Giugno 2023

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PRIMO PIANO

Salvate il Pianeta Terra

In ostaggio di plastica e inquinamento Ma cambiare stile di vita si può Ecco chi lo ha già fatto

EVENTI

5a edizione Corti di Lunga Vita al Cinema Troisi

50 registi in gara

Le premiazioni dei vincitori

PERSONAGGI

Il maestro Peppe Vessicchio si racconta

Dal Festival di Sanremo al connubio tra vino e musica

MISTERI 40 anni fa la scomparsa di Emanuela Orlandi

Adesso l’Italia e lo Stato Pontificio collaborano per la verità

Il valore dell’esperienza | GIUGNO 2023 | Anno XLV - n.6 - € 2,50 I.P.

Mensile di attualità e cultura di 50&Più Sistema Associativo e di Servizi 50&Più il valore dell’esperienza

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Strage di Ustica

Giugno 1980: un Dc9 con 81 persone a bordo scompare E il caso non è chiuso di Anna Costalunga

Rubriche

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Il messaggio antirazzista e inclusivo di Liberi Nantes, squadra di calcio formata anche da giovani rifugiati e richiedenti asilo politico

50&PIUENASCO

A Lisbona inaugurati gli uffici che forniscono servizi e assistenza gratuita per tutte le pratiche di natura previdenziale

Salvate il pianeta Terra

In ostaggio di plastica e inquinamento

di D. De Felicis, A.G. Concilio, A. Costalunga, P. Masciocchi, L. Russo, I. Romano, G. Zaccardelli, D. Rizzi

La forma delle nuvole Gianrico e Giorgia Carofiglio 10

Il terzo tempo Lidia Ravera 12

Anni possibili Marco Trabucchi 14

Effetto Terra Francesca Santolini 16

IL GAUDÌ

A Grosio, in provincia di Sondrio, Nicola Di Cesare ha creato un giardino particolare divenuto nel tempo una grande attrazione turistica

Sommario
Anno XLV - n. 6 - giugno 2023
segreto
una vita
Carlo Sangalli
Se siamo quello che mangiamo Spazio alla redazione 6 In questo numero Emanuela Orlandi, 40 anni di mistero Stefano Marino 8 Periscopio Dario De Felicis 18 Operazione Avalanche a Salerno Leonardo Guzzo 38 Le “marocchinate” del 1944 Giulia Zaccardelli 40 Uomo e fauna selvatica, insieme si può Ilaria Romano 42 L’energia di Corti di Lunga Vita 2023 Linda Russo 58 A uccidere Beethoven non fu il veleno Ester Riva 60 Investire nei nuovi asset tecnologici? Lauro Tamburi 64 Il metaverso secondo Lorenzo Montagna Raffaello Carabini 67 Tecnologia Valerio Maria Urru 75 Buone pratiche 50&Più di Redazione 76 Previdenza Maria Silvia Barbieri 78 Fisco Alessandra De Feo 80
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Il
di
felice
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UNA NUOVA SEDE
62 L. Russo
E
UGUALI NELLO SPORT
NELLA VITA 30 A.G. Concilio
giugno 2023
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R. Vinci
DELLA
VALTELLINA

Personaggi

Peppe Vessicchio a ‘Italia In...Canto’

«Ascoltare gli over 50 è stato entusiasmante. Mi sono emozionato» di A.G. Concilio 22

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DELL’ 8/03/2023

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I Viaggi di 50&Più 84 Libri, Incontro con l’Autore, Arte, Teatro, Musica, Cinema 87 Bacheca 93 Vivere in Armonia 94 Giochi 96 Bazar 97 www.spazio50.org | giugno 2023 4
fonte “quasi” inesauribile di energia pulita? La fusione nucleare 72 di A. D’Agostino Scienze Il disturbo da accumulo a cura di Fond. U. Veronesi 70
Una

IL SEGRETO DI UNA VITA FELICE

Uno studio dell’Università di Harvard ha trovato una forte correlazione tra la longevità, la felicità e le relazioni positive instaurate con parenti, vicini, amici

Un libro di qualche anno fa che raccoglieva i più bei discorsi tenuti agli studenti del college dello scrittore americano Kurt Vonnegut si intitolava Quando siete felici, fateci caso, uno sprone alla consapevolezza e all’apprezzamento del momento in cui viviamo. La domanda, però, a questo punto sorge spontanea: “Ma quand’è che poi ci sentiamo davvero felici?”. Nel 1938 i ricercatori dell’Università di Harvard avviarono uno studio pluridecennale (il più lungo mai condotto finora)

per scoprire il segreto della felicità. Il progetto ha seguito dall’adolescenza nel corso di tutta la vita 724 uomini (e sarebbe stato estremamente interessante coinvolgere anche il genere femminile). Del gruppo originale - con diversissima estrazione economica e sociale e del quale faceva parte persino il presidente John F. Kennedy - ne sono oggi rimasti 60. I risultati sono a dir poco interessanti: carriera, denaro, esercizio fisico, dieta sana di certo non guastano, ma uno solo è l’immancabile costante di una vita felice: solidi rapporti in famiglia e nel-

la comunità. Lo studio di Harvard ha infatti trovato una forte correlazione tra la longevità, la felicità e le relazioni positive instaurate con parenti, vicini, amici. Da una parte, si tratta di una questione di “cura” ed “informazioni”: inserite in un contesto di cura reciproca le persone “si tengono d’occhio” le une con le altre e scambiano informazioni utili per mantenere la propria salute. Ma non si tratta solo di questo: dall’altra parte, infatti, una buona salute sociale, fatta di rapporti autentici di affetto, considerazione e solidarietà, risponde ad un bisogno psicologico profondo, quasi atavico, che non a caso ha fatto definire già migliaia di anni fa (Aristotele dixit) l’uomo un “animale sociale”: ecco perché non basta per una vita felice bastare a sé stessi o stare semplicemente “connessi”. Bisogna curare le relazioni e coltivare le connessioni fino a renderle parte strutturale (e reale) della propria vita. Lo sa bene la nostra 50&Più che su questo assunto ha costruito la propria missione associativa e tutte iniziative in cui si realizza, come nel prossimo giugno gli Incontri a Marina di Cutro o a luglio la Settimana della Creatività di Assisi. Se la comunità è dunque il segreto della longevità e della felicità, 50&Più è uno dei migliori strumenti della “Fullgevity”, ovvero di una vita non solo lunga (longevity) ma anche piena (full) di significato e valore.

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«SE LA COMUNITÀ È DUNQUE IL SEGRETO DELLA LONGEVITÀ E DELLA FELICITÀ, 50&PIÙ È UNO DEI MIGLIORI STRUMENTI DELLA “FULLGEVITY”»

Spazio alla redazione

Questo spazio viene dedicato a idee, considerazioni, approfondimenti della redazione di 50&Più. Un luogo aperto dove confrontarsi con opinioni che traggono ispirazione dall’attualità

editoriale

SE SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO

A giugno ricorrono due date dedicate all’alimentazione indette dall’ONU che ci spingono a riflettere sul nostro rapporto con il cibo la sua sostenibilità, l’inflazione che interessa i generi alimentari e che ci spinge a fare delle scelte su cosa mettere nel carrello della spesa

Nel mese di giugno ricorrono due giornate dedicate all’alimentazione fortemente volute dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La prima, che si celebra il 7 giugno, è la Giornata mondiale della sicurezza alimentare, mentre la seconda, che ricorre il 18 giugno, è quella della Gastronomia Sostenibile. La parola “gastronomia” già di per sé ci fa pensare a tante cose: dal bancone del supermercato in cui scegliamo i piatti pronti alle ricette gourmet dei grandi chef. Ma secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) gastronomia è “l’arte del cibo”, quel processo che lega le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale e ambientale) e che può promuovere uno sviluppo agricolo, una sicurezza alimentare, un’alimentazione sana, una produzione e una conservazione della biodiversità. Valorizzarla può contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e portare benefici a più livelli.

Certo, se parliamo di “sicurezza alimentare” e “gastronomia sostenibile” spesso siamo costretti a scontrarci anche con i prezzi del -

le materie prime. Un dettaglio da non trascurare quando si devono far quadrare i conti del mese, magari mettendo a tavola una famiglia di quattro persone. Secondo i dati Istat relativi a marzo 2023, infatti, l’inflazione è aumentata del 7,6% su base annua e ad accelerare sono, in particolare, i prezzi degli alimentari come pasta, riso, olio e uova (da +8,7% a +9,1%). Così, com’è facile intuire, a pagare il prezzo più alto (e non si parla solo di economia) sono le famiglie meno abbienti. Ed è qui che forse a qualcuno torna in mente il caso dello scorso mese, quello della blogger marchigiana Benedetta Rossi. Conduttrice e scrittrice, con un numero altissimo di follower sui social, e che da tempo è il volto di programmi tv in cui propone ricette facili e veloci senza disdegnare l’aiuto di preparazioni pronte come la pasta sfoglia industriale o il tonno in scatola. Per questo lei e la sua community sono finiti nel mirino di alcuni articoli e di “odiatori seriali” sulla rete che snobbano la semplicità o la provenienza degli ingredienti. Secondo le critiche “non va bene quasi niente di quello che quotidianamente il 90%

delle persone normali mette nel carrello della spesa e non vanno bene le insegne di alcuni discount perché troppo economici”, sostiene in un video rilasciato su Instagram. E poi si rivolge direttamente a chi la critica: «Forse non sapete che c’è qualcuno che quando fa la spesa deve controllare quanto gli è rimasto nel portafoglio, persone che passano 8 o 10 ore al giorno al lavoro e magari a casa hanno figli o persone anziane da accudire. Per loro preparare qualcosa di veloce da portare in tavola è una necessità». Un appello più che condivisibile che ci mette davanti a un’annosa questione: è possibile alimentarsi in modo sano e sostenibile senza spendere cifre da capogiro o dover cucinare per ore prima di consumare il pasto? Come si può privilegiare l’acquisto di prodotti non troppo cari che non abbiano, però, costi nascosti (come sfruttamento della manodopera, utilizzo di allevamenti intensivi o coltivazioni con pesticidi)? Domande che dovremmo porci - e che dovrebbero porsi gli organi preposti - per il benessere di tutti e anche del Pianeta.

www.spazio50.org | giugno 2023 6

Donare una casa all’UNICEF significa donare all’infanzia un futuro migliore. Ciò che ha avuto un valore affettivo per te, può avere valore anche per la vita di tanti bambini.

In molti luoghi del mondo milioni di bambini vivono in estrema povertà, afflitti da guerre, catastrofi naturali, vittime di abusi e sfruttamento.

La tua donazione immobiliare sarà trasformata in cibo, vaccini, scuola e protezione.

Chiama o scrivi, anche ora, a Laura Verderosa. Insieme troveremo il modo più semplice ed efficace per compiere questo gesto d’amore. 06 47809235 - 3664245511

l.verderosa@unicef.it

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Il caso sulla sparizione di Emanuela Orlandi potrebbe essere a un punto di svolta. A quarant’anni dalla scomparsa della cittadina vaticana, all’epoca dei fatti quindicenne, la Procura di Roma riapre le indagini e lo fa in collaborazione con i magistrati della Santa Sede. «Sul caso Orlandi Papa Francesco e il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, vogliono che emerga la verità senza riserve». Sono le parole di Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia della Città del Vaticano, a segnare uno spartiacque nella lunga storia della scomparsa di Emanuela Orlandi. Per la prima volta, lo Stato Pontificio offre collaborazione. Pochi giorni dopo, Pietro Orlandi, fratello della giovane, viene ricevuto in Vaticano per un colloquio di otto ore. I pm italiani hanno acquisito gli atti dal Vaticano, ora si indaga.

Occhi marroni, capelli castani, una fascetta sulla fronte. Sorride Emanuela in una delle foto che la ritrae prima della scomparsa, diventata

EMANUELA ORLANDI 40 ANNI DOPO LA SUA SCOMPARSA RESTA UN MISTERO

Di lei si sono perse le tracce il 22 giugno del 1983 in una delle vie centrali della Capitale Una storia di piste false, personaggi ingombranti e verità mancate. La Procura di Roma e quella vaticana collaborano per la prima volta di Stefano Marino

poi il simbolo della sua sparizione. Il volto, raffigurato sui manifesti in bianco e nero che quarant’anni fa tappezzarono le strade di Roma, è quello di una giovane studentessa, figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia, residente a Città del Vaticano. Il 22 giugno del 1983, la quindicenne si è recata alla scuola di musica che frequentava in piazza Sant’Apollinare. All’uscita telefona alla sorella Federica: è stata l’ultima volta che la famiglia Orlandi ha avuto notizie di lei. Depistaggi, mitomani, testimonianze anonime e personaggi della mala romana, poi, prendono parte a una vicenda dai contorni inquietanti rimasta ancora senza verità. Prima i Lupi Grigi, poi il coinvolgimento della P2 e di alcuni esponenti del Vaticano. Le telefonate e le lettere anonime che raccontano di intrighi anche internazionali: una pista porterà poi a scoprire che Renato De Pedis, boss della banda della Magliana ucciso in via del Pellegrino nel 1990 - più volte considerato coinvolto nel ra -

pimento - è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare. Sabrina Minardi, amante dell’uomo, qualche anno più tardi, racconterà che fu proprio ‘Renatino’ a ordinare il sequestro della giovane su richiesta di un prelato ma la sua testimonianza venne ritenuta inattendibile. C’è poi l’americano, lo sconosciuto che telefona a casa Orlandi e parla di un collegamento tra la scomparsa di Emanuela e quella di Mirella Gregori, altra giovane romana della quale si sono perse le tracce lo stesso anno. E c’è anche la pista inglese che vorrebbe la quindicenne rinchiusa in un convento di Londra. In un recente documentario, realizzato dal giornalista Andrea Purgatori, parla un’amica della giovane scomparsa e racconta: «Aveva un segreto da dirmi» ma le ragazze non riuscirono a rivedersi. Saranno, adesso, i magistrati italiani, in collaborazione con i magistrati vaticani, a indagare su quanto avvenuto il 22 giugno del 1983 - e nei giorni seguenti - per capire chi ha fatto scomparire Emanuela Orlandi.

Il caso
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L’EVOLUZIONE DEI SOCIAL, SEMPRE MENO “SOCIAL”

Ci sono indizi ovunque: la stagione dei social media potrebbe essere alla fine. La loro egemonia sta scricchiolando, per qualcuno sono addirittura in fase terminale. Twitter è stato comprato da Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, e da allora ha perso milioni di utenti e soprattutto tantissimi inserzionisti, principale fonte di profitto della piattaforma. Meta, l’azienda che possiede Facebook e Instagram, ha licenziato migliaia di dipendenti e molti degli utenti più giovani si stanno spostando su TikTok, la famigerata app cinese di video brevissimi. Sembrerebbe una dinamica già nota, il naturale declino di alternative ormai vecchie a favore di novità più scintillanti. In realtà il cambiamento che si profila sembra molto più profondo. TikTok non è davvero un social network, nonostante si tenda a definirlo tale, ma piuttosto una piattaforma di intrattenimento. Aprendo l’applicazione, ci si trova davanti un video breve, di meno di un minuto, selezionato da un algoritmo imperscrutabile. Scorrendo verso il basso, altri video a tutto schermo appaiono uno dopo l’altro, senza soluzione di continuità: non è l’utente a cercarli, ma la piattaforma a selezionarli in base a quelli che crede (spesso con grande accuratezza) essere i gusti dell’utente medesimo.

Il modo in cui è organizzata la piattaforma rende difficile l’interazione con terzi o anche solo con persone che già si conoscono. L’utente medio pubblica raramente, è uno spettatore del contenuto che gli viene offerto, e nonostante sia possibile seguire i propri amici, l’app non è progettata per creare connessione. I social media tradizionali invece si basano sul rapporto fra utenti che in linea di massima si conoscono, condividono aggiornamenti sulle proprie vite, si inviano messaggi reciproci. In generale i social tradizionali permettono (o danno l’illusione) di comunicare con un network più ampio rispetto alle persone con cui manteniamo rapporti nella vita reale. Nel tempo questo modello si è in parte modificato, con la nascita degli influencer e con il desiderio di avere una finestra spalancata sulla vita di personaggi famosi; ma anche a causa del cambiamento nel modo in cui le piattaforme funzionano. Sono già anni che, per chi usa i social media, i post da amici e persone che si seguono sono diventati più difficili da trovare. Oggi, a differenza di quanto avveniva fino a poco tempo fa, chi apre Instagram o Facebook è costretto a subire contenuti che non ha scelto, inframmezzati dai post di inserzionisti che pagano per aumentare la propria visibilità. Il risultato non è proprio “sociale”: l’obiettivo è piuttosto di

La forma delle nuvole
Un padre e una figlia osservano il mondo
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lo conosciamo
di Gianrico e Giorgia Carofiglio
In rete siamo gestiti da algoritmi che sanno esattamente cosa ci diverte
Un
intrattenimento sempre più passivo e compulsivo, proposto da app e piattaforme che sta rapidamente mandando in pensione il concetto
di social così come

aumentare e sostenere interazioni di contenuto commerciale, non costruire comunità che possano collaborare o comunicare tra loro. TikTok ha portato all’estremo il cambiamento che era già in atto, puntando tutto sulla compulsione umana alla distrazione. A pensarci, non è un’evoluzione scioccante. Prima di TikTok esisteva la televisione, prima ancora la radio, le riviste e così via. Quello che cambia è il metodo con cui i contenuti sono prodotti: tanti creatori che pubblicano i loro contenuti invece di una programmazione dall’alto. E soprattutto quello che cambia è lo sviluppo sempre più radicale di un intrattenimento che richiede un impegno cognitivo minimo: seguire la puntata di una serie tv è comunque più impegnativo che scorrere una sequenza di video di 30 secondi.

Erich Fromm, lo psicologo e filosofo tedesco, decenni prima dell’avvento

dei social aveva previsto questo sviluppo. In Anatomia della distruttività umana scriveva: «La vita contemporanea nelle società industriali opera quasi completamente con stimoli semplici. Vengono sollecitate pulsioni come desiderio sessuale, avidità, sadismo, distruttività, narcisismo; questi stimoli sono mediati da cinema, televisione, radio, giornali, riviste e dalle esigenze di mercato». Aveva capito, in tempi che ora ci sembrano insospettabili, che i media di massa cercano modi sempre più sofisticati di sfruttare gli stimoli semplici: stimoli che producono una pulsione, da cui si è guidati quasi inconsciamente. Essi non richiedono una risposta attiva, un’interazione con la fonte dello stimolo. Siccome gli stimoli semplici sono, appunto, semplici, tendono alla ripetitività e per continuare a sollecitare la nostra attenzione devono mutare di contenuto

o aumentare di intensità. «Il meccanismo è sempre lo stesso: stimolazione semplice verso risposta immediata e passiva. Ecco il motivo per cui gli stimoli devono essere cambiati costantemente, per non perdere efficacia». TikTok sembra aver portato questa ricetta all’estremo: contenuti brevissimi, sempre nuovi e rapidissimi, ad alta intensità.

Le piattaforme davvero sociali (con tutti i loro mali, dovuti alla stessa forsennata ricerca di modi per tenerci incollati allo schermo) sono dunque in fase di declino, e stiamo tornando, anche se con modelli nuovi, a forme più tradizionali di intrattenimento. È un bene o un male? Uno sbandamento momentaneo o un cambiamento permanente? Difficile dirlo, difficile fare previsioni. Ma considerati i tempi rapidissimi che hanno le mutazioni nell’era digitale, è probabile che lo sapremo presto.

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Il terzo tempo

DIVENTA UN’EGOISTA INTELLIGENTE

Anove anni dichiara guerra alla plastica. Ogni giorno, all’uscita da scuola, va a raccogliere ciò che viene buttato. Organizza, nel giro di pochi anni, squadre di pulizia. Sono bambini e bambine. Ci tengono a salvare il mondo.

Alice ha soltanto sei anni quando conosce Magnolio de Oliveira, il famoso ambientalista brasiliano impegnato nella salvaguardia della foresta amazzonica, gli fa una domanda sul ragno più grande del mondo e lui le risponde raccontando le migliaia di varietà di insetti che abitano il polmone del mondo. Alice si appassiona alla necessità di salvare il verde, di nutrire i minuscoli abitanti delle foreste. La sua coscienza ecologista la spinge a usare la borraccia per bere, a fare merenda con frutta e verdura in contenitori riutilizzabili, a improvvisare comizi contro la plastica. I compagni la prendono in giro, la bullizzano. Ma lei non molla. Non mollano, le ragazze green. Vengono dal Kenia, come Winnie Asiti, classe 1996, da Londra, da Roma, da Parigi, dalla Svezia. Sono tutte giovanissime, determinate e preoccupate.

Fanno politica innanzitutto con i loro comportamenti, scelte di vita personali e coerenti con il progetto di salvare il pianeta.

Iris è una adolescente francese trapiantata in California. Nel 2003 era appena nata, i suoi genitori temevano di perderla per la spaventosa ondata di caldo che si era abbattuta sulla Francia. Era in corso l’anno più torrido d’Europa dal 1540. Si è salvata, Iris, e ha poppato coscienza ecologista con il latte materno, perciò adesso cerca di sensibilizzare tutti i suoi coetanei, ma soprattutto gli adulti: “bisogna riciclare invece che buttare, camminare invece di prendere la macchina, non mangiare carne se si può farne a meno”.

Perché vi sto raccontando queste storie di ragazzine prodigio che vogliono prendersi cura dell’orbe terracquea? Perché, in quanto non-più-giovane (e da parecchio) mi sento in colpa. Non mi pare di aver fatto abbastanza attenzione all’allarme lanciato dalle menti migliori della generazione di Greta Thunberg, Iris Duquesne, Miriam Martinelli (ripulisce le spiagge “per capire le sofferenze del mare”), Alice Imbastari e tutte le altre. Mi dividono dalla loro età cinquant’anni di vita vissuta distrattamente: pensavo all’organizzazione capitalistica del lavoro, pensavo agli sfruttati, ai più deboli, agli emarginati. Lottavo, ho sempre lottato, per l’emancipazione femminile, di più, per la liberazione delle donne dai cliches che le hanno ingabbiate per duemila anni, da

un bel po’ mi do da fare per estirpare gli stereotipi che impediscono di affrontare il trascorrere del tempo con orgoglio e gioia… Non sono certo una che pensa soltanto ai fatti suoi, ma che cosa ho fatto per il clima? Sono riuscita a eliminare la plastica dalla mia vita? Solo in parte. Come me la cavo col riscaldamento? Solo fonti rinnovabili? Mi faccio l’esame di coscienza, prima di affrontare il giudizio delle adolescenti. Non ne esco benissimo. La ragazzina che è in me, e che non riesco a licenziare nonostante l’età, mi guarda con disapprovazione: in realtà, dice, polemica, tu pensi che sarai già morta quando il pianeta finirà sottacqua, ma ti sbagli. L’alternanza nefasta fra siccità e nubifragi sta già uccidendo, minacciando catastrofi e distruggendo le coltivazioni. Non te ne sei accorta?

Se non vuoi pensare alla sorte dei tuoi figli e delle tue nipotine, pensa a te. Diventa un’egoista intelligente!

PARLIAMONE

Per scrivere a Lidia Ravera

posta - C/O Redazione 50&Più via del Melangolo, 26 - (RM) fax - 066872597

email - redazione@50epiu.it

giugno 2023 | www.spazio50.org 13
di Lidia Ravera

SONO “ANNI POSSIBILI”

Il passare degli anni talvolta comporta riduzioni della funzione motoria e problematiche cognitive. Alcune statistiche indicano che in Italia sono più di tre milioni le persone che hanno bisogno di supporto perché la loro vita sia “possibile”, non dominata da limiti, ma caratterizzata da libertà e dignità.

Sono supporti che modificano la traiettoria della non autosufficienza e della malattia, rendendo normali (“possibili”) anche gli anni di chi è in difficoltà; un supporto che crea legami stretti tra chi aiuta e chi è aiutato.

Nel nostro tempo, quando il mondo è caratterizzato da crisi di ogni tipo (sanitario, economico, bellico ecc.), la fragilità delle persone anziane diviene ancora più evidente, perché si assommano condizioni di salute somatica precaria a difficoltà psicologiche. Peraltro, oltre a questi fattori legati all’individuo, crescono sempre più evidenti

le problematiche delle comunità, ad esempio la diffusa sensazione che valga più l’io rispetto al noi. Inoltre, sono sempre più frequenti condizioni di crisi, come la drammatica riduzione della forza lavoro da impiegare nei servizi (mancano medici, infermieri, oss negli ospedali, nell’assistenza domiciliare, nelle RSA). Nei pensieri dei cittadini, in questo scenario si fanno strada prospettive angoscianti e la paura per il futuro domina la giornata. Di fatto, si vedono realisticamente ridursi le possibilità perché gli “anni possibili” lo siano davvero per molte persone in difficoltà.

È possibile contrastare questi pensieri maligni, che rischiano di allargarsi progressivamente, fino a dominare la vita di milioni di persone? Sono utili alcune indicazioni, perché il successo dipende in gran parte dall’impegno dei singoli e delle comunità.

Un primo aspetto riguarda l’antagonismo da avere sempre più chia-

www.spazio50.org | giugno 2023 14 Anni possibili
PER GLI
GRAZIE ALL’IMPEGNO E
DI CHI SE
ANZIANI
ALLA GENEROSITÀ
NE PRENDE CURA

ro verso idee sull’ineluttabilità della condizione della persona anziana, che sarebbe caratterizzata da perdite continue; nulla è utile per contrastare una strada segnata e senza speranza; qualsiasi impegno sarebbe solo uno spreco di energie economiche e organizzative. Chi è relegato

mente denominati, dove le persone anziane passano gli ultimi anni, perché nella casa non avevano più la possibilità di garantirsi una vita decente. Sono anch’essi luoghi per “anni possibili”, se chi vi lavora è convinto di accompagnare la vita e non di gestire dei fallimenti. In questa prospettiva è centrale la formazione degli ope-

dall’immagine sociale in questa condizione non avrà certo possibilità di anni futuri di benessere. Un altro aspetto rilevante è il dovere, da parte delle comunità, di mettere al centro della vita collettiva l’impegno delle persone che accompagnano gli anziani fragili. Si tratta di milioni di nostri concittadini che nelle famiglie assistono senza sosta i loro cari; questi, grazie ad un supporto continuo hanno una vita possibile, il lenimento del dolore, la cura delle malattie guaribili e l’accompagnamento delle malattie croniche. Non è retorica sostenere che i caregiver sono protesi che collegano le persone anziane alla vita: sono spesso protesi “eroiche”, se così si potessero definire.

Oltre all’attenzione alla vita famigliare, le comunità devono avere uno sguardo continuo sui servizi, perché i luoghi dove si concentrano le difficoltà cliniche e umane.

Grazie al lavoro di operatori di diverse competenze e professionalità, anche in questi ambienti particolarmente delicati gli anni della vita sono possibili. Mi permetto di affrontare in specifico il problema delle case di riposo o RSA, cioè gli ambiti, diversa-

ratori, in particolare degli oss, sempre presenti 24 ore al giorno, per 365 giorni. A loro sono affidati compiti complessi, perché devono occuparsi, allo stesso tempo della salute, del benessere pratico, del tempo della giornata. Se il loro supporto è realizzato in maniera generosa, costruendo con gli ospiti rapporti di vicinanza e di attenzione continua, allora gli anni diventano possibili per tutti: quelli degli anziani, che godono di una buona qualità della vita, ma anche quella degli operatori. Per questi, se danno un senso al loro impegno, gli anni di lavoro saranno momenti di significato e quindi di soddisfazione. Se chi lavora nelle residenze per anziani percepisce che la gentilezza non è un atteggiamento da usare in circostanze particolari, ma lo stile di ogni giorno, allora anche le RSA diverranno luoghi dove si consumano (si vivono) “anni possibili” per tutti.

PARLIAMONE

Per scrivere a Marco Trabucchi

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giugno 2023 | www.spazio50.org 15
«Se il loro supporto è realizzato in maniera generosa costruendo con gli ospiti rapporti di vicinanza e di attenzione continua, allora gli anni diventano possibili per tutti»

LARGO AGLI ANZIANI ATTIVISTI PER IL CLIMA

Immaginate genitori, nonni, zii e prozii, di età compresa tra i 50 e gli 80 anni e oltre, insieme a protestare per tutta la notte contro il cambiamento climatico, sfidando le temperature gelide.

Con sacchi a pelo, cappelli di lana e sedie a dondolo, centinaia di manifestanti dai capelli bianchi si sono accampati davanti alle sedi di quattro grandi banche - JP Morgan Chase, Wells Fargo, Citibank e Bank of America - che, secondo il rapporto Rainforest Action Network, hanno investito più di mille miliardi di dollari in petrolio e gas tra il 2016 e il 2021. Dietro a quella che è stata annunciata come la più grande azione per il clima mai organizzata da persone anziane, c’è il sessantunenne Bill

www.spazio50.org | giugno 2023 16 Effetto Terra
di Francesca Santolini

McKibben, ambientalista storico e fondatore di 350.org. McKibben nel 2021 ha creato Third Act, “terzo atto”, una campagna per mobilitare gli anziani d’America, un movimento che oggi conta qualcosa come 50mila attivisti, inclusi alcuni centenari. Chiamare a raccolta gli anziani potrebbe essere il vero punto di svolta nella battaglia per il clima. Solo negli Stati Uniti gli over 60 sono 75 milioni e con il loro coinvolgimento la crisi climatica potrebbe pesare anche nelle urne. Alle elezioni del 2020 gli anziani rappresentavano il 44% dei votanti. E così, pochi giorni dopo la presentazione dell’ultimo rapporto ONU sul clima, quello in cui veniva messo nero su bianco dagli scienziati di

tutto il mondo che stiamo andando incontro ad una catastrofe senza precedenti, gli anziani di Third Act sono scesi in piazza a manifestare, ed erano in migliaia.

«Nonostante il loro idealismo, la loro intelligenza e la loro energia, alle persone giovani manca il potere strutturale per il cambiamento sulla scala che è necessaria nel tempo che abbiamo», ha dichiarato McKibben al The New York Times.

Per far parte dell’associazione sono richiesti requisiti fondamentali, spiega il collettivo: «Dato che le anziane appartengono alla fascia di popolazione che risente maggiormente dei crescenti fenomeni di caldo estremo e che l’associazione rappresenta i loro interessi, possono diventare socie soltanto le donne in età pensionabile dai 64 anni in su». La Corte è stata chiamata da “Anziane per il clima” ad accertare «in che

La rivolta delle sedie a dondolo è stata la manifestazione più partecipata di Third Act finora, con i partecipanti spinti dalla convinzione che non sia giusto e moralmente accettabile lasciare il peso della crisi climatica sulle spalle delle giovani generazioni: «Tutti votiamo e siamo noi ad aver quasi esaurito le risorse della nostra società. Per cambiare Washington e Wall Street serviranno anche un po’ di capelli bianchi come i miei».

L’idea di scendere in piazza e fare fronte comune insieme ai nipoti, per creare la massa critica sociale necessaria alla lotta contro i cambiamenti climatici, è arrivata anche in Europa.

Un collettivo chiamato “Anziane per il clima” ha intentato un’azione giudiziaria davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo nei confronti del proprio paese, la Svizzera. L’accusa? Violazione dei diritti umani, per lo scarso impegno del Paese nella lotta al cambiamento climatico. Si tratta di un’associazione fondata nell’agosto 2016 da circa 150 donne e che oggi conta oltre 2.000 soci in tutta la Svizzera. L’età media è di 73 anni.

misura uno Stato come la Svizzera debba ridurre in modo più significativo le proprie emissioni di gas serra per tutelare i diritti umani della popolazione».

Il coinvolgimento degli anziani nell’attivismo climatico è un cambio di paradigma radicale: il riscaldamento globale smette di essere una questione solo dei più giovani, perché il futuro riguarda tutti e forse sarà proprio la solidarietà fra generazioni a salvare il mondo.

Diceva George Bernard Shaw che «la giovinezza è sprecata per i giovani: è la persona matura che meglio sa come utilizzare una ricca vitalità». E allora, parafrasando, possiamo dire che la lotta al cambiamento climatico è davvero troppo importante per essere lasciata solo ai giovani.

PARLIAMONE

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giugno 2023 | www.spazio50.org 17
«Il riscaldamento globale smette di essere una questione solo dei più giovani, perché il futuro riguarda tutti e forse sarà proprio la solidarietà fra generazioni a salvare il mondo»

IL CIBO È UNA COSA SERIA

L’importanza della cultura alimentare nel nostro Paese è cosa nota. Il cibo, le sue molteplici preparazioni, le ricette sono argomenti di conversazione appassionanti e talvolta accesi. Agli occhi del mondo gli italiani sono alfieri orgogliosi della loro cucina, che difendono strenuamente contro inconcepibili contaminazioni esterne. Stavolta, però, potremmo provare a fare un gioco: se ribaltassimo la situazione e diventassimo noi gli stranieri che osservano le abitudini alimentari degli italiani? Partiamo dalla colazione, il pasto più importante della giornata. Il caffè è un rito sacro soprattutto al mattino, va preso al banco del bar e viene offerto spesso insieme ad un bicchiere d’acqua, per pulire la bocca e prepararla per il gusto amaro. Ed è sorprendente vedere l’enorme varietà con cui gli italiani chiedono la loro versione di espresso, in una forbice che va dall’espresso ristretto al caffè lungo, fino alla scelta della tazza, al vetro o ceramica, con latte a parte. A proposito di quest’ultimo: in Italia quando al bar si ordina un “latte” si riceve esattamente un bicchiere di latte, contrariamente a quanto accade in altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti, dove si riceve invece un “latte macchiato”. E secondo una legge non scritta, il cappuccino va gustato solo come colazione: impensabile berlo a pranzo, magari come accompagnamento ad un piatto salato. Proprio sul salato, si apre un’aspra discussione su uno dei piatti più famosi al mondo: la pizza. C’è ancora la credenza diffusa che questa sia un’invenzione americana; niente di più sbagliato. Gli Stati Uniti hanno contribuito a rendere popolare questo piatto, ma la pizza è nata nel cuore di Napoli (e la “pizza pepperoni” si trova solo nei menu turistici). Sul fronte pasta, autentico vessillo italico, si rimane esterrefatti scoprendo che ne esistono oltre 350 tipi diversi. Dalla pasta tradizionale come penne e spaghetti alla pasta fresca come le tagliatelle e alle varietà regionali come le orecchiette, la scelta è infinita. In effetti, si potrebbe quasi mangiare un tipo di pasta diverso ogni giorno per un anno. Durante la preparazione della pasta, però, guai a spezzare gli spaghetti, un gesto che per molti italiani potrebbe essere equiparato ad un “crimine alimentare”. Sul tema pasta, meritano un capitolo a parte le famose “fettuccine Alfredo”, uno dei piatti più popolari negli Stati Uniti. È bene ribadire che il piatto è quasi sconosciuto in Italia, nonostante sia nato a Roma da Alfredo di Lelio, che preparò delle semplici fettuccine con burro e parmigiano divenute popolari quando nel 1907 due star del cinema cenarono nel suo ristorante. Tra i luoghi comuni andrebbero smontati quelli sui formaggi: l’Italia non è solo mozzarella e Parmigiano ma esistono 487 tipi diversi di prodotti caseari. Una varietà da capogiro. In ultimo ma non ultimo, tra i dolci, è bene differenziare i concetti di ice cream e gelato. Il primo è prodotto in freezer con una mantecazione a ciclo continuo, il secondo invece, nasce da un processo artigianale non cristallizzato fatto prevalentemente con latte e panna fresca.

Eppure, nonostante queste “stranezze” alimentari, mangiare nel Belpaese rimane una delle più ricercate esperienze gastronomiche.

Periscopio
a cura di Dario De Felicis

LA TEMPESTA PERFETTA

Nel 1996, il ciclone tropicale Olivia colpì il largo della costa di Barrow Island, in Australia, con una potenza mai registrata. Secondo The Weather Channel, infatti, l’occhio del ciclone Olivia produsse cinque raffiche di vento estreme, di tre secondi ciascuna, il cui picco è stata una folata di circa 407 Kmh.

www.weather.com

L’AFFETTO DELLE LONTRE

Non è raro vedere immagini di lontre che si tengono per mano mentre dormono nell’acqua. Il motivo è piuttosto semplice: le femmine temono di perdere il loro compagno a causa di un altro maschio mentre riposano. Rimanere unite, inoltre, le rende più sicure nei confronti dei predatori.

www.northamericannature.com

RIACCENDERE L’AMORE PER LA LETTURA

A Tartus, in Siria, Mohamed Zaher gestisce da 32 anni un chiosco chiamato Wisdom Seller, che invita i passanti a fermarsi e leggere uno tra gli oltre 2.000 libri che ne rivestono le pareti. E per incoraggiare i visitatori a restare, chiunque legga almeno 15 pagine di un libro riceve un caffè gratis.

www.arab.org

In giro per il mondo

A PROPOSITO DI...

L’OMBELICO DEL MONDO

Il luogo più remoto del mondo? Sono le isole Tristan da Cunha nell’Oceano Atlantico meridionale, un insediamento nato grazie ad avventurosi coloni che negli anni l’hanno resa abitabile e coltivabile. Oggi gli abitanti sono autonomi anche grazie all’allevamento di bovini, suini e alla pesca delle aragoste.

www.nauticareport.it

PRIMA DI BIANCANEVE

Il celebre romanzo di Victor Hugo I miserabili, pubblicato nel 1862, contiene una delle frasi più lunghe di tutta la letteratura europea, composta da ben 832 parole.

Molti credono che il primo lungometraggio d’animazione appartenga al film di Walt Disney del 1937 Biancaneve e i sette nani. In realtà il primato spetta a El Apóstol, lungometraggio girato vent’anni prima in Argentina. Un cartone animato di 70 minuti composto da circa 58mila disegni.

www.news.cinecitta.com

IL FUNGO E LA FORMICA ZOMBIE

La coppia di coniugi più vecchia è stata quella dei texani John e Charlotte Henderson: 106 anni lui e 105 lei. Il loro matrimonio, è durato dal 1939 fino al 2020, dopo la morte di John.

Il Cordyceps unilateralis è un fungo parassitoide che altera il comportamento delle formiche. Quando il micelio raggiunge il cervello della formica, questa si muove sotto il “comando” del fungo, che la porta a raggiungere un microclima adatto allo sviluppo e al proliferare del fungo stesso.

www.mondointernazionale.com

IN NUMERI - I TRENI AD ALTA VELOCITÀ

I treni oltre ad essere tra i mezzi di spostamento più diffusi al mondo, sono anche tra i più i nnovativi e moderni, diventando veri e propri simboli del progresso tecnologico in campo dei trasporti. Negli ultimi anni, infatti, molti Paesi hanno investito nello sviluppo di treni ad alta velocità, capaci di raggiungere prestazioni impressionanti e di ridurre i tempi di viaggio tra l e principali città.

Shanghai Maglev (Cina)

Fuxing Hao CR400AF (Cina)

Harmony CRH 380A (Cina)

Shinkansen E5 (Giappone)

giugno 2023 | www.spazio50.org 19
NUMERI DA RECORD LETTERATURA CHE CONTA UN GRANDE AMORE 431 km/h 400 km/h 380 km/h 360 km/h

LA SCELTA DELLA GIURIA

L’immagine inquietante dell’assedio di Mariupol

è stata scelta all’unanimità come vincitrice del World Press Photo of the Year. La morte sia della donna che di suo figlio riassumono gran parte della guerra, così come il possibile intento della Russia. Come ha affermato un giurato: «È come se stessero cercando di uccidere il futuro dell’Ucraina»

www.worldpressphoto.org

Mariupol, attacco aereo all’ospedale di maternità

FOTOGRAFO: EVGENIY MALOLETKA

TWITTER: @EMALOLETKA

INSTAGRAM: @EVGENYMALOLETKA

LO SCATTO SIMBOLO DEL BOMBARDAMENTO DI MARIUPOL È LA FOTO DELL’ANNO PER IL WORLD PRESS PHOTO 2023

DIRIGE L’ORCHESTRA IL MAESTRO PEPPE VESSICCHIO

Il compositore si racconta tra progetti passati e futuri Dall’amore per Napoli al ruolo di ambasciatore Unicef Sul connubio tra vino e musica «La materia resta la stessa ma la nuova “disposizione” offre un gusto diverso»

Icona del Festival della canzone italiana per oltre venti anni, dai modi sempre garbati e dall’indiscusso talento artistico. Nella vita del maestro Peppe Vessicchio non c’è solo la musica, anche la passione per Napoli, la sua città natale, la solidarietà e tanti altri progetti. Presidente di giuria a ‘Italia In…Canto’, il compositore si racconta a 50&Più. La sua vita, anche artistica, inizia a Napoli. Quanto influisce nel suo percorso professionale la città dei mille colori?

I colori sono frequenze, le frequenze sono anche suoni. Napoli è quindi anche la città dai mille suoni e credo ne offra tanti altri generati dalla armonica combinazione degli stessi. Ce lo dice la storia, narrando dei grandi musicisti che negli ultimi quattro secoli l’hanno visitata in quanto imprescindibile tappa nel loro percorso di formazione

www.spazio50.org | giugno 2023 22
Personaggi
di Anna Grazia Concilio

artistica e culturale. Pensi lei quanto possa sentirmi fortunato ad esserci nato in grembo e ad averne inspirato l’aria… già, quell’aria che con il movimento delle sue molecole rende possibile il suono.

Musicista, arrangiatore, compositore, direttore d’orchestra. Quale ruolo sente più suo?

Anche se ho composto a mio nome poche partiture sento che l’azione più connaturata sia questa. Del resto, “arrangiare”, e di arrangiamenti ne ho firmati tantissimi, vuol dire comporre intorno ad un canto dato… gli esercizi di composizione in voga nel famigerato settecento napoletano si chiamavano “partinenti” ed erano nient’altro che il completamento di una composizione partendo da un “cantus firmus”, cioè una melodia. L’“arrangiare”, verbo preso in prestito dall’inglese “arrange”, cioè “organizzare”, io l’ho sempre considerato un atto creativo che fonde scienza e arte. Quindi sì, confermo, mi sento compositore.

‘Dirige l’orchestra il maestro Peppe Vessicchio’. Il suo nome e il suo volto sono stati per anni anche il volto di Sanremo. Cosa le manca di più del Festival della canzone italiana?

Il mondo cambia e bisogna adattarsi ai cambiamenti ma non bisogna perdere quello che di buono ci ha preceduto. Sanremo sta vivendo un buon momento ma il fatto che la serata con più ascolti è quella riservata alle “cover” del passato deve farci riflettere. C’è qualcosa da recuperare senza smettere di fare passi avanti. Laborioso, faticoso ma possibile.

A Sanremo in una nuova veste, al fianco di Fedez nella conduzione del podcast di Muschio selvaggio. Com’è stata questa esperienza?

Ho dovuto sintonizzarmi con le loro prospettive. Ci ho messo impegno e alla fine ho guadagnato un ulteriore

sguardo sul panorama pop che oggi regala tante sorprese. Mi è piaciuto esserci, non solo professionalmente ma anche umanamente.

Da anni è ambasciatore Unicef. Ha incontrato, tra gli altri, i bambini di Coque, una delle favela più violente del Brasile. Cosa le è rimasto di quei giorni?

‘Che la musica può fare…’ come diceva Gazzè in una canzone che arrangiai e diressi proprio a Sanremo. A quei “meninos” offre la possibilità di evitare le strade del malaffare, il malaffare che pascia nel disagio economico, sociale e culturale che le borgate povere patiscono. Sono convinto che la musica può fare del bene a tal punto che maturiamo pensieri di pace senza dover tragicamente attraversare una guerra per poi comunque arrivare lì… Quando il vino incontra la musica giusta cambia sapore. Può spiegare la sua teoria? È difficile semplificare, si tratta di vibrazioni. Se l’insieme sonoro che vivrà, cioè la musica in questione, risponde a concetti fisici specifici (io la chiamo Musica Armonico - Naturale) è capace di riflettere tale condizione ai legami che finiscono per offrirci una nuova e migliore organizzazione molecolare del composto. La materia resta la stessa ma la nuova “disposizione” offre un gusto diverso e le analisi ci testimo-

niano una coesione superiore, tant’è che il vino, una volta trattato, nei test rivela, significativamente, una maggiore resistenza allo stress ossidativo. Ri-arrangio anche i cluster molecolari del nettare di Bacco.

Quest’anno ha ricoperto il ruolo di presidente di giuria al concorso canoro dedicato agli over 50, ‘Italia In…Canto’. L’età può condizionare l’arte e i talenti?

L’età apporta consapevolezza ed equilibrio. Ascoltare gli over 50 in questa manifestazione è stata una esperienza entusiasmante. Mi sono emozionato più volte. Non c’erano né velleità né secondi fini. Le scelte, tutte, erano sincere e appassionate. Senza calcoli di sorta. Viva la musica.

Un futuro ancora tutto da scrivere. Ci sono sogni nel cassetto da realizzare?

Vorrei recuperare il suono acustico in sale adatte a questo scopo o progettarne appositamente qualcuna per esercitare, attraverso la musica, dagli effetti benefici. Composizioni di natura popolare e colta, destinate a giovani e meno giovani magari coadiuvate da altri linguaggi come quello parlato e quello visivo. Musikè vuol dire questo, è l’insieme dei linguaggi che trasferiscono emozioni, vibrazioni di tutti i tipi con le quali empatizzare e generare un effetto di comunione.

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Eventi

DIETRO LE QUINTE DI ‘ITALIA IN…CANTO’

Il concorso canoro riservato agli over 50 è tornato a Napoli A conquistare la giuria presieduta dal maestro Peppe Vessicchio è stata Monica Stasi interpretando il brano ‘Oggi sono io’

Diciannove finalisti, circa mille spettatori. Sono i numeri della diciannovesima edizione di ‘Italia In…Canto’, il concorso canoro riservato agli over 50, ideato e promosso dall’associazione 50&Più. Dopo le semifinali dello scorso settembre, gli aspiranti cantanti si sono esibiti al Teatro Cilea di Napoli, la città che diciannove anni fa ha inventato la kermesse, grazie anche a un’idea di Vincenzo Cozzolino, storico vicepresidente nazionale di 50&Più, scomparso recentemente. La giuria, presieduta dal maestro Peppe Vessicchio e composta da Manuela Villa, dalla giornalista Ansa Marzia Apice, la docente di Cinema, Radio e Tv Università Mercatorum Anna Bisogno e Maurizio Merolla, regista e attore, ha decretato i vincitori. A vincere il concorso, Monica Stasi - Livorno - interpretando il brano Oggi sono io. Al secondo posto Tatiana Paggini - Livorno - con Sempre e al terzo posto Giuseppe Mariniello di Aversa (CE) con Lettera di là del mare. Ha condotto l’evento Alessandro Greco.

L’emozione dei vincitori

«Un risultato inaspettato, soprattutto perché sono stata la concorrente più giovane di questa edizione. Tante emozioni, impossibile descriverle in poche parole» ha

detto Stasi a margine della premiazione. Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Paggini: «Canto da tempo ma su un palco così importante siamo tutti un po’ tesi. Emozioni bellissime». Mariniello, alla sua seconda esperienza a Italia In… Canto ha commentato: «Sono onorato di succedere a due donne che partecipano al concorso per la prima volta. Sensazioni meravigliose dall’applauso del pubblico. Grazie a 50&Più che mi darà sicuramente altre belle sorprese».

Tre giorni a Napoli

Gli aspiranti cantanti e i soci di 50&Più si sono ritrovati a Napoli il 24 aprile, presso il Royal Continental, l’albergo incastonato tra il centro storico partenopeo e Castel dell’Ovo. All’interno dell’Auditorium, gli ospiti hanno assistito a due concerti in esclusiva nelle serate di lunedì e martedì, organizzati dall’associazione: la musica a cappella dei Neri per caso e il repertorio della mucisa classica napoletana rivisitato dall’originalità di Ebbanesis, il duo formato da Viviana Cangiano e Serena Pisa. Durante la tre giorni anche una visita guidata presso gli scavi di Pompei e i luoghi simbolo del capoluogo campano tra bontà gastronomiche, amicizia e, socialità e condivisione.

Le voci di 50&Più

«Tutti gli eventi della nostra Associazione rappresentano l’opportunità di trascorrere giornate all’insegna dell’amicizia. Italia In…Canto ne è una dimostrazione perché racchiude in sé l’entusiasmo dei cantanti, la loro capacità di trasmettere energia e mettere in gioco con intelligenza. Un valore aggiunto per chi assiste alle loro esibizioni» ha detto Sebastiano Casu, Vicepresidente Nazionale Vicario di 50&Più. «Sono manifestazioni come questa che testimoniano l’importanza dello stare insieme, in una sana competizione che inserisce un ulteriore tassello all’interno di un progetto più ampio di crescita e condivisione. Valorizzare le competenze di ognuno e mettersi al servizio della comunità rimangono per noi i capisaldi della vita associativa» ha detto Gabriele Sampaolo, Segretario Generale di 50&Più.

Le novità della 19ª edizione Grazie al televoto degli spettatori, è stato assegnato - per la prima volta nella storia della kermesse - il ‘Premio del Pubblico’. Ad aggiudicarselo Minnena Stangoni, di Badesi (Sassari) che si è esibita con il brano E dimmi che non vuoi morire. «Una sorpresa enorme, ho incontrato tante persone dalle quali ho ricevuto i complimenti» ha commentato a margine dell’evento. L’orchestra, diretta dal maestro Gaetano Raiola, è tornata sul palco della finale accompagnando i cantanti in gara. Tra le novità dell’edizione 2023 di ‘Italia In...Canto’ il ‘Premio Cozzolino’, assegnato a Paolo Malvini di Firenze che ha interpretato Senza luce: «Sono felicissimo di aver ricevuto questo premio, mi è entrato nel cuore, lo porterò sempre con me» ha detto il vincitore del premio.

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di Grazia Capuano

uella sera d’estate di 43 anni fa tutto appare tranquillo. Il volo Itavia procede con andatura regolare, seguito, oltre che dal radar dell’aeroporto di Ciampino, anche dal raggio d’azione di due radar della difesa aerea di Licola e Marsala. Alle 21.21 il centro di Marsala avverte la Difesa aerea di Martina Franca del mancato arrivo a Palermo dell’aereo. Immediatamente si avviano le operazioni di soccorso, allertando i vari centri dell’aeronautica, della marina militare e delle forze Usa in stanza in quel tratto di mare. Alle 21,55 partono le ricerche condotte da elicotteri, navi e pescherecci. All’indomani vengono avvistati i primi resti delle vittime, dei bagagli e del relitto. Per le famiglie è l’inizio di un incubo, mentre il Paese sprofonda in una tragedia civile che, nonostante una condanna in giudicato, ha ancora zone d’ombra.

La traccia della scatola nera «Guarda, cos’è?», sono le ultime parole pronunciate alle 20,59 del 27 giugno da uno dei due piloti di quella compagnia aerea che ormai non

STRAGE DI USTICA UN MURO DI GOMMA ANCORA DA ABBATTERE

Un Dc9 della compagnia Itavia con 81 persone a bordo - in volo da Bologna a Palermo - scompare senza lasciare traccia. Era il 27 giugno del 1980 Dopo anni di depistaggi la Cassazione accerta: ad abbattere l’aereo fu un missile

La vicenda non è chiusa di Anna Costalunga

esiste più. Il testo della registrazione contenuta nella scatola nera del Dc9, recuperato e diffuso a 40 anni dalla strage, si interrompe improvvisamente, pochi istanti prima del black out con i radar, suggerendo un improvviso e fatale impatto con un oggetto nei cieli. Muoiono 81 persone (64 adulti e 11 bambini) mentre i rottami del velivolo, individuati a 3.500 metri di profondità, vengono recuperati solo a 8 anni di distanza. Tre

settimane dopo l’incidente sui monti della Sila, in Calabria, si scoprono i resti di un aereo libico da guerra, un MiG 23, e del suo pilota. Uno scontro tra periti lega la morte dell’uomo al momento della tragedia.

I parenti delle vittime

cercano la verità

Nel frattempo si contano le vittime. Accanto al personale di volo, nella lista passeggeri compaiono due ca-

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Storia Q

rabinieri, un giudice con moglie e figli, una ragazza undicenne. E poi una laureanda, un contadino, la moglie di un minatore con tre bambini e la sorella; qualcuno rientrava da un ospedale del Nord, qualcun altro andava in vacanza. Immagini di una normalità fatta a pezzi, scomparsa all’improvviso, come la traccia di quell’aereo dai radar. Otto anni più tardi, i parentisconvolti - si costituiscono in un’associazione con lo scopo di “accertare la verità e quindi la responsabilità civile e penale della tragedia di Ustica”, e custodire la memoria dei fatti, promuovendo iniziative volte a fare giustizia. Anche per accertare l’effettivo ruolo svolto nella vicenda dai militari francesi e statunitensi di stanza in quel tratto di mare.

Il colpo di scena

dopo i primi depistaggi Intanto arrivano le prime rivendicazioni che si sono dimostrate poi false. Tra queste, quella dei Nar. I Nuclei Armati Rivoluzionari dichiarano la presenza a bordo di un loro camerata in possesso di una bomba esplosa per errore. Si punta il dito,

inoltre, contro la compagnia aereache poi fallirà - ipotizzando un cedimento strutturale del velivolo: sarà una commissione di inchiesta del Ministero dei Trasporti nel 1982 a escluderlo. Poi il primo di una lunga serie di misteri: nelle registrazioni di tutte le basi italiane posizionate lungo la traiettoria del volo appare un “buco” proprio nello spazio temporale che anticipa e segue la tragedia. Il colpo di scena arriva nel 1988, durante la messa in onda del programma Telefono Giallo condotto da Corrado Augias. Un telespettatore anonimo, che si definisce un aviere in servizio a Marsala la notte dell’incidente, chiama in trasmissione e dichiara di aver visto “perfettamente” - insieme ai suoi colleghi - i tracciati radar scomparsi e che dagli ‘alti’ comandi fu intimato a tutti il massimo silenzio. È la svolta all’inchiesta. Se di fatto, nonostante le indagini della Procura di Marsala, fu impossibile identificare il sedicente aviere, la

telefonata scosse milioni di italiani, contribuendo ad avvalorare l’ipotesi di indagine su un abbattimento causato da un missile lanciato da un aereo militare. Uno scoop della trasmissione Samarcanda svela poi i tracciati del centro di Poggio Ballone (Grosseto): si vedono due aerei provenienti da Nord, altri due in arrivo da Sud. In mezzo il Dc9.

Le vicende giudiziarie

Numerose testimonianze emerse solo nel 2013 portano alla conclusione che in quel tratto di mare vi fosse un’intensa attività militare internazionale, con aerei da guerra e portaerei francesi e americani in esercitazione. Intanto, l’inchiesta del giudice Rosario Priore aveva già accertato nel 1997 la presenza di aerei militari in volo su Ustica quella sera, e quattro generali dell’Aeronautica (tutti peraltro in seguito assolti per insufficienza di prove) furono accusati di “concorso in alto tradimento mediante at-

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tentato continuato contro gli organi costituzionali”, in riferimento ai depistaggi delle indagini. Nel 2008 i parenti delle vittime citano in giudizio i Ministeri della Difesa e dei Trasporti per le “omissioni e negligenze” che avrebbero ostacolato la ricostruzione giudiziaria dei fatti. E, nuovo colpo di scena, l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga, all’epoca degli eventi presidente del Consiglio dei Ministri, accusa un aereo francese che, nel tentativo di colpire un MiG libico nascosto sotto la pancia del DC-9 con a bordo Gheddafi, lancia un missile fallendo il bersaglio.

Nel posto sbagliato al momento sbagliato

La battaglia per la verità porta ad una prima condanna civile dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti, confermata poi nel 2013 in Cassazione, che stabilisce il risarcimento ai familiari delle vittime. «È abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile […] non è neanche in dubbio che le Amministrazioni avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli», dicono i giudici. Stando alla sentenza, lo Stato non avrebbe assicurato con sufficienti controlli dei radar civili e militari la sicurezza dei cieli. L’aereo, dunque, era lì dove non avrebbe dovuto essere e non è difficile configurare che sia stato vittima di un’azione di guerra in quel tratto di mare. Del resto in quegli anni il Mediterraneo era scosso da tensioni politiche internazionali. La Francia di Valéry Giscard d’Estaing e gli Stati Uniti di Jimmy Carter - poi rimpiazzato dal più aggressivo Reagan - da un lato e la Libia di Gheddafi - fornitrice di petrolio e commesse - dall’altro, in mezzo il governo italiano a far da mediatore.

Ma basta questo per mettere la parola fine ad una strage che, nelle

La strage di Ustica è una ferita ancora aperta nella coscienza del nostro Paese. Per i parenti delle vittime, tra rivelazioni e documenti spariti, l’unica cosa che conta è arrivare alla verità e avere, finalmente, giustizia

parole del presidente Mattarella, impresse una ferita profonda nella coscienza del Paese?

Un mistero ancora irrisolto

Il reato di strage non va in prescrizione e le indagini aperte nel 2008 non sono mai state chiuse, in attesa di poter procedere per una condanna anche penale che ancora manca. Il muro di gomma che per anni si è alzato sull’intera vicenda sembra non sfaldarsi ancora del tutto. Come recentemente denunciato da Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, negli archivi di Stato “mancherebbe l’intero archivio del

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per gli anni delle stragi avvenute tra il 1969 e il 1984, nonché tutta la documentazione del Ministro e del suo Gabinetto”. Nessun documento riguardante - non solo Ustica -, ma neanche ponti, aeroporti o ferrovie oggetti di attentati in alcuni degli anni più bui della Repubblica. Una lunga scia di sangue passa attraverso Piazza Fontana, Gioia Tauro, Peteano, la Questura di Milano, Piazza della Loggia, l’Italicus, la Stazione di Bologna e il volo Itavia - nominativo radio IH870 - che in una quieta sera d’estate si inabissa trascinando con sé le vite e i sogni del suo equipaggio e dei passeggeri.

www.spazio50.org | giugno 2023 28
Storia

Sociale LIBERI NANTES

IL MONDO INTERO IN UN CAMPO DA CALCIO

Vincitori del premio fairplay come squadra più corretta. Rifugiati e richiedenti asilo provengono da 27 nazioni e giocano nel cuore della periferia romana che si riqualifica anche grazie a loro

“Atutti le stesse possibilità”. È questo il messaggio - forte e chiaro - che Liberi Nantes lancia dalla periferia romana. Una squadra di calcio composta, principalmente, da rifugiati e richiedenti asilo che gioca nei campionati federali. Uomini e donne che creano comunità e integrazione. Abbiamo incontrato Paola Varricchio, vicepresidente dell’associazione sportiva in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.

Perché ‘Liberi Nantes’? Come e quando nasce l’associazione?

Liberi Nantes è associazione sportiva dilettantistica che nasce nel 2007 per lanciare un messaggio positivo e inclusivo attraverso il calcio e lo sport. Nasce da un gruppo di amici appassionati di calcio che, in risposta al dilagante razzismo e alle discriminazioni degli stadi, decide di mettere in piedi una squadra compo-

sta da ragazzi rifugiati e richiedenti asilo politico, andando nei centri di accoglienza di Roma e provincia a raccontare il progetto e reclutare giocatori. Ha riscosso da subito un successo inaspettato in termini di partecipazione ed esposizione mediatica. Eravamo tra i primi in Italia a lanciare un messaggio così fortemente antirazzista in un momento storico in cui il tema degli sbarchi era molto frequente nelle cronache. Dal 2008, la squadra ha cominciato a giocare in un campionato federale e questa forse è stata la vera rivoluzione. Per una realtà come la nostra veniva molto facile pensare ad amichevoli o partite fra migranti e associazioni sensibili. Noi, invece, abbiamo scelto di fare i campionati federali, perché il messaggio doveva essere forte e chiaro: a tutti le stesse possibilità. Siamo tutti uguali, dentro e fuori dai campi di calcio e di gioco. Il concetto di base è che lo sport

rappresenta uno strumento straordinario di ricostruzione della propria vita e delle relazioni sociali, veicolo di messaggi e valori positivi. Chi sono le donne e gli uomini della Liberi Nantes?

La prima squadra maschile, composta inizialmente solo da ragazzi rifugiati e richiedenti asilo politico, è oggi di fatto una squadra mista. Ci sono ragazzi provenienti da 27 nazioni diverse, dal Camerun all’Afghanistan, e poi ancora Argentina, Cile, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Gambia, Mali, Ucraina, Italia. Da circa un anno si allenano con noi anche alcuni militari provenienti dalla caserma del quartiere Pietralata.

Non parliamo solo della squadra maschile, abbiamo una grintosa squadra femminile che si è riformata da quasi 2 anni, composta principalmente da ragazze italiane e che, anche se non partecipa al momento a nessun campionato, promette molto bene.

Oltre al calcio, Liberi Nantes è diventata una grande famiglia, grazie al Campo Sportivo XXV Aprile a Pietralata, che abbiamo in gestione dal 2010, il nostro è diventato un vero e proprio progetto di comunità. Oggi

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di Anna Grazia Concilio

abbiamo 70/80 bambini e bambine del quartiere e non, che ogni anno frequentano il Campo, praticando gratuitamente calcio, atletica e venendo a studiare nel nostro doposcuola. Abbiamo attivato corsi di fotografia, teatro e arte e murales per gli adolescenti e ogni anno si tengono cicli di incontri sulla panificazione. Abbiamo avviato uno sportello di segretariato sociale, con l’intento di farlo diventare un supporto significativo per i ragazzi e le ragazze migranti ma anche per il quartiere e la città. Chi sono, quindi, gli uomini e le donne di Liberi Nantes?

Sono il mondo intero risponderei, da Pietralata a Tiburtino terzo, passando per il Camerun e l’Argentina, dalle famiglie del quartiere a ragazzini e ragazzine che ci vengono segnalati dai servizi sociali, dai bambini ai ragazzi e agli adulti, italiani, stranieri, migranti, stranieri di seconda generazione, rifugiati. Sono i volontari e i collaboratori che portano avanti con grande impegno il progetto, contribuendo a costruirne il percorso. Sono persone, tutte diverse e così uguali, che hanno trovato uno spazio neutro dove incontrarsi e costruire una comunità. Avete messo in piedi una squadra di calcio che ha vinto il premio fairplay per cinque anni consecutivi. Quali sono le carte vincenti?

Noi vinciamo ogni domenica, quando i nostri ragazzi scendono in campo e giocano, al pari delle altre squadre. Questa penso sia la carta vincente: essere parte della Liberi Nantes non vuole dire fare goal a tutti i costi, anche se vincere in campo resta sempre un obiettivo ambìto in una competizione sana, ma vuol dire soprattutto portare una maglietta che è appartenenza ed è rispetto, di sé stessi e degli altri. Lanciare un messaggio che dice che nello sport, e

nel calcio in questo caso, siamo tutti uguali, abbiamo gli stessi diritti. Non deve esserci discriminazione, ma rispetto, nella vittoria e nella sconfitta e quello che succede in campo si deve ripetere poi, nella vita fuori dal campo, nel quotidiano di tutti.

Da terreno incolto a campo di calcio. Cos’è il ‘XXV Aprile’?

Dal 2010 Liberi Nantes gestisce lo storico Campo Sportivo XXV Aprile di Pietralata, spazio nato negli Anni ’60 su iniziativa popolare e per molto tempo uno dei maggiori punti di riferimento per la comunità di quartiere e sede dell’Albarossa, la squadra di calcio simbolo di questa periferia. Negli anni l’associazione ha fatto un enorme sforzo - sia in termini di ore di volontariato che di risorse economiche - per riabilitare le vecchie strutture sportive ormai fatiscenti, rendendo praticabile lo spazio sia per la prima squadra maschile che per decine di persone - adulti e bambini - che regolarmente frequentano l’impianto, restituendo gradualmente allo spazio una centralità nella vita del quartiere. Il campo è frequentato da ragazzi migranti e dalle famiglie del quartiere, o anche provenienti da quartieri limitrofi, per le attività più disparate, dallo sport alla fotografia, all’arte del saper fare la pizza al doposcuola per bambini e bambine delle classi elementari e medie.

È sede, inoltre, ogni anno, di tante iniziative sportive, ludiche, culturali e aggregative. Abbiamo appena con-

cluso un festival di letteratura e cultura sportiva dal nome Socrates. Sport Storie Società organizzato con Scuola del Libro in vari luoghi del quartiere. Il festival ha previsto tantissimi incontri con protagonisti che hanno declinato lo sport in mille sfaccettature, utilizzandolo come chiave di lettura e di interpretazione della società e della cultura. Tra gli ospiti Walter Sabatini, Valerio Aprea, Franco Arminio, Mauro Covachic, Peppe Servillo. Ci sono, poi, gli appuntamenti annuali: il mercatino solidale di Natale, il Carnevale di Pietralata, la festa del 25 Aprile, la celebrazione per la Giornata mondiale del rifugiato.

Aver riaperto il Campo al quartiere e alla città ci ha inserito e ci inserisce sempre più in un dialogo e in una collaborazione continuativa con il quartiere. Collaboriamo con la scuola, con la parrocchia, con i servizi sociali, con le associazioni. Siamo riusciti a creare una rete che si consolida sempre più e che si muove nell’ottica della creazione di una Comunità Educante. È in avvio un progetto su questo tema, finanziato dalla Fondazione Con I Bambini, di cui siamo capofila e a cui partecipano tante realtà di Pietralata. Il presidente Mattarella vi ha ricevuti al Quirinale. Può raccontare quel giorno?

Era l’11 giugno del 2021. Mentre il mondo guardava a Roma come sede dell’apertura dei Campionati europei di calcio, il presidente Sergio Mattarella accoglieva al Quirinale una

nostra delegazione, composta da Alberto Urbinati, presidente, da me, Paola Varricchio, vicepresidente e da Abdoulaye Barrow, per molti anni capitano della squadra.

In un contesto in cui le istituzioni fanno fatica a riconoscere e a sostenere il lavoro straordinario che non solo noi ma tantissime realtà come la nostra fanno con le comunità di appartenenza, è stata una grande emozione potergli raccontare il nostro impegno degli ultimi 15 anni e la nostra idea di futuro.

Il Presidente, complimentandosi, ha voluto sapere quali fossero i progetti futuri dell’associazione; si è parlato, in particolare di replicare e ampliare la bellissima esperienza di doposcuola sportivo dedicato alle famiglie del quartiere e di radicare l’esperienza di inclusione nel quartiere e sul territorio rendendo il Campo Sportivo XXV Aprile un luogo di incontro culturale e generazionale.

Diritti umani, sport e inclusione. Su quali progetti siete impegnati?

I tanti progetti avviati negli anni convergono in un unico grande progetto, una visione, la nostra idea del presente e del futuro: abbiamo rimesso in piedi uno spazio che ormai per noi è casa e lo diventa per le persone che lo frequentano dove di discriminazione, di antirazzismo, di rispetto, di sport inclusivo si parla poco, ma semplicemente succede, si fa. Forse questo è il modo per resistere, quando il mondo sembra andare in una direzione diversa da quella che “tu” ritieni quella più giusta: rimboccarsi le maniche, prendere per mano le persone che hanno la tua stessa visione e fare cerchio, costruire insieme un pezzetto di mondo in cui quello che state immaginando succede, pronti a mettersi in discussione, ad aggiustare il tiro, a sopportare e accettare la lentezza del cambiamento. Quando quel pezzo di

mondo comincia a brillare, la luce si vede da lontano e le persone si avvicinano, e le cose succedono.

Oggi al Campo capita che si allenino insieme la squadra maschile e i bambini e le bambine del quartiere, che le ragazze si allenino mentre si tengono gli incontri di panificazione o il segretariato sociale. Che nel salotto di comunità si incontrino persone e famiglie con storie e provenienze anche molto diverse tra loro scoprendo che poi i problemi sono spesso comuni e affrontarli insieme aiuta.

Tutte le attività che abbiamo messo in piedi negli ultimi anni sono state possibili grazie ad un grande lavoro di progettazione e di intercettazione di fondi che siamo riusciti a fare. Tra

progetto di animazione territoriale con eventi e incontri sportivi, culturali e ricreativi dedicati alla comunità e spesso co-progettati con la stessa. Riusciamo a intercettare altri fondi che ci permettono di dare continuità alle attività e consolidare il nostro ruolo, con l’obiettivo unico di creare una grande comunità dove lo sport è veicolo di valori positivi, di crescita personale e sviluppo di relazioni sociali e umane. Ed è gratuito, perché il diritto al gioco è di tutti.

Il 20 giugno si celebra la Giornata mondiale del rifugiato. A che punto è l’Italia?

Purtroppo, si va in una direzione fortemente negativa. In questo periodo si torna a parlare di ‘sostituzione etnica’

questi il programma ‘Periferiacapitale’, di Fondazione Charlemagne, che da tre anni sostiene le realtà che operano nelle periferie di Roma offrendo servizi di prossimità ai territori e alle rispettive comunità, dal progetto CSC, Centri Sportivi di Comunità, finanziato dal fondo per il contrasto alla povertà educativa di Impresa Sociale Con I Bambini e da Laureus e Play for Change, che mette in rete 5 centri sportivi di comunità a livello nazionale, tra Roma, Napoli e Palermo e dall’8x1000 di Chiesa Valdese, grazie al quale abbiamo messo in piedi un

e in questo quadro si sta pensando di togliere la protezione speciale che è una misura positiva, perché vuol dire includere migliaia di migranti in un circuito d’accoglienza in cui possono imparare una lingua e cominciare un percorso di integrazione. Senza la protezione speciale queste migliaia di migranti entreranno in una fase di totale precarietà, aumenteranno il disordine e aumenterà il disordine percepito dalle comunità in cui queste persone si trovano, oltre a ingolfare ulteriormente i tribunali, con i ricorsi di coloro che non vedranno accolta la propria richiesta d’asilo.

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Sociale

IL GAUDÌ DI GROSIO

Alla scoperta del “Giardino Roccioso” che Nicola Di Cesare ha costruito in 42 anni Uno straordinario esempio di resilienza nel cuore della Valtellina

Lo chiamano il Gaudì della Valtellina, ma in realtà lui non sa nemmeno chi sia l’architetto catalano. O meglio, ora lo sa, perché i turisti che arrivano qui a visitare il suo “Giardino Roccioso”, gli parlano del genio spagnolo, mostrandogli le foto di Parco Guell o di Casa Batllo. Ma lui assicura: «Non ho copiato nessuno, è nato tutto così, in maniera spontanea». È sufficiente spendere qualche minuto con lui per capire quanto siano vere le sue parole.

Siamo a Grosio, un paesino in provincia di Sondrio, sulle Alpi Retiche, ad una manciata di chilometri dalla Svizzera: qui Nicola Di Cesare, classe 1950, abruzzese di origini, ha creato un luogo che sta diventando sempre più un’attrazione.

Un giardino in verticale, costruito interamente sulla montagna antistante casa sua, tutto adornato da vasi, sculture, panche, mosaici policromi. Duecentosette scalini si diramano tra sentieri e grotte. Picco, pala, sassi e cemento sono stati gli attrezzi del mestiere usati dall’artista. Un luogo incantato in cui perdersi, tra meraviglia e incanto. Si torna un po’ bambini percorrendo queste viottole perché è lo stupore a farla da padrone.

Nicola Di Cesare ha cominciato a costruire il giardino nel 1981. «Era un passatempo - racconta - ho iniziato con il primo muretto, l’ho adornato, e poi pian piano è venuto tutto il

resto». Quarantadue anni. Tanto ci ha messo per dare vita a questo capolavoro, frutto della sua originalità e della sua praticità innata. È il suo rifugio, quel luogo in cui rintanarsi nel tempo libero, per evadere dalla routine quotidiana. Lo spazio è interamente sostenibile, perché composto soltanto da materiale riciclato. Fanali delle macchine, vecchi piatti di ceramica, damigiane, vetri di bottiglie, tappi, conchiglie, specchi. Tutto assume di nuovo bellezza grazie alla creatività di questo artista. Troviamo una zucca di Halloween accanto ad un vecchio telefono della Sip, una sveglia delle merendine Buondì, una macchinina giocattolo rossa, uno Swatch dei tempi che furono. Per ognuno di questi oggetti Di Cesare ha creato delle piccole nicchie. Sono tutti scarti, oggetti datati e privi di uso che, grazie alla sua fantasia, riacquistano una nuova vita. Assumono un valore diventando parte di un progetto più ampio.

L’azienda dei rifiuti della zona ringrazia, e plaude a questa iniziativa.

«Ormai gli addetti alla raccolta differenziata mi conoscono, mi mettono il materiale da parte, e se non mi vedono per qualche giorno si preoccupano», afferma sorridendo.

Qualcuno lo ha chiamato un’opera di “Land Art”, qualcun altro un esempio virtuoso di “UpCycling”, perché ha riutilizzato gli oggetti per creare prodotti di maggiore qualità. Ma l’ar-

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Ritratti

tista rifugge ogni tipo di appellativo. Non vuole sentire neppure parlare di tecnica di mosaico, perché «Son solo quattro scarabocchi», si limita ad osservare. L’umiltà, del resto, è il suo marchio di fabbrica.

Ed allora, forse, non è corretto pretendere di cercare in questo luogo assonanze con Gaudì, voler ritrovare degli elementi comuni nel mix di cromie e forme che l’architetto catalano usava per ricreare un’armonia. Perché il Giardino Roccioso non ha alle spalle dei disegni, delle bozze, non ci sono studi fatti a tavolino, ma tutto è frutto dell’estro di Di Cesare e della capacità, del tutto innata, che ha di abbinare e, soprattutto, di riutilizzare gli scarti di materiale che gli vengono donati.

«Sto invecchiando», è scritto su un muretto in cemento, accanto alla sua data di nascita.

Tra le forme più ricorrenti c’è il cuore. Ritorna, imponente, quasi in ogni parte del giardino. È l’emblema del sentimento più puro in fondo, è il fil rouge della sua vita: la storia d’amore che, da più di mezzo secolo ormai, lo lega a Domenica Lucia, detta Menina, sua moglie.

Da ragazzo lavora per la marchesa Margherita Visconti Venosta. Ogni estate veniva a Grosio, perché la marchesa aveva una residenza estiva nel centro del Paese. Nello spaccio alimentare adiacente alla piazza centrale, Nicola conosce Menina e se ne innamora.

«Abbiamo passato cinque anni con i manoscritti - racconta -, le scrivevo i pensieri importanti sotto il francobollo», confida scherzando. Era il modo, allora, per scampare dalla “gogna” dei genitori. A sentire lui, questo giardino è stato “un salva-matrimonio”. «Perché i primi otto-dieci anni era tutto fiamme e fuoco, poi ha iniziato a fare fumo, ed allora se volevi ossigenarti era meglio uscire. Ed

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Ritratti

io, invece che andare all’osteria, mi son rifugiato qui», ammette sghignazzando.

Sull’ultimo scalino, il 207, che conduce al punto più alto, c’è scritto: “Questo cercavo”. Lo ha realizzato nel 2020, l’anno del Covid. «Io volevo arrivare fin quassù», spiega con un pizzico di orgoglio. E chissà se, quarant’anni fa, avrebbe mai immaginato di dar vita a tutto ciò. È incredibile quanto l’uomo sia in grado di dominare e modificare il paesaggio. Eppure, laddove prima c’era un terreno impervio, adesso c’è un piccolo Eden per perdersi e poi ritrovarsi.

La notorietà di questo luogo è arrivata in maniera spontanea, tramite il passaparola sui social. Ha preso il via dopo la pandemia, all’interno di quello che è stato chiamato slow tourism, (turismo lento ndr), alla riscoperta dei luoghi contigui. E, da allora, il via vai di gente è continuo.

«C’è un’attenzione spasmodica ad ogni dettaglio - esclama una ragazza che arriva dal versante piemontese del lago Maggiore -, ci sono oggetti impensabili incastonati nel muro, e poi questo mix di viuzze e cunicoli è affascinante. L’artista è modesto, lo ha definito una pigna di sassi, forse non si rende conto della bellezza che ha creato».

Visitare il giardino significa anche avere l’opportunità di conoscere Nicola Di Cesare: la genuinità del suo carattere, la spontaneità delle sue risposte, la battuta sempre pronta mettono i visitatori a proprio agio, dandogli la possibilità di vivere un’esperienza immersiva e totalizzante.

«Ciò che colpisce è che il giardino sia proprio attaccato alla roccia, è incredibile come sia riuscito a tirar su anche delle colonne», si interroga un visitatore. «Siamo andati fino a Barcellona per ammirare le opere di Gaudì, e poi a pochi chilometri da casa avevamo questo luogo magico e non lo conoscevamo», aggiunge sua moglie.

E poi ci sono gli abitanti di Grosio, che questo posto lo hanno visto nascere. «È stata una sorpresa incredibile vedere Nicola rubare questi spazi all’incuria, giorno dopo giorno - racconta Paolo Ghilotti, giornalista de La Provincia di Sondrio -. Mi ha ricordato le fatiche dei nostri nonni, quando andavano a realizzare i terrazzamenti della vigna. Nicola ha creato qualcosa di epico».

Il Giardino Roccioso dovrebbe essere meta di visite guidate per gli studenti e non solo per i rimandi (più o meno calzanti) a Gaudì, quanto per lo straordinario esempio di resilienza che rappresenta. All’interno di questo spazio c’è la storia di un uomo, ci sono le date a lui care, gli oggetti e, soprattutto, c’è il tempo di riflessione e meditazione, che Di Cesare ha ricavato per sé, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, riuscendo, alla fine, a creare un fantastico libro della sua vita. Un libro anomalo, perché non è fatto di parole ma di materia. Una materia che si può ammirare, calpestare e contemplare.

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OPERAZIONE AVALANCHE DAL TRAMONTO ALL’ALBA

Uno sbarco in grande stile nel golfo di Salerno che segna l’inizio del riscatto. Ottanta anni dopo la posa di una targa commemorativa in ricordo delle vittime civili e militari dei bombardamenti del 1943 di Leonardo Guzzo

Èun tramonto sfolgorante quello del 9 settembre 1943. Rosso, sanguigno, che sembra riflettere quanto accade nella piana del fiume Sele. Il mare, di fronte, è quasi cancellato: zeppo di navi fino all’orizzonte. Il giorno prima l’Italia non più fascista ha reso ufficiale l’armistizio con gli Alleati; alle 3.50 della notte appena trascorsa la quinta

armata del generale americano Clark ha dato inizio all’operazione Avalanche: lo sbarco mediante unità anfibie di 170.000 soldati anglo-americani che dovrebbero ricongiungersi con l’ottava armata del generale britannico Montgomery, proveniente dalla Calabria, e completare in tempi rapidi la liberazione di tutta l’Italia meridionale. Norman Lewis, un trentacin-

quenne ufficiale inglese, già autore di reportage dalla Spagna e dall’Arabia negli anni Trenta, descrive la scena nel suo diario: «Mentre il sole cominciava a immergersi maestosamente nel mare dietro di noi, abbiamo camminato senza meta in un bosco pieno di cinguettii e all’improvviso ci siamo ritrovati al suo margine. Al nostro sguardo si è offerta una scena di incanto soprannaturale. A qualche centinaio di metri si ergevano in fila, perfetti, i tre templi di Paestum, superbi e splendenti di luce rosata negli ultimi raggi del sole». Blindati, motociclette, reticolati e migliaia di uomini in elmetto e divisa invadono la pianura e si trovano davanti una distesa di vigne, uliveti, meli come nell’Eden, apparentemente senza ostacoli. In realtà i tedeschi occupanti hanno avuto sentore dello sbarco e si sono schierati in forze sulle alture che dominano la piana del Sele: per dieci giorni opporranno una strenua resistenza alle truppe alleate, riuscendo quasi a romperne lo schieramento e a causarne la rotta. I liberatori, invece, a loro volta resistono e lanciano la controffensiva, costringendo l’esercito del marescial-

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lo Kesselring alla ritirata verso nord. È un ripiegamento lento: gli Alleati raggiungono Napoli solo il 1° ottobre, al prezzo di migliaia di vite umane, e trovano in pratica la città già liberata, dopo l’eroica insurrezione popolare delle Quattro Giornate.

L’operazione Avalanche è stata scandita da combattimenti feroci e cruenti, da distruzioni terribili, anticipate nei mesi precedenti da massicci bombardamenti degli anglo-americani su tutto il territorio compreso tra la Calabria settentrionale e Napoli. Si pensi a Battipaglia, la ‘Guernica italiana’, quasi completamente rasa al suolo dalle incursioni aeree delle forze alleate. Nonostante questo fardello di morti e danni, Avalanche ha rappresentato un passo fondamentale per la liberazione dell’Italia e la sua trasformazione politica. Ha reso possibile l’esperienza del governo provvisorio di Salerno in cui si è instaurata la collaborazione tra i partiti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale: la stessa collaborazione che è alla base della Costituzione italiana e della nostra democrazia. L’11 febbraio del 1944 il governo pre -

Sopra, un gruppo di soldati americani durante gli sbarchi alleati vicino a Salerno. A sinistra, il tenente generale Mark W. Clark, comandante della quinta armata Usa sbarcata nella Baia di Salerno il 9 settembre 1943 (foto nella pagina accanto)

sieduto dal maresciallo Badoglio si trasferì a Salerno, presso il palazzo del Comune; qui, il 22 aprile, si formò il secondo governo Badoglio, un governo di unità nazionale caratterizzato dalla partecipazione di tutti i partiti del CLN, compreso il partito comunista di Togliatti fino ad allora ostile a qualsiasi forma di collaborazione con la monarchia e l’esercito. A Salerno il 5 giugno re Vittorio Emanuele III annunciò di ritirarsi a vita privata nominando il figlio Umberto “luogotenente generale del regno”. Il 18 giugno il socialista Ivanoe Bonomi sostituì Badoglio a capo del governo e assunse il provvedimento in base al quale, alla fine della guerra, un referendum popolare avrebbe sancito l’assetto istituzionale (se repubblica o monarchia) dell’Italia libera e contestualmente elezioni a suffragio universale avrebbero deciso i membri dell’Assemblea costituente incaricata di redigere la nuova Costituzione. A ottant’anni dallo sbarco, per coordinare le rievocazioni dell’Operazione Avalanche, la provincia di Salerno ha costituito un comitato che raccoglie - in base a un criterio geografico e di

competenza - circa cinquanta soggetti interessati, tra comuni, associazioni ed esperti di storia contemporanea. «È fondamentale fare rete - sottolinea il presidente della Provincia Franco Alfieri - riunendo intorno a un tavolo i Comuni della piana del Sele, della Costiera Amalfitana e del Cilento all’epoca investiti dalle operazioni militari e dai successivi sviluppi politici. L’obiettivo è quello di condividere documenti e informazioni storiche e creare una struttura di coordinamento permanente, valida anche per gli anni a venire». Fino a settembre sono in calendario più di ottanta eventi, tra cui spiccano il 7 giugno a Cava de’ Tirreni l’inaugurazione delle sale del “Museo Mamma Lucia” con la presenza di Viktor Elbling, ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia; il 21 giugno a Salerno la posa di una targa commemorativa in ricordo delle vittime civili e militari dei bombardamenti del 1943; il 3 settembre nell’area espositiva dell’ex Tabacchificio Capasso di Capaccio-Paestum l’inaugurazione della mostra Voci di Libertà. I combattenti alleati di origine italiana nella Seconda guerra mondiale; infine il 9 settembre a Eboli la rievocazione dello sbarco, la sfilata dei mezzi storici degli Alleati e il concerto della banda della NATO. Centrali nella rievocazione saranno il Museo dello Sbarco e Salerno Capitale, situato nel capoluogo, custode di eccezionali reperti come un carro armato usato nelle operazioni e un vagone ferroviario impiegato per la deportazione degli ebrei italiani verso i campi di concentramento, e il Museum of Operation Avalanche di Eboli, che offre la possibilità di rivivere il clima della battaglia attraverso filmati d’epoca uniti alla tecnologia 3D e alle parole di testimoni diretti come lo scrittore John Steinbeck e il fotografo Robert Capa.

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LE MAROCCHINATE DEL 1944. UNA STORIA DI VIOLENZA E SILENZIO

Mentre gli eserciti alleati combattono contro i tedeschi in Ciociaria viene scritta una delle pagine più sanguinose della storia civile del Novecento. Ne parliamo con Damiana Leone, regista e nipote di una delle vittime

Nel film La Ciociara di Vittorio De Sica, una giovane Sofia Loren interpreta Cesira (in foto). In una delle scene finali ha tra le braccia la figlia tredicenne Rosetta e osserva tra le lacrime i suoi occhi spalancati e immobili. Poco istanti prima sono state violentate da un gruppo di soldati marocchini. Nella scena successiva, entrambe camminano su una strada di campagna, i vestiti sporchi e i capelli in disordine. Passa una macchina con tre soldati e Cesira inizia a urlare; gli uomini pensano che sia pazza e se ne vanno, lasciandola sola, in ginocchio a piangere.

Vittorio De Sica ha raccontato un episodio delle “marocchinate”, stupri

di massa, torture, violenze e omicidi che i soldati marocchini dell’esercito francese - i goumiers - hanno commesso ai danni degli abitanti della Ciociaria nel 1944, mentre erano impegnati nella guerra contro i tedeschi. La Ciociaria è una zona del basso Lazio in provincia di Frosinone, terra di ampi campi, montagne boscose e borghi rurali. La notizia di queste aggressioni è giunta anche a papa Pio XII che il 18 giugno 1944 ha ricevuto il generale francese Charles De Gaulle presso la Santa Sede per chiedergli di non far entrare i goumiers a Roma.

Eppure, sono in pochi a conoscere questo dramma. La maggior parte

delle violenze - se ne stimano circa 60.000 - non è stata segnalata e i pochi risarcimenti chiesti alla Francia sono stati per “danni alleati”, perché nel 1944 non esisteva una denuncia specifica per “stupro”. Come ricorda Damiana Leone - nipote di una vittima e regista del docufilm Le marocchinate del ’44 - «c’erano codici culturali diversi dai nostri. Il sesso era un tabù e ancora non si parlava né di stupro né di aborto». A differenza delle città, in Ciociaria vivevano persone semplici e umili a contatto con la natura. Le vittime hanno dovuto fare i conti anche con malattie veneree, mutilazioni, paralisi e gravidanze. Si abortiva con mezzi casalinghi, andando incontro a grandi dolori, sterilità o alla morte, e molte donne sono state ripudiate dalla famiglia. Inoltre, “al di là dello stigma sociale era molto forte il senso del pudore. Il silenzio sui fatti accaduti era una forma di tutela”.

Si parla di questa storia grazie agli eredi delle vittime che sensibilizzano l’opinione pubblica con iniziative cinematografiche, teatrali e letterarie. Nel 2007 è nata l’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, fondata da Emiliano Ciotti che vuole istituire, il 18 maggio, la Giornata nazionale in memoria delle vittime delle marocchinate. «A livello nazionale non c’è ancora un riconoscimento ufficiale. Nel Lazio invece molti comuni aderiscono all’iniziativa. Ci siamo attivati anche legalmente presentando una denuncia presso la Procura militare di Roma contro la Francia». Oggi a Castro dei Volsci, in provincia di Frosinone, su un balcone che affaccia sugli estesi territori ciociari, c’è ‘Mamma Ciociara’: la statua rappresenta una madre che si lascia uccidere per difendere la figlia, simbolo del sacrificio delle donne morte per difendere la libertà propria e dei figli anche dalla violenza dei goumiers

Storia
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CONVIVENZA UOMO-FAUNA SELVATICA UN COMPROMESSO POSSIBILE

Il caso dell’orsa JJ4 riporta il tema al centro del dibattito politico e scientifico Ne parliamo con Luigi Boitani, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università Sapienza di Roma

Sempre più spesso l’uomo si trova a condividere gli stessi territori con la fauna selvatica. Tanti sono gli animali che vivono, ormai, all’interno delle aree urbane (cinghiali, scoiattoli, volpi). Le ragioni sono legate a diversi fattori: dalla disponibilità di rifugi alla luminosità notturna, alla mancanza di predatori ma soprattutto alla facile reperibilità di cibo. Alcuni centri abitati si trovano immersi in aree boschive che, come nel caso dell’orso bruno in Trentino, sono state sottoposte a un ripopolamento dopo che la specie aveva toccato numeri minimi. A questo scopo, nel 1996 è stato ideato il progetto dal titolo “Life Ursus”, promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta e dalla Provincia Autonoma di Trento, insieme all’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Il programma ha portato all’introduzione sul Brenta di 9 orsi, tre maschi e sei femmine, di età compresa fra 3 e 6 anni, scelti per ricreare nell’arco di quarant’anni una popolazione di 40-50 orsi, in un’area di circa 1.700 km quadrati. Da quanto emerso nei sondaggi realizzati all’epoca fra 1.500 abitanti della zona, oltre il 70% degli intervistati aveva dichiarato di essere a favore del rilascio degli orsi nell’area, con l’assicurazione di adottare misure di prevenzione dei danni e di gestione delle situazioni di emergenza. Il tema della convivenza con specie

selvatiche è tornato a suscitare un forte dibattito dopo la tragica morte di Andrea Papi, il giovane runner di Caldes morto all’età di 26 anni in Val di Sole, ucciso dall’attacco dell’orsa JJ4 lo scorso 5 aprile. Possono convivere uomo e fauna selvatica? Ne abbiamo parlato con Luigi Boitani, professore ordinario di

Zoologia presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università Sapienza di Roma e presidente della “Large Carnivore Initiative for Europe”. «Prima di tutto non dobbiamo generalizzare perché anche nelle specie non umane ci sono le personalità, gli animali sono diversi l’uno dall’altro, specialmente i gran-

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Attualità
È l’uomo a invadere lo spazio degli animali selvatici o il contrario?

di carnivori che hanno individualità ben distinte. Casi come questo sono eventi rarissimi che dipendono da tanti fattori, compresa l’imponderabilità di un incidente», ha spiegato. Cosa ha messo in luce questa vicenda?

L’incapacità da parte del pubblico ma anche degli attori principali di distinguere gli aspetti tecnico-scientifici da quelli politici. Nel caso dell’or-

so era stato fatto un patto tra le varie autorità che avevano deciso questa reintroduzione, ed erano state previste una serie di specifiche, fra le quali la rimozione dell’individuo dalla natura se si fosse verificato un comportamento pericoloso. Rimuovere, in questo caso un orso, significa toglierlo dall’ambiente naturale: che

lo si faccia con l’abbattimento immediato o con la cattura e la prigionia a vita è poi una scelta etica. C’è da dire che gran parte delle posizioni animaliste leggono il comportamento e le necessità degli animali con gli occhi dell’uomo, ma non hanno idea di cosa sia il vero benessere degli animali. La gente non sa che per esempio anche l’istrice è una specie protetta, eppure in alcuni casi viene abbattuto se provoca danni agli argini dei fiumi. Un altro caso interessante è quello dei mufloni dell’Isola del Giglio, per i quali sono state fatte molte campagne contro l’abbattimento, mentre nel resto della Toscana ogni anno si abbattono legalmente circa 400 capi e nessuno dice nulla. I Paesi Ue hanno indirizzi comuni in fatto di fauna selvatica? Se prendiamo come esempio l’orso, parliamo di una specie protetta in tutti i Paesi Ue, con possibilità di deroghe, come previsto dall’articolo 16 della Direttiva Habitat (92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e fauna selvatiche, approvata il 21 maggio 1992 dalla Commissione Europea, ndr). La valutazione rispetto a tali deroghe è su scala locale, per cui ci si può trovare di fronte a situazioni molto diverse da un Paese all’altro. L’orso JJ1, fratello di JJ4, arrivò in Germania dove fu accolto con meraviglia perché erano circa 300 anni che non se ne vedeva uno, ma poi fu abbattuto perché aveva ammazzato del bestiame. Un altro dei fratelli di JJ4 andò in Svizzera dove fu eliminato perché si avvicinava ai centri abitati e fu ritenuto un pericolo.

Come definirebbe il concetto di convivenza fra uomo e specie selvatiche?

Convivenza significa compromesso: dobbiamo ammettere la possibilità di qualche danno, se tollerabile,

ma quando un esemplare manifesta comportamenti pericolosi e diventa potenzialmente rischioso deve essere tolto dalla natura. Eliminare uno o tre o cinque orsi dalla popolazione del Trentino non crea un danno dal punto di vista biologico, se consideriamo invece il punto di vista etico si tratta di una scelta. Nel caso del lupo, qualche individuo che si avvicina troppo al bestiame e crea dei danni viene bracconato di fatto in maniera tollerata. Ciononostante, in Italia si è passati dai circa 100 esemplari degli anni Settanta ai 4mila di oggi. La convivenza con l’uomo sta anche cambiando alcuni comportamenti degli animali selvatici: uno studio del Muse, il Museo delle Scienze di Trento e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, pubblicato sulla rivista Ambio, ha dimostrato che alcune specie sono diventate notturne in reazione al disturbo provocato dal passaggio delle persone. I ricercatori hanno utilizzato 60 fototrappole in un’area delle Dolomiti e in sette anni di ricerca hanno raccolto oltre 500mila foto: il 70% di queste ritrae persone.

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Luigi Boitani, professore di Zoologia presso l’Università Sapienza di Roma

DACCI IL 5

Lo trasformeremo in ricerca d’eccellenza per la cura dei tumori

Sostenere la ricerca scientifica per trovare nuove cure per i tumori è facile come dare un 5 e non ti costa nulla. Quest’anno quando fai la dichiarazione dei redditi destina il tuo 5 X MILLE a Fondazione Umberto Veronesi

5xMille a Fondazione Veronesi Nella casella: “Finanziamento della ricerca scientifica e dell’università”

CODICE FISCALE

5xmille.fondazioneveronesi.it

Mentre scriviamo queste pagine, donne e uomini stanno spalando fango e detriti. È uno scenario apocalittico quello che arriva dall’Emilia-Romagna, duramente colpita dalle alluvioni delle ultime settimane. I primi giorni di maggio molte zone erano state interessate da piogge incessanti che hanno raggiunto una portata senza precedenti. Tra il 16 e il 17 maggio, si sono raggiunti i 100 mm nella città di Bologna, 100 sul territorio imolese, tra i 120 e i 140 mm nel faentino e nel forlivese, sull’Appennino fino a picchi di 250 mm. Parliamo di quantitativi che cadono di solito in un’intera primavera. I campi non hanno potuto assorbire l’acqua, il mare si è ingrossato respingendo l’acqua di torrenti e fiumi che ne ha rotto gli argini e le barriere. In due giorni sono morte tredici persone, oltre trentaseimila sfollati. Nel disastro causato dall’emergenza climatica, tanti, in più di 42 comuni, hanno visto

L’ALLARME DELL’ONU PER SALVARE IL PIANETA

le loro case riempirsi di acqua e fango e hanno cercato di mettere in salvo loro stessi e tutto ciò che potevano. Tra i disagi alle linee telefoniche, la sospensione del trasporto pubblico, le frane, gli appelli per cercare i dispersi, tantissimi volontari sono accorsi da tutta Italia portando vicinanza e braccia tese a dare una mano. Vogliamo farlo anche noi. Vogliamo esprimere solidarietà a chi sta vivendo questo dramma. E vogliamo anche unirci all’appello che l’ONU - Organizzazione delle Nazioni Unite - lancia in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente che si celebra il 5 giugno: “Il tempo sta per scadere e la natura è in modalità di emergenza. Per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C in questo secolo, dobbiamo dimezzare le emissioni annuali di gas serra entro il 2030. Abbiamo bisogno di un’azione urgente per affrontare questi problemi urgenti”.

Primo piano di Redazione «IL TEMPO STA
PER SCADERE»

Primo piano

AGENDA 2030 VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE

Un piano d’azione promosso dall’ONU che definisce obiettivi concreti da attuare nei 193 Paesi membri Tra questi, la lotta alla povertà e la tutela della biodiversità

Il mondo è davanti ad una sfida globale, un mosaico di problemi che necessitano coesione, responsabilità e decisione per essere risolti. Farlo è l’obiettivo dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata da 193 Paesi nel settembre 2015 e che rappresenta, per la prima volta, un impegno congiunto per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti entro il 2030. Già nel giugno 2012, durante la conferenza delle Nazioni Unite Rio+20, i governi avevano iniziato a formulare un insieme di indicazioni che si sarebbe poi concretizzato, 3 anni dopo, nei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG Sustainable Developement Goals), che vanno dalla lotta alla povertà estrema alla promozione di economie sostenibili e alla tutela della biodiversità. Gli SDG, infatti, sono stati concepiti come un insieme integrato di obiettivi che affrontano le sfide economiche, sociali e ambientali contemporanee. Gli obiettivi dell’Agenda si possono raggruppare in quattro grandi ambiti: Economia, Società, Ambiente e Istituzioni. I principi guida per conseguirli saranno Integrazione, Uni-

versalità e Partecipazione. Un progetto così ambizioso e partecipato richiede di pensare e agire in termini di interdipendenza tra sistemi, garantendo la coerenza fra le politiche ad ogni livello. Ogni Paese dovrà affrontare le proprie sfide seguendo una linea comune, fatta di confronti costanti e interscambio di conoscenze. Si delinea, dunque, un piano di azione in cui tutti i Paesi coinvolti dovranno definire una propria strategia di sviluppo orientata a raggiungere gli obiettivi fissati, comunicando i risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’ONU. L’Italia si è adeguata a questo processo elaborando la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), adottata nel 2017 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’anno successivo (GU n.111 del 1505-2018).

Quella dell’Agenda ONU non è so -

lo una visione a lungo termine ma un concreto piano d’azione per la trasformazione del mondo. Un piano che richiede di mobilitare imponenti risorse finanziarie, tecnologiche e umane per attuare i 17 obiettivi e i 169 target individuati. A partire dall’urgenza che hanno i Paesi industrializzati di ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra e contribuire al finanziamento di un programma di crescita sostenibile nei Paesi in via di sviluppo. Dal canto loro, i Paesi in via di sviluppo hanno l’opportunità di intraprendere percorsi di crescita che evitino gli errori del passato e promuovano il benessere economico e sociale a beneficio di tutti.

Questa sfida è una pietra angolare sulla quale fondare un futuro sostenibile e migliore per tutti e un’imperdibile occasione di coesione mondiale.

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I CINQUE OBIETTIVI AMBIENTALI PER GESTIRE LE RISORSE

Città sostenibili, clima e utilizzo responsabile delle risorse naturali: quali sono i punti dell’Agenda che mirano alla salvaguardia dell’ambiente

di Dario De Felicis

Città e comunità sostenibili

È necessario garantire un accesso adeguato a servizi di base e rendere gli alloggi più sicuri. Si dovranno modernizzare i quartieri più svantaggiati, dotarli di un trasporto efficace e aumentare l’urbanizzazione inclusiva. Inoltre, l’obiettivo mira a ridurre l’impatto ambientale delle città implementando gli spazi verdi pubblici, oltre che a sostenere rapporti positivi tra le zone urbane, periurbane e rurali. Infine si dovranno rendere le città capaci di fronteggiare i cambiamenti climatici, supportando la costruzione di edifici sostenibili e resilienti (soprattutto nei Paesi meno sviluppati).

Consumo e produzione responsabili

Il Goal si concentra sulla gestione e l’uso efficiente delle risorse naturali, la riduzione dello spreco alimentare, la gestione ecocompatibile dei rifiuti e delle sostanze chimiche, la riduzione della produzione di rifiuti e l’adozione di buone pratiche da parte delle imprese. In parallelo, dovranno essere perseguiti stili di vita sostenibili e dovrà essere supportato lo sviluppo scientifico e tecnologico nei Paesi in via di sviluppo, per favorire nuovi modelli di consumo e produzione. Obiettivo: proteggere le comunità povere colpite dalle conseguenze negative dello sviluppo insostenibile.

Vita sott’acqua

In questo caso l’obiettivo principale è la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento marino e la gestione sostenibile degli ecosistemi marini e costieri. Dovrà essere ridotta l’acidificazione degli oceani e dare una rigorosa regolamentazione alla pesca, proteggendo e controllando le zone marine. Inoltre, si mira a migliorare la conoscenza scientifica e la tecnologia marina, a garantire l’accesso ai mercati marini per i piccoli pescatori artigianali e ad applicare il diritto internazionale per la conservazione sostenibile degli oceani e delle loro risorse.

Lotta al cambiamento climatico

Il focus è sulla lotta ai cambiamenti climatici e alla protezione dagli eventi naturali. Più nello specifico, sarà necessario integrare le politiche nazionali sulla conoscenza e la preparazione ad eventuali catastrofi. Si darà maggior sostegno finanziario per affrontare i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo, promuovendo e pianificando una gestione efficace delle crisi climatiche nei Paesi poveri e insulari, con una particolare attenzione ai giovani e alle comunità locali emarginate.

Vita sulla Terra

Questo punto mira alla conservazione e all’uso sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce, delle foreste, delle zone umide, delle montagne e delle zone aride, nonché la prevenzione del degrado del terreno e la conservazione della biodiversità. Attenzione particolare agli animali più a rischio, con un maggior impulso alla lotta al bracconaggio e al traffico di specie protette. Sono previsti anche incentivi finanziari per la conservazione delle foreste e per la salvaguardia degli ecosistemi, coinvolgendo le comunità locali in tali sforzi.

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Primo piano

ECOLOGIA INTEGRALE LA CONNESSIONE TRA NATURA ECONOMIA E SOCIALE

he tipo di mondo intendiamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?». Sono le parole di papa Francesco, contenute nell’enciclica dal titolo ‘Laudato si’. Sulla cura della casa comune’ del maggio 2015. A cinque anni dalla pubblicazione, nel 2020, i missionari comboniani hanno ripreso il

testo, lo hanno analizzato e dalla loro riflessione è nato un progetto destinato a uscire dai confini della nazione e raggiungere l’altra parte del mondo. Ad aprirci le porte del ‘Parco Laudato Sì’- immerso nel verde di Roma - è fratel Alberto Parise, del Segretariato generale della Missione Comboniana.

«Il percorso nasce durante la pandemia. In quei giorni - ha spiegato

Fratel Alberto - abbiamo ripreso la lettura dell’enciclica di Papa Francesco, un capitolo al giorno. E lo abbiamo fatto anche a seguito delle dichiarazioni dei climatologi dell’ONU del 2018 che affermavano come i cambiamenti climatici fossero dovuti alle azioni umane. Abbiamo deciso di fare qualcosa, di dare il nostro contributo alla sfida ambientale». È stato allora che i missionari comboniani - guidati da Fratel Albertohanno deciso di creare un itinerario all’interno dell’area verde che circonda la loro casa, alle porte di Roma, in zona Laurentina: un terreno che da sessant’anni curano, abitato da animali e varie specie di piante. Il percorso, diviso in sei tappe, prevede un’esperienza sensoriale, un approfondimento informato e la proposta di impegni di azione. È declinato a seconda degli ‘ospiti’, che si tratti scuole o di famiglie: «Tentiamo di personalizzarlo per fare in modo che chi visita il parco goda appieno dell’esperienza. È un invito a rigenerare la nostra relazione con il mondo e la natura» ha precisato il missionario.

Ci incamminiamo anche noi. La prima tappa è già di impatto immediato. ‘Tutto è connesso’, recita il cartello che indica il punto di partenza. «Riscoprire il legame con la terra è molto importante - ha spiegato Fratel Alberto - un legame che i popoli indigeni sentono in maniera molto forte, sono molto connessi con la natura e puntano tanto sulla giustizia climatica e sulla decolonizzazione dell’azione ambientale». È a questo proposito che Fratel Alberto - già missionario in Kenia per diciotto anni - ha raccontato dell’impegno delle popolazioni indigene, artefici di aver creato un fronte comune per proteggere l’ambiente naturale e anche l’ambiente culturale. Una

«
C
Sei tappe di un percorso che favorisce la riflessione e la presa di coscienza sulle condizioni in cui versa
l’ambiente circostante con un approccio circolare
A realizzarlo i Missionari comboniani a Roma
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filosofia che si pone alla base dell’ecologia integrale, principio cardine della connessione tra la natura, l’economia, il sociale e gli altri aspetti del vivere quotidiano. «Non si può capire l’inquinamento se non si studia il sistema economico, se non si studiano le abitudini, i consumi. Quando il capitale sociale viene eroso, vengono meno anche gli aspetti della solidarietà e l’ambiente naturale ne paga le conseguenze» ha spiegato. Dai comboniani anche una riflessione sulle politiche nazionali e internazionali che i governi mettono in atto, soprattutto in risposta alla Conferenza sul clima che si è tenuta a Glasgow nel 2021.

«Il ruolo della presidenza (conferito alla città ospitante) è importantissimo. In quella occasione, la linea era spingere sul privato perché servono investimenti sulla transizione ecologica investire su una crescita significa anche avere un ritorno dell’investimento. Questo modello di sviluppo non è compatibile con un mondo di risorse finite ed è necessaria una visione alternativa che non passa perché non c’è abbastanza pressione sui governi costretti a fare i conti con un consenso elettorale messo a rischio in caso di scelte drastiche come la riconversione industriale» ha aggiunto il missionario comboniano.

La seconda tappa del percorso riguarda l’ecologia integrale. Due parole che non trovano una spiegazione schematica ma che avviano a una riflessione, quella che Fratel Alberto e gli altri missionari stanno portando avanti da tempo. «Abbiamo perso il senso del limite. Esiste l’idea che con i soldi e la tecnologia si può fare tutto: è questo che ci ha portato alla situazione attuale. Bisogna però fare i conti con i dati relativi alle emissioni e agire

per contenere i danni dell’ecosistema e contenere l’aumento globale delle temperature entro un grado e mezzo perché se lo oltrepassiamo le conseguenze sono disastrose. Bisogna ridurre i consumi di energia e questo significa cambiare gli stili di vita». Per comprendere il valore delle cose, in questo punto esatto è stato montato un pannello solare che alimenta una fonte di acqua at-

che implica l’uso, la dismissione e il nuovo acquisto degli oggetti che di fatto porta a consumare. Le grandi aziende dovrebbero garantire il ciclo della riparabilità» ha spiegato. Nel Parco Laudato sì, c’è spazio anche per le quattro R: riduci, riusa, ricicla e recupera. «Non basta riciclare ma è necessario mettere a bando gli oggetti in plastica». Il percorso finisce in un dedalo di mattonelle, inca-

traverso due vasi e attiva, dunque, solo con i raggi del sole. Il viaggio continua con la tappa successiva che ha l’obiettivo di spiegare l’impronta ecologica attraverso un test utile a spiegare quanto incida l’impronta di ciascuno sulla natura. «L’alimentazione è senz’altro fondamentale per la vita e la sostenibilità» ha detto Fratel Alberto spiegando come sia di aiuto recuperare il rapporto con la terra e lo fa presentando gli orti in cassetta, l’hotel per gli insetti. Si giunge poi alla lotta alla plastica, già più volte invocata da governi nazionali ed europei. «Alcuni attivisti parlando del ‘diritto alla riparazione’ a fronte di una obsolescenza programmata

stonate come un labirinto: «Ha una lunghezza di 156 metri, percorrerlo significa riflettere su quanto acquisito nelle varie tappe e mettersi in ascolto del cuore» ha aggiunto Fratel Alberto. «Tutti siamo chiamati alla cura del territorio, dal punto di vista sociale, economico, culturale».

L’idea nasce in pandemia I missionari comboniani rileggono l’Enciclica di Papa Francesco e decidono di progettare il Parco Laudato Sì Accoglie scuole e famiglie in visita nell’area verde

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RIFIUTI URBANI, L’ITALIA LONTANA DAL MODELLO DI ECONOMIA CIRCOLARE

La raccolta differenziata torna a crescere dopo la pandemia ma diminuisce il riciclo. Lo dicono i dati dell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra)

Idati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale raccontano che nel 2021 l’Italia ha prodotto 29,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, tra quelli casalinghi e quelli di imprese, attività commerciali e sanitarie. Una crescita del +2,3% rispetto al 2020 segnato dalla pandemia. La ripresa delle attività e del pendolarismo, accentuati dal ritorno del turismo, hanno fortemente contribuito all’incremento, in particolare nei 16 comuni analizzati con più di 200mila abitanti. Se la raccolta differenziata raggiunge

il 64% nella media nazionale (dato prossimo al 65%, obiettivo che peraltro avremmo dovuto raggiungere già nel 2012), sul territorio si presenta una situazione piuttosto variegata. Sono soprattutto le regioni del Nord e del Centro (Veneto e Sardegna in testa con punte rispettivamente di 76,2% e 74,9%) a guidare la classifica dei più virtuosi. E, se Abruzzo, Toscana e Valle d’Aosta sono i più vicini al target, al di sotto del 50% resta solo la Sicilia. Una situazione non troppo drammatica, dunque. Ma c’è un altro aspetto da considerare.

Il tasso di riciclaggio per i rifiuti urbani è uno degli indicatori che misurano l’avanzamento delle politiche di economia circolare previste dall’Unione europea. Con questa definizione si intende un modello di produzione e consumo che implica il riutilizzo, la riparazione e il ricondizionamento dei materiali per allungare il ciclo di vita dei prodotti. In questo modo, non solo si riduce la quantità dei rifiuti da smaltire, ma si genera un ulteriore valore economico. Esattamente il contrario della vecchia logica di ‘estrarre, produrre, utilizzare e gettare’. Se però, la raccolta dà i suoi frutti, non si può dire lo stesso per il sistema di riciclo. Sono poche le regioni che dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti, soprattutto per la plastica, lontana (siamo attualmente al 6%) dal limite fissato del 50%. Ispra sottolinea la progressiva diminuzione degli impianti di gestione - gli operativi nel 2021 erano 657 a fronte di 673 l’anno precedente - e non se ne realizzano di nuovi a causa dell’intervento delle politiche locali, sempre più legate alle sindromi “Nimby” (non nel mio cortile) e “Nimto” (non nel mio collegio elettorale) che ne frenano la realizzazione.

Dove smaltiamo i rifiuti? Il 19% finisce in discarica, il 18% è incenerito, l’avvio a riciclo assorbe il 50% dei rifiuti urbani prodotti (23% dall’organico, 27% dal resto delle altre differenziate). In questo scenario, l’export continua a crescere (+13,3% sul 2020) a 659mila tonnellate (di cui solo 4.436 t di rifiuti pericolosi), dirette principalmente verso Austria, Portogallo, Spagna, Ungheria e Paesi Bassi. L’import registra invece 219mila tonnellate, di cui oltre 2mila di rifiuti pericolosi, prevalentemente “apparecchiature fuori uso”. I rifiuti urbani però non si limitano

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ad espatriare ma percorrono, si stima, 68 milioni di km l’anno entro i nostri confini, in cerca d’impianti in grado di gestirli, con pesanti ricadute ambientali e sulla Tari.

«Nonostante l’art. 182-bis del d.lgs. 152/2006 stabilisca il principio dell’autosufficienza per lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e per i rifiuti del loro trattamento a livello di ambito territoriale ottimale, l’analisi dei dati - si legge nel Rapporto - evidenzia che i rifiuti in uscita dagli impianti di trattamento meccanico biologico, vengono di frequente avviati a smaltimento in regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti».

Quali soluzioni? Nell’ambito dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono stati individuati investimenti e riforme per raggiungere gli obiettivi previsti a livello europeo per la transizione verso un’economia circolare. Tra questi il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, che promuove, tra l’altro, modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché la riduzione del contenuto di sostanze pericolose nei materiali. Incoraggia inoltre la progettazione e l’uso di prodotti durevoli e riutilizzabili, scoraggiando il ricorso all’obsolescenza programmata, nota responsabile della “scadenza” di pc e telefonini. Riduce la produzione di rifiuti alimentari con una serie di misure anti-spreco. Prevede, infine, la nomina di un commissario ad acta con il potere di aumentare gli impianti di smaltimento per la differenziata così da raggiungere l’obiettivo auspicato da Ispra: il dimezzamento dello smaltimento in discarica nei prossimi 15 anni e l’incremento dei rifiuti da avviare ad operazioni di recupero, per garantire il raggiungimento del 60% di riciclaggio al 2030 e del 65% al 2035.

IMPRENDIGREEN CONFCOMMERCIO PREMIA LE IMPRESE VIRTUOSE

Un marchio di sostenibilità che la Confederazione rilascia dopo un’analisi dei criteri previsti nel disciplinare certificato dalla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa

C«ome incoraggiare le imprese affinché possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’ONU con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e cogliere come un’opportunità la transizione ecologica? Siamo partiti da questa domanda quando abbiamo immaginato Imprendigreen, un sistema di qualificazione di imprese ed associazioni ambientalmente sostenibili lanciato lo scorso anno». Sono queste le parole di Giovanni Acampora, Membro di Giunta Confcommercio incaricato per la Transizione ecologica e la Sostenibilità.

«In quanto più grande ed articolata organizzazione di rappresentanza in Italia, vogliamo anche noi fare la nostra parte ed offrire un contributo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e dal PNRR, avvertendo l’urgenza del momento storico e il dovere, morale e sociale, di un nostro coinvolgimento attivo per costruire un futuro a basse emissioni di carbonio e sicuro per il clima, caratterizzato da una green economy dinamica, una società prospera ed inclusiva e un ambiente sano» aggiunge. Il progetto firmato Confcommercio (www.imprendigreen.confcommercio.it) accompagna le imprese verso la transizione ambientale, assiste il tessuto imprenditoriale con azioni mirate a far emergere comportamenti virtuosi da replicare. «Elemento centrale dell’iniziativa - spiega Acampora - è rappresentato dal riconoscimento “Imprendigreen”, un marchio di sostenibilità». Il riconoscimento sarà rilasciato dopo aver superato i criteri previsti da un disciplinare certificato dalla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa e dopo aver compilato i questionari che raccolgono oltre 900 comportamenti volontari e sostenibili, suddivisi in pratiche trasversali e pratiche settoriali.

A ogni comportamento è assegnato un valore numerico. Sono stati definiti criteri-soglia al di sotto dei quali l’insieme delle buone pratiche viene considerato marginale: in questi casi l’assegnazione del marchio viene rifiutata. Le imprese assegnatarie vengono valorizzate con la pubblicazione delle buone pratiche sul portale confederale; per loro convenzioni utili ad acquisire dall’Enea tecnologie o servizi per la sostenibilità e accedere a linee di microcredito con istituti qualificati.

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ULTIMA GENERAZIONE “SIAMO POLARIZZANTI MA CI FA PAURA IL FUTURO DEL PIANETA”

È il movimento di disobbedienza civile nonviolenta

Nato in Italia nel 2021, ha fatto parlare di sé per le azioni controverse messe in campo

L’intervista per capire le ragioni della loro campagna

crisi climatica ed ecologica estende i suoi effetti, siamo l’ultima generazione in grado di fare qualcosa a riguardo prima che sia veramente troppo tardi. Avete lanciato la campagna “Non paghiamo il fossile”. Quali obiettivi vuole raggiungere?

Per le nostre azioni prendiamo spunto dal catalogo della disobbedienza civile nonviolenta. Sappiamo di dare fastidio, sappiamo di essere polarizzanti e questo è il risultato che vogliamo ottenere.

In Parlamento è stato presentato un disegno di legge per disincentivare le azioni di protesta ai danni del patrimonio italiano. Questo cambierà le vostre azioni?

Giovani e determinati a cambiare le sorti del Pianeta contrastando la crisi climatica. Sono gli attivisti di Ultima Generazione, a dividere l’opinione pubblica con campagne di sensibilizzazione forti e polarizzanti. Li abbiamo incontrati, ecco la loro storia.

Come nasce Ultima Generazione e quante persone ne fanno parte?

Ultima Generazione nasce a fine 2021 come campagna all’interno di Extinction Rebellion (il movimento nonviolento internazionale contro la devastazione ecologica, ndr) per poi rendersi indipendente. In questo momento, in tutta Italia ne fanno parte attivamente più di un centinaio di persone.

Perché il nome “Ultima Generazione”?

Perché, davanti alla velocità con cui la

La campagna è il tentativo di aprire una discussione fondamentale per il futuro del nostro Paese, ovvero la maniera in cui utilizziamo le nostre risorse finanziarie all’interno del quadro socioeconomico ed eco-climatico.

Il punto centrale è quello dei sussidi che il nostro Paese ogni anno dà alle imprese del fossile: difficile da quantificare per la poca trasparenza. Si stimano circa 40 miliardi di euro, di cui 13 in sussidi diretti. All’interno del quadro degli obiettivi che ci siamo dati come comunità internazionale, sono cifre folli. Quello che chiediamo è un tavolo per discutere seriamente di come iniziare a ridestinare quei soldi: dalla riqualificazione energetica alle fonti rinnovabili. L’obiettivo generale è quello di mettere in sicurezza la popolazione davanti alle enormi difficoltà dei prossimi anni. Dal blocco del Grande Raccordo Anulare allo sciopero della fame. Come vengono decise le azioni da intraprendere?

Non ci fanno paura le multe, ci fa molta più paura un pianeta che supera il grado e mezzo di aumento medio della temperatura in superficie. Che poi supera i due gradi e a fine secolo arriva a tre gradi, diventando un deserto infernale in cui potranno sopravvivere pochissimi esseri umani. Ci fa paura pensare a come sarà questa estate; a come sarà la prossima e quella successiva ancora. Sul vostro sito è possibile fare donazioni e sostenervi: ricevete supporto anche da esterni al movimento?

Assolutamente sì. Riceviamo supporto da molte persone che riconoscono il valore delle nostre azioni e che magari ci donano ogni mese l’equivalente di un’ora di lavoro. Veniamo chiamati nelle scuole, nelle università, dai gruppi scout, a parlare con le comunità e con i giovani, per provare ad avviare un dibattito su quello che ci aspetta e sul coraggio di cui abbiamo bisogno per affrontarlo. Quale pensiate possa essere il futuro del movimento?

Continueremo a portare le nostre istanze nelle strade, nei musei, sulle piste dei jet privati, insieme a tutti gli altri movimenti in marcia insieme a noi. Stiamo cercando di crescere e di radicarci nello scenario politico italiano per diventare un megafono nei confronti di disagi e disastri che la crisi climatica causa a tutto il paese.

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Primo piano

ARCHEOPLASTICA IL MUSEO DEI RIFIUTI “VINTAGE”

Il progetto nasce nel 2018 da un’idea di Enzo Suma con l’obiettivo di sensibilizzare sull’inquinamento in mare prodotto dalla plastica Sono esposti oggetti prodotti addirittura negli anni Cinquanta o recanti il prezzo in lire

Ogni anno dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari di tutto il mondo, causandone l’80% dell’inquinamento totale. Quasi tutti i rifiuti arrivano in mare spinti dal vento o trascinati dagli scarichi urbani e dai corsi d’acqua. Bottiglie, imballaggi, reti da pesca, sacchetti e altri oggetti si rompono in frammenti sempre più piccoli per l’erosione dell’acqua, e finiscono con l’essere ingeriti da pesci e uccelli marini, mettendone a rischio la sopravvivenza.

«Tutto il materiale che troviamo in spiaggia è il riflesso del modello di consumo che utilizziamo dall’inizio dell’era della plastica, ossia dalla fine degli anni Cinquanta - spiega Enzo Suma, ideatore di Archeoplastica, un progetto di sensibilizzazione sull’inquinamento in mare da plastica - e il paradosso è che abbiamo creato un prodotto destinato a durare centinaia di anni e poi lo abbiamo usato per applicazioni che durano poco, qualche settimana, pochi giorni, addirittura ore».

Come è nato il museo virtuale di Archeoplastica?

Il progetto è stato ufficializzato due anni fa, ma l’idea è nata nel 2018, con il primo oggetto trovato in spiaggia che mi ha fatto riflettere sulla sua età. Da tempo organizzavo le raccolte di

rifiuti, ma fino ad allora li avevo sempre trattati con distacco, raccogliendoli e mettendoli nel sacco. Quella volta mi è capitato un flacone di uno spray abbronzante col prezzo in lire, cosa che mi ha fatto capire che poteva avere almeno una ventina d’anni. In realtà poi ho scoperto che era in commercio tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Da allora ho cominciato a fare attenzione a tutto ciò che trovavo in spiaggia: in poco tempo avevo trovato già diversi pezzi “da museo” e lì mi è venuto in mente di metterli insieme e avviare un progetto strutturato. Così è nata Archeoplastica, con il museo virtuale e le riproduzioni 3D che avevo visto nei musei archeologici.

Qual è il valore aggiunto di sensibilizzare tramite la conoscenza e la memoria degli oggetti? Mi piaceva raccontare il problema attraverso i reperti che il mare restituisce, facendo una comunicazione non aggressiva nei confronti del consumatore e del produttore, che permettesse di vedere con i nostri occhi il risultato materiale dell’inquinamento: tutti sanno che la plastica dura secoli, ma un conto è leggerlo, un altro è vedere un oggetto di cinquanta, sessanta anni fa praticamente intatto, a parte qualche graffio, e con l’etichetta ancora leggibile.

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I MURALES MANGIA-SMOG CHE PROTEGGONO L’AMBIENTE

Opere d’arte che purificano l’aria. Grazie al connubio tra street art e nuove tecnologie, oggi è possibile ricreare boschi urbani nel cuore sempre più colorato delle città

All’incrocio tra via di Porto Fluviale e via del Gazometro, due strade trafficate del quartiere Ostiense di Roma, c’è un edificio con pareti dai colori sgargianti. È qui che prende forma un airone seduto su un barile rosso di petrolio mentre cattura un pesce in un mare inquinato. Il titolo del murale fuga ogni dubbio sull’intento provocatorio dell’artista Iena Cruz: Hunting Pollution (a caccia di inquinamento). Realizzato nel 2018 grazie all’associazione Yourban2030, Hunting Pollution è un ecomurales, un progetto di sostenibilità ambientale di cui l’arte è protagonista. È stato realizzato con la vernice Airlite che, a contatto con la luce, attiva un processo simile alla fotosintesi clorofilliana in grado di ridurre l’inquinamento ambientale. Con i suoi 1.000 metri quadri di estensione, oltre ad essere il murale mangia-smog più grande d’Europa, contribuisce a pulire l’aria circostante al pari di una foresta di 30 alberi.

La ‘street art rigenerativa’ si sta diffondendo a macchia d’olio. È un modo consapevole e provocatorio di fare arte e trovare soluzioni concrete a problemi dal forte impatto sociale, come l’inquinamento. Naturalmente priva di barriere linguistiche e immediatamente ricettiva, l’arte facilita la sensibilizzazione sulla sostenibilità ambientale. Come dice Iena Cruz a 50&Più: «Il pregio della street art è di raggiungere anche i cosiddetti “random specta-

tor”, coloro che non vanno nei musei ma camminando per strada si imbattono nei murales. Anche solo nell’atto di guardare essi assorbono creatività. Così noi artisti abbiamo il potere di pizzicare le coscienze, ma poi sta alle persone recepire questi messaggi e crederci».

Appena qualche passo oltre Hunting Pollution si può ammirare Ventidue PortoFluviale - Mela Mundi realizzato da Zed1, in collaborazione con Yourban2030 e Airlite e con il patrocinio del Municipio VIII di Roma, in cui una mela è la curiosa protagonista della storia del mondo. Un invito tanto simbolico quanto concreto a riconciliarsi con la natura. Hunting Pollution e Mela Mundi danno vita al primo quadrante urbano eco-riqualificato, che si estende per una superficie di ben 2.000 mq.

Spostandosi lungo l’Italia in un viaggio immaginale alla scoperta degli ecomurales, la tappa successiva è a Napoli con Unlock the change nella periferia Fuorigrotta/Bagnoli presso la scuola secondaria Silio Italico. Il progetto è delle B-Corp italiane - aziende con comportamenti sostenibili certificati dall’ente non profit B Lab - di Yourban2030 e ha avuto il supporto di PalomArt. Zed1 ha voluto raccontare una favola moderna: una bambina che immagina un mondo libero dall’inquinamento. Un cambiamento ‘da sbloccare’ come suggerisce il titolo del murales.

Risalendo l’Italia si incontrano circa 20 ecomurales tra Padova e Abano Terme, nati durante il ‘Super Walls’, il festival biennale della Street Art; a Cuneo, nel quartiere Madonna dell’Olmo, c’è ‘Forza di gradiente’ di Iena Cruz, che ha realizzato l’opera sulla facciata dell’Istituto Comprensivo Oltrestura insieme agli studenti.

Altre due tappe imperdibili sono a Milano. Nel quartiere periferico Lambrate, la facciata di un edificio in via Giovanni Battista Viotti 13 è decorata con l’ecomurales Anthropoceano che Iena Cruz ha dipinto nell’ambito del progetto ‘Worldrise Wall’ di Worldrise Onlus, che si occupa di conservare e valorizzare l’ambiente marino. Nell’opera il mare è intrappolato in una bottiglia di pla-

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Primo piano

stica che è anche una ciminiera, frutto della riflessione dell’artista sui danni arrecati dall’uomo all’ecosistema. La realizzazione dei murales è anche un momento di incontro e scambio tra persone: per Anthropoceano, come racconta ai nostri taccuini Virgilia

Tardella, vicepresidente di Worldrise

Italia: «Abbiamo spiegato alle persone cosa stessimo facendo e si sono mostrate disponibili e solidali, anche offrendoci un magazzino per depositare gli strumenti d’arte». Quello della sostenibilità è infatti uno spunto per “ricordarci che siamo tutti connessi tra di noi e con l’ambiente. In questo modo si può creare una comunità unita nel senso di partecipazione e responsabilità anche laddove sem-

bra che non ci sia”. È quello che è accaduto con il secondo ecomurales milanese nel quartiere popolare Stadera, realizzato dal collettivo di artiste ‘A m’l rum da me’ a cura di Worldrise. «L’ecomurales è una restituzione indelebile al quartiere. Stadera è bella, storica e autentica. Per secoli ha aperto le sue porte a tutti e conserva questo animo. È importante attivare più progetti del genere in modo da rendere le persone protagoniste», afferma Carolina Amoretti, founder di Fantastudio.

Per il murales è stato scelto un palazzo popolare in cui convivono persone di origini diverse. Worldrise e Fantastudio hanno realizzato un laboratorio per bambini sul delicato equilibrio dell’ecosistema marino. «Attraverso la formazione e il coinvolgimento dei bambini è stato possibile creare coesione sociale. La sostenibilità ambientale è un vero e proprio terreno comune in cui tutti si incontrano e, al di là delle differenze culturali, parlano la stessa lingua», dice Virgilia Tardella. La sostenibilità ambientale va quindi insegnata. L’associazione di Roma ‘Arte e città a colori’ nell’estate del 2019, durante il CineVillage Arena Parco Talenti, ha coinvolto i ragazzi del liceo artistico Sarandì nella realizzazione di un ecomurales su un pannello esposto inizialmente al Parco Talenti e og-

gi tra le mura della scuola. «I ragazzi si sono divertiti tantissimo: per loro la vernice era un’attrazione tutta da scoprire, erano incuriositi dalla novità e dal processo di creazione del coloreracconta Franco Galvano, presidente dell’associazione -. Prima di fare il murales, abbiamo fatto una lezione sulla salvaguardia della natura e dell’ambiente e i giovani erano interessati e attenti, proponendo tante domande e riflessioni».

Sono proprio i ragazzi il target più sensibile. Come dice Massimo Bernardoni, fondatore del marchio Airlite: «Sono delle spugne. Riceviamo ogni giorno tantissime proposte da parte loro per scrivere tesi o per sviluppare progetti di sostenibilità ambientale. Ciò ha a che fare anche con l’entusiasmo di fare qualcosa di veramente bello per il pianeta. C’è voluto del tempo prima di far capire che l’inquinamento è un problema serio e che altrettanto devono esserlo le soluzioni per combatterlo».

Gli ecomurales, intanto, fanno il giro del mondo: in Romania, a Fundeni, Lidl ha realizzato un’opera in eco-vernice lungo 6.000 mq di stabilimento, mentre a Bacau ne è stata inaugurata un’altra di 250 mq intitolata L’intuizione, con una versione in lingua braille. Ci si sposta poi a Praga con We share the same future dell’artista David Strauzz e poi a Vienna dove su uno stabilimento Ikea campeggia un enorme murales firmato Isa Frau. Ad Amsterdam c’è Diversity in bereaucracy per sensibilizzare sul tema delle pari opportunità mentre a Portsmouth, in Inghilterra, si può vedere l’opera di Neequaye Dreph Dsane Marie Costa. Cambiando fuso orario e volando verso l’America del Sud, a Città del Messico è possibile ammirare Renacer sostenible sull’edificio Tamaulipas del quartiere Tlatelolco, dove è stato realizzato anche un parco murale.

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Primo piano

QUANTO COSTA ESSERE SOSTENIBILI

Dalle auto elettriche ai capi di abbigliamento rigenerati fino ai cibi biologici. Scegliere di proteggere l’ambiente ha costi elevati e non solo in termini economici

“Il tempo è denaro”. Si parte da qui in un viaggio virtuale che percorre le più grandi città italiane dove donne e uomini cercano di fare scelte di vita il più possibile sostenibili, con un unico scopo, quello di salvaguardare l’ambiente. Il nodo centrale, però, resta il risparmio – soprattutto in un’era condizionata da una pandemia recente e dalla guerra Russia-Ucraina ancora in corso che non poco influisce sul costo dei materiali. Un rispar-

mio economico sì ma anche di tempo. Lavoratori, pensionati, studenti e casalinghe. A loro ci siamo rivolti per capire quanto e in che modo è possibile contribuire alla salvezza dell’ecosistema. Partiamo dalle auto elettriche. «Mi piacerebbe acquistare un’auto elettrica ma per le mie tasche sono fuori budget. E oltretutto avrei il problema - perché poi di questo si tratterebbe - di cercare colonnine per le ricariche, dopo una giornata di lavoro l’unica cosa che bramo è tornare

a casa e fare rifornimento nel minore tempo possibile» ha detto Luca, salernitano di 53 anni. Un parere diverso quello di un giovane studente, anch’egli campano: «Non ho ancora la disponibilità economica per acquistare un’auto elettrica perché non ho ancora un lavoro ma quando potrò lo farò senz’altro anche se questo mi obbligherà a risparmiare su altro». Negli ultimi anni, sempre più negozi di abbigliamento – anche franchising – hanno avviato la vendita di capi realizzati con tessuti riciclati. Come si legge sul sito Rifò, una marca abbigliamento, «a differenza del materiale vergine le fibre tessili rigenerate non possono essere prese e trasformate subito in un nuovo tessuto. I materiali riciclati o rigenerati hanno un costo ulteriore: ci sono tempi e costi legati alla gestione: ritiro/raccolta, selezione, e solo infine nuova trasformazione». Un altro brand ‘H&M’ nel 2013 ha avviato un progetto di ‘rigenerazione’ che invita i clienti “a prendersi cura del capo acquistato”. La casa di produzione, sul portale dedicato, spiega: «Oltre il 10% dell’impatto climatico totale di un capo avviene dopo che ha lasciato il negozio. L’impatto ambientale varia a seconda di quante volte lavi i tuoi capi, o se li getti anziché riciclarli». Nello specifico, il brand ha promosso un’iniziativa: gli abiti in disuso vengono lasciati all’interno dei negozi in un sacchetto e per ogni sacchetto si ricevono in cambio 5 euro: quel capo sarà poi rigenerato con una operazione al tessile. «Quando posso acquisto sempre capi realizzati con materiale di riciclo, anche con la plastica riciclata ma non è molto vantaggioso rispetto agli abiti tradizionali. Lo faccio perché serve e perché le magliette, soprattutto, sono molto carine ma questa tipologia di acquisto andrebbe incentivata ma-

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gari con costi calmierati» ha detto Paola, pensionata romana. «Abiti riciclati? No, non mi fido. Preferisco fare altre scelte per sostenere l’ambiente, sicuramente faccio la raccolta differenziata che è importante» ha aggiunto Stefano. Anche consumare cibi freschi e di stagione gioca un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Quanto costa, però, riempire un carrello di prodotti esclusivamente biologici? «I negozi bio? Scherziamo? Sono delle boutique! Non me li posso permettere. Lei pensi che un chilo di mele costa poco più di un euro, un chilo di mele biologiche almeno tre euro. Faccio scelte oculate, compro frutta e verdura di stagione sicuramente ma se volessi acquistare tutto biologico se ne andrebbe la pensione». È questo il commento di un residente della provincia di Milano consapevole – tuttavia – dell’importanza che il suo gesto avrebbe sulla filiera produttiva. «Vado a fare la spesa con un sacchetto di stoffa, odio la plastica e la combatto in tutte le forme. Compro sfusi anche i detersivi. Quanto mi costa? In termini di tempo tantissimo, in termini economici anche. Ma ho scelto questo stile di vita e non torno indietro, ora più che mai» ha spiegato Giulia, una lavoratrice napoletana. «Ai miei nipoti compro solo prodotti contadini, per me non esiste acquistare pere confezionate o fragole a dicembre. Ho il mio contadino di fiducia e mangiamo quello che di fresco c’è» ha detto Camilla, anche lei pensionata. I costi sono, dunque, lo scoglio più grande per avviare una rivoluzione green che sia sostenibile e punti alla salvaguardia dell’ambiente. E questo - in vista di una volontà collettiva di agire per contrastare l’inquinamento - non può passare in secondo piano nell’agenda politica dei governi.

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Negli ultimi anni, sempre più negozi di abbigliamento anche franchising, hanno avviato la vendita di capi realizzati con tessuti riciclati

L’ENERGIA DELLA QUINTA EDIZIONE DI CORTI DI LUNGA VITA

Il mese scorso si sono svolte due manifestazioni particolarmente importanti per il cinema. Il 10 maggio è avvenuta la cerimonia di premiazione dei David di Donatello. Mentre solo sei giorni dopo è iniziato il Festival di Cannes, con ben tre film italiani in gara per la Palma. Lo stesso giorno, il 16 maggio, al Cinema Troisi di Roma si sono tenute le premiazioni della quinta edizione di Corti di Lunga Vita, il concorso di cortometraggi ideato e promosso dall’Associazione 50&Più. Il tema scelto per quest’anno era “Energia”, un concetto dalle tante sfumature che si può ritrovare nelle cose, nelle persone, nei sentimenti, nelle idee, nei luoghi e in molto altro. Così com’è stato espresso dagli undici registi iscritti al Premio 50&Più, riservato ai Soci e alle 50&Più provinciali, che per la prima volta ha visto tre vincitori, e dai dodici finalisti del concorso internazionale. A giudicare le loro opere due diverse giurie. Nel primo caso formata dal vicepresidente vicario nazionale 50&Più Sebastiano Casu, dal segretario generale 50&Più Gabriele Sampaolo e dal Centro Studi 50&Più; nel secondo caso da Flavio De Bernardinis, critico cinematografico e docente al Centro Sperimentale di Cinematografia; da Doriana Leondeff, sceneggiatrice e vincitrice di un David di Donatello e di un Nastro d’argento per la sceneggiatura di Pane e tulipani; da Claudio Noce, regista e sceneggiatore, vincitore di un David di Donatello e di due Nastri d’argento; da Lidia Ravera, giornalista e scrittrice della collana “Terzo Tempo” dedicata a romanzi che narrano storie di over 60; e da

Al Cinema Troisi di Roma si sono tenute le premiazioni della quinta edizione di ‘Corti di Lunga Vita’. Tema dell’edizione “Energia” un concetto che ha trovato molte interpretazioni nelle opere in concorso

Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, nel ruolo di presidente di giuria e di conduttore della serata.

«Tornare a presiedere la giuria di Corti di Lunga Vita mi ha lusingato da un lato, mentre mi ha messo in difficoltà dall’altro. Rimango essenzialmente un regista e per questo mi dispiace dover dare un giudizio su un lavoro, qualunque esso sia, che ha richiesto una fatica intellettuale e fisica. Senza contare le emozioni investite.

Ma bisogna pensare che il giudizio fa parte poi della carriera ed è sempre un aiuto a crescere. È un concorso artistico quindi ognuno ha interpretato l’Energia secondo la propria sensibilità», ha commentato Pif. Il primo premio di questa edizione di Corti di Lunga Vita è andato a Lucrezia Ridolfi con l’opera L’arringa. «Una storia che racconta l’Alzheimer all’interno di una coppia e in cui i momenti di silenzio sanno comunicare le emozioni più

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Eventi

intime: l’energia all’interno del corto viene messa in scena come tentativo di mostrarsi adeguati di fronte al senso di impotenza», questa la motivazione con cui la giuria ha consegnato questo riconoscimento. Si è aggiudicato il secondo premio Daniele Catini con A cena con delivery. «Una commedia che sa filtrare l’abisso, facendo trasparire il tema della solitudine attraverso l’ironia. L’eccellente interpretazione della protagonista, inoltre, riesce a far percepire la tragedia anche nelle se-

quenze apparentemente divertenti», hanno convenuto i giudici. Infine, il terzo posto è andato a Diego Fossati e Gabriele Redaelli per il loro VV. Una storia in cui la tecnologia diventa lo strumento attraverso cui riscoprire emozioni e condividere ricordi nascosti nel tempo con un buon bilanciamento tra ironia e malinconia. C’è stato spazio anche per una Menzione Speciale consegnata a Francesco Petrantoni con il suo A botta du mastru. Un’opera che «grazie allo stile documentaristico fa emergere l’energia e la positività di un personaggio con cui è facile entrare in empatia. Un uomo che racconta il lavoro di una vita con sincerità e semplicità». A consegnare il riconoscimento ai tre vincitori del Premio 50&Più, invece, il presidente nazionale Carlo Sangalli e il segretario generale di 50&Più Gabriele Sampaolo. Il primo premio in questo caso è andato a Lorenzo Follari di Roma per l’opera Ginnastica Dolce. «Un’opera da una trama semplice ed efficace che però propone una pregevole interpretazione del tema che si avvale anche della bravura degli attori», come ha convenuto la giuria. Secondo premio a Pietro Garuccio di Trapani con Un pizzico di sale, la storia di una richiesta di solidarietà. «La risposta positiva a questa richiesta genera serenità e benessere tanto in chi la offre quanto in chi la riceve», hanno commentato i giudici. Infine, il terzo posto va a Marcello Mamini di Pesaro Urbino con Il segreto dell’energia che, appunto, resta un segreto. Secondo la giuria, però, «è forte il sospetto che l’energia si generi nell’innamoramento e in definitiva nell’amore… ad ogni età».

«Il successo di eventi come questo per noi non è mai un traguardo raggiunto, ma sempre un tassello in più che aggiungiamo all’interno del meraviglioso mondo dell’associazioni-

smo. Una dimensione che unisce e crea coesione. È stato davvero molto interessante e sorprendente vedere con quanta sensibilità e attenzione il tema dell’energia sia stato raccontato. Alla creatività dei registi si aggiunge la dedizione degli attori, uomini e donne di tutte le età che si sono messi in gioco. Una buona pratica che dà risalto alla tenacia e alla condivisione, i principi della nostra realtà», ha detto Carlo Sangalli a margine della premiazione.

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Lucrezia Ridolfi - L’Arringa Lorenzo Follari - Ginnastica dolce Carlo Sangalli - Presidente Nazionale 50&Più Pierfrancesco Diliberto - Pif

A UCCIDERE BEETHOVEN NON FU

IL VELENO

L’analisi del DNA estratto dai capelli del compositore tedesco chiude uno dei gialli della storia e ne giustifica la fama di burbero intrattabile

Il 6 ottobre del 1802, a soli 32 anni, Ludwig van Beethoven scrisse una lettera ai suoi fratelli, Kaspar e Nikolaus, raccomandandogli di far eseguire un’autopsia sul suo cadavere per individuare le cause delle malattie che lo avevano colpito. La strana richiesta - inviata da Heiligenstadt, il sobborgo di Vienna in cui abitava - nasceva dalla volontà di far conoscere al mondo i motivi del suo isolamento dovuto alla progressiva perdita dell’udito e alla terribile cirrosi che lo hanno tormentato per tutta la vita. Lo scritto venne ritrovato dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1827 all’età di 56 anni. Il cosiddetto ‘testamento di Heiligenstadt’ conteneva rivelazioni sorprendenti, che raccontano il perché della sua reputazione di “burbero”. Nel testo, Beethoven, con toni drammatici e di prostrazione, spiega i motivi della sua autoemarginazione: «O voi uomini che mi stimate o mi definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto! Voi non conoscete la causa segreta che mi fa apparire a voi così. Per colpa della malattia, pur essendo dotato di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine».

Oggi la scienza non può che dargli ragione. Lo studio, condotto dall’Università di Cambridge, dall’Ira F. Brilliant Center for Beethoven Studies, dall’American Beethoven Society, dalla KU Leuven, da FamilyTreeDna, dall’Ospedale Universitario di Bonn e dall’Università di Bonn, dalla Beethoven-Haus di Bonn e dall’Istituto Max Planck per l’Antropologia Evolutiva, dimostra che il Dna di cinque ciocche di capelli - tutte risalenti agli ultimi sette anni di vita di Beethoven - proviene da un unico individuo che corrisponde all’ascendenza documentata del grande autore dell’Inno alla Gioia.

Dall’analisi è emerso che il cromosoma Y del compositore non corrisponde a quello di nessuno dei suoi cinque attuali discendenti, che condividono con lui un antenato comune per via paterna. Questo dimostra che, in qualche momento nel corso delle sette generazioni successive, deve essere avvenuto almeno un concepimento extra coniugale dopo la nascita nel 1572 dell’antenato comune, Hendrik. L’obiettivo principale della ricerca è stato far luce sui problemi di salute del genio tedesco, a partire dalla perdita dell’udito iniziata tra i 20 e i 30 anni, che lo portò nel 1818 ad essere completamente sordo. Grazie al sequenziamento del Dna, una tecnica che permette di stabilire l’esatta composizione della sequenza dei nucleotidi che lo compongono, i ricercatori, oltre a mettere definitivamente a tacere le voci su un possibile avvelenamento da piombo, hanno anche studiato le possibili cause genetiche dei disturbi cronici di Beethoven e di una grave epatite B che lo portò alla morte. Ad uccidere il genio musicale, infatti, contribuirono diverse concause. In primis i forti disturbi gastrointestinali, provocati da una possibile celiachia e intolleranza al lattosio, e collegati a fattori genetici per le patologie del fegato; poi una grave malattia epatica che culminò in una cirrosi legata al consumo di alcol, infine la malattia epatica contratta negli ultimi mesi di vita. L’ex bambino prodigio, divenuto poi un adulto tetro e scontroso, grazie alla scienza finalmente ha ottenuto ciò che desiderava: la prova di un’esistenza solitaria e sofferente mai desiderata.

Curiosità
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NUOVA SEDE 50&PIÙ ENASCO A LISBONA

Un punto di riferimento per tutti coloro che desiderano ricevere servizi e assistenza in materia di previdenza. La nuova sede va ad aggiungersi alle altre 26 già presenti in 11 Paesi nel mondo e alle 290 italiane

Che il Portogallo sia una meta ambita per i pensionati è ormai noto. Ad attirare i senior, però, non sono solo il buon cibo, il bel clima, le città e le spiagge, anche le misure adottate dal governo portoghese in merito ai regimi fiscali favorevoli per chi si ritira dal lavoro. Negli ultimi anni, sono stati molti a decidere di trasferirsi, attirati da una tassazione vantaggiosa. Ne è un esempio il regime fiscale previsto per i residenti non abituali che propone il trattamento favorevole sul reddito delle persone fisiche per un periodo di 10 anni; la possibilità di beneficiare di un’esenzione fiscale sui redditi di fonte estera; il diritto a vedersi riconosciuta un’aliquota forfettaria pari al 20% per i redditi provenienti da professioni considerate ad alto valore aggiunto. Per

usufruirne occorre dimostrare di non essere stati residenti in Portogallo nei cinque anni precedenti la domanda. Oppure esiste il regime per i pensionati di fonte estera, per coloro che percepiscono pensione da enti situati fuori dal Portogallo e che non sono ancora cittadini nel territorio e possono, quindi, fruire di un’aliquota del 10%. Per godere di questo beneficio, è necessario dichiarare di impegnarsi a diventare e rimanere residenti nel Paese per uno specifico arco temporale. Per integrare tutti i requisiti e adempiere agli oneri richiesti, è consigliabile farsi supportare da un consulente esperto e gli italiani residenti in Portogallo, come i portoghesi con origini italiane o i portoghesi che desiderano trasferirsi in Italia, possono trovare aiuto nella nuova sede di 50&Più Enasco a

Lisbona, inaugurata giovedì 13 aprile al secondo piano della prestigiosa Casa da Cidadania (ex scuola elementare nello storico Bairro Grandela). Alla cerimonia hanno preso parte Antonio Paoletti, vicepresidente del Patronato 50&PiùEnasco, Gabriele Sampaolo, segretario generale di 50&Più, David Sensi, direttore al Supporto e Sviluppo Attività Estere, e Guido Moretti, coordinatore locale, che ci ha raccontato le attività della nuova sede.

«La sede di Lisbona fornisce assistenza gratuita per tutte le pratiche INPS sia a cittadini italiani che ai cittadini portoghesi che hanno lavorato in Italia e quindi ricevono anche una pensione italiana - ha detto Moretti -. In particolare, i pensionati si rivolgono a noi per gli adempimenti richiesti da INPS come la stampa della Certificazione Unica, l’invio dei RED EST (redditi per i pensionati all’estero, ndr) o la certificazione di esistenza in vita, oltre che ai vari tipi di richieste di pensione. In Portogallo, inoltre, esiste un regime fiscale agevolato per i pensionati che si trasferiscono in questo Paese, per questo offriamo anche assistenza per le pratiche necessarie a richiedere l’applicazione della convenzione tra Italia e Portogallo per evitare la doppia imposizione fiscale», ha aggiunto.

L’apertura del patronato 50&PiùEnasco a Lisbona era un evento particolarmente atteso dagli italiani in Portogallo: «Sino ad oggi non esisteva questo tipo di servizio, pur contando una crescita esponenziale della presenza di italiani in Portogallo: quasi 30.000 persone. In presenza di quest’importante comunità la sede del patronato 50&PiùEnasco è già diventata un punto di riferimento anche per la vasta gamma di servizi che è in grado di offrire non solo ai pensionati, ma anche a tutti i connazionali che risiedono in questo Paese o hanno intenzione di trasferirsi qui per motivi di lavoro o di studio», ha concluso Moretti.

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La nuova sede di Lisbona è solo l’ultimo tassello della mappa di uffici 50&PiùEnasco che assistono gli italiani nel mondo. David Sensi, dal 2012 direttore dell’Area Estera del Sistema 50&Più, spiega una panoramica dettagliata dei luoghi e delle attività svolte dalle sedi estere.

Cosa troveranno gli italiani residenti in Portogallo, i portoghesi di origini italiane o i portoghesi che desiderano trasferirsi in Italia nella nuova sede del patronato 50&PiùEnasco di Lisbona?

Gli assistiti della nuova sede di Lisbona saranno accolti dai nostri colleghi all’interno della prestigiosa Casa da Cidadania, nel quartiere di Bairro Grandela: due spettacolari palazzine storiche che comprendono una biblioteca di libri italiani, una sala riunioni e un’area per mostre pittoriche e fotografiche. Il responsabile dell’ufficio, Guido Moretti, si occupa da molti anni di attività associative rivolte agli italiani residenti all’estero e vanta un ottimo rapporto con le istituzioni portoghesi e italiane (Ambasciata Italiana a Lisbona, Consolato Onorario a Porto, Camera di Commercio Italiana e Società Dante Alighieri a Porto e il Comites). Gli operatori rispondono alle esigenze dei nostri connazionali all’estero, supportandoli nel desiderio di raggiungere una buona qualità di vita.

popolazione e l’ottima offerta culturale e gastronomica. Quanti sono attualmente i cittadini italiani che vivono nel Paese Iberico ai quali la nuova sede di Patronato può fornire assistenza?

Il numero di italiani residenti stabilmente in Portogallo è in costante crescita, basti pensare che nel 2010 erano circa 2.500 e oggi sono oltre 30.000. Oggi 50&PiùEnasco è presente nella sola città di Lisbona, tuttavia la diffusione dei nostri servizi è capillare grazie alle consulenze online. È in programma inoltre l’apertura di un recapito nella città di Porto. Il patronato 50&PiùEnasco assiste i cittadini italiani all’estero ormai da molti anni. Quando e dove è stato aperto il primo ufficio?

Il primo ufficio all’estero è stato aperto a Bruxelles, in Belgio, nel 1985. R icordiamo i servizi che è possibile trovare presso le sedi estere di 50&PiùEnasco.

27 UFFICI NEL MONDO

di Ettore Costa

Clima a parte, cosa rende il Portogallo una delle mete più attraenti per i pensionati di tutto il mondo?

Ad oggi, quasi 10mila italiani tra i 60 e i 65 anni hanno trasferito lì la propria residenza, attratti dal regime fiscale particolare che riconosce una tassazione agevolata. Ma sempre più significativa è la presenza dei giovani tra i 25 e i 45 anni, che hanno avviato - come imprenditori - attività commerciali di successo, specialmente nel settore alimentare, o che lavorano come operatori dei tanti call center presenti sul territorio (in cerca di madrelingua italiani) o che hanno vinto borse di studio universitarie. Altri motivi che spingono a trasferirsi sono il basso costo della vita, la buona qualità dell’assistenza sanitaria, l’ospitalità della

Sono 27, in totale, le nostre sedi all’estero, distribuite in 10 Paesi diversi: Australia, Argentina, Brasile, Belgio, Germania, Canada, America, Uruguay, Svizzera e Portogallo. Nei nostri uffici le pratiche di patronato più richieste sono: assistenza per le pensioni italiane e straniere, certificati di esistenza in vita, compilazione moduli per il RED EST, rilascio CU, servizi consolari. Oggi i nostri potenziali clienti non sono più solo gli anziani e le richieste che ci arrivano non sono solo di carattere previdenziale. Abbiamo, pertanto, deciso di creare un marchio, Serving People Group, che ci ha consentito di ampliare l’offerta delle nostre attività all’estero. Siamo ormai in grado di offrire assistenza a chi desidera trasferirsi nei Paesi in cui siamo presenti oppure un supporto a coloro che si stanno insediando nel nuovo Paese. Gli anziani sono attratti dai paesi in cui godere al meglio la propria pensione e i giovani investono sul proprio futuro attratti dalla formazione offerta dagli istituti prestigiosi e dalla maggiore offerta di lavoro qualificato al di fuori dell’Italia. Possiamo, inoltre, fornire servizi fiscali, contabilità e adempimenti amministrativi, traduzioni, richiesta di certificati e video-consulenze previdenziali con i nostri operatori specializzati dall’Italia.

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La data fatidica è quella del 12 marzo 2021, quando Christie’s riuscì ad aggiudicare per 69,3 milioni di dollari la prima opera d’arte in formato Nft mai messa in vendita da una grande casa d’aste. Si trattava di Everydays - The First 5000 Days di Mike Winkelmann, in arte Beeple, un nerd della Sud Carolina specializzato in animazioni per i concerti delle rockstar, raffigurante in forma esclusivamente virtuale tutto il lavoro e l’evoluzione dell’artista a partire dall’1 maggio 2007.

Le conseguenze sono state immediate. Da un lato le opere digitali sono fioccate sul mercato e dall’altro Christie’s, e poi la gran parte delle principali società operanti nel settore artistico, hanno iniziato ad accettare le criptovalute come forma di pagamento. Nel 2021 le vendite hanno toccato gli 11 miliardi di dollari e, sebbene siano calate du-

INVESTIRE

NEL GROVIGLIO DEI NUOVI “ASSET” TECNOLOGICI?

dubbi sulla sua affidabilità e sulle inesistenti tutele per gli investitori

rante il 2022, hanno aperto il mercato a nuovi investitori non solo in campo artistico.

La parola chiave è Ntf. I non-fungible token sono dei “certificati digitali” che identificano in modo univoco e non replicabile un prodotto virtuale e il suo o i suoi proprietari, grazie a contratti elettronici smart. Si tratta di un nuovo paradigma nella gestione del diritto di proprietà, che è applicato a opere dell’intelletto digitali, quadri, brevetti, canzoni e quant’altro di non fisico, come gli oggetti da collezione o i gadget utilizzabili nei giochi e nella realtà virtuale. Così come ai beni di lusso, alla moda, allo sport e che inizia anche a trasformare fatture, bollette, ordini, a identificare oggetti (l’ultimo modello della Stelvio Alfa Romeo è certificato da un Nft oppure l’articolo del giorna-

le New York Times venduto nel 2021 per 350 Ethereum, allora circa 560mila dollari, dati in beneficenza), a parcellizzare gli immobili per rendere più veloci finanziamenti e liquidità, a verificare l’identità di una persona per l’accesso a determinate piattaforme e l’autenticità di certificati, credenziali e licenze.

Agli Nft si sommano i crypto-asset finanziari digitali, prodotti innovativi estremamente volatili, perché privi di un sottostante, ovvero di un credito o di un debito verso una nazione, una banca o una qualunque società reale. Insieme costituiscono la DeFi, Decentralized Finance, finanza decentrata e deregolamentata, senza intermediari e soprattutto senza controlli pubblici o privati, disponibili in maniera immediata nei siti cosiddetti market place. Il più delle volte sono acquistabili utilizzando le criptovalute digitali, che

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Attualità
di Lauro Tamburi
Il mondo delle criptovalute, degli Nft e della DeFi è sempre più presente e propositivo nella Rete con allettanti lusinghe speculative Ma permangono

non assumono, come quelle di libero corso, valore in base all’economia reale del Paese che le conia, bensì in base alla pura speculazione. Sono sempre più numerose, a cominciare dal Bitcoin (con le sue enormi oscillazioni di valore), dal Libra, la moneta di Facebook, dal montante Tether, dall’ETH, l’Ethereum dell’omonima piattaforma di investimento, fino alle migliaia di altre meno note. Oggi la DeFi e i suoi prodotti finanziari - concorrenti dei “vecchi” fondi, obbligazioni, Bot o CCt - valgono sul mercato circa tremila miliardi di dollari, con oltre duecento milioni di investitori.

Numeri da capogiro, che però non cancellano il dubbio di possibili crisi di un settore sempre più condizionato dallo sviluppo imprevedibile dei metaversi, gli universi virtuali dove immergersi in parallelo o peggio “in alternativa” a quello reale e dove la DeFi avrà un ruolo determinante. La tecnologia sta spianando la strada all’attribuzione di valore economico ai cosiddetti “beni immateriali” della Rete, che sfuggono alle regole stabilite finora. Il che permette molte possibilità di investimento, che diverranno imprescindibili in un prossimo futuro, ma che oggi si portano appiccicati i rischi enunciati da una comunicazione del giugno scorso della Banca d’Italia: «L’uso di cripto-attività comporta una pluralità di rischi in grado di minare la stabilità del sistema finanziario. Tra i rischi finanziari si rilevano quelli di liquidità, mercato, credito e controparte; tra quelli non finanziari vengono in evidenza rischi operativi e di tipo cyber, legali, reputazionali, di riciclaggio e finanziamento del terrorismo e di terze parti». La vigilanza statale è improrogabile per permettere una tutela del fruitore e per difendere l’industria tradizionale dei pagamenti. La Markets in Crypto Assets Regulation (MiCAR) elaborata dal Parlamento Europeo promette di ridurre l’incertezza normativa e favori-

re uno sviluppo ordinato del settore, in cui molte società finanziarie tradizionali stanno affiancando OpenSea e le altre piattaforme digitali, nel vendere Nft e DeFi, contribuendo alla loro credibilità e diffusione.

Tutto questo universo, dall’unicità delle opere d’arte alla possibilità di ornare il proprio avatar con un gadget elitario, dalla titolarità esclusiva di una canzone (il primo in Italia a metterla all’asta è stato Morgan con Premessa nella premessa) fino alla certificazione di proprietà di un oggetto fisico (come le sneaker CryptoKicks della Nike) o di un pacchetto di criptovalute, è “garantito” dalla tecnologia blockchain, nata con l’idea di eliminare ogni intermediario da questo tipo di acquisti.

La blockchain è una struttura di dati non modificabili che forma un registro digitale in cui sono indicate le transazioni e le proprietà, ma senza un ente certificatore: ogni attività è regolata da

un protocollo condiviso dagli utenti stessi, è decentralizzata e tracciabile da tutti. Il suo peggior difetto è il consumo di energia: solo il registro che regola i Bitcoin richiede quella necessaria ad alimentare un Paese come l’Egitto, attorno ai 140 terawattora l’anno (l’intera Italia ne utilizza circa 320). Inoltre, sempre a causa della sua complessità, è molto lenta - la blockchain dei Bitcoin gestisce al massimo sette transazioni al secondo mentre un normale circuito di carte di credito arriva a decine di migliaia - causando congestione del sistema e facendo salire le commissioni. Ammesso e concesso che queste carenze verranno superate, come annunciato da Ethereum con il suo nuovo sistema, e che la Rete, ormai vecchia di 40 anni, non sia sull’orlo del crollo (lo afferma Esther Paniagua nel suo recente Error 404 - Siete pronti per un mondo senza internet?), rimane il “ma” determinante della fiducia. La

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La parola chiave è Ntf. I non-fungible token sono dei “certificati digitali” che identificano in modo univoco e non replicabile un prodotto virtuale e il suo proprietario

Attualità

blockchain si è da subito posta come fonte di operazioni in grado di abrogare il bisogno di fidarsi di finanziarie e banche, consulenti e broker, cui finora affidavamo i nostri soldi, perché gli smart contract sottoscritti con questa tecnologia entrano in esecuzione appena le parti si accordano. Deve però usare delle piattaforme di cambio gestite da terzi, come Binance, Coinbase oppure Gemini, che, nell’ambito delle criptovalute, si comportano come le banche, conservando nei loro server i beni degli utenti, liberandoli dalla necessità di scaricare il portafoglio elettronico collegato alla blockchain e dall’eventualità di perdere tutto nel caso si dimentichino le credenziali di accesso o i codici di sicurezza. Senza però dover sottostare a tutti gli accertamenti che le banche subiscono. Inoltre, non di rado si sono verificati problemi importanti, a iniziare dai bug presentati da alcuni di questi contratti, in cui si sono inseriti gli hacker per arraffare tutti i soldi. E continuare con i progetti speculativi dai fondamentali fragilissimi, se non vere e proprie frodi, crollati come un Sansone calvo e tutti i filistei investitori (esemplari il collasso delle criptovalute coreane del sistema TerraLuna o peggio la bancarotta dell’americana Ftx, la seconda azienda mondiale per lo scambio di denaro digitale), e con gli interventi di personaggi “autorevoli” a invalidare operazioni loro sgradite, come è successo con il boss di Ethereum, Vitalik Buterin. Se gli investimenti nel virtuale subiscono questo tipo di attacchi e problemi, non c’è nessun ombrello per chi immette denaro. La domanda, come suggerisce la rivista americana Wired, è: «preferireste affidarvi a un sistema legale gestito da esseri umani o ai dettagli di qualche codice informatico che non avete le competenze per valutare?». Se la nuova “civiltà” in cui ci stiamo sempre più immergendo dovrebbe chiamarsi, come afferma lo scrittore Alessandro Baricco, “The Game” perché ha «la matrice nei videogiochi, che sono sempre in movimento, sorprendenti»: proprio come un gioco la nuova finanza può sì trasformarsi nell’ “oro digitale” prossimo venturo, ma anche portare a perdite rovinose oggi.

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Il metaverso può attendere?

LORENZO MONTAGNA

Il nuovo universo digitale dentro cui siamo tutti destinati a trasferirci in forma di avatar è ormai alle porte, con il suo carico di meraviglie e pericoli, di novità e dubbi

Ne parliamo con l’autore del volume "Metaverso. Noi e il web 3.0"

Il curriculum di Lorenzo Montagna è di assoluto prestigio, sia come manager per Altavista, ViaMichelin e Yahoo!, sia come divulgatore sul palco dei più importanti eventi internazionali dedicati a “il futuro come potrebbe essere”, sia come consulente, ruolo che svolge per il Politecnico di Milano, per PwC, per VRARA, sempre dedicandosi alle tecnologie emergenti. Il suo ultimo libro è intitolato Metaverso. Noi e il web 3.0 e, come i precedenti, ha il pregio di non essere rivolto esclusivamente agli addetti ai lavori, ma di farci capire cosa questa rivoluzione digitale in atto comporterà per tutti noi. Lei presenta il metaverso come un punto di accesso al futuro che mette le persone al centro. In molti avrebbero dei dubbi su questa affermazione… La tecnologia funziona solo nel momento in cui dà un servizio, dà valore alle persone, altrimenti finisce per essere fine a sé stessa. Metaverso è stata la parola più ricercata su Google lo scorso anno. Dobbiamo immaginarlo semplice-

mente come un nuovo mondo digitale, dove tutti devono avere dei visori e tutti sono più o meno alienati dal reale. È l’evoluzione di Internet, che è nato con i processori, poi è passato sui telefonini e adesso sta entrando anche nella nuova dimensione degli occhiali, che possono essere trasparenti e permettere di vedere con l’aggiunta di dati e notizie (la realtà aumentata, RA) oppure chiusi, i visori, che portano in un altro mondo, sempre più digitale (la realtà virtuale, RV). Il nuovo mondo digitale sarà basato su RA e RV e avrà le persone al centro, perché il metaverso è un luogo di per sé popolato di persone, in forma di avatar, che si muovono in spazi e interagiscono tra di loro e con oggetti. Una realtà dove non scrolleremo per cercare contenuti, non cliccheremo, ci saremo proprio dentro.

Chi ha un figlio o un nipote dai sei anni in su, sa che, una volta preso in mano un tablet o un cellulare, è pressoché impossibile toglierglielo senza

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di Raffaello Carabini

Intervista

lamenti, pianti, litigi, in una sorta di progressiva dipendenza. Se già oggi è così, come sarà il loro futuro?

Questo è uno dei temi molto discussi. Più si va avanti più la tecnologia diventa pervasiva e invasiva, consuma buona parte della nostra attenzione e del nostro tempo. Il metaverso sarà ancora più empatico e divertente ed esiste il rischio che le persone si appassionino così tanto a un mondo virtuale da uscire, un po’ come succede nei film di fantascienza, da quello reale. Anche parlando con psicologi e con esperti, mi sto rendendo conto però che, a differenza del video di fronte al quale siamo cresciuti noi (la tv o lo schermo del pc), è difficile rimanere per molto tempo collegati a un visore, anche se stanno diventando sempre più leggeri ed ergonomici. Richiedono molta più attenzione, quella che gli psicologi in gergo chiamano “la densità” e la soglia di concentrazione sono altissime, fai solo quello (non come mentre si guarda la tv). C’è un limite dovuto alla nostra attenzione e all’essere “chiusi”. Inoltre, spesso queste attività richiedono impegno fisico. Durante il Covid ci sono stati successi clamorosi, ad esempio, di app per ciclisti che si sono spostati nel metaverso, in luoghi fisici totalmente ricreati in cinematografia, percorrendo il Giro d’Italia o altri lunghissimi itinerari. Fisicità e concentrazione ci impediranno di stare ore nei mondi digitali, permettendoci solo di vivere esperienze che hanno senso, significato, ma dentro le quali comunque dobbiamo spendere una capacità di attenzione così approfondita che oggi stiamo perdendo. Gli esperti sono in continuo dibattito fra loro. Saremo di fronte a una serie di metaversi vari e com-

plessi oppure a “un unico universo dove i sogni diventano realtà”, come afferma lei? Vero, se ne sente parlare al singolare e al plurale. È più giusto farlo al singolare, perché rappresenta il concetto di un mondo virtuale evoluto. È un po’ come Internet, che è uno solo, è l’infrastruttura, i “cavi” attraverso cui passa tutto un mondo di dati che chiamiamo web, i siti, la posta, le applicazioni. Si parla di metaversi, perché ci saranno mille ramificazioni, come le varie nazioni sulla Terra, però il pianeta è uno solo ed è il metaverso. E in futuro si arriverà molto vicino al sogno. La tecnologia è un po’ una magia. Quando venne presentato l’arrivo di una locomotiva agli albori del cinema la gente scappava dalle poltrone e oggi abbiamo in tasca la più grande biblioteca, emeroteca, cineteca della storia: tutto viaggia a una velocità impressionante. La tecnologia che noi viviamo rimane però dietro

uno schermo, solo quando arriverà al punto di circondarci e ci farà andare da un’altra parte diventerà autentica magia. La differenza tra realtà e fantasia sarà sempre minore, a volte potrà essere distopia, a volte intrattenimento straordinario. Sognare a occhi aperti vuol dire anche fare cose abbastanza semplici, ad esempio la RV ci può far vedere contenuti girati nell’altra parte del mondo, magari in posti inaccessibili e immergerci dentro. Google sta già girando in questo modo film di tutti i siti Patrimonio dell’Umanità, sia monumentali che paesaggistici, per preservarli per il futuro e le prossime generazioni. Emergency fa vedere dove sta lavorando, fa conoscere chi costruisce ospedali, senza farci muovere da casa. Ci potranno essere finalità sociali, commerciali, turistiche: virtuale deriva dal latino virtus, è una virtù poter vedere dall’altra parte del mondo. Con il Covid c’è stata una grande accelerazione: ci sono Paesi che stanno lavorando sulla virtualizzazione dei loro ambienti per renderli disponibili anche a chi magari non riesce a muoversi facilmente sia per età, per possibilità economiche o per disabilità. È decisamente un mondo che fa sognare.

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Il metaverso sarà così empatico e divertente che ci sarà il rischio di appassionarsi così tanto a un mondo virtuale da uscire da quello reale
IN FARMACIA Essere il tuo benessere.

QUANDO È L’OGGETTO A POSSEDERE

UNA PERSONA

Talvolta compaiono nelle cronache sui giornali o li si incontra nelle storie di condominio. Parliamo delle persone che vivono circondate, o più realisticamente “seppellite”, da cumuli di cose e oggetti di vario tipo: abiti, libri, giornali, utensili per la casa, cibo, persino a volte animali. Sono i cosiddetti accumulatori seriali, persone con un’abitudine meno rara di quanto si pensi e intrecciata a doppio filo con alcuni dei malesseri tipici del nostro tempo. Solo di recente la psichiatria ha delineato i contorni del disturbo da accumulo (o disposofobia) e ne sta studiando ragioni e soluzioni.

Cos’è il disturbo da accumulo?

“Chissà, un giorno potrebbe sempre essermi utile”: questo è il pensiero che torna nella testa dell’accumulatore seriale, la persona che manifesta in maniera patologica il disturbo da accumulo. Si tratta della difficoltà di eliminare o separarsi da ciò che si possiede, indipendentemente dal suo reale valore o dalla sua utilità. Il tutto accompagnato dalla necessità di continuare ad acquisire oggetti e conservarli in un ambiente che diventa talmente ingombro da risultare di fatto invivibile, o in spazi non adatti. Soltanto nel 2013 la disposofobia è stata riconosciuta come una patologia a sé stante dal Manuale Diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali per psichiatri e psicologi, e inserita fra i disturbi correlati al disturbo ossessivo-compulsivo (vedere box come voce di glossario).

Secondo alcune stime, riguarda dall’1

Scienze

al 5% della popolazione. Mancano valutazioni precise, poiché si tratta di un comportamento nella maggior parte dei casi nascosto, che spesso emerge quando compromette lo stato di salute o le condizioni igieniche dell’abitazione portano ad un intervento di familiari o dell’ufficio di igiene. Diventa evidente di solito con l’età adulta, anche se spesso ha origine dall’adolescenza, ed è più frequente fra gli anziani.

I campanelli d’allarme

Ma come si riconosce un accumulatore patologico? Che cosa lo differenzia, ad esempio, da un accanito collezionista? Quest’ultimo tende a conservare gli oggetti in modo organizzato e in luoghi congrui, come cantine, garage, stanze dedicate. Cataloga, trae soddisfazione dalla sua passione e la condivide con piacere. Al contrario, l’accumulatore:

• perde il controllo della situazione, ad esempio occupa spazi utili alla vita di ogni giorno (bagno, cucina, lavabo, frigorifero) fino a renderli inutilizzabili;

• gli riesce poi sempre difficile disfarsi di un bene, anche se non ha un valore economico, estetico o affettivo (ad esempio, giornali, contenitori vuoti di cibo, persino rifiuti), percepisce di doverlo conservare e persino salvare, ha paura di gettarlo perché potrebbe servirgli, un giorno o l’altro;

• il suo comportamento porta a compromettere la vita lavorativa o sociale, la capacità di nutrirsi, lavarsi, dormire adeguatamente;

• l’accumulo compulsivo rende spesso difficili o impossibili le relazioni con familiari e amici, porta a isolamento, senso di vergogna, umiliazione, colpa, ma anche rabbia o ostilità quando qualcuno cerca di riportare alla realtà, ad esempio facendo pulizia.

Le cause e i fattori di rischio

Perché si diventa accumulatori seriali? Difficile dirlo. Talvolta è la conseguenza di altri problemi di salute, ad

esempio di disabilità cognitive e fisiche, demenza o altre condizioni che rendono incapaci di organizzare gli spazi. Può essere un comportamento legato a disordini mentali (di tipo ossessivo-compulsivo, psicosi o depressione severa), talvolta compare dopo un forte stress, come un lutto. Gli esperti hanno identificato situazioni esistenziali che più di altre possono essere associate alla disposofobia, come vivere da soli, avere avuto un’infanzia difficile sul piano economico e/o affettivo, essere cresciuti con familiari con un comportamento analogo.

Si può curare?

Ma l’accumulatore si rende conto di avere un problema? Raramente: è spesso inconsapevole, oppure si isola, si vergogna e non chiede aiuto. Ed è proprio questo il principale ostacolo alle cure. L’approccio terapeutico di solito si basa su psicoterapia cognitivo-comportamentale, che può aiutare a capire le ragioni del proprio modo di fare, ad organizzare le proprie cose, a decidere se e che cosa eliminare. Sono utilizzati anche trattamenti che migliorano i sintomi, come antidepressivi e farmaci che aiutano l’attenzione e le funzioni esecutive. Si sta anche provando, con risultati incoraggianti, la stimolazione magnetica transcranica ad alta frequenza sulle aree disfunzionali.

CHE COS’È IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO?

Si tratta di un disturbo psichiatrico caratterizzato dalla presenza di: • pensieri, immagini, bisogni ossessivi, intrusivi e non voluti (come disporre oggetti secondo un ordine preciso, per colore o dimensioni, o la paura di infezioni o malattie); • comportamenti compulsivi che aiutano a neutralizzare i suddetti pensieri e allontanare rischi e pericoli irrealistici o sovrastimati (come lavare mani o superfici, riposizionare oggetti, ripetere numeri o parole per placare l’ansia, cercare rassicurazioni ripetute, accumulare oggetti). Comportamenti possono interferire negativamente con le attività della vita quotidiana.

UN CELEBRE CASO DI CRONACA

Negli Anni ’40 la vicenda dei fratelli Langley e Homer Lusk Collyer rese nota la disposofobia. Vivevano a New York, in un’abitazione colma di libri, giornali, mobilio, cianfrusaglie sino al soffitto. La polizia scoprì il corpo di Homer e ci vollero settimane per trovare il fratello deceduto e sepolto sotto 140 tonnellate di oggetti, protetti da trappole anti-intrusione.

a cura di Fondazione Umberto Veronesi
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CAMBIAMENTO CLIMATICO ACCENDEREMO LA LUCE GRAZIE ALLA FUSIONE NUCLEARE?

Alcuni mesi fa, un laboratorio californiano è riuscito a produrre più energia di quella utilizzata attraverso un processo di fusione nucleare Facciamo chiarezza sulla portata dell’esperimento con l’ingegnere aerospaziale Giordano Tomassetti

di Annarita D’Agostino

Pur non essendo degli scienziati, tutti abbiamo sentito parlare dell’esperimento sulla fusione nucleare condotto in porto in un laboratorio dell’Università della California, reso noto a metà dicembre 2022. Un gruppo di scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory è riuscito, per la prima volta nella storia, a produrre più energia di quella consumata in un processo di fusione nucleare. Per settimane la

stampa e le istituzioni internazionali ed italiane hanno parlato di svolta storica, scoperta del secolo, soluzione decisiva per la crisi energetica e per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Ma è davvero così?

Lo abbiamo chiesto a Giordano Tomassetti, dottore di ricerca in Ingegneria aerospaziale. Tomassetti lavora per l’ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, nel Laboratorio

di Superconduttività del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare, dove si occupa di Intelligenza Artificiale applicata alla progettazione dei reattori con cui si realizza la fusione nucleare.

Ingegner Tomassetti, spesso viene dato per scontato che tutti sappiano cos’è una fusione nucleare. Ma non è così. Ci spiega meglio?

Basta partire dal nome: fusione. Due atomi di idrogeno si fondono insieme e danno vita ad un atomo più grande: l’elio. La massa dell’atomo di elio risultante è però inferiore alla somma delle singole masse degli atomi di idrogeno iniziali. Che fine ha fatto la massa mancante? Qui entra in gioco la famosa formula di Einstein: E=mc². La massa perduta si è trasformata in energia, la “E” della formula. La quantità di questa energia è molto elevata perché si ottiene moltiplicando la massa man-

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Scienze

cante (“m”) per la velocità della luce (“c”) elevata al quadrato. Il processo di fusione, come quello sperimentato in California, rilascia 4 milioni di volte più energia di quella che si può ottenere da una reazione chimica come la combustione di carbone o di altre fonti fossili come il petrolio. E circa 4 volte più energia della fissione nucleare che, invece, all’opposto, è una reazione che nasce dalla divisione dell’atomo in parti più piccole.

Perché la fusione nucleare è stata definita “il Santo Graal dell’energia pulita, inesauribile e a basso costo”?

La fusione non produce sostanze dannose per l’ambiente come i gas serra (anidride carbonica ed altri), che invece si originano dalla combustione dei fossili. Il prodotto di “scarto” della reazione è l’elio, un gas inerte e non tossico. Per quanto riguarda il costo e la disponibilità dell’energia prodotta, dobbiamo considerare che sulla Terra la fusione si realizza a partire da due “varianti” dell’idrogeno (i cosiddetti “isotopi”): il deuterio ed il trizio. Il deuterio si ricava dall’acqua di mare, mentre il trizio viene prodotto nell’impianto in cui si realizza la fusione. Per questi motivi, la fusione è universalmente considerata una fonte “quasi” inesauribile di energia e, auspicabilmente, rispetto ad altri processi, meno costosa in futuro.

Nel pensiero comune il nucleare è però sempre associato alla radioattività.

I reattori per la fusione nucleare si compongono di alcuni sistemi che restano radioattivi per meno di 100 anni nel caso più critico, che è quello del materiale che si trova all’interno del reattore. Nulla in confronto ai tempi di radioattività generata dalla fissione nucleare, che sono enormemente più lunghi (dai 300 anni al milione di anni).

Inoltre, va considerato che la reazione di fusione è difficile da tenere “accesa”

e quindi non esiste il rischio di perdere il controllo con reazioni a catena come accaduto in passato per reattori a fissione, ad esempio a Černobyl. Per spiegare la portata dell’esperimento della California, si è detto che gli scienziati sono riusciti a riprodurre “il sole in una stanza”. È davvero così? E come ci sono riusciti?

Ci sono voluti 192 raggi laser per ricreare condizioni idonee perché avvenisse una reazione di fusione simile. Il Sole realizza la fusione trasformando ogni secondo 600 milioni di tonnellate di idrogeno in elio, rilasciando così una quantità enorme di energia grazie alle elevatissime forze di gravità che si esercitano sulla stella a noi più vicina. La Scienza ha dimostrato che sulla Terra, per ottenere la fusione senza queste elevatissime forze gravitazionali, è più conveniente far avvenire la reazione fra i due isotopi dell’idrogeno - il deuterio ed il trizio di cui abbia-

«La vera svolta da un punto di vista scientifico è aver dimostrato per la prima volta, che la fusione può determinare una produzione netta di energia. Cioè che l’energia sviluppata può realmente superare l’energia impiegata per farla avvenire»

mo parlato - per ottenere la maggior quantità possibile di energia alle più basse temperature possibili. Anche se l’aggettivo “basso” va preso con le pinze: si tratta comunque di temperature di 150 milioni di gradi centigradi, 10 volte più alte che sulla superficie del Sole. Ovviamente, nessun materiale può sostenere temperature di questo ordine di grandezza, per cui sono state sviluppate diverse tecniche di “confinamento” per riuscire a contenere il plasma, ossia un “gas” estremamente rarefatto entro il quale avviene la fusione. Una di queste tecniche, il “confinamento inerziale”, è stata applicata con successo in California. Ma la vera svolta da un punto di vista scientifico è stata l’aver dimostrato, per la prima volta nella storia, che la fusione può determinare una produzione netta di energia. Cioè che l’energia sviluppata può realmente superare l’energia impiegata per farla avvenire. Che implicazioni pratiche potrebbe avere questo esperimento? E con quali tempistiche? Ci sono alcuni scienziati che, ad esempio, hanno acceso i riflettori sui tempi necessari per introdurre l’energia nucleare negli usi quotidiani su larga scala.

Per il momento questo esperimento ha un valore enorme, ma prettamente sul piano scientifico. Per poter accen-

giugno 2023 | www.spazio50.org 73 L’esperimento

L’esperimento

dere la luce, ricaricare il cellulare o attivare il riscaldamento con l’energia nucleare i tempi di attesa saranno piuttosto lunghi, poiché ci sono ancora un numero significativo di problematiche tecnico-scientifiche, peraltro molto complesse, da risolvere prima che i reattori a fusione siano in grado di fornire una produzione di energia su scala industriale. Tuttavia, in un futuro per ora abbastanza lontano, in cui la fusione nucleare sarà in grado di produrre energia da immettere nella rete elettrica, il mondo avrà a disposizione una fonte su larga scala, sicura, rispet-

La differenza di approccio sta in quelle tecniche di confinamento della fusione di cui abbiamo parlato poco fa. Quindi, più che di “via americana” e “via europea”, bisogna parlare di “confinamento inerziale”, come quello usato negli USA nell’arcinoto esperimento, e di “confinamento magnetico”, come previsto nei futuri reattori (i cosiddetti “Tokamak”). Senza entrare in troppi tecnicismi, paradossalmente, nonostante il grande successo ottenuto dal Laboratorio di Livermore, il confinamento magnetico che si realizza nei Tokamak è universalmente con-

Europa, Giappone, USA, Russia, Cina, Corea e India. Nell’ambito di una collaborazione internazionale, questi Paesi hanno deciso di concentrare il loro impegno in un programma comune, finalizzato alla realizzazione di un reattore che si chiama ITER, acronimo di “International Thermonuclear Experimental Reactor”. Si tratta di un reattore sperimentale a fusione di tipo Tokamak. L’Italia partecipa attivamente al progetto. La costruzione di ITER, iniziata nel 2007 a Cadarache, in Francia, rappresenta infatti una pietra miliare nello sviluppo dell’energia da fusione, che affonda le radici in uno storico incontro del 1985 fra gli allora presidenti di Stati Uniti e Unione Sovietica, Ronald Reagan e Michail Gorbačëv.

Che sviluppi potrà avere il progetto per il nostro Paese?

tosa dell’ambiente e praticamente inesauribile. Questo cambierà completamente gli assetti mondiali sia sul piano geopolitico che economico, ma oggi è difficile prevedere in che modo, anche se ovviamente si spera in meglio. In sintesi, usare il nucleare come fonte energetica quotidiana è una prospettiva possibile, ma sicuramente né nel breve né nel medio termine. Anche in Europa ci sono gruppi di ricerca che seguono progetti simili a quello dell’Università della California? Si è parlato di “via americana” e “via europea” alla fusione nucleare.

siderato la strategia più promettente verso l’uso su larga scala dell’energia prodotta da fusione. Mentre il confinamento inerziale sembra essere una via secondaria, più adatta alla sperimentazione, perché attualmente non si ritiene adatto ad una futura implementazione industriale.

Nonostante in Italia gli investimenti nella ricerca siano spesso gli ultimi della “lista della spesa pubblica”, ci sono dei progetti in questo ambito?

Risposta affermativa. La ricerca sulla fusione vede impegnati tutti i Paesi tecnologicamente più avanzati:

I risultati ottenuti attraverso ITER consentiranno in futuro di realizzare un secondo e più grande reattore Tokamak chiamato DEMO (“DEMOnstration Power Plant”), al quale partecipa anche l’Italia, che sarà un reattore commerciale dimostrativo. ITER dovrà dimostrare la possibilità di mantenere “accesa” la reazione di fusione per tempi “lunghi”: 1.000 secondi quando il record di funzionamento attuale è di 5 secondi; DEMO dovrà invece dimostrare la possibilità concreta per un Tokamak di generare energia elettrica attraverso una fusione “accesa” a tempo indeterminato. Inoltre, l’Italia è protagonista nella progettazione e realizzazione di DTT (“Divertor Tokamak Test”), un’infrastruttura di importanza strategica nella “road map” verso la produzione su scala industriale di energia da processi di fusione nucleare e che si propone come anello di collegamento tra i grandi progetti internazionali ITER e DEMO, avvalendosi della collaborazione delle università e degli enti di ricerca italiani.

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Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

Il 7 giugno è il “VCR Day”, giornata in memoria del “vecchio, caro” videoregistratore, un tempo re dell’intrattenimento domestico.

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PIANTIAMO UN ALBERO CON UN CLICK

Con l’app Treedom è possibile farlo e seguirne la crescita

Di alberi abbiamo davvero bisogno: producono ossigeno, riducono l’impatto del riscaldamento globale, etc. Grazie all’app Treedom ora è possibile piantarli senza fatica: basta un click per adottarne uno a distanza e sostenere un progetto agro-forestale. Scelto l’albero dalla piattaforma online, lo si potrà seguire nella crescita mentre il contadino che lo cura potrà usarne i frutti come risorsa per la comunità o a sostegno del suo reddito.

www.treedom.net/it

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DOMOTICA E DIGITALE PER GLI IPOVEDENTI

A Genova è in sperimentazione il progetto AD'Agio

Applicazioni digitali e domotiche, adeguamenti ambientali e strategie riabilitative: si potrebbe riassumere in tal modo il progetto AD’Agio - supportato anche dall’Università di Genova - che mira a ridare indipendenza agli anziani disabili visivi sul territorio di Genova. La tecnologia qui monitora lo stato di salute, dà supporto nella perdita delle funzioni generali legate all’invecchiamento, allerta i caregiver in caso di emergenze.

www.penelopezip.it

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PROBLEMI DI MEMORIA? PROVIAMO CON UN’APP

HippoCamera, realizzata da un gruppo di esperti in neuroscienze

Registrare, filmare, rivedere: funziona così HippoCamera, app creata presso l’Università della Florida per migliorare la memoria. Con una procedura guidata si registra un vocale di 8 secondi descrivendo un evento, lo si filma per 24 secondi. Si “rivive” il ricordo attraverso l’audio e il video, quest’ultimo riprodotto ad una velocità triplicata proprio come accade nell’ippocampo, un’area del cervello che viene così stimolata.

www.hippocamera.com

4 NAO, IL ROBOT BADANTE A Carpi si sperimenta un nuovo tipo di assistenza

A Carpi, in provincia di Modena, per assistere gli anziani si guarda alla tecnologia grazie a Nao, un robottino capace di interagire e socializzare. Il suo linguaggio è stato adattato alle esigenze degli utenti e, in base alle situazioni, impiegato per l’attivazione o la stimolazione cognitiva. Chi ha partecipato al progetto ha ascoltato storie e canzoni, dialogato e fatto movimento seguendo le sue istruzioni. Risultato: tutti molto soddisfatti.

www.aldebaran.com/it/nao

LO SAPEVATE CHE?

Dal 15 al 17 giugno, a Rimini, si svolge “We Make Future”

Fiera Internazionale e Festival sull’Innovazione Tecnologica e Digitale

Info: www.wemakefuture.it

a cura di Valerio Maria Urru
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FOTO ADAGIO

“LE FORME DELL’ACQUA” QUANDO LA CREATIVITÀ ABBRACCIA L’ECOLOGIA

50&Più Piacenza e il Gruppo Pittori CSI hanno organizzato la mostra presso Palazzo Farnese di Redazione

La siccità del fiume Po’ ha raggiunto livelli allarmanti, i cambiamenti climatici minacciano lo stato di salute dei fiumi e dei laghi. Nell’ultimo trentennio i livelli d’acqua in Italia si sono ridotti del 20% e, secondo gli esperti, il quadro non è destinato a cambiare, nonostante le piogge di una primavera anomala. L’invito a raccontare ‘Le forme dell’acqua’

Uno scenario che non ha lasciato indifferente 50&Più Piacenza - presieduta da Franco Bonini - e il Gruppo Pittori CSI-APS che, insieme, hanno organizzato la mostra d’arte dal titolo ‘Le forme dell’acqua’. «Per sti-

molare l’impegno dei soci e per richiamare l’attenzione del pubblico, il Direttivo ha deciso di organizzare la mostra collettiva su un tema su un tema molto importante ed estremamente attuale. Ora che la crisi idrica diventa sempre più grave abbiamo

chiesto ai partecipanti di esprimere le loro idee e le loro emozioni con i loro colori, le tecniche e i materiali a loro congeniali su questo elemento essenziale per la nostra vita e per l’ambiente» ha detto Pierangela Orsi, presidente di Gruppo Pittori. Dal 26 aprile al 2 maggio, presso lo Spazio mostre di Palazzo Farnese a Piacenza, sono state esposte 26 opere pittoriche. «Il patrocinio che 50&Più Piacenza ha offerto alla mostra nasce dalla volontà di permettere ai soci del sodalizio una ulteriore occasione per esporre le proprie opere, scambiare esperienze e coinvolgere nuovi artisti» si legge nell’opuscolo dedicato all’iniziativa.

I vincitori

La giuria della mostra-concorso, composta da esperti e professionisti, ha decretato i vincitori con una cerimonia di premiazione che si è svolta il 30 aprile. Il 1° premio è stato conferito a Elisabetta Massari autrice di Burano, seguita da Gemma Zucconi con Tra le lune di Giove alla ricerca del senno del mondo. Al terzo posto Marco Valla con Isola d’acqua. Due menzioni speciali sono state assegnate a Marisa Cappellini per Alba blu e a Marisa Maggi per Pioggia e due segnalazioni a Vincenzo Gobbi per l’opera Sommersioni e a Laura Marie Trespidi per Profondo blu. Hanno consegnato i premi Franco Bonini, presidente 50&Più Piacenza, e Angela Orsi, presidente del Gruppo Pittori CSI. Le opere vincitrici sono in gara al Concorso 50&Più.

Buone pratiche

Un’iniziativa che, per l’importanza del messaggio e il valore delle opere, è destinata a diventare una ‘buona pratica’, affinchè si alimenti la consapevolezza che ciascuno di noi può dare un contributo alla salvaguardia del bene comune. Le opere avranno anche un risvolto sociale perché utilizzate a fini di beneficenza.

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Buone pratiche 50&Più
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ASSEGNO UNICO E UNIVERSALE RAGGIUNTE OLTRE SEI MILIONI DI FAMIGLIE IN UN ANNO

L’Inps traccia un primo bilancio della nuova misura a sostegno delle famiglie. Oggi il rinnovo dell’assegno è automatico ma per ottenere l’importo pieno l’ISEE va presentato entro il 30 giugno

In un anno sono stati distribuiti 16,5 miliardi di euro a più di 6 milioni di nuclei familiari in tutta Italia. Sono questi i dati che emergono dal convegno che l’Inps ha organizzato per tracciare un primo bilancio della nuova misura a sostegno delle famiglie.

«L’AUU è la misura di welfare più inclusiva e capillare esistente - ha detto il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, all’apertura dell’evento -, abbiamo voluto investire sull’innovazione partendo dalla costruzione di una domanda semplice. Oggi il rinnovo dell’assegno unico è automatico, senza più bisogno di presentare la domanda da parte dell’utente». In effetti, l’Assegno Unico e Universale (AUU), introdotto a decorrere dal 1° marzo 2022 con il D.lgs 230 del 21 dicembre 2021, è oggi la principale misura di sostegno dei nuclei

familiari con figli a carico. L’assegno è ‘unico’, in quanto finalizzato alla semplificazione e al potenziamento degli interventi per sostenere la genitorialità e la natalità, e ‘universale’, in quanto garantito in misura minima a tutte le famiglie con figli a carico, anche in assenza di ISEE o con ISEE superiore alla soglia massima di 43.240 euro per l’anno 2023. L’assegno viene pagato al richiedente direttamente dall’Inps per ogni figlio a carico minorenne e, al ricorrere di determinate condizioni, fino al compimento del 21° anno. Non ci sono limiti di età in caso di figli disabili. L’importo spettante è determinato in base alla condizione economica del nucleo familiare e varia in ragione del valore ISEE. Dal 1° marzo 2023 coloro che hanno già presentato una domanda di Assegno Unico e Universale, accolta

e in corso di validità, continuano a ricevere la prestazione senza dover presentare una nuova richiesta. Resta, tuttavia, obbligatorio il rinnovo dell’ISEE entro il 30 giugno per ottenere l’importo completo. Rimane anche l’obbligo di comunicare eventuali variazioni delle informazioni precedentemente trasmesse all’Inps, come la nascita di figli, la variazione dello stato civile, la modifica dell’Iban o la perdita di determinati requisiti che comportano la decadenza del diritto.

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto un aumento significativo degli importi dell’assegno. In particolare, dal 1° gennaio 2023, è stato previsto un incremento del 50% per ciascun figlio di età inferiore a un anno e per ciascun figlio fino ai tre anni se appartenente a nuclei familiari con tre o più figli e con ISEE non superiore a 40.000 euro. Incrementata del 50% anche la maggiorazione forfettaria per i nuclei familiari con quattro o più figli, che passa da 100 a 150 euro. Vanno inoltre a regime alcune disposizioni, come la maggiorazione di 120 euro al mese, rivolte ai nuclei familiari con figli disabili, introdotte in via transitoria dal D.L. 73/2022 limitatamente all’anno 2022.

«L’Assegno Unico è una misura di grande importanza sociale, che aggiunge il valore di essere veramente universale, arriva cioè a tutti i figli. Il bilancio è molto positivo, in un anno abbiamo raggiunto oltre 9,6 milioni di ragazzi, con un assegno medio mensile di 168 euro». Con queste parole il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha chiuso il convegno dedicato all’AUU, aggiungendo: «Una misura che ha come obiettivo l’incentivo alla natalità. E un ulteriore passo in avanti è stato fatto dal Governo che, in Legge di Bilancio, ha deciso giustamente di rafforzare l’intervento per le famiglie numerose e per i disabili».

a cura di Maria Silvia Barbieri Previdenza
www.spazio50.org | giugno 2023 78

ASSEGNO UNICO

C’È TEMPO

FINO AL 30

GIUGNO PER FARE DOMANDA

SENZA PERDERE

GLI ARRETRATI.

L’assegno unico è un sostegno economico per le famiglie con figli a carico che viene attribuito a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al 21º anno di età e l’importo varia in base all’ISEE della famiglia e all’età dei figli a carico. Per le domande presentate entro il 30 giugno spettano gli arretrati dal 1° marzo 2023.

Per le domande presentate dal 1° luglio, l’assegno decorrerà dal mese successivo alla presentazione della domanda.

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Il Patronato 50&PiùEnasco offre assistenza per l’inoltro della domanda di assegno unico e, grazie alla collaborazione con 50&PiùCaf, è a disposizione per la presentazione dell’ISEE.

ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE

LEGGE DI BILANCIO 2023

Regime incrementale

Analizziamo la disposizione che consente per quest’anno di applicare un’imposta del 15% sostitutiva dell’IRPEF per i contribuenti che non applicano il regime forfetario

Come preannunciato nel precedente servizio, oggetto del nostro esame è l’articolo 1 comma 55 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023), con cui è stata introdotta (per il solo 2023) la tassazione dei redditi incrementali di lavoro autonomo e/o d’impresa conseguiti da persone fisiche.

Il citato comma 55 prevede che: «Per il solo anno 2023, i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, possono applicare, in luogo delle aliquote

per scaglioni di reddito stabilite dall’articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali, calcolata con l’aliquota del 15% su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5% di quest’ultimo ammontare». In altre parole, la disposizione con-

sente, limitatamente al 2023, ai contribuenti, persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfetario, di applicare in via opzionale, in sede di dichiarazione dei redditi 2024 (in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito stabilite dall’articolo 11 del D.P.R. n. 917/1986) un’imposta del 15% sostitutiva dell’IRPEF e relative addizionali, sull’eccedenza del reddito d’impresa e/o di lavoro autonomo rispetto al più elevato importo del reddito d’impresa e/o di lavoro autonomo dichiarato negli anni 2020, 2021 e 2022. In sostanza, l’imposta sostituiva agevolata si calcolerà applicando l’aliquota del 15% su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022. L’eventuale eccedenza rispetto a tale importo è soggetta ad IRPEF secondo i criteri ordinari (di tale eccedenza si tiene comunque conto ai fini della spettanza e per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, qualora il riconoscimento di detti benefici sia subordinato al possesso di requisiti reddituali).

È, inoltre, disposta una franchigia pari al 5% dell’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022 (considerato nel calcolo della base imponibile), che resta assoggettata all’IRPEF secondo i criteri ordinari. Tutto ciò risulta di una certa complessità di calcolo che potrebbe dare sempre il “fianco” ad errori (seppur involontari) da parte del contribuente con la conseguente applicazione di sanzioni.

a cura di Alessandra De Feo Fisco
www.spazio50.org | giugno 2023 80

730 2023

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Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

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Le sedi 50&Più provinciali
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Le sedi 50&Più all’estero

WWW.50EPIU.IT 50&Più SISTEMA ASSOCIATIVO E DI SERVIZI VITA ASSOCIATIVA ASSISTENZA PREVIDENZIALE ASSISTENZA FISCALE Pistoia - viale Adua, 128 0573991500 Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914 Trentino Alto Adige Telefono Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032 Trento - via Solteri, 78 0461880408 Umbria Telefono Perugia - via Settevalli, 320 0755067178 Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152 Valle d’Aosta Telefono Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981 Veneto Telefono Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264 Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130 Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267 Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481 Venezia Mestre - viale Ancona, 9 0415316355 Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300 Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502
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Turismo

ASSISI, DALL’11 AL 16 LUGLIO 2023

Un appuntamento per tutti gli appassionati di arte, ricco di laboratori creativi per apprendere nuove tecniche, acquisire strumenti per comprendere diversi linguaggi artistici e raccontare il proprio mondo interiore. Scrittura creativa, poesia, fotografia, pittura, mosaico. Cinque laboratori d’arte, visite guidate alla scoperta di capolavori architettonici di rilevanza mondiale, amicizia, condivisione.

L’evento, oltre a serate animate da spettacoli e momenti d’incontro, ospiterà le premiazioni del Concorso 50&Più dedicato a prosa, poesia, pittura e fotografia, giunto alla 41ª edizione. L’evento è fissato dall’11 al 16 luglio, nella splendida cornice della città di Assisi.

Il TH Assisi è una struttura ricettiva nata dall’accurato e sapiente restauro di antichi ambienti conventuali e

conserva, pur nell’aspetto moderno e intrigante, quelle suggestioni che attraversano il tempo riallacciando continuamente il legame con il territorio. È situato a Santa Maria degli Angeli, a poca distanza dalla famosa Porziuncola di San Francesco.

La splendida atmosfera del luogo, una bellissima vista su Assisi, gli ampi spazi verdi che invitano alla riflessione e la raggiungibilità, la funzionalità ed efficienza della struttura garantiscono un soggiorno perfetto, adatto alle esigenze degli ospiti.

L’evento si svolgerà nelle 2 strutture che compongono il TH Assisi, che per l’occasione saranno ad uso esclusivo di 50&Più: l’Hotel Cenacolo (4 stelle) e l’Hotel Casa Leonori (3 stelle).

LA QUOTA COMPRENDE:

Soggiorno in camera doppia presso il TH Assisi nella struttura prescelta (secondo disponibilità), con trattamento di pensione completa (bevande incluse) • Partecipazione ai convegni e agli intrattenimenti proposti da 50&Più • Servizio navetta per il centro di Assisi • Assistenza staff 50&Più e 50&Più Turismo

• Assicurazione bagaglio/sanitaria/annullamento.

LA QUOTA NON COMPRENDE:

Trasporti da e per Assisi (quotazioni su richiesta) • Escursioni facoltative (da regolare in loco) • Tassa di soggiorno (da regolare in loco) • Mance, extra in genere e tutto quanto non specificato.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE 6

In camera doppia € 550 (4 stelle) € 490 (3 stelle)

In camera singola/dus € 630 (4 stelle) € 600 (3 stelle)

Escursione facoltativa alle Terre del Perugino minimo 35 partecipanti € 45 (biglietto circuito incluso)

Escursione facoltativa al Museo della Ceramica minimo 35 partecipanti € 40 (ingresso incluso)

Quota d’iscrizione per i non soci 50&Più € 50

giorni / 5 notti
HOTEL CENACOLO (4 STELLE) HOTEL CASA LEONORI (3 STELLE)
ULTIMI POSTI DISPONIBILI

CASTELLANETA MARINA (TA) 10-18 SETTEMBRE

A grande richiesta si torna all’ETHRA RESERVE, nella Riserva Naturale di Stornara, un’area naturalistica protetta, affacciata su una lunga e selvaggia spiaggia riservata in una splendida costa lunga 5 km, con un mare pulito e incantevole. Saremo accolti nel pregiato Resort di cui verranno utilizzate le strutture turistiche del Valentino Village (4 Stelle e 4 Stelle Superior) e dell’EcoLodge Alborea (5 Stelle).

RISTORAZIONE - In pieno stile Bluserena dal menù ricco, vario e di qualità. Gli chef vi condurranno alla scoperta del territorio e delle tradizioni italiane anche con piatti cucinati a vista.

BEVANDE FORMULA LIGHT - Tutta la caffetteria a pranzo e cena, infusi solo la sera e acqua alla spina tutto il giorno.

MARE E SPIAGGIA - Un’ampia pineta congiunge il Resort ad una spiaggia privata di sabbia fine perfetta per la balneazione. È attiva la navetta continua per il mare (circa 8 minuti di percorrenza).

TRASPORTI - In pullman organizzati dalle Sedi Provinciali - In aereo con voli per/da Bari e Brindisi, inclusi i trasferimenti al Resort (circa 50 minuti) - In treno per Bari/ Taranto, inclusi i trasferimenti al Resort.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (8 notti/9 giorni)

VALENTINO Village (4 Stelle) IN

630,00

ECO LODGE ALBOREA (5 Stelle) € 890,00€ 1.150,00€ 715,00

Riduzioni bambino in 3°/4° letto su richiesta

Supplemento Formula All Inclusive € 80 a persona (da regolare sul posto)

Per i non soci 50&Più è prevista la quota di gestione pratica: € 50 per persona

LA QUOTA COMPRENDE:

soggiorno di 8 notti/9 giorni presso la struttura prescelta con trattamento di pensione completa (acqua minerale e vino locale) • Tutta la caffetteria a pranzo e cena, infusi solo la sera e acqua alla spina tutto il giorno • Servizio di ombrelloni e lettini in piscina e in spiaggia • Noleggio teli mare (con cauzione di € 10) • Divisa sportiva • Animazione diurna e serale • Assistenza in loco di personale medico H24 • Assistenza Staff 50&Più e 50&Più Turismo • Assicurazione bagaglio-sanitaria e annullamento UNIPOL SAI.

LA QUOTA NON COMPRENDE:

Tutti i trasporti da e per l’Ethra Reserve • Escursioni facoltative (da prenotare e regolare in loco) • Tassa di soggiorno (da regolare in loco) • Pasti extra e tutto quanto non specificato.

Le Olimpiadi 50&Più sono un evento nazionale tra i più partecipati e una gradita opportunità per trascorrere una vacanza al mare di fine estate, ricco di interessanti possibilità d’incontro e di numerose occasioni di svago.

È qui, infatti, che si incontrano tutti coloro che desiderano mettersi in gioco in un contesto di allegria e di sana competizione sportiva.

INFORMAZIONI SPORTIVE - L’organizzazione sarà gestita dallo Staff 50&Più supportata da Giudici FIDAL. I partecipanti, divisi per fascia d’età, gareggeranno per le seguenti gare: bocce, marcia, maratona, nuoto, bicicletta, ping pong, tiri a canestro, tennis, tiro con l’arco e freccette

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 - Email: info@50epiuturismo.it www.50epiuturismo.it
DOPPIA
SINGOLAIN 3° LETTO
Classic € 650,00 € 880,00€ 520,00
€ 995,00€
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Camera
Camera Premium
790,00

Turismo

ISCHIA LA PERLA DEL MEDITERRANEO

Un soggiorno all’insegna del benessere, della buona cucina, del sole e del relax. Tutti gli hotel 4 stelle, con centro termale convenzionato Asl, piscine termali, centro benessere.

Hotel Terme President Ischia Porto - Hotel Terme Cristallo Palace Casamicciola.

DA MAGGIO A OTTOBRE - DURATA: 7 NOTTI/8 GIORNI

ISCHIA TOUR DELLE ISOLE DEL GOLFO

Per gli amanti del mare e del relax, il tour delle Isole del Golfo di Napoli è l’ideale per vivere esperienze diverse in una sola vacanza, nel comfort di un hotel 4 stelle.

* L’hotel 4 stelle assegnato sarà comunicato tre giorni prima dell’arrivo ad Ischia.

DA MAGGIO A LUGLIO - DURATA: 7 NOTTI/8 GIORNI

TOUR MONACO & FORESTA NERA

ROMANTISCHE STRASSE E CASTELLI DELLA BAVIERA

Un tour in bus alla scoperta della Baviera, nel sud della Germania, ricca di attrazioni e bellezze artistiche. Si attraverseranno paesini pittoreschi della Foresta Nera e della Romantische Strasse. Un magico connubio tra natura e cultura che culmina con i fiabeschi castelli di Ludwig e Monaco “l’elegante capitale della Baviera”.

Trattamento di mezza pensione. Partenze da: tutta Italia in Bus GT Lusso

Durata: 6 notti/7 giorni - Periodo: dal 25 al 31 luglio; dal 02 al 08 agosto

QUOTE A PARTIRE DA: € 1.290

UZBEKISTAN ANTICHE VIE CAROVANIERE

Un viaggio affascinante per scoprire le ricche testimonianze della storia e civiltà dell’Uzbekistan che racchiude antiche città sulla Via della Seta: Samarcanda con la moschea e l’antico osservatorio, Tashkent e il complesso Khast Imam, Bukhara con i colorati bazaar coperti, Khiva sulla via della seta. Trattamento di pensione completa.

Partenze da: Roma, altri aeroporti su richiesta.

Durata: 7 notti/8 giorni. Periodo: dal 29/09 al 06/10

QUOTE A PARTIRE DA: € 1.690

TOUR DEL PORTOGALLO

Un tour per immergersi nel passato marinaro e tradizionale del Portogallo e assaporare la sua rinomata cucina. Le città, accoglienti e romantiche, sapranno catturare i visitatori: Lisbona elegante e vivace, Coimbra antica città universitaria, Aveiro, Porto e le case rivestite delle tipiche maioliche, Batalha e Fatima col Santuario.

Trattamento di pensione completa.

Partenze da: Roma, Napoli, altri aeroporti su richiesta.

Durata: 6 notti/7 giorni - Periodo: dal 17 al 23/10

QUOTE A PARTIRE DA: € 1.645

CAIRO + CROCIERA SUL NILO LA TERRA DEI FARAONI

Un viaggio nella culla della scrittura, delle divinità e della civiltà tra deserto e tramonti mozzafiato. Si visiterà il Cairo con il Museo Egizio, le Piramidi e la Sfinge di Giza, Templi di Karnak e Luxor, Valle delle Regine, Edfu e il Tempio di Horus, Kom Ombo e il suggestivo tempio, Aswan con la grande diga e il tempio di Philae, Abu Simbel.

Trattamento di pensione completa. Partenze da: Roma e Milano.

Durata: 7 notti/8 giorni, Cairo 3 notti + 4 notti navigazione su motonave 5* lusso

Periodo: dal 03 al 10/12

QUOTE A PARTIRE DA: € 2.210

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 - Email: info@50epiuturismo.it www.50epiuturismo.it QUOTA SUPPLEMENTARE PER I NON SOCI 50&PIÙ: € 50

CORTILE A CLEOPATRA

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20 EURO

STORIE E PROFUMI D’AFRICA

Quello di Fausta Cialente è uno scorcio inedito del Continente africano di inizio secolo scorso A fare da sfondo alla storia di Marco, il protagonista, c’è Cleopatra, quartiere di Alessandria d’Egitto che con i suoi colori e suggestioni diventa esso stesso personaggio a tutti gli effetti

di Renato Minore

Tornano le grandi scrittrici italiane del Novecento ingiustamente dimenticate. Con Nessuno torna indietro pubblicato da Mondadori, il romanzo d’esordio che esplora la formazione dell’identità femminile nell’Italia femminile fascista, continua il “rilancio” editoriale di Alba De Céspedes. Ora è la volta di un’altra “Signora della scrittura”, per citare il fortunato libro di Sandra Petrignani recentemente ristampato da La Tartaruga e dedicato alle scrittrici del Novecento: è Fausta Cialente (1898 - 1994) di cui sempre La Tartaruga propone, in un piano di nuove edizioni , Cortile a Cleopatra con una empatica e magistrale presentazione di Melania Gaia Mazzucco. Apparso per la prima volta nel 1936, è il romanzo che fece conoscere al grande pubblico la scrittrice di Ballata levantina e delle Quattro ragazze Wieselberger; senza enfasi da protagonista, Cialente raccontava l’educazione familiare vissuta tra trasferimenti e sradicamenti, nell’Italietta dell’inizio

del secolo. Raccontava la scoperta dell’Africa, dove si potevano cogliere gli ultimi bagliori della belle époque: l’apertura del Canale di Suez, la strada delle Piramidi costruita in pochissimo tempo perché l’imperatrice Eugenia potesse arrivarci in carrozza, il trionfo dell’Aida all’Opera del Cairo. Raccontava i suoi anni africani e l’immagine dominante era la sakkia che spesso compare nelle sue pagine. Una «ruota verticale nella cui forma sono inseriti dei vasi che girando si riempiono d’acqua in fondo al pozzo artificiale o al canale, e si vuotano quando il movimento della ruota li porta alla sommità. Un’Africa non di maniera, dura e anche implacabile, come l’eterna voce e l’eterna ondata di un antico, solenne fiume». È l’Africa di Cortile a Cleopatra dove il dramma può esplodere sotto il sole tropicale, nel brulichio di colori, di profumi, di luci e di ombre lunghe, con grande forza drammaturgica. Una scoperta anche per i nuovi lettori.

“Mi sono spogliato della nostra lingua, ho indossato il mio inglese, una maschera in modo che gli altri potessero vedere il mio viso e anche il tuo, madre”. Ocean Vuong è un trentacinquenne poeta e scrittore vietnamita cresciuto negli Stati Uniti, il nonno materno era un soldato americano che tornò in patria dopo la guerra, lasciando moglie e figlia. La migrazione, il dramma dell’integrazione, lo sforzo di conservare un’ identità, la declinazione del sogno americano partendo dalla propria cultura e quattro sezioni de Il tempo è una madre costituiscono un’abbagliante indagine sull’amore e la perdita, nostalgia e liberazione da parte del poeta, “ultimo della sua specie all’inizio della speranza”. Attraverso il legame d’amore tra un figlio e la madre si parla ancora di identità, differenza, di come impariamo ad abitare i sentimenti più grandi.

IL TEMPO È UNA MADRE di Ocean Vuong Guanda 176 pagine 19 euro
Libri
giugno 2023 | www.spazio50.org 87 Cultura

CLAUDIO PIERSANTI SCRIVERE È TUFFARSI

L’ultimo romanzo di Claudio Piersanti, uno dei migliori scrittori italiani, si intitola Ogni rancore è spento e segue Quel maledetto Vronskij, finalista del Premio Strega 2022 e vincitore del Premio Mastercard Letteratura 2021. Abbiamo scambiato alcune considerazioni con lo scrittore, sceneggiatore e direttore per anni de La rivista dei libri, nonché vincitore del Viareggio (1997, con Luisa e il silenzio) e del Selezione Campiello (2006, con Il ritorno a casa di Enrico Metz).

Ci parli dell’evoluzione di uno scrittore: cosa ne determina lo stile? Cosa suggerisce nuovi percorsi e ispira nuove trame? Non sono uno scrittore di trame, anche se ne ho scritte per il cinema. Per i libri vado abbastanza in libertà, non ho una storia in mente, un percorso, ho dei personaggi, che per me sono come delle persone. Quello che attiva un nuovo libro è sempre il personaggio. Sono diversissimi, a volte incompatibili tra loro.

Con lei è come se il personaggio si scrivesse da solo, le trascina la fantasia…

Da solo no, ma certamente si impone, grazie alla sua forza. Quando lo lasci andare, tutto quello che succede è inevitabile. Mi piace sia così. A volte i personaggi navigano per anni nella mia mente, tornano e si impongono quando è il momento di affrontarli. È un’avventura, il mio metodo è molto rischioso, perché puoi anche perderti nel nulla, come mi è successo. È come tuffarsi dal trampolino più alto senza essere preparati, per questo a volte batto di schiena e faccio una brutta figura. Di scrittori che battono di schiena ce ne sono sempre di più Non credo nella morte della letteratura, che peraltro è annunciata fin da quando ero ragazzo, con quella del cinema, della musica, della scultura e di quant’altro. Non credo che ci sarà questo collasso, credo che il romanzo, il racconto si rinnoveranno, avranno altri cicli, altri stili. L’esercizio men-

OGNI RANCORE È SPENTO

«Il filo conduttore, il sentimento del libro è proprio il rancore, che prende varie forme nella vita del protagonista e produce complicazioni anche psicologiche, formative e cresce con lui. L’ambiente è borghese, la città potrebbe essere Bologna. Lui è molto nordico, in gran forma ma con l’ossessione della vecchiaia che si avvicina a quasi 60 anni, di grande charme, molto intelligente. Ma non è simpatico, è ipocondriaco e con lati molto oscuri, e una delle cause del suo particolare carattere è il rancore. Vendicativo, cupo, ossessivo a tratti, che a un certo punto lentamente si spegne, grazie anche all’inatteso arrivo di una sorellastra adolescente. Ma lascia delle cicatrici, non guarisce del tutto».

tale che si crea tra scrittore e lettore, perché si è in due sempre ed è un grande mistero veramente, è come una partitura per pianoforte: se non c’è Bernstein che la suona, è muta, non esiste, anche se è stata scritta. Un lettore non deve mai sentirsi uno strumento passivo, perché non lo è. Non esiste un libro unico. Il libro unico è solo un pezzo di carta.

www.spazio50.org | giugno 2023 88
DAL
Cultura
IMPREPARATI
TRAMPOLINO PIÙ ALTO
Incontro con l’autore
di Lauro Tamburi © UFFICIO STAMPA RIZZOLI

INVENZIONI, FANTASMI E SOGNI DEL SURREALISMO

Al milanese MUDEC una grande mostra dedicata al movimento che all’inizio del XX secolo diede uno shock poetico e irrazionale all’arte

Entrare in una mostra sul surrealismo immette lo spettatore in un labirinto contorto e deviante, in cui i segnali si susseguono senza soluzione di continuità. Anzi proprio senza soluzione. È pressoché impossibile non farsi trascinare nel gioco del rapporto tra quello che si vede - sempre proposto come mai arbitrario - e quello che gli artisti del movimento di inizio Novecento, critici radicali della razionalità cosciente e liberatori delle potenzialità immaginative dell’inconscio, avrebbero voluto rappresentare. Ovvero si va alla ricerca dell’intenzione.

È ciò che succede camminando per le sale dove è allestita l’esposizione

Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo, che propone 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti, manufatti provenienti per la gran parte dal museo olandese Boijmans Van Beuningen, celebre per aver realizzato un deposito di 152.000 opere totalmente accessibile.

L’approfondimento delle tematiche

fondamentali del movimento, il sogno e la psiche, l’amore e il desiderio, un nuovo modello di bellezza, è proposto dai capolavori di René Magritte e Salvador Dalì, Man Ray e André Breton, Max Ernst ed Eileen Agar, e da dipinti di artisti meno conosciuti, anche del Sud del mondo. E la “surrealtà” in cui si miscelano miti e fantasmi in un immaginario sbrigliato esclude la sfera della razionalità, non si espande verso lo spettatore per proporgli visuali allargate o inedite, ma lo attira dentro di sé per fargli vivere esperienze come quelle descritte da Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie o da Edgar Allan Poe nei suoi racconti. Un’attrazione fatale.

Informazioni sulla mostra: Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo MUDEC - Museo delle Culture, Milano Orari: 9.30/19.30; lunedì 14.30/19.30; giovedì e sabato 9.30/22.30 www.mudec.it/ita/dali-magritte-manray-e-il-surrealismo

Fino al 30 luglio

BREVI PROPOSTE

ANTONIO LIGABUE A CONVERSANO (BA)

Nel castello normanno, poi più volte rimaneggiato, brilla lo spettacolare mondo fantastico del p ittore “pazzo”, nato a Zurigo ma emiliano dai vent’anni in poi, capace di fondere un espressionismo incantato e tormentato allo s tupore naïf negli autoritratti, nei felini, negli animali da cortile, nella natura.

Fino all’8 ottobre

FELICE CASORATI A MAMIANO DI TRAVERSETOLO (PR)

Il piemontese Casorati attraversò Novecento (il movimento “dei p iedoni e dei manoni”) e surrealismo, ma offrì il suo meglio in u n realismo - di tradizione quasi rinascimentale - “magico” per limpida purezza e tono ermetico.

L’antologica alla Fondazione Magnani-Rocca propone l’evoluzione d el suo itinerario artistico con oltre 60 opere.

F ino al 2 luglio

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Arte
di Ersilia Rozza © RENÉ MAGRITTE. LA MAISON DE VERRE, 1939 © SALVADOR DALÍ. COUPLE AUX TÊTES PLEINES DE NUAGES, 1936

AI BLOCCHI DI PARTENZA LA BIENNALE DI VENEZIA

Estate, ultime battute a scuola, ma il teatro non va in vacanza! Come vivere un’esperienza unica e preziosa in giro per festival targati Italia

Torna più tenace che mai La Biennale di Venezia che da quest’anno ha deciso «di aumentare le risorse e il sostegno ai Settori Danza Musica e Teatro e ai rispettivi Festival Internazionali», afferma il presidente Roberto Cicutto. Questo si traduce in nuove produzioni, con spettacoli che aumenteranno il numero di repliche dando quindi più opportunità allo spettatore, consentendo inoltre masterclass, installazioni e attività interdisciplinari. Oltre 450 sono gli artisti coinvolti che ci guideranno verso creazioni originali, eclettiche, audaci, rivelatrici. Nuovi linguaggi scenici per raccontare 70 novità fra prime assolute, italiane ed europee, in programma al Festival di Teatro (15 giugno-1 luglio) diretto da Stefano Ricci e Gianni Forte, al Festival di Danza (13-29 luglio) diretto da Wayne McGregor e al Festival di Musica (16-29

ottobre), diretto da Lucia Ronchetti. Riflettori accesi quindi sugli spettacoli che si “tingeranno” di verde emerald nell’edizione teatrale, quasi a voler evocare con questo colore positivo la necessità di uscire dal buio, la rinascita che è nutrimento e luce e ricerca di sé.

«Quindici giorni di sogni, di caos rivitalizzante», dichiara Ricci descrivendo gli appuntamenti fra cui spiccano il Leone d’Oro alla carriera di Armando Punzo, storico regista della Compagnia della Fortezza e il Leone d’Argento del visionario collettivo belga FC Bergman. Da non perdere, fra gli artisti più significativi del teatro contemporaneo, Romeo Castellucci e Tiago Rodrigues e i protagonisti di Biennale College, progetto dedicato ai giovani.

Info: 0415218828

DA NON PERDERE

SPOLETO

Città delle arti

Spegne sessantasei candeline, ma gli anni non li dimostra affatto. Parliamo del Festival dei Due Mondi di Spoleto, in programma dal 23 giugno al 9 luglio, diretto da Monique Veaute. Musica, Opera, Danza, Teatro, Arte, spesso in sinergia fra loro, restituiranno alla città nuova vita con performance artistiche di grande fascinazione. Il sipario si alza e si chiude con due concerti sinfonici delle Orchestre del Festival di Budapest e dell’Accademia di Santa Cecilia. Grandi protagonisti per il teatro, da Silvio Orlando a Latella, da Lidi a Luca Marinelli, da Stefania Rocca e Valeria Solarino a Silvia Costa e Laetitia Casta. Per la danza il coreografo Millepied e l’étoile Montaño.

www.spazio50.org | giugno 2023 90
di Mila Sarti
Teatro
C
Cultura
© HET LAND NOD (LA TERRA DI NOD) DI FC BERGMAN
KURT VAN DER ELST

IL RITORNO DEL “GATTO” YUSUF

Cat Stevens, che dai tempi della conversione all’Islam si fa chiamare Yusuf, propone il nuovo album a sei anni di distanza dal precedente

Lo ha cambiato per la prima volta, nel 1969, una grave forma di tubercolosi. Costretto a una lunga degenza ospedaliera, passò dal semplice pop commerciale degli esordi al fiabesco, introspettivo, acustico mondo di capolavori come Tea for the Tillerman, Teaser And the Firecat e Catch Bull At Four. La seconda fu la volta di un quasi annegamento a Malibù, otto anni dopo, che lo portò a diventare mussulmano, assumere il nome di Yusuf Islam (poi solo Yusuf) e a ritirarsi dalle scene, se non per produrre cassette con brani e musiche religiose. Il suo ritorno è del 2006 con il cd An Other Cup, che univa allo stile consolidato le nuove attenzioni alla spiritualità, che non si sono mai trasformate in fondamentalismo (benché nel 2004 gli sia stato negato l’accesso agli USA dirottando l’aereo su cui viaggiava pur di farlo tornare indietro) bensì

in opere di beneficenza e di istruzione con varie associazioni.

Da allora ha ricevuto premi internazionali e fatto vari tour (e un’apparizione al Festival di Sanremo 2014), oltre a pubblicare tre cd e scrivere un musical. Il 16 di questo mese esce il suo nuovo King of a Land, macerato a lungo e disteso tra passato e presente di questo 75enne dal volto sereno e le parole pacate. «Una religione non è una religione se non ci insegna a convivere insieme nell’unico mondo che abbiamo», dice spesso.

Tra il corposo inizio Train on a Hill e il gioco di bimbi finale Take the World Apart, si ascoltano la ritmata Pagan Run, He Is True, solo chitarra e voci, Things in lirico crescendo, l’incantevole Son of Mary, la corale Highness e le altre, a segnare il suggestivo ritorno di un menestrello senza tempo.

Le quattro toccanti date che hanno visto Roberto Cacciapaglia, pianista e compositore crossover apprezzato in mezzo mondo - ha raggiunto anche la vetta delle classifiche cinesi -, presentare dal vivo il recente, premiato cd Invisible Rainbows ne hanno confermato lo stile unico, che fa convivere classica e pop, avanguardie e new age, in una continua esplorazione alla ricerca dell’essenza più interiore del suono.

DA NON PERDERE

È «un ricordo sonoro, creato con amore, per bisogno di conforto» che un figlio, il batterista inglese Sebastian Rochford, dedica al padre, il poeta Gerard, da poco scomparso. In duo con il sensibilissimo pianista Kit Downes, fa scorrere il flusso emozionale dentro un jazz in punta di bacchetta, un tessuto fatto di unità linguistiche elementari e dirette, pieno di velature trasparenti e avvolgenti, di tasselli cromatici minimali, di memorie infantili e di elegia della memoria e dell’educazione.

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di Raffaello Carabini SEB ROCHFORD ESPLORA IL DOLORE Musica GLI ARCOBALENI INVISIBILI DI CACCIAPAGLIA

RAPITO

Un film ispirato alla drammatica storia di Edgardo Mortara bimbo bolognese di fede ebraica, tolto ai genitori per vivere come un cattolico sotto Papa Pio IX. Dirige Marco Bellocchio

Uno scottante caso internazionale datato 1858. È quello del rapimento di Edgardo Mortara, il bambino ebreo sottratto alla famiglia per crescere come un cattolico sotto l’ala di Papa Pio IX. La storia, nel 2017, aveva stuzzicato l’interesse di Steven Spielberg che voleva farne un film, traendo spunto dal libro di David Kertzer The Kidnapping of Edgardo Mortara. Ma il progetto è decollato solo grazie alla passione sociale di Marco Bellocchio, che ispirandosi alle pagine de Il caso Mortara di Daniele Scalise (Mondadori) ha riportato in auge la vicenda, innestando sulle trame storico-politiche dell’epoca - l’esercito sabaudo in marcia su Roma, le guerre d’indipendenza e il potere temporale della Chiesa al tramonto - la questione privata e dolorosis-

FILM IN USCITA

BIOPIC DALILAND

Regia: Mary Harron

Con: Ben Kingsley e Barbara Sukowa

Il profilo del premio Oscar Ben Kinglsey svela luci ed ombre dell’eccentrico Salvador Dalì in un film che ne ripercorre gli ultimi anni di vita. Nel 1974, a New York, l’istrionico padre del surrealismo, celebre per i baffi ma anche per gli eccessi, trascorre la vita tra la paura d’invecchiare e lo sconforto per la moglie Gala, un tempo musa amatissima, ora ossessionata dal denaro e dai suoi amanti.

sima di una famiglia privata di un figlio. Tutto comincia quando Edgardo a sei mesi si ammala. Creduto in punto di morte, la domestica cattolica di casa Mortara segretamente lo fa battezzare: per la legge papale, Edgardo ora deve ricevere un’educazione cattolica. Così, a 7 anni, il bambino viene prelevato dalla milizia papale e allontanato dalla sua casa bolognese. La comunità ebraica internazionale e l’opinione pubblica provano a sostenere la battaglia dei Mortara, ma il Papa oppone il suo rifiuto di restituire il bimbo. Nel cast Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala, Leonardo Maltese, Filippo Timi e Fabrizio Gifuni.

Regia: Marco Bellocchio

Genere: drammatico

COMMEDIA CAMPIONI

Regia: Bobby Farrelly

Con: Woody Harrelson, Ernie Hudson, Cheech Marin, Matt Cook e Kaitlin Olson Marcus, ex allenatore di basket che sogna la NBA, viene arrestato per aver tamponato un’auto della polizia. Obbligato a lavorare per i servizi sociali, dopo i primi forti pregiudizi accetta di allenare una squadra di basket formata da giovani con disabilità intellettive. Per Marcus sarà l’inizio di una nuova stagione, umana e sportiva.

Cultura www.spazio50.org | giugno 2023 92
di Alessandra Miccinesi
Cinema

a cura della Redazione

Modalità di invio

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Relazioni personali

Astigiano, coltivatore diretto, alto 1,80, bella presenza, conoscerebbe signora di buona cultura, italiana, di circa 66/73 anni per convivenza e matrimonio. Telefonare al 33832528203.

Cerco compagna max 65enne, magra, di Latronico, Senise, Lauria (PZ), per sincera convivenza duratura. Sono un ex cuoco, parlo 5 lingue, sono alto 1,80, suono la tastiera, non ho nessun difetto fisico, non gioco e non bevo, fumo, sono in buona salute. No anonimi. Telefonare al 3275908455.

Sono un 75enne vedovo; mi piacerebbe conoscere una signora di spirito giovanile e con interessi per nuove conoscenze e viaggi. Se abitate, preferibilmente, nel pescarese, contattatemi. Telefonare al 3288686435.

Sono una donna laureata e cerco un signore sui 75 anni, solo per amicizia e possibile relazione. Telefonare al numero 3271462387.

Occasioni

Vendo prodotti per la ricostruzione delle unghie e nail art. Sono produttrice da 36 anni della mia linea di prodotti tutti certificati. Chi fosse interessato può inviarmi una mail a ntoffali@chicnails.com oppure telefonare allo 045577347.

Vendo prodotti cosmetici. Se interessati contattatemi al numero 3933603760.

Collezionismo

Vendo confezioni di francobolli nuovi ed usati, FDC, prefilateliche. Inoltre, vendo francobolli nuovi ed usati di Austria, Inghilterra, Usa, Italia, San Marino, Città del Vaticano, SMOM, Malta, Spagna, ed altre nazioni. Per avere una lista completa dei francobolli scrivere a: robertodelcorso@libero.it.

Affittasi vendesi

Vendesi a Gallipoli (Le) trilocale mura di cinta in centro storico, trattativa diretta con il proprietario. Accesso diretto sottostante mare. Due letto, due bagni, cucinotto. La proprietà comprende ¼ di cortile interno condiviso con posti auto e androne con passo carraio. Arredato, subito abitabile, classe energetica “G”. Per informazioni e foto: telefonare al 335343213 oppure scrivere a: spazioambiente@libero.it.

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TUTTE LE INSERZIONI SONO PUBBLICATE GRATUITAMENTE E NON DEVONO SUPERARE LE 50 PAROLE

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I COLORI DEL BUONUMORE

«La Stagione di Estate comincerà il 21 Giugno. Farà sentire il caldo, darà per lo più siccità, calore atmosferico lungo e nojoso Pioverà in diversi luoghi con pericolo di tempeste di spavento ai Agricoltori e vento verso il suo fine»

a cura di:

GIUGNO

Calda e luminosa, l’estate si fa strada nel cielo sempre più azzurro. A giugno si volta pagina e si sorride alla stagione più attesa dell’anno. A dare una bella mano al buonumore ci pensano anche i colori: il rosso vivace delle ciliegie, quello dei papaveri e dei primi pomodori pronti ad entrare nel cestino di un mese pieno di tutto. E tra una raccolta e l’altra, l’attesa è per il giorno del solstizio, il 21, affollato di riti e gesti di lontana memoria. Perché è questo il momento di raccogliere erbe e fiori per preparare le acque profumate di san Giovanni. Che il Santo benedirà, nella notte tra il 23 e il 24, rendendole rugiada miracolosa. Ad attenderci ci sono anche altre usanze, come la raccolta delle noci ancora verdi, da fare prima dell’alba, per il celebre nocino, il delizioso liquore che secondo la tradizione dovrebbe assicurare salute e longevità a chi lo beve. E poi tutti nell’orto: c’è da annaffiare e da raccogliere i succosi frutti che la generosa terra ci donerà.

La semina

L’ORTAGGIO

La carota (Daucus carota) Ama posizione soleggiata e clima temperato. In inverno si consiglia di collocare il vaso in un punto riparato. Foglie di rosmarino e issopo sulla terra, terranno lontana la mosca d ella carota.

La semina va effettuata in vasi profondi almeno 40 cm, e piuttosto larghi, in Luna calante , interrando i semi a distanza di 1-2 cm l’uno dall’altro, a circa 0,5-1 cm di profondità. Si può seminare da febbraio a giugno , scalarmente ogni 20 giorni circa, in modo da avere carote a lungo.

Raccolta e conservazione

La raccolta è scalare, in Luna crescente , da giugno a dicembre . Una volta estratte dal terreno si fanno asciugare in un locale aerato. In casa si possono tenere in frigorifero, dopo aver tagliato le foglie, in una busta di carta aperta, lon tano da mele e pere.

Fa bene perché

L’elevato contenuto di carotene, trasformato dal fegato in vitamina A, ma anche di vitamine B1, B2 e C, la rendono preziosa. Antiossidante, protegge dal cancro e fortifica il sistema immunitario.

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Almanacco Barbanera 1850
seguendo le stagioni Vivere in armonia

BUONO A SAPERSI!

I noccioli di albicocche sono un ottimo combustibile per le stufe; con quelli di ciliegie si possono invece confezionare cuscinetti terapeutici da scaldare in forno e da applicare a collo o articolazioni doloranti. Con cinque noccioli di pesche ben seccati si può fare un gioc o tradizionale di abilità: si gettano su un piano, se ne lancia in aria uno e nell’attesa di riprenderlo si raccoglie nella mano uno dei noc cioli sul piano, poi due, poi tre e, alla fine, tutti e quattro.

FIORI E FRUTTI SUL BALCONE

FRAGOLE PER L’ESTATE!

Con i loro fiori rosa e bianchi, le fragole crescono pure in vaso su balc oni soleggiati, ma anche a mezz’ombra. Tra le molte varietà c’è la Fragaria vesca, la piccola di bosco, molto profumata ma di breve produzione, da consociare alle coltivate che fruttificano tutta l’estate cominciando da giugno. Annaffiarle sempre un po’ di sera.

A giugno si tagliano in Luna crescente gli stoloni - rami alla base della pianta - da trapiantare, sempre in crescente , a fine estate.

DICE IL PROVERBIO...

Giugno guasta tutto l’anno quando è freddo e piovoso

La vita è come la Luna ora piena ora scema

Lampo improvviso di tempesta

è avviso

COLTIVARE CON LA LUNA

NELL’ORTO

Cominciano le annaffiature abbondanti, poi, con la fase di Luna crescente, giunge il momento di seminare in semenzaio all’aperto il cavolfiore, e in piena terra cardi, fagioli e fagiolini. Inoltre è tempo di trapiantare il cavolo cappuccio estivo-autunnale, le melanzane, il melone, i peperoni, i peperoncini, i pomodori tardivi e il sedano. Raccogliere le fave e le aromatiche per il consumo fresco. Innestare il noce, cominciare a raccogliere albicocche, ciliegie, lamponi, mirtilli, ribes, susine e pere precoci per il consumo fresco. Con la Luna calante seminare in semenzaio all’aperto bietola da coste, radicchio di Chioggia precoce, porro, prezzemolo, rucola, scarola e sedano. Mettere a dimora all’aperto finocchio precoce. Continuare nel frutteto la potatura verde su drupacee, pomacee, vite e olivo. Eliminare i polloni su castagno. NEL GIARDINO

Tra profumi e fioriture d’ogni tipo, con la Luna crescente seminare campanule, garofani, malva, primule e violacciocca. Il momento è anche buono per riprodurre le specie legnose, quindi i cespugli, tramite talea, margotta e propaggine. Dove il prato è danneggiato, trapiantarlo con tappeto erboso in rotoli. È ancora possibile mettere a dimora o trapiantare il geranio. In calante estrarre dal terreno i bulbi di tulipano e narciso che hanno fiorito, spazzolandoli leggermente e riponendoli in luogo buio e fresco. Ripulire le aiuole dalle erbe infestanti e distribuire pacciamatura di corteccia di pino. Cimare i ricacci delle siepi per mantenere la forma.

CI VUOLE IL TIMO!

SE HAI ½ GIORNATA

È utile in cucina per l’aroma, efficace per l’uso medicinale, bello per i tappeti fioriti che dona anche in luoghi siccitosi. Non tutti sanno però del suo potere di difendere le piante dagli attacchi dei “nemici”. Tra le sue minuscole foglie e tra i piccoli fiori viola e rosa chiaro, trovano infatti ospitalità molti insetti utili. Tra questi i sirfidi, simili alle api, ma di un’altra famiglia, grandi lavoratori e attivi contro gli afidi. Purtroppo questi meravigliosi insetti risentono del calo di biodiversità e del degrado ambientale. Il timo sarà l’ideale per accoglierli. Fiorisce a lungo tra maggio e giugno, proprio quando più forte è l’attacco degli afidi al frutteto, all’orto e al giardino. Dunque mettiamolo ovunque possibile, non richiede annaffiature e concimazioni, cresce nei terreni poveri. Che volere di più?

IL SOLE

Il 1° sorge alle 05:27 e tramonta alle 20:29

L’11 sorge alle 05:24 e tramonta alle 20:35

Il 21 sorge alle 05:25 e tramonta alle 20:39

Le giornate si accorciano. Il 1° si hanno 15 ore e 2 minuti di luce solare e il 21 si hanno 15 ore e 14 minuti: si guadagnano 12 minuti di luce

Il 30 si hanno 15 ore e 12 minuti: si perdono 2 minuti di luce

LA LUNA

LIl 1° tramonta alle 03:36 e sorge alle 17:42

L’11 sorge alle 01:44 e tramonta alle 13:31

Il 21 sorge alle 07:59 e tramonta alle 23:29

Luna crescente dal 1° al 3 e dal 19 al 30

Luna calante dal 5 al 17

Luna Piena il 4. Luna Nuova il 18

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Giochi di Lionello e Favolino

TEST 1

Stuzzica Cervello di Enrico Diglio

Osservate attentamente i seguenti cinque gruppi di figure e dite come devono essere colorati il quadrato centrale e le due figure laterali destra e sinistra nel gruppo di figure contrassegnato dalla lettera e).

REBUS Lionello 4 9

TEST 2

Osservate attentamente le sottostanti cinque sequenze di numeri e la figura geometrica riportata a fianco di ogni sequenza e dite quale di esse può essere considerata “intrusa”, secondo un criterio logico-matematico da determinare.

REBUS Lionello 10 1 11

» REIETTO

Nudo, trascino il corpo mollemente tortuosamente in questa terra… Sognavo forse il volo, i fiori, il cielo ma or faccio il solitario, tristemente!

INDOVINELLO Favolino

» SCHERMAGLIE GIOVANILI

A quei fiorenti dì torna il pensiero…

Lui disse: l’amo! Lei soggiunse: esca!

Fu giocoforza andar così all’attacco

Per ottenere - ma fu amor ? - la resa.

(esempio: mari/rito = Marito)

SCIARADA INCATENATA (5/5=8) Favolino

TEST 3

Leggete attentamente il seguente brano e andate a pagina 96.

“Lungo il fiume Torrentello, che attraversa la lussureggiante pianura posta tra le catene dei monti Nevalta e Altissimo, si trovano i ridenti paesi di Verdepiano, Bellerba e Riobello nelle cui campagne viene coltivata la rinomata mela “zuccherina” e nei cui boschi cresce da tempi immemorabili la pregiata nocciola “del bosco incantato”. Tali prelibatezze arricchiscono con il loro inconfondibile e delizioso sapore i gustosi dolci venduti nelle caratteristiche pasticcerie della valle”.

Soluzioni a pag. 98

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Questo spazio offre informazioni, curiosità, notizie utili

Come ogni bazar, sarà luogo d’incontro e di scambio Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

TECNOLOGIA

INSIDE OUT, UN PROGETTO CONTRO L’ISOLAMENTO

Il Progetto Inside Out ha sperimentato nuove modalità per prevenire la solitudine e potenziare gli interventi domiciliari per gli over 65 fragili. Grazie ad alcuni dispositivi assistivi, le tv degli interessati sono state trasformate in un mezzo con cui videochiamare; creare una rete di contatti; svolgere attività di stimolazione cognitiva. I sensori nell’abitazione e quello indossato per monitorare attività, battito e possibili cadute hanno permesso di intervenire prontamente in caso di anomalie.

www.umanapersone.it/cose-il-progeto-inside-out

LONGEVITÀ

TICINO, LA REGIONE PIÙ LONGEVA D’EUROPA

In base ai dati 2021, secondo l’Eurostat, la regione più longeva in Europa è il Ticino (Svizzera). La vita media dei ticinesi è infatt i di 85,7 anni: un primato che fino al 2019 era detenuto da Madrid (ora passata al secondo posto con 85,4 anni). In Svizzera si vive a lungo anche nella regione del Lemano, al quarto posto della classifica (84,8 anni), seguita da Zurigo che si trova al 17° posto (83,8 anni). Si trova invece in Bulgaria la regione meno longeva d’Europa: è Severozapaden e presenta un’aspettativa di v ita di 69,7 anni.

ALZHEIMER

UN ESAME DEL SANGUE PREDICE IL RISCHIO

La diagnosi precoce del morbo di Alzheimer ha un nuovo alleato: i livelli di alcuni zuccheri nel sangue possono essere infatti sfruttati, con altri elementi, per prevederne l’insorgere. Sono stati i ricercatori svedesi del Karolinska Institutet a fare la scoperta, collegando la quantità di glicani nel sangue ai livelli della proteina tau. Quest’ultima contribuisce al funzionamento dei neuroni, ma quando non agisce correttamente - proprio come nel caso dell’Alzheimer - forma grovigli che ostacolano la comunicazione tra le cellule nervose, determinandone la morte.

PREVIDENZA

POCHE POLIZZE PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi più longevi, meno del 2% della popolazione ha optato per una copertura assicurativa per la non autosufficienza. Nel 2022, la raccolta premi delle polizze Long Term Care è cresciuta del 25% rispetto all’anno precedente, ma restano numeri molto ridotti se rapportati al mercato delle altre coperture di rischio. In Paesi come la Germania il problema dell’assistenza a lungo termine è stato risolto grazie ad un’assicurazione sanitaria obbligatoria: i lavoratori dipendenti versano circa il 3% dello stipendio annuale per coprire tale rischio.

SALUTE

ESSERE POSITIVI PREVIENE L’ALTERAZIONE COGNITIVA

Secondo uno studio dei ricercatori della Yale School of Public Health, gli anziani che presentano una lieve alterazione cognitiva hanno il 30% in più di probabilità di tornare a una funzionalità cognitiva normale se pensano in modo positivo alla vecchiaia. L’indagine in questione ha osservato 1.716 partecipanti over 65 e dai risultati è emerso che i soggetti che, ad inizio studio, avevano un pensiero positivo verso la terza età, presentavano probabilità inferiori di sviluppare un lieve decadimento cognitivo nei 12 anni successivi alla valutazione.

LIBRI

DEMETRIO

Marco Pogliani

La nave di Teseo

I Delfini, 2023

272 pagine

Demetrio è un uomo mite e umile, molto legato alla nipote Marta. Vive nel paesino di Belsito, in un ospizio chiamato Casa Lora su cui grava un mistero: un po’ per volta, tutti i suoi ospiti stanno scomparendo. A indagare sulle sparizioni - accanto a Marta - c’è l’ispettore Dominici. In una provincia che non sembra aver più il senso del ricordo e della vita semplice, le esistenze dei tre si incontrano, si perdono, tra rocamboleschi inseguimenti. Ma questa esperienza darà una svolta definitiva alle loro vite.

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BAZAR a cura del Centro Studi 50&Più

Soluzioni giochi

REBUS

(4 9)

G are; O, lì M piche = Gare olimpiche

(10 1 11)

IM porta; N tee; parte CI; P are = Importante è partecipare

GIOCHI IN VERSI INDOVINELLO

Reietto = Il verme

SCIARADA INCATENATA

(5/5 = 8)

Schermaglie giovanili = viole/lenza = Violenza

Stuzzica cervello

TEST 1 - Le figure laterali destra e sinistra e il quadrato centrale sono rispettivamente di colore verde, rosso e arancione. Esse, infatti, devono essere tali che nel gruppo di figure siano presenti tutti i cinque colori utilizzati e che ogni figura (laterale sinistra, laterale destra, superiore, inferiore e quadrato centrale) sia colorata in modo diverso nei cinque gruppi di figure.

Quindi, il gruppo di figure contrassegnato dalla lettera e) è colorato nel seguente modo:

TEST 2 - La sequenza di numeri che può essere considerata “intrusa” è quella contrassegnata dalla lettera c). Essa, infatti, è l’unica tra le cinque sequenze in cui l’addizione dei nove numeri che la compongono permette di ottenere un numero il cui nome non inizia con la stessa lettera iniziale della figura posta alla destra della sequenza: in tale sequenza la somma dei numeri è 48 (lettera iniziale Q) mentre a lato è posizionato un Triangolo.

Nella sequenza a) la somma dei numeri è 30 (lettera iniziale T) e a fianco è riportato un Triangolo; Nella sequenza b) la somma dei numeri è 45 (lettera iniziale Q) e a fianco è riportato un Quadrato;

Nella sequenza d) la somma dei numeri è 35 (lettera iniziale T) e a fianco è riportato un Trapezio;

Nella sequenza e) la somma dei numeri è 44 (lettera iniziale Q) e a fianco è riportato un Quadrato.

TEST 3 - Quali sono il nome della mela e della nocciola che arricchiscono con il loro inconfondibile e delizioso sapore i gustosi dolci venduti nelle caratteristiche pasticcerie della valle in cui si trovano i paesi di Verdepiano, Bellerba e Riobello?

Il percorso della vitalità

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