Maggio 2023

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INCHIESTA

100 morti bianche nei primi due mesi del 2023

Aumenta lo sbocco occupazionale, cambia il mercato del lavoro Ma intervenire su formazione e sicurezza resta una priorità

SOCIETÀ

La cultura della legalità per combattere la mafia

A trentuno anni dalla strage di Capaci, la rinascita di Palermo

ATTUALITÀ

Autismo, la scuola di doppiaggio che punta all’inclusione

Il progetto coinvolge giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni

EVENTI

Pif: “Il cinema deve rinnovare la narrazione dell’anziano”

Pierfrancesco Diliberto presenta ‘Corti di Lunga Vita’

Il valore dell’esperienza | MAGGIO 2023 | Anno XLV - n.5 - € 2,50 I.P.

Mensile di attualità e cultura di 50&Più

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A. Costalunga

Il mese della “cura”

5 Tradizione e autorevolezza bagaglio per raccontare il futuro

In questo numero

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Nonna Roma contro la povertà

L’aiuto del banco del mutuo soccorso a chi vive in condizioni di indigenza di Giada Valdannini

Rubriche

45

100 morti bianche nei primi due mesi del 2023

Aumenta lo sbocco occupazionale cambia il mercato del lavoro. Ma intervenire su formazione e sicurezza resta una priorità di V.M. Urru, L. Russo, B. Falcone, A.G. Concilio G. Capuano, A. D’Agostino, R. Vinci

La forma delle nuvole Gianrico e Giorgia Carofiglio 10

Il terzo tempo Lidia Ravera 12

Anni possibili Marco Trabucchi 14

Effetto Terra Francesca Santolini 16

CASO MORO I PUNTI MAI CHIARITI

A 45 anni dal ritrovamento del corpo dell’onorevole Aldo Moro, in via Caetani a Roma, sono ancora tanti i misteri su cui fare luce

CENTO ANNI CON JACOVITTI

R. Minore

Pioniere del fumetto umoristico del Novecento italiano, si divertiva a sperimentare riempiendo le sue tavole con dettagli surreali

60

G. Dall’Ongaro

CONTRO LO STIGMA DELLA DEMENZA

A Monza, una struttura speciale e rivoluzionaria propone un modello di cura ispirato al “villaggio della memoria” olandese

Sommario
maggio
Anno XLV - n. 5 -
2023
Anna Grazia
Carlo Sangalli
Concilio 6
Dario De Felicis 18
Adelaide Vallardi 26
Ilaria Romano 32
Leonardo Guzzo 38
Periscopio, notizie dal mondo
Non vedenti: un aiuto dai cani guida
Quando il doppiaggio diventa inclusione
Veronica Raimo, la vita tra ironia e noia
Raffaello Carabini 40
Giulia Zaccardelli 42
sfida “rosa”
Dario De Felicis 62 La costante cilena Leonardo Guzzo 64 Jeans, 150 anni portati
Winda Casula 66 Tecnologia Valerio Maria Urru 74 Previdenza Maria Silvia Barbieri 76 Fisco Alessandra De Feo 78
Ottavia Piccolo, a teatro per il sociale
Contro la mafia la cultura della legalità
La
del Giro d’Italia
bene
28
maggio 2023 | www.spazio50.org 3

Eventi

Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif

Scienze Le

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I Viaggi di 50&Più 82 Libri, Incontro con l’Autore, Arte, Teatro, Musica, Cinema 85 Vivere in Armonia 92 Giochi 94 Bacheca 95 Bazar 98 www.spazio50.org | maggio 2023 4
molteplici benefici derivanti dall’idrochinesiterapia La riabilitazione in acqua 68 di Alessandro Mascia
«Il cinema deve rinnovare la narrazione dell’anziano» di Linda Russo 20 Cultura e tempo libero
I
insidie
La meteorologia salverà vite umane Ettore Costa 72
delle apnee notturne a cura di Fond. U. Veronesi 70

IL MESE DELLA “CURA”

Una famosa canzone di Franco Battiato del 1997 rende a parole il significato più profondo di “prendersi cura” di qualcuno Un ruolo importante per il singolo e la collettività intera che a maggio trova espressione con alcune importanti ricorrenze

L’essere umano è forse la creatura sulla terra che ha bisogno di un più lungo periodo di accudimento per crescere e diventare indipendente. E la “cura”, data e ricevuta, diventa parte della nostra vita di donne e uomini, con nuove sfumature e connotazioni nella terza età. Se non se ne riceve abbastanza i segni rimangono nel corpo e nella psiche e i gesti di cura che abbiamo ricevuto da bambini rimangono indelebili a distanza di tanti anni: la cucina delle nonne, l’abbraccio di una mamma o di un papà, le storie tramandate dai più anziani, l’appoggio di un fratel-

lo, il sostengo di un amico. Li abbiamo fatti nostri, ci hanno formato, e hanno segnato per sempre - nel bene o nel male - le persone che siamo.

Proprio la parola “cura”, d’altronde, è un termine incredibilmente resistente, che è arrivato nella nostra lingua direttamente dal latino, con tutte le sue sfumature: dall’attenzione all’amore alla preoccupazione. Una parola, insomma, che ha 24 secoli di storia e che ha un mese che più di altri ne celebra la forza simbolica e materiale: Maggio. Mese Mariano per eccellenza, Maggio è il mese delle rose, in cui tante associazioni e organizzazioni hanno scelto di stabilire le proprie ricorrenze celebrative. Si parte l’8 maggio con la Giornata Mondiale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, istituita in occasione

dell’anniversario della nascita del suo fondatore Henry Dunant per dare un riconoscimento all’enorme sforzo dei volontari in questa organizzazione. Il 12 maggio si celebra poi la Giornata internazionale dell’Infermiere, fissata nel giorno della nascita di Florence Nightingale (1820), fondatrice delle scienze infermieristiche moderne, che inevitabilmente ci porta con la mente all’impegno degli oltre 395mila infermieri italiani, che ogni giorno e ogni notte assistono malati e famiglie nelle strutture ospedaliere, nelle case di riposo e non solo, e hanno avuto un ruolo determinante, a tratti eroico, nelle settimane più buie della pandemia. Infine, la Regione Emilia-Romagna è stata la prima in Italia ad adottare una legge che tuteli la figura dei caregiver e da 13 anni dedica il mese di maggio proprio a chi si prende cura di familiari, parenti e assistiti, organizzando incontri ed eventi gratuiti. Il programma di quest’anno ha come titolo “Rispondere ai bisogni di cura” proprio a simboleggiare la volontà di costruire una nuova dimensione di welfare intercettando tutte le parti sociali. La cura, infatti, non è solo un’attività insita nell’essere umano e un termine di lunghissima data, è anche un concetto che si evolve nel tempo, rispondendo nelle diverse epoche a diversi bisogni e necessità emergenti nella società e negli individui. L’assunto di base per fare bene, come cantava Franco Battiato nella sua stupenda La Cura, è tenere presente che ognuno “è un essere speciale”, con esigenze e peculiarità che vanno rispettate, accompagnate e coltivate come le rose che lo stesso mese di maggio celebra.

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SPECIALE,
E
CHE
«OGNUNO È UN ESSERE
CON ESIGENZE
PECULIARITÀ
VANNO RISPETTATE»

TRADIZIONE E AUTOREVOLEZZA BAGAGLIO PER RACCONTARE IL FUTURO

Comincia la mia avventura a 50&Più. Dai 45 anni di pubblicazioni lo stimolo per una narrazione della società libera e di qualità

« Un ricordo che porterò sempre dentro sono quelle notti passate in redazione per chiudere la rivista. Una piccola sosta per mangiare un panino e poi via, a riprendere la corsa contro il tempo con l’immancabile telefonata dalla tipografia che, impaziente, aspettava l’arrivo delle pagine da stampare. Il primo numero della rivista aveva dodici pagine, era il 1979. Poi la foliazione è passata a quarantotto fino ad arrivare a quella che abbiamo oggi. Le copertine, spesso, venivano disegnate a mano » . I sorrisi e i sospiri dei colleghi che accompagnano questi ricordi raccontano un pezzo di storia. Una storia che non è fatta solo di parole. Una storia che si può toccare pagina dopo pagina sfogliando le edizioni della prima rivista italiana dedicata al mondo degli over 50, sapientemente conservate in via del Melangolo. Tra cronaca e politica, costume, società e spettacolo, dal bianco e nero alla policromia, dalla voce di un singolo a quella corale di un gruppo: 50&Più è testimone delle trasformazioni sociali del nostro Paese e le

osserva scandagliando le maglie del quotidiano da una prospettiva privilegiata che senza confini né barriere guarda oltre.

Generalista e d’opinione, 50&Più indaga il vissuto dei senior ponendoli al centro di una visione trasversale ai diritti e ai doveri. Lo fa da quarantacinque anni.

Ringrazio chi ha voluto riporre fiducia in me, perché sedere alla guida di una rivista con tale passato alle spalle e un presente altrettanto autorevole, è una responsabilità che travalica i confini delle mansioni specifiche che il ruolo di direttrice prevede. Stare al timone di 50&Più significa continuare a far sentire libera quella voce che per quasi mezzo secolo ha narrato fatti, personaggi e personalità. Eredito un mensile con basi più che solide grazie al lavoro svolto da Giovanna Vecchiotti, alla direzione di 50&Più per dodici anni, da una squadra di redattori che non ha mai fatto mancare impegno e professionalità. Proprio su queste solide fondamenta, nel solco della tradizione, sulle orme della storia, la rivista costruirà il suo percorso per

parlare agli over 50, aprendo delle finestre su un mondo in continua evoluzione. Racconterà avvenimenti del passato ancora oggi avvolti nel mistero, scenari politici nazionali e internazionali. Sarà spettatrice dei tempi che cambiano ma anche protagonista del cambiamento: indagherà fenomeni, condannerà prepotenze e accenderà una luce sempre più forte sul sociale diventando portavoce dei bisogni e delle istanze di chi parla troppo spesso a bassa voce. Sono abbastanza grande per aver vissuto l’età della carta stampata, abbastanza giovane per essere cresciuta insieme a nuovi modi e forme del comunicare. Quello di cui sono certa è l’alto valore che riviste come 50&Più continueranno ad avere. Perché la “carta” non invecchia se i suoi contenuti sono dinamici e scritti con passione. Se anche una singola frase contenuta in un articolo susciterà curiosità nel lettore, sarà la certificazione che è stato fatto un buon lavoro e che quel bagaglio pieno di quarantacinque anni di racconti e immagini, è ancora in buone mani.

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DA PROPRIETà A DONO

Una casa che non si usa più, che si fatica a mantenere, che andrebbe ristrutturata può avere un valore inestimabile.

Come? Trasformandola in una donazione immobiliare che aiuterà tanti bambini in difficoltà.

Sappiamo tutti quanto sia importante avere un “tetto sopra la testa”. In Italia in particolare possedere immobili è sempre stato motivo di soddisfazione e stabilità economica. Di recente però le seconde e terze case e gli immobili ereditati sono diventati motivo di crescente preoccupazione per le inevitabili spese di gestione e

i costi in costante aumento. Ce ne rendiamo conto soprattutto in questo periodo dell’anno, alle prese con la dichiarazione di redditi. Ma se si vuole restituire valore a un immobile, senza affrontare alcun costo, si può diventare donatori immobiliari. Si tratta di un gesto di grande generosità che arricchisce anche chi lo compie, perché donare rende felici.

BUONE NOTIZIE

Questa meravigliosa casa che si trova nel Lazio è stata donata all’UNICEF da un proprietario che, dovendosi trasferire, non poteva più gestirla e mantenerla come avrebbe voluto. Piuttosto che continuare a pagarne i costi e dopo essersi confrontato con un mercato immobiliare che non lo soddisfaceva ha deciso di trasformarla in un’opportunità di salvezza per tanti bambini. La casa, donata all’UNICEF, è stata acquistata da una nuova famiglia e questo ha permesso all’Organizzazione di finanziare i programmi per la sopravvivenza di migliaia di bambini fornendo loro alimenti terapeutici, cure mediche e protezione.

DONAZION I IMMOBILIAR I

Le donazioni immobiliari all’UNICEF sono totalmente esenti da tassazione (art. 3 D.Lgs 346/1990 modificato dalla L.383/2001). Questo vuol dire che il loro valore viene interamente utilizzato in favore dei progetti dell’infanzia. L’UNICEF opera grazie alla generosità delle donazioni di natura esclusivamente volontaria provenienti da privati cittadini, aziende e associazioni.

L’UNICEF:

• Mette a disposizione uno staff per informazioni e approfondimenti e se la proposta è ritenuta valida è disposto a sostenere i costi dell’Atto di donazione.

• Richiede che i documenti e le condizioni dell’immobile ne permettano la successiva vendita. Il ricavato va interamente ai progetti di sviluppo, protezione e cura dei bambini.

• Lascia scegliere al donatore se destinare il ricavato della vendita ad un progetto specifico (es. protezione per i bambini in guerra) o a un determinato territorio nell’ambito dei progetti che ha in 190 paesi del mondo.

Informazione pubblicitaria
PER INFO CHIAMA O SCRIVI A: Laura Verderosa 06 47809235 366 4245511 l.verderosa@unicef.it Troveremo insieme la soluzione più semplice ed efficace.

Architettura in Musica

CHARLES BROOKS PHOTOGRAPHY

Auckland, New Zealand

Nel progetto “Architecture of Music”, il fotografo Charles Brooks usa gli obiettivi Special Probe e le fotocamere Lumix ad alta risoluzione per catturare l’interno di strumenti musicali in un modo da farli apparire vere e proprie architetture.

Ogni foto è composta da centinaia di singoli fotogrammi, accuratamente combinati per dare la sensazione di spazio e profondità.

www.charlesbrooks.info

Organo a canne di San Marco

La forma delle nuvole Un padre e una figlia osservano il mondo

LA RIVOLUZIONE SI FA IN SILENZIO

I grandi cambiamenti non avvengono mai dal nulla anche se così appare

Sono frutto di evoluzioni lunghe nel tempo, faticose minuscole e complesse spesso di forte impatto sociale

Da qualche tempo l’Italia si trova in una situazione inconsueta: è l’unico paese in Europa occidentale in cui a capo dei maggiori partiti, maggioranza e opposizione, ci sono due donne; così come sono donne la Presidente della Corte costituzionale e la Presidente della Corte di Cassazione. Fino a qualche mese fa l’Italia non aveva mai avuto una Presidente del Consiglio e poco più di un anno fa si discuteva animatamente dell’opportunità di eleggere una donna Presidente della Repubblica in un paese in cui l’accesso alle posizioni apicali era alquanto ostruito. Situazione bizzarra perché l’Italia è al sessantatreesimo posto (su 146 paesi del mondo) in termini di parità di genere, secondo il Gender Gap Index, che misura il divario di genere in vari campi, dalla salute alle opportunità economiche alla partecipazione politica. Dopo brevi scosse di assestamento, questi due fatti sono stati accettati con una certa nonchalance. Mandati in soffitta tutti gli estenuanti discorsi sul merito, sul non volere una donna solo perché donna, sulla declinazione al femminile di cariche e professioni. E forse ha aiutato anche che queste donne effettivamente siano arrivate in quelle posizioni non perché l’hanno deciso degli uomini ma per indiscutibili meriti personali. Al di là di ogni differenza di credo

politico, delle opinioni sull’operato dell’una o dell’altra, e delle diseguaglianze che ancora persistono nel nostro paese, occorre convenire che si tratta di un cambiamento epocale. Ma com’è potuto succedere, così, senza grandi smottamenti? Da un giorno all’altro, senza segnali chiari? La verità è che il progresso non segue percorsi lineari. È un mix di lavoro portato avanti negli anni - disperso, decentralizzato, senza una guida, fatto di gesti ripetuti, iniziative, dibattiti, manifestazioni - di passi indietro e in avanti, deviazioni, momenti propizi e a volte di pura casualità. Poi, d’un tratto, nasce qualcosa di nuovo e (apparentemente) imprevedibile. L’ha detto benissimo la scrittrice Rebecca Solnit nel suo libro Hope in the Dark: «Dopo la pioggia, i funghi appaiono sulla superficie della terra come dal nulla. Molti emergono da quello che è un vasto sistema sotterraneo, invisibile e spesso ignoto. Ciò che noi chiamiamo fungo è per i micologi il corpo fruttifero di un organismo ben più grande ma meno visibile. Pensiamo alle sommosse e alle rivoluzioni come a eventi spontanei, ma a renderle possibili è spesso un lavoro a lungo termine di preparazione e organizzazione, un lavoro sotterraneo e meno evidente. Cambiamenti nelle idee e nei valori sono, allo stesso modo, il risultato del la-

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di Gianrico e Giorgia Carofiglio

voro di innumerevoli scrittori, studiosi, intellettuali pubblici, attivisti e partecipanti sui social media. Il loro ruolo sembra insignificante o marginale fino a quando non vediamo cambiamenti reali, scaturiti da premesse nuove su chi e che cosa conta, chi dovrebbe essere ascoltato e creduto, chi ha diritti».

Se il cambiamento ci sembra apparire dal nulla come un fungo, è perché la sua evoluzione è più complessa e meno controllabile di quanto ci piaccia - o ci faccia sentire a nostro agio - credere.

È una traiettoria non lineare, e infatti bisogna stare allerta, perché i diritti delle donne sono in pericolo in tantissimi paesi. Eppure, i passi indietro non negano i successi. Il mondo migliora e peggiora per le donne. Tutte e due le cose sono vere,

e per decifrare la modernità occorre esserne consapevoli. Come diceva Francis Scott Fitzgerald, segno di intelligenza è essere capaci di far convivere due pensieri contraddittori allo stesso tempo.

Bisogna tenere alta la guardia mentre si tiene viva la speranza. È un atteggiamento che permette di nutrire una fiducia sana, ma realistica, anche per altre questioni centrali del nostro tempo, dalle diseguaglianze alla crisi climatica. L’organizzatore, consulente e attivista Bill Moyer ha teorizzato l’esistenza di otto passaggi che attraversano i movimenti sociali per arrivare al successo. Dopo una fase iniziale e le prime vittorie, il momento più critico arriva all’incirca a metà del percorso: è quando, dopo l’eccitazione iniziale, subentra la stanchezza, gli obiettivi appaiono

troppo grandi, o distanti nel tempo, e gli sforzi inadeguati quando non insignificanti. Sopravvivono solo i movimenti capaci di trasformarsi, di rispondere alle sfide a lungo termine, di lavorare giorno dopo giorno, anche quando l’energia e l’entusiasmo iniziale si sono spenti. Il cambiamento è reso possibile da persone capaci di fare un passo dopo l’altro senza garanzie, senza nessuna certezza di riuscire, anche quando il contributo individuale sembra irrilevante.

Il percorso lungo, sotterraneo e imprevedibile del progresso non dev’essere necessariamente fonte di angoscia. Può essere un invito a un ottimismo consapevole, una chiamata all’azione davanti a un presente frustrante, doloroso, o apparentemente immobile. Perché tutto cambia, sempre: e a volte anche per il meglio.

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Il terzo tempo «C

“VORREI CHE FOSSE ALMENO CONCEPITA LA POSSIBILITÀ DEL RITIRO VOLONTARIO”

ara signora Ravera, lei parla sempre di quanto è difficile invecchiare per le donne. E a noi uomini ci considera dei privilegiati, perché nessuno ci chiede di essere belli e giovani per sempre, come viene chiesto a voi, fino agli anni dei capelli grigi. L’ho letto in una intervista a lei, non mi ricordo più su quale giornale. Ma le chiedo: ci pensa mai al momento in cui noi uomini, gli uomini come me, devono smettere di lavorare? Gli anni della pensione sono terribili. Ti senti inutile, ti alzi dal letto presto, al mattino, come sei abituato a fare da 50 anni ed esci di casa, perché chiuso in casa non ti va di stare. Esci, ma non sai dove andare». La lettera è lunga e avrebbe meritato una pubblicazione integrale, il signor Luigi è stato, per tutta la vita attiva, impiegato nel ramo alberghiero, con una posizione di responsabilità, ha amato il suo lavoro ed è stato apprezzato per la qualità del suo impegno. Gli scatti di carriera l’hanno gratificato, l’affermarsi del Grande Albergo cui ha dedicato tutte le sue energie gli ha dato un senso di appagamento. «Da due anni - ha scritto - vedo tutto nero».

Due anni fa è andato in pensione. Quella pensione per la quale sono scesi in lotta i francesi, quella pen-

sione che nessuno vorrebbe mai innalzare d’età, nonostante l’allungamento costante dell’aspettativa di vita. Quella pensione, per Luigi e per tanti altri come lui, può provocare episodi, più o meno gravi, di depressione.

Io lo capisco Luigi. Adesso.

Quando, tanti anni fa, andai a trovare mio padre in clinica, e mi dissero che era stato ricoverato per certi controlli a seguito di un crollo nervoso, non capii.

Ero tra i venti e i trenta. Non potevo capire.

Mio padre era ingegnere, aveva appena compiuto 60 anni, e stava per diventare nonno (io ero incinta di un pupo che ormai ha 44 anni), era smilzo, sano, spiritoso, intelligente. All’epoca il ritiro dal lavoro scattava a 60 anni.

Perché tutta quella disperazione?

Ricordo che gli dissi: avrai finalmente tempo per te.

Ma lui non lo voleva, il tempo per sé. E ce n’è tanti come lui. Anche oggi. Anche se ci sono, oggi, infinite alternative per intrattenersi, milioni di film, di serie, di app per giocare a carte, o a qualsiasi altro gioco anche da soli.

Tuttavia: l’immagine del pomeriggio del vecchio, seduto sulla panchina,

senza neanche più il giornale perché le notizie dal mondo mettono paura, sconforta i più.

E allora: non si potrebbe, dai 65/67 anni in su, andare in pensione su base volontaria?

Togliamo posti ai giovani? No, se si creano nuove opportunità. Avremo, grazie ai prodigi della tecnologia, sempre più tempo libero: la settimana lavorativa, già oggi, potrebbe durare quattro giorni, almeno in certi settori. L’industria del Tempo Libero diventerà sempre

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più centrale. È una filiera che potrebbe far fiorire migliaia di nuove mansioni. Bisogna semplificare la burocrazia e aiutare i giovani a nutrire il settore del lavoro creativo. Audiovisivo, spettacolo dal vivo, ristorazione, turismo. Una società sana è una società dove c’è posto per tutti e tutti possono portare il loro contributo.

Invece, continuiamo a sprecare l’intelligenza dei giovani e a rottamare l’intelligenza dei vecchi.

Un uomo di esperienza, lucido, com-

petente, una donna capace, brillante, colta... perché devono essere espulsi dalla vita attiva? Perché un professore universitario deve essere costretto a lasciare il suo posto di lavoro allo scadere del settantesimo anno d’età? Negli Stati Uniti, ogni anno, i docenti vengono sottoposti al giudizio degli studenti; finché i loro allievi li reputano capaci, amabili, efficaci, continuano a insegnare. Possono andare avanti fino a 90 anni, “se je regge la pompa”, come dicono a Roma.

PARLIAMONE...

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Naturalmente ci sono i lavori usuranti, quelli noiosi, quelli faticosi, quelli per cui i muscoli sono condizione necessaria. Vanno in pensione presto ballerini e calciatori, toreri e tennisti. Ma gli altri? Non hanno più trent’anni e neanche quaranta ma mica per questo sono da buttare! Vorrei che fosse almeno concepita, la possibilità del ritiro volontario.

Invecchiare è una avventura squisitamente individuale, ai 67 anni si può arrivare bene, benissimo, o male, senza più desideri né passione. Dipende da come sei, da quanto hai investito per continuare a migliorare. Molto? Poco? Niente?

Ti sei addormentato sugli allori e hai smesso di sforzarti? Rischi di avere una vecchiaia immobile, rinunciataria.

Ma non preoccuparti, c’è sempre tempo per cambiare passo, stile, vita.

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Anni possibili

STARE MEGLIO ANCHE IN ETÀ AVANZATA

Quante volte ci è capitato di pensare e di sperare per noi, e per persone a noi vicine, che avremmo la possibilità di stare meglio, anche quando le circostanze invece limitano la nostra salute e il nostro benessere. Spesso, però, vediamo attorno a noi persone che non hanno nemmeno il coraggio di ipotizzare un miglioramento della loro salute e

medicina? Credo, al contrario, sia un segnale di realismo: perché non posso ipotizzare di vivere meglio attraverso le occasioni, oggi numerose e valide, che offre la tecnologia e la clinica? La vicenda del signore che riacquista la vista può essere avvicinata a quella di altri anziani che sono interessati, ad esempio, ad un trapianto d’organo che permette loro di vivere più a lungo, in buone condizioni, anche se con qual-

Le conquiste della medicina e della biologia hanno portato indiscutibili vantaggi a favore del singolo e della comunità. Vantaggi che oggi inducono “anni possibili” nella vita delle persone, anche in tarda età

si adagiano sulla condizione del momento, senza pensare di poter cambiare la propria vita.

Ripensando a queste dinamiche, ho letto con attenzione gli articoli di un giornale che hanno riportato la vicenda di un piemontese di 83 anni, il quale ha subìto un intervento chirurgico molto complesso, che gli ha permesso, attraverso un autotrapianto compiuto con tecniche raffinate e molto avanzate, di riacquistare la vista dopo tanti anni di cecità. Prima ancora di proporre commenti generali sulla vicenda, mi sono interrogato sulla forza d’animo di un signore non più giovane che ha accettato di correre i rischi, e le relative fatiche, di un intervento oculistico perché ha voluto così riaffermare a sé stesso che erano possibili per lui anni migliori. È una patologia coltivare la speranza di costruire “anni possibili” attraverso la

che limitazione. Oppure a quella di chi non si sottrae a interventi dal risultato non sempre certo, ma che potenzialmente aprono a condizioni di vita migliori. Il punto centrale è definire il rapporto costo-beneficio, che si colloca a livelli profondamente diversi nelle varie età e che è diverso per ciascuna persona. In quest’ottica il beneficio è costituito soprattutto da una visione ottimista del futuro, che si esprime anche nell’affrontare le possibili conseguenze negative di una decisione. Altre considerazioni sono invece di carattere più generale; la prima consiste nel prendere atto, nonostante il pessimismo diffuso, che non è mai troppo tardi per riacquistare una funzione perduta; la biologia umana conserva sempre un certo livello di plasticità, anche in tarda età. Ovviamente questo livello dipende per gran parte dalle malattie eventuali, dal tipo di alimen-

tazione, dall’attività fisica; nessuno è uguale ad un altro, anche riguardo alla conservazione della plasticità che, seppure in modo limitato, è una caratteristica profondamente inverata nella nostra struttura biologica. È importante creare un consenso diffuso attorno a questi concetti, per evitare inutili pessimismi e rinunce rispetto a potenziali conquiste. “Io sono troppo vecchio per godere del progresso”: un’affermazione frequente, che non indica realismo, ma un fondo di rinuncia, che talvolta sfocia anche nella depressione. Altra considerazione riguarda una lettura oggettiva dei grandi progressi della medicina degli ultimi anni; anche le età avanzate ne hanno guadagnato, perché si sono aperti mondi possibili, mai prima d’ora nemmeno ipotizzati. Dobbiamo gratitudine agli studiosi che hanno favorito questi enormi progressi; i filoni della tecnologia meccanica ed elettronica, insieme alla biologia più avanzata e all’intelligenza artificiale nelle sue varie espressioni, hanno reso possibile una vita lunga, come non era mai avvenuto nella storia umana, ed anche una vita più libera e dignitosa a tutte le età. Se qualcuno è critico verso le concrete conquiste della medicina e della biologia, forse per proprie esperienze personali non favorevoli, non è legittimato a negare la realtà senza tenere in conto i vantaggi raggiunti nell’interesse del singolo e della comunità. Vantaggi che oggi concretamente inducono “anni possibili” nella vita delle persone, anche in tarda età.

Per scrivere a Marco Trabucchi

per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

maggio 2023 | www.spazio50.org 15
PARLIAMONE...

INTENSIVO È SINONIMO DI NON UMANO

La questione etica degli onnivori non riguarda solo la carne, ma anche l’alimentazione basata sulla vita animale che proviene dal mare. Pare per esempio che i polpi, di cui siamo ghiotti, abbiano un’intelligenza incredibile, riescano ad aprire barattoli con chiusure di sicurezza, sappiano orientarsi nei labirinti, ricordino a distanza di tempo come hanno risolto un problema. Pare anche che sognino. Il loro sistema nervoso presenta all’incirca 500 milioni di neuroni, più di tutti gli altri invertebrati e vicino al livello dei cani. C’è anche chi ha scritto un volume sulla psicologia dei polpi, l’affermato epistemologo Godfrey-Smith nel libro Altre menti si chiede se abbiano una coscienza. Eppure, nel porto Las Palmas, sull’isola

www.spazio50.org | maggio 2023 16 Effetto Terra
di Francesca Santolini

di Gran Canaria, potrebbe inaugurarsi a breve una nuova distopia: il primo allevamento intensivo di polpi al mondo. Un milione di esemplari, una produzione di 3mila tonnellate all’anno, per sopperire alla crescente domanda di questi molluschi cefalopodi sul mercato.

Ad aver denunciato i documenti riservati della società Nueva Pescanova, è stata l’organizzazione Eurogroup for Animals, che ha anche scritto un report per spiegare cosa significhi un allevamento intensivo di polpi.

I polpi saranno macellati con miscela di ghiaccio: «Un metodo crudele, brutale e deplorevole», che causa sofferenza, paura, dolore e una morte lenta.

Approfondendo i piani di allevamen-

to dell’azienda spagnola, emergono alcuni dettagli agghiaccianti su questa modalità di allevamento. I polpi sarebbero tenuti in vasconi sempre illuminati, una vera e propria tortura per una specie che detesta la luce e vive di anfratti, un primo elemento contrario all’etologia dell’animale. Ad essere allevata sarebbe principalmente la specie Octopus vulgaris, ospitata in circa 1.000 vasche comuni e sovraffollate, dove la loro natura solitaria viene violata e si possono verificare casi di cannibalismo. Non a caso, nei documenti di Nueva Pescanova si prevede un tasso di mortalità nelle vasche del 15%. La cosa che ha sorpreso di più però è che, secondo i documenti, gli animali verrebbero uccisi mettendoli in contenitori d’acqua tenuti a -3°C. Viene dunque naturale domandarsi se la legge, spagnola e internazionale, non preveda alcun provvedimento o regolamentazione a riguardo, ma sfortunatamente la risposta è negativa. Attualmente non ci sono regole che assicurino il benessere dei polpi, anche se diversi studi hanno dimostrato che questo metodo di macellazione causa una morte lenta e stressante. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale ha condannato questo crudele metodo di abbattimento, mentre l’Aquaculture Stewardship Council (ASC), un’organizzazione che stabilisce un proto-

collo sui frutti di mare d’allevamento garantendo al contempo un’acquacoltura sostenibile, propone di porre un divieto alla creazione di allevamenti del genere a meno che gli animali non siano storditi in anticipo.

C’è da aggiungere, oltre al trattamento disumano degli animali, che dando il via alla creazione di questo nuovo allevamento intensivo si crea un pericoloso precedente. Stiamo parlando della possibilità di allargare ancora di più il settore degli allevamenti intensivi, una delle cause principali di inquinamento del nostro tempo. Per far crescere, curare, macellare e portare in tavola i miliardi di capi di bestiame, ogni anno sfruttiamo una quantità inimmaginabile di risorse come acqua, farmaci, prodotti agricoli ed energia che viene dirottata verso complessi industriali.

Anche in questo caso l’allevamento avrebbe un impatto negativo sull’ambiente, a causa dello sfruttamento intensivo delle risorse che verrà messo in atto per mantenerlo in funzione: l’uso eccessivo di energia e di mangimi commerciali a base di farine e oli di pesce.

Insomma, siamo in una nuova frontiera, anche perché per decenni era stato ritenuto impossibile allevare polpi, poi Nueva Pescanova ha sviluppato un metodo e ora siamo in un territorio non mappato, dove non esistono regole, ma solo disumanità.

Per scrivere a Francesca Santolini per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

maggio 2023 | www.spazio50.org 17
«Oltre al trattamento disumano degli animali questo tipo di allevamento avrebbe un impatto negativo sull’ambiente a causa dello sfruttamento intensivo di risorse come acqua ed energia»
PARLIAMONE...

LA LENTA ESTINZIONE DEGLI OGGETTI

Siamo travolti dal costante e inesorabile avanzare della tecnologia. Anzi, a dire il vero ne facciamo parte e ne beneficiamo in continuazione, sperimentando con piacere nuovi modi di comunicare, spostarci, vivere l’ambiente casalingo e lavorativo. La vorticosa corsa al nuovo, però, ha un risvolto inevitabile e per certi versi nostalgico: la silenziosa estinzione di alcuni oggetti di uso quotidiano. Naturalmente è impossibile tornare agli albori della Storia e ai suoi utensili, eppure in tempi più recenti abbiamo quasi dimenticato molti oggetti di un passato non lontano, sostituiti, alle volte distrutti, e gettati come qualcosa di non più funzionale, non rispondente alle esigenze della modernità. Basta fare un giro ideale nella casa dei nostri nonni, per ritrovare sullo scaffale della màdia quegli utensili come il macinino da caffè e il ferro da stiro da riempire con la brace, oppure accanto la porta una lanterna a olio per vedere al buio; poco più in là, una penna e calamaio per scrivere. In camera era sempre presente uno scaldaletto per le notti più fredde: qualcuno lo ricorderà, col telaio in legno che serviva a tenere sollevate lenzuola e coperte perché non si bruciassero e un contenitore di rame per la brace. Fuori, una cassetta delle lettere, perché la corrispondenza di francobollo era una cosa importante. Sembrano passati secoli, ma è solo qualche generazione fa. Non serve neppure andare troppo indietro

nel tempo; basta guardare proprio dietro l’angolo, in senso cronologico e non solo, per vedere con tenero stupore una cabina telefonica, a gettoni o schede, ormai destinata a reperto archeologico. Appunto, per telefonare in casa, solo pochi anni fa si usava lo scomodo telefono a ghiera, e per sentire musica il giradischi con puntina sostituibile, ora utilizzato solo da appassionati del genere. Sempre per la musica, in macchina si utilizzava lo stereo, poi il “frontalino” e passeggiando era facile vedere qualcuno con walkman e cuffiette, diventato pochi anni dopo lettore mp3. Ormai estinto anche lui. Negli uffici il fax era uno degli strumenti più utilizzati e, potenza della tecnologia, i film potevano essere visti comodamente sulla poltrona di casa prima in videocassette Vhs, poi addirittura su cd. Tutto molto nostalgico, pensando all’attuale egemonia dello streaming. Per fare le ricerche serviva l’Enciclopedia e per fare le foto il rullino; ora ci sono gli smartphone a contenere tutte le funzionalità di cui abbiamo bisogno. Oggi teniamo tutta la conoscenza in tasca, in un oggetto da 6 pollici con cui, talvolta, telefoniamo anche. Ma è bene ricordarsi che anche questa epoca di schermi piatti, Intelligenza Artificiale, connessione continua, è un’illusione al silicio. Perché ciò che teniamo in mano oggi, ciò che crediamo essere il futuro, sono solo oggetti prima o poi destinati alla memoria.

Periscopio

UN FORTUNATO CAMBIO DI NOME

Larry Page e Sergey Brin nel 1996 crearono un prototipo di motore di ricerca chiamato BackRub, perché analizzava i “link a ritroso” che li aiutava a capire la scala di importanza dei siti internet. Ma il nome non li convinse del tutto e alla fine optarono per il celebre “Google”.

www.businessinsider.com

NON SOLO PORTAFORTUNA

Le coccinelle si difendono dai predatori rilasciando una sostanza chimica maleodorante dalle loro ginocchia. Inoltre, la combinazione di colori arancio o rosso e nero sul loro carapace è un vero segnale di pericolo rivolto a eventuali predatori.

www.sandiegozoo.org

ATTENTI AI PISTACCHI

I pistacchi crudi sono potenzialmente pericolosi. Infatti, quando le noci di pistacchio vengono ammassate nei magazzini per lungo tempo, si creano alcune reazioni chimiche all’interno di ogni chicco in maturazione e questo può portare la combustione spontanea del pistacchio.

www.gothamist.com

In giro per il mondo

A PROPOSITO DI...

NUMERI DA RECORD

LA CAPITALE MONDIALE DEI GEMELLI

In Nigeria, il popolo Yoruba è noto per dare alla luce gemelli più che in qualsiasi altra parte del mondo: ben 50 ogni 1.000 nascite. Nella loro cultura yoruba i gemelli sono così comuni che tradizionalmente vengono dati nomi specifici: Taiwo o Kehinde a seconda che siano nati per primi o per secondi.

www.reuters.com

LA “MAMMA” DI MIAMI

La torre di carte più alta è stata realizzata da Bryan Berg alla fiera di Stato del Texas, nel 2007: con 131 piani di carte che raggiungevano 7,87 metri di altezza.

Miami è l’unica grande città degli Stati Uniti ad essere stata fondata da una donna. Nel 1886, infatti, l’imprenditrice Julia Tuttle comprò centinaia di acri di terra nel sud della Florida per espandere la linea ferroviaria. Terreni che nel 1896 diventarono una vera e propria città.

www.erolucy.com

A PRANZO CON LE SCIMMIE

PISCINA ABISSALE

La piscina per immersioni più profonda del pianeta è la Deep Dive Dubai: misura 60 metri di profondità e contiene 14 milioni di litri d’acqua dolce.

L’ultima domenica di novembre, in Thailandia, si celebra il “Monkey Buffet Festival”, in cui i residenti della cittadina di Lopburi onorano le 3.000 scimmie che vivono vicino al tempio Phra Prang Sam Yot fornendo loro 4,5 tonnellate di frutta, verdura e dolcetti da mangiare.

www.mondointernazionale.com

IN NUMERI - LE BIBLIOTECHE PIÙ GRANDI DEL MONDO

Luoghi dove la conoscenza viene custodita e preservata, le biblioteche da sempre incantano e affascinano per la loro bellezza e la loro atmosfera. Molti di questi edifici sono ricchi di manoscritti antichi, opere introvabili e sterminati cataloghi di titoli, che le rendono, di fatto, mastodontiche opere d’arte.

Biblioteca del Congresso, Washington (Usa)

British Library, Londra (Regno Unito)

New York Public Library, New York (Usa)

Biblioteca di Stato, Mosca (Russia)

173.000.000 volumi

170.000.000 volumi

53.100.000 volumi

44.400.000 volumi

maggio 2023 | www.spazio50.org 19
LA “CASA DI CARTA”

«Caro Marziano, per chi fa il mio lavoro una delle cose più difficili da raccontare è il finale». Sono le parole con cui Pif chiude l’ultima puntata della seconda stagione di Caro Marziano, andata in onda su RaiTre il 17 marzo scorso. Aggiunge, però, che il finale è ciò che aiuta a dare un senso. Nelle storie, nei racconti, ma anche nei cortometraggi. Così come è accaduto in quelle opere che nella scorsa edizione di Corti di Lunga Vita si sono aggiudicate il primo, il secondo, il terzo posto e persino le Menzioni Speciali. Nell’attesa di scoprire quali finalisti sapranno declinare meglio l’energia di questa edizione, Pif ci parla di come sarà tornare a vestire i panni di presidente di giuria e cosa si aspetta di vedere nelle opere che concorreranno.

Dopo l’esperienza della scorsa edizione di Corti di Lunga Vita, quest’anno torna nel ruolo di presidente di giuria. Cosa porta con sé dallo scorso anno, come si sente all’idea di ripetere questo viaggio?

È sempre un doppio sentimento. Da un lato mi sento lusingato ed è bello poter visionare e giudicare un’opera, dall’altro rimango essenzialmente un regista e per questo mi dispiace dover dare un giudizio su un lavoro, qualunque esso sia, che ha richiesto una fatica intellettuale e fisica. Senza contare le emozioni investite. Ma bisogna pensare che il giudizio fa parte poi della carriera ed è sempre un aiuto a crescere.

Quali sono i messaggi che il cinema veicola quando si parla di anzianità e quali crede, invece, dovrebbe veicolare?

Ne abbiamo parlato lo scorso anno sia all’interno della giuria che sul palco durante la premiazione: sarebbe bello se si riuscisse a evitare la retorica e quella classica immagine dell’anziano che apparteneva ai nostri non-

Il 16 maggio sarà l’occasione per conoscere i cortometraggi vincitori della quinta edizione di “Corti di Lunga Vita” dedicata al tema “Energia” A presiedere la giuria torna Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, autore televisivo, regista, scrittore attore e sceneggiatore

ni e ormai non è più lo specchio dei tempi. Bisognerebbe rinnovare un po’ l’immagine dell’anziano: è una fase di vita più complessa derivata da un’evoluzione che forse non si è mai riuscita a raccontare davvero.

Il tema di questa edizione è “Energia”. Una parola che lascia spazio all’immaginazione e soprattutto all’interpretazione.

Cosa si aspetta di vedere?

Come in tutti i concorsi artistici, il tema è sempre un bel banco di prova che si affida alla sensibilità di ogni concorrente. Trovo, però, che “Energia” sia piuttosto calzante perché va proprio a scontrarsi contro i cliché sugli anziani e può dare vita a interpretazioni innovative e interessanti. Pochi giorni fa, ad esempio, mi è capitato di parlare con una signora di 87 anni che aveva decisamente molta più energia

www.spazio50.org | maggio 2023 20 Eventi
«IL CINEMA DEVE RINNOVARE LA NARRAZIONE DELL’ANZIANO»

di quanto non ne avessi io che di anni ne ho 50. Questo per dire che l’evoluzione nella vita dei senior c’è, c’è stata, e sarebbe bello che si raccontasse a partire proprio dalla loro energia. Energia è un termine che sicuramente si addice anche a lei: autore televisivo, regista, scrittore, attore e sceneggiatore. Negli ultimi mesi ha portato avanti il suo programma radiofonico (I Sopravvissuti, su Radio Capital, ndr), ha pubblicato La disperata ricerca d’amore di un povero idiota (Feltrinelli) e ha raccontato molte storie nel programma Caro Marziano su RaiTre. Com’è stato riprendere questo format dopo il Covid? Ha avvertito delle differenze rispetto all’edizione del 2017?

Caro Marziano è un contenitore di storie e forse rispetto all’edizione pre-

cedente cambia l’ispirazione da cui vengono tratte. Prima era più facile trovarle in televisione, in radio o sui giornali, oggi invece arrivano spesso dai social. Non che durante l’edizione precedente non esistessero (i social, ndr), però trovo che siano molto più presenti. Del resto, non è cambiato il comune denominatore di queste storie: la passione. Io incontro sempre persone che partono da una passione e che riescono a coltivarla anche in situazioni difficili, come quella legata al Covid. Anzi, forse è proprio la passione che aiuta a superare i momenti più duri, come il lockdown. Diventa quasi una fonte di sopravvivenza. Nel mio caso, la passione per il mio lavoro è talmente forte da farmi superare

la stanchezza accumulata durante la realizzazione di questo progetto. Sono stati mesi in cui ho lavorato 7 giorni su 7, stando via 17 ore al giorno, a volte non dormendo, ma ora che ho chiuso questa stagione di Caro Marziano quasi mi sento perso. Per questo dico che la passione diventa vitale in certi casi, è la passione a darti l’energia. Lo scorso anno ci siamo salutati a pochi giorni dal suo cinquantesimo compleanno. Trova che questo traguardo le abbia portato nuove consapevolezze? Una nuova prospettiva con cui guardare le cose?

Compiere cinquant’anni è stata una “botta psicologica” tremenda per me (ride, ndr) - i quaranta o i trenta non hanno mai avuto lo stesso impatto - però mi ha aiutato a trovare un equilibrio mentale e una consapevolezza che difficilmente si possono raggiungere prima. Mi dispiace solo che stia cominciando a non tollerare più alcuni aspetti della nostra società: alcuni comportamenti, atteggiamenti o pensieri che in passato tolleravo e che adesso non ho più la pazienza di sopportare.

maggio 2023 | www.spazio50.org 21

Sono dodici le opere finaliste del concorso internazionale di cortometraggi ‘Corti di Lunga Vita’. A selezionarle il Centro Studi 50&Più dopo un’attenta valutazione di tutti i lavori giunti da ogni parte d’Italia. Martedì 16 maggio, alle ore 19.00, presso il Cinema Troisi di Roma, verranno premiate le tre opere vincitrici designate da una giuria d’eccezione presieduta da Pif – al secolo Pierfrancesco Diliberto - insieme al critico cinematografico Flavio De Bernardinis, la sceneggiatrice Doriana Leondeff, il regista Claudio Noce e la scrittrice Lidia Ravera. Durante la serata, inoltre, sarà conferito il Premio 50&Più al corto vincitore nella categoria di concorso riservata ai soci.

A botta du mastru

Francesco Petrantoni

Nato a: Catania nel 2002

Vive a Caltanissetta

Adesso

Ludovico Preziosi e Aureliano F. Fabrizi

Nati a: Roma 1987 e nel 1998

Vivono a Roma

Gli Anziani siamo Noi… ieri, oggi, domani

Alunni della III B dell’Istituto Comprensivo S.M.

Milani di Caivano (NA) e dei professori

Francesco Celiento e Annamaria Lionetti

L’Arringa

Lucrezia Ridolfi

Nata a: Lucca nel 1989

Vive a Lucca

Poi mi sorrideva

Erika Fregolent

Nata a: Montebelluna (TV) nel 2002

Vive a Sernaglia della Battaglia (TV)

Una mela al giorno

Simone Vacca

Nato a: La Paz, in Bolivia, nel 1990

Vive a Grotte di Castro (VT)

A cena con delivery

Daniele Catini

Nato a: Tarquinia (VT) nel 1979

Vive a Roma

Anna, a countryside tale

Daniele Starnoni

Nato a: Roma 1986

Vive a Roma

L’amore è l’energia della vita

Gaetano Pasella

Nato a: Bari nel 1980

Vive a Roma

L’autunno di Eva e Adamo

Michele Pastrello

Nato a: Noale (VE) nel 1975

Vive a Scorzè (VE)

Tutta l’energia della nostra vita

Fausto Felice Pasotti

Nato a: Milano nel 1955

Vive a Milano

VV

Diego Fossati e Gabriele Redaelli

Nati a: Sesto S. Giovanni (MI)

e a Monza nel 2002 e nel 2000

Studiano a Milano

È possibile visionare le opere finaliste e seguire tutti gli aggiornamenti sul concorso e sulle premiazioni collegandosi al sito Spazio50.org

www.spazio50.org | maggio 2023 22
Eventi
Concorso internazionale di cortometraggi - Edizione 2022 Concorso internazionale di cortometraggi - Edizione 2023 Concorso internazionale di cortometraggi - Edizione 2022

Sociale

ne che offre aiuto a chi di certezze non ne ha, a chi ricorre al sostegno dell’associazionismo per portare un pasto a tavola o un capo di abbigliamento - di seconda mano, ma comunque buono - in un armadio spesso ridotto all’osso. E non si tratta semplicemente di abiti per adulti - giacche, pantaloni, gonne, tute, cappotti - ma anche tutine per neonati, abitini da bambina, scarpe di numeri che talvolta non arrivano nemmeno al trenta e persino babbucce di lana, come quelle fatte un tempo dalle nonne. Le stesse vengono realizzate a mano sempre da donne in là con gli anni che, invece di pensare solo ai loro nipoti, si danno da fare per assicurare tepore a bambini che magari questa amorevole cura non l’hanno mai avuta o non l’avranno.

NONNA ROMA PERCHÉ NESSUNO SI SALVA DA SOLO

Il banco del mutuo soccorso offre supporto alle famiglie che vivono in condizioni di povertà. Lo fa dal cuore della periferia romana, attraverso la distribuzione alimentare e di prodotti di prima necessità di Giada Valdannini

Icarrelli si dispongono in fila già molto prima che i volontari inizino con la distribuzione alimentare. A trascinarli, a fatica, uomini - ma soprattutto donne - che si fanno strada sul brecciolino tutto intorno all’ingresso di Nonna Roma, il banco del mutuo soccorso sulla Togliatti. Siamo nella Capitale, in una zona popolosa di periferia, su un’arteria - la Togliatti, appunto - su cui si affacciano quartieri come il Quarticciolo e Centocelle: entrambi ad alta densità abitativa; tutti e due di estrazione economica estremamente fragile.

È lì che, nel tempo, osserviamo a lavoro il gruppo di perso-

In fila, quando arriviamo - dicevamo - sono soprattutto donne, coi carrelli di stoffa un po’ malconci e un qualche disagio nel vederci lì con addosso microfoni e telecamere. È per questo che ci muoviamo con circospezione, consapevoli che a nessuno faccia piacere essere mostrato nel momento del bisogno. Eppure, avvicinandoci, in tanti sono pronti ad aprirsi, a patto di non essere ritratti. Tutti raccontano dell’umiliazione di ciondolare tra la parrocchia e questi

24 www.spazio50.org | maggio 2023

volontari ma anche della gratitudine nel riempire il frigo, una volta a casa. La distribuzione, in una giornata ancora fredda di primavera, avviene all’aperto e, all’interno, discesa la scala che porta al magazzino, è un’infilata di barattoli di ogni genere: c’è il latte, le conserve, il tonno, la pasta, l’olio e la frutta: tutti beni messi a disposizione di Nonna Roma che a sua volta li dà a chi ne ha oggettivo bisogno. Ci stupisce che, tra le donne in fila, ci sia anche chi dagli abiti non tradisce effettiva necessità: chi veste con capi, mai eccessivi, ma scelti con cura. Sono tutte donne anziane che ci raccontano di essere precipitate nella povertà una volta in pensione, o a ridosso di una pensione destinata a non arrivare visto che nella vita si è lavorato perlopiù in nero e non si sono versati sufficienti contributi. Sono loro che, senza esitazione, raccontano che tra affitti, rincari della spesa e quelli energetici, faticano ad arrivare alla fine del mese e, proprio ora che speravano - con l’età - di tirare un sospiro di sollievo, si trovano alle prese con la conta delle monete che, a un certo punto, non bastano. Perciò, sebbene prima d’ora non lo si sia mai fatto, ci si mette in fila in attesa che un volontario dia quanto necessario da portare a casa per la settimana sbirciando, con un po’ di imbarazzo, tra i capi di abbigliamento che a qualcuno magari non servivano più ma che, per qualcun altro, sono ancora assai validi. Stefania, una di loro, con su un paltò e un abito di lana colorata, è la prima a farsi avanti e ci dice come a sessant’anni si senta ormai tagliata fuori dal mondo del lavoro e troppo distante dalla pensione sociale che, prima o poi, arriverà. Ha fatto la cameriera, la barista ma pure e soprattutto la pasticcera, solo che il laboratorio in cui ha lavorato ha chiuso e non si

è più riuscita a ricollocare. Con lei, Ida - che di anni ne ha cinquantotto - e una storia assai complessa alle spalle. Parla cinque lingue e faceva la mediatrice culturale finché non ha perso il posto. Ma questa è stata forse solo la minore delle perdite visto che, negli anni, ha dovuto fare i conti - in momenti diversi - con la scomparsa di entrambi i figli: uno perché allergico a un farmaco - “e non è più uscito dall’ospedale” - e l’altro per via di un grave incidente stradale. È lì che il mondo per Ida ha iniziato a vacillare: è precipitata in una profonda depressione - più volte ha pensato di farla finita - e ha poi perso il posto. Oggi viene ogni settimana per il pacco alimentare ma, ancora, la speranza di un lavoro ce l’ha. Tra coloro che incontriamo è forse colei che percepiamo più “di casa”: lì, con noi, si accosta una tuta addosso e ci chiede come le stia. La porterà con sé ma nient’altro in più: «Ho già il necessario, questi altri capi possono servire a qualcun altro». Lei, qui da Nonna Roma, infatti, non viene solo per le dispense ma, nel tempo, è diventata volontaria: è un bel tratto d’unione, il segnale che

nessuno si salva da solo e che, se si è ricevuto aiuto, si ha poi forse maggiore voglia di dare. Come fa una nonna, ecco. E non è un caso che questo luogo di aiuto e accoglienza si chiami proprio Nonna Roma perché - come ci spiegano i volontari - «chi più di una nonna è pronta a stendere sul tavolo una tovaglia, anche senza preavviso? Chi non si fa problemi ad accoglierti in casa ogni volta che ne senti il bisogno?». Una nonna, appunto. Come qua, da Nonna Roma.

25 maggio 2023 | www.spazio50.org

Animali

NON VEDENTI QUANDO IL BASTONE È UN LABRADOR DI NOME ISOTTA

Cani addestrati per fare da guida a persone cieche. Il racconto di Monica Taula presidente ANPVI

L’autonomia può avere la forma di un bastone, rigido, pieghevole o telescopico, tradizionale o high-tech, ma rigorosamente bianco. Oppure può assumere i lineamenti di Isotta, testa larga, occhioni nocciola, corporatura robusta, pelo corto e lucido. Chi arriva al centro di addestramento di cani guida per ciechi dell’Associazione Nazionale Privi della Vista ed Ipovedenti (ANPVI) entra accompagnato dall’ausilio inanimato ed esce con un compagno di vita, scodinzolante, affettuoso e fedele: un cane Labrador, femmina nella maggior parte dei casi, di circa due anni addestrato per fare da guida alle persone cieche.

«Ogni volta l’emozione è fortissima. La persona non vedente si presenta da noi impugnando il bastone bianco che fino ad allora gli aveva permesso di muoversi in autonomia e se ne va via insieme alla nuova guida a quattro zampe con cui andrà a esplorare il mondo», racconta Monica Taula, presidente nazionale dell’ANPVI.

Ovviamente, il passaggio dal bastone al cane non è immediato e al centro Egidio Riccelli di Campagnano (Roma) viene adottato un protocollo rigoroso, scientificamente validato, necessario per la riuscita della nuova relazione.

«Prima della consegna di un cane guida, chi ne fa richiesta segue un percorso che prevede colloqui con psicologi e incontri con i tecnici che valutano la capacità di orientamento e di mobilità della persona, requisiti indispensabili per poter ricevere il cane guida. Se la

persona viene considerata idonea, alloggerà presso la struttura della scuola per 10-15 giorni durante i quali parteciperà a un corso di formazione insieme agli addestratori», spiega Taula.

Ma chi sono i cani guida e come vengono addestrati? La razza più adatta è il Labrador. Le femmine sono più indicate dei maschi perché più docili, l’età ideale per “entrare in servizio” è intorno ai 2 anni.

«I Labrador sono particolarmente adatti perché sono facili da addestrare, hanno una pronunciata affettività e sono predisposti al servizio. Non a caso vengono impiegati in numerose situazioni a rischio, come il salvataggio in acqua», commenta Taula.

Il centro di addestramento prende i cuccioli quando hanno 60 giorni di vita, rivolgendosi ad allevamenti certificati che assicurano l’assenza di patologie varie, oculari, cardiache, displasia del gomito, nei genitori. I cani scelti vengono dati in affidamento a famiglie selezionate, i cosiddetti “puppy walker”, per circa 10 mesi.

«Questa fase è fondamentale perché permette al cane di abituarsi a un ambiente famigliare, a muoversi in casa, a uscire nei parchi, a socializzare con altri cani e altre persone», spiega Taula.

Alla fine del periodo di affidamento, il cane torna a scuola per altri 8-10 mesi e, una volta completato l’addestramento, viene consegnato al suo nuovo compagno di vita, generalmente una persona completamente cieca.

«Nulla ci vieta di consegnare un cane guida a una persona ipovedente, ma si cerca di non farlo perché difficilmente una persona con un residuo di vista si affida al cento per cento al cane. E se non lo fa compromette la relazione di aiuto».

www.spazio50.org | maggio 2023 26
di Adelaide Vallardi

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NEL SURREALE UNIVERSO DI

Per il centenario della sua nascita l’Associazione “Amici del Vittorioso” ha annunciato la ristampa integrale di tutte le copertine del Vittorioso, disegnate negli anni da Benito Jacovitti. Ne prenoto fin da ora una copia perché ho una gran voglia di una reimmersione totale nell’universo di “Jac Lisca di Pesce”, con tutti i suoi oggetti assai improbabili, i salami, i rocchetti, le mani mostruose, le bisce. Con tutte le sue parabole più che assurde dove, in un giallo qualsiasi, può capitare che l’assassino finisca per essere assassinato e l’assassinato diventi assassino. Quelle storie che incontrarono sul proprio cammino varie censure. La censura fascista che si sforzava di scorgere a ogni costo, nella forzuta signora Carlomagno, un’ironica e non tollerabile allusione al duce. Quella cattolica per

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Cultura
di Renato Minore

L’irriverente fumettista dal tratto inconfondibile è stato un pioniere del fumetto umoristico del Novecento italiano Si divertiva a sperimentare anche durante il periodo del fascismo, riempiendo all’inverosimile le sue tavole con dettagli folli e improbabili

cui il busto e il posteriore delle sue incredibili donne erano troppo prominenti. Quella statale che, ai tempi dei paginoni su Il Giorno di Mattei, non permetteva di scherzare, sia pure bonariamente, sugli idrocarburi nazionali. Quella ideologica degli anni Sessanta e Settanta, sdegnata perché, in una storia di Cocco Bill, i discoli rivoluzionari erano messi in fuga dalla maestra armata di lazo, mentre il pistolero se la rideva a crepapelle: “E che bel movimento. Un movimento studentesco”. Non sono io il primo a considerare Jacovitti il più innovativo autore del

fumetto umoristico del Novecento italiano. Nella sua vita disegnò di tutto, dai mazzi di carte ai manifesti elettorali, alle figurine sopra i gelati. Dalle “panoramiche”, le grandi illustrazioni corali intrise di comicità surreale fino alle storie prodotte tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, dal Vittorioso al Giorno, al Corriere dei Piccoli, alla Domenica del Corriere al Diario Vitt fino alle tavole del Pinocchio; quel curioso laboratorio favolistico che gli permise di sperimentare in libertà ogni possibilità creativa. Benito Jacovitti, uno dei tre autori, con Fellini e Sordi, che hanno descritto meglio l’Italia (secondo Oreste del Buono), il Fellini del nostro fumetto (secondo Goffredo Fofi), è tutto in questo caleidoscopio fulminante di tavole affollate, di figure surreali e simpatiche anche quando incarnano il Male nelle sue tante versioni, dal gangster all’indiano cattivissimo. I paginoni così gremiti e pullulanti di un’umanità assai improbabile o del tutto assurda nascono a ridosso di una assai icastica rappresentazione dell’“anima” e dei “vizi nazionali”, e attraverso la lente umoristica vogliono anche mordere “la polpa del tempo”: basti pensare alla figura di “Battista, l’ingenuo fascista” che, nel suo disorientamento umano, morale, politico, scivola verso il qualunquismo. In queste storie sgangherate dove le tecniche del gran cartoonist si servono per ridere di ripetizioni, inversioni, interferenze, il fumetto conferma in ogni sua figura l’impressione di scoppiare, ogni singola vignetta fa un’enorme fatica a contenere l’illustrazione. E per raccontare le imprese funamboliche e incredibili di Alonza Alonza detta Alonza, Alvaro il Corsaro, Elviro il Vampiro, Gallina Gamba di Quaglia, Giacinto corsaro dipinto, Jacovitti attinge alla sua incontenibile satura lanx che unisce geniale inventiva linguistica e surreale estro figurativo. Affronta tutti i generi, li percorre, li trasforma, li contamina.

Dal western al giallo alla fantascienza alla cappa e spada, con incursioni nel melo, l’erotico, il favolistico, nel segno del palazzeschiano “lasciatemi divertire”, nell’impenitente apologia del riso e della deformazione caricaturale che non risparmia i classici. Come per lo straordinario Don Chisciotte, un piccolo capolavoro del genere, apparso nel Vittorioso nel 1950, ovviamente non fedele all’originale, letterario filtrato dall’inconfondibile umorismo surreale di Jacovitti, straripante di dettagli, con il suo inconfondibile segno. Un ricordo personale; mi capitò di intervistarlo nel periodo che precedette la sua caduta che avvenne con gli anni Ottanta quando, senza più riferimenti sicuri nella committenza su cui aveva saputo creare la sua figura di cartoonist, il suo estro si era un po’ appannato, fino all’ultimo Cocco Bill.

Benito Franco Jacovitti mi apparve come un tranquillo sessantenne, un po’ pacioccone, con abitudini di borghese dichiarate e convinte. Quando smetteva di lavorare a metà pomeriggio, andava a fare la spesa con la moglie, coltivava l’hobby delle vecchie carabine e delle automobili in miniatura, cercava il dialogo difficile con la figlia Silvia, faceva moraleggianti discorsi sulla violenza e sul quieto vivere come suprema aspirazione. Di una cosa era orgoglioso, un curioso affare, un investimento su se stesso a suon di milioni e vincendo un’agguerrita concorrenza. Aveva comprato con l’esclusiva le sue origini grafiche: le prime storie di Pippo, Pertica e Palla dal segno ancora incerto, le prime esilaranti panoramiche. L’affare era stato dei migliori, come un attico a Vigna Clara preso a prezzo di svendita. Dopo pochi mesi, quel materiale iconografico valeva già il doppio di quanto era stato pagato. E sarebbe ancora cresciuto di prezzo, visto che si vendeva bene anche all’estero. Lui ne era sicuro, proprio sicuro. E ridacchiava con grande soddisfazione.

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Il libro di Stefano Milioni ed Edgardo Colabelli con prefazione di Vincenzo Mollica scritto in occasione del centenario della nascita di Benito Jacovitti racconta creazioni anche inedite del fumettista che inventò “Cocco Bill”

«Jacovitti aveva 20 anni quando, dopo l’8 settembre del 1943, si ritrovò ricercato dalle SS. Era nascosto in una casa a Firenze. Gli alleati bombardavano alcuni punti nevralgici della città per stanare i nazisti. In questa condizione non proprio ideale iniziò a lavorare sulle illustrazioni del Pinocchio di Collodi, che sarebbe stato uno dei suoi capolavori. Credo che questo breve aneddoto lo rappresenti molto. È uno di quegli uomini che in qualunque situazione, anche la più drammatica e buia, ha cercato bellezza e leggerezza, senza mai dimenticare il senso dell’umorismo».

Così lo scrittore Stefano Milioni che, per l’occasione dell’anniversario di “Jack Lisca di Pesce”, ha scritto con Edgardo Colabelli per l’editore Ballon’s Art lo splendido 100 anni con Jacovitti, che ne ripercorre la vita e tutte le sue straordinarie invenzioni, i salami, la lisca di pesce, le mani e i piedi mozzi, tanti piccoli marchi di fabbrica che segnavano il territorio, qualora lo stile inconfondibile non fosse sufficiente. «Era - continua Milioni - un artista, un pensatore libero. Ha fatto arrabbiare tutti: fascisti, comunisti, cattolici. La realtà è che era contro qualsiasi dittatura. Obbediva solo a quella dell’immaginazione e per questo alla fine piaceva un po’ a tutti».

Oltre al ricordo che accomuna un’infinità di lettori, cosa resta oggi di Jacovitti?

Una produzione sterminata di storie bellissime e disegni con cui ha elevato a forma d’arte il fumetto, che fino al suo avvento era considerato un’arte minore. Con Jacovitti il fumetto in Italia ha spiccato il volo, aprendo nuove prospettive anche agli autori che sono venuti dopo di lui.

Il nuovo fumetto umoristico e le graphic novel quanto devono a lui?

Difficile dirlo, ma sicuramente la sua vena di sana follia si può ritrovare in disegnatori come Andrea Pazienza oppure ZeroCalcare, che, anche se in modi diversi, hanno raccolto la sua ere dità. La lezione che ha lasciato è quella degli artisti veri: osare sempre. Ha giocato con tutti i generi del racconto, dal western al gangster movie. È stato un Bosch con un senso dell’umorismo alla Mel Brooks.

Suggerisca ad un giovane che non sa nulla di lui, una sua storia, una sua vignetta, un suo personaggio che possa conquistarlo e farlo amare nonostante il tempo che è passato dalle sue straordinarie invenzioni. Non potrei che suggerire Cocco Bill, il primo, forse unico, supereroe italiano. Così diverso da quelli americani. Un supereroe senza super-poteri che conta solo sul suo ingegno e sulla sua destrezza con la pistola. Si trova immancabilmente in situazioni più grandi di lui e non ha mai tanta voglia di affrontarle. Ama la camomilla e gira sul suo cavallo Trottalemme. Un vero eroe mediterraneo. Ma sug gerirei anche la lettura di Battista l’ingenuo fascista, una storia dedicata al ventennio. È uno Jacovitti meno conosciuto. Lo stile è più asciutto, ma è sempre pungente, efficace. Racconta lo smarrimento dell’uomo comune in quegli anni. È neorealismo. Il Roma Città Aperta del fumetto italiano.

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100 ANNI CON JACOVITTIBALLON’S ART
Cultura

AUTISMO, LA SCUOLA DI DOPPIAGGIO CHE PUNTA

ALL’INCLUSIONE

Formare doppiatori professionisti che possano prestare la voce al personaggio di un film, di un cartone animato ma anche a uno spot pubblicitario, che riescano a raccontare un podcast o a registrare un audiolibro. È questo l’obiettivo della Cooperativa Tice di Piacenza impegnata con ragazzi neurodivergenti, in particolare con disturbi dello spettro autistico: l’idea è rendere più inclusivo un settore che si apre a infinite possibilità, partendo dalle abilità dei protagonisti. A raccontare ‘progetto Pappagallo’ è Silvia Iacomini, psicologa e responsabile dell’iniziativa.

«Ci siamo accorti che molti bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico si impegnano con piacere a imitare suoni, a dare un’intonazione particolare a frasi di film, cartoni animati - spiega a 50&Più la responsabile del progetto - e questa è una delle caratteristiche diagnostiche dell’autismo che abbiamo provato a valorizzare incanalandola in un’attività come quella del doppiaggio, che per alcuni partecipanti potrebbe avere anche un risvolto lavorativo».

I corsi sono tenuti da un attore pro-

fessionista, affiancato da uno psicologo come supporto nella gestione del gruppo e capace di affrontare le complessità relazionali ed emotive. «Questo perché bisogna considerare le difficoltà relazionali e le rigidità legate all’autismo. I ragazzi lavorano in piccoli gruppi e il nostro supporto come professionisti è legato proprio

all’aspetto relazionale e comunicativo. L’attore-docente gestisce la lezione, e ormai è formato per lavorare con ragazzi neurodivergenti, in un esercizio di flessibilità interessante anche per lui oltre che per i ragazzi. In questo contesto vengono fuori dinamiche molto diverse da quelle che si riscontrano in altri ambiti, e questo è un punto di forza per tutti. Tra l’altro, ci sono molti dei ragazzi che seguono il corso che frequentano la cooperativa e che vengono seguiti anche in altri percorsi, ed è interessante vedere come con il doppiaggio vengano fuori aspetti del loro carattere che magari prima non avevamo considerato», continua la responsabile del progetto.

Qual è la fascia di età dei partecipanti?

I partecipanti sono giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, c’è chi sta concludendo il percorso scolastico, chi lo ha appena concluso e chi, un po’ più adulto, cerca una strada per affacciarsi al mondo del lavoro. Il mondo del doppiaggio è vario, non

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Attualità
‘Pappagallo’ è il nome del progetto ideato dalla cooperativa Tice di Piacenza e coinvolge giovani tra i 18 e 30 anni. Gli studenti lavorano anche alla realizzazione di audio libri.
Silvia Iacomini: «Lavorare in gruppo è importante»

riguarda più solo i film, ma anche gli audiolibri, i podcast, e in tutti questi campi siamo abituati a sentire solo voci neurotipiche. La nostra idea è proprio quella di portare in questo mondo anche modelli neurodivergenti e provare a creare un modello di inclusione. Sfruttando, come dicevo, una caratteristica dei ragazzi che rende questa attività motivante. Abbiamo anche lavorato con una fascia di età più giovane, ad esempio abbiamo tenuto un corso online di due mesi con un gruppo di adolescenti siciliani, ma si parla più di laboratorio che non di attività professionalizzante e finalizzata a un’occupazione lavorativa.

dei distributori automatici. Per presentare il progetto hanno deciso di realizzare un video e hanno chiesto a noi lo “speakeraggio”. Sappiamo che il mondo del doppiaggio è molto competitivo, che ha una sua tradizione, ma che oggi si sta aprendo a un modello inclusivo. Se in una serie Tv, ad esempio, c’è un personaggio con disturbi dello spettro autistico, perché non farlo doppiare a un ragazzo autistico piuttosto che a un ragazzo neurotipico che deve recitare di esserlo?

Come si è sviluppato il corso e quali effetti positivi sono evidenti nei ragazzi?

All’inizio, soprattutto per i ragazzi che ci contattano ma non frequentano già il centro, facciamo una valutazione delle abilità comunicative e relazionali. Per interessarli partiamo sempre da richieste fatte da loro e ognuno propone quello che gli piace. Abbiamo cominciato doppiando parti di film o cartoni che interessavano ai ragazzi e poi siamo riusciti a proporre altre attività con uno scopo educativo. Adesso i nostri doppiatori si stanno preparando per dare la voce a un audiolibro per bambini, siamo riusciti ad aumentare la difficoltà del lavoro. A livello comportamentale ci sono tan-

ti aspetti sui quali si lavora e si vede un cambiamento in positivo. Pensiamo alle abilità relazionali, al fatto di saper attendere il proprio turno, di rispondere a una critica, di imparare a ricevere delle valutazioni correttive rispetto al proprio lavoro, saper chiedere aiuto o rispondere in modo gentile. Lavorare in gruppo è importante in questo contesto, oltre al fatto che gli allievi ricevono risposte molto naturali perché l’attore che tiene le lezioni si pone con loro come farebbe con qualsiasi altro studente, anche se siamo in un contesto protetto.

È già arrivata qualche proposta lavorativa per i giovani doppiatori?

Abbiamo ricevuto la richiesta di prestare la voce a uno spot pubblicitario da parte della cooperativa sociale Chicco Cotto per il progetto BreakCotto, in cui i ragazzi con autismo vengono inseriti nella manutenzione

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Il progetto lavora su molti aspetti comportamentali dei ragazzi che partecipano. E si vedono cambiamenti positivi nelle loro abilità relazionali perché devono saper attendere il proprio turno rispondere a una critica imparare a ricevere delle valutazioni e chiedere aiuto

Anniversari

IL CASO MORO I PUNTI MAI CHIARITI

A quarantacinque anni dal ritrovamento del corpo in via Caetani, sono ancora tanti i misteri su cui fare luce

Chi era davvero coinvolto nel rapimento di Aldo Moro?

La Commissione parlamentare di inchiesta ricostruisce quel giorno tra planimetrie e testimonianze

maggio 1978: il corpo senza vita di Aldo Moro viene ritrovato all’interno del bagagliaio di una Renault rossa in via Caetani, a Roma. È l’inizio di una catena di misteri lunga 45 anni. Dal giorno drammatico che sancì la fine del “compromesso storico” in Parlamento, tra innumerevoli indagini, una mole impressionante di documenti e testimonianze, confessioni, omissioni e depistaggi, molte questioni rimangono tuttora aperte. Tra queste, il sospetto che a partecipare al rapimento dell’Onorevole - in via Fani, il 16 marzo 1978 a Roma - non siano stati solo i terroristi reo confessi, ma anche frange occulte della criminalità organizzata, intervenute - parrebbe - anche nelle fasi successive relative al sequestro del leader della Democrazia Cristiana. Tra i numerosi tentativi di questi anni, anche quello della Commissione parlamentare antimafia che prova a far chiarezza sui misteri, pubblicando Risultanze di un supplemento di acquisizioni investigative sull’eventuale presenza di terze forze, riferibili ad organizzazioni criminali, nel compimento dell’eccidio di via Fani.

Per i commissari quel giorno le Brigate Rosse non agirono da sole. Spiegano: «Si può legittimamente ritenere che nell’organizzazione di un’azione che comportava capacità strategiche

elevate e una notevole preparazione militare di cui i brigatisti, per loro stessa ammissione, non disponevano, sia stato chiesto ed ottenuto l’apporto, con qualche contropartita, di uno o più soggetti che potevano assicurare la propria esperienza, tanto nell’uso delle armi da fuoco in condizioni difficili, quanto nella gestione dei sequestri di persona». Per i commissari, non parteciparono solo i terroristi travestiti da avieri, ma anche esponenti della criminalità organizzata, coinvolti successivamente nelle fasi della lunga prigionia di Moro.

Il lavoro della Commissione antimafia

I commissari portano alla luce prove e testimonianze vecchie e nuove, evi-

denziando i limiti investigativi delle prime indagini. Oltre la raccolta sommaria dei bossoli (che non aveva di certo agevolato i periti), bisogna considerare la confusione con la quale sono state condotte le audizioni dei testimoni, senza una planimetria dettagliata e unica per tutti, così da rendere oppugnabili le loro dichiarazioni. Una situazione alla quale la Commissione ha posto rimedio riascoltando tutte le persone coinvolte nei fatti. Analizzando di nuovo la conta dei proiettili, la posizione dei corpi e dei bossoli, le testimonianze dei brigatisti e di chi per caso aveva assistito alla scena, viene infine smontata la precedente ricostruzione della Polizia scientifica, avvalorando di fatto una nuova ipotesi.

La nuova ricostruzione dell’agguato

Una testimone oculare, C.D., il cui racconto non era stato considerato nella relazione della Scientifica all’epoca, è stata riascoltata e ha ribadito - in fase di ricostruzione della sparatoria, planimetria dettagliata alla mano - il suo convincimento che i poliziotti della scorta furono assaliti non da un lato solo (come i brigatisti hanno sempre sostenuto), ma anche da qualcun altro nascosto alle loro spalle, chedopo aver ucciso - si è dileguato autonomamente. Cosa che spieghereb-

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Anniversari

be anche il travestimento da aviere delle BR, che avrebbe loro evitato, nella confusione della sparatoria, il rischio di “fuoco amico”. La ricostruzione è suffragata da altri testimoni oculari, dalla nuova perizia balistica e dalle incongruenze nei racconti di due brigatisti - Valerio Morucci e Mario Moretti - che per i commissari hanno volutamente mescolato le carte diffondendo notizie inesatte.

Vale la pena riportare ancora una volta le parole della relazione: «Vi sono forse tra gli attori di via Fani rimasti sconosciuti, identità imbarazzanti, non dicibili e tali da mutare in parte il segno e la matrice dell’intera operazione del 16 marzo. Questo velo di silenzio, non spiegato e non spiegabile, è probabilmente solo una parte di quanto avvenuto nella fase finale della prigionia e poi nel giorno dell’uccisione di Moro. La convulsa fase finale della vicenda è percorsa ancor più da elementi di non detto e da dubbi su presenze e interferenze estranee allo stretto nucleo brigatista; e ciò con particolare riguardo alla discussione sulla possibile liberazione dell’ostaggio».

Il duplice ruolo

della criminalità organizzata

Con quest’ultima affermazione i commissari riconoscono l’intervento di una criminalità non di matrice terroristica oltre che nell’eccidio in strada (almeno un altro tiratore e, come riporta il testimone L.M., una moto di copertura con due uomini a bordo), anche nella fase successiva del rapimento dell’onorevole democristiano. Deduzione nata dall’ascolto di un ex boss della Banda della Magliana (poi divenuto collaboratore di giustizia), Maurizio Abbatino, che ha portato alla luce un intreccio politico-criminale nel quale la criminalità di Raffaele Cutolo si sarebbe offerta da tramite per la liberazione dell’ostaggio in cambio di vantaggi, ricompense e contropar-

tite, come “trattamenti processuali e penitenziari di favore” (bisogna infatti considerare che dal 1975 era stato introdotto il regime di carcere duro). Un coinvolgimento della malavita presente anche nell’esito finale del sequestro, al punto da far supporre - spiega la relazione - che Moro non sarebbe stato ucciso nel box di via Montalcini, ma in un luogo diverso non distante dal punto del ritrovamento: il Ghetto di Roma, dove le BR - secondo la recente indaginepotevano contare su persone “a loro vicine”, individuate e identificate già nel corso delle indagini precedenti.

Gli altri attori di via Fani Altro elemento di interesse è l’ipotesi che nella seconda fase della vicenda siano intervenute “terze forze”, come risulta dalle investigazioni compiute su una struttura occulta denominata “l’Anello” - una sorta di servizio segreto non ufficiale la cui operatività è emersa durante le indagini sull’eversione di destra condotte negli Anni ’90 -, che hanno confermato le dichiarazioni di Abbatino circa il coinvolgimento di Raf-

faele Cutolo nella fase finale della vicenda: la camorra, infatti, sarebbe stata in possesso di notizie importanti sul luogo della custodia di Moro che ne avrebbero consentito la liberazione. Informazioni in parallelo con l’altra iniziativa già nota, posta in essere dal Vaticano, che comportava il pagamento di un riscatto. Ma alla fine tutto si bloccò per una decisione politica.

Nonostante queste ed altre circostanze emerse nel corso dei lavori, la Commissione antimafia non mette la parola fine ad una delle pagine più controverse della storia italiana, ma auspica che i nuovi elementi emersi e le ipotesi fatte possano essere utili a chiarire le zone d’ombra ancora in piedi: dopo 45 anni sono ancora aperte le indagini presso la Procura e la Procura Generale di Roma. Ma se le vicende di Moro, fine e coraggioso uomo politico, si chiudono lasciando ancora troppi punti interrogativi, il ricordo dell’uomo resta affidato per sempre alle sue lettere scritte dal “carcere”. L’ultima per sua moglie: «Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli».

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VERONICA RAIMO L’IRONIA CONTRO IL VUOTO

La scrittrice, vincitrice del premio Strega Giovani nel 2022, ama esplorare le possibilità della scrittura Tra invenzione e realtà, attualità e utopia colma vuoti e sfida le convenzioni

Sensibile, dissacrante, capace di spaziare dal racconto distopico al romanzo di formazione, Veronica Raimo è tra le voci più interessanti del panorama letterario italiano. Autrice di quattro romanzi e una sceneggiatura, ha catturato l’attenzione del pubblico e della critica con Niente di ver o, il suo libro più recente, un memoir atipico (genere letterario ndr) pubblicato nel 2022 da Einaudi e vincitore nello stesso anno del Premio Strega Giovani e dello Strega Off. Romana, laureata in Lettere, un’esperienza di ricerca all’Università Humboldt di Berlino, Raimo ha la dote di certi scrittori “sensitivi”, che stanno al passo coi tempi senza inseguirli. Se in Miden (Mondadori, 2018) ha colto in anticipo implicazioni e potenziali contraddizioni del movimento “MeToo”, narrando la storia della presunta violenza su una ragazza ad opera di un professore universitario, dal duplice punto di vista dell’accusato e della sua compagna, con Niente di vero è riuscita a scrivere un romanzo familiare e generazionale. L’affresco di una condizione e di un sentimento: quelli di

Ritratti
Con il libro “Miden” ha colto in anticipo implicazioni e potenziali contraddizioni del movimento “MeToo”, narrando la storia della presunta violenza subita da una ragazza da parte di un professore universitario Una storia dal duplice punto di vista

una giovane donna che sguscia tra i ruoli (figlia, amica, amante) e cerca il suo posto nel mondo. Non sembra dar peso all’impresa, Veronica, seduta al tavolino di un bar del centro, sotto il cielo chiaro di un pomeriggio romano. «Non ho immaginato tutto questo - ammette candidamente -. Da piccola scrivevo. Poesie maledette in adolescenza, come forma di sfogo. Ma non ho mai avuto il sogno della scrittura né l’immagine di un destino. Poi a Berlino, grazie a una borsa di studio post-laurea, ho sperimentato per la prima volta la condizione di avere abbastanza soldi per vivere e tempo libero in abbondanza. Ho capito che l’accademia non faceva per me e ho sentito il bisogno di qualche forma di distrazione. È nato un romanzo non premeditato che ho sottoposto per un semplice confronto alla casa editrice Minimum Fax, con cui avevo contatti. È piaciuto, lo hanno pubblicato e tutto il resto è venuto di seguito».

Nell’incipit di Niente di vero Raimo rovescia una celebre frase del poeta polacco Czeslaw

Milosz: “Quando in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita”. Per lei, invece, non è la famiglia ma lo scrittore a fare una brutta fine. «Ho un rapporto conflittuale con la famiglia - spiega -. Con l’istituzione della famiglia. Con l’idea dei genitori che accudiscono e accompagnano i figli, spesso fuori tempo massimo, per legge e per consuetudine. I rapporti familiari sono in gran parte il prodotto di un condizionamento sociale. Sarebbe bello se fossero rapporti come tutti gli altri, rapporti alla pari. Senza obblighi e vincoli, fondati sulla scelta e sul rispetto libero». Lo stesso rispetto che si prova per

i maestri e i modelli letterari, col diritto di amarli, abbandonarli e magari riprenderli. «I miei gusti letterari - racconta Raimo - sono cambiati nel tempo. Ho molto amato Camus, Fitzgerald, Philip Roth, Ingebor Bachman. Oggi mi affascinano le narrazioni ibride e molto meno i romanzi fondati sulla trama. Amo le opere, non solo letterarie, che ragionano sul linguaggio e i suoi meccanismi, che affrontano

capire ciò a cui tengo veramente». Ma quello della condivisione non è l’unico rituale a cui è legata. «Mi piace scrivere nei bar, nei luoghi affollati, e per niente nel silenzio e in solitudine. Penso sia per provare un senso di realtà, di vita». La stessa vita che spesso, nei romanzi di Raimo, è guardata attraverso la lente dell’ironia e lambita dal sentimento della noia. La scrittrice accenna un sorriso e chiarisce il concetto. «Da buona discepola degli esistenzialisti, penso che la noia sia la condizione umana per eccellenza. Tutto il fare, il gran darsi da fare che caratterizza le nostre vite, è una reazione anche troppo accanita. Forse sarebbe meglio solcarla, la noia, lasciarsi andare… Quanto all’ironia, è un modo di affrontare l’assurdo. Di disinnescare l’enfasi e la retorica. O magari è solo una forma di disperazione».

questioni sul mezzo». Anche Veronica ha reso ibrida la scrittura con altre esperienze creative: la traduzione, sempre in ambito letterario, e il cinema, in collaborazione col regista Marco Bellocchio per il film Bella addormentata. Esperienze che, dice, le hanno insegnato a sparire. «In modi diversi e analoghi, cinema e traduzione mi hanno insegnato a mettermi al servizio. È una palestra di condivisione, un buon esercizio per il proprio ego. Il mio non è grande, credo: non sono gelosa di quello che scrivo, mi piace confrontarmi con persone di cui mi fido. Le loro obiezioni e resistenze mi aiutano a

Ride, adesso. Quando le chiedo come l’ha cambiata la scrittura, dell’ironia mi dà un saggio pratico. «La scrittura mi ha portato sicurezza, anche in termini economici. Mi ha spinto - per ragioni collaterali, di rappresentanza dei miei libri - a forzare certi miei limiti, a superare certe mie idiosincrasie, come il fastidio a espormi. Ma sarei felice se tutto questo non fosse necessario. Non ho l’assillo del successo e vivo la scrittura come espressione. Non sento la responsabilità di suggerire idee o visioni. È bello che i lettori trovino nei miei libri significati molteplici - e spesso ulteriori, imprevisti - ma questo riguarda loro, non me. I libri sono una possibilità, ma non so se sarò ancora capace di scrivere domani, e se ne avrò voglia. Alla scrittura chiedo solo il supremo affrancamento. Tempo libero, per non fare nulla».

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LA “DONNA NON RIEDUCABILE”

DEL NOSTRO TEATRO

Donna non rieducabile è la pièce che da 15 anni Ottavia Piccolo presenta nei teatri italiani, alternandola alle tournée di nuove rappresentazioni, ultima delle quali è stata - e nella prossima stagione sarà ancora

- Cosa nostra spiegata ai bambini. “Non rieducabile”, come la giornalista Anna Politkovskaja raccontata nello spettacolo, è il marchio d’infamia che il regime russo applica agli oppositori incorruttibili. La carriera

della Piccolo, iniziata quando aveva 11 anni e proseguita con la guida dei maggiori registi ininterrottamente fino a oggi, dimostra come abbia saputo esprimersi soprattutto a teatro, e anche facendo cinema e televisione, con una coerenza esemplare e un’attenzione sempre maggiore verso le tematiche sociali.

Sessant’anni di carriera: più rimpianti o più rimorsi? Nessuno dei due. Sono molto soddisfatta di quello che fatto. Qualcosa non mi piaceva, ma ci sta. Sono stata fortunata, ho scelto bene e sono venute le occasioni giuste. Ho fatto molto meno cinema di quello che avrei voluto, ma gli spettacoli che ho fatto sono belli. Davvero, non è

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Ottavia Piccolo sessant’anni sul palco proponendo spettacoli ad alta intensità morale e forte denuncia sociale
FOTO ANTONIO VISCIDO

il mio modo di vedere la vita guardare all’indietro. Le cose migliori sono quelle che verranno.

Il teatro ha ancora un valore sociale nel mondo dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale? Penso proprio di sì. Dopo il lockdown, la chiusura nel nostro piccolissimo che ci faceva parlare solo attraverso i metodi di comunicazione digitali, il teatro ha acquistato una nuova forza. Stamattina ho fatto per i ragazzi delle medie e delle superiori lo spettacolo Cosa nostra spiegata ai bambini, che non è per bambini, parla di mafia, di Elda Pucci, sindaca di Palermo per un anno, e di fatti successi 40 anni fa in una forma non semplice da seguire. Per un’ora e mezza di spettacolo e dopo, per un’ora di discussione, non si sono mossi dalla platea. Mi sono eccitata ad ascoltarli fare domande più che pertinenti, attente, che volevano capire, sapere. Dopo questo periodo drammatico di chiusure in tutti i sensi, anche in noi stessi, girando per l’Italia vedo teatri pieni e persone che, se si facesse il dibattito a seguire come negli Anni ’70, si fermerebbero volentieri. Il teatro si può fare solo insieme al pubblico e la gente ne ha voglia. Quindi serve ancora.

Questo è il mese in cui avvennero la strage di Capaci e l’omicidio di Peppino Impastato, però la stagione stragista della mafia

è ormai finita, Messina Denaro

è in carcere, persino La Piovra

è chiusa da vent’anni. Quindi va tutto bene…

“E manco pe’ gnente”. Sappiamo benissimo che la mafia ha cambiato pelle, ma questo lo dicevano già Borsellino, Falcone e tutti quelli che l’hanno combattuta e sono morti. La mafia ha smesso di sparare in modo plateale come succedeva negli Anni ’80 e dopo, però esiste, si è trasformata. Già allora mandava i figli a studiare all’università, perché così tornando sapevano

come muovere le mani, investire, manovrare gli appalti e tutto quello che sappiamo. Probabilmente non ci siamo abbastanza attrezzati per capire. Bisogna essere sempre attenti, attivi e pronti a combattere. Speriamo che i giovani capiscano, perché dipende tutto da loro.

I suoi ultimi spettacoli sono legati a forti temi sociali, la mafia, i migranti, i delitti politici in Russia… Perché questa scelta?

Un po’ per caso. Un po’ perché una ventina di anni fa mi sono guardata intorno e ho cominciato a pensare che il teatro che avevo fatto fino a quel momento proponeva argomenti che mi stavano un po’ stretti. Già, se allora mi avessero proposto di fare, che so, Chi ha paura di Virginia Wolf? sulla crisi della coppia, avrei detto: “non me ne importa niente”. Quindi ho cominciato a leggere testi nuovi ed è capitato che ho fatto spettacoli come Rosanero di Roberto Cavosi sulla mafia, poi ho letto Le irregolari di Massimo Carlotto sulle madri di Plaza De Mayo e i desaparecido e ne ho fatto uno spettacolo; e poi Israele e la Palestina, poi Anna Politkovskaja, poi il problema del lavoro, le donne e la perdita dei diritti. Insomma, mi sono guardata intorno e le cose che vedo e che leggo mi piace farle diventare un teatro che vorrei andare a vedere. Parole mute che parla dell’Al -

zheimer e dei problemi dell’età avanzata. Per presentarla lei disse: “invecchiare bene è anche una questione di testa”…

Diciamo subito che invecchiare è una gran rottura di scatole. È inutile fingere che tutto vada bene, perché il nostro corpo comincia a chiederci cose che non ci aveva mai chiesto, di metterci tranquilli, di non agitarci, di mangiare meno e camminare di più. La realtà è complessa, però se uno ha interessi, ha da fare, non si annoia, la affronta meglio. E modi per non annoiarsi ce ne sono tanti, a cominciare dal guardarsi intorno e vedere se c’è chi ha bisogno di noi. Penso che il mio mestiere serva a qualcosa e quindi continuo a farlo ma, quando non potrò più perché sarò abbastanza rimbambita da non ricordarmi quello che devo dire, magari potrò aiutare qualcuno che è più in difficoltà di me. In questo senso dico che la testa conta, perché se ci si rinchiude in una stanza a guardare la televisione la testa s’addormenta e ci porta a non fare più nulla.

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«Guardare all’indietro non è il mio modo di vedere la vita
Le cose migliori sono quelle che verranno»
FOTO ANTONIO VISCIDO

LA CULTURA DELLA LEGALITÀ PER COMBATTERE LA MAFIA

Sono le 17.56 di sabato

23 maggio 1992. Cinque quintali di tritolo uccidono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, nei pressi dello svincolo autostradale per Capaci. Cinquantasette giorni dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino viene ammazzato insieme a cinque poliziotti, in via D’Amelio: alle 16.58 scoppiano 90 chili di esplosivo Semtex, stipati in una Fiat 126 rubata, parcheggiata a poca distanza dal giudice. Cosa Nostra - con questi attentati - vuole mettere a tacere i due magistrati che avevano indagato sulla mafia, svelandone gerarchie e intrecci, arrestando i capi delle cosche e gli affiliati. Ma l’eco delle parole di Falcone e Borsellino non svanisce, anzi, da allora risuona con più vigore e abbatte il muro di omertà. La loro morte risveglia la società civile e sono tanti i gesti con cui dimostra di non arrendersi alla violenza della mafia. Nello stesso anno delle stragi, il 10 dicembre, nasce la Fondazione Falcone, con la missione di promuovere la cultura della legalità, soprattutto tra i giovani. In collaborazione con il MIUR (Ministero dell’Istruzione e del Merito), ha dato vita a “L’università della Legalità”, un progetto in cui i ragazzi interpretano la legalità attraverso varie forme d’arte: opere teatrali, mostre fotografiche e concerti.

Il 23 maggio 1992 moriva Giovanni Falcone. Ancora oggi i suoi messaggi di speranza e coraggio continuano a ispirare progetti educativi La società civile fa sentire la sua voce contro la mafia

di Giulia Zaccardelli

Ha realizzato, inoltre, “Il viaggio della Legalità” per 1.500 studenti delle scuole superiori giunti a Palermo a bordo di una nave SNAV da Civitavecchia.

Intanto, il 23 maggio 2002 viene istituita la ‘Giornata per la legalità e il contrasto alla criminalità mafiosa’. Un’occasione per cercare nell’arte e nella cultura un linguaggio comune, fatto di parole e immagini, a disposizione di tutti. Quest’anno gli studenti incontrano i giudici amministrativi a Palazzo Spada a Roma: a loro presentano fumetti, video e spettacoli teatrali realizzati nell’ambito di un progetto promosso dal MIUR e dal Segretariato generale della Giustizia amministrativa. Il tema dell’iniziativa è “La legalità come strumento di realizzazione personale”.

La Sicilia, più di ogni altra regione, resiste con tenacia. L’esplosione del ’92 - a Capaci - ha scagliato l’auto della scorta di Falcone ad alcuni chilometri di distanza: oggi, in quel luogo c’è il giardino della memoria. È curato dall’Associazione Quarto Savona 15 - sigla radio dell’auto - e c’è un olivo per ogni vittima istituzionale di mafia. Anche Palermo ha cambiato volto: enormi murales decorano le vie della città e lo storico Palazzo Jung presto diventerà un museo per artisti internazionali e un luogo di incontro per la società civile. Così la lotta alla mafia assume i contorni di un movimento culturale improntato all’arte e alla bellezza del confronto quali strumenti favoriti per liberarsi dalla paura e dalla violenza.

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Società

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LAVORO E SENIOR UN FUTURO DA COSTRUIRE

di Redazione

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della . Recita così l’articolo 4 della Costituzione italiana. È in queste parole che è racchiuso il più alto significato del termine ‘lavoro’ che non può prescindere dai diritti e dai doveri, e l’età non può essere una discriminante. Il tema lavoro e senior è già ricordato nel volume La popolazione anziana: un futuro da costruire, realizzato da Associazione 50&Più e Fondazione Leonardo (Ed. il Mulino, 020). L’opera affronta la dimensione psico-sociale del lavoro in età anziana, gli aspetti tecnico-organizzativi e il ruolo delle organizzazioni.

Una pagina della storia recente, quella della pandemia, ne ha modificato contenuti e confini. Ha ridisegnato, con qualche scossone, il mondo dell’impegno quotidiano costringendo tanti a reinventarsi, stringere i denti e trovare vie d’uscita. Dati Istat raccontano di un aumento occupazionale e le cronache giornaliere di incidenti mortali sul lavoro: il bilancio dei primi due mesi dell’anno è di cento morti (ad aprile se ne contano cinque in soli tre giorni). Il 1° maggio viene celebrata la Festa dei lavoratori in molti Paesi del mondo, per ricordare le loro lotte e il riconoscimento dei diritti. Corsi e ricorsi storici che trovano nelle nuove forme del lavoro la più alta definizione di un futuro ormai prossimo: da un lato lavoratori, sindacati e associazioni, dall’altro il Governo chiamato a intervenire per riconoscere il diritto al lavoro e promuoverne le condizioni opportune. Intanto, si fanno strada nuovi modelli lavorativi e nuove professionalità.

AUMENTA IL NUMERO DELLE OCCUPAZIONI IN ITALIA

cale e immediato come quello dell’attuale transizione digitale, qualche ritardo di comprensione è fisiologico. Il disorientamento che vive oggi il mondo del lavoro si traduce in una sorta di disallineamento tra domanda e offerta di professionalità, dubbi sulla scelta dei percorsi di formazione, scomparsa e nascita di nuove professioni.

Impreparati al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione - ma questo lo sapevamo già - lo siamo ora davanti alle dinamiche fluttuanti del mercato lavorativo, già di per sé molto complesso. Persino al netto della profonda trasformazione tecnologica che ci ha investiti e a cui, nel frattempo, ci stiamo progressivamente adeguando.

Aumentano gli occupati rispetto ad un anno fa

In questo scenario fluido e complesso qualche buona notizia c’è: i dati Istat di febbraio scorso dipingono un quadro rassicurante con un’occupazione in ripresa se rapportato allo stesso periodo di un anno fa: +352mila unità. Rispetto a febbraio 2022, infatti, è sceso sia il numero delle persone in cerca di lavoro (-4,5%, pari a -94mila unità) che quello di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-3,1%, pari a -398mila). È stabile anche il numero degli occupati: a febbraio scorso, confrontato con il mese di gennaio, è rimasto superiore alle 23milioni e 300mila unità.

Lavoro che cambia, lavoro che c’è, lavoro che sparisce, lavoro che torna, lavoro sempre più agile. Tra cloud, ibrido o reskilling (riqualificazione, ndr) il settore dell’impiego in Italia ha intrapreso, da almeno un paio di anni, una rivoluzione copernicana che sta cambiando il nostro modo di produrre, di lavorare, di “essere” persino sul posto di lavoro.

Il punto di non ritorno, ovviamente, la pandemia da Covid-19 che ha finito col rendere reale tutto quanto appariva né più né meno solo come una tendenza. Una tendenza che sembrava distante, osservata dal buco della serratura persino dagli addetti ai lavori, nella convinzione che avrebbe riguardato generazioni più lontane. O che non fosse poi tanto vicina.

Di fronte a un cambiamento così radi-

I dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS), della Banca d’Italia e dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) - pubblicati su cliclavoro.gov. it - confermano questa tendenza: se il lavoro aveva frenato nella seconda metà del 2022, nei primi due mesi del 2023 la domanda nel privato è tornata a crescere a ritmi sostenuti, visto che tra gennaio e febbraio di quest’anno sono stati creati oltre 100.000 posti. Al netto delle cessa-

Inchiesta 50&Più
Dopo la contrazione del 2020 e la crescita contenuta del 2021, si registra un +545mila unità A crescere nel tempo, secondo l’Istat, è stata soprattutto la fascia anziana dei lavoratori
È l’effetto demografico
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zioni è un incremento che “doppia” quello del bimestre precedente (novembre-dicembre 2022) e che porta in particolare la firma del settore dei servizi, sebbene anche la manifattura abbia ripreso a crescere insieme all’industria (quest’ultima penalizzata la scorsa estate dal rincaro dell’energia). Se si guarda alle singole aree e ad un orizzonte di tempo più ristretto e più vicino a noi, i dati di cliclavoro.gov. it ci dicono che la crescita della domanda di lavoro - nel complesso - è stata più marcata nelle regioni del Centro-Nord. Proprio qui, nel primo bimestre del 2023, si è concentrato oltre l’80% dei posti di lavoro creati. Dal canto suo anche il Mezzogiorno, superato il ristagno della seconda metà del 2022, ha visto una dinamica occupazionale in crescita per la percentuale rimanente.

A crescere è soprattutto la fascia degli over 50 Riportando le lancette dell’orologio ancora un po’ più indietro, i dati Istat ci dicono che gli occupati nella media del 2022 sono cresciuti di 545mila unità rispetto al 2021. Una tendenza positiva, che arriva da lontano e che ha riportato la situazione ai livelli del 2019. Gli aumenti hanno riguardato uomini, donne e tutte le classi d’età, eccetto quella dei 35-49enni per via delle attuali dinamiche demografiche. C’è poi chi tende a crescere più degli altri: sono gli over 50. Secondo l’Istat, tra gennaio 2022 e gennaio 2023, gli occupati over 50 sono aumentati di 323mila unità (+3,6%), con un bel colpo di acceleratore tra dicembre 2022 e gennaio 2023: +67mila unità. Davvero minima invece la crescita degli occupati tra i 35 e i 49 anni: nell’ultimo anno è stata appena dello 0,1% (10mila unità). Così come non cresce molto la fascia tra i 25 e i 34 anni (+1,8%, ovvero 73mila unità), mentre la classe

di popolazione tra i 15 e i 25 anni ha registrato un incremento tra gennaio 2022 e gennaio 2023 più consistente (+4,8%, ovvero 53mila unità). Certamente il boom occupazionale degli over 50 va ben inquadrato, letto attraverso la lente delle attuali tendenze demografiche. La popolazione in età da lavoro (15-64 anni), infatti, va sempre più riducendosi e nel solo 2022 è scesa di 133mila unità. Sono gli effetti di una piramide demografica ormai rovesciata, con sempre meno giovani a popolare il mercato del lavoro. Una condizione che ci fa capire - almeno in parte - da cosa derivi questo incremento.

Le aziende riassumono gli over 50 Calo delle nascite e invecchiamento della popolazione: sono questi i fattori che stanno facendo sentire i loro effetti anche sul mondo del lavoro, indebolendo il turn-over generazionale. Secondo il 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, negli ultimi dieci anni (2012-2022), gli occupati delle fasce d’età 15-34 anni e 35-49 anni sono diminuiti. I primi hanno segnato un -7,6%, i secondi un -14,8%. Assai diversa la situazione per i 50-64enni e quelli con 65 anni e oltre: sono aumentati rispettivamente del 40,8% e del 68,9%.

La fotografia è quella di un mercato del lavoro che sta vivendo un forte divario generazionale. Tuttavia, la risalita degli occupati over 50 non è da imputare solamente all’invecchiamento generale. Dopo anni passati a tagliare il “tagliabile”, a ridurre le spese licenziando, ad abbattere i costi per restare competitive a scapito delle risorse umane più anziane, le imprese sembrano aver invertito la tendenza. I continui riassetti interni hanno finito col lasciarle a corto di profili, svuotate di competenze e di quella cultura

che è indispensabile nelle posizioni di vertice. Così - proprio come dimostrano i numeri dell’occupazionehanno preso a rivalutare i lavoratori over, complice un’economia che continua a marciare e che ha bisogno di attingere a tutti i bacini professionali. Un’ulteriore spinta arriva dai concorsi pubblici, anche questi caratterizzati dalla richiesta di iper-competenze da sfruttare nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Messi alla porta, gli over 50 stanno rientrando nel mondo del lavoro dalla finestra. Un fenomeno che negli Stati Uniti chiamano “re-hiring” (riassunzione, ndr). Esperienza, cultura aziendale, ridotte necessità di formazione sono solo alcune delle caratteristiche

che stanno inducendo le aziende ad assumerli. I lavoratori maturi hanno infatti quella che si definisce “intelligenza organizzativa”, una capacità che si sviluppa solo col tempo. Sanno come muoversi, sanno interpretare le situazioni e individuare le soluzioni, dimostrano autonomia nel lavorare e gestire le persone anche a distanza. Tutte qualità che, secondo le aziende, fanno la differenza.

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I giovani in contrapposizione ai senior Intanto, sotto la rassicurante superficie di un mercato del lavoro che tira, la situazione delle fasce più giovani si contrappone a quella senior. Tra le prime appare più diffusa la great resignation , cioè il significativo aumento delle dimissioni, e il quiet quitting o “lavorare meno”. Come per il resto della popolazione, a spingerli a dimettersi per trovare un altro impiego ci sono le più disparate motivazioni: burnout, bisogno di un posto in cui salvaguardare il proprio benessere, desiderio di gestire meglio il delicato equilibrio vita-lavoro. Un cambiamento culturale innescato dalla pandemia, che ha irrevocabilmente cambiato ciò che le persone si aspettano dal lavoro, rivalutando le loro priorità. Il 6° Rapporto Censis-Eudaimon su questo punto è chiaro: ben il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe la sua occupazione attuale. Una percentuale che sale al 50,4% tra i giovani e al 45,8% tra gli adulti. Alta anche fra gli operai, al 58,6%; meno fra gli impiegati, al 41,6%; solo al 26,9% tra i dirigenti. Tra le motivazioni ovviamente c’è lo stipendio, considerato non adeguato alle proprie esigenze dal 44,2%, percezione che cresce sino al 53% tra i giovani lavoratori. Ma forse con un tasso di occupazione che all’inizio di quest’anno era poco sopra il 60%, anche ottenere il tanto agognato posto di lavoro potrebbe non essere più solo un sogno ad occhi aperti.

CAREGIVER IL LAVORO DI CURA

POCO TUTELATO

Il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per una discriminazione ai danni dei caregiver. Nel nostro ordinamento giuridico nazionale non è prevista alcuna forma di tutela per chi “si prende cura”

In Italia sono oltre 12 milioni le persone - tra i 18 e i 64 anni - impegnate in attività di cura verso figli, fratelli, genitori o altri parenti. Lo attestano i dati dell’indagine ISTAT Conciliazione tra lavoro e famiglia , l’ultima sul tema pubblicata nel 2019. Una re -

sponsabilità di cura che grava principalmente sulle donne che, spesso, devono farsi carico dell’assistenza a familiari malati, disabili o anziani. La tendenza è confermata anche dal IV Rapporto annuale sul lavoro domestico, pubblicato lo scorso anno dall’Osservatorio nazionale DO -

Inchiesta 50&Più
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Nel nostro Paese sono oltre 12 milioni le persone impegnate in attività di cura verso figli, fratelli genitori o altri parenti. Una responsabilità che grava principalmente sulle donne

MINA, secondo cui i lavoratori domestici impegnati nella cura sono prevalentemente donne di cinquanta anni d’età. I caregiver appositamente assunti a tempo pieno o parziale, in questo caso, sono principalmente persone straniere, provenienti soprattutto dall’Est Europa. Secondo i dati DOMINA, il 57,5% è rappresentato da donne straniere, il 27,4% da donne italiane, il 12,4% da uomini stranieri e solo il 2,6% da uomini con cittadinanza italiana. Purtroppo, però, solo il 47,7% di questi è costituito da lavoratori regolari, mentre il restante 52,3% fa parte del cosiddetto “lavoro sommerso”.

Penalizzati

sul mercato del lavoro

Che si tratti di famigliari che ricoprono il ruolo di caregiver o persone assunte per svolgerne la funzione, sembra che le penalizzazioni sul mercato del lavoro interessino entrambi le categorie. Nel primo caso, infatti, la conciliazione del tempo dedicato alla cura con quello adibito allo svolgimento della propria professione dà vita a un duplice impegno che spesso genera un forte stress e impatta su entrambe le sfere della vita della persona. La cura dei cari, infatti, può rivelarsi difficile da gestire, con implicazioni psicologiche ed emotive di vario genere, e le risorse fisiche e cognitive possono non essere sufficienti a rispondere alle richieste lavorative di ogni giorno, portando la persona a trascurare i propri bisogni e ad annullare completamente le proprie necessi-

tà. Chi, invece, svolge un lavoro di cura “professionale” può affrontare altre difficoltà. Secondo quanto riportato in Verso un mercato del lavoro di cura: questioni giuridiche e nodi istituzionali, di Lilli Casano (ADAPT University Press, 2022), queste mansioni sono spesso associate a bassi livelli salariali, a condizioni di impiego precarie e a forme di irregolarità contrattuale che portano a una svalutazione dell’azione di cura. Inoltre, i rapporti sul luogo di lavoro, la presenza simultanea di più contratti e più datori di lavoro per raggiungere uno stipendio dignitoso e l’ammontare (spesso spropositato) di ore lavorative possono contribuire alla difficile costruzione di una vita privata serena e soddisfacente.

Permessi, congedi e flessibilità lavorativa Esistono, tuttavia, alcuni permessi, congedi e tipologie di flessibilità lavorativa a cui la persona che lavora può accedere per assistere un proprio familiare convivente non autosufficiente. Ad esempio, la Legge n. 104/1992 contempla tre giorni (anche continuativi) di permesso mensile, retribuito e coperto da contribuzione figurativa. Ci sono poi dei congedi straordinari, previsti per il caregiver di persone con gravi disabilità, e si tratta di periodi di astensione dal lavoro che possono essere utilizzati anche in modo frazionato. Le misure organizzative pensate per favorire la conciliazione vita-lavoro, invece, prevedono il cosiddetto “lavoro agile”, diventato famoso durante la pande -

mia da Covid-19. Si tratta della possibilità di vivere l’attività lavorativa in parte all’interno dell’azienda e in parte all’esterno senza una postazione fissa, rispettando l’orario di lavoro giornaliero e settimanale.

Il caregiver professionale

I caregiver inquadrati regolarmente come lavoratori domestici godono, invece, delle tutele stipulate nel Contratto Collettivo Nazionale come ferie, malattia, permessi retribuiti. Recentemente si è assistito a una maggiorazione dei salari minimi e dell’indennità di vitto e alloggio. Si tratta però di aumenti derivati da un “automatismo” calcolato in relazione all’inflazione rilevata dall’ISTAT e non da negoziati o trattative fra le parti sociali. Una serie di benefici, comunque, che, come abbiamo visto, interessano solo quella metà di lavoratori regolarmente inquadrati.

La condanna del comitato Onu

Proprio alla luce di queste criticità, il 3 ottobre scorso il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per una discriminazione ai danni dei caregiver. Nel nostro ordinamento giuridico nazionale, infatti, non è prevista alcuna forma di tutela per chi “si prende cura” e ci sono stati dati 180 giorni per rispondere con misure idonee e risarcimenti. Un primo passo sembrava concretizzarsi con la Legge Delega sulla Non Autosufficienza licenziata a marzo, ma ne è stata eliminata la parte riguardante i caregiver. A sopperire le mancanze ci provano, però, le Regioni, che autonomamente approvano leggi che riconoscano il valore sociale ed economico dei caregiver familiari provando ad alleggerire il peso e la pressione che c’è su famiglie e lavoratori.

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REDDITO DI CITTADINANZA A CHE PUNTO SIAMO

Tante le amministrazioni pubbliche che negli ultimi anni hanno impiegato i beneficiari della misura in lavori utili alla collettività

Quando nel 2019 il primo governo Conte varò la legge sul Reddito di Cittadinanza (RdC) le polemiche tra le forze politiche, in particolare tra il Movimento 5 Stelle - promotore della legge - e gli altri partiti, furono decisamente aspre. Ma qual è la situazione attuale del RdC? A gennaio e febbraio di quest’anno le richieste giunte all’Inps sono state soltanto 90.287, rispetto alle 261.378 dello stesso periodo del 2022, con una diminu-

zione del 65%. Il decremento risulta addirittura più evidente confrontando il numero delle domande presentate a gennaio (88.184) e quelle del mese di febbraio, soltanto poco più di 2.000. Che la misura di sostegno introdotta nel 2019 riscuota meno interesse si nota anche dal numero dei nuclei familiari percettori: a febbraio di quest’anno erano 1.001.743 contro i 1.169.203 del mese precedente o i 1.213.789 di febbraio 2022, mostrando una flessione rispettivamen-

te del 14,37% e del 17,48%. Mentre la discrepanza tra i primi due mesi dell’anno potrebbe essere spiegata da un ritardo generalizzato nella presentazione della DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) - e di conseguenza di trasmissione all’INPS delle domande di accesso alla misura -, le differenze rispetto all’anno scorso sono dovute solo in parte dall’aumento del tasso di occupazione nel nostro Paese, che pure c’è stato. Di fatto l’occupazione in Italia è cresciuta in modo consistente nel 2022, con un tasso che è passato dal 58,2% al 60,1% per le persone tra i 15 e i 64 anni. Un trend confermato anche nei primi mesi del 2023. Ma il calo consistente delle domande di Reddito di Cittadinanza potrebbe essere attribuito anche alle scelte del Governo che, già con la Legge di Bilancio 2023 (Legge n°197 del 29/12/2022), ha modificato in senso restrittivo molti criteri di accesso. Si stima che solo nel primo bimestre di quest’anno quasi 100mila nuclei abbiano perso i requisiti reddituali per

Inchiesta 50&Più www.spazio50.org | maggio 2023 50

ottenere il sussidio. Numeri significativi, per fare un confronto, considerando che in tutto il 2022 sono state 314.261 le famiglie a non aver ottenuto i requisiti. Su questo dato potrebbe pesare anche un aumento dei controlli come conseguenza delle domande rifiutate. Come ampiamente preannunciato dalla maggioranza di Governo nei mesi scorsi, il Reddito di Cittadinanza verrà sostituito con una nuova misura di sostegno economico. Questa dovrà garantire un aiuto alle famiglie meno abbienti e a quelle con persone occupabili, e l’effettivo inserimento nella società e nel mondo del lavoro dei soggetti interessati.

Al netto di polemiche, però, tra diffidenza e cambiamenti, va detto che sono stati molti gli esempi virtuosi di fruizione del Reddito di Cittadinanza.

A Roma, il presidente del IV Municipio, Massimiliano Umberti, ha impiegato 16 “percettori” in lavori di potatura, giardinaggio e cura delle zone verdi circostanti, in un progetto chiamato “Nel Verde”. Anche a Bacoli, in provincia di Napoli, il sindaco Josi Gerardo Della Ragione è riuscito ad attivare i PUC, “Progetti Utili alla Collettività”, inserendo negli ultimi due anni e mezzo oltre 400 cittadini che percepiscono il Reddito di Cittadinanza in uffici comunali, nella manutenzione del verde e nella realizzazione di attività culturali. Volendo dar conto del senso di inclusione, partecipazione e cittadinanza attiva vanno ricordati i casi di Padova, che nel 2022 ha premiato 60 fruitori del Reddito per i loro servizi al bene della collettività, e del comune di Trani, che è riuscito a valorizzare 15 persone con svariate attività di interesse pubblico, come bonifica delle spiagge, manutenzione del verde, custodia dei parchi e attività di prossimità ai cittadini fragili.

RACCONTO LA MIA STORIA»

Professione artigiano, appassionato di montagna con l’hobby della ristorazione. Walter Agostini perde il lavoro poco prima dello scoppio della pandemia

Da allora inizia la ricerca di una nuova occupazione e ‘la luce in fondo al tunnel’ arriva da un albergatore di Verona: «Non ho consigli da dispensare ma è importante non perdere mai la fiducia in se stessi»

« Quando non hai un lavoro non vedi la luce in fondo al tunnel ma quello che conta è non perdere mai la fiducia in se stessi » .

A parlare con noi è Walter Agostini, 55 anni e da alcune settimane è manutentore e cameriere presso uno degli alberghi storici di Verona. Il suo impiego, adesso, coniuga la sua professione – quella di artigiano – e il suo hobby, quello della cucina e della ristorazione.

«Ho sempre lavorato come artigiano, mi piace svolgere lavori manuali. Per anni ho avuto una

ditta che mi ha visto impegnato come piastrellista. In contemporanea ho coltivato l’hobby della cucina e della ristorazione perché alcuni parenti hanno attività in questo settore. Poi è arrivata la crisi economica, l’euro ha cambiato il mercato del lavoro e la concorrenza sleale è diventata sempre più forte. Non riuscivo ad arrivare alla fine del mese e ho chiuso l’attività. Ho preferito lavorare come dipendente, almeno a fine mese avevo uno stipendio sicuro. Ma pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, l’azienda ha chiuso e mi sono ritrovato senza un lavoro. Durante il lockdown e nei mesi successivi anche uscire di casa per andare a cercare un lavoro era difficile se non impossibile. Non mi sono mai perso d’animo però, mi sono rimboccato le maniche e ho tentato di non rimanere mai fermo, dedicandomi a piccoli lavoretti. Nel frattempo, ho iniziato a inviare mille domande, mille curriculum, iscrivendo -

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«HO TROVATO LAVORO A 55 ANNI VI

mi ai portali delle agenzie interinali per trovare un’occupazione perché – mi creda – non avere un lavoro ti abbatte anche dal punto di vista psicologico e personale e io non volevo toccare il fondo. In questi mesi ho avuto al mio fianco la mia compagna che è stata per me una spalla. Ho cercato in vari ambiti ma anche per fare il lavapiatti chiedono specifiche incredibili. Un giorno, sfogliando gli annunci in rete ne ho trovato uno interessante. Cercavano un tuttofare con competenze da cameriere e così mi sono candidato. Il mio passato di artigiano e la mia passione per la ristorazione hanno fatto il resto. Il titolare dell’albergo ha letto il mio curriculum e mi ha chiamato. Ho sostenuto un colloquio, mi ha messo alla prova e subito c’è stata sintonia. Oggi sono felicissimo di lavorare qui, spesso mi trattengo anche più del dovuto ma non perché me lo chieda qualcuno, anzi, perché stare qui mi piace, ho trovato un ambiente familiare. Adesso sono rinato. Ci sono dei momenti in cui si fa fatica a vedere la luce in fondo al tunnel e a credere che questa ci sia davvero, vorresti buttarti giù ma è proprio in quei momenti che non si deve perdere la speranza e continuare a cercare. No, non me la sento di dare consigli ma una cosa posso dirla, l’età non deve essere una discriminante, le persone vanno messe alla prova, sia a venti anni che a cinquanta. Mai perdere la fiducia in sé stessi. Mai».

«L’ETÀ NON È UNA DISCRIMINANTE»

Giulio Cavara è il titolare dello storico hotel di Verona ‘Giulietta e Romeo’. Ha ricevuto il curriculum di Walter Agostini e lo ha contattato per un colloquio conoscitivo. «L’età non deve essere una discriminante nel mondo del lavoro. I miei collaboratori hanno dai venti ai cinquanta anni» dice a 50&Più

«Oltre la sensibilità personale, è una scelta obbligata valutare i curriculum a prescindere dall’età anagrafica» . A parlare è Giulio Cavara, titolare dell’hotel ‘Giulietta e Romeo’ e presidente di Federalberghi Verona. Se da un lato ci sono aziende che puntano all’assunzione di giovani da formare, dall’altra ci sono realtà lavorative che premiano l’esperienza e portano avanti valutazioni ad ampio raggio. L’albergatore veronese è tra questi.

« Il mercato del lavoro, soprattutto nel settore terziario, ha grandi difficoltà a reperire personale. Un imprenditore deve fare valutazioni a trecentosessanta gradi. Per quanto riguarda noi e la nostra storia, ci siamo sempre trovati bene ad assumere giovani e persone con qualche anno in più di lavoro sulle spalle, con storie anche travagliate. In tanti si sono ritrovati a cercare un lavoro in età avanzata perché un’azienda ha chiuso. Bisogna essere capaci di valutare in maniera intelligente tutte le proposte che si ricevono e decidere poi di assumere il profilo più confacente alle mansioni da svolgere, senza tenere conto degli anni. I miei collaboratori hanno tra i venti e i cinquant’anni, è un ventaglio che rappresenta tutte le età e ognuno di loro svolge in maniera egregia il proprio compito. Il nostro albergo ha più di un secolo di storia, io lo gestisco da trentacinque anni e le assicuro che di cambiamenti in questi decenni ce ne sono stati tanti nel mondo del lavoro. La pandemia, per citare l’ultimo avvenimento, ne ha cambiato moltissimo il mercato del lavoro: il nostro settore è rimasto completamente fermo, e tenga conto che le attività come la nostra non avevano mai chiuso un solo giorno prima di allora. In tanti, trovandosi disoccupati, si sono poi concentrati su altri impieghi diversi da quello del turismo e, quando la pandemia è finita, sono rimasti sui nuovi lidi. Pertanto, ad oggi, il nostro settore ha fame di personale. No, non penso di essere più bravo degli altri ad aver dato un’opportunità di lavoro a una persona che ha cinquantacinque anni, penso più in generale che il settore alberghiero si sia aperto a una visione ampia. In questo ambito c’è posto per tutti, anche per chi vanta un’esperienza diversa e ha un’altra storia»

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di Anna Grazia Concilio

AAA SICUREZZA SUL LAVORO CERCASI

Cinque operai, in soli tre giorni (dal 12 al 14 aprile) hanno perso la vita sul posto di lavoro in Italia Quali interventi diventano necessari?

Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Maramieri sindacalista Fiom Cgil Roma e Lazio

Cento morti. È questo il bilancio dei primi due mesi dell’anno secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, società di consulenza e di progettazione ingegneristica. Settantatré sono infortuni mortali sul lavoro, ventisette sono, invece, i decessi avvenuti ‘in itinere’, nel percorso casa-lavoro. Una leggera inflessione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente che ha registrato, invece, 114 morti. Si tratta, tuttavia, di numeri molti alti, di un’emergenza da arginare. Lo ha detto anche Papa Francesco, a dicembre scorso, durante un incontro con le maggiori sigle sindacali: «Ci sono ancora troppi morti, mutilati e feriti nei luoghi di lavoro. Ogni morte

sul lavoro è una sconfitta per l’intera società». È in questo scenario che il tema ‘sicurezza sul lavoro’ diventa sempre più necessario, come necessaria è la riflessione che deve essere avviata sugli interventi da mettere in campo. Come si aumenta la sicurezza sul lavoro?

Perché il numero delle vittime è ancora così alto? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Maramieri, sindacalista Fiom-Cgil (Federazione Impiegati Operai Metallurgici) Roma e Lazio.

«Perché tutte queste morti? Perché il lavoro è tornato ad essere una merce, perché i ritmi sono sempre più pressanti e perché gli appalti - troppo spesso - vengono affidati al massimo ribasso». Nello specifico Maramieri ha sottolineato: «Le aziende, con l’obiettivo di ag-

giudicarsi un lavoro, fanno dei ribassi estremamente elevati. Basti pensare che negli appalti pubblici ci attestiamo tra il 25-30% di ribassi. Teoricamente i ribassi non dovrebbero toccare la sicurezza ma sappiamo che in maniera indiretta lo fanno». Non solo, per la Fiom-Cgil anche la lunghezza della filiera di produzione è un aspetto imprescindibile in un discorso improntato alla sicurezza. «L’azienda che si aggiudica l’appalto lo subappalta e poi di nuovo un subappalto: in buona sostanza, chi si aggiudica in via definitiva il lavoro ha fatto un ulteriore ribasso sul costo del valore iniziale e il lavoratore o lavora in nero, sottopagato o con contratti pirata che hanno un costo minore (contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire un’alternativa ai contratti collettivi nazionali cosiddetti tradizionali ndr)», ha spiegato Maramieri. «Il lavoratore, dunque, per guadagnare uno stipendio dignitoso lavora di più, è sottoposto a più pressione e a più rischi», ha aggiunto il sindacalista. E se è vero che un infortunio può avvenire anche per incuria da parte del lavoratore, è altrettanto vero che “la mancanza di sicurezza - in questo caso - coincide con la debolezza degli organi ispettivi”. Le istanze di Fiom-Cgil ai tavoli istituzionali sono, dunque, due: niente più gare a ribasso e riduzione della filiera di produzione. Nel 2022 sono morti anche tre studenti impegnati nel progetto di alternanza scuola-lavoro (il più piccolo aveva 16 anni). «Siamo impegnati da anni su questo tema - ha concluso Maramieri -, per noi gli studenti dovrebbero apprendere all’interno di un’aula cosa significhi lavorare in sicurezza, cosa rappresenti la Costituzione. Dovrebbero imparare che esistono gli organi ispettivi, contratti nazionali e sindacati a cui rivolgersi. L’alternanza scuola-lavoro non crea una coscienza del lavoro».

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di Anna Grazia Concilio

UN SISTEMA DI SICUREZZA TARATO SULLA SPECIFICITÀ DELLE AZIENDE

Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, spiega cosa occorre per potenziare e garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, quali interventi è opportuno attuare anche nell’ambito della formazione

Un sistema di sicurezza tarato sulla specificità delle aziende. È questa la richiesta che Confcommercio ha messo sul tavolo del Ministero del Lavoro, lo scorso mese di gennaio, riguardo la sicurezza sul lavoro. A spiegarne le motivazioni e l’approccio e ad evidenziare la necessità di un intervento è Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, con delega al lavoro e alla bila-

teralità. «È evidente che un’officina meccanica - anche con pochi dipendenti - ha una rischiosità di un certo tipo a differenza di un ufficio che di rischi ne ha altri. Invece, oggi, il Testo unico sulla sicurezza sul lavoroad accezione di alcune semplificazioni - pone tutte le tipologie di impresa in condizioni di doversi adeguare

di Grazia Capuano allo stesso modello di prevenzione e sicurezza. Mettere tutti sullo stesso piano, secondo noi, è sbagliato». Per Prampolini - che in Confcommercio ricopre anche la carica di presidente della Commissione lavoro - non si può legiferare sull’onda emotiva. «Il testo unico è stato realizzato sulla scia di un momento particolarmente delicato, tutti volevamo il massimo delle tutela ma probabilmente questo atteggiamento ha

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avuto l’effetto contrario», spiega. Il riferimento della vicepresidente di Confcommercio è alla tragedia di sedici anni fa. Era il 2007 quando, nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, un’esplosione uccise sette operai impegnati all’interno dell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino: le vittime avevano un’età compresa tra i 26 e i 54 anni. La storia scosse l’opinione pubblica e la vicenda finì in un’aula di tribunale con un processo lungo cinque anni.

«Al Ministero abbiamo chiesto un sistema di sicurezza tarato sulla specificità delle aziende, sull’onda emotiva si tende a fare le cose in fretta», precisa Prampolini. Nel dettaglio, la presidente della Commissione lavoro aggiunge: «Questo, da un lato è sovrabbondante per alcune tipologie di lavoro, dall’altro è - probabilmente - insufficiente. Sicuramente, però, questo disincentiva i datori di lavoro perché, non ritenendo la norma confacente alla loro attività, tendono a dimenticarla, oppure a delegare a terzi la realizzazione del manuale. Invece, dovrebbe essere qualcosa di calibrato sulle attività, soprattutto nel settore dei servizi, tanti hanno un rischio bassissimo». E ancora: «Le aziende già adottano un documento di valutazione dei rischi e un certo tipo di formazione. Una serie di cose che mette tutti sullo stesso piano e questo - secondo noi - è sbagliato». Per la vicepresidente anche la formazione, considerato il ‘momento più importante’ del processo di sicurezza, deve essere realizzata sulla base di specificità perché “nel corso degli anni si è

caricata di rigidità”. Come si pone, dunque, l’Italia rispetto agli altri Paesi europei, nell’ambito della sicurezza sul lavoro? Prampolini lo spiega: «Non credo che l’Italia - su questo tema - sia il fanalino di coda rispetto agli altri Paesi europei. Probabilmente considerato che il nostro Paese ha un livello di sindacalizzazione più alto degli altri Paesi è anche più avanti, in questo senso. Credo, piuttosto, che l’apparato burocratico tende a prendersi spazi che non dovrebbe prendere e che dovrebbe invece lasciare alla coscienza delle persone, fornendo le giuste motivazioni». Per la vicepresidente di Confcommercio, la soluzione sarebbe individuare una metodologia utile a evidenziare come la sicurezza sul lavoro sia anche più conveniente: «Far lavorare i propri addetti in ambienti sicuri e tranquilli da ogni punto di vista va anche a beneficio della produttività», afferma. La Commissione lavoro di Confcommercio è attualmente impe -

gnata sul rinnovo dei contratti e sulla bilateralità. «Siamo consapevoli che il potere di spesa delle famiglie sia ridotto ma dobbiamo trovare un equilibrio per fare in modo che i rinnovi contrattuali mettano da un lato più risorse nelle tasche dei lavoratori, dall’altro consentano alle aziende di sostenere costi aggiuntivi», dice Prampolini. E sulla bilateralità: «Un’eccellenza sana che si è data delle regole di governance molto rigide per evitare che diventi un posto in cui si spendono i soldi delle imprese e dei lavoratori - conclude -, invece deve diventare un posto in cui si fanno delle cose per le imprese e per i lavoratori».

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«In tema di sicurezza sul lavoro, l’Italia non è il fanalino di coda degli altri Paesi europei»

LA SETTIMANA CORTA A CHE PUNTO È L’ITALIA

di Annarita D’Agostino

Se fino a qualche anno fa ipotizzare di ridurre l’orario di lavoro senza penalizzare le retribuzioni sembrava fantascienza, oggi il dibattito sulla settimana lavorativa corta è aperto anche in Italia. Questo per effetto non solo delle sempre più numerose esperienze positive, maturate soprattutto all’estero, ma anche dei profondi cambiamenti del mercato del lavoro accentuati dalla pandemia. Nelle prerogative di centinaia di migliaia di persone, la ricerca del posto fisso cede il passo alla ricerca del “ben vivere”, che implica necessariamente una migliore conciliazione della vita privata con il contesto lavorativo. E non ci sono più dubbi

È già una realtà in molte economie avanzate e recenti esperimenti ne confermano l’efficacia Approfondiamo il tema con Marianna Filandri (Università di Torino) e Luca Solari

(La Statale di Milano)

sul fatto che le imprese capaci di reagire alle nuove crisi siano quelle più snelle, flessibili e sostenibili.

«Per settimana lavorativa più breve si intende un lavoro a tempo pieno che generalmente va dalle 30 alle 36 ore settimanali», spiega Marianna Filandri, professoressa associata di

Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università di Torino. «I datori di lavoro possono scegliere di ridurre la settimana a 4 giorni, di ridurre l’impegno di 2 giorni a settimana o ancora di ridurlo di qualche ora ogni giorno. In tutti i casi i dipendenti sono pagati come impiegati a tempo pieno. Per intenderci, se si lavora 8 ore per 4 giorni, si è occupati 32 ore settimanali ma con uno stipendio di 40 ore», dice a 50&Più.

«Ovviamente la possibilità di introdurre la settimana lavorativa corta e le conseguenze organizzative sulle persone dipendono dai singoli settori», sottolinea Luca Solari, professore ordinario di Organizzazione aziendale presso l’Università Statale di Milano. «Pensiamo ad esempio alla sanità, al commercio e a tutte quelle attività lavorative che richiedono un impegno 7 giorni su 7. Questo ci porta a dire che una regolazione

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che non sia a livello di settore o di singola impresa risulterebbe molto difficile da realizzare. Ma nulla vieta che i contratti collettivi favoriscano l’adozione, attraverso accordi aziendali, di nuovi modelli organizzativi. Così come dal legislatore potrebbe arrivare una ‘spinta gentile’ attraverso un riconoscimento economico alle imprese innovative, come una misura importante di decontribuzione», aggiunge il docente della Statale di Milano.

Comuni invece ad ogni settore o impresa i vantaggi dell’introduzione di formule di settimana corta: «Migliori prestazioni lavorative, meno stress, ansia, affaticamento e assenze per malattia, ma anche una maggiore disponibilità dei lavoratori a condividere i compiti in casa sono alcuni dei dati più interessanti che emergono dai più recenti esperimenti condotti in Gran Bretagna e in Islanda», evidenzia Solari. E aggiunge: «Ricordiamoci che la cura della salute mentale e fisica delle persone, compromessa dalla tossicità delle organizzazioni in cui lavorano, è un costo per la collettività. Così come per l’Italia, dove il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fra i più bassi d’Europa, una diversa organizzazione della vita familiare dovrebbe essere un obiettivo».

Sulla settimana corta, interviene Filandri: «Innanzitutto, la settimana corta aumenta la soddisfazione per il lavoro, migliora il clima aziendale e le relazioni fra colleghi. Inoltre, riduce i disturbi legati all’ansia, alla depressione e all’esaurimento fisico ed emotivo. Per gli occupati con bambini piccoli, poi, diminuiscono anche i costi di cura e per tutti vi è una maggiore possibilità di guadagnare tempo di qualità da trascorrere con la propria famiglia».

«Dal punto di vista del datore di lavoro - prosegue la docente dell’Università di Torino -, viene sostanzialmente mantenuta la stessa produttività. Si riducono inoltre le assenze per malattia, i permessi e il turn-over». A ciò si aggiunge la possibilità di abbattere alcuni costi: «Un giorno in meno al lavoro - spiega ancora Solari - significa abbattere le spese energetiche oppure poter condividere in modo alternato con altre aziende gli spazi di lavoro e i relativi costi». Soprattutto, «per ridurre il tempo del lavoro occorre ridurre innanzitutto gli sprechi e, quindi, abbandonare modelli organizzativi arcaici. Pensiamo a quanto tempo si spreca impiegando troppe persone in troppi meeting inutili. O ancora a quanto sia inutile che un capo chieda di sbrigare le pratiche in due giorni quando poi quelle stesse pratiche restano depositate sulla sua scrivania per tre giorni - spiega Filandri, sottolineando - da questo punto di

vista, le esperienze di Paesi nordici come Svezia e Finlandia sono molto utili: per realizzare un progetto efficace di riorganizzazione del lavoro, alcune imprese hanno deciso di fissare un giorno senza riunioni o altre interruzioni, destinato proprio a rimettersi in pari con le tempistiche». Tempo libero e settimana corta. È ancora il professore della Statale di Milano a spiegare: «Ben venga anche utilizzare il maggior tempo disponibile per fare formazione, oppure collegare la settimana corta all’andamento della produttività, ma in questo caso bisogna saperla misurare. La produttività non è l’insieme delle ore lavorate, ma l’output collegato alle ore lavorate. Invece, nel nostro Paese continua a predominare l’idea sbagliata che il lavoro sia lo scambio fra numero di ore lavorate e salario. Fino a quando non usciremo da questa logica, rimarremo con i piedi affondati nell’inizio dell’Ottocento».

La settimana corta comporta numerosi vantaggi in ogni settore: prestazioni lavorative migliori, riduce stress ansia, affaticamento e le assenze per malattia. Anche una maggiore disponibilità a condividere i compiti in casa

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IL LAVORO CHE SARÀ

Come le risorse umane selezionano i lavoratori cosa è cambiato con lo smart working e quali consigli seguire per imporsi nel mercato del lavoro. Lo abbiamo chiesto a Davide Monaca di T-Key

Work Experience

L’85% dei posti di lavoro nel 2030 riguarderà professioni che ancora non esistono. A sostenerlo è una ricerca dell’Institute for the Future, pubblicata recentemente. Come si affronta un cambiamento così radicale? Lo abbiamo chiesto a Davide Monaca, esperto di recruiting (reclutamento) e risorse umane, responsabile della squadra ‘Selezione’ di T-Key Work Experience.

«Il lavoro di domani? Sarà legato alla tecnologia, con una particolare attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Dalla pandemia in poi c’è stata una forte accelerazione in ambito digitale e con un impatto importante della tecnologia», afferma Monaca. Ad evolversi è stato anche il ruolo dei selezionatori: «È necessario raggiungere il candidato e coinvolgerlo. Pubblicare un annuncio non basta più, bisogna creare

dei contenuti, incuriosire l’aspirante lavoratore, convincerlo che l’offerta potrebbe essere interessante per lui», spiega il responsabile delle risorse umane ammettendo quanto siano diventate cruciali le tecniche di marketing. LinkedIn è ormai uno strumento imprescindibile: «Un bravo recruiter scrive contenuti, offre suggerimenti, fa consulenza, aiuta i candidati a districarsi tra le varie offerte, fa coaching nella fase di trattativa. È importante curare il marchio personale ( personal branding), il marchio della propria azienda e dell’azienda cliente. I candidati sono sempre più esigenti e bisogna saperli conquistare», aggiunge Monaca. Quali sono, dunque, le competenze più richieste dal mercato? È ancora l’esperto di reclutamento a spiegare: «Per le competenze tecniche è imprescindibile una buona preparazione negli studi. È importante, inoltre, scegliere uno stage che consenta di acquisire competenze specifiche legate alla professione scelta. Fondamentale è saper lavorare con gli altri, essere empatici, e anche flessibili, considerati i continui cambi di scenario, saper ragionare e pensare in modo autonomo, essere in grado di organizzare il proprio tempo, soprattutto nell’era dello smart working, delle riunioni telematiche infinite e della sovraesposizione», spiega Monaca. «Dalla pandemia in poi è diventato fondamentale avere competenze digitali e saper usare le principali piattaforme e i software per chiamare, gestire documenti e così via». Qual è il consiglio per un giovane che vuole affacciarsi nel mondo del lavoro? Monaca risponde deciso: «Bisogna seguire le proprie passioni ed attitudini, e soprattutto ricordarsi della formazione continua».

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Assistenza e cura

NEL PAESE RITROVATO IL BORGO

CHE ABBATTE LO STIGMA SULLA DEMENZA

Marco Fumagalli (La Meridiana): «Chi vive qui non smette mai di sorprenderci»

L’insegna stradale lo indica come fosse uno dei tanti piccoli borghi della Lombardia. Uno di quei microcosmi tipici delle aree prealpine abitati da 70-80 anime, dove si vive bene, ci si conosce tutti, si sa come fare a incontrarsi ma anche come fare ad evitarsi. Tutto comodo, tutto vicino: il bar, il teatro, i giardinetti, i negozi, la palestra, la chiesa. Il mondo inizia e finisce lì, a pochi metri dalla propria abitazione. Ma il Paese Ritrovato, in via Casanova 33 a Monza, non è un paesino qualunque. È una struttura speciale e rivoluzionaria che accoglie persone con demenza proponendo un nuovo modello di cura ispirato in parte al “villaggio della memoria” di Hogeweyk nei Paesi Bassi.

L’idea che accomuna le due realtà è quella di aiutare le persone con declino cognitivo a mantenere un contatto con la realtà, continuando, in sostanza, a condurre una vita normale.

Il Paese Ritrovato di Monza, così come gli altri luoghi simili all’estero (Hogeweyk in Olanda o Hawick in Scozia), è una cittadina in miniatura: ci sono le piazze, i giardinetti, i negozi, il teatro, la chiesa, la biblioteca, l’orto e le case. E, ovviamente, ci sono gli abitanti: 64 persone divise in 8 appartamenti dotati di 8 camere singole con bagno.

Abbiamo chiesto a Marco Fumagalli, coordinatore dei servizi educativi della cooperativa La Meridiana specializzata in servizi per anziani, di raccontare la vita all’interno del

villaggio, i vantaggi del nuovo modello di presa in carico delle persone con demenza e Alzheimer. Dottor Fumagalli, come vengono assistiti i pazienti nel Paese Ritrovato?

Intanto devo fare una precisazione. Noi non usiamo il termine ‘pazienti’. Le persone che alloggiano nel Paese sono chiamate residenti, proprio per sottolineare l’appartenenza alla co1munità, come se fossero gli abitanti di un vero e proprio paesino.

Come è nata l’idea del villaggio come modello alternativo alle tradizionali residenze per anziani?

Il Paese Ritrovato è stato inaugurato nel 2018 e ha riproposto in Italia, almeno in parte, il modello adottato in Olanda con il villaggio di Hogeweyk. Noi però ci distinguiamo per aver compiuto una scelta diversa rispetto alla struttura olandese: ci limitiamo ad accogliere persone con la malattia a uno stadio iniziale che mantengono un certo grado di autonomia. Altrimenti verrebbe meno

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Si trova a Monza, è una struttura speciale e rivoluzionaria che propone un modello di cura ispirato al “villaggio della memoria” olandese

l’obiettivo principale del progetto. Può spiegare?

La permanenza nel Paese Ritrovato è vista come un modo per attivare meccanismi di resilienza che permettano di convivere con la malattia, per assicurare la libertà e una buona qualità della vita. L’obiettivo che ci prefiggiamo è quello di abbattere lo stigma che colpisce le persone con demenza. Non è vero che non si muovono o che si muovono poco, che non sono creative, che tendono a isolarsi. I residenti del Paese Ritrovato non smettono mai di sorprenderci mostrando risorse che spesso si credono perse per sempre.

Quali sono, a suo parere, i principali vantaggi di questo modello di cura?

Purtroppo, il decorso della malattia non si può fermare. Ma si può puntare a conviverci migliorando la qualità di vita e preservando il diritto alla libertà. Una delle caratteristiche vincenti del modello del villaggio è quella di rispettare la volontà di singoli individui.

Può descrivere una giornata tipo?

Non c’è una giornata tipo, proprio perché ognuno è lasciato libero di seguire i propri ritmi, di svegliarsi all’ora che vuole, di partecipare o no alle varie attività, di frequentare la piazza, il bar, i giardini se ne ha voglia. Può scegliere liberamente se andare al teatro, in biblioteca o prendere parte al programma di allenamento delle funzioni cognitive. Può andare in chiesa, curare l’orto,

Da quarant’anni il benessere delle persone fragili è l’obiettivo principale della cooperativa La Meridiana. La struttura offre diversi servizi: trasporto, ristorazione, attività educative e assistenza alla persona.

passeggiare. È sempre assicurata, ovviamente, la presenza del personale che garantisce la sicurezza in ogni punto del Paese.

Ci sono, quindi, molti punti di incontro. Quanto è importante la socialità per le persone con demenza?

La socialità è fondamentale, ma non deve essere forzata. L’aspetto positivo del piccolo borgo è che si sperimenta una socialità naturale, che può essere scelta ma anche evitata.

E cosa decidono i residenti?

Preferiscono stare soli o in compagnia?

Ci siamo sorpresi di quanto spesso frequentino gli spazi comuni. Eravamo convinti che molti di loro si rinchiudessero in stanza a guardare la televisione. Invece, gli schermi restano per lo più spenti e ai programmi televisivi si preferiscono le attività in gruppo.

E i telefonini? Le chiamate ai famigliari portano via molto tempo?

Racconto spesso un aneddoto. Ricordo le preoccupazioni dei famigliari di

una residente che prima di arrivare da noi, chiamava i parenti anche 50 volte al giorno. Erano tutti preoccupati che la situazione sarebbe peggiorata nella nuova condizione. Ma le cose sono andate diversamente. Un giorno la donna, che portava il cellulare al collo, riceve la chiamata della figlia mentre era impegnata in una attività. Ebbene, l’ho sentita rispondere con un laconico ‘ora non posso parlare, ci sentiamo più tardi. Ti chiamo quando avrò tempo’. La normalità è anche questa.

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Le persone che alloggiano nel Paese non sono chiamate ‘pazienti’ ma ‘residenti’ per sottolineare l’appartenenza alla comunità

LA SFIDA “ROSA” SU DUE RUOTE

Parte l’edizione numero 106 della celebre Corsa tra ricordi di campioni del passato, salite massacranti e volate al cardiopalmo

Li vediamo pedalare per chilometri, affrontare pendii, tornanti e discese, sfidare il vento e ogni tipo di clima. Sono uomini di ferro, per qualcuno addirittura eroi, i ciclisti che partecipano al Giro d’Italia, uno degli eventi sportivi più seguiti e amati. Quella di quest’anno è l’edizione numero 106, che partirà dall’Abruzzo e arriverà a Roma dopo 21 tappe e 3.489 km di percorso. Da vivere soli o in gruppo, il Giro d’Italia è anche, e soprattutto, una festa popolare che coinvolge ogni anno milioni di appassionati che, lungo le strade, seguono con entusiasmo i loro beniamini, per incoraggiarli nelle salite più dure e nelle volate più emozionanti. È proprio nella passione del pubblico che si manifesta il significato più profondo della competizione: da gara diventa un simbolo di unità nazionale, capace di celebrare la diversità e la ricchezza delle regioni italiane, mostrando al mondo le loro bellezze e le loro tradizioni. Perché il Giro oltre che prova fisica è anche una splendida vetrina per il nostro Belpaese. Si parte sabato 6 maggio con la cronometro individuale sulla Costa dei Trabocchi, in provincia di Ortona. Nella storia del Giro, dopo quella del 2001, questa è la seconda partenza dalla regione abruzzese. Dopo aver attraversato il Sud Italia - con tappe a Napoli, Salerno e Melfi -, si salirà verso il Centro con l’arrivo al Gran Sasso, in una delle salite più lunghe e impegnative d’Europa, per poi proseguire verso l’Emilia-Romagna con una cronome -

tro da Savignano sul Rubicone a Cesena, dedicata all’indimenticabile Marco Pantani. Durante la seconda settimana sarà la volta della sfida sulle Alpi Occidentali, con tappe a Rivoli, Crans Montana (in Svizzera) e Cassano Magnago. Qui ci sarà un altro momento-omaggio dedicato ad Alfredo Binda, il primo grande campione del ciclismo italiano e vincitore di cinque edizioni tra gli Anni ’20 e ’30. Ma le dediche non finiscono qui perché il Giro scenderà poi verso la Lombardia, con tappe a Bergamo e Sabbio Chiese, dove si celebrerà il ricordo di Felice Gimondi che rese epiche le sue sfide con Eddy Merckx. Per gli appassionati non ci sarà tempo di tirare il fiato, perché nella terza ed ultima settimana si decideranno le sorti del Giro, con le tappe dolomitiche che metteranno alla prova i migliori scalatori. Sperando in un tempo clemente per i corridori (e il pubblico in strada), si aspetterà la “tappa regina”: quella da Longarone alle Tre Cime di Lavaredo e le cinque salite da affrontare, con una pendenza media del 7,6% e punte del 15%. Una lotta contro sé stessi e la fatica di un Giro che volge al termine, fino alla cronometro individuale da Tarvisio al Monte Lussari: è qui che si deciderà il vincitore finale del Giro edizione 2023, prima della passerella conclusiva a Roma con arrivo ai Fori Imperiali. Non sappiamo chi sarà il vincitore che otterrà la gloria e un nome impresso negli Albi. L’unica cosa di cui siamo certi è che tutto il mondo avrà fatto il Giro dell’Italia.

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LA COSTANTE CILENA

sociale

estamos». È l’11 settembre del 1973: il presidente cileno Salvador Allende, capo di Unidad Popular, la coalizione dei partiti di sinistra, indirizza un ultimo discorso alla Nazione dai microfoni di Radio Magallanes. È asserragliato nel palazzo della Moneda, a Santiago, circondato dall’esercito e bombardato dall’aviazione: di lì a poco morirà ucciso o suicida e i militari compiranno il golpe che darà inizio a oltre 15 anni di dittatura sanguinaria del generale Augusto Pinochet. «Aquì estamos», negli anni bui del regime, resterà una dichiarazione di resistenza e impegno civile per riportare il Paese nella luce della democrazia. Accade nel 1989: sconfitto dall’esito di un referendum popolare, Pinochet abbandona la presidenza e le successive, libere elezioni vedono la vittoria di una coalizione di centro-sinistra guidata dal nuovo presidente Patricio Aylwin. Fino alla morte, nel 2006, Pinochet riesce ad evitare un processo per crimini contro l’umanità, sfuggendo allo zelo del giudice spagnolo Baltasar Garzón, mentre il Cile faticosamente riannoda i fili della sua storia politica. Per tutti gli anni Novanta il Paese è stato guidato dalla coalizione di centro-sinistra, che ha trovato progressivamente il suo fulcro nel partito socialista. Socialista era il presidente Ricardo

Lagos, eletto nel 1999, e socialista Michelle Bachelet, che si è alternata alla Moneda per quasi vent’anni con il capo della destra liberale, l’imprenditore Sebastián Piñera.

«Il cinquantesimo anniversario della destituzione violenta di Allende cade con un presidente di sinistra alla guida del Paese - spiega Manuel Alcantara, professore emerito di Scienza Politica all’Università di Salamanca in Spagna -. È Ga-

briel Boric, che ha vinto le elezioni a doppio turno sul finire del 2021 ed è entrato in carica nel marzo del 2022. Mentre Allende, tuttavia, era il leader di un partito tradizionale come quello socialista e aveva alle spalle una lunga esperienza politica, l’attuale presidente ha appena 37 anni e viene dal calderone dei movimenti sociali e studenteschi, che hanno cominciato a prendere piede nel Paese nell’ultimo decennio. Dal

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Estero
«Aquì
A mezzo secolo dal golpe che rovesciò Salvador Allende dopo oltre quindici anni di dittatura e trenta di ritrovata democrazia, il Cile affronta ancora un rompicapo storico coniugare sviluppo economico ed equità

ritorno della democrazia il Cile ha avuto un’evoluzione politica lenta e per molto tempo il sistema partitico ha mancato di qualsiasi forma di polarizzazione. Il Cile era un Paese quieto, governato dall’unione di molti partiti che perseguiva sostanzialmente una politica economica neoliberista, in continuità con il regime dittatoriale. Questo ha prodotto un certo sviluppo ma non ha risolto le forti disuguaglianze sociali, mostrando progressivamente che il solo mercato non può assicurare prosperità a tutti. La crescente insofferenza di alcuni settori della popolazione è culminata nel cosiddetto Estallido Social degli Anni 2019 e 2020: una serie di massicce proteste di piazza contro il carovita e le iniquità nella redistribuzione della ricchezza. Boric è figlio di questa protesta. Rispetto ai presidenti socialisti è più libero, non legato all’e-

stablishment ; come Allende è figlio del suo tempo. Se Allende, negli anni Settanta, voleva realizzare il socialismo attraverso la democrazia, Boric è impegnato, nel 2023, a promuovere l’eguaglianza sociale, la parità di genere e l’integrazione degli indigeni, specie quelli che vivono nel sud inospitale del Paese». La lezione del governo Allende, stritolato dall’opposizione interna e dalle pressioni internazionali, gli è certamente giunta, dal momento che ha alleviato le tensioni sociali accogliendo nel suo esecutivo esponenti dei movimenti di protesta e dando spazio alle donne, 14 su 24 componenti totali. Ministra della Difesa è addirittura Maya Allende, nipote di Salvador, nata nel 1971 e piccolissima all’epoca del golpe. In politica estera Boric ha finora mantenuto lo status quo, confermando i buoni rapporti con Stati Uniti, Cina e Unione Europea e la partecipazione a una serie di accordi di libero commercio. «Del resto - osserva il professore Alcantara -, il modello di stato socialista a cui Boric si ispira è certamente democratico, lontano dalle esperienze autoritarie di Cuba, Venezuela e Nicaragua. La sua stessa posizione politica, inizialmente più ideologica, si è spostata verso un più ragionevole pragmatismo. Non rinuncia a sostenere la scuola pubblica, la sanità pubblica e l’aumento delle pensio -

Oggi alla guida del Paese

c’è Gabriel Boric, che ha vinto le elezioni a doppio turno nel 2021 ed è entrato in carica nel marzo del 2022

Il presidente si ispira ad un modello di Stato socialista certamente democratico lontano dalle esperienze autoritarie di Cuba

Venezuela e Nicaragua

ni, ma la proposta di riforma della Costituzione bocciata nel settembre del 2022 viene riformulata in questi giorni secondo direttrici più moderate. Nessuno sconvolgimento sociale, ma un passo deciso verso il decentramento amministrativo, l’estensione dei diritti civili e l’indebolimento del Senato, la camera alta del Congresso».

Decisiva per il successo di Boric resta la ricetta economica: la capacità di fronteggiare l’inflazione e il rallentamento della crescita che allarmano soprattutto gli imprenditori. Il professore Alcantara è netto: «Far quadrare il cerchio nella ricerca dello sviluppo e dell’equità - lo insegna la storia - significa assicurare al Cile un futuro di prosperità e pace sociale».

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Sopra, al centro, il presidente Gabriel Boric, entrato in carica nel 2022

Nati come abbigliamento da lavoro diventati poi manifesto di una cultura. I pantaloni più popolari al mondo (anche grazie al marketing) hanno superato epoche e mode arrivando ad essere una vera espressione della propria personalità

150 ANNI PORTATI BENE

Nati come calzoni da lavoro e diventati nel corso degli anni un’icona da indossare, i jeans hanno accompagnato intere generazioni restando al passo con la moda e i cambiamenti della società. Nel maggio di 150 anni fa, il sarto americano Jacob Williams Davis e il fornitore del tessuto “denim” Levi Strauss, brevettavano il mitico pantalone di tela con cuciture rinforzate e bottoncini a pressione in rame: nascevano i 501.

Commissionati, secondo la storia più in voga, da un taglialegna, che si era raccomandato a Davis per avere un capo particolarmente resistente, i jeans fanno ben presto il giro del mondo, e diventano essenziali non solo nelle fabbriche e nei cantieri, ma anche nel tempo libero, perché comodi e anticonvenzionali. Nel 1953 approdano persino al cinema, con Marlon Brando che li indossa nel film Il selvaggio, e negli anni Sessanta diventano simbolo del pubblico di Woodstock, dei giovani delle subculture e delle proteste contro la guerra in Vietnam. Anche il mondo della musica li celebra, e nel 1963 guadagnano la copertina del disco The Freewheelin di Bob Dylan.

Nel 1999 Times li proclama il capo d’abbigliamento del ventesimo secolo, ma l’ingresso negli anni Duemila non ne ha scalfito la popolarità. In occasione di questo anniversario speciale, il marchio ha lanciato una campagna composta da una serie di cortometraggi, “The greatest story ever worn”, ossia “la più grande storia mai indossata”, che fotografa storie di vita significative nelle quali i jeans hanno avuto un impatto. Precious Cargo ricorda l’arrivo dei 501 in Giamaica negli anni Settanta, quando ognuno li interpretava e li personalizzava, rendendoli unici; Fair Exchange, racconta la vicenda di un ragazzo che utilizza la mucca di famiglia come moneta di scambio per comprare un paio di jeans, il suo oggetto del desiderio, creando grande scompiglio in casa. Legends Never Die, narra la realizzazione dell’ultimo desiderio di un fan, quello di indossare i 501 al proprio funerale, chiedendo agli amici di fare altrettanto per il suo commiato.

«Pochi prodotti, soprattutto nel campo dell’abbigliamento, sono altrettanto rappresentativi e duraturi - ha spiegato Chris Jackman, responsabile marketing di Levi’s durante la presentazione della campagna celebrativa -. Nati come umile pantalone da lavoro, sono diventati la perfetta tela bianca per l’autentica espressione di sé, capaci di trascendere ogni confine geografico, culturale e sociale».

di Winda Casula
Anniversari

I VANTAGGI DELLA

RIABILITAZIONE IN ACQUA

L’assenza quasi totale della forza di gravità e la temperatura confortevole sono solo alcuni dei benefici offerti dall’idrochinesiterapia

Da non confondere con attività come l’acquagym o con la ginnastica in acqua, l’idrochinesiterapia è una vera e propria tecnica riabilitativa che potenzia e velocizza il recupero da traumi e infortuni grazie alle preziose opportunità di recupero offerte dal lavoro in acqua.

L’idrochinesiterapia impiega sollevatori, ausili galleggianti, pesi, seggiolini, e il fisioterapista è parte integrante di una é quipe specializzata nella riabilitazione motoria in acqua s eguendo un programma riabilitativo prestabilito. Le sedute possono essere individuali o p er piccoli gruppi.

Mentre le “ginnastiche in acqua” vengono praticate da persone in condizioni di buona salute, l’idrochinesiterapia è uno strumento particolarmente efficace utilizzato in medicina e fisioterapia per riabilitare e rieducare soggetti che sono vittime di un trauma, oppure per un intervento chirurgico o che devono più semplicemente guarire

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Scienze
di Alessandro Mascia

da un dolore o da una infiammazione muscolare o articolare. Offre inoltre una grande opportunità di recupero per tutti i pazienti con patologie neurologiche. L’idrochinesiterapia è sempre condotta da un fisioterapista qualificato. Può essere “assistita” se il fisioterapista si trova in acqua con il paziente, oppure è più semplicemente “guidata” se il fisioterapista segue il paziente stando al di fuori della vasca.

La riabilitazione in acqua è indicata per qualsiasi fascia di età, laddove sia consigliato lavorare in assenza quasi totale del peso corporeo.

I benefici derivanti dall’utilizzo dell’acqua sono stati sfruttati dai popoli da millenni e, ancora oggi, l’acqua è annoverata tra le terapie elettive nella ricerca della salute e del benessere.

L’idrochinesiterapia è quindi una vera e propria branca della riabilitazione, che utilizza i vantaggi indotti dalla possibilità di effettuare movimenti in assenza di carico e in un ambiente caldo. La vasca di idroterapia dovrebbe essere progettata in modo tale da avere zone a temperatura differente, in base alle necessità terapeutiche, che vanno dai 25 ai 32/34 °C.

Il calore è da sempre stato utilizzato in fisioterapia grazie al suo grande potere rilassante per i muscoli oltreché per la sua capacità di aumentare il ricambio vascolare. Favorisce il drenaggio del sangue venoso (ricco di tossine e cataboliti dell’attività cellulare) ed aumenta l’afflusso del sangue arterioso ricco di nutrienti ed ossigeno.

“Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verticale (dal basso verso l’alto) di intensità pari al peso di una massa di fluido di volume uguale a quella della parte immersa del corpo”. Già dal III secolo a.C. la fisica ci insegna, grazie ai principi di Archimede, che in acqua si ha una riduzione di peso pari al 90%.

Le vasche per idrochinesiterapia sono inoltre progettate in modo differente

rispetto a quelle per il nuoto. Devono avere fondali di profondità differente per garantire ai pazienti di varia altezza di essere sempre immersi fino al torace. Normalmente sono equipaggiate per aiutare nel modo più completo possibile le disabilità dei pazienti. Dovrebbero avere lungo i bordi della vasca dei corrimano o anche delle parallele o delle spalliere utili per eseguire diversi tipi di esercizi all’interno della vasca. Le articolazioni che più di altre subiscono il peso del corpo sono quelle più basse e partiamo quindi dal piede per salire verso il ginocchio, l’anca e la colonna vertebrale. Più saliamo lungo il corpo verso l’alto meno chili devono sostenere le articolazioni. La drastica riduzione della forza di gravità, dovuta all’immersione del corpo nell’acqua, permette la mobilizzazione precoce delle articolazioni. Dopo interventi chirurgici, dopo traumi, ma anche per pa-

tologie reumatiche oppure per l’artrosi con alti livelli di infiammazione e con la cartilagine erosa dal tempo e da attività particolarmente faticose, l’acqua favorisce la ripresa precoce dell’attività muscolare. La mobilizzazione precoce aiuta la ricostruzione del tono muscolare sfruttando l’aumento della produzione di sostanze che diminuiscono la percezione del dolore (endorfine). L’unica controindicazione riguardante gli interventi chirurgici è relativa ai primi giorni successivi all’intervento, in quanto le ferite chirurgiche devono essere completamente rimarginate. L’acqua permette il galleggiamento ma rappresenta anche un elemento che offre maggiore resistenza al movimento rispetto all’aria. La densità dell’acqua permette quindi un inizio di lavoro muscolare contro-resistenza più naturale rispetto all’utilizzo di pesi ed elastici.

BUONE NOTIZIE ANCHE PER IL CUORE

Numerosi test hanno evidenziato i vantaggi dell’acqua sul sistema cardiovascolare. La pressione indotta dall’acqua sul corpo (pressione idrostatica) determina il deflusso del sangue dalle estremità del corpo verso il torace. Questo fenomeno favorisce il riassorbimento dei liquidi in eccesso (per stasi venosa e linfatica). Aumenta la quantità di sangue che entra nel cuore favorendone la dilatazione e stimolando quindi la successiva forza per la contrazione. Ne deriva una maggiore ossigenazione e nutrimento dei tessuti e degli organi. Si registra inoltre una riduzione della frequenza cardiaca di circa 10-15 battiti al minuto.

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Salute

LE INSIDIE DELLE APNEE NOTTURNE

Le apnee ostruttive del sonno

C’è un disturbo tanto diffuso quanto sottovalutato che turba le nostre notti. Parliamo delle apnee notturne, quelle sospensioni temporanee del respiro durante il sonno che possono procurare problemi importanti al cuore, al cervello e all’intero organismo: motivo per cui è sempre un bene riconoscerle e affrontarle adeguatamente.

Che cosa sono le apnee ostruttive del sonno?

Accade che mentre si dorme si verifichi un arresto della respirazione, che può anche durare diversi secondi. Questi episodi possono essere ricorrenti (fino a 80-90 volte in un’ora di sonno), tanto da costituire una vera e propria sindrome: la cosiddetta OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome). Non è un problema raro: secondo recenti stime, infatti, a soffrire di apnee notturne è la metà della popolazione adulta in Italia, il 27% in forma moderata-grave. Più esposte sono le persone obese o in sovrappeso, i fumatori, nonché i portatori di una conformazione alterata del palato e del setto nasale. Nelle donne l’incidenza può aumentare con la menopausa e negli ultimi mesi di gravidanza. La maggior parte dei casi passa inosservata, il che è un problema serio. L’ostruzione delle prime vie aeree, infatti, può essere parziale o totale, più o meno grave, ma non è mai priva di conseguenze.

Le conseguenze

Che cosa succede quando la respirazione si blocca temporaneamente? Il cuore è costretto ad accelerare bruscamente la frequenza cardiaca e la percentuale di ossigeno nel sangue si riduce. Aumentano i valori della pressione arteriosa, pri-

Scienze www.spazio50.org | maggio 2023 70

ma solo nelle ore notturne, poi anche durante il giorno. Il sonno si fa frammentato e induce a sonnolenza eccessiva durante il giorno. Ovviamente la situazione è tanto più grave quanto più sono numerosi e frequenti gli episodi nel corso del riposo. Ciò che ne deriva è una condizione di continuo stress che mette a rischio la salute del cuore, ma non solo. Le apnee notturne, infatti, sono considerate un fattore di rischio anche per lo sviluppo di malattie cerebrovascolari e respiratorie, di disturbi dell’umore, ansia, deficit cognitivi. Alcuni studi recenti, ad esempio, hanno mostrato una correlazione fra le apnee notturne negli anziani e un punteggio più basso nei test su memoria e prestazioni cognitive.

I sintomi

Ma come ci si accorge di avere un problema respiratorio durante il sonno? Il sospetto deve venire in caso di russamento, risvegli improvvisi con la sensazione di soffocare, necessità frequente di alzarsi per urinare, sudorazione notturna. Da non sottovalutare anche la gola molto secca e il mal di testa al mattino; un’eccessiva sonnolenza diurna accompagnata a problemi come colpi di sonno alla guida o sul lavoro, difficoltà di concentrazione e di memorizzazione. In tutti questi casi è bene rivolgersi al medico che valuterà eventuali approfondimenti.

Gli esami utili

Se c’è un sospetto di OSAS, il medico considererà la situazione clinica del paziente, i possibili fattori di rischio e l’eventuale testimonianza di familiari o conviventi che possano aiutare a capire che cosa accade durante il sonno. A fare chiarezza e a portare una diagnosi adeguata, però, è il ricorso ad esami strumentali come la polisonnografia che, con un sistema di sensori

ed elettrodi, consente di monitorare le funzioni cardiorespiratorie durante tutta la durata del sonno.

Le cure

Fortunatamente le apnee ostruttive si possono affrontare con diversi approcci, a seconda della gravità e delle condizioni del paziente. Un primo intervento utile è agire sulle cause che rendono difficile la respirazione, ad esempio perdendo peso, con l’aiuto di un esperto, migliorando la dieta e aumentando l’esercizio fisico. Oppure intervenendo con dissuasori per cambiare la postura durante il sonno ed evitare quella più associata al russamento (in genere quella supina), con apparecchi ortodontici per correggere la posizione della mandibola mentre si dorme. Lo specialista potrà anche consigliare di intervenire chirurgicamente, ad esempio rimuovendo tonsille ipertrofiche o correggendo il setto nasale. Le linee guida, in ogni caso, raccomandano per i pazienti con OSAS l’utilizzo di dispositivi di ventilazione meccanica a pressione positiva (CPAP - Continuous positive air way pressure), con una maschera sul viso che facilita la respirazione. Con questi approcci è possibile riportare nei pazienti con apnee ostruttive un rischio di infarto e ictus a livelli simili a quelli di chi non ne ha mai sofferto.

ATTENZIONE AL VOLANTE!

Secondo l’ACI, un incidente stradale su cinque è legato ad un colpo di sonno. Nello specifico le apnee ostruttive provocherebbero ogni anno oltre 12.000 sinistri in Italia.

Una revisione degli studi disponibili dagli Anni ’50 al 2021 ha mostrato che il rischio di incidente è più che raddoppiato nei guidatori con OSAS. Dal 2016 la patente non viene più rinnovata in caso di OSAS non trattata.

LA PREVENZIONE

Per prevenire i problemi legati alla sindrome da apnee ostruttive del sonno, il Ministero della Salute raccomanda di:

• sottoporsi ad accertamenti specialistici, prescritti dal proprio medico curante, ogni qual volta si riscontrino ostacoli anatomici a livello delle prime vie aeree o una sintomatologia riconducibile; ciò al fine di porre precocemente diagnosi;

• adottare uno stile di vita utile a prevenire eccesso di peso e obesità, attraverso un’alimentazione sana ed equilibrata e la pratica costante di attività fisica;

• astenersi dal fumo, dall’abuso di sostanze alcoliche e di farmaci come i sonniferi.

a cura di Fondazione Umberto Veronesi
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LA METEOROLOGIA EUROPEA È ALL’ALBA

DI UNA NUOVA ERA SALVERÀ VITE UMANE

Grazie all’innovativo programma Meteosat (e al contributo tecnologico italiano) non sarà

più un’utopia prevedere in tempo reale i fenomeni estremi, come tempeste e alluvioni

Tra i preparativi del Natale e i Mondiali di calcio in Quatar potrebbe essere passata inosservata una notizia scientifica fondamentale per la sicurezza climatica europea. Il 13 dicembre scorso, dalla base spaziale di Kourou nella Guyana francese, è infatti partito il nuovo satellite Meteosat conosciuto come MTG-I1, il primo di una nuova serie in grado di facilitare notevolmente la capacità di osservazione e previsione dei fenomeni meteorologici. Il programma Meteosat di Terza Generazione (MTG), una collaborazione tra l’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) e Eumetsat (l’Organizzazione europea per il meteo), avrà una durata ventennale e prevede complessivamente la messa in orbita di 5 satelliti (più 1 di riserva).

L’Europa dispone di propri satelliti meteo che costituiscono il siste-

Scienze
di Ettore Costa
www.spazio50.org | maggio 2023 72

ma Meteosat. Il 23 novembre 1977, il primo satellite Meteosat è stato posto nella propria orbita geostazionaria a 36.000 km sopra il Golfo di Guinea dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), e attualmente il 90% dei dati utilizzati per le previsioni meteo nel Vecchio Continente arriva proprio dai satelliti. MTG-I1 è un gioiello tecnologico che riesce a offrire un’immagine completa della Terra aggiornata ogni dieci minuti (contro i 30 dei Meteosat degli Anni ’70), che scendono a due e mezzo sull’Europa. A bordo del satellite è inoltre allocato un “Lightning Imager”, il primo “fulminometro” spaziale d’Europa - costruito e collaudato in Italia -, che dai suoi 36mila km di altitudine è in grado di intercettare persino il bagliore di una singola folgore. Questo “cacciatore di fulmini” nell’atmosfera osserverà e misurerà sia quelli che si scaricano a terra sia quelli che scoccano tra le nuvole, praticamente impossibili da osservare al suolo. Una missione decisiva considerando la pericolosità di questi fenomeni atmosferici (stimati in circa 1,4 miliardi l’anno) per il trasporto aereo. Senza contare l’apporto decisivo per il salvataggio marittimo dei natanti nel caso in cui la tempesta si scateni sul mare. Non solo, le schede elettroniche in dotazione al Lightning Imager calibrano autonomamente la luminosità degli scatti, permettendogli di “autoregolarsi” in base allo scenario osservato, così da distinguere il balenio sia in contesti estremamente luminosi - come in zone ad alta densità abitativa o nei casi di luce riflessa - sia in scenari estremamente bui come può essere un deserto. Nell’equipaggiamento tecnologico degli ultimi Meteosat è inoltre incluso il “Flexible Combined Imager”, uno strumento in grado di scattare immagini con una risoluzione particolarmente elevata e quindi di “catturare” più dettagli rispetto ai vecchi Meteosat. L’ambizioso progetto Meteosat di terza generazione si pone dunque, in un

futuro prossimo, come il principale strumento di sorveglianza del territorio, che vede l’Italia in prima fila con la società Leonardo, responsabile dello sviluppo dell’equipaggiamento scientifico dei satelliti, e Telespazio, tra i principali operatori di servizi satellitari al mondo, impegnata a gestirne la messa in orbita.

Dato l’intensificarsi e la rapidità di trasformazione dei fenomeni estremi, l’obiettivo dei satelliti third generation è dunque quello di aumentare la capacità di previsione a brevissimo termine, da qualche minuto a un massimo di 5 ore, il cosiddetto “nowcasting”. Per i ricercatori, infatti, una volta completamente operativo, da 9 a 12 mesi dopo il lancio, il nuovo sistema consentirà di seguire l’intero ciclo di vita delle tempeste dallo spazio per darne tempestivo allarme. Qualcosa di impossibile finora.

Gli eventi drammatici come il tifone Nanmadol in Giappone e l’alluvione nelle Marche nello scorso settembre, forieri di morte e devastazioni, in futuro potranno - almeno in parte - essere evitati grazie all’apporto della nuova tecnologia.

L’AERONAUTICA MILITARE PRESENTA IL NUOVO SITO

Da gennaio l’Aeronautica Militare ha inaugurato un nuovo sito interattivo (www.meteoam.it), ricco di strabilianti funzioni per gli appassionati della materia. Oltre a sapere se pioverà o splenderà il sole, è possibile - tra l’altro - avere approfondimenti sulle informazioni fornite dalle diverse immagini, sui sensori impiegati e sui più disparati argomenti legati al mondo dei satelliti meteorologici.

IL PRIMO METEOROLOGO DELL’ETÀ MODERNA

Le meteorologia previsionale è nata in Gran Bretagna nell’Era Vittoriana allo scopo di emettere avvisi e allerte di condizioni meteorologiche avverse. Il primo direttore dell’Ufficio Meteorologico del Regno Unito fu un ufficiale della marina britannica, il capitano (poi vice-ammiraglio) Robert FitzRoy, avventuroso esploratore della Terra del Fuoco, che ebbe l’intuizione di studiare le carte nautiche - fino ad allora solamente osservate - per capire in anticipo le condizioni del tempo.

L’IGROMETRO DI NICCOLÒ CUSANO

Per gli studiosi il primo strumento meteo è un igrometro rudimentale ideato da Niccolò Cusano intorno al 1430, in grado di determinare il grado di umidità dell’aria dalla differenza di peso di una balla di lana.

maggio 2023 | www.spazio50.org 73 Meteo e tecnologia

Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

La Neuralink di Elon Musk e il suo sogno di installare chip cerebrali sembrano in stallo. La FDA americana ha sollevato diverse perplessità, non approvando al momento il progetto.

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ROBOT UMANOIDI, LA RIVOLUZIONE SI AVVICINA

Dopo i robot di Tesla e Boston Dynamics, arriva Figure 01

La start up Figure, arrivata sul mercato a settembre, ha mostrato poche settimane fa i suoi primi prototipi di robot umanoidi. Il fondatore Brett Adcock, con un investimento di 100 milioni di dollari e uno staff di 40 professionisti provenienti da Boston Dynamics, Tesla, Apple e Alphabet X, vuole creare robot umanoidi “universali” capaci di svolgere moltissime attività. I “Figure 01” sono simili ai Teslabot, ma secondo Adcock sono più avanzati. Staremo a vedere. www.figure.ai

2

CRESCE IL MERCATO DELLA CYBERSICUREZZA IN ITALIA

Vale 1,86 miliardi di euro, ma non investiamo abbastanza

Crescono gli attacchi informatici in Italia con un’impresa su 7 che ha denunciato danni tangibili. Ma se per l’Osservatorio del Politecnico di Milano il 61% delle organizzazioni sopra i 250 addetti ha speso di più per la sicurezza informatica nell’ultimo anno, il rapporto tra spesa in cybersecurity e Pil in Italia (0,10%) ci colloca all’ultimo posto tra i Paesi del G7. In testa Stati Uniti e Regno Unito (0,31%), seguono Francia (0,19%) e Germania (0,18%).

www.osservatori.net

3

SE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE È ARCHEOLOGA

Grazie alla tecnologia possiamo ricostruire i reperti

Ricostruire un antico reperto in frammenti è un’attività che richiede tempo. Qui intuito, conoscenza e “occhio” fanno la differenza. A Pompei, da qualche tempo, gli archeologi possono contare su RePAIR, un robot dotato di Intelligenza Artificiale che esaminando i pezzi di un reperto sa adattarli. Partito nel 2021 e finanziato anche dall’Unione Europea, il progetto sta dando già risultati. Prossimo step: dare a RePAIR un paio di bracci robotici per renderlo autonomo.

www.repairproject.eu

4

PLANT PARENT, L’APP CON IL “POLLICE VERDE”

Aiuta a conoscere le piante e a gestirle meglio

Non sapete quando innaffiare le piante o come concimarle? Se esporle alla luce solare e dove posizionarle? Avete una pianta da un po’ ma non avete idea di che tipo sia? Nessun problema, c’è Plant Parent, l’app che con un semplice scatto vi dà tutte le informazioni che volete. Sarà lei a prendersene cura, notificandovi quando è il momento di annaffiare, concimare, potare, rinvasare. E se le piante si ammalano, Plant Parent può suggerirvi la cura più adatta.

https://plantparentai.com

LO SAPEVATE CHE?

Dal 25 e 26 maggio, a Stresa (Vb), c’è il Technology Forum 2023 per raccontare gli ultimi sviluppi della tecnologia e il loro impatto sul mondo delle imprese e sulla società. Info: www.ambrosetti.eu/innotech-hub/technology-forum-2023

a cura di Valerio Maria Urru
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IN FARMACIA Essere il tuo benessere.

ADDIO AL REDDITO DI CITTADINANZA ARRIVA LA ‘GARANZIA PER L’INCLUSIONE’

Dopo ‘REI’ e ‘RdC’ ecco ‘GIL’. Cambiano le denominazioni ma il problema rimane colmare il gap tra l’offerta e la domanda di lavoro

Al di là dei cosiddetti ‘furbetti’, è innegabile che prima il Reddito di inclusione e poi il Reddito di cittadinanza abbiano innovato le nostre politiche di contrasto alla povertà, ma è altrettanto vero che le iniziative messe in campo per promuovere l’occupazione non abbiano dato i risultati sperati. Da un lato occorre colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro e dall’altro riqualificare e reinserire nel mondo del lavoro coloro che ne sono stati esclusi per i più svariati motivi. Si chiama ‘Garanzia per l’Inclusione’ (GIL) la prestazione che da gennaio 2024 dovrebbe sostituire il Reddito di cittadinanza. Lo prevede la bozza del Decreto Lavoro all’esame del Consiglio dei Ministri proprio nelle ore in cui scriviamo queste righe, pertanto suscettibile di variazioni. Nelle intenzioni del Governo si tratta di una “misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento

sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”. A tal fine sarà istituito presso il Ministero del Lavoro un nuovo ‘Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa’ (SIISL) nell’ambito del quale opererà una piattaforma dedicata ai beneficiari del sussidio per l’attivazione di percorsi autonomi e personalizzati di ricerca del lavoro e l’individuazione di attività di formazione e sviluppo delle proprie competenze o la partecipazione a progetti utili alla collettività.

La nuova prestazione correggerà inoltre le violazioni del diritto UE recentemente segnalate da Bruxelles. A metà febbraio, la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenendo che il requisito dei dieci anni di residenza, necessario per accedere al Reddito di cittadinanza, non fosse in linea con il diritto dell’Unione Europea.

“GIL” sarà erogata ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, titolari di permesso di soggiorno o permanen-

te, ma anche ai cittadini di Paesi terzi in possesso del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, purché al momento della presentazione della domanda risultino residenti in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Come il vecchio Reddito di cittadinanza, il nuovo sussidio sarà erogato tramite una carta di pagamento elettronica ricaricabile, denominata “Carta di inclusione”. L’ISEE resta la condizione necessaria per ottenere la prestazione: la soglia dovrebbe scendere dagli attuali 9.360 a 7.200 euro. La misura verrebbe riconosciuta, a richiesta, ai nuclei familiari in cui sia presente almeno un soggetto con disabilità o minorenne o con almeno sessant’anni di età o al quale sia stata riconosciuta una patologia che dà luogo all’assegno di invalidità civile anche temporaneo. Il beneficio economico dovrebbe essere corrisposto fino alla soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e potrebbe essere integrato fino a un massimo di 3.360 euro annui come contributo affitto.

Parallelamente alla “GIL”, il Decreto Lavoro prevede l’introduzione di una prestazione di accompagnamento al lavoro denominata “PAL” e di una misura di garanzia per l’attivazione lavorativa denominata “GAL”, entrambe pari a 350 euro al mese. La prima è una misura transitoria prevista da settembre 2023 e fruibile fino alla fine dell’anno dagli “occupabili” che attualmente percepiscono il reddito di cittadinanza, la seconda dovrebbe essere destinata ai cittadini con un’età compresa tra i 18 e i 59 anni e con un ISEE non superiore a 6.000 euro. Indipendentemente da come si chiameranno i sussidi, ci auguriamo che le misure individuate per favorire l’occupazione possano risolvere almeno in parte le debolezze strutturali del nostro mercato del lavoro.

a cura di Maria Silvia Barbieri Previdenza
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CHI NE HA DIRITTO

La “pensione anticipata flessibile” consentirà, solo per il 2023, a tutti i lavoratori dipendenti, del pubblico impiego, autonomi e parasubordinati di andare in pensione entro il 31 dicembre 2023. I requisiti sono almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età.

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LEGGE DI BILANCIO 2023

Flat tax e regime incrementale

L’articolo 1 della Legge 197/2022 prevede importanti novità per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni

Continuando la disamina di altre disposizioni, di nostra competenza, previste dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023), che hanno destato non poca curiosità e, allo stesso tempo, molte critiche, sono rappresentate dall’articolo 1, commi 54 e 55, con le quali sono state apportate le modifiche al regime forfetario ed è stata introdotta (per il solo 2013) la tassazione dei redditi incrementali di lavoro autonomo e/o d’impresa conseguiti da persone fisiche.

In particolare, l’articolo 1, comma 54, in materia di regime forfetario per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, ha apportato le seguenti modificazioni:

a) al comma 54, lettera a), le parole: “euro 65.000” sono sostituite dalle

seguenti: “euro 85.000”; b) al comma 71 sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: «Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro. In tale ultimo caso è dovuta l’Imposta sul Valore Aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite».

In altre parole, nell’ambito del rispetto delle condizioni previste dalle disposizioni previgenti, il titolare di reddito di lavoro autonomo o di reddito d’impresa che non ha dipendenti, non ha beni strumentali superiori ad euro 20.000, non è intestatario di redditi di lavoro dipendente o di pensione superiore a 30.000 euro, potrà applicare al proprio reddito, entro i suddetti maggiori limiti di ricavi e/o compensi, l’aliquota del

15%, a titolo di imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionali ed addizionali comunali.

Va ricordato che il reddito su cui applicare l’aliquota è determinato senza la deduzione analitica delle spese ma al netto di una deduzione “forfetaria” prevista dall’Agenzia delle Entrate che, con decreto, la prevede, distintamente, per ciascuna categoria di attività economica.

Per cui la base imponibile su cui sarà applicata l’aliquota del 15% è pari alla seguente sommatoria algebrica: Ricavi meno la % di costi stabiliti dall’Agenzia delle Entrate, a cui vanno anche decurtati i contributi previdenziali obbligatori che il lavoratore autonomo o l’imprenditore è tenuto a versare alle Casse Private o all’Inps. Detto valore così determinato, rappresenta il reddito ai fini della flat tax su cui è applicata l’aliquota del 15% (o del 5%, se ricorrono altri requisiti specifici).

Questi contribuenti non dovranno adempiere agli obblighi dettati per le categorie di reddito di lavoro autonomo e d’impresa previsti dai Dpr n. 600/1973 e n. 633/1972, ma dovranno, sostanzialmente, emettere la fattura in cui sia richiamata l’applicazione del regime agevolativo e versare l’imposta di bollo di 2 euro, con le modalità previste con appositi Decreti, con risoluzioni e provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate. Infine, si ricorda che, seppur con specifici limiti, anche per questa categoria è stato previsto l’obbligo della fatturazione elettronica.

Il successivo comma 55, invece, ha introdotto, a favore delle persone fisiche che non hanno applicato la flat tax, un regime (opzionale) che potremmo considerare “misto”, tra quello agevolato e quello a tassazione ordinaria, argomento che sarà trattato nell’articolo della prossima edizione.

a cura di Alessandra De Feo Fisco
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2023
730

Abruzzo Telefono

L’Aquila - Viale Corrado IV, 40/F

Chieti - Via F. Salomone, 67

Pescara - Via Aldo Moro, 1/3

Teramo - Corso De Michetti, 2

0862204226

087164657

0854313623

0861252057

Basilicata Telefono

Matera - Via Don Luigi Sturzo, 16/2

Potenza - Via Centomani, 11

0835385714

097122201

Calabria Telefono

Cosenza - Viale degli Alimena, 5

Catanzaro - Via Milano, 9

Crotone - Via Regina Margherita, 28

Reggio Calabria - Via Tenente Panella, 20

Vibo Valentia - Via Spogliatore snc

098422041

0961721246

096221794

0965891543

096343485

Campania Telefono

Avellino - Via Salvatore De Renzi, 28

Benevento - Via delle Puglie, 28

Caserta - Via Roma, 90

Napoli - Via Cervantes, 55 int. 14

Salerno - Via Zammarelli, 12

082538549

0824313555

0823326453

0812514037

089227600

Emilia Romagna Telefono

Bologna - Strada Maggiore, 23

Forlì - Piazzale della Vittoria, 23

Ferrara - Via Girolamo Baruffaldi, 14/18

Modena - Via Begarelli, 31

Piacenza - Strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti

Parma - Via Abbeveratoia, 61/A

Ravenna - Via di Roma, 104

0516487548

054324118

0532234211

0597364203

0523/461831-32-61

0521944278

0544515707

Reggio Emilia - Viale Timavo, 43 0522708565-553

Rimini - Viale Italia, 9/11

0541743202

Friuli Venezia Giulia Telefono

Gorizia - Via Vittorio Locchi, 22

Pordenone - Piazzale dei Mutilati, 6

Trieste - Via Mazzini, 22

Udine - Viale Duodo, 5

048132325

0434549462

0407707340

04321850037

Lazio Telefono

Frosinone - Via Moro, 481

0775855273

Latina - Via dei Volsini, 60 0773611108

Rieti - Largo Cairoli, 4

Roma - Via Cola di Rienzo, 240

Viterbo - Via Belluno, 39/G

0746483612

0668891796

0761341718

Liguria Telefono

Genova - Via XX Settembre, 40/5 010543042

Imperia - Via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334

La Spezia - Via del Torretto, 57/1 0187731142

Savona - Corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582

Lombardia Telefono

Bergamo - Via Borgo Palazzo, 133 0354120126

Brescia - Via Trento, 15/R 0303771785

Como - Via Bellini, 14 031265361

Cremona - Via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715

Lecco - Piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

Lodi - Viale Savoia, 7 0371432575

Mantova - Via Valsesia, 46 0376288505

Milano - Corso Venezia, 47 0276013399

Pavia - Via Ticinello, 22 038228411

Sondrio - Via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311

Varese - Via Valle Venosta, 4 0332342280

Marche Telefono

Ancona - Via Alcide De Gasperi, 31 0712075009

Ascoli Piceno - Viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102

Macerata - Via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

Pesaro - Strada delle Marche, 58 0721698224/5

Molise Telefono

Campobasso - Via Giuseppe Garibaldi, 48

Isernia - Via XXIV Maggio, 331 0865411713

Piemonte Telefono

Alba - Piazza S. Paolo, 3 0173226611

Alessandria - Via Trotti, 46 0131260380

Asti - Corso Felice Cavallotti, 37 0141353494

Biella

Le sedi 50&Più provinciali
0874483194
- Via Trieste, 15 01530789 Cuneo - Via Avogadro, 32 0171604198 Novara - Via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232 Torino - Via Andrea Massena, 18 011533806 Verbania - Via Roma, 29 032352350 Vercelli - Via Duchessa Jolanda, 26 0161215344 Puglia Telefono Bari - Piazza Aldo Moro, 28 0805240342 Brindisi - Via Appia, 159/B 0831524187 Foggia - Via Luigi Miranda, 8 0881723151 Lecce - Via Cicolella, 3 0832343923 Taranto - Via Giacomo Lacaita, 5 0997796444 Sardegna Telefono Cagliari - Via Santa Gilla, 6 070280251 Nuoro - Galleria Emanuela Loi, 8 0784232804 Oristano - Via Sebastiano Mele, 7/G 078373612 Sassari - Via Giovanni Pascoli, 59 079243652 Sicilia Telefono Agrigento - Via Imera, 223/C 0922595682 Caltanissetta - Via Messina, 84 0934575798 Catania - Via Mandrà, 8 095239495 Enna - Via Vulturo, 34 093524983 Messina - Via Santa Maria Alemanna, 5 090673914 Palermo - Via Emerico Amari, 11 091334920 Ragusa - Viale del Fante, 10 0932246958 Siracusa - Via Eschilo, 11 093165059-415119 Trapani - Via Marino Torre, 117 0923547829 Toscana Telefono Arezzo - Via XXV Aprile, 12 0575354292 Carrara - Via Don Minzoni,20/A 058570973-570672 Firenze - Via Costantino Nigra, 23-25 055664795 Grosseto - Via Tevere, 5/7/9 0564410703 Livorno - Via Serristori, 15 0586898276 Lucca - Via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170 Pisa - Via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30 Prato - Via San Jacopo, 20-22-24 057423896

Le sedi 50&Più all’estero

WWW.50EPIU.IT 50&Più SISTEMA ASSOCIATIVO E DI SERVIZI VITA ASSOCIATIVA ASSISTENZA PREVIDENZIALE ASSISTENZA FISCALE Pistoia - Viale Adua, 128 0573991500 Siena - Via del Giglio, 10-12-14 0577283914 Trentino Alto Adige Telefono Bolzano - Mitterweg - Via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032 Trento - Via Solteri, 78 0461880408 Umbria Telefono Perugia - Via Settevalli, 320 0755067178 Terni - Via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152 Valle d’Aosta Telefono Aosta - Piazza Arco d’Augusto, 10 016545981 Veneto Telefono Belluno - Piazza Martiri, 16 0437215264 Padova - Via degli Zabarella, 40/42 049655130 Rovigo - Viale del Lavoro, 4 0425404267 Treviso - Via Sebastiano Venier, 55 042256481 Venezia Mestre - Viale Ancona, 9 0415316355 Vicenza - Via Luigi Faccio, 38 0444964300 Verona - Via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502
Argentina Telefono Buenos Aires 0054 11 45477105 Villa Bosch 0054 9113501-9361 Australia Telefono Perth 0061 864680197 Belgio Telefono Bruxelles 0032 25341527 Brasile Telefono Florianopolis 0055 4832222513 San Paolo 0055 1132591806 Canada Telefono Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023 Hamilton 001 9053184488 Woodbridge 001 9052660048 Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902 Montreal Saint Leonard 001 5142525041 Ottawa 001 6135674532 St. Catharines 001 9056466555 Toronto 001 4166523759 Germania Telefono Dusseldorf 0049 021190220201 Portogallo Telefono Lisbona 00351 914145345 Spagna Telefono Valencia 0034 961030890 Svizzera Telefono Lugano 0041 919212050 Uruguay Telefono Montevideo 0059 825076416 USA Telefono Fort Lauderdale 001 9546300086

Turismo

ULTIME CAMERE DISPONIBILI

INCONTRI 50&PIÙ 2023

dal 4 al 18 giugno 2023

SERENÈ VILLAGE BLUSERENA

a Marinella di Cutro in Calabria, sul Mare Ionio

SERENÈ VILLAGE

Il Serenè Village è un villaggio turistico 4 stelle situato direttamente su una bellissima spiaggia della costa ionica, bordata da un grande bosco di eucalipti. Sorge in Località Marinella di Cutro, a 18 km dall’aeroporto di Crotone e a 80 km da quello di Lamezia Terme.

Incontri 50&Più è un evento importante, una grande festa di inizio estate dove oltre 2.000 soci 50&Più si ritroveranno per condividere il piacere di una vacanza, all’insegna del bel mare, del divertimento e del relax. Il soggiorno personalizzato e arricchito con attività culturali, incontri dedicati, corsi danza con “gara di ballo”, tornei di burraco e altri divertimenti, oltre all’assistenza in loco dello staff 50&Più e 50&Più Turismo, sono il vero valore aggiunto che determina il grande successo di partecipazione.

CAMERE - Le 480 camere, poste su due piani, sono suddivise in camere Classic, Family, Premium e Comfort. Inoltre, camere bivano (senza porte fra i due vani) con 5 posti letto. Le camere al piano terra dispongono di giardino, quelle al primo piano di balconcino. Su richiesta, possibilità di camere comunicanti e per diversamente abili. Tutte le camere sono dotate di aria condizionata con regolazione individuale, Tv, mini frigo, cassaforte, bagno. Disponibili Dog Room, in cui sono ammessi cani di piccola taglia (max 10 kg).

SPIAGGIA - L’ampia spiaggia sabbiosa e privata del Serenè Village (profonda 40 m e larga 400 m) è attrezzata con ombrelloni riservati, lettini e sdraio, spogliatoi e docce, desk informazioni e servizi del Bluserena SeaSport (alcuni a pagamento) tra cui barche a vela e windsurf, canoe, pedalò, campi da beach tennis e beach volley.

RISTORAZIONE - Il Serenè Village offre una ristorazione ricca, varia e di qualità con menu show cooking alla scoperta del territorio regionale, delle tradizioni italiane e di proposte culinarie dal mondo. Sono presenti: un ristorante centrale con due sale climatizzate e Patio, oltre al ristorante gourmet Il Gusto (con servizio al tavolo) e il Blu Beach Restaurant (a buffet), entrambi su prenotazione.

SERVIZI - A disposizione degli ospiti: piscina di 500 mq e piscina per il nuoto, campi polivalenti, campi da tennis, campi da bocce, Parco Avventura per bambini, Area fitness ultramoderna. L’animazione, sempre presente e mai invadente, quotidianamente proporrà: spettacoli, corsi di vela e windsurf (collettivi), acquagym, tornei sportivi, balli di gruppo e tanto altro.

QUOTE

(PERIODI PROLUNGATI)

3° letto bambino (fino a 3 anni n.c.) in camera con 2 adulti, gratuito con quota obbligatoria di € 85 a settimana (Coccinella Baby Care e servizi dedicati: biberoneria, culla, fasciatoio, vaschetta bagno, ecc.). 3° letto bambino (da 3 a 8 anni n.c.) in camera con 2 adulti, - 80%. 3° letto bambino (da 8 a 12 anni n.c.) in camera con 2 adulti, - 50%. Riduzioni 4° letto su richiesta

Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Quota supplementare per i non soci 50&Più: € 50

QUOTE DI SOGGIORNO PER PERSONA (1 SETTIMANA) DOPPIA DOPPIA USO SINGOLA TERZO LETTO ADULTI
- 11 giugno (7 notti/8 giorni) € 695 € 870 € 555 11 - 18 giugno (7 notti/8 giorni) € 780 € 955 € 625
4
DI SOGGIORNO
DOPPIA DOPPIA USO SINGOLA TERZO LETTO ADULTI 1 - 11 giugno (10 notti/11 giorni) € 920 € 1.185 € 645 11
giugno (14 notti/15 giorni) € 1.560 € 1.910 € 1.095
PER PERSONA
- 25

ASSISI, DALL’11 AL 16 LUGLIO 2023

Il TH Assisi è una struttura ricettiva nata dall’accurato e sapiente restauro di antichi ambienti conventuali e conserva, pur nell’aspetto moderno e intrigante, quelle suggestioni che attraversano il tempo riallacciando continuamente il legame con il territorio. È situato a Santa Maria degli Angeli, a poca distanza dalla famosa Porziuncola di San Francesco.

La splendida atmosfera del luogo, una bellissima

vista su Assisi, gli ampi spazi verdi che invitano alla riflessione e la raggiungibilità, la funzionalità ed efficienza della struttura garantiscono un soggiorno perfetto, adatto alle esigenze degli ospiti. L’evento si svolgerà nelle 2 strutture che compongono il TH Assisi, che per l’occasione saranno ad uso esclusivo di 50&Più: l’Hotel Cenacolo (4 stelle) e l’Hotel Casa Leonori (3 stelle).

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE

6 giorni / 5 notti

In camera doppia € 550 (4 stelle) € 490 (3 stelle)

In camera singola/dus € 630 (4 stelle) € 600 (3 stelle)

Escursione facoltativa alle Terre del Perugino minimo 35 partecipanti € 45 (biglietto circuito incluso)

Escursione facoltativa al Museo della Ceramica minimo 35 partecipanti € 40 (ingresso incluso)

Quota d’iscrizione per i non soci 50&Più € 50

LA QUOTA COMPRENDE:

Soggiorno in camera doppia presso il TH Assisi nella struttura prescelta (secondo disponibilità), con trattamento di pensione completa (bevande incluse) • Partecipazione ai convegni e agli intrattenimenti proposti da 50&Più • Servizio navetta per il centro di Assisi • Assistenza staff 50&Più e 50&Più Turismo • Assicurazione bagaglio/sanitaria/annullamento.

LA QUOTA NON COMPRENDE:

Trasporti da e per Assisi (quotazioni su richiesta) • Escursioni facoltative (da regolare in loco) • Tassa di soggiorno (da regolare in loco) • Mance, extra in genere e tutto quanto non specificato.

(Aut. Reg.
388/87) Tel. 06 6871108/369
Fax 06 6833135 E-mail: info@50epiuturismo.it Oppure presso le sedi Provinciali 50&Più. www.50epiuturismo.it
HOTEL CENACOLO (4 STELLE) HOTEL CASA LEONORI (3 STELLE)

Turismo

ISCHIA LA PERLA DEL MEDITERRANEO

Un soggiorno all’insegna del benessere, della buona cucina, del sole e del relax. Tutti gli hotel 4 stelle, con centro termale convenzionato Asl, piscine termali, centro benessere.

Hotel Terme President Ischia Porto - Hotel Terme Cristallo Palace Casamicciola.

DA MAGGIO A OTTOBRE - DURATA: 7 NOTTI/8 GIORNI

ISCHIA TOUR DELLE ISOLE DEL GOLFO

Per gli amanti del mare e del relax, il tour delle Isole del Golfo di Napoli è l’ideale per vivere esperienze diverse in una sola vacanza, nel comfort di un hotel 4 stelle.

* L’hotel 4 stelle assegnato sarà comunicato tre giorni prima dell’arrivo ad Ischia.

DA MAGGIO A LUGLIO - DURATA: 7 NOTTI/8 GIORNI

ITALIA, FRANCIA, SPAGNA: CROCIERA MEDITERRANEO

La crociera è sempre l’occasione per visitare posti ricchi di storia e di bellezze naturali navigando con tutti i comfort sulla nave MSC MAGNIFICA.

Itinerario: Civitavecchia - Livorno (Firenze) - Valencia - TarragonaToulon - Genova - Civitavecchia.

Durata: 7 notti/8 giorni - Periodo: dal 28/06 al 05/07 partenza da Civitavecchia Quota Crociera + assicurazione a partire da: € 595 in cabina interna, esperienza Fantastica

UZBEKISTAN ANTICHE VIE CAROVANIERE

Un viaggio affascinante per scoprire le ricche testimonianze della storia e civiltà dell’Uzbekistan che racchiude antiche città sulla Via della Seta: Samarcanda con la moschea e l’antico osservatorio, Tashkent e il complesso Khast Imam, Bukhara con i colorati bazaar coperti, Khiva sulla via della seta. Trattamento di pensione completa.

Partenze da: Roma, altri aeroporti su richiesta.

Durata: 7 notti/8 giorni. Periodo: dal 29/09 al 06/10

QUOTE A PARTIRE DA: € 1.690

TOUR DEL PORTOGALLO

Un tour per immergersi nel passato marinaro e tradizionale del Portogallo e assaporare la sua rinomata cucina. Le città, accoglienti e romantiche, sapranno catturare i visitatori: Lisbona elegante e vivace, Coimbra antica città universitaria, Aveiro, Porto e le case rivestite delle tipiche maioliche, Batalha e Fatima col Santuario.

Trattamento di pensione completa.

Partenze da: Roma, Napoli, altri aeroporti su richiesta.

Durata: 6 notti/7 giorni - Periodo: dal 17 al 23/10

QUOTE A PARTIRE DA: € 1.800

CAIRO + CROCIERA SUL NILO LA TERRA DEI FARAONI

Un viaggio nella culla della scrittura, delle divinità e della civiltà tra deserto e tramonti mozzafiato. Si visiterà il Cairo con il Museo Egizio, le Piramidi e la Sfinge di Giza, Templi di Karnak e Luxor, Valle delle Regine, Edfu e il Tempio di Horus, Kom Ombo e il suggestivo tempio, Aswan con la grande diga e il tempio di Philae, Abu Simbel. Trattamento di pensione completa. Partenze da: Roma e Milano.

Durata: 7 notti/8 giorni, Cairo 3 notti + 4 notti navigazione su motonave 5* lusso. Periodo: dal 03 al 10/12

QUOTA A PARTIRE DA: € 2.210

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 - Email: info@50epiuturismo.it www.50epiuturismo.it QUOTA SUPPLEMENTARE PER I NON SOCI 50&PIÙ: € 50

Cultura

208 PAGINE

16 EURO

IL GRANDE CIELO OLTRE LA MONTAGNA

Tra sentieri tortuosi, salite e discese, c’è un mondo da scoprire e vivere in silenzio e contemplazione Per l’autore è anche un luogo interiore dove fare i conti con il passato riscoprire se stessi e le nostre paure

di Renato Minore

“Lui, il suo Guzzi, la nostra solitudine il vuoto sotto di noi”: il padre dice al figlio “vieni”, lo porta a contemplare le montagne. È l’indimenticabile padre di “Un’educazione milanese”, operaio fedele alla linea del Pci, canta dignitoso e fiero Bandiera rossa ai funerali di Feltrinelli. «La montagna - scrive Alberto Rollo - è qualcosa di fisico ma si tratta di una fisicità che slabbra il raccoglimento, scompagina la logica e la ricompone». E lui, uno dei protagonisti dell’editoria italiana, scrittore di memoir e anche poeta nel bellissimo Turno di guardia, con Il grande cielo racconta l’educazione sentimentale di un escursionista. Come “storia di un uomo di pianura e di metropoli che ha sempre guardato alla montagna per amore di valico, di salita, di cielo”. Un’esperienza profonda dai primi anni fino ai settanta, quando “si avverte la paura sottile del disastro”, si sale “lento pensoso, ma in allarme”. La montagna, la sua progressiva conoscenza, le scoperte, le

evasioni, gli incontri, gli imprevisti: un grande specchio che riflette, allarga, può deformare il sentimento della vita, le idee che la accompagnano, i propositi, i rischi, le angosce. Un itinerario intellettuale e umano carico di storie, si potrebbe dire la vita di un uomo, le sue congetture, “il ragazzo che sono stato e questo vecchio seduto al bar Olimpia per un attimo a faccia a faccia”. Un cammino tra scalate e discese che ha a che fare con la presenza nel mondo, ciò che ci rende ciò che siamo o pensiamo di essere stati, quando si sono spenti, ancora con gli scarponi ai piedi, “brusio di preparativi, conversare di intenzioni, confezione di vettovaglia”. E dove, come un lampo, rivivono lo scatto di Coppi sullo Stelvio, la lama di luce lunare di Kuindzhi, il Cristo sul Sacro Monte Varallo. Un libro che, il “disordine residuale della memoria”, rende amaro e profondo, ben amalgamato tra ricordi, pensiero, immaginazione, con il cielo sempre in testa.

Se non l’avete mai letto, approfittate della ristampa dei Misteri dei ministeri di Einaudi. Un autentico classico della letteratura satirica del Novecento pubblicato nella sua terza definitiva edizione nel 1973. E con l’avallo di Italo Calvino: un romanzo che prende di petto il nodo che impastoia la vita italiana, il male più incancrenito da cui nessun cambiamento di regime o d’istituti è riuscito a liberarci: l’assurdità burocratica. Ancora attuale oggi, anzi forse di più, Augusto Frassineti (1911-1983), scrittore grottesco, ironico, perfido, fin dal titolo così emblematico colpisce in profondità e corrode le strutture linguistiche di quel cancro burocratico che è la condizione ministeriale per eccellenza. E questo “Fantozzi riscritto da Gadda”, nella nota al testo, è collocato da Andrea Gialloreto sotto il segno di Gogol, Walser, Kafka.

MISTERI DEI MINISTERI di Augusto Frassineti Einaudi 368 pagine 21 euro
IL GRANDE CIELO DI ALBERTO ROLLO PONTE ALLE GRAZIE
Libri
maggio 2023 | www.spazio50.org 85

di Lauro

Tamburi

FABIO BACÀ

«FARE PACE CON LA VIOLENZA»

© AMBRA CROCIANI

Il suo protagonista, Davide, è benestante, con una bella famiglia e una carriera importante, che ha come tutti piccoli problemi, che però si risolvono in maniera inattesa…

Ho iniziato a scrivere il libro nel 2018, dopo aver letto una statistica che affermava che su 10 tentati stupri sventati da privati cittadini e non da forze dell’ordine, otto sono impediti da non italiani. Gli italiani se ne vanno o chiamano il 118: la mancanza di aggressività in certi casi è una forma di involuzione e non di evoluzione. Non

giustifico la violenza in nessuna circostanza, tranne quando è necessaria per salvare la vita propria o altrui. Mi chiedo se l’essere disabituati alla violenza non ci abbia reso così assuefatti dal portarci a non intervenire anche in situazioni in cui sarebbe moralmente obbligatorio farlo, magari rimanendo a guardare o addirittura a filmare atti che potrebbero procurare danni fisici, se non addirittura la morte di qualcuno. C’è discordanza tra quelli che siamo diventati e l’istinto primario all’aggressività che tutti abbiamo. Equilibrare queste due facce ci renderebbe persone più integre e capaci di scegliere consapevolmente se essere violenti o meno.

Come?

Diego, il monaco zen che aiuta Davide, suggerisce la meditazione, un’assenza di pensiero temporanea che è mezzo per arrivare a una maggiore profondità interiore. Quello che vediamo però

Con un linguaggio ricercato e un pizzico di ironia distribuita con saggezza, Nova propone la storia quotidiana di un neurochirurgo. Dopo aver assistito inerte all’aggressione di moglie e figlio al ristorante - sventata da un monaco zen che diventerà il suo mentore -, inizia un percorso di ricerca interiore di un equilibrio tra violenza e vigliaccheria. Sarà il crescendo delle piccole beghe familiariuna moglie rigidamente vegana, un figlio in crisi adolescenziale, un contrasto con il vicino per eccessivi rumori, una discussione al semaforo - a portarlo fino al drammatico finale.

non sempre è piacevole, perché abbiamo dentro di noi la violenza, la meschinità, la gelosia. Per trascenderle dobbiamo tener presente che ci sono, perché solo se le conosciamo possiamo controllarle.

Il mio romanzo vuole farci conoscere una parte di noi stessi e fare pace con la violenza, perché sono proprio gli inconsapevoli a farsene sopraffare e magari a prendere a coltellate la moglie in un momento d’ira. Chi la controlla, la conosce e non ne ha paura, la può domare.

www.spazio50.org | maggio 2023 86 Cultura
Il libro di Bacà si muove nel delicato equilibrio di forza tra aggressività innata e calma zen. Invitando tutti i lettori a guardarsi dentro per cercare di riconoscere, e domare le proprie pulsioni con l’autore
Incontro
Si muove su un terreno scivoloso il secondo romanzo di Fabio Bacà, ex giornalista insegnante di ginnastiche dolci. Dopo il successo del debutto Benevolenza cosmica, Nova, finalista sia del Premio Strega e che del Campiello, ci narra una storia forte, che ci mette a confronto con le pulsioni che abbiamo dentro.

RENOIR DOPO RENOIR

A Rovigo una mostra spettacolare presenta l’ultima stagione non più impressionista ma classicista, del grande pittore francese

Nel 1919 il 78enne Pierre-Auguste Renoir, da tempo malato di terribili reumatismi che arrivavano a bloccargli le gambe e le braccia, torna a Parigi da Cagnes-sur-Mer, dove si era ritirato, per vedere al Louvre alcune sue opere: è accolto come il “papa della pittura”. Morirà il 2 dicembre, dopo aver completato una natura morta e chiesto, durante la notte, una matita per disegnare.

Ancora in quei giorni affermava: «comincio ora a saper dipingere», l’unica attività che gli faceva dimenticare la sofferenza, tanto che, sulla sedia a rotelle, si faceva legare il pennello tra indice e pollice per poter realizzare nudi, paesaggi, fiori, ritratti, con quel suo stile che faceva emergere la forma dalla prodigiosa pienezza dei colori, che ci appaiono “fatti di luce” pur nella gamma non particolarmente ampia. Per lui era stata una folgorazione il viaggio in Italia del 1881-82, quando già non partecipava più alle mostre degli impressionisti. Fu colpito soprattutto da Carpaccio e Tiepolo, dai maestri rinascimentali, gli affreschi pompeiani e le antichità archeologiche. Ne tornò

affascinato, deciso “a dare un ordine alla sensazione”, rivolgendosi verso una pittura dapprima in debito con Ingres e Raffaello, poi elaborata come un inedito, luminoso movimento vitale.

Per l’arte europea fu L’alba di un nuovo classicismo, come titola la suggestiva mostra che a Rovigo pone 47 opere del maestro (tele, sculture, disegni, acqueforti) del suo ultimo periodo a confronto con gli ispiratori - Carpaccio, Rubens, Tiziano - e con gli esponenti di quel “ritorno all’ordine” da lui anticipato, che caratterizzò il periodo tra le due guerre.

Informazioni sulla mostra:

Renoir. L’alba di un nuovo classicismo

Palazzo Roverella

Via Laurenti n. 8/10, Rovigo

Orari: 9/19 da lunedì a venerdì; 9/20 sabato, domenica e festivi.

Biglietti: € 12; ridotto € 9 (dai 6 ai 19 anni, over 65, universitari, insegnanti, convenzioni); gratuito per under 6, disabili e loro accompagnatori, guide, giornalisti. www.palazzoroverella.com/renoir-alba-di-un-nuovo-classicismo

Fino al 25 giugno

BREVI PROPOSTE

LA PITTURA DI MACCHIA A MONZA

I Macchiaioli e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia analizza il movimento di Signorini, Fattori, Sernesi, Borrani, Lega, come evoluzione estrema della Scuola francese di Barbizon, senza passare dagli impressionisti, affrontando i temi del paesaggio, della pittura di genere e di carattere storico. 90 opere lo testimoniano all’Orangerie della Villa Reale.

Fino al 21 maggio

FRIDA KAHLO

E DIEGO RIVERA

A PADOVA

Una delle storie d’amore più tormentate e affascinanti, fatta di passione, matrimoni, tradimenti, impossibilità di avere figli e grande arte fu quella tra i due artisti messicani. Le opere magnifiche che ne scaturirono e le fotografie che la testimoniano sono esposte al Centro Culturale Altinate San Gaetano.

Fino al 4 giugno

maggio 2023 | www.spazio50.org 87
Arte
di Ersilia Rozza © ESSOYES, 1905KUNST MUSEUM, WINTERTHUR © LA BAGNANTE BIONDA, 1882PINACOTECA AGNELLI, TORINO

AL TEATRO GRECO DI SIRACUSA UN TUFFO NEL PASSATO CON UNO SGUARDO AL PRESENTE

Ultime battute sui palcoscenici al chiuso che cedono il passo agli spazi all’aperto. Numerosi gli appuntamenti che costellano il programma fra tradizione e verve comica

Mentre le scuole volgono al termine, suona la campanella al Teatro Greco di Siracusa. Nessuna ricreazione, si torna a teatro. Cominciano infatti le rappresentazioni classiche della 58ª stagione dell’INDA, Istituto Nazionale del Dramma Antico, che parte l’11 maggio per concludersi il 2 luglio. Quattro gli spettacoli in scena affidati a quattro illuminati registi del nostro panorama culturale: Leo Muscato per Prometeo Incatenato di Eschilo, traduzione di Roberto Vecchioni; Federico Tiezzi invece firma la regia di Medea di Euripide, nella traduzione di Massimo Fusillo; Daniele Salvo dirige La Pace di Aristofane, tradotta da Nicola Cadoni. Alle tre pièces si aggiunge un quarto appuntamento speciale, Ulisse, l’ultima Odissea da Omero, ideato e diretto dal versatile Giuliano Peparini, traduzione e dramma-

turgia di Francesco Morosi. Uno spettacolo dove il teatro e la danza si fondono nella narrazione delle peripezie dell’eroe greco. «Un programma certamente ambiziosodichiara Francesco Italia, presidente INDA - che sarà ulteriormente impreziosito da una tournée nei teatri di pietra italiani». Nel programma, quindi, due tragedie e una commedia scritte e allestite nell’arco di mezzo secolo ad Atene dal 460 a.C. al 421 a.C. Con Eschilo assistiamo alla ribellione e al dramma della condizione umana, con Euripide alla tragedia di un personaggio femminile lacerato da una molteplicità di stati d’animo strazianti, con Aristofane si sorride, è un riconosciuto maestro della commedia, la sua opera venne messa in scena in un clima di speranza e positività.

Info: 0931487248

DA NON PERDERE

ROMA

Al Sistina con Il Marchese del Grillo Torna in scena, per la regia di Massimo Romeo Piparo, Max Giusti nel ruolo che fu di Alberto Sordi nel film di Monicelli. Dall’11 divertimento assicurato di fronte agli scherzi che il nobile romano faceva a papi, aristocratici e popolani. Battute e aforismi indimenticabili sono il leitmotiv della commedia.

GENOVA

Tra comicità e attualità Una carrellata di attori irrompe questo mese al Politeama Genovese. Satira e ritmo si susseguono nelle ponderate ma anche esilaranti narrazioni. Da Giacobazzi a Luca Bizzarri, dal musical Billy Elliot a Marco Travaglio, da I Legnanesi a Filippo Caccamo fino a Lino Guanciale con un omaggio a Flaiano.

www.spazio50.org | maggio 2023 88
di Mila Sarti
Teatro
Cultura
© FOTO MARIA PIA BALLARINO

TRADIZIONE E VIRTUOSISMO SERGEJ RACHMANINOV

Il cofanetto “The Complete Works” raccoglie in 32 cd l’opera omnia e festeggia il doppio anniversario del compositore russo 150 anni dalla nascita e 80 dalla morte

È conosciuto in tutto il mondo come Rach 3, il concerto più impegnativo, insieme al Secondo di Brahms e al Secondo di Prokof’ev, di tutto il repertorio pianistico classico. Lo chiamavano così in Shine, il film del 1996 sulla vita del pianista David Helfgott, che l’ha reso simbolo dell’impegno immane, capace di incidere sul fisico e sulla mente, necessario per padroneggiare la tastiera. È la composizione più celebre del russo Sergej Rachmaninov, nato a Novgorod nel 1873 e morto nella sua grande villa a Beverly Hills nel 1943.

Fu dapprima uno studente pigro, cacciato dal Conservatorio per aver cambiato i suoi voti, poi ebbe una depressione che lo tenne tre anni lontano dal pentagramma, a seguito dell’insuccesso al debutto della sua Sinfonia n.1pare che il direttore Glazunov fosse ubriaco durante l’esecuzione -; incon-

trò Tolstoj, che gli chiese freddamente: «Mi dica, qualcuno gradisce questo genere di musica?». Fuggì dalla patria nel 1917 per non farvi più ritorno. Eppure Rachmaninov, severo, serio e taciturno, è tra i grandi vissuti a cavallo del 1900. Compose il primo Concerto per piano a 17 anni (poi lo rivide), si diplomò portando come saggio Aleko, opera in un atto ammirata da Čajkovskij, insegnò e fu concertista apprezzatissimo - le sue mani raggiungevano la “tredicesima”, lo spazio enorme tra 13 tasti bianchi -, compose opere, concerti, sinfonie, la magnifica La veglia per tutta la notte, la celebrata Rapsodia su un tema di Paganini, diventando sempre più famoso e amato per il suo rimanere nel solco della tradizione, con melodie pregnanti ed evocative, esuberanti nel tecnicismo e nella costruzione.

Negli Anni ’20 del ’900, negli USA, si suonava con assi da lavare e ceste per il tè con un manico di scopa: strumenti autocostruiti da braccianti neri per proporre un divertente mix di blues, country e jazz, lo skiffle. Venne ripreso con successo dai portuali di Liverpool nei ’50 e ’60, e i Beatles cominciarono suonandolo. Oggi lo riscopre il grande cantautore 78enne Van Morrison nel doppio, brillante cd Moving On Skiffle

DA NON PERDERE

METTE HENRIETTE VA “ALLA DERIVA”

Mette Henriette (di cognome fa Rølvåg), giovane sassofonista e artista multimediale norvegese, unisce la classica contemporanea e il jazz scandinavo in un mix intenso e delicato, che fa immaginare profumi e brezze, natura e luci. Insieme con il pianista svedese Johan Lindvall e la violoncellista australiana Judith Hamann, propone un secondo cd, Drifting, macerato a lungo, con 15 brani, brevi come haiku giocati su singoli accordi o una serie di modulazioni, che si sviluppano ipnotici e gelidi.

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di Raffaello Carabini
Musica
RISCOPRIAMO LO SKIFFLE

Cinema Cultura

FILM IN USCITA

BOOK CLUB, CAPITOLO DUE

Sequel di un film che celebra il femminile a caccia di emozioni dal club del libro alla realtà da sogno. Con le ruggenti Diane Keaton, Jane Fonda, Candice Berger e Mary Steemburgen

Quattro amiche con la passione per la lettura che da 30 anni, una volta al mese, si danno appuntamento per perdersi dentro le pagine di un nuovo romanzo. Le avevamo lasciate, dopo aver letto Cinquanta sfumature di grigio, a cercare di movimentare le loro esistenze. Oggi le ritroviamo impegnate a organizzare il viaggio della loro vita: una gita in Italia. Un’avventura sognata da tempo, che rappresenta per tutte il coronamento di un sogno. Meta ideale per l’addio al nubilato di una delle quattro “ragazze”, il Belpaese sulla carta è tutto da vivere - tra gite in elicottero sul Tevere e in motoscafo a Venezia - con contorno di tramonti e calici di prosecco. Oltre alle bellezze artistiche, tra i progetti delle quattro amiche c’è quello di

esportare il club del libro in Italia. Occasione ghiotta, quella che il destino offre loro. Ma durante la vacanza, qualcosa sfugge al loro controllo: emergono dei segreti che trasformeranno l’addio al nubilato in un’avventura fuori controllo. Se la vita è come un romanzo, in cui è difficile prevedere cosa accadrà al capitolo successivo, sarà facile per le cinefile che hanno superato gli “anta” farsi contagiare dall’ironia di questa commedia, che tra voglia di tenerezza e sete di leggerezza, regala allegria ad ogni battuta. Canovaccio light e quattro star che hanno fatto grande Hollywood: Diane Keaton, Jane Fonda, Candice Berger e Mary Steemburgen.

Regia: Bill Holderman

Genere: commedia

DOCUMENTARIO

BORROMINI E BERNINI.

SFIDA ALLA PERFEZIONE

Regia: Giovanni Troilo

Ambizione e rivalità tra Borromini e Bernini. Due geni del Barocco a confronto nella Città Eterna in un momento di massimo fulgore. La storia dei maestri architetti è narrata in un docufilm che immerge lo spettatore nella Roma del ’600. Il giovane e ambizioso Borromini spera di lavorare nella fabbrica di San Pietro ma deve fare i conti con la celebrità di Bernini, il cui nome riecheggia nei salotti.

FANTASCIENZA

65 - FUGA DALLA TERRA

Regia: Scott Beck, Bryan Woods

con: Adam Driver, Ariana Greenblatt, Chloe Coleman, Nika King

Precipitare con un velivolo spaziale su un corpo celeste alieno e scoprire che si tratta della Terra 65 milioni di anni fa. Accade al comandante Mills (un inedito Adam Drive) che, andando in perlustrazione sul pianeta, rintraccia un’unica superstite, Koa (Ariana Greenblatt). L’atmosfera è respirabile ma il pianeta è abitato da mostri preistorici. Il pilota e la bambina dovranno battersi per sopravvivere.

di Alessandra Miccinesi
www.spazio50.org | maggio 2023 90

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Vivere in armonia

SORRIDETE È ARRIVATO MAGGIO

a cura di:

MAGGIO

Il sole gentile di maggio porta con sé l’annuncio dell’estate. A braccetto con profumi e colori, il mese di Maia si annuncia sorridente, allegro, pronto alle prime uscite di primavera per far festa nella giornata dei Lavoratori e di san Giuseppe. Poi, d’un balzo, si arriva con i rosai fioriti a festeggiare la mamma. A maggio ci si incontra, si va con il cestino fuori porta, ci si avvicina con garbo alla natura, pronta a narrare le sue storie di fiori e stelle. Racconti che parlano di una stagione generosa di rose, di succosi frutti e frondosi ortaggi. Intanto balconi, orti e giardini chiamano al lavoro, è tempo di annaffiare, di seminare le polpose primizie dell’estate, di badare alle aromatiche che profumano insalate e ricette della tradizione. Ma sono anche i giorni per far festa alle prime spose dell’anno, per raccogliere le attese ciliegie e forse incontrare, sui campi di grano, le magiche lucciole, in un gioco della memoria che rasserena e fa salire il buonumore.

L’ORTAGGIO

Il prezzemolo (Petroselinum crispum)

COLTIVIAMOLO COSÌ

Poco esigente, cresce bene anche in vaso sul davanzale. In una cassetta piuttosto grande darà “raccolti” per tutta l’estate. Il terriccio deve essere di medio impasto, ricco di sostanza organica e ben drenato.

LA SEMINA

In Luna calante , in vari momenti dell’anno, a partire dalla primavera. Si interra il seme a circa 0,5-1 cm di profondità. Semine troppo anticipate provocano, causa freddo, una crescita lenta, mentre semine estive possono richiedere di mantenere il terreno fresco, coprendolo con sacchi o teli ombreggianti.

RACCOLTA E CONSERVAZIONE

Si raccolgono le foglie tagliandole o staccandole dalla base. Le piante continuano a crescere permettendo una raccolta prolungata. I gruppi troppo fitti si possono diradare lasciando circa 3-4 cm di distanza. In cucina si utilizza fresco: essiccato perde il profumo. In alternativa si può surgelare.

FA BENE PERCHÉ...

Contiene vitamina A, B, C, ferro, calcio e altri preziosi sali minerali. È antianemico, stimola digestione e reni, è diuretico. Le foglie pestate sono calmanti e antisettiche per contusioni, ferite o punture di insetti.

www.spazio50.org | maggio 2023 92
«I fiori sogliono incominciare presso il tempo del loro schiudimento ad emanare i loro profumi, i quali si aumentano finché il fiore sia compiutamente aperto, dopo di che vanno scemando. Alcuni fiori sono odorosissimi la notte e pochissimo il giorno».
Almanacco Barbanera 1869
seguendo le stagioni

BUONO A SAPERSI!

Dedicarsi un automassaggio stimolante, cinque minuti prima di scendere dal letto, fa iniziare bene la giornata. Appena svegli, stirare gli arti e la schiena, poi sedersi a gambe incrociate e stimolare le piante dei piedi, una alla volta, premendo con i pollici e tirando le dita avanti e indietro. Piegare le gambe appoggiando i piedi sul materasso e massaggiare i polpacci. Sarà molto utile tenere sul comodino alcuni oli essenziali da usare in quest’ordine: eucalipto (da respirare), pino (apre la respirazione), eugenia (stimola il pensiero positivo). Si prosegue poi con il bergamotto (apre il cuore col sentore del sole e del mare), la lavanda e il niaouli (per rilassare una mente agitata) e infine il basilico (per aumentare la concentrazione).

FIORI E FRUTTI SUL BALCONE

SOLARE CALENDULA!

Facile da coltivare in vaso, l’allegra calendula non può mancare sul balcone. Pianta annuale, si semina a febbraio in luogo riparato con la fase di Luna crescente usando piccoli contenitori, per poi trapiantare a maggio le piantine nel loro vaso definitivo. Esposta a sud, con terriccio non troppo ricco, ha bisogno di sole per fiorire. E proprio per questo osserviamola al mattino: se i fiori rimangono chiusi, in giornata è probabile che piova!

DICE IL PROVERBIO...

Maggio, l’aratro in casa.

Chi non s’arrischia, non perde e non acquista.

Sciocchi e ostinati fan ricchi gli avvocati.

COLTIVARE CON LA LUNA

NELL’ORTO

Con la Luna crescente possiamo produrre le piantine in casa seminandole nei contenitori delle uova o nei vasetti di torba pressata. Sviluppata la seconda serie di foglie spostarle, clima permettendo, nell’orto. Raccogliere fragole, ciliegie precoci e nespole giapponesi. Controllare gli attacchi di afidi e favorire la presenza di coccinelle, loro predatori. Utilizzare l’erba tagliata per pacciamare la base degli alberi. In Luna calante trattare le infestazioni di afidi o di ragnetto rosso su fagioli, piselli e fragole, irrorando di sera, con parsimonia, le foglie con il macerato d’ortica ed equiseto. Il macerato si prepara con 1 kg tra fusti e fiori di equiseto e/o foglie di ortica fresca prima della fioritura, fatti macerare in un contenitore aperto per 3 giorni in 10 litri d’acqua piovana. Piante da frutto: diradare i piccoli frutti su meli, peri, albicocchi, peschi, kiwi e susini, per favorire l’ingrossamento e una migliore maturazione di quelli che sono rimasti.

NEL GIARDINO

È tempo di seminare, con la Luna crescente, aquilegie, convolvoli, lino, papaveri ornamentali, piselli odorosi e zucchette ornamentali. Interrare i bulbi di ciclamini, dalie, lilium e gladioli. Sul balcone trapiantare in vaso le aromatiche sia stagionali, come il basilico, sia perenni, come salvia e rosmarino. Con la Luna calante mettere a dimora gerani, dalie, tuberose e piantine di borragine e maggiorana. Nel giardino prestare molta attenzione alle rose: eliminare i rami non da fiore, eseguire la potatura di ringiovanimento e concimare il terreno con composti. Tenere sotto controllo anche in giardino eventuali attacchi di afidi con metodi biologici come la coccinella, o con nebulizzazioni di macerati di ortica. Potare le erbacee perenni e gli arbusti che hanno fiorito, per dargli rinnovato vigore.

SE HAI ½ GIORNATA

AROMATICHE IN VASO

Sul davanzale della cucina, in un angolo del balcone o nel piccolo giardino, le piante aromatiche uniscono l’utile al dilettevole. Anche in vaso danno infatti ottimi risultati, offrendo fiori e foglie per i più diversi usi. Pochi semplici consigli renderanno “la raccolta” soddisfacente. Assicurarsi che i vasi abbiano almeno un foro di drenaggio e collocare sul fondo uno strato di piccoli ciottoli. La gran parte delle aromatiche ha bisogno di almeno 20 cm di profondità per crescere, mentre le più alte, come il finocchio, necessitano di almeno 30 cm. Inoltre, erbe come la menta, la melissa e il rosmarino chiedono di essere piantate da sole, mentre salvia, timo e origano possono convivere nello stesso vaso.

IL SOLE

Il 1° sorge alle 05.57 e tramonta alle 19.58.

L’11 sorge alle 05.44 e tramonta alle 20.09.

Il 21 sorge alle 05.35 e tramonta alle 20.19.

Le giornate si allungano. Il 1° si hanno 14 ore e 1 minuto di luce solare e il 31 si hanno 15 ore: si guadagnano 59 minuti di luce.

LA LUNA

Il 1° tramonta alle 04.12 e sorge alle 15.34.

L’11 sorge alle 01.37 e tramonta alle 10.38.

Il 21 sorge alle 06.26 e tramonta alle 22.39.

Luna crescente dal 1° al 4 e dal 20 al 31.

Luna calante dal 6 al 18.

Luna Piena il 5. Luna Nuova il 19.

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Giochi di Lionello e Favolino Stuzzica Cervello di Enrico Diglio

TEST 1

Osservate attentamente le seguenti quattro figure e dite quale di esse può essere considerata “intrusa”, secondo un criterio logico da determinare.

TEST 2

Osservate attentamente le sei sequenze di cifre poste qui sotto a sinistra (colonna a) e le sei sequenze di cifre posizionate qui sotto a destra (colonna b), e determinate sei coppie di sequenze, ognuna composta da una sequenza di sinistra e una di destra, legate da un criterio logico da determinare.

TEST 3

Osservate attentamente le sottostanti cinque bottiglie e il colore delle etichette e dei copri tappo, e dite come devono essere colorate, secondo logica, le etichette rettangolare e ovale nella bottiglia contrassegnata dalla lettera c)

» LE DONNE DEL FAR WEST

Forse c’è in loro un sogno di grandezza, in vista di qualcosa più evidente… sanno affrontar il fuoco, anche da sole… vanno a cavallo, lente…

INDOVINELLO Favolino

» COSÌ È LA VITA

Nel mio giardino di cui vo’ tanto fiero c’è un piccolo xxxxxxxx che quando vien l’estate s’empie di rose e xxxxxxxx profumate, tutta una gran festa di colori che ben rallegra i cuori.

ANAGRAMMA Favolino

TEST 4

Osservate attentamente la figura sopra rappresentata e dite quale dei particolari sotto raffigurati non appartiene ad essa.

Soluzioni a pag. 96

www.spazio50.org | maggio 2023 94
REBUS Lionello 4 4 1 1’6 REBUS Lionello 11, 2 3 6
a) a) b) b) d) d) e) c) c) a) b) c) d)

a cura della Redazione

Modalità di invio

Queste pagine sono dedicate a chi cerca un’amicizia a chi vuole affittare, comprare o vendere immobili Qui potete assicurarvi un impiego o acquistare oggetti rari e curiosi

Le inserzioni possono essere indirizzate a mezzo posta a: 50&Più, Via del Melangolo, 26 00186 Roma, oppure tramite posta elettronica all’indirizzo: redazione@50epiu.it. Vengono accettate solo se firmate in modo leggibile e corredate della fotocopia del documento d’identità del firmatario, fermo restando il diritto all’anonimato per chi ne faccia richiesta.

Relazioni personali

Manager in pensione, 73 anni portati discretamente, laureato, simpatico, ottimista, sorridente e autoironico. Vivo in un piccolo paese del Trentino in mezzo al verde, sono appassionato di sport e mi piace fare camminate in montagna. Desidero conoscere una signora max 65enne, preferibilmente residente in Trentino, snella, sportiva, giovanile, sorridente, simpatica e gentile. Inviare una descrizione della propria persona inserendo anche i propri contatti. Scrivere: bellaazelia70@gmail.com.

Ho 76 anni ma non li dimostro. Nove mesi fa il compagno di una vita mi ha lasciata, ma io ho ancora tanta voglia di vivere. Amo ballare, cantare, viaggiare, leggere e stare in compagnia. C’è qualcuno che abbia voglia di condividere il mio amore per la vita? Abito a Torino. Telefonare al 3356009640.

Signora 64enne, vedova, residente in Trentino, sportiva, dinamica e ottimista, cerca per conoscenza seria e

costruttiva signore libero da impegni familiari, preferibilmente della stessa provincia e di pari età, di buona cultura e sani principi, per condividere una sincera amicizia fatta di momenti sereni, viaggi e attività sportiva. No perditempo, massima discrezione.

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Lavoro

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dell’annuncio è punito con una sanzione amministrativa non inferiore a 500 euro e non superiore a 3.000 euro. A tal proposito, evidenziamo che per la pubblicazione accetteremo solo annunci che riportino anche quanto previsto dal suddetto art. 6, comma

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Relazioni | Lavoro | Collezionismo | Affitto | Vendo | Occasioni
LA REDAZIONE NON RISPONDE DEL CONTENUTO DELL’INSERZIONE. L’art. 6, comma 8, del D.L. 4/6/2013 n. 63, convertito nella L. 3/8/2013 n. 90, ha imposto di riportare negli annunci di vendita o di locazione di immobili, l’indice di prestazione energetica dell’involucro edilizio globale o dell’unità immobiliare e la classe energetica corrispondente. Lo stesso D.L. ha previsto, inoltre (art. 12), che in caso di violazione di tale obbligo, il responsabile 8.
acheca
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Soluzioni giochi

REBUS (4 4 1 1’6)

R ara; DO tee; lumi LTA = Rara dote è l’umiltà

GIOCHI IN VERSI

REBUS (11, 2 3 6)

IN tè; R C edere; M ama I; C edere = Intercedere, ma mai cedere

INDOVINELLO / Le donne del Far West = occhiali

ANAGRAMMA / Così è la vita = sentiero/ortensie

Stuzzica cervello

TEST 1 - La figura che secondo logica può essere considerata “intrusa” è quella contrassegnata dalla lettera b). In essa, infatti, la parte colorata di blu non occupa la superficie di maggiore estensione. È la superficie rossa quella di maggiore estensione perché occupa metà della superficie totale.

TEST 2 - Le coppie di sequenze che secondo logica si formano sono:

In ogni coppia di sequenza, infatti, il primo numero della sequenza di sinistra coincide con il terzo numero della sequenza di destra; il secondo numero della sequenza di sinistra coincide con il secondo numero della sequenza di destra; il terzo numero della sequenza di sinistra coincide con il primo numero della sequenza di destra; e, infine, il quarto numero della sequenza di sinistra coincide con il quarto numero della sequenza di destra.

TEST 3 - Nella terza bottiglia, contrassegnata dalla lettera c), l’etichetta ovale è di colore rosso, mentre quella rettangolare è di colore giallo. La sequenza delle bottiglie è, infatti, circolare nel senso che, procedendo da sinistra verso destra, i colori dei copri tappo e delle etichette scendono verso il basso e il colore dell’etichetta posta più in basso coincide con il colore del copri tappo superiore della bottiglia successiva. In tal modo la prima bottiglia (a) coincide con l’ultima (e)

a) b) c) d) e)

TEST 4 - Il particolare “intruso”, non appartenente alla figura prima vista, è quello contrassegnato dalla lettera c)

A maggio incontri imperdibili

Continua la stagione di ‘Zoom. I webinar di Spazio50’. A maggio gli ultimi imperdibili appuntamenti in compagnia di esperti di letteratura, salute e arte. Apriamo insieme una finestra sul mondo della conoscenza. Per iscriversi www.spazio50.org/webinar

Questo spazio offre informazioni, curiosità, notizie utili Come ogni bazar, sarà luogo d’incontro e di scambio Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

SOCIETÀ

ANCHE GLI OVER 65 VIVONO SEPARATI

In Italia sono cinque milioni le persone maggiorenni che vivono in coppia senza coabitare, secondo il Rapporto AISP sulla popolazione. Si tratta dei cosiddetti “L iving apart together” (vivere separati insieme). Sono soprattutto minori di 30 anni, ma la scelta si sta diffondendo anche tra gli over 65. I motivi sono diversi: esigenze di salute, volontà di passare del tempo con i propri cari che vivono in altre città, cura dei nipoti. Di certo uno dei fattori alla base della grande trasformazione è l’aumento delle separazioni che coinvolgono sempre più gli anziani.

LAVORO

CRESCE LA POPOLAZIONE DEI LAVORATORI SENIOR

L’inverno demografico influenza ormai anche il mercato del lavoro: tra il 2012 e il 2022 gli occupati nella fascia d’età 15-34 anni sono calati del 7,6%, quelli della fascia 35-49 del 14,8%. I 50-64enni, al contrario, sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68, 9%. Nel 2040 le forze di lavoro potrebbero essere complessivamente diminuite dell’ 1,6%. A dirlo è il 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale che fotografa un mercato del lavoro con un gap generazionale e di genere sempre più evidente e incisivo.

TELEMEDICINA

ARRIVA IL PROGETTO DI TELEMEDICINA

L’Agenas, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, ha raggiunto un accordo per creare una piattaforma nazionale di Telemedicina. La piattaforma - che ci pone all’avanguardia rispetto al resto dei Paesi europei - consentirà di superare le diseguaglianze nell’offerta delle prestazioni e dell’assistenza. I professionisti sanitari avranno a disposizione nuovi strumenti con la possibilità di operare efficacemente, verrà migliorata l’accessibilità dei pazienti a cure e prestazioni e verrà alleggerita la pressione sugli ospedali e sui Pronto Soccorso, spesso oberati da richieste inappropriate.

BADANTI E COLF

IN CALO DOPO

LA SANATORIA

Dopo un aumento tra il 2019 e il 2021 - con oltre 100mila domestici in più -, al primo semestre 2022 il numero di lavoratori nel settore colf e badanti è diminuito di oltre 80mila unità (-9,3%). Lo conferma Domina, Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico: dopo la crescita avviata nel 2020 con il lockdown e la procedura di emersione per gli stranieri, la tendenza è proseguita nel 2021, portando i lavoratori a oltre 961mila unità. Sono stati gli uomini a registrare la diminuzione maggiore (-19,4%) rispetto alle donne (-7,6%).

COHOUSING

NEGLI USA ARRIVA IL “ROOMMATE”

Negli Stati Uniti i costi delle case di riposo sono diventati proibitivi. Tra pensioni sociali che non tengono testa all’inflazione e spese per una casa impossibili da sostenere quando si vive soli, ecco la riscoperta del “roommate” - che tradotto dall’inglese significa coinquilino - tra i senior. Proprio come all’epoca dell’università. Intanto, si sono moltiplicate anche le organizzazioni che aiutano gli over 65 a trovare un compagno d’appartamento e che offrono agli interessati un servizio di verifica dei requisiti per i possibili coinquilini. Un modo per garantire che si tratti di persone affidabili e non di persone instabili.

LIBRI

FULLGEVITY. LA PIENEZZA È LA NUOVA LONGEVITÀ

“Fullgevity” è un termine ideato da Alessia Canfarini, autrice dell’omonimo libro edito da Franco Angeli, quella vita piena che si può raggiungere con una maggiore consapevolezza del lavoro, dei contesti organizzativi e dei modelli di business. La pienezza di cui tratta il libro pone al centro il fattore umano: è senso di radicamento, ma anche libertà di cambiare nel tempo, seguendo esigenze di vita mutevoli come quelle dei tempi attuali. Un libro, dunque, che rifonda il concetto di life design e di longevità, passando dalle formulazioni teoriche al racconto di esperienze concrete.

BAZAR a cura del Centro
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Studi 50&Più
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