biennale), successivo al conseguimento di una laurea, offre una formazione avanzata per esercitare attività di elevata qualificazione in ambiti specifici; infine, il dottorato di ricerca, che prevede una durata minima di tre anni e permette di acquisire una corretta metodologia per la ricerca scientifica avanzata. I numerosi percorsi di studio a disposizione possono essere frequentati, oltre che nelle università, anche

presso specifiche istituzioni come, ad esempio, quelle dell’Alta Formazione Artistica-Musicale-Coreutica (Afam), che offrono un’accurata preparazione nell’ambito delle arti; le Scuole Superiori per Mediatori Linguistici (Ssml), che garantiscono competenze tecnico-linguistiche in almeno due lingue straniere; gli Istituti Tecnici Statali (Its) che, attraverso una formazione specifica, permettono un rapido accesso al mondo del lavoro, con particolare riferimento al settore delle piccole e medie imprese. Ma fare una scelta consapevole, oltre a comportare un’attenta analisi delle proprie attitudini, induce a valutare anche le singole esigenze economico-organizzative. Per questo, con l’avvio del nuovo anno accademico in corso, facciamo una panoramica sui luoghi di frequenza del sistema di istruzione terziaria, soffermandoci in particolare su università pubbliche, private e telematiche. Presenti in tutte le regioni italiane, Valle d’Aosta esclusa, i 61 atenei pubblici sono finanziati attraverso fondi statali e rette degli studenti, calcola-

te sulla base dei redditi familiari per garantire il diritto allo studio. Prevedono inoltre agevolazioni, a seconda dell’università, legate agli esami sostenuti, alla media dei voti o a eventuali fratelli già iscritti. Ciascuna regione si avvale di un proprio ente che gestisce l’erogazione di borse di studio e servizi, con l’intento di ridurre i costi a carico degli studenti, compresi quelli legati ad alloggi e mense. In linea generale, ciò che spinge a optare per un ateneo statale è senza dubbio l’ampia gamma di facoltà a disposizione e le diverse opportunità di tirocinio o stage, anche se spesso

a incidere sulla scelta è anche la fama dell’ateneo data, non di rado, da una lunga storia e dal passaggio di personaggi illustri.

Nel tempo, anche le istituzioni private riconosciute dal ministero dell’Università e della Ricerca (Mur), attualmente 20 presenti in 10 regioni, hanno guadagnato il loro spazio nel mondo del sistema italiano di formazione superiore. A seguito di autorizzazione ministeriale possono rilasciare titoli di studio aventi valore legale in funzione di una corretta adozione della legislazione universitaria nazionale vigente. Il percorso

che conduce al riconoscimento da parte del Mur prevede anche un’attenta valutazione dell’ordinamento didattico e della certificazione della qualità della docenza, nonché dei requisiti di sostenibilità economica e di adeguatezza della sede da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Forti di una consistente offerta di laboratori, stage e tirocini, richiedono solitamente l’erogazione di una retta più alta rispetto a una struttura pubblica, anche se i costi variano da istituto a istituto e offrono spesso la possibilità di usu-

Ogni regione si avvale di un proprio ente per la gestione ed erogazione di borse di studio e servizi

fruire di diverse agevolazioni. Introdotte in Italia negli Anni 2000, le università telematiche, mettono a disposizione percorsi di istruzione e formazione tramite l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che consentono agli iscritti di studiare in modalità e-learning (a distanza, ndr) pur richiedendo la presenza obbligatoria per sostenere gli esami di profitto e in occasione della tesi di laurea. A fronte di un percorso di studi della medesima durata di qualsiasi ateneo, questa tipologia di università viene spesso scelta per la necessità di conciliare lavoro e studio, poiché consente di usufruire di lezioni e materiale didattico divulgato online e utilizzabile dall’iscritto in base alle proprie esigenze. Come per le università private, il loro riconoscimento da parte del Mur preclude il rispetto di determinati requisiti attraverso il sistema di valutazione applicato dall’Anvur. In Italia, le università telematiche riconosciute sono attualmente 11, tutte di diritto privato.

Primo piano

IL “LUSSO” DI ESSERE STUDENTI FUORI SEDE

Rincaro affitti, anche solo per una stanza tasse e spese extra. La vita universitaria lontano da casa, tra bilanci familiari spesso in bilico e la necessità di risparmiare

Se studiare all’università è un diritto, essere studenti universitari fuori sede è una scelta, spesso obbligata, che può avere costi elevati. Quella dei fuori sede è una comunità di quasi 400mila studenti, ognuno dei quali si fa carico di una spesa media annua di oltre 17mila euro, cifra su cui incidono soprattutto le tasse universitarie, l’alloggio, ma anche i trasporti e il materiale didattico (dati: report Universitari al verde, dell’Unione degli Universitari Udu).

La ricerca di un affitto, affidato il più delle volte ai siti di annunci online, dà alle famiglie un’idea delle spese da sostenere. Cercando un affitto per studenti a Roma, si parte da un minimo di 380 euro ad un massimo di 500 euro al mese per una stanza singola, spese condominiali e utenze escluse, in una zona servita dalla metropolitana. Altrimenti a pochi passi dall’Università il prezzo sale, con una forbice che va dai 600 e ai 900 euro di affitto per stanza singola, escluse le spese. Non va meglio a

chi studia a Milano, da fuori sede: si va da un posto letto in stanza doppia al costo di 350 euro mensili, a una stanza singola a 700 euro. Come nel caso di Jacopo, studente di Medicina al San Raffaele. «L’affitto è 700 per una stanza, in zona abbastanza centrale. Vivo qui per stare vicino a mio fratello, e prendo i mezzi per andare all’università. La rete metropolitana però è eccellente, e per gli under 26 costa 22 euro al mese. Nel mio budget includo anche i rientri in Sicilia. Prenotando con un paio di mesi di anticipo, pago almeno 150 euro solo andata».

Con tutte le voci di spese che mensilmente si sobbarca uno studente fuori sede, non manca chi cerca di ritagliarsi il tempo per fare qualche ora di lavoro, o chi cerca di risparmiare sui soldi che la famiglia invia mensilmente. «Il mio carico complessivo di spese mensili è di 450 euro - spiega Emanuele, 24 anni di Fossano, che vive nel quartiere romano di Colli Albani -. Ho concordato con i miei genitori che loro pagano tasse e affitto, mentre io mi sono trovato un lavoro a chiamata. Per precauzione». Ha potuto risparmiare invece sul costo dell’affitto la sua collega in Accademia teatrale, Alessia della provincia di Siena. «A Roma ho avuto la fortuna di abitare a casa dei miei zii, a Ostia Antica. Tolto l’affitto, ho la spesa dei mezzi che è di 200 euro l’anno, ed essendo automunita i costi della macchina. A questo vanno aggiunte poi le tasse universitarie. Non ho il tempo di lavorare, ma ho sempre messo da parte 25/50 euro». Una possibilità di risparmio sull’affitto è il Bonus Studenti Universitari fuori sede previsto dal Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi), che detrae il 19% sulle spese di affitto sostenute. Il rimborso è fino a 500 euro. Per farne richiesta, l’immobile deve

essere nel comune dove ha sede l’università e distare almeno 100 km da quello di residenza, o 50 km se si proviene da zone montane.

Ma a incidere sulle spese annuali di uno studente fuori sede sono anche le tasse universitarie, calcolate in base all’Isee. Un metodo di calcolo che include nel reddito effettivo i beni immobili, creando «un meccanismo perverso che aumenta l’Isee in modo ingiustificato - spiega Massimo, papà di una studentessa fuori sede

e pensionato -. Pur avendo un solo reddito molto basso, le tasse universitarie sono altissime, perché ho una casa ereditata dai genitori che non riesco a vendere». Gli fa eco Elisabetta, mamma di una studentessa fuori sede a Viterbo: «I miei genitori ci hanno lasciato due case, e così non rientriamo nella soglia massima dei 30mila euro di Isee. Io e mio marito siamo dipendenti, ma paghiamo il massimo delle tasse». E aggiunge: «Almeno noi abbiamo un lavoro, ci

sono famiglie in cui i ragazzi devono rinunciare a studiare».

Nel mercato al rialzo che coinvolge gli studenti fuori sede, l’alternativa possono essere le Case dello Studente, a patto che i finanziamenti siano investiti in alloggi pubblici e non solo privati, che «possono arrivare a costare anche 1.000 euro al mese», puntualizza il coordinamento nazionale dell’Udu.

Un diritto allo studio universitario che, per i fuori sede, resta parziale.

«VI RACCONTO PERCHÉ HO DECISO DI RITORNARE ALL’UNIVERSITÀ ALLA SOGLIA DEI 50 ANNI»

Elisabetta ha scoperto la sua passione per l’insegnamento grazie al volontariato aiuta i bambini di una casa-famiglia a fare i compiti Sta per prendere la sua seconda laurea e spiega «Non è difficile studiare da adulti Anzi, può essere più facile»

di Chiara Ludovisi

L’università non ha età. O, per dirla come il maestro Manzi, «non è mai troppo tardi».

Elisabetta Bergamaschi ne è la prova vivente: una prima laurea in Economia e Commercio, conseguita quando era già mamma, un’altra, la seconda, da prendere nei prossimi mesi, ormai alla soglia dei 50 anni. «Qualche tempo fa ho scoperto, grazie al volontariato, il mio amore per l’insegnamento. E mi sono detta: “Perché no?”. Sentivo l’esigenza di acquisire strumenti e competenze, che mi permettessero di offrire un servizio migliore ai ragazzi e le ragazze che seguivo. Così, mi sono iscritta a Scienze dell’Educazione e ho ripreso a studiare. Ho sostenuto tutti gli esami e mi sarei già laureata. Peccato che su un Frecciarossa Milano-Roma mi abbiano rubato il trolley, con il portatile dentro: conteneva quattro capitoli pronti della mia tesi. Ne mancava solo uno e l’avrei conclusa. È stato terribile, per molto tempo ho avuto un rifiuto per lo studio, stavo quasi per rinunciare.

Ma ora sto ritrovando la motivazione e l’energia, e punto a laurearmi entro la fine dell’anno». Così, Elisabetta ha ricominciato a scrivere la sua tesi dall’inizio: una tesi sull’evoluzione della scuola, da Gentile ai giorni nostri, su «cosa è cambiato da allora e cosa, invece, purtroppo è rimasto pressoché identico - spiega -. Mi sono resa conto di quanto la nostra scuola stia indietro e di come sarebbe importante che si rinnovasse». La passione è tanta, insomma, ma il tempo è poco: dedicarsi allo studio non è semplice, con una figlia di 12 anni impegnata nel tennis agonistico, che deve essere accompagnata ad allenamenti, partite e tornei, spesso fuori città: «Mi divido tra il mio lavoro di ricercatrice all’Eurispes e i suoi impegni scolastici e sportivi. Studio quasi sempre la sera tardi e la mattina presto, qualche volta anche la notte. Ma tutto si può fare, basta volerlo». Studiare da adulti ha però anche i suoi vantaggi: «Se è vero che il tempo è di meno, è vero anche che si ha una maggiore consapevolezza di sé e

una migliore capacità di individuare i temi principali, i nodi salienti e sintetizzare ed esporre in modo adeguato. Questo rende l’impresa dello studio un po’ più semplice, rispetto a quando si è giovani». E la memoria non è arrugginita? «Se si è completamente fuori esercizio, perché non si studia da molti anni, ci vuole un po’ di tempo, soprattutto per ritrovare un metodo. Ecco, questo è fondamentale: il metodo. È quello che ho cercato di trasmettere a mia figlia, fin dalle elementari. E anche ai bambini che aiuto nello studio». I bambini sono quelli di una casa-famiglia di Roma, presso la Fondazione Protettorato San Giuseppe, che da tanti anni Elisabetta frequenta come volontaria. Proprio da qui è nata l’esigenza di rimettersi in gioco, di ricominciare a studiare, di tornare all’università. «In particolare, ho seguito per molto tempo Daniele (nome di fantasia): ogni giorno lo aiutavo a studiare, per prepararlo all’esame di terza media prima e poi, quest’anno, al diploma superiore. Quest’anno ha raggiunto il traguardo, peraltro con ottimi risultati. È stato un percorso bellissimo, in cui ci siamo arricchiti tutti, io per prima. Ho continuato a seguire Daniele nello studio anche dopo che è uscito dalla casa famiglia: grazie al lavoro fatto insieme a tutti quelli che lo hanno sostenuto, oggi vive di nuovo con i suoi genitori. Così, andavo a casa sua, per studiare insieme a lui. E soprattutto con lui, ho scoperto quanto sia bello insegnare. Chissà che con questa laurea non decida di diventare insegnante. Per ora, penso alle tesi, poi penserò al futuro». Quel che è certo è che Elisabetta non studia per trovare un lavoro, visto che un lavoro ce l’ha da quando è giovane: «Appena diplomata, ho scelto di andare via di casa, quindi ho iniziato subito a lavorare. Solo più tardi mi sono iscritta e Economia: ho soste-

«Non mi presenterei mai impreparata a un esame

Nessuno ti fa sconti nemmeno professori più giovani di te»

nuto il primo esame con il pancione, Lucrezia sarebbe nata pochi giorni dopo. È cresciuta vedendomi studiare, è abituata ad avere una mamma alle prese con i libri e con gli esami». La fatica è tanta, soprattutto all’inizio: «Quando mi sono iscritta all’università la prima volta, non studiavo da più di 5 anni: non è stato facile. Non è questione di età, ma di esercizio e soprattutto, come dicevo, di metodo: una volta riconquistato quello, si apprende con maggiore facilità rispetto a quando si è giovani, anche grazie alla migliore dialettica che si ha da adulti. Certo, non mi presenterei mai a un esame impreparata: nessuno ti fa sconti, neanche un professore più giovane di te. Al contrario, uno studente adulto ben preparato riesce spesso a trasformare l’esame in un bel confronto con l’insegnante. A me è successo molte volte, ma ho visto anche studenti ‘attempati’ bocciati. Forse si erano illusi di potersela cavare solo grazie alla loro età».

Di sicuro, ci vuole tanta buona volontà: «Mi è capitato di affrontare tomi di 500-600 pagine: una bella impresa, dovendosi dividere tra mille impegni. Ma tanto era l’interesse per quello che studiavo e tale il desiderio di acquisire competenze che ritenevo utili, che non ho sofferto più di tanto - assicura Elisabetta -. Sono contenta della mia scelta. Più stanca, ma più ricca».

VIAGGI IN AEREO

CHI SONO I VICINI DI POSTO PIÙ ‘FASTIDIOSI’

Il peggior incubo degli italiani durante un viaggio aereo è il vicino di posto maleducato, che risulta essere la principale fonte di fastidio per il 47% dei viaggiatori, che preferiscono voli all’insegna di relax, musica e un buon libro. È quanto emerge dalla ricerca condotta da Volotea in collaborazione con Analytics Arts sulle attitudini e gli interessi dei viaggiatori italiani. L’indagine quantitativa ha interessato un campione rappresentativo della popolazione, in termini di età, genere e area di provenienza e ha coinvolto consumatori tra i 25 e i 70 anni che hanno preso un aereo nell’ultimo anno. E se quasi la metà del campione tollera poco un vicino troppo invadente - sono soprattutto gli uomini (54%) rispetto alle donne (40%) a non sopportare un passeg-

di Stefano Marino

L’indagine rivela attitudini e comportamenti degli italiani in volo

gero maleducato -, un altro elemento di fastidio durante un volo sono le turbolenze, più precisamente per il 27% dei rispondenti. Per questo, forse, quasi il 65% dei viaggiatori ha affermato di prestare attenzione agli annunci di sicurezza degli assistenti di volo, così da essere pronti a qualsiasi evenienza. Anche in questo caso, emerge una differenza significativa tra uomini e donne: sono le donne, infatti, ad essere più infastidite dalle turbolenze (33%) e ad ascoltare con più attenzione gli annunci di sicu-

rezza (68%). Tra le altre fonti di maggior fastidio durante un viaggio aereo ci sono poi la temperatura troppo alta o bassa all’interno della cabina (13%) e, in ultima posizione, forse anche un po’ a sorpresa, proprio i capricci dei più piccoli (12%).

Nella top 3 delle attività ad alta quota ci sono riposarsi (54%), ascoltare musica (48%) e leggere un libro (40%). Inoltre, mentre i più giovani nella fascia di età 25-34 preferiscono ascoltare musica (69%) o guardare un film o una serie tv (40%), gli over 55 si dedicano a socializzare con gli altri passeggeri (35%). Cruciverba e riviste? Si aspetta di essere in spiaggia sotto l’ombrellone. Rispettivamente solo il 21% e il 27% dei rispondenti ha affermato di intrattenersi in questo modo durante un volo aereo.

DIETRO LE QUINTE DI IMMAGINA 2024 LE OLIMPIADI 50&PIÙ COMPIONO TRENT’ANNI

A salire sul gradino più alto del podio è 50&Più Lecce, seguita da Salerno e Vercelli. Nell’ambito del grande evento a Marina di Pisticci, anche le semifinali della 20ª edizione di Italia In…Canto

Partecipazione, condivisione e amicizia, e ancora sport, cultura e musica. Sono questi gli ingredienti della quarta edizione di Immagina 2024. All’interno del grande evento - ideato e promosso da 50&Più – che si è svolto a Marina di Pisticci, in provincia di Matera - dal 15 al 22 settembre, e che ha raccolto oltre 700 partecipanti – anche le Olimpiadi 50&Più e le Semifinali della 20a edizione di Italia In…Canto. Otto giorni che hanno celebrato un anniversario importante: i giochi olimpici hanno spento trenta candeline. Circa 600 atleti (253 uomini e 344 donne) si sono sfidati in tredici discipline sportive: dal ciclismo al nuoto, dal tiro con l’arco alla maratona, dalla marcia al tennis - solo per citarne alcune -, i partecipanti hanno dato prova di entusiasmo e preparazione tecnica. Ad accendere la fiamma olimpica, un testimonial d’eccezione: Maurizio Damilano, campione di marcia alle Olimpiadi di Mosca 1980, affiancato dai vincitori assoluti della scorsa edizione. A vincere la trentesima edizione delle Olimpiadi è stata 50&Più Lecce

Mario Fadda

con 1.532 punti. Al secondo posto l’associazione provinciale di Salerno con 807 punti, al terzo posto Vercelli con 656. La squadra di Lecce ha conquistato il maggior numero di medaglie in questa 30a edizione: 45 in tutto (14 d’oro, 15 d’argento, 16 di bronzo). Seguono Belluno con 24 medaglie (9 ori, 7 argenti, 8 bronzi) e Vercelli con 21 (8 ori, 8 argenti e 5 bronzi). Nella classifica regionale il primo posto con 2.253 punti è andato alla Puglia. Sul secondo gradino del podio il Veneto con 1.375, mentre si è classificata terza la Lombardia con 1.010 punti. Tanti i vincitori anche in questa trentesima edizione olimpica: Alessandra Graziuso dalla provincia di Lecce ha vinto nella categoria assoluti donna con 96 punti. Al secondo e al terzo posto si posizionano rispettivamente Silvia Paola Chiaratti con 93 punti della provincia di Roma e Antonia Clara Mattiello della

provincia di Milano con 76. Con 100 punti si laurea vincitore degli assoluti maschili, invece, Massimo Bernasconi della squadra di Bergamo. Al secondo posto, con 86 punti, Antonio Clemente di Lecce. La terza posizione va a Walter Fornasiero della provincia di Padova con 80 punti. Oltre le gare e i tornei, a Immagina 2024, tante altre iniziative: le passeggiate in bici con il campione del ciclismo Francesco Moser - anche quest’anno “lo Sceriffo” ha offerto un’esperienza sportiva ai partecipanti - la presentazione del libro Gigi Riva. Il campione, l’amico, il mito con Mario Fadda che, insieme a Umberto Oppus, ha scritto l’opera. La gara di ballo, giunta all’ottava edizione che ha portato sul gradino più alto del podio 50&Più Salerno con Giulio Rocco Castello e Sofia Palumbo (Salerno), al secondo posto Alfonso La Rocca e Maria Avagliano (Salerno) e al terzo Domenico Tomaino e Rita Cortesi (Milano). Ad aggiudicarsi, invece, il primo posto nel torneo di Burraco la coppia Adele Bonetta e Pina Renna di Lecce, a seguire Antonio Clemente e Caterina De Filippis, anche loro di Lecce. Terza classificata la coppia formata da Giulio Rocco Castello e Sofia Palumbo di Salerno.

A margine dell’evento, Seba -

Giulio Rocco Castello e Sofia Palumbo vincitori della gara di ballo

Eventi 50&Più

stiano Casu, Vicepresidente vicario nazionale, ha commentato: «Trent’anni sono un traguardo importante, raccontano la nostra storia ma anche la tenacia e la determinazione di atleti non più giovanissimi che si mettono in gioco con passione e coraggio. Immagina 2024 è stato un grande evento, un appuntamento a cui hanno risposto centinaia di soci provenienti da ogni parte d’Italia che, a Marina di Pisticci, hanno rinnovato i valori della nostra associazione. Continuiamo a fare la nostra parte per favorire sempre di più la socialità e la condivisione affinché a ognuno - giovane o anziano - venga riconosciuto il diritto di essere parte attiva della comunità».

All’appuntamento di Marina di Pisticci anche le Semifinali di Italia, il concorso canoro dedicato ai senior che quest’anno giunge alla sua ventesima edizione. A Immagina 2024 sono stati trentaquattro i concorrenti che nell’arco di due serate - guidati tecnicamente dal maestro Gaetano Raiola - si sono esibiti sul palco a colpi di grandi successi della musica italiana. Ad ascoltare gli artisti, provenienti da ogni parte d’Italia, una giuria d’eccezione composta da Marzia Apice, giornalista Ansa, Anna Bisogno, professore associato di Cinema Radio Televisione presso l’Università Telematica Mercatorum, e Valentino Favoino, direttore d’orchestra e compositore. I nomi degli artisti passati in finale saranno resi noti prossimamente sui canali 50&Più.

Una cerimonia di chiusura ha visto gli atleti festeggiare insieme, tra musica e spettacoli. In un’atmosfera di amicizia e sano agonismo, i partecipanti hanno ricevuto la medaglia del trentennale per ricordare la storia dell’appuntamento sportivo ma anche i valori che da sempre contraddistinguono la competizione.

Sebastiano Casu

Il percorso della vitalità

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Storia e misteri

STORIA DI UNA LEGGENDA

Alle origini del mito dell’eroico condottiero britannico e dei cavalieri della Tavola Rotonda di Anna Costalunga

Nel Medioevo nessuno

metteva in dubbio l’esistenza di re Artù, della Tavola Rotonda e del regno di Camelot, ma il ciclo arturiano che oggi conosciamo è in realtà frutto di stratificazioni e commistioni storico-letterarie con un’unica certezza, che i temi della saga hanno finito col rappresentare l’archetipo del mondo dei cavalieri in Occidente. Il mito risale al VI secolo, quando le isole britanniche sono invase da tribù anglo-sassoni. Le cronache parlano di un condottiero celta-romano, Ambrosius Aurelianus, che sconfigge i nemici e ferma l’invasione, inaugurando un periodo di pace. Le sue gesta sono raccontate dal monaco Gildas pochi decenni dopo i fatti, ma occorreranno tre secoli perché il vincitore dei sassoni appaia con il nuovo nome di Artù nell’ Historia Brittorum (Storia dei Britanni) scritta dal clerico gallese Nennio.

Le prime fonti letterarie Tra l’XI e il XII secolo nascono i primi testi letterari sulla figura di un re guerriero circondato da una corte fastosa e impegnato in imprese eroiche alla ricerca di oggetti magici. Intorno al 1136 Goffredo di Monmouth scrive un’opera celebrativa per assegnare ai britanni, sconfitti dai normanni di Guglielmo il Conquistatore, un passato glorioso. Nella sua Historia Regum Britanniae (Storia del Regno di Britannia), un bestseller in tutta l’Europa medioevale, Artù è l’eroe bretone che conquista l’Irlanda e sfida Roma. Un adattamento successivo delle vicende da parte del poeta di corte francese Chrétien de Troyes (1130-1191) trasforma il tema della guerra e della

conquista dando spazio alle vicende amorose e all’avventura: con l’epica cavalleresca e l’amor cortese nasce la saga di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. L’ultimo a scrivere un’opera sull’argomento è l’inglese Thomas Malory, l’autore di Morte di Artù (1485), considerata la versione letteraria più nota e completa della leggenda.

Nascita di un eroe

A Tintagel, in Cornovaglia, - racconta Malory - il re di Britannia Uther Pendragon, travolto dalla passione per la moglie del duca Gorlois, la bella Igraine, chiede al mago Merlino di usare la magia per prendere le sembianze del rivale. In questo modo può giacere con lei e da questa unione illegittima nasce Artù, che Uther affida in fasce a Merlino. Anni dopo il trono vacante di re di Britannia sarebbe spettato a colui che fosse stato in grado di estrarre una spada infissa nella roccia: impresa che incredibilmente riesce solo all’adolescente Artù con l’aiuto del precettore mago. Assicurato il potere anche grazie alla spada magica Excalibur - il cui fodero impedisce al portatore, se ferito, di sanguinare - il giovane sposa Ginevra e alla Tavola Rotonda del castello di Camelot (identificata oggi con Winchester) raduna i suoi cavalieri impegnati nel giuramento di difendere gli orfani, le vedove e la Chiesa.

Il cinema scopre la Tavola Rotonda nel 1953 con Robert Taylor e Ava Gardner nei panni di Lancillotto e Ginevra e Mel Ferrer in quelli di Artù. Il 25 dicembre 1963 esce nelle sale La spada nella roccia, il cartone della Disney, ennesima reincarnazione della leggenda. Il musical Camelot è del 1967: pochi anni prima il governo di John Kennedy si fa soprannominare proprio Camelot, con il presidente nel ruolo di Artù e i suoi più fidati consiglieri in quello dei cavalieri della Tavola Rotonda. Il mito dell’età d’oro arturiana continua.

La fine di Artù

Presto però i cavalieri si disperdono nel mondo in cerca del Santo Graal (il calice utilizzato da Gesù nell’ultima cena, in cui fu raccolto poi il sangue uscito dalla ferita sul costato), e molti non fanno più ritorno. La pace nel regno comincia a vacillare, il fidato Lancillotto tradisce il suo re innamorandosi di Ginevra: Mordred, il figlio di Artù, rivela il tradimento dando vita a una lotta finale nella quale lo stesso Artù soccombe. Mentre sta morendo, l’ultimo cavaliere sopravvissuto, Bedivere, getta Excalibur nel lago e il re dei britanni, adagiato in una barca, raggiunge la nebbiosa isola di Avalon, dove viene sepolto.

Tra sacro e profano

Secolo dopo secolo l’uomo e la leggenda si fondono dando vita ad una saga immortale. Non fu facile nel Medioevo armonizzare gli aspetti e le figure magiche e pagane della leggenda, a partire dal mago Merlino, probabilmente un sacerdote celtaun druido - retaggio dell’era precristiana. Si introdusse così col Santo Graal il tema mistico-religioso (siamo nell’epoca delle Crociate e l’interesse per le reliquie in Terra Santa è altissimo), visto come dispensatore di grazia divina e di salvezza. L’adultero Lancillotto lo cercherà invano, in un lungo e sofferto pellegrinaggio. Solo i puri di cuore come Percival (suo figlio) concluderanno la ricerca. L’operazione di fusione ha successo tanto che il riferimento al Santo Graal e ad Artù compare in vari luoghi religiosi, come nel mosaico del pavimento del duomo di Otranto, dove ancora oggi è ben visibile. Mentre a Chiusdino (Si), un’antica abbazia cistercense e il vicino eremo di Montesiepi custodiscono intatto il segreto del cavaliere Galgano e della spada nella roccia toscana.

DARK WEB, IL LATO OSCURO DELLA RETE

Sotto la superficie di internet si nasconde un “luogo” potenzialmente pericoloso, accessibile solo con specifici strumenti. Dove si può trovare davvero di tutto

Proviamo a immaginare internet come un iceberg circumnavigabile. Enorme e cristallino. Con un piccolo appunto: quello che vediamo e usiamo ogni giorno, i siti che navighiamo sono solo la sua punta. Sotto la superficie, nascosto agli occhi della maggior parte degli utenti, si estende il vasto e misterioso mondo del Dark Web. Ma cos’è il Dark Web? Potremmo definirlo come quella parte di internet che non è indicizzata dai motori di ricerca comuni come Google. Questo significa che non è possibile accedervi con le normali ricerche che facciamo quotidianamente o digitando un indirizzo nella barra di ricerca. Esistono “speciali porte d’accesso”, una di queste è Tor, un browser che garantisce l’anonimato, nascondendo identità e posizione. Una volta superata la barriera d’accesso, ci si trova in un universo parallelo, dove tutto sembra più oscuro e ambiguo. Nel Dark Web si può trovare ogni cosa, dai forum dedicati alla libertà di espressione alle comunità di hacker, passando per mercati neri dove si commerciano droghe, armi e identità rubate. È come entrare in un luogo senza leggi, in cui l’ombra si confonde con la luce ed è facile imbattersi in contenuti illegali di ogni genere o essere vittima di truffe. Eppure, in questo “internet di confine” esiste un lato ancora meno conosciuto. In molte parti del mondo, tra guerre, regimi e censura, dove la libertà di parola è limitata, il Dark Web diventa un rifugio per attivisti e giornalisti; uno spazio per esprimere opinioni senza temere ripercussioni. Il mondo appena nascosto sotto la superficie delle nostre ricerche su Google possiede sicuramente il fascino del proibito. Ma un suggerimento è doveroso: esplorarlo non è un’avventura per tutti e per entrarci bisogna utilizzare cautela e i giusti software per proteggere la propria identità. Perché sotto l’iceberg le acque sono piuttosto turbolente.

IL DRAGO “NASCOSTO”

La diga di Odeleite, situata nella regione dell’Algarve, Portogallo, è diventata famosa negli ultimi anni per una curiosa caratteristica: la sua laguna, vista dall’alto, assume la forma di un maestoso drago blu. Questa scoperta ha catturato l’attenzione di molti, trasformando la diga in un’attrazione turistica e in un soggetto di grande fascino.

IL RITORNO DEL VILLAGGIO SCOMPARSO

In Grecia, nella regione dell’Attica, la siccità ha riportato alla luce il villaggio di Kallio, sommerso nel 1980 dal lago artificiale di Mornos per costruire una diga e rifornire d’acqua Atene. È la seconda volta che ricompare, dopo il 1993. A causa delle alte temperature e la scarsità di piogge, il lago è calato di 35 metri, facendo riemergere parzialmente ruderi e case senza tetto.

RICCHI DI GENEROSITÀ

Il Potlatch è un’antica tradizione dei nativi americani del Pacifico nord occidentale che sfida le convenzioni sulla ricchezza, in cui i capi tribù donano o distruggono i propri beni per guadagnare prestigio. Questa pratica sopravvive ancora oggi in forme modificate, enfatizzando valori come la generosità, la reciprocità e il rispetto per la comunità.

Cultura

Visar Zhiti è uno dei maggiori scrittori albanesi, forse il più complesso e completo dopo la morte di Ismail Kadare. Poeta e narratore, ha scritto molti libri di poesie, racconti, romanzi, saggi. L’ultimo è una splendida raccolta delle sue poesie, Strade che scorrono dalle mie mani, cui è stato assegnato il Premio Internazionale Camaiore che negli anni ha premiato poeti come Heaney, Evtusenko, Seuss, Luzi e il poeta papa Wojtyla. La sua storia ha punte dolorose, quasi tragiche: perché molto giovane è stato condannato a dieci anni di carcere dal regime dittatoriale albanese per la sua poesia. Dopo la caduta dell’impero comunista ha lavorato per molti anni nella diplomazia presso l’ambasciata d’Albania a Roma, al Vaticano e a Washington (dove vive). È ora uno scrittore tradotto e conosciuto in molti paesi, testimone di un tempo di ferocia che ha fatto morire in carcere centinaia di scrittori e intellettuali come lui. Lo incontro in occasione del Camaiore e la prima domanda è d’obbligo: le sue poesie erano davvero contro il regime? C’era consapevolezza di urtare una sensibilità politica, per usare un eufemismo? Zhiti in maniera lucida ripercorre la sua odissea: «Mah, davvero non sapevo che stavo scrivendo contro qualcuno e qualcosa. Mi sembrava naturale respirando l’aria del tempo, ciò che vedevo intorno a me. Mandai la raccolta Rapsodie della vita delle farfalle all’unico editore esistente, di regime. Fu reputata ‘triste’, non conforme alle direttive politiche, con un linguaggio simile a quello di Esopo, troppo ricco di metafore. L’accusa era di aver fatto propaganda contro il regime, io in realtà non avevo mai diffuso i miei versi. In una poesia, La democrazia nella natura, avevo scritto che nel mondo naturale esiste una democrazia straordinaria, perché le rose non sono contro gli ulivi, gli uccelli non sono contro i cani e avremmo dovuto imparare da essa. Così a venti-

VISAR ZHITI , IL POETA

CHE HA SFIDATO

IL REGIME COMUNISTA

Condannato a dieci anni di carcere per la sua poesia ha lavorato nella diplomazia a Roma, al Vaticano e a Washington dove tutt’ora vive. A lui il Premio Internazionale Camaiore 2024

sei anni finii in carcere per dieci anni». Lo ha scritto Umberto Eco a proposito del suo caso: “ la poesia fa paura ai regimi autoritari e dittatoriali, anche se parla di rose”. Il regime proibiva la poesia. In carcere pensavo di scrivere per lasciare una testimonianza, dopo ho compreso che le ragioni erano più profonde, più magiche e quasi di ispirazione divina. Scrivendo ho voluto creare la nostra libertà perché, quando scrivi sei nella tua libertà e sei come gli altri scrittori, quelli che vivono a Roma, a Parigi, a Washington. Un’esperienza come la sua lascia tracce indelebili. Pensa di aver scritto dopo qualcosa a prescindere da questa ferita non chiusa? In carcere ho continuato a scrivere come potevo, nascondendo le poesie sotto la camicia, il materasso, le scarpe. Erano versi scritti mentalmente, imparandoli a memoria. Tutta una enciclopedia poetica della sofferenza. È un marchio, qualcosa di indelebile. Ma su questa esperienza è come cresciuta, si è rafforzata la mia vocazione a dire sia in versi che in prosa la mia realtà, la mia verità. Il regime proibiva la poesia perché in quel momento ero libero di esprimere le emozioni e la creatività. Ho letto le prime poesie di Kadare. Erano ispirate al realismo socialista. Si camuffava per vivere?

Poi per sua stessa ammissione adottò la tecnica della lontananza, della metafora: scriveva co-

me si tagliavano le teste dei funzionari dell’Impero ottomano. Kadare è un grande scrittore, un immenso scrittore. Ho avuto con lui rapporti di vicinanza, di amicizia. Le sue opere resteranno. Il problema è un altro, il regime aveva i suoi scrittori pagati per scrivere, gli altri li metteva in carcere. Si potrebbe dire: il regime ha sfruttato il talento di Kadare come Kadare ha sfruttato il regime. Lui come grande scrittore aveva creato il regime della sua libertà. Il visionario alato e la donna proibita, Il funerale senza fine… I suoi romanzi sono vere e proprie imprese narrative, non hanno l’impegno del memoir e dell’au-

tobiografia cui spesso si dedicano altri poeti. Ma si considera più poeta o più narratore?

La poesia è la scrittura continua, che non si interrompe mai. A frammenti, a sprazzi, a illuminazioni. La poesia rimane il contenitore prediletto del suo grido di libertà e riscatto. I romanzi hanno bisogno di continuità, hanno il passo lungo e lo impongono. Ne sto scrivendo un altro e ci vorrà del tempo perché sia completo.

Quali sono i temi di questo ultimo libro di poesia oltre quelli del dolore durante i dieci anni di carcere?

Il poeta scava nei meandri dell’anima, narrando di speranza, di desideri, di nuovi inizi e dando alla parola una valenza differente, attribuendole, così, un mondo tutto suo.

Lei perdona chi le ha rubato tanta vita?

Io posso perdonare chi ha fatto del male a me, ma non posso perdonare chi ha fatto male agli altri e all’Albania. Se chi ha commesso i crimini vuole il perdono, deve chiederlo ai morti, ai fucilati, a chi è sottoterra. Essi devono perdonare, sarebbe un loro diritto. Io, sì, l’ho fatto: le mie poesie sono una vendetta e un perdono e sono felice che esse abbiano trovato luce nel mondo, soprattutto in Italia, che per me è un’altra patria spirituale.

E infine: perché non torna in Albania, cosa glielo impedisce? I ricordi o altro?

Ho vissuto il carcere, sono un letterato albanese, ho lavorato con coscienza, amo la mia patria e la mia gente e dopo, quando il mio lavoro diplomatico è finito, mi sono sentito libero di trovare la strada del mio dolore e della mia tristezza. Ho scelto di vivere fuori dall’Albania, ma la patria è dentro di me, sono un pezzo di essa, tutto il mondo è patria per ognuno di noi. E così vivo lontano, in America, ma lontano da chi? È importante essere dentro sé stessi.

Strade che scorrono dalle mie mani
di Visar Zhiti PUNTOACAPO EDITRICE
di Renato Minore

Cultura GEORGE CLOONEY

E BRAD PITT UNA COPPIA

DI ‛LUPI SOLITARI’

I due attori tornano a recitare fianco a fianco in Wolfs la nuova pellicola di Jon Watts presentata alla recente Mostra del cinema di Venezia Un’occasione per parlare di lavoro e passioni in comune

Erano più di quindici anni che non recitavano insieme. L’ultima volta era stato in Burn After Reading-A prova di spia, black comedy dei fratelli Ethan e Joel Coen presentata nel 2008 alla Mostra del cinema di Venezia. George Clooney e Brad Pitt sono tornati lo scorso settembre proprio al Lido, in versione lupi solitari, per Wolfs, omaggio di Jon Watts al personaggio di Mr. Wolf di Pulp Fiction. Le star hollywoodiane hanno sfilato sul red carpet dell’81ª edizione del festival, entrambi accompagnati. Pitt, 60 anni, dalla fidanzata Ines de Ramon, con la quale ha una relazione da due anni. L’amico Clooney, 63, dalla moglie Amal Alamuddin, sposata nel 2014 a Venezia. Nell’action comedy, di-

sponibile su Apple Tv+, e che vede nel cast anche Amy Ryan, Austin Abrams, Poorna Jagannathan, Richard Kind e Zlatko Burić, Clooney interpreta un risolvi-problemi professionista as-

sunto per coprire in un hotel la morte di un giovane, che coinvolge un’importante funzionaria newyorkese. Quando, però, sulla scena si presenta un secondo lupo solitario, i due si ritrovano, loro malgrado, a dover lavorare insieme. Nel corso di una notte, avranno a che fare con dei malavitosi molto pericolosi. Per rimanere in vita, dovranno mettere da parte i loro dissapori e i loro ego smisurati, per portare a termine il lavoro. Sorridenti, disponibili con i fan, sempre tra «i più cool al mondo»

Sotto, George Clooney e Brad Pitt
alla Biennale di Venezia 2024
A destra, due scene tratte dal film Wolfs

(battuta del film), i due attori hanno parlato del loro ritorno sul set. «Invecchiando, mi piace lavorare e trascorrere il tempo sempre di più con le persone con cui mi trovo bene. E questo film è stato un buon motivo per recitare ancora con George», ha detto Pitt, che ha apprezzato sin da subito l’idea di Watts: «Jon si è presentato con un progetto che sembrava divertente, anche se quando abbiamo letto la sceneggiatura non ci è stato detto che ruolo io e George avremmo dovuto interpretare». Sul genere del film, l’attore ha poi spiegato: «Siamo cresciuti con gli action degli anni Settanta, sono nel nostro Dna, per noi i migliori, quelli che ci hanno fatto andare al cinema».

«Al di là dell’essere attore, ciò che mi spinge a scrivere, dirigere e produrre un film è soprattutto la voglia di fare qualcosa che mi diverte. Qui una battuta tirava l’altra, e abbiamo avuto spazio anche per improvvisare», ha raccontato Clooney, alla sua settima pellicola con Pitt, qui anche

in veste di produttori. «Giochiamo allo stesso gioco. Cerchiamo una storia, che sia davanti o dietro la macchina da presa, o entrambe le cose. Cerchiamo racconti che parlino dei nostri tempi, o che affrontino temi universali, o ancora che tocchino i cuori. È il potere del cinema», ha aggiunto Pitt. Wolfs sarebbe dovuto uscire al cinema, ma è stato così solo in alcuni paesi. «Volevamo che il film avesse una distribuzione ampia e globale nelle sale, ma poi ci sono stati degli intoppi. È chiaramente un peccato, ma il fatto che sia disponibile in streaming fa in modo che molte più persone lo vedano - ha detto Clooney -. Abbiamo bisogno dello streaming, è una rivoluzione nel nostro settore ma c’è ancora molto da capire. Quando erava-

mo giovani, esisteva lo Studio system. C’era un senso di protezione e tutela, che i giovani attori adesso non hanno più, perché c’è una democratizzazione dell’industria cinematografica. Ai miei tempi c’erano più di sessanta emittenti, mentre adesso ce ne sono settecento. L’industria beneficia delle piattaforme, ma siamo in una situazione di transizione, cercando di capire esattamente dove siamo, in attesa di assestamento».

A Venezia è stato chiesto a Clooney e Pitt se per il film avessero ricevuto un cachet da 35 milioni di dollari ciascuno, come si vociferava. «Abbiamo guadagnato molto meno - ha replicato Clooney -. Se fossero vere queste cifre, sarebbe un male per la nostra industria. È un peccato che ci sia chi crede a queste notizie».

Cultura

JAZZ IN ITALIA TRA RADICI E NUOVE FRONTIERE

di Raffaello Carabini

Francesco Bettini, già eletto ‘miglior direttore artistico’ dello Stivale, racconta lo stato di salute del genere musicale afroamericano dal Festival di Bologna

Il Bologna Jazz Festival è il più longevo, nonché uno dei maggiori eventi italiani dedicati alla musica afroamericana. Nacque nel 1958 su iniziativa di Alberto Alberti, l’organizzatore che più si è adoperato per diffondere e qualificare il jazz nel nostro paese, e ha portato sotto le Due Torri tutti o quasi i giganti del jazz, da Charlie Mingus a Bill Evans, da Ornette Coleman a Ray Charles, da Miles Davis a Ella Fitzgerald, solo per citarne alcuni. Quest’anno, fino al 17 novembre, proporrà 50 concerti, diversi dei quali prodotti direttamente. Le star saranno Pat Metheny, che si presenterà in solitudine con le sue 15 chitarre diverse il 3 novembre, la fantastica cantan-

te Cécile McLorin Salvant, attesa per il 28 ottobre, l’etiope Mulatu Astatke, imperdibile l’8 novembre, il quartetto del sassofonista di New Orleans Donald Harrison (6 novembre), il quintetto all stars McCoy Legends, ispirato dal pianista McCoy Tyner scomparso nel 2000 (13 novembre), il quartetto del violoncellista Erik Friedlander con il pianista Uri Caine (26 ottobre). «Al di là delle modalità di promozione a mezzo stampa, web, social, e al di là del contesto logistico (si pensi a I suoni delle Dolomiti, i cui concerti si svolgono in alta quota tra le più belle montagne del Trentino), direi che il segreto per organizzare un festival jazz (o comunque musicale) che abbia presa sul pubblico è differenziare le propo -

ste e gli ambiti». Lo afferma il direttore artistico del Bjf, Francesco Bettini, chiamato nel 2006 ad avvicendare Alberti, scomparso nel settembre di quell’anno. «Nel nostro palinsesto ci sono proposte per chi preferisce vivere un concerto in piedi, bevendo un drink e magari anche ballando, ma anche per chi preferisce una fruizione in rigoroso silenzio, concentrata e acusticamente appropriata. Il festival ha anche una ricca e articolata sezione didattica e di formazione del pubblico, con workshop, lezioni-concerto, presentazioni di libri, incontri con gli artisti, azioni che ampliano la rosa dei fruitori e invogliano neofiti e giovani musicisti a partecipare anche ai concerti. Infine, da anni l’immagine coordinata è affidata a un noto illustratore (quest’anno José Muñoz): le iniziative multidisciplinari estendono ulteriormente il potenziale pubblico».

Qual è, secondo lei, la situazio-

Musica

ne del jazz in Italia dal punto di vista artistico? Non trova che sia chiuso in circuiti cittadiniRoma, Milano, Palermo, Torino - poco permeabili tra loro?

Il mondo del jazz vive di prossimità e di comunità, quindi non è né sbagliato né sorprendente che grandi città diventino centri creativi e che si autoalimentino. Dopodiché ci sono parecchi progetti musicali che riescono a internazionalizzarsi. Per tanti talenti italiani ed europei circuitare su scala globale è tutt’altro che facile e l’unica maniera è affermarsi a New York, a Londra, Los Angeles o Parigi, luoghi in cui, ottenuta una certa notorietà, l’esportazione risulta più agevole. Il punto è che in quei contesti c’è una concorrenza a dir poco spietata. Lei crede che i nostri giovani jazzisti abbiano qualità particolari che in qualche modo li

rendano ‘riconoscibili’ nel panorama europeo?

Oggi si impara il jazz nelle scuole di alta specializzazione o al conservatorio e tanti musicisti italiani si formano anche in strutture analoghe all’estero. Il livello di preparazione pertanto è alto, ma piuttosto uniforme. Non credo che si possa identificare una nuova scuola italiana, anche perché non è più una musica che si tramanda ‘oralmente’ attraverso la pratica, sono poche le occasioni per suonare in jam session, così come purtroppo sono sempre più rari i locali che propongono musica del vivo. Il pubblico del jazz viene spesso definito elitario e “di una certa età”. Lei che ha ricevuto anche un premio come “mi -

glior direttore artistico d’Italia”, cosa ne pensa?

L’avvento del rock e della musica pop ha relegato progressivamente il jazz allo status di musica per musicisti, nelle sue forme più sperimentali, e di musica di repertorio, nelle sue forme derivative. Il jazz ha sempre vissuto due anime, quella del qui e ora, capace di assorbire la sensibilità del presente e di rimodularla con modalità di volta in volta differenti, e quella retrospettiva e classicizzata, che arriva spesso ai confini della musica colta. Questo per dire che ancora oggi continua a essere un luogo creativo d’elezione per chi ha una solida formazione musicale e a intercettare un pubblico giovane in contesti più underground, ma allo stesso tempo è presente nella sua forma storicizzata nei teatri, non solo nei jazz festival, ma sempre di più anche nelle stagioni di concertistica classica. Quindi rispondendo alla domanda, se trattasi di musica elitaria per ascoltatori “di una certa età” la risposta, a seconda del contesto di cui stiamo parlando, può essere sia affermativa che negativa.

A sinistra, Francesco Bettini In basso, Cécile McLorin Salvant

Abilità, rigore, intensità emotiva: sono i tratti caratteristici delle interpretazioni di Mariangela Vacatello, pianista italiana tra le più apprezzate sulla scena internazionale, che rimbalza dalla quiete dell’Umbria ai più prestigiosi palcoscenici del mondo. Nata a Castellammare di Stabia, diplomata in pianoforte al Conservatorio di Milano, allieva e poi associate della Royal Academy of Music di Londra, Mariangela si è imposta all’attenzione a soli 17 anni con il secondo premio al concorso “Franz Liszt” di Utrecht. Da allora si è esibita nei teatri simbolo della musica classica (dalla Scala alle concert hall di New York e Shanghai) e ha collaborato con alcuni tra i più importanti direttori e delle più grandi orchestre sulla scena internazionale. Pregevoli le sue incisioni discografiche (Liszt, Chopin, Debussy, il russo Scriabin e l’argentino Ginastera) e le sue registrazioni video (l’ultima, dedicata alle Sonate per pianoforte di Alexander Scriabin, è andata in onda su Rai 5 lo scorso gennaio). Da alcuni anni vive in Umbria

MARIANGELA VACATELLO PASSIONE E CURIOSITÀ AL SERVIZIO DELLA MUSICA

Un talento naturale emerso piccola

gli studi, le collaborazioni hanno condotto l’artista ad affermarsi sulla scena internazionale

Da quest’anno è direttrice del Cantiere d’Arte di Montepulciano

di Leonardo Guzzo

col marito, l’organista Adriano Falcioni, e insegna al Conservatorio Morlacchi di Perugia. «Un mix di entusiasmo profondo, discrezione personale e senso di responsabilità», si definisce lei, che ripercorre i suoi inizi quasi con un senso di incanto. «Ho cominciato da molto piccola e in maniera quasi naturale. Entrambi i miei genitori sono vicini alla musica, c’erano strumenti in casa e nei fine settimana feste e canzoni. Alla festa per il mio secondo

compleanno mio padre mi mise in mano un microfono e mi fece cantare la solita canzonetta dei “Tanti auguri”, cambiando però continuamente la tonalità e il ritmo dell’accompagnamento musicale. Io lo seguivo. Capì che avevo un orecchio molto musicale e da allora cominciai a studiare: corsi per bambini, a casa, e a sette anni col primo insegnante privato». Il debutto precoce e la lunga carriera l’hanno esposta a diverse influenze musicali e

portata a confrontarsi con artisti eccellenti. «Tutti gli insegnanti mi hanno lasciato qualcosa - spiega -. E così le collaborazioni che ho avuto negli anni. Ho girato e visto molto: il confronto è stato fondamentale per la mia crescita. A 11 anni già viaggiavo: ogni settimana per raggiungere l’Accademia di Imola, che negli anni Novanta era un polo di eccellenza per la formazione dei giovani musicisti. Lì ho incontrato insegnanti provenienti da tutto il mondo e ho vissuto circondata da grandi talenti, che mi hanno stimolata a fare sempre meglio. A Milano, poi, ho avuto la possibilità di usufruire dell’enorme offerta artistica della città: assistevo anche a tre o quattro concerti a settimana. Infine, ho completato la mia formazione a Londra, acquisendo probabilmente una visione più internazionale della musica e dei comportamenti».

Questa pluralità di esperienze si riflette probabilmente nel repertorio variegato ed eclettico che Mariangela Vacatello ha costruito negli anni. Lei ne ripercorre la genesi: «Ho iniziato con brani dell’800, molto virtuosistici. Ero affascinata dalle difficoltà tecniche. Poi mi sono interessata all’evoluzione novecentesca del linguaggio musicale, in termini di emotività, di sensibilità, di atmosfera o, per dirla più tecnicamente, di tonalità e timbrica. Infine, sono approdata alla musica più sperimentale, a quella che indaga le connessioni e le possibilità di dialogo tra gli strumenti classici e l’elettronica. Il mio è un repertorio che guarda al moderno, per uno slancio istintivo di curiosità». La stessa curiosità che l’ha portata a collaborare con l’Ircam, l’importante Istituto di ricerca musicale che ha sede nel Centro Pompidou di Parigi. «Mi sono accostata all’Ircam - racconta - da pianista, interprete e non da compositrice. La mia prima collaborazione, di alcuni anni fa, riguardava l’uso dei trasduttori: meccanismi applicati agli

strumenti per cambiarne il suono a seconda del modo in cui venivano toccati. Era, insomma, un esercizio di applicazione del computer ai suoni. Più di recente ho eseguito il brano Kinderszenen, realizzato dal compositore Marco Momi per pianoforte amplificato, orchestra ed elettronica. Una suite di 33 minuti che prende il titolo dalle famose Scene d’infanzia di Schumann, ma si ispira anche alla tragica foto di Aylan Kurdi, il piccolo migrante siriano ritrovato morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, nel 2015. È un brano dalla forte ispirazione sociale, che attraverso la musica apre uno squarcio sulla realtà, a volte dura, dei nostri tempi». Lo sguardo di Mariangela Vacatello è rivolto ai più giovani da sempre, come insegnante del Conservatorio di Perugia e più di recente come direttrice artistica del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. La ragione è chiara: «L’insegnamento mi affascina. Dare quello che abbiamo imparato, bilanciare tra quello che c’è all’esterno e quello che bisogna dare, mi sembra un completamento naturale del mio percorso di musicista. L’esperienza di direttore artistico è capitata per caso. Me l’hanno chiesto e ho accettato, anche per le caratteristiche del festival di Montepulciano. Un cantiere musicale, appunto, che da 49 anni cerca di mettere insieme professio-

nisti e giovani, diminuire il divario che esiste tra gli artisti affermati e gli aspiranti pieni di energie e slancio. Corrisponde al mio modo di vedere la musica: un modo ancora sano e umano di fare questo lavoro».

l 15 aprile del 1874 un gruppo di giovani artisti (che oggi conosciamo con il nome di “impressionisti”), stanchi di sottostare alle rigide regole dell’Accademia, si unirono in una Società Anonima di pittori, scultori e incisori e organizzarono un’esposizione che fece scandalo presso il pubblico e scalpore sulle pagine dei giornali. Tra i giovani dissidenti, ci sono nomi oggi mitici, come Edgar Degas, Paul Cézanne, Pierre Auguste Renoir, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Claude Monet. E una sola pittrice: Berthe Morisot (1841-1895). Appartenente a una famiglia parigina alto borghese, Berthe era stata invitata a esporre da Degas, che ne aveva intuito il talento. Berthe, che da tempo aveva deciso di fare della pittura la sua professione, partecipò all’iniziativa, nonostante il parere negativo della madre, che considerava le arti figurative un semplice ornamento di una gentile padrona di casa, come suonare il pianoforte. L’evento, organizzato presso lo studio del fotografo Nadar, suscitò reazioni negative da parte di pubblico e critica. Si rimproverava a Berthe, come ai suoi colleghi, la mancanza di interesse per il disegno e uno stile troppo libero, impreciso, incompiuto e quindi irrealizzato. Per questo, il critico conserva-

BERTHE MORISOT IL TALENTO FEMMINILE DELL’IMPRESSIONISMO

Due mostre dedicate alla pittrice che 150 anni fa contribuì alla nascita del movimento artistico e del suo nuovo modo di rappresentare la modernità

tore Louis Leroy, in una recensione al vetriolo sulle pagine di Le Figaro, usò il termine “impressionista”, che - ironia della sorte - darà in seguito nome e fama al gruppo. Quella data, di cui ricorre il 150° anniversario, era destinata a diventare una delle più importanti della storia dell’arte e, forse, della stessa cultura moderna europea. Nell’ambito delle celebrazioni ufficiali dell’anniversario dell’Impressionismo, si aprono due mostre che sono le prime in Italia dedicate alla Morisot. Impression Morisot, a Palazzo Ducale di Genova (inclusa nella stagione commemorativa avviata dal Museo d’Orsay di Parigi e patrocinata dall’Ambasciata di

Francia), vede la cura di Marianne Mathieu, tra le massime esperte dell’opera di Morisot e studiosa della storia dell’Impressionismo, protagonista di molte scoperte scientifiche in questo ambito. La seconda, Berthe Morisot. Pittrice impressionista, è allestita alla Gam di Torino, a cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi. Due eventi che ripercorrono le vicende di Morisot, dalla formazione giovanile, insieme alla sorella Edma, fino alle ultime opere. L’esposizione ligure inoltre presenta un focus particolare dedicato ai due soggiorni in Riviera negli anni Ottanta dell’Ottocento, e all’influen-

1. Bergère couchée (1891), olio su tela Musée Marmottan Monet, Parigi

2. La favola (1883), olio su tela, collezione privata, CMR 139, © Christian Baraja SLB

3. Autoritratto con la figlia davanti a una finestra (1887), olio su tela, The Sidarta Collection

za che i paesaggi e la luce dei luoghi hanno avuto sull’evoluzione della sua pittura, che si accende di colori chiari e luminosi, pennellate sempre più libere, al limite dell’astratto.

I due percorsi espositivi seguono la biografia di Berthe, dimostrando come tutte le sue scelte furono cucite su misura per definire e alimentare la sua vocazione artistica.

Dopo una formazione presso un maestro privato (solo nel 1897, due anni dopo la morte di Morisot, l’École des beaux-arts, culla parigina dei futuri artisti, ammise le donne tra le sue aule), e una significativa esperienza con il noto pittore paesaggista Camille Corot, Berthe conobbe Èdouard Manet e iniziò a frequentarne la casa. La “bella pittrice” - così Madame Manet chiamava Berthe - divenne musa di Èdouard, che tra il 1868 al 1874 le dedicò ben dieci dipinti, e in seguito ne sposò il fratello Eugène, senza tuttavia acquisire, come consuetudine, il cognome del marito, dimostrando così tenacia e coraggio nell’affermare la propria indipendenza. Nonostante la feroce critica ricevuta in occasione della seconda mostra impressionista, nel 1876, dal terribile ma influente giornalista di Le Figaro Albert Wolff - «c’è anche una donna nel gruppo, come nelle bande famose, peraltro; si chiama Berthe Morisot ed è interessante osservarla. In lei la grazia femminile coesiste con una mente delirante» -, Berthe «continuò a dipingere e vivere all’unisono con gli araldi della pittura», come racconta Marianne Mathieu, diventando uno dei pilastri del gruppo e partecipando a tutte le esposizioni, tranne l’anno in cui nacque la figlia Julie, protagonista di numerosi suoi dipinti. Nelle tele di Morisot vive infatti tutto il suo univer-

so intimo e silenzioso, che è paesaggio del cuore. Un mondo fluttuante, fatto di luce solare e di bianco, di pennellate nervose per catturare l’attimo, fissare qualcosa di ciò che accade e passa, per trasformare il transitorio nell’eterno dell’arte. Nonostante la leggerezza di tocco, Berthe non si sottrasse mai al dialogo intimo con il disegno, studiando - come anche Degas e Renoir dagli anni Ottanta - ogni singolo passaggio di un’immagine. A Genova, preziosi taccuini di schizzi testimoniano il grande lavoro alla base dei suoi dipinti, insieme a disegni a matita e pastelli che diventano anche opera autonoma,

come gli oli e gli acquarelli. Proprio in occasione della prima grande retrospettiva organizzata da Degas l’anno dopo la sua morte, con 174 dipinti, tre sculture, 68 acquarelli, 54 pastelli e 61 disegni, le sue carte furono una sorpresa persino per la figlia Julie, che scrisse per l’occasione nei suoi diari: «che nettezza di disegno, che dolci impressioni di paesaggio, queste matite a colori di cui mamma sola ha fatto dell’arte. Non avrei mai creduto che avesse lavorato tanto. La mamma non mostrava mai i suoi disegni, nascondeva una parte del suo lavoro e oggi è una rivelazione». Come una rivelazione è la storia di questa artista, dolce e tenace, che fece della pittura la propria vocazione e il proprio lavoro, nonostante nell’umiliante certificato di morte sia stata registrata come “senza professione”.

Impression, Morisot

Genova, Palazzo Ducale Appartamento del Doge dal 12 ottobre ’24 al 23 febbraio ’25 www.palazzoducale.genova.it

Berthe Morisot. Pittrice impressionista

Torino, GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea dal 16 ottobre ’24 al 9 marzo ’25 www.gamtorino.it

Cultura

GUIDA PER NAVIGARE NELLA “SECONDA ONDA”

Un libro che capovolge la prospettiva sulla terza età immaginando quest'ultima non come la fine ma l’inizio di nuove opportunità di crescita Basta lasciarsi guidare dalla saggezza e dalla felicità

Il bestseller di Arthur C. Brooks che ha conquistato gli Stati Uniti, raggiungendo il primo posto della classifica del New York Times, è finalmente arrivato in Italia grazie alla traduzione di Aboca Edizioni. La seconda onda non è un semplice manuale su come invecchiare bene; è un’opera che offre una nuova prospettiva su una fase della vita troppo spesso fraintesa.

Sfogliando le pagine, oltre alle riflessioni filosofiche, è possibile trovare tanti consigli pratici su come affrontare l’invecchiamento con entusiasmo. Brooks ha studiato le biografie di alcune delle persone di maggior successo della storia: da Marco Aurelio a Thoreau, da Paolo di Tarso a Tommaso d’Aquino, fino a Dante e David Foster Wallace. Questa vasta ricerca, resa accessibile a tutti, dimostra che l’invecchiamento, accettato con consapevolezza, può portare con sé una maturità che arricchisce la nostra esistenza e contribuisce al nostro benessere. E poco importa se l’età adulta reca con sé la fisiologica frustrazione per la mancanza di energie utili a raggiungere il successo. Il segreto sta nel capovolgere questa prospettiva: è necessario disintossicarsi dalla dipen-

denza da successo e ripensare a cosa, veramente, ci dà soddisfazione. Quella sarà la strada per la felicità. Brooks, prendendo ispirazione dalle ricerche dello psicologo Raymond Cattel, spiega che la prima parte della nostra vita è caratterizzata da un’intelligenza ‘fluida’, tipica dei giovani, associata alla capacità di apprendimento rapido. Tuttavia, nel tempo, questa capacità evolve e l’autore introduce l’idea di una transizione verso un’intelligenza

La seconda onda di Arthur C. Brooks

ABOCA EDIZIONI

256 PAGINE

‘cristallizzata’, fondata sull’esperienza e sulla saggezza. Questa intelligenza, che diventa un faro per le nostre decisioni, ci arricchisce nelle relazioni e ci permette di riconoscere con maggiore chiarezza ciò che è davvero importante. Per rafforzare questo concetto, Brooks porta ad esempio la storia del grande compositore Johann Sebastian Bach, che realizzò le sue opere più importanti nella prima metà della vita, per poi essere superato in fama, mentre era ancora in vita, dal figlio Carl Philipp Emanuel. Bach, lontano dal sentirsi frustrato o depresso, accettò il cambiamento e si reinventò come maestro, sperimentando una seconda vita ricca di soddisfazione personale e professionale.

La seconda onda è un volume che si distingue nel panorama dei libri sul benessere e non promette soluzioni miracolose né offre ricette irrealistiche. Al contrario, Brooks invita il lettore a una riflessione profonda e sincera su cosa significhi vivere bene; l’anzianità, lungi dall’essere un’ombra che oscura i nostri giorni, può diventare una luce che illumina il nostro cammino. Il messaggio è che non è mai troppo tardi per reinventarsi, per seguire nuove passioni o per dare un contributo significativo al mondo. La “seconda onda” diventa quindi “seconda opportunità” che ci offre non solo speranza, ma una guida concreta per trasformare gli anni della maturità in un periodo di rinascita e realizzazione personale.

A SALUZZO LA FESTA DEL LIBRO MEDIEVALE E ANTICO

“I colori del Medioevo” è il titolo della IV edizione dell’appuntamento letterario in programma dal 25 al 27 ottobre, promosso dal Salone Internazionale del Libro di Torino

Torna il Festival del libro medievale e antico di Saluzzo. La quarta edizione della festa dedicata agli amanti della letteratura e del medioevo è fissata in calendario dal 25 al 27 ottobre. A commentare l’appuntamento culturale è la medievista Beatrice del Bo, che da quest’anno si occupa della cura dell’evento: «Un Medioevo a colori: finalmente. Il verde della Fortuna, del veleno e dell’instabilità; il giallo dei discriminati e dello zafferano; il nero dei lupi e degli omicidi; il rosso delle eretiche, l’azzurro dell’acqua, del guado e del manto della Madonna; il bianco della castità e dell’unicorno. Di questo sentiremo parlare a ottobre nella variopinta Saluzzo». Tra le novità dell’evento, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo e della Città di Saluzzo, in collaborazione con il Salo -

ne Internazionale del Libro di Torino e la Fondazione Amleto Bertoni, la presenza, per la prima volta, di ospiti internazionali: Anthony Bale, professore di Medieval Studies alla Birkbeck University di Londra e autore di Viaggiare nel Medioevo. In cammino con pellegrini, cavalieri e strane creature e Jean-Claude Maire Vigueur, uno dei maggiori specialisti della civiltà delle città italiane tra il XII e il XIV secolo, già professore all’Università di Roma III, autore di Così belle, così vicine: viaggio insolito nelle città dell’Italia medievale (Il Mulino, 2023). All’appuntamento letterario anche occasioni di coinvolgimento di altri comuni appartenenti al Marchesato, come Rifreddo, Staffarda, Lagnasco e Revello, attraverso reading, incontri e lezioni a tema. Alla giornata inaugurale di venerdì 25 ottobre “La setta dei poeti estinti”,

con il reading spettacolo Dolce color d’Orïental zaffiro. Sabato 26 e domenica 27, nel cuore della manifestazione, Il Quartiere, il pubblico sarà accolto da editori, librerie, enti culturali con le loro proposte di catalogo, le novità sul tema e la presenza di copie di libri esclusivi, sia manoscritti che a stampa. Case editrici specializzate e generaliste e librerie antiquarie offriranno al pubblico il meglio delle uscite editoriali che raccontano il Medioevo. Anche quest’anno gli esercizi commerciali ospiteranno titoli di libri selezionati sul tema, dalla saggistica alla narrativa, dal fantasy ai libri antichi, che a fine manifestazione confluiranno nel Fondo del libro medievale, istituito nel 2021 per la Festa, custodito presso la Biblioteca civica di Saluzzo “Lidia Beccaria Rolfi” per la fruizione libera e gratuita.

di Damiano Rizzi
In alto, “La setta dei poeti estinti” Sopra, Jean-Claude Maire Vigueur

Cultura

G7 A NAPOLI: «CI IMPEGNIAMO A GARANTIRE L’ACCESSO

UNIVERSALE ALLA CULTURA»

Due giorni di incontri e appuntamenti sanciscono la collaborazione tra paesi. Il meeting, tornato in Italia dopo sette anni, arriva nei luoghi simbolo di Napoli e Pompei di Giacomo Moccia

La difesa e la promozione delle identità culturali e linguistiche nel mondo digitale, le prove e le opportunità dell’intelligenza artificiale per la cultura e la creatività, la lotta al traffico illecito di beni culturali e gli effetti del cambiamento climatico sul patrimonio culturale. Sono stati questi i temi al centro del G7 della Cultura che si è svolto a Napoli, nelle giornate del 20 e del 21 settembre. A fare gli onori di casa il neoministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ha accompagnato i suoi omonimi in alcuni dei luoghi simboli della città.

Luoghi dell’incontro sono stati Palazzo Reale, il Museo Mann e ancora gli Scavi archeologici di Pompei, dove si è svolto l’evento di chiusura del G7. Nella giornata di giovedì, il ministro Giuli ha accolto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, i responsabili delle politiche culturali dei governi G7: un appuntamento che torna in Italia dopo un’assenza di sette anni. I lavori, avviati ufficialmente nella giornata di venerdì 20 settembre, sono proseguiti fino al pomeriggio di sabato. Nel corso della sessione di apertura della Ministeriale G7, il neoministro del governo

Meloni ha donato la medaglia “Due anni di resistenza ucraina” a Mykola Tochytskyi, ministro della Cultura e delle Comunicazioni Strategiche dell’Ucraina, per intendere: «Non è solo un segno di vicinanza e rispetto ma è anche la volontà di testimoniare un progetto complessivo per aiutare l’Ucraina. Il ricavato delle vendite della medaglia andrà a sostenere le attività dell’ospedale pediatrico di Leopoli impegnato nella cura e nell’assistenza dei bambini ucraini colpiti dalla guerra». La medaglia è stata donata poi anche agli altri rappresentanti del G7, quale riconoscimento del loro impegno a sostegno dell’Ucraina e per incoraggiarli a lavorare insieme per difendere l’identità culturale di una nazione aggredita e colpita anche nel suo patrimonio culturale. Al termine della plenaria, si sono svolti incontri bilaterali con i colleghi di Ucraina, Giappone e Regno Unito. Nel bilaterale con il ministro Masahito Moriyama, è stata ribadita la volontà di rafforzare la collaborazione culturale tra Italia e Giappone in campo cinematografico e museale: la cultura sarà protagonista della partecipazione italiana all’Expo 2025 di Osaka, con un ricco programma culturale e la presenza nel padiglione Italia di una opera iconica, l’Atlante Farnese. I vertici mondiali del G7 hanno poi raggiunto gli Scavi archeologici di Pompei: è qui che hanno potuto ascoltare il concerto della Nuova Orchestra Scarlatti, con un omaggio a Giovanbattista Cutolo, ’Giogiò’ per gli amici, musicista e componente dell’orchestra, ucciso lo scorso anno a Napoli. Uno spettacolo del tenore Andrea Bocelli ha chiuso la prima giornata ufficiale del meeting. Tra le azioni che i Grandi della Terra hanno deciso di intraprendere nel prossimo periodo “la protezione e la promozione delle pluralità delle identità culturali e delle tradizioni, comprese le comunità indigene”, si legge nel documento programmatico. E ancora:

“Ci impegniamo a garantire l’accesso universale alla cultura e alle attività culturali, con particolare attenzione ai giovani. Intendiamo preservare e rigenerare i nostri paesaggi e l’ambiente costruito in secoli di storia come bene comune, coinvolgendo le persone e le comunità, a beneficio delle generazioni future. Condanniamo fermamente la distruzione e l’appropriazione indebita del patrimonio culturale in situazioni di conflitti e crisi”. All’interno del documento trova spazio anche l’intelligenza artificiale: “Useremo il potenziale dell’intelligenza artificiale per migliorare l’accesso e la partecipazione alla cultura, rafforzando la reperibilità, la disponibilità e l’accessibilità di diversi contenuti culturali online, compresi film, opere audiovisive e musica, per garantire che l’ampia gamma di espressioni e lingue culturali, soprattutto dei gruppi sottorappresentati, siano resi accessibili al pubblico globale”. Attenzione anche alla lotta globale al traffico illecito di beni culturali: “Rafforzeremo la nostra cooperazione e il nostro coor-

dinamento transnazionale per migliorare l’attuale sistema di prevenzione e individuazione dei crimini legati al traffico illecito di beni culturali e combattere meglio i reati legati al patrimonio culturale, in stretta collaborazione con le pertinenti organizzazioni, agenzie e organismi internazionali”. Infine, sulla necessità di tutelare il patrimonio culturale dai cambiamenti climatici “adattando e migliorando la resilienza” dei beni; e ancora, “Ci impegniamo a favorire la transizione ecologica dei settori culturali e creativi”. Il documento

Sopra, Napoli: il tavolo di lavoro dei ministri del G7. A sinistra, il ministro Giuli con Cessouma Minata Samate, responsabile per la Cultura dell’Unione Africana Nella pagina precedente, un momento della serata musicale tenutasi al Parco archeologico di Pompei, che ha visto tra gli altri, la partecipazione della Nuova Orchestra Scarlatti e di Andrea Bocelli

si conclude: “Convinti dell’importanza della cultura come motore di trasformazione e fattore abilitante per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, chiediamo il pieno riconoscimento e l’integrazione della cultura e dell’economia creativa nei processi e politiche di sviluppo e promuoveremo l’inclusione della cultura come obiettivo autonomo nelle future discussioni su come avanzare nello sviluppo sostenibile dopo il 2030”.

Storie

Nella Maremma toscana, alle porte di Semproniano in provincia di Grosseto, esiste un luogo unico in Italia. Si chiama Animanatura Wild Sanctuary ed è il porto sicuro per i tanti animali, autoctoni ed esotici, con brutte storie alle spalle, che qui possono condurre una vita nuova, nel rispetto del loro benessere e dignità. «Il progetto è nato nel 1996 grazie a un accordo fra Wwf Italia e la Provincia di Grosseto - racconta a 50&Più Lisa Russo, responsabile delle relazioni internazionali del santuario - all’inizio è sorto il Crasm, Centro di recupero animali selvatici della Maremma, divenuto poi Crase dopo aver esteso l’attività anche agli animali esotici».

Quando alle attività del Centro di recupero si sono unite anche quelle del santuario?

Il sogno del dottor Marco Aloisi, medico veterinario e fondatore di Animanatura Wild Sanctuary, era quello di dare vita a un santuario che consentisse di dare una seconda possibilità agli esemplari che non possono essere reintrodotti in natura. Gli animali che vengono portati al Crasm possono essere liberati se ci sono le condizioni, ma a volte non è possibile. In questi casi possono essere ospitati ad Animanatura Wild Sanctuary per il resto della vita.

Quali sono le caratteristiche di un santuario come Animanatura Wild Sanctuary?

Uno dei principali obiettivi del santuario è la sensibilizzazione di adulti, giovani e bambini sul tema della conservazione animale e ambientale: gli animali ospitati vivono in grandi aree semi-naturali, luoghi sicuri per passare il resto della loro vita in tranquillità. Per rendere l’idea, quando si entra nel nostro santuario, non siamo noi a guardare gli animali, ma loro a osservare noi, e a poter sceglie-

ANIMANATURA WILD SANCTUARY UN PORTO SICURO PER TANTI ANIMALI

ATTENZIONE AGLI

INTERVENTI “FAI DA TE”

SUGLI ANIMALI SELVATICI

IL PARERE DELLA BIOLOGA

Lara Elena Deiana, biologa, etologa e curatrice zoologica di Animanatura Wild Sanctuary, spiega perché, anche se fatti in buona fede, gli interventi sugli animali selvatici hanno conseguenze spesso dannose. «Molti animali in strutture di recupero, come tassi, caprioli e cervi, provengono da prelievi incauti effettuati dall’uomo. Questi animali, detti ‘imprintati’, hanno interagito con esseri umani fin dai primi giorni di vita, e non avere timore verso l’uomo può comportare rischi significativi se reintrodotti in natura, come vulnerabilità a investimenti, predazione e difficoltà nel trovare cibo e acqua in quanto l’animale potrebbe sviluppare una dipendenza dall’uomo per il cibo, la protezione o l’interazione, rendendo difficile il ritorno a una vita completamente autonoma. In alcuni casi e per determinate specie, se l’animale non viene trattato correttamente durante il processo di imprinting, potrebbe anche sviluppare comportamenti aggressivi o problematici verso gli esseri umani o altri animali». Per informazioni: www.animanatura.org oppure Ig Animanatura_wildsanctuary

Lo spazio dispone di circa 70 ettari di terreno Il progetto a Semproniano, in collaborazione con la Provincia di Grosseto, Wwf e Lav

re liberamente se farsi vedere o no. Oggi Animanatura Wild Sanctuary si sviluppa su 20 ettari, ma in totale ne abbiamo a disposizione 70. In Italia siamo unici nel nostro genere con queste caratteristiche, e siamo a livello di altri santuari in Europa. Insieme facciamo parte di Ears, European Alliance of Rescue centres and sanctuaries, un’alleanza con regole comuni, dove ci si confronta e si impara gli uni dagli altri.

Quanti animali vivono nel santuario?

Attualmente sono circa 250 solo nel santuario, ma con il Centro di recupero arriviamo a un totale di circa 450. Abbiamo lupi, leonesse, una tigre, e poi caprioli, bufali, pappagalli, primati, mufloni. Ogni specie ha solitamente un’area dedicata, ma ne abbiamo anche di miste, come quella in cui convivono un dromedario, una zebra, una zebra-asino e uno struzzo. Gli animali hanno tutti storie difficili alle spalle. La tigre Sandro, della Born Free Foundation, proviene da uno zoo della Spagna dove viveva in condizioni non idonee, mentre le quattro leonesse, Hannah, Patty, Marli e Celeste, arrivano dalla Francia, dove lavoravano in un circo, e sono dell’associazione One Voice. Si tratta di grandi felini anziani, intorno ai 19-20 anni di età, che oggi hanno a disposizione spazi di 4-5mila metri quadrati. Il leone Simba, invece, è arrivato da cucciolo tramite la Born Free Foundation, recuperato in pessime condizioni da un garage in Russia, presumibilmente scartato da un traffico di animali. Oggi è in attesa di essere trasferito nella sua ‘casa definitiva’.

Come si sviluppa la collabora-

zione con le associazioni?

Collaboriamo con associazioni come le inglesi Born Free Foundation e Olsen Animal Trust e la francese One Voice all’estero, in Italia il nostro partner principale è Lav (Lega anti vivisezione). Queste realtà si occupano dei recuperi e dei salvataggi degli animali, e insieme si pianificano l’accoglienza e gli spazi più idonei. Le associazioni contribuiscono anche finanziariamente al mantenimento degli animali, e spesso organizzano raccolte fondi dedicate.

Da pochi mesi avete deciso di aprire le porte al pubblico: come organizzate i visitatori?

L’apertura al pubblico è stata pensata per aiutare il sostentamento, perché anche il biglietto che i nostri amici pagano per entrare ad Animanatura Wild Sanctuary è un contributo importante. Da ottobre siamo aperti nel weekend, con cinque percorsi guidati al giorno dedicati a gruppi di 20-25 persone al massimo. All’arrivo gli ospiti vengono accolti in un’aula didattica e la guida spiega le regole del santuario e i comportamenti da tenere. Stiamo anche potenziando il lavoro con le scuole: abbiamo creato dei quaderni digitali insieme alla Lav che vengono inviati ai ragazzi prima della visita, e dopo il percorso ci ritagliamo dei momenti didattici differenti in base all’età. Educare e sensibilizzare alla conservazione animale e ambientale è essenziale, e fa parte della nostra missione, anche se, come diciamo spesso nel nostro team, se non ci fosse più bisogno di noi avremmo raggiunto il nostro successo più grande, perché vorrebbe dire che non ci sono più animali in situazioni di emergenza.

CELESTE AND PATTY © DIDIER PAZERY ONE VOICE

Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

Nel suo quartier generale, in California, Google ha una mascotte

Si chiama Stan ed è lo scheletro di un enorme T-Rex. Capita di vederlo - stilizzato - nell’homepage quando ci sono problemi di connessione

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JUICE JACKING, UNA NUOVA TECNICA HACKER

Vediamo come evitare questo tipo di attacco mentre si viaggia

In viaggio il Wi-Fi non protetto non è l’unico pericolo. Può esserlo anche una stazione di ricarica di smartphone e tablet nei luoghi pubblici se modificata dagli hacker. Con questo tipo di attacco, noto come juice jacking, una porta di ricarica Usb è usata per rubare password, numeri di carte di credito, indirizzi, etc. o per installare malware che tracciano la digitazione dei tasti o collegano i dispositivi a una botnet. Soluzioni? Usiamo power bank, un semplice blocco dati Usb o la tradizionale presa di corrente.

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BLOCCO NOTE DI WINDOWS, DUE NUOVE FUNZIONI

Ora anche con correzione automatica e controllo ortografico

Quarant’anni dopo il suo debutto, il Blocco note di Windows ha due aggiornamenti: il controllo ortografico e la correzione automatica. Oltre a rendere l’esperienza di digitazione più pratica (funziona in modo del tutto simile a quanto avviene già su Word), arricchisce questa app, utile tra le tante cose ad annullare la formattazione di un testo copiato. Come sempre il controllo ortografico si nota con la sottolineatura rossa dei refusi. Basta un clic col tasto destro per correggere.

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GLI ITALIANI E LA TECNOLOGIA

Ecco chi usa di più il digitale

In occasione dell’International Self-Care Day, Samsung ha presentato una nuova ricerca sull’impiego delle tecnologie digitali. L’indagine fornisce una panoramica su come gli italiani le percepiscono e usano, confermandole uno strumento essenziale. Il 70% le impiega per il benessere fisico, mentre il 64% le trova utili per quello mentale. Gli uomini sembrano mostrare maggiore inclinazione rispetto alle donne in questo senso, con un divario di dieci punti percentuali.

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TENIAMO SOTTO CONTROLLO LE SPESE

Diventa più facile con Money Lover: Expense Manager

Tenere traccia di guadagni e spese non è affatto facile. Un’app come Money Lover: Expense Manager - efficace e intuitiva - consente di farlo, gestendo il proprio budget in modo razionale. Questa app, disponibile sia per iOS che Android, è progettata per prendere il controllo delle proprie finanze e raggiungere gli obiettivi prefissati: traccia le spese, categorizzandole; crea budget, impostando limiti di spesa; visualizza report sulle abitudini di spesa; pianifica le spese future.

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A Milano, dal 29 al 30 ottobre, presso il Fieramilanocitiy c’è SMAU l’appuntamento di riferimento in Italia su innovazione e startup Per saperne di più: www.smau.it/milano

BENESSERE AL MASCHILE

CONSULTARE IL MEDICO IN CASO DI DISTURBI PERSISTENTI E FREQUENTI.

Il prodotto non sostituisce una dieta variata ed equilibrata e uno stile di vita sano. Leggere le avvertenze sulla confezione.

POOL PHARMA sostiene

L'angolo della veterinaria

LA VITA SEGRETA DEL GATTO

Dova va il micio quando non è a casa?

Perché ha comportamenti ‘strani’ quando ritorna dopo giorni di assenza?

Conoscere i suoi movimenti aiuta a prevenire e interpretare esperienze traumatiche

Ecco come fare

Conoscere la vita segreta del gatto che non vive solamente in casa sarebbe sempre utile, ma è praticamente impossibile. Tramite appositi collari collegati con Gps è possibile sapere esattamente dove si trova l’animale, ma non che cosa stia facendo. In ogni caso, anche il solo venire a conoscenza di dove sia il gatto quando non è a casa, è fondamentale per capire se il micio frequenta, durante le ore del giorno, un’altra famiglia da

cui si potrebbero ricavare informazioni utili. È comunque consigliabile collocare più telecamere all’interno dell’abitazione, così da avere la possibilità di monitorarlo quando è da solo. Se si comporta in modo strano, è necessario chiedere la consulenza al medico veterinario comportamentalista. Lo specialista, tramite una visita e un’attenta supervisione della casa, valuterà lo stato psicofisico dell’animale e sceglierà il protocollo terapeutico più adatto.

CASA CAT-FRIENDLY

Talvolta, la casa in cui vive il gatto non è cat-friendly ovvero non è stimolante e con un buon arricchimento ambientale. Tale circostanza, con il tempo, potrebbe indurre l'animale a manifestare un vero e proprio disagio psicofisico, assumendo comportamenti definiti ‛strani’ dai proprietari, ma che non sono altro che il sintomo di una patologia comportamentale. In questi casi sarà necessario utilizzare la feromonoterapia e intervenire sull’ambiente, apportando migliorie e rendendolo ricco di stimoli sensoriali e motori necessari per il benessere psicofisico del pet.

GLI ‘STRANI’

COMPORTAMENTI DEL GATTO

Per la maggior parte dei proprietari non è semplice riconoscere alcuni

atteggiamenti assunti dall’animale, che potrebbero essere la spia di un trauma vissuto quando era fuori casa. Il gatto tende a superare un evento traumatico con molta difficoltà e manifesta il suo malessere comportandosi in modo ‛strano’. I più attenti, però, spesso si rivolgono subito al medico veterinario comportamentalista non appena notano qualcosa di strano nel comportamento del loro micio, come il nascondersi, il rifiutare il cibo e specialmente quando manifestano aggressività nei loro confronti o verso animali della stessa specie. Un intervento tardivo da parte del veterinario potrebbe determinare un aggravamento della sintomatologia e rendere più difficoltoso il percorso terapeutico. Lo specialista, tramite un'accurata visita, riuscirà a capire per quale motivo il micio si sta comportando così, se si tratta solo di un problema legato all’ambiente in cui vive l’animale o se invece è determinato da un trauma. Sapere esattamente le dinamiche che hanno portato a un certo trauma sarebbe sicuramente utile e vantaggioso ai fini terapeutici. Una volta individuati gli elementi che infastidiscono il gatto, in quanto associabili all’evento traumatico, sarà possibile intervenire per risolvere il problema.

Un gatto traumatizzato generalmente tende ad isolarsi, nascondendosi in luoghi inaccessibili per ore o addirittura giorni; ha poco appetito o è anoressico, è ipervigile, miagola in modo eccessivo e sporca dove capita. Non è

interessato a giocare ed evita qualsiasi interazione. Questi comportamenti determinano un forte stato di ansia nel proprietario che, preoccupato dello stato di salute del suo micio, tenta di avvicinarvisi senza riuscirci perché il pet in genere lo aggredisce. Si tratta, in questa circostanza, di aggressività da paura scaturita dal trauma subito dal gatto, che si manifesta ogni qualvolta il pet percepisce uno stato di pericolo. Odori, rumori, oggetti, persone o determinati ambienti possono ricordare al micio l’evento spiacevole e provocargli una forte angoscia. L’evitamento è una strategia comportamentale che il gatto mette in atto per togliersi da situazioni che potrebbero ricordargli l’evento traumatico vissuto, così da preservare il suo equilibrio psicofisico. Con la terapia comportamentale i risultati non sono mai immediati e i proprietari dell'animale devono avere pazienza e seguire dettagliatamente le indicazioni del terapeuta.

PENSIONI 2025 ECCO LE IPOTESI AL VAGLIO DEL GOVERNO

Dall’introduzione di “Quota 41” alla proroga delle misure in scadenza, dall’aumento delle pensioni minime alla previdenza complementare Tante le opzioni sul tavolo ma poche le risorse a disposizione

La Legge di Bilancio è in arrivo e come ogni anno arrivano anche le prime anticipazioni. Proprio nei giorni in cui scriviamo queste righe, circolano diverse indiscrezioni sulle possibili opzioni per sciogliere il delicato nodo pensioni, ma come sempre occorrerà fare i conti con una situazione finanziaria piuttosto difficile e già si parla di una manovra “leggera”, del valore di circa 25 miliardi di euro, con un pacchetto di misure per il lavoro da 15 miliardi e risorse limitate per il capitolo pensioni.

Se da una parte la Lega continua a rilanciare “Quota 41”, seppur in versione light, l’ipotesi più realistica sembrerebbe quella di prorogare anche per il 2025 le misure sperimentali attualmente in vigore, come “Quota 103”, “Opzione donna” e “Ape sociale”, magari con qualche piccola rivisitazione.

Il governo sarebbe anche intenzionato a confermare per il 2025 il meccanismo di rivalutazione delle pensioni per fasce, in vigore nel biennio

2023/2024. Potrebbe però scattare una nuova stretta sulle pensioni più elevate e l’indicizzazione piena continuerà a essere riconosciuta solo ai titolari di trattamenti pensionistici complessivamente non superiori a 4 volte il minimo. Alle pensioni più basse continuerà a essere applicata la super-rivalutazione assicurata quest’anno e, risorse permettendo, non è escluso qualche ulteriore aggiustamento. In particolare Forza Italia, da sempre impegnata su questo fronte, vorrebbe portare il valore delle pensioni minime a 650 euro al mese, ma il costo di questa operazione risulterebbe al momento troppo elevato. Uno degli interventi centrali allo studio dei tecnici del governo, sul quale sembra esserci accordo nella maggioranza, riguarda il rafforzamento della previdenza complementare, con un doppio intervento sulla destinazione del Tfr. Per i neoassunti potrebbe scattare l’obbligo di destinare una parte del Tfr (20-25%) ai fondi pensione, come proposto dalla Lega nelle scorse settimane. Per tutti gli altri lavoratori

invece verrebbe dato il via a un periodo di “silenzio-assenso” della durata di sei mesi per il versamento volontario del Tfr alla previdenza complementare, come suggerito dal ministro del Lavoro Marina Calderone. Inoltre, per i cosiddetti “contributivi puri”, ossia quei lavoratori che non hanno contributi prima del 1996, si starebbe valutando un raccordo tra previdenza integrativa e obbligatoria, al fine di agevolare l’accesso alla pensione anticipata con 64 anni e 20 di contributi, vincolato a un importo ‘soglia’ dell’assegno pari a 3 volte l’assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 per quelle con due o più figli).

Se da una parte le opposizioni criticano duramente queste iniziative, parlando di una parziale privatizzazione del sistema previdenziale, è innegabile che il progressivo invecchiamento della popolazione e la denatalità stiano minacciando la tenuta della previdenza pubblica e che sia necessario intervenire con una riforma che possa garantirne la sostenibilità nel lungo termine.

Passando al settore pubblico, l’ipotesi allo studio è consentire alla Pubblica Amministrazione di individuare il personale che, su base volontaria, possa essere trattenuto in servizio anche oltre i 67 anni di età (previsti oggi per il collocamento in quiescenza), ma non oltre i 70, in particolare per lo svolgimento di attività di tutoraggio e affiancamento dei nuovi assunti. Insomma, come ogni anno, la Manovra si preannuncia complicata e piena di sfide. Sul fronte pensioni, le proposte sul tavolo stanno già provocando diverse critiche e il governo Meloni che, destreggiandosi tra opposizioni e sindacati, dovrà saper trovare un equilibrio tra il prioritario contenimento della spesa pubblica e la volontà di non adottare soluzioni troppo impopolari.

a cura di Maria Silvia Barbieri

Il 30 novembre 2024

è il termine ultimo per presentare la domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso alla pensione anticipata.

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almeno 30 anni di anzianità contributiva per chi è disoccupato, invalido o con parenti di 1° grado con disabilità grave 36 anni di anzianità per chi ha svolto attività gravose, previste dalla normativa non essere titolari di alcuna pensione diretta.

Per il 2024 la domanda di certificazione può essere inoltrata, come ultima possibilità, entro il 30 novembre 2024.

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DECRETO LEGGE OMNIBUS

Raddoppia l’imposta sostitutiva per chi opta per il regime dei “neo residenti”, che ora prevede una tassa sostitutiva di 200.000 euro sui redditi prodotti all’estero nei primi 5 anni

Il decreto legge “Omnibus” (D.L. n. 113 del 9 agosto 2024), entrato in vigore il 10 agosto u.s., è composto da 22 articoli e due allegati che trattano misure di carattere fiscale, tra cui: credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno; imposta sostitutiva sui redditi esteri di persone che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia; associazioni e società sportive dilettantistiche, Iva e alcune proroghe di termini normativi. Nel presente articolo ci interesseremo del Regime opzionale “neo residenti”.

Con l’articolo 2 del decreto “Omnibus”, il governo raddoppia l’importo dell’imposta sostitutiva per i soggetti che optano per il Regime opzionale “neo residenti”, previsto dall’articolo 24-bis del D.P.R. n. 917/1986, da 100mila a 200mila euro, per coloro che trasferiscono la loro residenza in data successiva al 10 agosto 2024. L’adesione al regime deve avvenire con la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è stata trasferita la residenza fiscale in Italia o in quella immediatamente successiva, in base a quanto di seguito indicato.

Il Regime opzionale “neo residenti”, previsto dal suddetto articolo 24-bis del D.P.R. n. 917/1986, consiste nel riconoscere, alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia (ai sensi dell’articolo 2, comma 2), la possibilità di optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero, individuati secondo i criteri di cui al successivo articolo 165, comma 2, a condizione

che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta, nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione. Per effetto dell’esercizio dell’opzione è dovuta un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfetaria, a prescindere dall’importo dei redditi percepiti, nella misura di euro 100mila (attualmente modificato in 200mila) per ciascun periodo d’imposta in cui è valida la già menzionata opzione. Su richiesta del soggetto che esercita la suddetta opzione, la stessa può essere estesa, nel corso di tutto il periodo di esercizio, a uno o più familiari di cui all’articolo 433 del Codice civile, purché soddisfino le condizioni sopra enunciate. In detto caso, l’importo è ridotto a euro 25.000, per ciascun periodo d’imposta, per ciascuno dei familiari.

L’imposta è versata in un’unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi.

L’opzione non è applicabile a tutti i

redditi. Dal regime in esame restano escluse le plusvalenze da cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate, realizzate nei primi cinque periodi di imposta di validità dell’opzione, che continuano ad essere tassate con i criteri ordinari, di cui all’articolo 68, 3° comma, del D.P.R. 917/1986. Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. L’imposta non è deducibile da nessun’altra imposta o contributo. L’opzione in esame deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello presentata all’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 11, (comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia, ai sensi del comma 1 del presente articolo ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta. L’opzione è revocabile e cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione. Gli effetti dell’opzione cessano in ipotesi di omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva nella misura e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Sono fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d’imposta precedenti. La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione. Le persone fisiche, per sé o per familiari, possono manifestare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più stati o territori esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell’opzione ovvero con successiva modifica della stessa. Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti stati o territori esteri si applica il regime ordinario e compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

La dichiarazione di successione va presentata dagli eredi entro un anno dalla data del decesso del titolare dei beni. Ti aspettiamo nei nostri uffici per aiutarti con la presentazione della dichiarazione.

50&PiùCaf grazie all’accordo stipulato con il Patronato 50&PiùEnasco offre inoltre assistenza per la pensione di reversibilità.

COLOMBIA,

GIOIELLO DEL SUD AMERICA Speciale Carnevale di Barranquilla

DAL 23 FEBBRAIO AL 6 MARZO 2025

La Colombia è il paese più ricco di biodiversità per chilometro quadrato al mondo; questo viaggio ci permetterà di scoprire tutti i suoi meravigliosi paesaggi, dalla selva amazzonica alle vette andine. È un paese da sogno: non solo natura, anche archeologia, storia, cultura. Il Carnevale di Barranquilla è l’evento culturale più importante del paese, il secondo al mondo dopo quello di Rio de Janeiro: un’esplosione di colori, musica e danze. L’espressione più autentica del popolo colombiano in una unione di razze, leggende, allegria “costeña” e divertimento.

1° GIORNO Partenza per Bogotà con volo dall'Italia

2° GIORNO Bogotà - Zipaquirà - Villa de Leyva. Partenza per la visita alla Cattedrale di Sale, unica al mondo nel suo genere, meta di pellegrinaggio dei colombiani. Situata a 160 mt di profondità e una superficie di 8.500 mq. Sosta alla cittadina coloniale di Zipaquirà per ammirare la Piazza circondata dai balconi di legno del periodo ispanico.

3° GIORNO Villa de Leyva - Bogotà - Medellin. Visita al Museo del Fosil che ospita numerosi fossili. A seguire, il Convento del Santo Ecce Homo, fondato nel 1620 dai frati domenicani. Nella cappella si trova un magnifico retablo con una piccola immagine di Ecce Homo. Trasferimento per l’aeroporto di Bogotà.

4° GIORNO: Medellin. Un tempo considerata “infrequentabile”, oggi città elegante, moderna e d’avanguardia. Dal Parque El Poblado, si prosegue con la visita del Cerro Nutibara e del Pueblito Paisa; poi Parque Bolivar e la famosa Plaza Botero. Si continua per la Chiesa della Veracruz, il Parque Berrio fino al Parque di San Antonio e la Comuna 13.

5° GIORNO Escursione a Guatapè e Penõl. Tappa al gigantesco monolite di granito e quarzo alto 220 mt con una fenditura su un fianco che ha permesso di costruire un’imponente scalinata. Si prosegue per Guatapè, un delizioso paese famoso per i coloratissimi zocalos (la fascia bassa delle case).

6° GIORNO Cartagena de Indias. Partenza con il volo di linea per Cartagena. Tempo a disposizione per relax o passeggiate individuali.

7° GIORNO Escursione a Barranquilla. Assisteremo alla “Battalla de Flores”, la sfilata di apertura del Carnevale. Carri allegorici, comparse e gruppi di ballo preceduti dalla carrozza con la Regina che lancia fiori agli spettatori.

8° GIORNO Cartagena de Indias. Cartagena è ricca di cultura, di storia, di fascino e di mistero; è un gioiello a cielo aperto dove si respirano storia e poesia, soprattutto la città vecchia con i suoi palazzi storici e le piazze. Giornata dedicata alla visita della città coloniale.

9° GIORNO Cartagena de Indias: Isole del Rosario. Escursione a una delle Isole del Rosario, arcipelago composto da circa 27 isole di spiaggia bianca e mare cristallino; tempo a disposizione per relax.

10° GIORNO Cartagena de indias - Bogotà. Mattinata a disposizione. Nel pomeriggio volo di linea per Bogotà.

11° GIORNO Bogotà. Bogotà si trova nel centro del paese e ha quasi 8 milioni di abitanti provenienti da tutto il mondo. È una città che riflette le diversità culturali del paese, il suo centro culturale più importante. Visita della capitale. Al termine, trasferimento in aeroporto per la partenza.

12° GIORNO Rientro in Italia

Quota individuale di partecipazione minimo 15 partecipanti (10 notti / 12 giorni)

In camera doppia

Tasse aeroportuali

€ 3.900

€ 600

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Voli di linea da Roma • Sistemazione in Hotel 4-5 stelle locali • Trattamento di pensione completa (bevande escluse) • Trasferimenti con mezzo privato • Visite guidate come da programma • Ingresso al palco del Carnevale di Barranquilla • Guida locale parlante italiano • Accompagnatore 50&Più dall’Italia • Tasse di imbarco per le Isole del Rosario • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento.

La quota non comprende: Tasse aeroportuali ed eventuali tasse locali • Bevande e pasti non previsti • Mance, extra, facchinaggio e tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.

DAL 15 AL 22 FEBBRAIO 2025

CON VOLO DIRETTO DA ROMA FIUMICINO

8 GIORNI / 7 NOTTI

CROCIERA MSC VIRTUOSA

ALLA SCOPERTA DELLE ANTILLE E DEI CARAIBI

Un’avventura incredibile attraverso i Caraibi con una crociera a bordo dell’elegante MSC Virtuosa. Partendo da Fort de France (Martinica), questo viaggio esclusivo ti porterà alla scoperta di alcune delle isole più affascinanti dei Caraibi, immergendoti in culture vibranti e paesaggi paradisiaci, come Guadalupa, Saint Lucia, Barbados, e l’arcipelago delle isole Grenadine. A bordo della MSC Virtuosa non mancheranno comfort e lusso, ristoranti gourmet, aree relax e intrattenimento, garantendo un’esperienza di viaggio di prima classe. Le giornate in mare saranno altrettanto entusiasmanti, grazie alla vasta gamma di attività disponibili. Per rendere il tuo viaggio più confortevole, oltre all’accompagnatore 50&Più, includiamo nella quota il pacchetto bevande all inclusive easy.

QUOTA INDIVIDUALE IN CABINA DOPPIA INCLUSO:

volo andata/ritorno da Roma + trasferimenti da e per l’aeroporto alla nave + pensione completa incluse bevande all inclusive easy

Cabina Interna Deluxe (IR)

Cabina Esterna Deluxe (OR)

Cabina Balcone Deluxe (BR)

Tasse portuali

Assicurazione medico- bagaglio e annullamento viaggio

Quote di servizio (ex mance obbligatorie) da pagare a bordo

€ 2.050

€ 2.240

€ 2.380

€ 180

€ 80

€ 84

Cabine singole e multiple in numero limitato su richiesta

Per i non soci 50&Più è prevista la quota di gestione pratica: € 50 per persona

La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta in Esperienza Fantastica • Volo andata e ritorno Roma Fiumicino-Fort de France • Trasferimento dall’aeroporto al porto di imbarco e viceversa • Trattamento di pensione completa a bordo: caffè mattutino, prima colazione (colazione in cabina consegna gratuita), pranzo, cena, tè pomeridiani, buffet e sorprese gastronomiche di mezzanotte • Pacchetto bevande all inclusive easy • Utilizzo (non in esclusiva) di tutte le attrezzature della nave: piscine, lettini, palestra, idromassaggio, discoteca, biblioteca • Partecipazione (non in esclusiva) alle attività di animazione di bordo, spettacoli musicali, serate a tema, ecc. • Facchinaggio dei bagagli nei porti di imbarco e sbarco • Mezzi di imbarco e sbarco nei vari scali (non in esclusiva). La quota non comprende: Tasse portuali (€ 180) • Assicurazione medico-bagaglio e annullamento viaggio (€ 80) • Quote di servizio (€ 84) • Escursioni ed i tour organizzati • Servizi di carattere personale • Extra in genere e quanto non espressamente indicato alla voce “La quota comprende”.

N.B. Il viaggio sarà confermato al raggiungimento di 20 partecipanti.

UN CAPOLAVORO IN MARE

MSC Virtuosa prende il suo nome dal termine 'virtuoso', che indica eccellenza in qualsiasi campo di attività. Così, MSC Virtuosa è stata nominata per rendere omaggio all’abilità e alla competenza degli architetti di MSC Crociere e dei partner dei cantieri navali di Les Chantiers de l’Atlantique, che hanno progettato e costruito questa classe innovativa di nave.

POINTE-À-PITRE (Guadalupa)

FORT-DE-FRANCE

CASTRIES

KINGSTOW

Itinerario:

Martinica - Guadalupa

St. Lucia - Barbados

Saint Vincent&TheGrenadine - Grenada

Turismo

SETTIMANA BIANCA

Sansicario (To) – Comprensorio della VIALATTEA

DAL 26 GENNAIO AL 2 FEBBRAIO 2025

7 NOTTI / 8 GIORNI

Nel cuore della Vialattea si trova il piccolo e tranquillo villaggio alpino di Sansicario, frazione in quota di Cesana Torinese. La sua posizione privilegiata, al centro di un'area di 400 km, lo rende una base ideale per la tua giornata di sci. Con i suoi 69 impianti di risalita, è il luogo perfetto per trascorrere la “settimana bianca” fra boschi incontaminati e vette maestose.

SISTEMAZIONE ALBERGHIERA

L’Hotel Sansicario Majestic (4 stelle) del gruppo Bluserena, ha un design nuovo e raffinato. È nel cuore delle Alpi, a Sansicario vicino al Sestriere, a 1.700 metri di quota, nel meraviglioso comprensorio sciistico internazionale della Vialattea. L’Hotel Sansicario Majestic è il tuo angolo di tepore ed eleganza tutta nuova di fronte alla vista mozzafiato del monte Chaberton. Ogni spazio all’Hotel Sansicario Majestic è stato rinnovato nel 2023, in uno stile che unisce il calore della tradizione alpina con il design moderno.

Ristorazione. L’Hotel Sansicario Majestic offre un accogliente ristorante, con tavoli per singola famiglia assegnati a ogni ingresso al ristorante. La prima colazione è a buffet, pranzo e cena con servizio al tavolo. Per i più piccoli, menu baby servito al tavolo, previa prenotazione del menu durante la cena del giorno precedente. Un accogliente bar è a disposizione degli ospiti.

Bimbi e ragazzi. Serenino Club dai 3 ai 10 anni • SerenUp dagli 11 ai 14 anni

• Accompagnamento alla scuola sci fino al rientro in Hotel per bimbi e ragazzi

• Aiuto nella vestizione per i più piccoli.

Intrattenimento. Grande Équipe di animatori • Intrattenimento, spettacoli serali e Dj set • Escursioni • Passeggiate nei boschi con gli animatori.

Baby Coccinella. Dotazione in camera di culla, fasciatoio, riduttore WC (su richiesta), scaldabiberon, vaschetta per il bagnetto, set biancheria, Kit Baby con prodotti per la detergenza dei bambini; seggiolone al ristorante. Quota obbligatoria per ogni bimbo tra 0 e 3 anni non compiuti.

Quota individuale di partecipazione (7 notti / 8 giorni)

Camera doppia

In camera doppia uso singola

Quota “Coccinella Baby”

0-3 anni (non compiuti)

Quota 3°/4° letto in camera con 2 adulti

Polizza Sanitaria e Annullamento

Viaggio (facoltativa)

€ 760,00

€ 1.070,00

€ 91,00

€ 370,00

€ 30,00

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione

Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni

La quota comprende: Soggiorno di 7 notti in camera doppia prescelta presso il Bluserena Sansicario Majestic • Trattamento di prima colazione e cena (bevande escluseacqua microfiltrata durante il pasto inclusa) • Tessera Club • Assicurazione bagaglio/sanitaria.

La quota non comprende: Trasporti da e per Sansicario • Ingresso alla SPA e alla piscina interna (su prenotazione) • Polizza annullamento viaggio facoltativa (€ 30,00) • Bevande non previste, tassa di soggiorno, mance, extra in genere e tutto quanto non specificato.

CINQUANTENNALE 50&PIÙ Mezzo secolo di traguardi raggiunti

DALL'11 AL 13 NOVEMBRE 2024

Vi invitiamo a celebrare insieme un momento davvero speciale: i 50 anni di 50&Più, dall’11 al 13 novembre, nella suggestiva cornice di Roma. Saranno tre giornate indimenticabili pensate per riunirci e festeggiare questo traguardo significativo. Unitevi a noi per vivere insieme questa importante tappa di 50&Più a Roma, una città intrisa di storia, cultura e spiritualità, che sarà il perfetto scenario per festeggiare i nostri 50 anni di vita e di impegno. Vi aspettiamo numerosi per condividere questo momento di gioia e di gratitudine.

PROGRAMMA

11 NOVEMBRE Arrivo a Roma Dall’arrivo dei gruppi provinciali nella mattinata l’atmosfera sarà carica di entusiasmo. Nel pomeriggio, per chi desidera approfondire la conoscenza della Capitale, sono disponibili numerose visite guidate facoltative. Guide esperte ci accompagneranno attraverso i principali punti di interesse, arricchendo l’esperienza con racconti storici e aneddoti. Tra passeggiate rilassanti e percorsi culturali, ogni momento trascorso in città si trasformerà in un ricordo prezioso. Cena nei rispettivi Hotel e pernottamento.

12 NOVEMBRE Visite e celebrazione del Cinquantennale di 50&Più La mattinata sarà dedicata alla scoperta della Città Eterna, con ulteriori escursioni e percorsi facoltativi che permetteranno di immergersi nella sua storia millenaria. Nel pomeriggio ci riuniremo all’Auditorium della Conciliazione per un evento speciale dedicato alla celebrazione dei successi e dei momenti significativi dell’Associazione nel corso degli anni. L’esibizione del gruppo ARIA ci emozionerà con straordinarie interpretazioni delle colonne sonore più celebri, creando un’atmosfera unica. Cena nei rispettivi Hotel e pernottamento.

13 NOVEMBRE Udienza papale e partenze La mattina avremo l’opportunità unica di partecipare all’Udienza papale presso la Sala Nervi in Vaticano. Un momento emozionante che ci permetterà di incontrare il Santo Padre e di vivere un’esperienza spirituale profonda. Il pomeriggio sarà il momento delle partenze, con i cuori pieni di ricordi preziosi e di nuove amicizie fatte durante questi giorni indimenticabili.

PER INFORMAZIONI

e per conoscere le quote di partecipazione chiedi alla sede 50&Più a te più vicina L’elenco è consultabile alle pagine 96-97 e su www.50epiu.it/dove-siamo

PROFUMO DI VENDEMMIA E SAPORE DI OLIO NUOVO

«Si cerchi la notte cautelarsi con coltre più spesse, onde il corpo stia caldo. Infine si faccia tutto ciò che possa evitare danni alla salute»

Almanacco Barbanera 1886

a cura di

OTTOBRE

È un classico di sempre: si spera nell’ottobrata, in un ultimo, morbido, scampolo d’estate, capace di metterci di buonumore e di maturare gli ultimi frutti della bella stagione. Ottobre si sa, è un mese di mezzo, un ponte che conduce a piccoli passi nel cuore dell’autunno, tra le foglie che si fanno di mille colori e il profumo della terra ancora calda. Mentre riempiamo la dispensa con le conserve, ad attenderci ci sono anche le prime semine. E un gran daffare lo dà pure la vendemmia, che inonda le cantine del suo odore dolce e pungente. Si conta su una buona annata e si mette mano al frutteto mentre la prima tramontana ci dirà che sì, l’autunno è davvero arrivato! Con tutte le sue delizie. Poi, a fine mese, l’appuntamento più atteso dell’anno: raccolte le ultime uve si affaccia il tempo delle olive, delle macine al frantoio e dell’olio nuovo, quello che ci farà assaporare, tra sfumature amarognole e piccanti, la più buona bruschetta della stagione.

L’ORTAGGIO DEL MESE

RAPA. Radice d’Europa

Tra gli ortaggi, è di quelli conosciuti fin da tempi antichissimi. Europea di nascita, la rapa, Brassica rapa, è stata una presenza costante sulle tavole, soprattutto povere, poi in parte scalzata dai nuovi arrivi dalle Americhe. Tornata a pieno titolo tra le coltivazioni, se ne consuma la radice carnosa di colore bianco o rosso, di diverse forme, invernale o primaverile. Pianta di assai poche pretese, mal sopporta però caldo e siccità. Si semina, a seconda della varietà, a marzo-aprile o da luglio a ottobre, in Luna calante, su terreno ben preparato. Dopo una settimana si diradano le piantine, da proteggere con una pacciamatura che le salva dal freddo ed evita le infestanti. Nel centro e sud Italia molto amati sono anche germogli e foglie, le cosiddette “cime di rapa”.

DA SAPERE. Troppa siccità rende la radice coriacea e fibrosa.

VERDI AMICIZIE. Ama la compagnia di carote, sedani e lattughe. Anche l’aneto ne favorisce la crescita, e pure piselli, fagioli e pomodori. Se seminate dove sono state le patate, le rape cresceranno più tenere.

BUONO A SAPERSI!

Con le foglie autunnali, dalle tinte meravigliose, si possono creare delle composizioni decorative. Un modo semplice per poterne poi usufruire è plastificarle, così anche i colori si conservano per un po’. Stendete della carta forno su cui metterete un foglio da plastificatrice, realizzate la composizione, e copritela con un altro foglio da plastificatrice. Sopra stendete ancora la carta forno, poi stirate a temperatura moderata e lentamente per alcuni secondi, a questo punto rimuovete la carta forno, tagliate i bordi eccedenti e ammirate il risultato. Con lo stesso procedimento potete plastificare singole foglie per abbellire la tavola, fare ghirlande, decorare un pacco regalo o creare insolite collane.

FIORI E FRUTTI SUL BALCONE

LUMINOSA STERNBERGIA

Quando in autunno tutta la luce dell’estate sembra essersene andata, ecco che arriva in giardino la Sternbergia lutea, un luminoso fiorellino giallo, molto simile al Crocus con il quale viene spesso confuso. Si tratta di una bulbosa che viene messa a dimora a fine estate, con la Luna calante: nello stesso posto può poi restare indisturbata per anni. Per questo il consiglio è di non farla mai mancare tra i fiori: non vuole nulla ed è molto generosa! Ben sopporta le gelate e anche nei punti in ombra o ai piedi di grandi alberi vivrà senza troppi problemi. Quando poi si trova bene, si diffonde e naturalizza, creando bei gruppi dal fogliame lucido molto ornamentale.

DICE IL PROVERBIO

Chi vento semina, tempesta raccoglie

Caldo d’ottobre fa freddo febbraio

Onestà e gentilezza sopravanzano ogni bellezza

NELL’ORTO. Lo sanno anche i bambini: ad ottobre si semina. Si prepara la terra, si arieggia, rigirandola, per ossigenarla e renderla soffice. Poi si acquistano i semi o si prendono quelli messi da parte dagli ultimi raccolti di fine estate. Poi, con l’aiuto della Luna calante, seminare all’aperto ravanelli, spinaci e valerianella. Ma anche per interrare i bulbilli dell’aglio - gli spicchi - in piena terra e invece raccogliere gli ultimi ortaggi da conservare come bietola da orto e rapa. Inoltre, scalzare agiaia e pulire e vangare il terreno mano a mano che le colture esauriscono il loro ciclo vegetativo. Vendemmiare e raccogliere cotogne, mele e pere a maturazione autunnale. Con la Luna crescente, invece, riprodurre le aromatiche per divisione dei cespi, come lavanda, maggiorana, origano, ruta e timo. Iniziare a raccogliere cardi, finocchi e cavolo verza per il consumo fresco. Seminare i piselli. Raccogliere cachi, castagne, kiwi, mele, mele cotogne e metterli in luogo fresco evitando di ammassare i frutti.

NEL GIARDINO. Ovviamente le annaffiature diminuiscono o si fermano. Ricordarsi invece, con la Luna calante, di estrarre dal terreno e conservare i bulbi che hanno concluso la fioritura, come dalia e gladiolo. In crescente moltiplicare per talea specie sempreverdi come aucuba, lauroceraso o di spoglianti come forsizia. Preparare talee di rosa e metterle a radicare. Continuare a seminare i tappeti erbosi. Tagliare il prato prima dell’arrivo del freddo e, dove possibile, effettuare ancora le trasemine. Mettere a dimora le bulbose che fioriranno in primavera, come narciso e tulipano.

NEL CESTINO DEL MESE

ORTAGGI: bietole, carote, cavolfiori, cavoli broccolo, cavoli cappuccio, cavoli verza, cicorie, cipolle, fagioli, fagiolini, finocchi, indivie, lattughe, melanzane, peperoni, piselli, pomodori, porri, radicchi rossi, rape, ravanelli, rucola, sedani, spinaci, valerianella e zucche.

FRUTTA: cachi, castagne, fichi, limoni, clementine, mandarini, mandorle, melagrane, mele, mele cotogne, noci, nocciole, pere, pompelmi e uva.

AROMI: basilico, maggiorana, peperoncino, prezzemolo, rosmarino e salvia.

IL SOLE

L’1 sorge alle 06:57 e tramonta alle 18:41

L’11 sorge alle 07:08 e tramonta alle 18:24

Il 21 sorge alle 07:20 e tramonta alle 18:09

L’1 si hanno 11 ore e 44 minuti di luce solare

A fine mese, 81 minuti di luce in meno

LA LUNA

L’1 sorge alle 05:30 e tramonta alle 18:14

Il 12 tramonta alle 00:29 e sorge alle 16:01

Il 21 tramonta alle 12:21 e sorge alle 20:50

Luna calante l’1 e dal 18 al 31. Luna crescente dal 3 al 16

Luna Piena il 17. Luna Nuova il 2

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Intervista Artificiale a cura di Dario De Felicis

NIKOLA TESLA

IL

VISIONARIO CHE

SOGNAVA WIRELESS

Dialoghi ‘impossibili’ con i più grandi personaggi della storia, realizzati attraverso sistemi di intelligenza artificiale

Viene spesso descritto come un genio incompreso dal suo tempo. Si sente di condividere questa definizione?

(Ride) Ah, la famosa definizione di “genio incompreso”. È vero, il mio lavoro è stato spesso frainteso o sottovalutato dai miei contem-

e propria battaglia, anzi una “guerra delle correnti”, se vogliamo. Quando arrivai dalla Serbia in America, trovai un mondo ossessionato dalla corrente continua di Edison. Ma io sapevo che la corrente alternata era il futuro. La sua capacità di essere trasmessa su lunghe distanze con perdite minime e la facilità con cui si poteva trasformare. Era chiaramente superiore. Si è parlato molto del suo rapporto conflittuale con Thomas Edison.

Conflittuale? Direi piuttosto che è stato un vero scontro tra titani, una battaglia non solo di idee, ma di visioni del mondo. Lavorai per lui, inizialmente, e mi illusi di poter collaborare ma presto mi resi conto che eravamo agli antipodi. Edison era un uomo pratico, certo, ma senza visione. E non si comportò in maniera affatto corretta nei miei confronti. Qual è stata la sua visione più grande, oltre alla corrente? Avevo talmente

tante idee così interconnesse che è difficile dirlo. Ma se dovessi provare a rispondere direi l’idea generica di un’energia wireless per tutti, senza fili o cavi, per fare in modo che ogni dispositivo, ogni macchina, ogni casa potesse attingere a questa fonte inesauribile di energia. Non voglio essere supponente ma oltre alla ‘visione’ ho contribuito a tante invenzioni che ancora oggi vengono utilizzate generosamente, come il telecomando o la lampada fluorescente.

Sa che il suo sogno di un mondo alimentato da energia pulita è stato incarnato in un’auto chiamata Tesla?

Il pensiero che il mio nome sia stato associato a una tecnologia che incarna molti dei principi per i quali ho lottato mi riempie di una certa soddisfazione, perché va oltre il confine del tempo. Mi dica di più su questa macchina. Sono curiosissimo di sapere come il futuro ha interpretato il mio lascito. Magari in un’altra occasione. Si narra della sua capacità di visualizzare progetti e macchinari con estrema precisione nella mente, prima ancora di costruirli.

Ed è vero. Fin da giovane, ho sviluppato una sorta di “laboratorio mentale”, un processo che avveniva in uno stato di concentrazione profonda, in cui immaginavo ogni dettaglio, ogni ingranaggio e ogni circuito della macchina come se fosse già realizzata. Un messaggio da lasciare alle future generazioni di scienziati e inventori?

Siate visionari, esplorate l’ignoto e osate sognare l’impossibile. Molte delle mie idee che sembravano folli ai miei contemporanei oggi sono realtà. Non lasciate che lo scetticismo degli altri spenga la vostra creatività. La vera grandezza si trova nel superare le aspettative e nel creare un futuro migliore, per tutti.

Le sedi 50&Più provinciali

Abruzzo Telefono

L’Aquila - viale Corrado IV, 40/F 0862204226

Chieti - via F. Salomone, 67 087164657

Pescara - via Aldo Moro, 1/3 0854313623

Teramo - corso De Michetti, 2 0861252057

Basilicata Telefono

Matera - via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714

Potenza - via Centomani, 11 097122201

Calabria Telefono

Cosenza - viale degli Alimena, 5 098422041

Catanzaro - via Milano, 9 0961721246

Crotone - via Regina Margherita, 28 096221794

Reggio Calabria - via Tenente Panella, 20 0965891543

Vibo Valentia - via Spogliatore snc 096343485

Campania Telefono

Avellino - via Salvatore De Renzi, 28 082538549

Benevento - via delle Puglie, 28 0824313555

Caserta - via Roma, 90 0823326453

Napoli - via Cervantes, 55 int. 14 0812514037

Salerno - via Zammarelli, 12 089227600

Emilia Romagna Telefono

Bologna - via Tiarini, 22/m 0514150680

Forlì - piazzale della Vittoria, 23 054324118

Ferrara - via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211

Modena - via Begarelli, 31 0597364203

Piacenza - strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61

Parma - via Abbeveratoia, 61/A 0521944278

Ravenna - via di Roma, 104 0544515707

Reggio Emilia - viale Timavo, 43 0522708565-553

Rimini - viale Italia, 9/11 0541743202

Friuli Venezia Giulia Telefono

Gorizia - via Vittorio Locchi, 22 048132325

Pordenone - piazzale dei Mutilati, 6 0434549462

Trieste - via Mazzini, 22 0407707340

Udine - viale Duodo, 5 04321850037

Lazio Telefono

Frosinone - via Moro, 481 0775855273

Latina - via dei Volsini, 60 0773611108

Rieti - largo Cairoli, 4 0746483612

Roma - via Cola di Rienzo, 240 0668891796

Viterbo - via Belluno, 39/G 0761341718

Liguria

Telefono

Genova - via XX Settembre, 40/5 010543042

Imperia - via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334

La Spezia - via del Torretto, 57/1 0187731142

Savona - corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582

Lombardia

Mantova - via Valsesia, 46

Telefono

Bergamo - via Borgo Palazzo, 133 0354120126

Brescia - via Trento, 15/R 0303771785

Como - via Bellini, 14 031265361

Cremona - via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715

Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

Lodi - viale Savoia, 7 0371432575

0376288505

Milano - corso Venezia, 47 0276013399

Pavia - via Ticinello, 22 038228411

Sondrio - via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311

Varese - via Valle Venosta, 4 0332342280

Marche Telefono

Ancona - via Alcide De Gasperi, 31 0712075009

Ascoli Piceno - viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102

Macerata - via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

Pesaro - strada delle Marche, 58 0721698224/5

Molise Telefono

Campobasso - via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194

Isernia - via XXIV Maggio, 331 0865411713

Piemonte Telefono

Alba - piazza S. Paolo, 3 0173226611

Alessandria - via Trotti, 46 0131260380

Asti - corso Felice Cavallotti, 37 0141353494

Biella - via Trieste, 15 01530789

Cuneo - via Avogadro, 32 0171604198

Novara - via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232

Torino - via Andrea Massena, 18 011533806

Verbania - via Roma, 29 032352350

Vercelli - via Duchessa Jolanda, 26 0161215344

Puglia Telefono

Bari - piazza Aldo Moro, 28 0805240342

Brindisi - via Appia, 159/B 0831524187

Foggia - via Luigi Miranda, 8 0881723151

Lecce - via Cicolella, 3 0832343923

Taranto - via Giacomo Lacaita, 5 0997796444

Sardegna

Telefono

Cagliari - via Santa Gilla, 6 070280251

Nuoro - galleria Emanuela Loi, 8 0784232804

Oristano - via Sebastiano Mele, 7/G 078373612

Sassari - via Giovanni Pascoli, 59 079243652

Sicilia Telefono

Agrigento - via Imera, 223/C 0922595682

Caltanissetta - via Messina, 84 0934575798

Catania - via Mandrà, 8 095239495

Enna - via Vulturo, 34 093524983

Messina - via Santa Maria Alemanna, 5 090673914

Palermo - via Emerico Amari, 11 091334920

Ragusa - viale del Fante, 10 0932246958

Siracusa - via Eschilo, 11 093165059-415119

Trapani - via Marino Torre, 117 0923547829

Toscana Telefono

Arezzo - via XXV Aprile, 12 0575354292

Carrara - via Don Minzoni, 20/A 058570973-570672

Firenze - via Costantino Nigra, 23-25 055664795

Grosseto - via Tevere, 5/7/9 0564410703

Livorno - via Serristori, 15 0586898276

Lucca - via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170

Pisa - via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30

Prato - via San Jacopo, 20-22-24 057423896

Pistoia - viale Adua, 128 0573991500

Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914

Trentino Alto Adige Telefono

Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032

Trento - via Solteri, 78 0461880408

Umbria Telefono

Perugia - via Settevalli, 320 0755067178

Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152

Valle d’Aosta Telefono

Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981

Veneto Telefono

Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264

Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130

Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267

Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481

Venezia Mestre - viale Ancona, 9 0415316355

Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300

Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

Le sedi 50&Più estere

Argentina Telefono

Buenos Aires

0054 11 45477105

Villa Bosch 0054 9113501-9361

Australia Telefono

Perth 0061 864680197

Belgio Telefono

Bruxelles 0032 25341527

Brasile Telefono

Florianopolis 0055 4832222513

San Paolo 0055 1132591806

Canada Telefono

Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023

Hamilton 001 9053184488

Woodbridge 001 9052660048

Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902

Montreal Saint Leonard 001 5142525041

Ottawa 001 6135674532

St. Catharines 001 9056466555

Toronto 001 4166523759

Germania Telefono

Dusseldorf 0049 21190220201

Portogallo Telefono

Lisbona 00351 914145345

Svizzera Telefono

Lugano 0041 919212050

Uruguay Telefono

Montevideo 0059 825076416

USA Telefono

Fort Lauderdale 001 9546300086

BAZAR

a cura del Centro Studi 50&Più

PSICOLOGIA

ANSIA E PARKINSON

Dopo i 50 anni l’ansia avrebbe un ruolo chiave nello sviluppo del Parkinson per i ricercatori dell’University College London. Confrontando i dati del servizio sanitario inglese, dal 2008 al 2018, di 109.435 persone che l’avevano manifestata dopo i 50 anni con quelli di altre 878.256 che invece non ne avevano sofferto, hanno scoperto che nelle prime erano più spesso presenti sintomi ritenuti prodromi del Parkinson: depressione, stanchezza, deterioramento cognitivo, tremore, rigidità, etc. Tra chi soffriva di ansia, 331 persone hanno sviluppato il Parkinson in media 5 anni dopo il primo episodio di ansia.

NEVE, CANE, PIEDE

di Claudio Morandini

Exòrma, 2015, pp. 138

In un vallone isolato delle Alpi si aggira Adelmo Farandola, un vecchio scontroso e smemorato, roso dalla sua stessa solitudine e circondato unicamente dal suo cane, qualche altro animale e un giovane guardiacaccia che si preoccupa per lui. La vita di Adelmo, scandita dai cambiamenti stagionali - tra estati isolate e inverni nella baita ricoperta dalla neve -, viene interrotta un giorno di primavera, quando durante il disgelo, vede spuntare un piede umano da una delle tante valanghe che si abbattono sulla vallata. Il racconto della vita in montagna emerge con tutta la sua durezza, fatica, ferocia.

Informazioni, curiosità, notizie utili, luogo d’incontro e di scambio Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

SILVER ECONOMY SOCIETÀ

START UP OVER 60 DI SUCCESSO

Negli Stati Uniti non solo un’impresa su tre è avviata da una persona di 50 o più anni, ma mentre solo il 28% delle start up create dai giovani dura più di tre anni, quelle avviate da over 60 hanno un tasso di successo del 70%. Lo dice il rapporto The Longevity Economy realizzato dall’Aarp and Oxford Economics. Per quanto riguarda l’Italia i ‘Settantennials’ posseggono una quota consistente della ricchezza complessiva del paese, rappresentandone il 30% dei consumi annuali (220 miliardi) e più del 30% del patrimonio di ricchezza complessivo (3.200 miliardi).

GREY DIVORCE IN AUMENTO

Tra il 2015 e il 2021 i divorzi tra over 60, i “grey divorce”, hanno avuto un incremento superiore al 40%, passando dai 6.131 del 2015 agli 8.715 del 2021. A dirlo è l’Istat che ha rilevato come la cosiddetta “instabilità coniugale” interessi anche le coppie più grandi. Le statistiche però non fotografano esattamente la realtà e i numeri potrebbero essere sottostimati. Sono soprattutto l’allungamento dell’aspettativa di vita e una diversa percezione culturale del matrimonio a spingere i divorzi in tarda età. Oltre i sessant’anni ormai non ci si sente più troppo vecchi per separarsi.

SMEMORATI

Una figlia, un padre, l’Alzheimer e la ricerca dei ricordi perduti è il sottotitolo di questa serie podcast a puntate, cinque per l’esattezza. Tutto nasce dalle interviste che Anna Maria Selini fa a suo padre, intessendo con lui un nuovo rapporto, al di là della malattia. Uno scavo nel passato che conduce al presente, quello di molte altre persone che quotidianamente si confrontano con il morbo di Alzheimer che in Italia colpisce 600mila persone e ne coinvolge altri 3 milioni, tra familiari e assistenti. Alla fine, l’indagine di una figlia si trasforma nella scoperta di segreti dimenticati e nella conoscenza di un padre. www.choramedia.com/podcast/ smemorati

LA BANDA DEI GUANTI VERDI

Regia di Tadeusz Sliwa con M. Kuta, A. Romantowska e M. Potocka. Polonia, 2022 e 2024 La banda dei guanti verdi è un’ottima fusione di comicità e crime. Cosa succede quando tre astute signore agées decidono di trasformarsi in vere e proprie ‘Robin Hood’ dei tempi moderni per portare giustizia a coloro che vengono truffati dalla società? L’anziana banda di ladre - composta da Zuzanna, Alicja e Kinga - è pronta a realizzare rapine a sfavore di persone disoneste e immorali con eleganza e astuzia, mentre gli ispettori Gujska e Alfred sono sulle loro tracce. Intanto, la casa di riposo in cui si sono rifugiate è sempre più un ottimo nascondiglio.

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