PRIMO PIANO
Indagine sul pianeta lavoro tra diritti e precarietà
Aumenta l’impiego per uomini e under 34, cala per le donne
La sfera privata è una priorità, testimonianze di chi cerca indipendenza
PERSONAGGI
Lina Sastri debutta alla regia
«Il film parla di emozione Lo dedico a mia madre»
SOCIALE
Storie di mamme caregiver
«Forte bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi»
EVENTI
Corti di Lunga Vita al Cinema Troisi
La premiazione delle opere finaliste con Pif, presidente di giuria
Il valore dell’esperienza | MAGGIO 2024 | Anno XLVI - n. 5 - € 2,50 I.P.
Non c’è età per i diritti
e nuove
In questo numero
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Da movimento studentesco a impresa sociale per dire ‘No’ a violenze e vessazioni. Un progetto che arriva a Mattarella e Papa Francesco coinvolgendo giovani e adulti
Casematte, Rete Nazionale Abitare Solidale e Cooperativa Sad raccontano storie di mutuo aiuto in attesa di linee guida dal Governo
Il Gruppo di Lavoro sull’Invecchiamento delle Nazioni Unite si riunisce a New York per scrivere la dichiarazione universale dei diritti fondamentali dell’anziano LA MAGNA CHARTA DELL’ANZIANITÀ
50&Più | maggio 2024 3 Sommario
XLVI - n. 5 - maggio 2024
Anno
Anna
6
Lazio, la legge sui caregiver è realtà Luca Martini 24 I ragazzi della Casa di Lorenzo Anna Grazia Concilio 26 Cupla, cambio al vertice Berardo Falcone 32 Il progetto “Sentinelle del mare” Francesca Cutolo 38 180 anni fa, il primo telegramma Ettore Costa 64 Chi ha ucciso Baby Lindbergh? Anna Costalunga 68 Previdenza, la pensione contributiva Maria Silvia Barbieri 84 Fisco, il decreto “Salva Conti” Alessandra De Feo 86 Viaggi: eventi 50&Più, Canada Andalusia, Dubai a cura di 50&Più Turismo 88 Maggio, sinfonia di primavera a cura di Barbanera 92
La sfida globale che dobbiamo vincere Carlo Sangalli 5 Lavoro, traguardi raggiunti
sfide Un primo maggio per riflettere e agire
Grazia Concilio
34 A.Costalunga
MABASTA, LA VOCE CONTRO IL BULLISMO 28 A.Giuffrida
IL COHOUSING È CONDIVISIONE 30 C.Ludovisi Esteri Elezioni in India Quale futuro per la democrazia di Cosimo Caridi
40 Primo piano Indagine sul pianeta lavoro di A.Costalunga, A.G.Concilio D.Ottavi, V.M.Urru, P.Checcucci D.De Felicis Rubriche La forma delle nuvole Gianrico e Giorgia Carofiglio 10 Il terzo tempo Lidia Ravera 12 Anni possibili Marco Trabucchi 14 Effetto Terra Francesca Santolini 16
43
Personaggi
Lina Sastri debutta alla regia «Dedico questo film a mia madre»
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50&Più | maggio 2024 4
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Dante di Shakespeare, il terzo atto di Monaldi&Sorti 72 Carlo Vecce e Il sorriso di Caterina 74 Le 99 vie massoniche di Napoli di Antonio Piedimonte 76 Preraffaelliti, i Beatles dell’800 in mostra a Forlì 78 A nome loro, la voce della musica contro la mafia 80 Cinema, La seconda vita di Vito Palmieri 82
Cultura
Veterinaria di Giulia Bianconi 18
NON C’È ETÀ PER I DIRITTI
LA SFIDA GLOBALE
CHE DOBBIAMO VINCERE
Nei Paesi sviluppati si parla da tempo di “invecchiamento della popolazione” come concetto innanzitutto quantitativo: mentre l’aspettativa di vita (fortunatamente) cresce per le generazioni nate in un momento demografico prospero, il prolungato rallentamento della natalità farà sì che nel 2050 gli ultrasessantenni saranno oltre il 35% della popolazione totale in Italia. Nel
«LA CREAZIONE DI UNA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DEGLI ANZIANI FORNISCE UN CORPUS DI PRINCIPI UNIVERSALI VINCOLANTE PER GLI STATI»
mondo, il numero di anziani con età pari o superiore a 65 anni raddoppierà fino a raggiungere 1,5 miliardi. Non a caso, le Nazioni Unite hanno deciso di stabilire nel 2008 un Gruppo di Lavoro permanente sull’Invecchiamento che si riunirà anche a maggio, a New York, associazioni di tutto il mondo per portare il loro contributo a scrivere quello che sarà un documento condiviso dei diritti, una sorta ‘magna carta’ degli anziani. La creazione di una Convenzione Onu sui diritti degli anziani è un passo considerevole, certamente, perché fornisce un corpus di principi universali vincolante per gli Stati e rafforza l’impegno a livello nazionale. Inoltre, promuove la coerenza delle politiche e delle azioni a livello internazionale, favorendo lo scambio di buone pratiche e la cooperazione tra gli Stati membri.
di Carlo Sangalli Presidente Nazionale 50&Più
per tutto il corso della vita, garantire l’assistenza a lungo termine e il sostegno a caregiver e famiglie; integrare l’invecchiamento per far crescere una società adatta a tutte le età. È evidente quindi che il tema dell’“invecchiamento della popolazione” nasce come esigenza quantitativa, ma va affrontato in modo qualitativo: una società che invecchia di fatto è anche una società che non si aggiorna nella capacità di cura e valorizzazione delle diverse età della vita incapace di integrare le diverse generazioni nelle diverse transizioni economiche, sociali, digitali e nelle sfide emergenti. Una società “vecchia” è una società che non sa superare lo stigma dell’invecchiamento, a partire dal settore sanitario, dove non solo il personale sanitario, ma persino gli stessi interessati, “gli anziani”, talvolta rinunciano a prevenzione, cura e screening medici con l’idea che “tanto, ormai…”. In realtà, i dati dimostrano che proprio l’attitudine psicologica e i pregiudizi verso l’invecchiamento influenzano drasticamente l’aspettativa di vita.
I principi a cui l’Onu si ispira maggiormente sono in sintesi tre: promuovere un invecchiamento attivo e sano
Lo hanno detto anche i geriatri di tutto il mondo che poche settimane fa hanno sottoscritto la Carta di Firenze, il primo manifesto mondiale contro l’ageismo sanitario, come risposta ad una cultura negativa dell’invecchiamento, che, molto lontana dall’essere un semplice adeguamento al politically correct, ha ricadute concretissime sulla qualità della vita delle persone e sui sistemi sanitari di tutto il mondo. Come 50&Più lo diciamo da sempre: non c’è un’età giusta per i diritti e non c’è diritto più importante di una vita che abbia pieno valore in ogni suo momento, in ogni sua età.
50&Più | maggio 2024 5
Anna Grazia Concilio Direttrice responsabile 50&Più
LAVORO, TRAGUARDI RAGGIUNTI E NUOVE SFIDE UN PRIMO MAGGIO PER RIFLETTERE E AGIRE
Diritti e doveri di donne e uomini che sulla scia delle conquiste del passato guardano a un futuro di sfide e di traguardi ancora da raggiungere. Perché non ci siano più morti sul lavoro e la dignità di ognuno sia bandiera della collettività tra i progressi della scienza e della tecnologia che, oggi più di ieri, lasciano segni profondi all’interno della società
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Non è mai banale – oggi come ieri – ricordare l’articolo 4 della Costituzione italiana, in occasione del Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori. E non è banale perché in un enunciato di poche righe sono contenuti i diritti e i doveri di donne e uomini che ogni giorno lottano per tutelare e difendere la propria dignità. Lo fanno quando cercano un impiego e quando raggiungono posizioni di rilievo, quando devono scegliere tra il lavoro dei ‘sogni’ in un paese straniero e quello a due passi da casa. Lo fanno quando la precarietà sembra l’unica via d’uscita, quando si rimboccano le maniche a sessant’anni e si rimettono in gioco, per reinventarsi, certo, ma anche per tornare a casa con il sudore sulla fronte e il petto gonfio di orgo-
glio, perché niente e nessuno è più forte del desiderio di essere importanti per qualcuno. Anzi, niente e nessuno dovrebbero essere più forti. In un braccio di ferro immaginario tra il lavoratore e la precarietà, oggi, vince la precarietà, vince la disparità salariale, vince l’attesa di vivere in una società più giusta e più sicura. Chi di noi non si indigna quando apre i giornali e sfogliando le pagine legge “Esplosione centrale di Bargi: tre morti, quattro dispersi e cinque feriti gravi”? Poi i morti, in quell’incidente avvenuto ad aprile sul lago di Suviana, in provincia di Bologna, sono diventati sette. Sette operai morti che fanno parte di una lista troppo lunga: nel primo birimestre dell’anno 119 morti, altri se ne aggiungono a marzo e altri mentre scriviamo. Basta. Non si può morire per esercitare un diritto riconosciuto dalla Costituzione, non si può morire per adempiere a un dovere. Indigniamoci davanti a tutto questo, agiamo. Non lasciamo che la rabbia ci pervada solo il tempo necessario ad ascoltare la notizia ai Tg, a leggerla sui quoti-
diani. La lotta alla precarietà, alla disparità salariale e alla scarsa sicurezza sul lavoro è una lotta che riguarda tutti, ogni giorno dell’anno, che sia il 1° Maggio o il 20 agosto. Siamo figli di una società in continua evoluzione. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e i progressi dell’automazione rappresentano traguardi importanti e significativi per la collettività, nuove frontiere, nuove potenzialità e forse - ma questo lo dirà il futuro - nuovi rischi al pianeta lavoro. E allora perché restare fermi a politiche che devono essere superate? La storia ci ricorda quanta strada è stata percorsa fino ad ora, l’attualità e il presente ci ricordano la strada che ancora dobbiamo fare per vivere un futuro equo e inclusivo. Anche Giovanni, Teresa e Giacomo, i protagonisti dell’opera dipinta da Pelizza da Volpedo, Il Quarto Stato, andavano avanti, verso una direzione più giusta, consapevoli del cammino già fatto. Uniamoci e andiamo avanti perché diritti e doveri non siano solo parole dell’articolo 4 della Costituzione.
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a cura di Elisa Rossi
Alte prospettive di lavoro
ERA IL 1932 QUANDO QUESTA FOTO FU STAMPATA SULLE PAGINE DEL SUPPLEMENTO DOMENICALE DEL NEW YORK HERALD TRIBUNE, DIVENTANDO IMMAGINE ICONICA DI UN’EPOCA (LA GRANDE DEPRESSIONE). ERANO I TEMPI DELLE SFIDE ARCHITETTONICHE, QUANDO IN PALIO C’ERA
LA CONQUISTA DELLE ALTEZZE E LE METROPOLI CAMBIAVANO IL LORO MODO DI COSTRUIRE E DI LAVORARE. SOSPESI NEL VUOTO, IN BILICO TRA PASSATO E MODERNITÀ
New York, Rockefeller Center, Anni ’50: un lavavetri pulisce le finestre - tuttora funzionanti - appoggiandosi a due cavi collegati agli anelli di montaggio incorporati in ciascuna di esse. Un metodo utilizzato ancora oggi
50&Più | maggio 2024 8 Punti di vista
La forma delle nuvole Un padre e una figlia osservano il mondo
SOTTO IL SOLE
DELL’INCERTEZZA
di Gianrico e Giorgia Carofiglio
Abbiamo scritto questo articolo durante un’ondata di caldo fuori stagione, un’anomalia che sta diventando sempre più comune. Fuori, le foglie sono appena spuntate sugli alberi e le giornate iniziano ad allungarsi, ma per strada c’è un’afa estiva. I bar all’aperto e le gelaterie sono pieni di gente, al parco si giocano partite di pallacanestro e di ping pong, gruppi di bambini si rincorrono urlanti, coppie in maniche corte e occhiali da sole passeggiano mano per la mano. Si respira un’aria allegra, contagiosa, in felice contrasto con le settimane grigie e opprimenti che l’hanno preceduta.
Anche se è difficile per i climatologi stabilire un rapporto causa-effetto tra un singolo evento e la crisi climatica, l’aumento di fenomeni di questo genere è legato alle emissioni di origine antropica, cioè quelle prodotte dall’uomo, nell’atmosfera. Meteorologi e climatologi formulano previsioni basandosi su dati che provengono da sistemi complessi e interconnessi tra loro, come l’atmosfera, gli oceani e i continenti, e dunque sono in grado di definire probabilità e non certezze. Ma un fatto è assodato: il cambiamento climatico
sta rendendo le temperature più alte della media, oltre a una serie di altri fenomeni estremi e spesso distruttivi, sempre più frequenti.
Negli ultimi anni gli psicologi hanno notato l’esistenza di un tipo specifico di disagio psichico, definito ansia climatica: una risposta alla crescente consapevolezza riguardo ai cambiamenti climatici e alle loro potenziali conseguenze per noi, per il pianeta e per le generazioni future. Un’ansia che si manifesta in vari modi e che è accentuata da giornate con temperature fuori dalla norma, esacerbata dalla percezione che il clima sta già effettivamente cambiando. Ci fa provare sentimenti di impotenza, preoccupazione persistente, paura per il futuro, stress causati dalla sensazione che il problema sia di tale portata da essere insormontabile e fuori dal nostro controllo. Uno stato emotivo che appare congruo alla gravità del fenomeno, ma che può anche rivelarsi controproducente, gettandoci nella disperazione o nel nichilismo. Se l’ansia climatica è un’emozione che bisogna imparare a domare, più difficile è capire come gestire una condizione più insidiosa. Come comportarsi quando gli effetti del cambiamen-
to climatico sono positivi? È giusto o anche solo possibile godersi un caldo fuori stagione, sapendo che probabilmente è il risultato di questi cambiamenti? Soprattutto quando sappiamo di non stare ancora facendo abbastanza per contrastarne i ben più numerosi effetti negativi?
Ovvero, come districarsi in quella che gli psicologi chiamano dissonanza cognitiva, un concetto che si riferisce alla tensione che una persona avverte quando è incastrata tra due o più idee, valori o comportamenti contraddittori tra loro? È una condizione di tale disagio che di solito cerchiamo di ri-
50&Più | maggio 2024 10
solverla, senza neanche accorgercene, modificando una delle credenze o comportamenti in conflitto, o giustificandoli a noi stessi in modo da rende-
Gli psicologi hanno notato l’esistenza di un disagio definito ansia climatica che riguarda la crescente consapevolezza riguardo ai cambiamenti climatici
re la loro coesistenza più accettabile. In questo caso, ad esempio, saremmo tentati di ricorrere a due strategie. Un primo impulso potrebbe essere quello di cercare di scacciare il timore o la tristezza, o persino una sensazione di perdita “anticipata”, legati ad un clima che ci sembra fuori controllo, convincendoci che non c’è nulla che possiamo fare e che il futuro è un problema lontano, davanti a cui l’unica opzione è rimanere indifferenti. La seconda strategia potrebbe essere, invece, quella di sopprimere il desiderio di goderci il presente e le emozioni positive che lo accompagnano. Uno dei
metodi più efficaci di cui disponiamo è il senso di colpa. Ci convinciamo che è incongruo provare allegria, perché il cambiamento climatico causerà grande sofferenza, e dunque non abbiamo il diritto di stare bene. Di più: stare bene è moralmente sbagliato. È uno schema di reazioni che usiamo, consapevolmente o no, per sfuggire all’ambiguità che ci insegue ovunque nelle nostre vite. Siamo cronicamente incapaci di rimanere nel disagio e nella complessità, cerchiamo scorciatoie, soluzioni, modi per liberarci dall’imbarazzo di non possedere interpretazioni univoche e inattaccabili della realtà che ci circonda. Ci riesce ben più facile decidere di dimenticare verità scomode: un futuro che ci fa paura, la sensazione di non avere il controllo degli eventi, il rischio inevitabile della perdita. Siamo altrettanto bravi a lasciarci sfuggire occasioni di gioia, o addirittura di felicità, perché incapaci di farle quadrare nella nostra lettura rigida degli eventi, delle cause, delle dinamiche che ci circondano, del modo stesso in cui dovremmo vivere. Ha detto lo scrittore Francis Scott Fitzgerald - autore de Il grande Gatsby - che il «banco di prova di un’intelligenza di prim’ordine è la capacità di tenere due idee opposte in mente nello stesso tempo e, insieme, di conservare la capacità di funzionare». Forse alcune contraddizioni non possono essere risolte: a volte, l’abilità più preziosa sta nella capacità di non correre a cercare una risposta.
PARLIAMONE
Per scrivere a Gianrico e Giorgia Carofiglio
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50&Più | maggio 2024 11
Il terzo tempo
LA NOSTRA VOCE CONTRO LA STOLTEZZA DELLE GUERRE
di Lidia Ravera
Viviamo, da mesi, circondati e sopraffatti dal dolore degli altri. Entra nelle nostre case ogni giorno, ogni sera, dallo schermo del televisore, questo oggetto così domestico, questo strumento di compagnia per eccellenza che riempie di parole le vite più solitarie. Sono immagini dure, quelle che vediamo, immagini che andrebbero vietate alle persone sensibili di qualsiasi età. Sono case scoperchiate, strade intasate di detriti, cadaveri nei sacchi neri, nelle coperte bianche, bambini accampati, spauriti, bambini che provano a giocare. Bambini portati fra le braccia da padri disperati che corrono senza neppure la speranza di trovare un rifugio. Madri che piangono. Madri che non possiamo consolare. Vecchie ammutolite da un dolore troppo grande per essere detto, in qualsiasi modo, anche soltanto urlando. Tutti soffriamo, da mesi. Nei due anni della guerra dichiarata da Putin all’Ucraina.
Nei sette mesi della vendetta di Netanyahu, da quell’atroce 7 ottobre di sangue che ha dato il via allo sterminio di un popolo, a oggi.
Oggi, che siamo già a maggio. Soffrono tutti, pacifisti e guerrafondai, tutti soffrono, ma noi di più. Noi Grandi Adulti, noi del terzo tempo, noi che non siamo più giovani e abbiamo superato anche la maturità. Noi vecchi. Ma sì, diciamolo, noi vecchi. Noi vecchi e vecchie soffriamo di più. Perché sappiamo, anche irrazionalmente, anche senza rendercene conto, quanto breve è la vita e quanto insensata sia la violenza.
Da mesi respiriamo frasi viriloidi: ve la faremo vedere, reagiremo, vi annienteremo, ve la faremo pagare, non avremo pace finché non vi avremo cancellati, pagherete col sangue, vi distruggeremo.
È un brutto clima. È aria avvelenata.
I più vecchi lo sanno. Lo sanno quelli del quarto tempo, quelli di “ottanta e più”. Erano bambini durante la Seconda guerra mondiale. Ricordano le sirene e i rifugi, il tuono dei bombardamenti, i padri che partivano e non tornavano. Noi siamo nati dopo, noi baby boomers, ma siamo nati a ridosso di quella guerra. Ce ne parlavano spesso i nostri genitori. Ne parlava mio padre
50&Più | maggio 2024 12
«I nostri genitori avevano patito la guerra e avevano voglia di pace di benessere di serenità
E ottant’anni dopo eccoci qui»
che fu fatto prigioniero a El Alamein e per tre anni rimase prigioniero. Ne parlava mia madre che perse sua madre sotto le bombe, a Torino. Pensavano che non sarebbe mai più successa una guerra mondiale. C’era il boom economico, si comprava il frigorifero, la televisione, la lucidatrice. I nostri genitori avevano patito la guerra e avevano voglia di pace, di benessere, di serenità. E ottant’anni dopo eccoci qui. A pensare alle armi di distruzione di massa, chi ce l’ha, chi minaccia di usarle, chi le usa come deterrente. Chi promette l’inferno in terra. Tutti sentono avvicinarsi il pericolo e soffrono, da mesi. Noi vecchi soffriamo di più. E soffriamo di più perché vorremmo reagire, vorremmo combattere, esprimerci, discutere, proporre, far pesare la nostra voce, che è la voce della pietà e dell’esperienza, della consapevolezza e della paura, vorremmo partecipare e non soltanto soffrire, ciascuno a casa sua, ciascuno cercando di distrarsi come può, dall’incombere della tragedia. Vorremmo partecipare, perché vogliamo mettere a disposizione la nostra intelligenza, la nostra umanità, la nostra esperienza e la nostra capacità di reggere il peso dell’angoscia. Ma anche, egoisticamente, perché siamo stufi di non contare niente. Perché credetemi, davvero, uno per uno, una per una, non contiamo niente. E mettersi insieme è sempre più difficile. Anche se siamo una maggioranza, il 23,8 % della popolazione, 14 milioni di
persone, mica quattro gatti, anche se siamo tanti, non riusciamo a metterci insieme. Non riusciamo a intervenire sulla realtà. Sì, lo so, è difficile creare occasioni collettive, entrare in contatto gli uni con gli altri e con le altre. È difficile partecipare, eppure, come cantava Giorgio Gaber nel pieno del secolo scorso, «Libertà è partecipazione». L’età avanzata, il fatto che, purtroppo o meno male, non fai più parte di un ufficio, di una fabbrica, di una scuola, di una azienda, rendono sempre più apparentemente inevitabile la grande trappola della solitudine. Nessuno ti ascolta.
La tua parola è una piuma senza peso, qualcosa che non fa rumore. E allora?
Allora bisogna fare uno sforzo, lottare contro la tentazione di cedere a quella particolare forma di timidezza che ti coglie quando ti accorgi che nessuno fa caso a te, che il mondo ti esclude. Sei contrario ad ogni forma di guerra, al commercio delle armi, alla violenza e alla sopraffazione? Cerca le persone che la pensano come te. Crea un gruppo. In rete, se vuoi, ma non soltanto. La presenza fisica conta di più dell’adesione da remoto. Cerca vicino a te, nel tuo quartiere. Nel tuo paese. Non è difficile creare un collettivo, quando c’è qualcosa che ti sta veramente a cuore, quando hai un obbiettivo da raggiungere. Per me la frase attorno a cui creare una cellula di conversazione è questa: “Non esiste una guerra giusta: le donne contro la retorica della morte”. Chi vuole aderire?
PARLIAMONE
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50&Più | maggio 2024 13
Anni possibili
«PAPÀ NON PUÒ STARE DA SOLO LA BADANTE SI È AMMALATA SONO DISPERATA»
di Marco Trabucchi
Quante volte mi è capitato di ricevere una chiamata drammatica come quella riportata nel titolo! È un allarme che mette in luce la differenza tra la realtà di oggi, purtroppo frequente, e il mondo possibile che vorremmo costruire attorno alle persone anziane malate. Come bisognerebbe cambiare la nostra organizzazione sociale perché questi appelli drammatici possano trovare adeguate risposte? In particolare, gli appelli al femminile, che testimoniano l’impegno senza fine delle donne, che nelle famiglie ricoprono il ruolo di caregiver per il 90% delle situazioni. In questa sede non voglio riassumere l’insieme dei nostri servizi per gli anziani, ma soffermarmi in particolare su quelli di emergenza; tutti avvolti da condizioni di criticità, ma questi ultimi, in particolare, al centro di eventi
che fanno disperare. Dedico quindi specifica attenzione alle decisioni che dovrebbero prendere i programmatori per evitare la disparata solitudine di alcune famiglie, che non trovano risposta quando capita un fatto inatteso. I servizi sono programmati in modo miope, perché ipotizzano che la famiglia sia sempre in grado di farcela, approfittando della sua plasticità. Un atteggiamento superficiale, perché questa lettura del mondo non tiene conto delle drammatiche modificazioni avvenute negli ultimi anni, con la famiglia sempre più fragile e un più alto numero di anziani da aiutare a vivere. Un esempio classico è quello delle persone affette da demenza, che sopravvivono molto più a lungo rispetto al recente passato; così, ad esempio, un componente della famiglia ha iniziato a presentare i sintomi della malattia quando quella famiglia
50&Più | maggio 2024 14
I servizi per gli anziani sono programmati in modo miope perché ipotizzano che la famiglia sia sempre in grado di farcela approfittando della sua plasticità
aveva una certa struttura e organizzazione. Dopo 10 anni, di malattia, la stessa struttura può essersi trasformata, con esigenze e difficoltà diverse riguardo all’organizzazione di un’adeguata protezione dell’ammalato, degli interventi clinico-assistenziali necessari per difendere un minimo di benessere e di salute. La resistenza fisica e psicologica di fronte alle pesantezze dell’assistenza diviene sempre più precaria, quando il caregiver principale si trova solo, mentre negli anni precedenti era circondato da altre persone che mostravano la loro vicinanza, intervenendo opportunamente quando comparivano momenti di crisi. In questi casi è sufficiente un evento apparentemente banale (certamente non per chi è direttamente coinvolto), come la malattia di una badante, per sconvolgere la vita della microfamiglia, con il caregiver che improvvisamente non può più andare a lavorare, che da solo a causa dell’impegno fisico non riesce più ad alzare, a lavare, a movimentare il proprio caro, che non potendolo abbandonare nemmeno un momento non può più svolgere altre funzioni, come preparare il cibo per ambedue. Di qui l’appello riportato nel titolo; era rivolto ad un’ amica, perché non vi era nessun altro componete della famiglia disponibile. Ma anche l’amica aveva pochissimo tempo a disposizione, perché perno di un gruppo di tre nipotini bisognosi di sorveglianza e di cure. In alcuni casi il caregiver chiede di po-
ter ospitare (a pagamento!) il proprio caro nella vicina Rsa; talvolta la risposta è positiva, talaltra no. In molti casi inizia un pellegrinaggio doloroso alla ricerca di una risposta positiva, che comporta sempre uno stress rilevante per l’ammalato, che si vede trasferito in un ambiente estraneo, senza avere il tempo di organizzare un passaggio graduale, assistito con attenzione e gentilezza. Certo, in un “mondo possibile” si potrebbe ipotizzare l’organizzazione da parte delle autorità sanitarie del territorio o da parte del comune o di qualsiasi altra organizzazione che sappia cogliere il grido di dolore del famigliare, dell’invio a casa di una badante in grado di sostituire temporaneamente, ma con professionalità e sensibilità, la collega ammalata. Il tutto dovrebbe essere organizzato con una precisa regia, in tempi rapidi, senza attendere “le carte” né il “ci penseremo dopo il weekend”. Di fronte ad una sofferenza non rinviabile, è possibile pensare di non rinviare le risposte? La burocrazia e i weekend (scritti rigorosamente in inglese) sono i peggiori nemici di chi si trova disperato a guardare e ad accompagnare le difficoltà del proprio caro. Le famose case della comunità, delle quali si sono visti prevalentemente i progetti edilizi, potrebbero avere anche il compito di aiutare chi da solo non ha tempo per aspettare “le carte” o i buchi di fine settimana? Sarebbe un mondo possibile, purché…
PARLIAMONE
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50&Più | maggio 2024 15
Effetto Terra
SOSTENIBILITÀ SOCIALE E AMBIENTALE COSÌ IL CIOCCOLATO È PIÙ ‘BUONO’ di Francesca Santolini
Fondente, al latte, bianco, come si può resistere a una barretta di cioccolato? Impossibile. Anche se, a dire il vero, stando ad un recente studio del Codacons, il cioccolato ha un sapore sempre più amaro. Complice il cambiamento climatico e le malattie ad esso collegate, che colpiscono le piante riducendone la produzione, i prezzi del cacao sono volati alle stelle, con un rincaro del 52%.
C’è poi un altro problema alla base della catena di approvvigionamento del cacao, perché ogni volta che qualcuno mangia una tavoletta di cioccolato, un albero viene abbattuto. La filiera del cacao, come quella del caffè e di altre materie prime, è tra le più problematiche in termini di sostenibilità sociale e ambientale. L’albero del cacao, originario del Sud America, prospera solo in un clima caldo e umido, il che comporta una notevole impronta ambientale del nostro amato cioccolato. Dalla coltivazione alla raccolta, passando per la lavorazione, il trasporto e il confeziona-
mento, ogni fase della sua produzione emette gas serra: circa cinque chili di CO2 per ogni chilo di cioccolato. La maggior parte di queste emissioni, circa il 70%, proviene dalla produzione di cacao, perché per soddisfare la domanda globale, i produttori spesso disboscano foreste primarie, in particolare in Africa occidentale.
Ad esempio, la Costa d’Avorio, il più grande esportatore di cacao, con 2,2 milioni di tonnellate l’anno, ha perso l’80% delle sue foreste negli ultimi sessant’anni. Inoltre, la coltivazione del cacao richiede una grande quantità di acqua: per una singola tavoletta di cioccolato sono necessari 3.400 litri d’acqua. C’è poi da fare i conti con le ingiustizie sociali della filiera del cioccolato. Un’indagine svolta in Costa d’Avorio e Ghana dall’Università di Chicago ha svelato che il lavoro minorile nella catena di produzione del cacao interessa circa 1,56 milioni di bambini, pagati peraltro una miseria: i più piccoli vivono sotto la soglia di povertà, guadagnando appena 1,25 dollari al giorno.
E allora c’è un modo per continuare a mangiare il nostro cioccolato senza farsi prendere dall’ecoansia? A quanto pare, un buon indicatore è la nuova pratica artigianale, che viene dall’estero ma che sta conquistando anche l’Italia, che si chiama bean to bar, dalla fava alla tavoletta.
Gli artigiani cioccolatieri che utilizzano questa tecnica lavorano il
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Con la tecnica del bean to bar il chicco grezzo viene trasformato in laboratorio tagliando le emissioni lungo tutta la filiera della produzione
chicco grezzo e lo trasformano nel loro laboratorio, tagliando così le emissioni lungo tutta la filiera della produzione. Filiera corta, lavorazione artigianale delle fave crude, tostatura, trasformazione in massa di cacao, e tutti gli altri passaggi necessari per arrivare alla tanto agognata tavoletta, quella del bean to bear non è solo una tecnica di la-
Nustis et aspis iliquia mod que nos mosaped ped explige ntibeaque
vorazione, ma un vero e proprio movimento nato negli Stati Uniti che ha ispirato artigiani in tutto il mondo. Ma anche nella galassia del cioccolato si muovono frange radicali non del tutto convinte che una produzione più etica possa essere davvero sufficiente a evitare le ingiustizie sociali diffuse nella catena di approvvigionamento del cacao. Come nel caso del movimento “Alt-Choc”, che propone ai consumatori un’alternativa al cioccolato tradizionale che elimina direttamente il cacao dalla ricetta. Un cioccolato ‘cacao-free’ che è stato lanciato da alcune start up innovative negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che utilizzano ingredienti come semi d’uva, farina proteica di girasole, cereali e legumi per produrre il loro cioccolato alternativo.
E se il cioccolato vegano senza cacao - che è a dirla tutta non può essere definito “cioccolato” - non vi convince, c’è sempre quello coltivato in laboratorio, che viene direttamente dalla California. Qui è stato sviluppato un processo di coltura cellulare analogo a una qualsiasi coltivazione di frutta, dove vengono addirittura ricreate le condizioni ambientali della foresta pluviale. Stavolta il risultato è cioccolato a tutti gli effetti, con la sola differenza che per mangiare quel cioccolatino coltivato in laboratorio, nessun albero è stato abbattuto e nessun bambino è stato sfruttato.
PARLIAMONE
Per scrivere a Francesca Santolini
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email - redazione@50epiu.it
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Personaggi
LINA SASTRI DEBUTTA ALLA REGIA
«DEDICO QUESTO FILM A MIA MADRE»
L’attrice è anche protagonista insieme a Maria Pia Calzone e Angela Pagano di ‘La casa di Ninetta’ al cinema da maggio
La pellicola racconta
l’Alzheimer l’amore e il perdono con Napoli sullo sfondo
di Giulia Bianconi
Lina Sastri dice di essere «partita da una storia molto personale per consegnare al pubblico un racconto universale, in cui spera che gli spettatori possano ritrovarsi ed emozionarsi». L’attrice debutta alla regia del film La casa di Ninetta, prodotto da Salina e Run Film con Rai Cinema, presentato in anteprima all’ultimo Bif&st (Bari International Film&Tv Festival), e nei cinema da maggio, con protagoniste Maria Pia Calzone e Angela Pagano (Ninetta giovane e anziana) e la stessa Sastri. «Ho scritto una lettera d’amore a mia madre, a cui dedico un film che è un flusso di memoria dove il presente
si mescola con il passato, la luce incontra le ombre, l’allegria il dolore, la realtà l’immaginazione, tra musica e colori pastello», spiega la neo-regista. Ninetta è una donna malata di Alzheimer, che vive con tre badanti nella sua casa di Napoli. Sua figlia Lucia (anche voce narrante del film) fa l’artista e va a trovare la madre ogni volta che le è possibile. Nel passato di Ninetta c’è Alfonso, il grande amore della sua vita. Un legame travolgente, ma anche tossico. Quella della protagonista è una storia di legami e amori, non sempre felici. E il film è una storia di donne, raccontata da donne. Sastri, cosa rappresenta per lei
La casa di Ninetta?
Una scommessa, un desiderio. La voglia di scrivere una lettera d’amore a mia madre, che qualche anno fa è morta di Alzheimer. Prima ho realizzato un piccolo libro (edito da Guida
Editori, ndr), che poi è diventato un monologo teatrale e infine, dopo sette anni, un film. È nata così la storia di una donna speciale, che vive a Napoli, tra presente e passato, in cui io interpreto la figlia della protagonista. Perché ha scelto di consegnare la sua storia autobiografica al pubblico?
È vero che sono partita da qualcosa di privato e se ci fosse ancora mia madre mi direbbe che ho messo in piazza gli affari nostri. Ma tutti gli autori inseriscono sempre qualcosa di personale nelle storie che raccontano. È una forma di catarsi. Poi non è detto che il pubblico sappia che qui c’è molto della mia famiglia. Io ho scelto di raccontare questa storia così personale per consegnare agli spettatori un racconto universale in cui ritrovarsi ed emozionarsi. Un film così personale poteva dirigerlo solo lei?
Avevo una visione chiara di ciò che volevo raccontare, dei personaggi e delle atmosfere. Non è una cosa a cui avevo pensato prima, ossia fare la regia di un film, e non mi sentivo neppure pronta. Ma in questo caso sì e mi sono lanciata. È stato un piccolo film, per me assai grande e importante, fatto con tanta fatica.
Dunque non è stato facile realizzarlo.
È un film imperfetto, che ha tanti difetti, fatto in poco tempo, ma dove ci ho messo un grande cuore e mi auguro che prima di tutto arrivi questo al pubblico. L’arte, in generale, quando ha una sua sincerità, arriva, anche se è fatta più o meno bene. Io credo che la gente abbia bisogno di qualcosa di vero, sincero che la riporti all’essere umano, soprattutto in questo momento storico in cui non ci riconosciamo più. In questo racconto lei mescola il presente con il passato.
Io lo considero un flusso di memoria, che guarda a ciò che è stato, senza però voler essere malinconico. Tutto
si basa sulle emozioni. A Bari, dopo l’anteprima, ho visto lacrime e sorrisi. Sono rimasta molto emozionata e meravigliata del grande affetto che mi hanno trasmesso gli spettatori. E mi auguro che accadrà lo stesso quando uscirà nelle sale.
Questo è un film che affronta molti temi.
È una riflessione sull’amore, sul perdono, sull’identità. E poi ci sono la fede, la gelosia, la mia Napoli così magica e misteriosa.
E poi, come diceva prima, c’è la memoria.
Per me è qualcosa che si lega sempre all’emozione. Io non so se mia madre, quando la malattia è avanzata, era cosciente o meno di aver perso la memoria. L’Alzheimer crea un corto
circuito che fa perdere i ricordi di una persona, ma restano quelli legati alle emozioni. Mia madre non parlava più, ma ha continuato a cantare. E nel film ho voluto inserire proprio la sua voce originale. Cantava vecchie melodie che ho registrato nell’ultimo periodo della sua vita.
La sua Lucia, invece, che donna è?
Una figlia e artista inquieta, irrisolta, a volte anche sciatta. Lucia rispecchia la solitudine della donna moderna, ma che a un certo punto prende la decisione di rispettare sé stessa. Questo film è una sorta di fiaba napoletana al femminile. Lei crede ci sia bisogno sempre più di storie che parlano di donne, raccontate da donne?
Non mi piace racchiudere un racconto in un genere. Per me tutti gli esseri umani sono interessanti, uomini e donne. E poi quando si parla di una donna si parla sempre anche di un uomo. Fortunatamente è così.
Lei è una donna e artista che pensa di più al passato o al futuro?
Ciò che arriva si appoggia sempre su ciò che è già stato. La bellezza è la sorpresa con cui accogli certe novità nella vita e nella carriera.
Ad oggi cosa le manca?
Tutto quello che ancora non c’è stato e che la vita mi riserverà. Io spero di continuare ad affrontare quel che arriverà con sorpresa, curiosità, passione, e anche gioia e dolore.
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Sopra, una parte del cast del film La casa di Ninetta: da sinistra, Franca Abbategiovanni Antonella Stefanucci, Lina Sastri, Angela Pagano e Antonella Morea
Anna Rossini ha 55 anni, ne aveva 25 quando è arrivato Mattia. Da allora, si divide tra la cura dei suoi pazienti e la cura di questo figlio che oggi è un uomo di 30 anni, nato e cresciuto con una gravissima disabilità. «Siamo le sue gambe e le sue braccia, dobbiamo interpretare i suoi bisogni, perché a 5 anni ha perso anche la comunicazione verbale. Mio marito dovette cambiare lavoro per poter passare un po’ più di tempo a casa. Io sono infermiera da 35 anni: ho preso il part-time, l’aspettativa e tutti i permessi possibili, perché nei tantissimi ricoveri di Mattia, io sono rimasta sempre accanto a lui. Oggi è un bel ragazzone, si fa amare facilmente e deve essere aiutato in tutto». Mattia ha anche un fratello, Andrea, che ha 24 anni e studia a Torino.
A Torino vive anche Marina Cometto, che ha 74 anni e lo scorso anno ha provato il più grande dolore della sua non facile vita: sua figlia Claudia se n’è andata poco prima di compiere 50 anni, portata via da quella sindrome di Rett che ha riempito l’esistenza di tutta la famiglia. Soprattutto della mamma: da quando Claudia è nata, fino al suo ultimo giorno, Marina ha vissuto accanto a sua figlia. E oggi prova a gestire quel vuoto che Claudia ha lasciato.
La vita di Anna, invece, è ancora piena dei bisogni e delle attenzioni che il figlio richiede. «A 30 anni ero una trottola, sempre in giro con Mattia, mi sembrava di poter spaccare il mondo per lui. Adesso, a 50 anni passati, sento il bisogno di vivere più lentamente, più serenamente, senza rincorrere medici, servizi e risposte ai tanti bisogni di mio figlio. Soprattutto, sento forte il bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi, che comprenda la nostra condizione e ci offra aiuto, senza doverlo chiedere ogni volta». Ogni tanto Anna si concede una sera-
MAMMA E CAREGIVER QUANDO L’ETÀ AVANZA E ARRIVA
IL VUOTO
Coraggio, sacrificio, dedizione e, soprattutto, tanto amore. Raccontano questo le storie di Anna e Marina donne che hanno dedicato la loro vita alla cura e all’assistenza dei figli disabili di Chiara Ludovisi
ta con le amiche: «Mattia tollera poco il rumore, è diventato impossibile avere una vita sociale insieme a lui. Rischiamo di farci il vuoto intorno e questo mi spaventa moltissimo. Sono grata al mio lavoro di infermiera, perché mi mette in relazione con gli altri e non mi fa sentire completamente sola. E ogni tanto, il sabato sera mi concedo un’uscita con le amiche più strette, per ricaricarmi un po’». Anche prendersi cura di sé non è facile per una mamma caregiver: «Ma so
che devo farlo – spiega Anna – perché quando hai un figlio come Mattia, l’incubo più grande è che ti accada qualcosa di brutto. Così, cerco di non trascurare la mia salute, facendo almeno i controlli più importanti». Il desiderio di Anna si chiama pensione: «In 36 anni di lavoro e 30 di assistenza a mio figlio, mi sembra di non essermi riposata mai. Vorrei, un giorno magari non troppo lontano, poter andare in pensione, anche per poter finalmente coltivare qualche passione che ho do-
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Sociale
A sinistra, Mattia con il fratello Andrea e la mamma, Anna Rossini
A destra, Marina Cometto con sua figlia Claudia
vuto finora mettere da parte». Marina Cometto, invece, non sa dire quali siano le sue passioni: si è lasciata completamente assorbire dai bisogni di Claudia, in una specie di simbiosi durata 50 anni: «Ho negato ogni mio desiderio e mi sono dimenticata di me stessa. Ho trascurato anche la mia salute, sono piena di dolori. Sono consapevole di quanto questo sia sbagliato e non consiglierei a nessuno di seguire il mio esempio. Ma so anche che lo rifarei: se Claudia ci fosse ancora, mi dedicherei completamente a lei».
Claudia era la seconda di tre figli: quando è nata, nel 1973, di disabilità si parlava poco e male. Marina si tuffò in questo mondo a capofitto, divenne mamma al cento per cento e tutta la famiglia si strinse intorno ai bisogni di Claudia: «Comprammo un vecchio camper, per poter andare in giro con
lei: sollevarla dalla carrozzina era troppo faticoso, soprattutto quando lei divenne grande e noi anziani. I ricordi delle vacanze in campeggio, tutti gli anni, noi quattro insieme, sono tra i più felici della mia vita». Nonostante la grande stanchezza e la schiena “spezzata” da anni di fatica fisica e mentale, Marina non scambierebbe la sua vita con quella di nessun altro: «È stata tutta bella, tanto che sto cercando di raccontarla in un libro. ‘Una vita a colori’, credo che sarà il titolo, perché Claudia ha colorato la mia esistenza. Da lei ho imparato la gioia delle piccole cose, attraverso i suoi limiti ho scoperto il valore del silenzio ascoltato insieme». Negli ultimi anni, le condizioni di Claudia si erano aggravate e Marina non usciva quasi più di casa, «per non perdermi un solo attimo di lei – dice –. Poi, ho dovuto arrendermi e lasciarla andare. E con lei, se n’è andata una parte di me. Solo ora, passato un anno, ogni tanto riesco a dormire quattro ore di seguito, mai di più. Nulla mi interessa: cerco di trovare uno scopo, ma niente mi dà le emozioni che lei mi regalava. Prendermi cura
di lei era diventato l’unico mio scopo: sentirla chiamarmi ‘mamma’ era la mia felicità. Reinventare ora i miei desideri non è facile. Essere la mamma di Claudia è stata un’avventura meravigliosa. E continua ad esserlo, perché profondamente noi siamo ancora insieme».
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Sociale
LAZIO LA LEGGE SUI CAREGIVER È REALTÀ
“Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare”. È questa la legge che il Consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità lo scorso aprile. Al centro del provvedimento la tutela di oltre 25 mila persone che si prendono cura di un parente con fragilità. La somma stanziata per l’attuazione della norma è pari a 15 milioni di euro e coprirà il triennio 2024-2026. «Finalmente anche il Lazio ha la legge sui caregiver. Uno strumento che consentirà a tante famiglie di avere un sostegno concreto nell’assistenza dei parenti più fragili», ha commentato Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio a margine della votazione in via della Pisana. Per la prima volta, viene conferito un ruolo attivo al caregiver, che diventa una voce più forte e autorevole nel processo di assistenza. All’articolo 1 della norma si legge: «La Regione riconosce il caregiver familiare come persona autonoma, titolare di diritti individuali propri, diversi da quelli della persona che necessita di cura ed assistenza di cui si occupa e destina, allo stesso, risorse aggiuntive rispetto a quelle previste per il sostegno alle persone con disabilità». La norma prevede anche l’istituzione di un apposito tesserino – denominato ‘card del caregiver’ – che ha l’obiettivo di facilitare il caregiver nello svolgimento della propria attività e nei percorsi preferenziali di accesso ai servizi. Altro aspetto importante è contenuto all’interno dell’articolo 6 del provvedimento che – in tema di interventi in
Approvata dal Consiglio regionale la norma che riconosce e tutela la figura di chi assiste un familiare Stanziati 15 milioni di euro per il triennio 2024-2026 Rocca: «Uno strumento che consentirà a tante famiglie di avere un sostegno concreto nell’assistenza dei parenti più fragili»
di Luca Martini
favore del caregiver - recita: «La facilitazione all’ingresso in pronto soccorso del caregiver familiare all’atto del ricovero dell’assistito e nel reparto di degenza, al fine di facilitare il percorso diagnostico terapeutico assistenziale in tutte le sue fasi ed evitare il disorientamento spazio-temporale legato all’isolamento e alla permanenza nell’istituto di ricovero».
La normativa istituisce la “giornata del caregiver”, che sarà celebrata il secondo venerdì del mese di ottobre come occasione speciale per riconoscere il contributo di figure così essenziali. Altrettanto significativo è il riconoscimento dei crediti formativi a fini di studio, previsto per i caregiver giovani, che rappresentano circa il 7% di coloro che svolgono questo ruolo. L’incentivo mira a garantire che l’impegno nel caregiving non limiti le opportunità di crescita educativa e professionale dei giovani. «Una risposta importante e necessaria, che permette di sostenere e valorizzare il ruolo fondamentale svolto dai caregiver familiari operanti nella nostra regione. Una figura che entra così a pieno titolo nel sistema integrato di assistenza alla persona disabile o non autosufficiente» è il commento di Massimiliano Maselli, assessore all’Inclusione sociale e alle Politiche della persona della Regione Lazio. «La tutela dei diritti del caregiver riveste un’importanza cruciale, considerando l’impegno costante e prolungato nel tempo che queste figure svolgono. La legge tiene conto anche delle asimmetrie di genere, poiché spesso sono le donne a svolgere il ruolo di caregiver all’interno delle famiglie», ha concluso.
50&Più | maggio 2024 24
Sociale
I RAGAZZI DELLA CASA DI LORENZO BARMAN PER UN GIORNO
L’iniziativa realizzata in collaborazione con il locale
La Calavera, a Casal Bertone, è stata promossa dall’Associazione Italiana Persone Down di Roma Fanelli: «Un’autonomia è possibile per tutti» di Anna Grazia Concilio
Jeans, t-shirt nera e grembiule. Benedetta, Giulia, Flavia, Luca, Manuel e Salvatore sono dietro al bancone e tra i tavoli pronti a soddisfare le esigenze di clienti e amici. Siamo al locale La Calavera di Valerio Scarinci, nel quartiere Casal Bertone a Roma: è qui che i ragazzi di Casa di Lorenzo sono diventati barman e camerieri per un giorno, nell’ambito dell’iniziativa Apericircoli, promossa dall’Associazione Italiana Persone Down di Roma. A spiegare l’impegno dei giovani è Francesca Fanelli, coordinatrice del progetto: «Hanno lavorato molto per arrivare preparati, la loro dedizione dimostra che un’autonomia è possibile per tutti». Per quattro settimane, ogni giovedì, i ragazzi di Casa di Lorenzo, sono arrivati puntuali all’apertura del locale per imparare i segreti del mestiere.
«Hanno iniziato a lavorare sulla preparazione dei cocktail – spiega Francesca –, sulla tipologia di bicchiere da utilizzare, quanto ghiaccio mettere, come spillare le birre e come servire ai tavoli o prendere le ordinazioni». Benedetta, Giulia, Flavia, Luca, Manuel e Salvatore però non si sono accontentati di quelle ore di formazione, all’appuntamento di aprile volevano arrivare preparatissimi e hanno deciso di esercitarsi anche tra loro, a Casa di Lorenzo, utilizzando il foglio facilitato su cui apporre le X per ogni bevanda. Casa di Lorenzo, da quindici anni, è uno degli spazi di Aipd–Roma dove le persone con sindrome di Down possono conquistare progressivamente l’autonomia, oggi è frequentato da 35 persone con età tra i 25 e i 40 anni. «L’appartamento ci è stato donato dal papà di un nostro collega morto in un
incidente stradale. Quando lo abbiamo ricevuto non sapevamo bene quale progetto realizzare all’interno e allora lo abbiamo chiesto direttamente ai ragazzi già impegnati in percorsi di autonomia. Le loro prime richieste sono state “Vogliamo le chiavi di casa”, “Vogliamo fare viaggi all’estero” – aggiunge Fanelli – e così, poco per volta, lo spazio è diventato un punto di riferimento per loro. Una casa in cui restano a dormire quando si incontrano, fanno tardi e magari hanno genitori anziani che non possono venire a riprenderli, quando vogliono un momento di intimità». Quella alla Calavera non è la prima iniziativa che i ragazzi di Casa di Lorenzo, con il supporto degli operatori Enrica, Sofia, Enrico e Lucia, realizzano a Casal Bertone: «Ciò che ci interessa più di tutto è vivere il quartiere, le sue dinamiche, mischiarci in un certo senso. Qui abbiamo realizzato altri progetti, abbiamo seguito corsi di ceramica, abbiamo imparato a fare la pizza, a servire ai tavoli, abbiamo fatto teatro e abbiamo anche fotografato i commercianti del quartiere. A Casal Bertone ci conoscono tutti, ormai – sorride orgogliosa Francesca – è stato fin da subito un quartiere molto accogliente e questo ci mette serenità». Intanto, tra uno spritz, un gin tonic e un piatto di nuggets la serata per i ragazzi di Casa di Lorenzo è ancora lunga. Stanchi, forse, ma felici e soddisfatti.
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QUANDO I GIOVANI SI IMPEGNANO CONTRO IL BULLISMO DICONO MABASTA
Il primo progetto nato dal basso Da movimento studentesco a impresa sociale una rete che dalle aule scolastiche arriva a Mattarella e dal Papa coinvolgendo anche gli adulti Mirko Cazzato: «Tra ragazzi ci supportiamo» di Anna Giuffrida
Spintoni, botte, ma anche parole offensive, ed esclusione dal gruppo. Azioni che si ripetono nel tempo e che, di solito, hanno per protagonisti uno o più bulli e una vittima. In Italia un adolescente su due è vittima di bullismo o cyberbullismo (dati: Osservatorio Indifesa 2022/2023, realizzato da Terre des Hommes) e 5 ragazzi su 10 dichiarano di avere assistito a casi di violenza sui coetanei. Violenze che iniziano spesso tra le mura scolastiche e che coinvolgono soprattutto i ragazzi e le ragazze della scuola media e delle scuole
superiori. Il senso di isolamento, che rafforza gli atti di bullismo, è spesso aggravato dalla difficoltà di comunicare con gli adulti, che sia la famiglia, i docenti o lo psicologo a scuola. «In 40 anni sono sempre stati gli adulti a parlare di questo (bullismo, ndr) e la situazione non è cambiata. Purtroppo gli adulti non riescono a comprendere subito quando c’è un caso di bullismo, quando nasce, mentre i ragazzi riescono ad accorgersene, e soprattutto parlano la stessa lingua degli altri ragazzi». Non usa mezzi termini per parlare di contrasto al bullismo Mir-
ko Cazzato, fondatore di Mabasta, un progetto nato nel 2016 da un’idea sua e dei suoi compagni di classe, all’epoca 14enni, che frequentavano l’Istituto Galilei-Costa a Lecce. Un progetto nato dal basso, come movimento studentesco, in reazione alla vicenda di una ragazza dodicenne di Pordenone che in quei giorni aveva tentato il suicidio perché vittima di bullismo. Una classe, quella di Mirko, unita da un reciproco rispetto e da spirito di gruppo, che avviò il primo progetto sociale antibullismo della scuola. Un progetto che tutt’ora prosegue, animato da altri ragazzi tra i 14 e i 17 anni, studenti dell’istituto salentino dove è nato il movimento, che parlano nelle aule di tutta Italia con i loro coetanei di cosa è il bullismo e perché è importante combatterlo. E come farlo. Uno spazio di confronto di 30-40 minuti, in cui è «come se i ragazzi di Mabasta diventassero fratelli maggiori», spiega Mirko, e in cui viene anche presentato il Modello Mabasta e sei azioni da mettere in pratica: dall’elezione del MabaProf, docente referente della classe per il bullismo, ad un questionario anonimo per far venire a galla casi di
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Sociale
violenza; dalla scelta di chi tra i ragazzi controlla che non si verifichino atti di bullismo in classe fino all’obiettivo finale di diventare una classe debullizzata. Una responsabilizzazione dei ragazzi che, impegnati nel contrasto al bullismo, ricominciano a confrontarsi con gli adulti, riconoscendoli come punti di riferimento. In questo impegno, svolge un ruolo determinante la famiglia. Nonni in primis. «I nonni sono fondamentali nella prevenzione – puntualizza Mirko Cazzato –. Serve spiegare dalla nascita ai ragazzi che è importante il lavoro di squadra, non insultare chi è diverso. Noi facciamo tanta prevenzione già alle scuole elementari, anche se per l’80% lavoriamo con le scuole medie, perché è lì che i casi di bullismo crescono. Se i ragazzi avessero a casa chi, come i nonni o i genitori, ogni pomeriggio si informa su come va, si potrebbe risolvere il problema alla radice».
L’esperienza di Mabasta dimostra
A sinistra, i ragazzi del progetto Mabasta
Sotto, il team durante uno degli incontri organizzati nelle scuole di tutta Italia
quanto sia importante creare occasioni di incontro e confronto, per combattere il bullismo in tutte le sue forme. Come dimostra la storia di Diego, che ha vissuto la violenza del bullismo e oggi fa parte del team dei ragazzi di Mabasta. «Il bullismo lo immagino come un grande bolla che all’interno contiene il cyberbullismo, il body shaming, la violenza di genere – precisa Mirko, che di recente è stato inserito da Forbes tra i 100 migliori under 30 italiani –. Diego, il mio braccio destro, era vittima di bullismo anche per il fatto di essere un po’ ‘cicciottello’. Veniva escluso dalle feste o dai lavori di gruppo. La situazione iniziò a risolversi con il MabaTest, perché i bulli scrissero che lui era il bullo per evitare
che altri accusassero loro di bullismo. Dopo un incontro tra i professori e i genitori di Diego, si scoprì che era lui la vittima e che per questo stava arrivando alla depressione. I ragazzi furono sospesi, e al rientro a scuola capirono quello che avevano fatto». Il rischio che corre chi è vittima di bullismo è spesso la solitudine, «quando vuoi uscire a giocare e nessuno ti invita, ti cerca, è forse peggio del pestaggio, secondo me – aggiunge Mirko –. Alle vittime dico di non mollare mai, di non pensare di essere soli o sbagliati. Ai bulli dico, invece, di evitare di essere banali, perché ormai fanno tutti le stesse cose e distruggono una persona con le loro azioni – chiosa Mirko Cazzato, che negli ultimi due
anni sta trasformando il movimento Mabasta in un’impresa sociale senza fini di lucro –. Invece a tutti gli altri, agli spettatori che sono la fetta più grande, che non sono né vittime né bulli, dico solo di fare gruppo, di non lasciare indietro nessuno. Soprattutto di parlare con gli adulti, perché chi è in difficoltà potrebbe morire. E perché aiutare non è da sfigati, ma da eroi».
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COHOUSING STORIE DI SOCIALITÀ E MUTUO AIUTO
Le esperienze di Casematte, Rete Nazionale Abitare Solidale e Cooperativa Sad spiegano l’importanza della condivisione e fotografano lo stato dell’arte in relazione al cosiddetto ‘decreto Anziani’
di Chiara Ludovisi
Le relazioni sociali arricchiscono la vita. E possono allungarla. Studi scientifici lo dimostrano, evidenziando quanto, al contrario, l’isolamento favorisca la malattia, fisica e mentale. Questa consapevolezza arriva da lontano, dal Nord Europa in particolare, dove questo modello è già molto diffuso, tra i giovani quanto tra gli anziani. Ma si sta facendo strada anche in Italia, tanto che il cosiddetto “decreto Anziani”, da poco entrato in vigore, riconosce proprio al cohousing un ruolo strategico, prevedendo “Linee
guida in materia di senior cohousing e di cohousing intergenerazionale”. Di cosa si tratta? Lo abbiamo chiesto a Chiara Casotti, presidentessa dell’associazione Casematte e della Rete Nazionale Abitare Solidale e lei stessa abitante di un cohousing. «Nel senior cohousing convergono bisogni simili e l’eventuale condivisione di servizi. Nel cohousing intergenerazionale, invece, convivono diverse età e differenti bisogni – afferma Casotti – che possono essere complementari e portare a forme di mutualità. Ad esempio: l’anziana va a prendere a
scuola i figli dei genitori che lavorano, mentre la famiglia rende l’anziana partecipe della propria vivace quotidianità, invitandola a pranzo, oppure la aiuta facendole la spesa». Vivere in un cohousing non significa rinunciare alla propria intimità e alla propria indipendenza: sono infatti assicurati spazi privati autosufficienti, accanto a spazi comuni per le attrezzature condivise e le attività da svolgere insieme. Esiste sempre, insomma, la possibilità di isolarsi nel proprio ambiente, tutte le volte che se ne senta il bisogno. Eppure, in Italia l’idea della convivenza e della condivisione stenta ad affermarsi, incontrando forti resistenze, nonostante le difficoltà – anche economiche – del vivere da soli e i rischi per la salute e la sicurezza connessi all’isolamento. «Ho notato che gli anziani difficilmente riconoscono questi bisogni in loro stessi. È più facile che lo riconoscano negli altri – afferma Casotti –. Mi è capitato più volte che persone anziane evidentemente molto sole mi chiedessero di suggerire un progetto di coabitazione a un conoscente. Ma non lo immaginassero neanche come una soluzione per sé».
50&Più | maggio 2024 30 Attualità
Ora, con il nuovo decreto legislativo sugli anziani, il cohousing potrebbe avviarsi verso una nuova, più fortunata stagione? Sicuramente è interessante che il tema dell’abitare sia riconosciuto come cruciale nel determinare un invecchiamento attivo di qualità e prevenire le fragilità. Aspettiamo le Linee guida, rinviate di ulteriori sei mesi, per capire se si stiano davvero compiendo passi concreti per sostenere e incoraggiare queste forme abitative. Quali potrebbero essere questi passi, auspicabilmente contenuti nelle Linee guida che verranno?
Servirebbero una legge nazionale e dei regolamenti comunali, per rendere questi modelli residenziali un soggetto giuridico a tutti gli effetti e semplificarne così la fattibilità. Per esempio, il cohousing non dovrebbe essere considerato un albergo per il calcolo della tassa rifiuti, come avviene oggi. Sarebbe inoltre importante promuovere una cultura diversa dell’abitare
a livello nazionale: sostenere la diffusione di modelli abitativi collaborativi significherebbe spendere meno in assistenza e cura.
Ne è convinta anche Daniela Bottura, presidente della cooperativa SAD di Trento, che rivolge al cohousing una grande attenzione, includendolo a tutti gli effetti tra i servizi offerti ai suoi utenti. Recentemente, la cooperativa ha inaugurato “Residenza O’Santissima”: la parte storica appena ristrutturata può ospitare nove anziani con operatori e 19 giovani, suddivisi in am-
bienti completamente indipendenti. Il nuovo edificio, invece, può ospitare 22 anziani, in stanze con bagno privato. E poi ci sono spazi comuni, sia all’interno che all’esterno. «Spesso basta un saluto in giardino per sentire di non essere soli – spiega Bottura –. Un modello residenziale come questo rappresenta un’ottima alternativa alla casa di riposo o alla Rsa, per tutti quegli anziani che, pur essendo autosufficienti, non se la sentono di vivere per conto proprio. Qui mantengono la propria indipendenza, ma in un contesto sociale che favorisce la socializzazione e lo stimolo delle capacità residue». Di questo è testimonianza vivente Piera Salvano, 71 anni, che vive in un cohousing intergenerazionale di Torino. «Ma ora, con un bel gruppo di altre arzille vecchiette, ci stiamo organizzando per creare un nostro senior cohousing – racconta – perché abbiamo bisogno di spazi un po’ più organizzati per la nostra fascia di età: nessuna barriera architettonica, una portineria intelligente, un alloggio per eventuale badante». Tra le “arzille vecchiette” c’è Silvia Donadio, che assicura: «È un progetto non facile da realizzare, ma sappiamo resistere alle difficoltà. Avere un progetto in cui impegnarsi è importante, a tutte le età». Conclude Piera: «Il cohousing porta vantaggi a tutti: a noi, ai nostri figli e anche al Servizio sanitario. Allora, perché non farlo?».
50&Più | maggio 2024 31
Sopra, Piera Salvano durante una manifestazione per la difesa della sanità pubblica Nelle altre immagini momenti di condivisione in alcune strutture di cohousing
Attualità
La nomina di Alessandro Del Carlo all’Assemblea nazionale, a Roma
Presentata la “Carta dei Valori” per rimettere al centro i diritti degli anziani
Cambio al vertice del Coordinamento Unitario Pensionati Lavoro Autonomo: Alessandro Del Carlo (Anap-Confartigianato) succede a Gian Lauro Rossi (Anp-Cia) alla guida del Cupla per il prossimo biennio. «Sono onorato di assumere questo incarico che intendo portare avanti con senso di responsabilità e grande determinazione, continuando a lavorare in modo congiunto e coordinato con tutte le sigle sindacali che compongono il Cupla», ha commentato Del Carlo a margine dell’assemblea. All’appuntamento di marzo, a Roma, presidenti provinciali di 50&Più sono intervenuti portando esperienza e istanze affinché si lavori per garantire e tutelare i diritti delle persone anziane. Oltre al rinnovo degli organismi dirigenti, l’assemblea nazionale è stata l’occasione per illustrare la “Carta dei Valori”, una dichiarazione di intenti che vuole difendere i diritti e la dignità delle persone anziane anche avvalendosi della collaborazione tra istituzioni e cittadini, con una particolare attenzione al ruolo dei caregiver familiari. Tra gli obiettivi del manifesto, tutelare il benessere degli anziani con un accesso adeguato ai servizi di assistenza sociosanitaria, garantire la sicurezza economica con programmi equi di protezione sociale, pensionistici e assistenziali. E ancora, promuovere l’inclusione dei senior agevolando la loro par-
CUPLA, CAMBIO AL VERTICE DEL COORDINAMENTO PENSIONATI di
Berardo Falcone
tecipazione ad attività ricreative e sociali; progettare spazi pubblici accessibili; eliminare le discriminazioni territoriali assicurando servizi efficienti anche nelle aree rurali e interne.
Tra i punti della “Carta dei Valori” c’è anche la cura per l’ambiente e la transizione ecologica, con la richiesta di politiche a livello globale per mitigare i cambiamenti climatici e a livello nazionale per migliorare la qualità dell’aria, riducendo le emissioni inquinanti e rafforzando il trasporto pubblico, con lo scopo di proteggere la salute e la vita delle persone, agevolando allo stesso tempo la mobilità degli anziani. Il coordinamento si pone anche l’obiettivo di sensibilizzare la società su stereotipi e pregiudizi legati all’età e di combattere l’ageismo, rendendo gli stessi anziani più attivisti e difensori dei diritti umani, partecipando anche ai processi decisionali. «Questa Carta traccia la strada che vogliamo seguire come organizzazioni dei pensionati per fare degli anziani il valore aggiunto della società», ha concluso Del Carlo.
In tema di tutela della terza età, l’8 aprile è stato firmato un Patto da Cupla e sindacati pensionati Cgil, Cisl e Uil che stabilisce l’applicazione del regolamento Usl sulle RSA e centri diurni per anziani non autosufficienti. L’accordo include la creazione di un organismo di rappresentanza con funzioni partecipative e di controllo.
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Sopra, il passaggio di testimone tra Gian Lauro Rossi e Alessandro Del Carlo. In alto, la delegazione 50&Più presente all’assemblea
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ONU, VERSO LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’ANZIANO
Dal 20 al 24 maggio a New York si riunisce il Gruppo di Lavoro sull’Invecchiamento delle Nazioni Unite. Ai tavoli, per parlare di una Magna Charta dell’anzianità le associazioni no profit e i rappresentanti delle istituzioni degli Stati membri
L’invecchiamento della popolazione è un feno meno globale con profon de implicazioni per i diritti umani di tutti. Si prevede che il nu mero di anziani di età pari o superiore a 65 anni raddoppierà fino a raggiungere 1,5 miliardi nel 2050. In altre parole, entro il 2050 una persona su sei nel mondo avrà 65 anni o più. Sebbene la crescente longevità sia una manifestazione dei progressi compiuti nello sviluppo umano e nella salute negli ultimi decenni, il rapido cambiamento demografico ha anche fatto luce sulla mancanza di adeguati meccanismi di protezione e sulle lacune esistenti nelle politi-
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di Anna Costalunga segue a pag 36
Diritti
che e nei programmi statali coinvolti nel processo di invecchiamento mondiale.
Da tempo l’Onu promuove un piano di azioni per rafforzare le capacità degli over in tutti i settori sociali. Lo dimostra il Piano d’Azione Internazionale sull’Invecchiamento di Madrid per il miglioramento della qualità di vita delle persone anziane, adottato dalla II Assemblea mondiale sull’invecchiamento nell’aprile 2002, che ha segnato un punto di svolta nella costruzione di una società age friendly.
Quello che ancora manca, però è una carta universale dei diritti fondamentali e inalienabili di tutte le persone anziane nel mondo. Una dichiarazione universale, sulla scia di quella già esistente per i diritti degli uomini di tutte le età (nota come Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), che sia di ispirazione per le legislazioni di tutti i paesi. Un documento che nasce anche dall’esigenza di rendere chiunque si macchi di abusi o atrocità universalmente riconosciute contro gli anziani, responsabile e punibile, indipendentemente dal silenzio delle leggi del suo paese. Questo è esattamente l’obiettivo che l’Onu vuole raggiungere attraverso il Gruppo di Lavoro sull’Invecchiamento, un organismo intergovernativo del sistema delle Nazioni Unite al quale partecipano associazioni indipendenti no profit e istituzioni degli Stati membri. Ciò che fa ben sperare sulla riuscita del progetto è l’ampio accordo di intenti e vedute tra gli Stati membri e le diverse ong che si occupano di diritti degli anziani, come Age Platform e Fiapa (cui tra gli altri aderisce 50&Più, nel secondo caso anche nelle vesti di associazione cofondatrice). Il Gruppo si riunisce annualmente a New York, nel Palazzo di Vetro
dell’Onu: in ogni sessione si discute di due nuovi diritti fondamentali che poi durante l’anno saranno oggetto di analisi nei singoli Stati membri; nello stesso tempo si analizzano le criticità riscontrate nei vari paesi per quanto riguarda i due diritti analizzati nella sessione dell’anno precedente. In passato sono stati affrontati
vari aspetti dell’anzianità: da quelli più bui - il fenomeno dell’ageismo, degli abusi e della violenza - al diritto alla salute, all’invecchiamento attivo e all’integrazione sociale.
La sessione odierna si occupa di due nuove aree di interesse: accessibilità, infrastrutture e habitat (trasporti, alloggi e accesso), e partecipazione alla vita pubblica e ai processi decisionali. Inoltre, i partecipanti sono pronti a discutere sulla protezione dei diritti degli anziani in tema di integrazione sociale, diritto alla salute e accesso ai servizi sanitari.
Quello che si svolge a maggio di quest’anno nella sede dell’Onu a New York è dunque un impegno di lavoro importante, di grande valenza sociale ed etica, necessario per costruire una società più giusta ed inclusiva, a misura di tutti gli anziani, di oggi e di domani.
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continua da pag 34
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SENTINELLE DEL MARE
UN PROGETTO PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE Ambiente
Da maggio a settembre, decine di volontari scendono in campo per tutelare acque e coste del Mar Mediterraneo, con Confcommerio e ‘Alma Mater Studiorum’ Università di Bologna
di Francesca Cutolo
Una complicità tra l’uomo e il mare che trasforma la consapevolezza e la responsabilità di ognuno di noi in protezione dell’ambiente: è la base sui cui poggia il successo delle “Sentinelle del Mare”, l’iniziativa lanciata da Confcommercio nel 2018
insieme ad ‘Alma Mater Studiorum’ Università di Bologna, che vedrà, anche quest’anno, dal 15 maggio al 15 settembre, la partecipazione di centinaia di operatori di stabilimenti balneari, alberghi, campeggi, villaggi, porti turistici, ristoranti e bar di diverse regioni italiane e di migliaia di
cittadini. Siamo di fronte ad un vero e proprio modello di “Citizen Science”, il metodo che prevede il coinvolgimento di cittadini volontari, non professionisti, nel processo scientifico, un lavoro di squadra tra biologi, turisti e residenti in diverse aree della costa italiana, da Nord a Sud, con il comune obiettivo di tutelare e rispettare il Mar Mediterraneo, il suo habitat e i suoi quasi 8.000 chilometri di coste. I ricercatori, in collaborazione con gli operatori turistici delle imprese che appartengono al sistema Confcommercio, raccoglieranno informazioni direttamente in spiaggia, attraverso interviste ai bagnanti, ai subacquei o agli snorkelisti, su quello che hanno effettivamente visto in acqua o sul fondale marino. «Nello sviluppo della componente motivazionale, che sempre più orienta la domanda di servizi turistici - sottolinea Alberto Corti, responsabile Turismo
Confcommercio -, la sostenibilità assume un ruolo estremamente significativo. I turisti identificano l’adozione di pratiche e comportamenti sostenibili come una parte imprescindibile dell’esperienza in vacanza. Da un’indagine SWG presentata il 16 marzo scorso si evince che 8 italiani su 10 gradirebbero fare un’esperienza di turismo sostenibile, e il 76% cerca di prestare attenzione all’impatto sull’ambiente delle proprie scelte in vacanza». Eccoli allora i “cittadini scienziati” che si trovano a compilare delle apposite schede di rilevazione che vengono poi elaborate dal Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Alma Mater. Contemporaneamente vengono organizzati incontri, presentazioni ed escursioni in mare, che animano il programma di intrattenimento delle strutture turistiche ospitanti, coniugando in questo modo attività ludiche e ricerca scientifica con l’obiettivo di coinvolgere decine di migliaia di per-
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Stefano Goffredo, professore presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio - viene misurata mediante dei test in campo, in cui un nostro riferimento fa il rilevamento nello stesso luogo e istante dei volontari, contemporaneamente, senza interferire con l’attività degli stessi. In questo modo si può statisticamente misurare il grado di somiglianza della scheda compilata dal volontario con quella compilata dal nostro riferimento. Mediante il nostro sistema otteniamo, quindi, grandi database fatti da decine di migliaia di osservazioni, grazie alla rete di collaborazione creata con i turisti, le nostre sentinelle. In questo modo elaboriamo un indice di qualità ambientale basato sugli avvistamenti delle specie biologiche che, nel complesso, sono indicatrici dello stato dell’ambiente. Da un punto di vista educativo, i risultati ottenuti sono molto rilevanti perché indicano che queste attività sensibilizzano i turisti, i quali tendono ad adottare comportamenti sostenibili per l’ambiente. Inoltre - continua -, alti livelli di soddisfazione e motivazione delle persone nei confronti del programma di educazione garantiscono che la consapevolezza ambientale acquisita venga meglio mantenuta». In questa nuova edizione di “Sentinelle del Mare” saranno rafforzati gli aspetti di comunicazione esterna e di attenzione alle imprese partecipanti collegandosi, tra l’altro, ad un’altra iniziativa di Confcommercio: “Imprendigreen”, che punta a qualificare imprese e associazioni che hanno investito nella sostenibilità, a far emergere le buone pratiche più innovative e a diffondere e replicare comportamenti sempre più “green”. «Sentinelle del Mare - conclude Corti - parla ai turisti, proponendo loro un coinvolgimento diretto in un’utilissima e appassio -
nante indagine sulla biodiversità in ambiente marino; ma, soprattutto, parla agli operatori economici, accompagnandoli in un percorso tanto di valorizzazione delle molte pratiche sostenibili che già adottano, quanto di implementazione di nuove, che diventano vere e proprie componenti della loro offerta».
Progetti come questo portano a sviluppare e incentivare nuove imprenditorialità nella transizione da un modello di economia lineare a uno circolare, a far cogliere le opportunità messe in campo dal Green Deal Europeo e dal Pnrr italiano, a promuovere l’innovazione e la sostenibilità nei processi di produzione, distribuzione e consumo.
Stefano Goffredo, professore presso l’Università di Bologna
Alberto Corti
responsabile Turismo Confcommercio
Con poco meno di un miliardo di aventi diritto al voto e scrutini lunghi 45 giorni, l’India sta celebrando le elezioni più imponenti di sempre. Si vota in sette giornate dal 19 aprile al primo giugno e per la gestione delle schede sono impiegati oltre un milione di scrutatori. I numeri da record non bastano però a garantire la salute della democrazia del paese più popoloso al mondo. Tutti i sondaggi e gli analisti danno per vincente il primo ministro uscente Narendra Modi. È un leader polarizzante, in patria come all’estero. Se la coalizione guidata dal Bharatiya Janata Party (BJP) ottenesse nuovamente la maggioranza, Modi diventerebbe primo ministro per la terza volta consecutiva, un altro primato. «Il governo di Modi ha eroso costantemente le libertà civili e la democrazia in India, mettendo a rischio i diritti fondamentali dei cittadini», ha detto in una recente intervista ad Al-Jazeera la scrittrice e attivista Arundhati Roy. L’econo-
ELEZIONI IN INDIA QUALE FUTURO PER LA DEMOCRAZIA
I maggiori sondaggi inducono a pensare a una rielezione certa - la terza - del primo ministro uscente, Narendra Modi. Nonostante le tante ombre sulla sua politica interna
di Cosimo Caridi
mia del paese, con la ricetta ideata da Modi, viaggia a ritmi impressionanti, il pil è ormai il quinto al mondo. L’India è diventata un mercato ambito con capacità di produzione e specializzazione. Ogni anno nel paese si laureano 2 milioni di ingegneri, il doppio che in Cina. Negli Usa i nuovi ingegneri sono 100mila, in Italia arriviamo a poco più di 30mila. Inoltre, il primo ministro di Nuova Delhi ha iniziato a tessere rapporti diploma-
tici con le grandi potenze, diventando uno snodo fondamentale per la geopolitica. Questa compresenza di fattori ha dato a Modi un lasciapassare per il palcoscenico internazionale, nonostante le molte ombre sulla sua politica interna. Modi ha costruito il suo ruolo con un forte e continuo riferimento all’induismo, la religione più diffusa in India. Si presenta come un asceta, senza famiglia, indica i legami di parentela come indice di
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necessità di soddisfare richieste altrui e quindi esporsi alla corruzione. Il primo ministro è però soprattutto un uomo che si è fatto da solo. Suo padre era un piccolissimo imprenditore e la vulgata popolare (spinta dal BJP) racconta del piccolo Narendra sui treni a vendere il tè. Sin da bambino entra a far parte di un’organizzazione nazionalista indù, tra le più grandi e ramificate del paese, e con gli anni ne scala agevolmente tutte le gerarchie. A fine 2001 diventa capo del governo del Gujarat, uno stato della federazione indiana che ha la stessa popolazione dell’Italia. L’economia della regione fa un balzo in avanti e questo trasforma Modi in una superstar a livello nazionale. Lascerà la guida del Gujarat solo nel 2014 quando, dopo circa 50 anni di opposizione, il suo partito vincerà le elezioni nazionali e Modi diventerà primo ministro. Ma se per gli indiani indù è il leader perfetto, per le minoranze è l’uomo che soffia sull’estremismo. Nel febbraio del 2002,
con meno di quattro mesi di governo regionale alle spalle, deve affrontare delle dure sommosse di piazza. Negli scontri in Gujarat morirono oltre mille persone, buona parte musulmani. Secondo diverse organizzazioni internazionali fu un classico esempio di pulizia etnica. Modi venne incolpato di aver spinto i conservatori indù ad attaccare gli islamici. Ci sono stati diversi processi, lui è sempre risultato innocente. Ma per quei fatti gli Stati Uniti gli negarono l’ingresso nel paese, divieto sospeso appena Modi ha assunto l’incarico di primo ministro federale. È il presidente Donald Trump a riabilitarlo totalmente. Gli Usa riconoscono all’India il ruolo di contenimento che New Delhi svolge con la Cina. Al tempo stesso è la Russia di Vladimir Putin il secondo grande alleato di Modi. L’India compra armi e materie prime da Mosca. Neanche la guerra in Ucraina è riuscita a cambiare questo aspetto della politica estera di Nuova Delhi. Anzi, le sanzioni occidentali hanno fatto aumentare gli scambi commerciali tra i due paesi. L’unico membro Nato che ha una forte frizione diplomatica con l’India è il
Canada. Il primo ministro di Ottawa, Justin Trudeau, ha accusato i servizi segreti di Nuova Delhi di aver ucciso un cittadino canadese. Hardeep Singh Nijjar, noto attivista del movimento per l’indipendenza dei Sikh emigrato in Canada, era considerato dall’India un dissidente, un terrorista. È stato ucciso lo scorso giugno a Vancouver da un sicario legato dall’intelligence di Nuova Delhi. La repressione delle minoranze, quella musulmana in particolare, è uno dei tratti distintivi della politica di Modi, ma anche la gestione del dissenso è oggetto di dure critiche degli osservatori internazionali. Durante quest’ultima campagna elettorale il governo ha imposto severe limitazioni ai partiti di opposizione. Il Congress, movimento nazionalista che sotto la guida del Mahatma Gandhi ottenne l’indipendenza dal Regno Unito, ha accusato Modi di aver ostacolato ogni loro attività. Solo due mesi prima dell’inizio dell’apertura dei seggi, tutti i conti correnti dell’opposizione sono stati bloccati per un ordine della magistratura, rendendo molto complesso pagare le spese della campagna elettorale.
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A sinistra, Narendra Modi saluta i sostenitori dopo la vittoria alle ultime elezioni politiche nel 2019. In alto, cittadini al voto a Patiala
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INDAGINE SUL PIANETA LAVORO
Aumenta l’impiego per uomini e under 34, cala per le donne
La sfera privata è una priorità, testimonianze di chi cerca indipendenza
TRA DIRITTI E PRECARIETÀ a cura di Anna Costalunga, Anna Grazia Concilio, Donatella Ottavi
Valerio Maria Urru, Pietro Checcucci, Dario De Felicis
piano
Primo
AUMENTA
L’OCCUPAZIONE PER UOMINI E UNDER 34 IN CALO LE DONNE
Spetta alla Lombardia la maglia nera per i morti sul lavoro nei primi due mesi dell’anno
Il Governo, intanto, lavora alla parità salariale
di Anna Costalunga
Secondo l’Istat, rispetto al mese precedente, a febbraio sono aumentati gli occupati e i disoccupati, mentre sono diminuiti gli inattivi.
L’occupazione è cresciuta (+0,2%, pari a +41mila unità) tra gli uomini, gli over 24 anni e i dipendenti permanenti; è calata invece tra le donne, i 15-24enni, i dipendenti a termine e gli autonomi. Il tasso di occupazione ha raggiunto il 61,9% (+0,1 punti). L’aumento del numero di persone in cerca di lavoro (+2,5%, pari a +46mila unità) interessa entrambi i generi e ogni classe d’età. Il tasso di disoccupazione totale sale al 7,5% (+0,2 punti), quello giovanile al 22,8% (+0,7 punti). La diminuzione del numero di inattivi (-0,5%, pari a -65mila unità, tra i 15 e i 64 anni) riguarda sia gli uomini che le donne di tutte le classi d’età, ad eccezione dei 15-24enni tra i quali l’inattività cresce. Il tasso di inattività scende al 33,0% (-0,2 punti). La Costituzione definisce l’Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro (articolo 1) e precisa all’articolo 4 che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Ancora, all’articolo 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme”. I Padri Costituenti hanno posto il lavoro a fondamento dell’equità e delle scel-
te economiche e politiche, ma oggi, a seguire la cronaca, sembrerebbe di vivere in un mondo al contrario. Un mondo in cui dall’economia dipendono le politiche economiche e da queste i diritti del lavoro, in cui non si arrestano le morti bianche, la disoccupazione scende solo tra gli uomini e gli over 25 e perdura la disparità di genere nei salari. Tutto questo mentre l’Intelligenza Artificiale sta ridisegnando il panorama occupazionale.
Le morti bianche, una strage
Non si arresta nel 2024 la triste conta degli incidenti mortali sul lavoro. Lo dicono i freddi numeri raccolti dall’Inail: 119 morti solo nel primo bimestre dell’anno, in aumento rispetto all’analogo periodo del 2023.
A questi, nel momento in cui scriviamo, si devono aggiungere gli incidenti degli ultimi mesi, riportati dalla cronaca, che raccontano un aumento del numero delle vittime.
Dall’analisi territoriale emergono incrementi al Sud (da 14 a 24 casi), nelle Isole (da 6 a 11), nel Nord-Ovest (da 35 a 39) e nel Nord-Est (da 22 a 24) e un calo al Centro (da 23 a 21). Sempre nei primi due mesi dell’anno, va alla Lombardia la maglia nera dei morti sul lavoro (+8), cui seguono la provincia di Bolzano e la Campania (+6 ciascuna), il Lazio (+5) e la Sicilia (+4), i cali più evidenti si registrano in Veneto (-8) e in Piemonte (-6).
L’aumento rilevato nel confronto dei
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Primo
bimestri gennaio-febbraio 2023 e 2024 è legato sia agli uomini, i cui casi mortali denunciati sono passati da 93 a 110, sia alle donne, da sette a nove. Analizzando il dato anagrafico, i più colpiti dagli infortuni mortali sul lavoro sono gli over 65 (con un’incidenza di mortalità sugli occupati pari a 2,9), poi senior tra i 55 e i 64 anni (2,5). I casi più frequenti riguardano il settore delle costruzioni, seguito da ristorazione, trasporto e magazzinaggio. Le vittime sono in maggioranza uomini e stranieri, probabilmente perchénella maggioranza dei casi - rientrano nelle categorie lavorative sopra citate.
Parità salariale di genere le iniziative del Governo Il principio delle pari opportunità si ritrova nell’articolo 37 della Costituzione: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. È così? Forse non del tutto, dal momento che a fronte di una crescita degli stipendi la differenza di salario tra uomini e donne (il cosiddetto ‘gender pay gap’) resta costante. Inquadra il fenomeno l’indagine di Odm Consulting sulle buste paga di operai, quadri e dirigenti di
un campione di aziende. Nel 2023 gli stipendi degli italiani sono cresciuti del 3,7% ma persiste un -10% di differenza tra la retribuzione delle lavoratrici e quella dei loro colleghi (per avere un’idea, un’operaia prende circa 25.600 euro lordi l’anno, contro i 26.400 del collega uomo). La differenza è più marcata tra i dirigenti e gli impiegati (entrambi intorno al -12,9%) e meno tra i quadri (-5,9%). La presenza femminile nei ruoli di leadership non deve però trarre in inganno: all’interno dei CdA la presenza di donne è cresciuta arrivando al 43%, ma meno del 5% ricopre ruoli esecutivi e solo il 2% la carica di amministratrice delegata.
Per incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere, l’opportunità di crescita in azienda e la parità salariale a parità di mansioni, il governo ha istituito la ‘Certificazione della Parità di Genere’. L’attestazione - che le imprese possono richiedere su base volontaria in cambio di bonus e sgravi fiscali -, rientra nel quadro della Missione 5 del Pnrr. Intanto, un esempio positivo arriva da Poste Italiane, dove tra i dipendenti la presenza femminile è al 54%, il 44% dei componenti del CdA
e il 46% dei quadri e dirigenti è donna, come più della metà dei direttori dei circa 12.800 uffici postali.
Intelligenza Artificiale nemica dell’occupazione?
A febbraio 2024 l’occupazione è tornata a crescere (+41mila), in particolare tra gli uomini, gli over 25 e i lavoratori dipendenti. Del trend positivo non si avvantaggiano gli over 50: tra i 50-64enni, infatti, il tasso di occupazione rimane stabile, a fronte di un aumento di quello di disoccupazione e di una diminuzione di quello di inattività. Sono alcuni dei dati dell’ultimo report dell’Istat, che rivela anche un +46mila unità riferito all’aumento del numero di persone in cerca di lavoro, di entrambi i generi e ogni classe d’età. L’emergenza lavoro dunque riguarda tutte le generazioni ed un fronte critico è rappresentato dagli over 50. Stretti tra l’aumento dell’età pensionabile e il perdurare della crisi economica, hanno grandi difficoltà a reinserirsi senza un’adeguata riformazione, mentre le forme di incentivo anti-disoccupazione si traducono principalmente in benefici economici per le aziende che assumono.
Su questo quadro pesa l’incognita dell’Intelligenza Artificiale che renderà obsoleti lavori ripetitivi e usuranti (l’assistenza sanitaria, il trasporto e la produzione). Nasceranno nuove figure professionali tecnologiche, come sviluppatori e ingegneri delle piattaforme digitali. L’IA per molti analisti aiuterebbe il debito pubblico e il welfare, in un trend demografico caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione che impatta sul mercato del lavoro. Già oggi, le imprese faticano a trovare alcune figure e avvertono che nel futuro prossimo a mancare non sarà il lavoro ma i lavoratori, soprattutto i giovani.
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PRECARIETÀ E SUCCESSO
STORIE DI CHI NON SI ARRENDE AL DESTINO
Le loro voci raccontano uno spaccato sociale disegnano i contorni di una condizione diffusa che vede da un lato dati in calo sulla disoccupazione, dall’altro la dignità di essere indipendenti. Le loro testimonianze
di Anna Grazia Concilio Giovanni, Angela e Paola hanno tre vite diverse
“H
o appena finito di lavorare. Non mi disturba”. “Sono contenta, allora ha trovato lavoro?”, “No, da qualche tempo il mio lavoro è quello di cercare un lavoro”. È un’ironia amara quella di Giovanni. Ha 57 anni, vive in provincia di Avellino e, da quando l’azienda in cui lavorava ha chiuso, trascorre le giornate spulciando annunci, chiamando conoscenti, o amici di amici che possano tirarlo fuori da questo limbo
disperato. «Niente di niente. Sembra che nessuno voglia offrire un lavoro a chi ormai è fuori dall’età ‘giusta’. Ma io non mollo, qualcosa uscirà, sono certo. L’importante è non perdere mai la speranza - spiega Giovanni con una voce stanca ma non rassegnata -. Non avrei mai pensato di ritrovarmi disoccupato alla mia età. La pandemia ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro e a quel tempo pensavo “caspita, deve essere un vero dramma”, io sono stato fortunato, l’azienda ha
retto, forse anche per questo oggi risulta ancora più difficile mandare giù un boccone così amaro», dice. Vive con sua moglie, impiegata, e la sua seconda figlia, prossima a conseguire la laurea specialistica in Lettere. «Lei è molto brava, è studiosa e ha vinto sempre la borsa di studio. Se io e mia moglie dovessimo pagarle gli studi adesso, a qualcosa certamente dovremmo rinunciare, un solo stipendio è davvero troppo poco - aggiunge -. L’aspetto economico in tutta questa faccenda conta, non posso dire il contrario, ma quello che davvero sta diventando insopportabile è la sensazione - sempre più forte - di avere la dignità calpestata».
I dati Istat raccontano che nel 2023 (ultimo anno disponibile ndr) il tasso di disoccupazione, sulla scia degli anni precedenti, è ancora in calo, nonostante esistano differenze molto marcate tra il Nord e il Sud del Paese. La storia di Giovanni e della sua famiglia si inserisce qui, in questo spaccato socioeconomico del Meridione che non può e non deve rappresentare sempre l’eccezione alla regola. La sua testimonianza, emozionata e forte, è la stessa di tante altre voci, più silenziose, meno robuste perché, quando ‘la dignità viene calpestata’, si perde l’autorevolezza di farsi sentire. La percentuale degli occupati, invece, cresce. Nel 2023, circa 500mila persone hanno trovato un impiego. Angela ha 51 anni, vive con il suo compagno in un paesino a sud dell’Abruzzo e da poco ha trovato lavoro in una piccola sartoria. «È stata una benedizione. Non so quanto tempo ancora saremmo andati avanti con il suo stipendio saltuario. I soldi servono sempre e non per fare la bella vita, certo anche per quella se ne hai abbastanza ma più di tutto i soldi servono per ‘andare avanti’, per avere la libertà di prenotare una visita medi-
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piano
Primo
ca senza aspettare tempi infiniti. Ho ripreso a lavorare da tre mesi, dopo due anni di ‘buio’ e, mi creda, non sono mai stata più felice di così in tutta la vita, mi sembra di essere rinata, adesso guardo il mondo con occhi diversi. Fino a qualche settimana fa non avevo neppure la forza di uscire di casa, mi sentivo come svuotata. Oggi, invece, è tutto diverso: ogni giorno vivo una nuova sfida. Il mio contratto di assunzione è a tempo determinato ma la serietà dei miei datori di lavoro mi fa ben sperare. Dopotutto sa che le dico? Se dovesse andare male non mollerei, se ci sono riuscita una volta a rialzarmi perché non dovrei farlo ancora?».
Le storie di Giovanni e di Angela sono il volto della precarietà, sono la testimonianza che non si è mai troppo grandi, o troppo piccoli, per rimboccarsi le maniche, non si è mai al riparo dalle circostanze della vita. Poi c’è la voce di Paola, una manager di successo che oggi ricopre un ruolo importante. «Non creda che non abbia faticato per arrivare dove sono. I sacrifici, per molti anni, sono stati il mio pane quotidiano. Ricopro una posizione importante, certo, ho uno stipendio più che dignitoso ma non dimentico da dove sono partita, non dimentico gli anni di studio, le porte in faccia». Paola ha 63 anni, lavora in ambito
farmaceutico. «Sono molto soddisfatta di quanto ho costruito. Si è trattato di fortuna? Mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto? Ho investito dove molti non investono? Non saprei, credo che la vita vada costruita giorno dopo giorno. Pensare di essere arrivati è un errore, convincersi che nulla possa cambiare il destino anche. Amo il mio lavoro, amo il rapporto che ho con i miei collaboratori, amo la serenità che tutto questo mi dà perché inevitabilmente il nostro stato d’animo si riversa nella quotidianità delle nostre famiglie, e quando c’è la serenità c’è anche la capacità di affrontare con responsabilità qualsiasi scelta».
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LAVORO, COMPROMESSO TRA PROFESSIONE E SFERA PRIVATA
L’avanzamento di carriera non rappresenta più una priorità, cedendo il passo alla tutela degli spazi personali e alla cura delle relazioni
L’indagine WorkMonitor 2024 analizza aspettative e bisogni dei lavoratori italiani
di Donatella Ottavi
Ambizione e carriera o relazioni e sfera privata? I lavoratori sembrano non avere dubbi: il benessere personale e la qualità della vita rappresentano la priorità.
È quanto emerge dal WorkMonitor 2024 di Randstad, multinazionale che opera nell’ambito della ricerca, selezione e formazione nel mondo del lavoro.
L’indagine, che monitora periodicamente le trasformazioni del mercato dell’occupazione e analizza il sentiment dei lavoratori, ha visto il coinvolgimento a livello globale (34 paesi) di 27mila individui con un’età compresa tra i 18 e i 67 anni, interessando così diverse fasce generazionali: Gen Z (18-26 anni), Millennial (27-42 anni), Gen X (43-58 anni) e Boomers (59 anni e oltre). Il punto sulla situazione italiana è stato realizzato attraverso una serie di interviste somministrate a circa 800 lavoratori, mettendo in evidenza opinioni che, per certi aspetti, si allineano alla tendenza registrata a livello globale.
Il 51% del campione si dichiara ambizioso - dato che si rileva in particolar modo tra gli appartenenti alla Gen Z (67%) e ai Millennial (57%) -, ma
tra i fattori ritenuti rilevanti l’avanzamento di carriera si attesta solo al nono posto (74%). Un dato che trova conferma nelle diverse dichiarazioni rilasciate dagli intervistati: il 50% non avrebbe problemi a rinunciare ad eventuali promozioni a fronte di un impiego soddisfacente; il 42% attualmente non aspira ad avanzamenti di carriera che, per il 35% del campione, non sono una priorità. Solo un isolato 5% desidererebbe raggiungere il vertice dell’azienda in cui opera. Rispetto alla precedente rilevazione si registra un -5% tra coloro che ritengono il lavoro una parte importante della propria vita (72%), così come decresce di ben 9 punti percentuali la motivazione sul lavoro, che si attesta al 60%.
Dunque, non si vive di solo lavoro? Stando alle ulteriori risposte del campione, la tendenza sembrerebbe essere proprio questa. Se la retribuzione mantiene una posizione rilevante per il 93% degli intervistati, così come la sicurezza del posto di lavoro (90%), ciò che emerge in maniera netta è il desiderio di un maggiore equilibrio tra impiego e vita privata, che viene messo al primo posto nel 97% dei casi. L’80% ritiene fondamentale la flessibilità dell’orario la-
vorativo così come la possibilità di usufruire dei giorni di ferie (79%); il 70% dà molta importanza alle politiche di congedo parentale e il 67% alla flessibilità in termini di ubicazione (lavoro da casa, da remoto ecc.). Tra le motivazioni che potrebbero spingere a lasciare il proprio impiego, un ambiente poco piacevole (29%) o inadeguato alle esigenze personali (28%); la scelta di rinunciare ad un nuovo lavoro potrebbe invece scaturire dalla scarsa sicurezza dello stesso (62%), ma anche dal timore che
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Primo
possa influire negativamente sul personale equilibrio vita-lavoro (51%).
Dati che fanno riflettere e che inducono a una presa di coscienza: oggi più che mai, il valore del tempo, della sfera privata e delle relazioni rappresentano aspetti irrinunciabili nella vita di ogni giorno, complice probabilmente il vissuto derivante dalla fase pandemica, come afferma Marco Ceresa, Group Ceo Randstad Italia: «Il WorkMonitor 2024 evidenzia un forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di
malessere che va ascoltato e compreso. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone, ma oltre alla carriera, sempre più lavoratori includono anche altro nella definizione della propria “ambizione” professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale. Non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma nelle loro corde, certamente un’eredità della riflessio -
ne profonda delle persone nel periodo di pandemia. Esigenze che le aziende devono impegnarsi a soddisfare con politiche HR a tutto tondo, tenendo conto dei bisogni dei lavoratori sempre più complessi e articolati». Il sogno di una brillante carriera cede dunque il passo a una maggiore attenzione nei confronti della vita privata, ma questo non significa necessariamente rinunciare alle proprie ambizioni. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo e, anche in questo caso, l’equilibrio è il giusto compromesso.
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LAVORATORI OVER 50 QUALI INCENTIVI E MISURE PER L’OCCUPAZIONE
Agevolazioni fiscali e sgravi contributivi con la Legge Fornero, formazione mirata con il Programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori: gli strumenti introdotti per favorire l’impiego dei senior nel nostro Paese
di Valerio Maria Urru
Nel 2022 hanno superato la soglia del 37%. Erano il 21% nel 2005, il 27% nel 2012. I dati occupazionali dei lavoratori tra i 50 e i 64 anni, in Italia, fanno comprendere la transizione demografica del mercato del lavoro e come l’aumento dell’occupazione tra gli over 50 sia un dato concreto. Da una parte, la verità è che si tratta di una naturale conseguenza demografica, dall’altra questa tendenza ri-
sponde ad una necessità di includere e mantenere attivo un segmento di popolazione sempre più ampio. La conferma che il lavoro over 50 goda di buona salute arriva dai dati Istat provvisori Occupati e disoccupati al 1° marzo 2024. Persino a fronte di una tendenza che comincia a dare i primi segnali di flessione, questi ultimi restano positivi solo per la fascia 50-64 anni. È l’unica, infatti, a registrare un aumento del tasso di
occupazione (+0,2%) e una diminuzione di quello di inattività (-0,2%), rispetto alle altre classi di età. Fino a che punto questo scenario sia riconducibile alle politiche del lavoro degli ultimi anni, rimane oggetto di dibattito. Nel panorama, non ampio, degli strumenti per incentivare l’occupabilità e la ricollocazione dei lavoratori over 50 troviamo la Legge Fornero (Legge 28 giugno 2012, n. 92). Nata per contrastare, tra le altre cose, il ridursi dell’apporto contributivo per le pensioni - effetto dell’invecchiamento della popolazione, della forte denatalità e dell’innalzamento dell’età pensionabile - la Legge 92 prevede alcune agevolazioni in caso di assunzione di lavoratori over 50. Dal 1° gennaio 2013, infatti, per l’assunzione con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato, anche in somministrazione, di lavoratori di età non inferiore a 50 anni, disoccupati da oltre 12 mesi, al datore di lavoro è riconosciuta la riduzione del 50% dei contributi a suo carico per un anno. In caso di contratto a tempo indeterminato o di trasformazione del
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contratto a termine in uno a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si estende al 18° mese dalla data di assunzione. La norma prevede uno sgravio totale anche per l’assunzione di donne, entro il tetto di 8.000 euro annui, di almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi.
Mentre l’attenzione delle aziende si sta spostando - anche se con tempi lunghi - verso le politiche di “age management”, una recente indagine dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp) conferma che più di un imprenditore su 4 considera svantaggioso il fenomeno dell’invecchiamento del proprio personale sia per gli aspetti legati alla flessibilità lavorativa che per le competenze digitali (per il 41% degli intervistati quelle dei lavoratori senior non sono adeguate e per oltre il 50% sarebbe vantaggioso svilupparle di più). La parola d’ordine, allora, per armonizzare dinamiche demografiche e occupazionali, può essere solo “valorizzazione”.
È ciò di cui si sta occupando il programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (Gol), previsto dal Pnrr per riqualificare i servizi di politica attiva del lavoro. Il programma dispone di 4,4 miliardi di euro di risorse ed entro il 2025 dovrebbe coinvolgere 3 milioni di beneficiari, di cui 800.000 in attività formative (300.000 solo per le competenze digitali). Il Gol viene realizzato dalle regioni e province autonome sulla base dei cosiddetti Piani Attuativi Regionali (Par), ma la sua messo in atto dipende anche dal Piano di potenziamento dei Centri per l’Impiego e dal Piano Nazionale Nuove Competenze. Cosa molto importante, il Gol è basato sulla personalizzazione dei servizi: la persona è indirizzata al percorso più adatto attraverso un orientamento mirato e alla valutazione dell’occupabilità.
Secondo quanto definito dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il programma è per diverse tipologie di lavoratori. Possono accedervi quelli con ammortizzatori sociali o altri sostegni al reddito, in situazione di fragilità - giovani, donne con particolari situazioni di svantaggio, persone con disabilità e ovviamente over 55 - working poor, persone disoccupate senza reddito. Offre servizi integrati, basati su una cooperazione tra pubblico e privato, e prevede percorsi di accompagnamento al lavoro, di aggiornamento o riqualificazione professionale, nonché percorsi in rete con gli altri servizi territoriali.
Nel 2002 - secondo l’Inapp - ogni 1.000 persone con un’età tra 19 e 39 anni ce n’erano poco più di 900 tra i 40 e i 64 anni. Nel 2023 queste ultime sono diventate oltre 1.400. Oggi, ogni 1.000 lavoratori di 19-39 anni ci sono ben 1.900 lavoratori adulti-anziani. La questione, allora, è sì incentivare
l’occupazione tra le fasce più anziane ma anche la loro salute e l’invecchiamento attivo nei luoghi di lavoro. Uno scenario su cui è tornato l’articolo 5 della Legge 33/2023 in materia di politiche in favore delle persone anziane, ricordando come nei luoghi di lavoro la promozione della salute, la cultura della prevenzione e l’invecchiamento sano e attivo siano già garantiti dal datore di lavoro attraverso gli obblighi di valutazione dei fattori di rischio e di sorveglianza sanitaria previsti dal D. Lgs 81 del 9 aprile 2008, in osservanza anche delle indicazioni del Piano Nazionale Prevenzione (Pnp). Queste ultime prevedono l’attivazione di tutti quegli interventi che rendano l’ambiente lavorativo adatto alle persone anziane attraverso cambiamenti organizzativi. Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto ad adottare ogni iniziativa per favorire le persone anziane nello svolgimento dell’attività lavorativa anche in modalità agile.
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RIFLESSIONI SULLA SOSTENIBILITÀ DELLA LONGEVITÀ LAVORATIVA
Le trasformazioni in atto chiedono di ricentrare il rapporto fra sostenibilità lavorativa delle generazioni over e uguaglianza sociale. Occorrono misure che facilitino la cultura dell’age management
di Pietro Checcucci, primo ricercatore presso Inapp Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche
La lunga fase di transizione demografica che l’Italia sta attraversando insieme alla maggior parte degli altri paesi avanzati - caratterizzata com’è noto da bassa natalità e progressivo aumento dell’aspettativa di vita - ha esercitato da tempo una profonda influenza anche sul mondo del lavoro. Nel nostro paese, le croniche difficoltà di ingresso dei giovani nel sistema produttivo e il basso livello di partecipazione femminile si sono sommate al progressivo restringimento della popolazione in età da lavoro (quella
convenzionalmente compresa nell’intervallo fra 15 e 64 anni), originato dal rimpicciolimento delle generazioni avviate a sostituire in prospettiva i cosiddetti baby boomers (cioè gli appartenenti alle coorti più numerose, nate grosso modo fra il 1946 e il 1964). L’allarme seguito a queste tendenze evolutive ha spinto da tempo i nostri governi, come quelli degli altri principali partner europei, a reagire favorendo l’allungamento della vita lavorativa, sia per salvaguardare la stabilità dei sistemi pensionistici pubblici, sia per fare fronte ai sem-
pre più frequenti fenomeni di scarsità di manodopera in specifici settori e profili professionali.
Come mostrano costantemente i dati diffusi dall’Istat (Istat, 2023, pp. 7879), questo processo ha portato alla crescita progressiva degli over 50 fra gli occupati di tutti i settori economici, sia pure in maniera piuttosto differenziata, portando a far convivere nello stesso ambiente lavorativo anche quattro o cinque generazioni diverse di lavoratori. Questa elevata differenziazione anagrafica - e quindi sociale - della forza lavoro occupata non si è però automaticamente tradotta in un arricchimento complessivo del capitale umano disponibile per favorire lo sviluppo e la crescita delle organizzazioni interessate. Ancora nel 2020 l’Ocse (Oecd, 2020) paventava infatti che la diversità generazionale all’interno delle economie più avanzate potesse rappresentare un ostacolo, prima che una risorsa per la competitività, segnalando come molto resti da fare a riguardo, sia a livello di politiche pubbliche che di prassi manageriali.
Nel caso italiano, la forza lavoro occupata - la cui componente maschile al di sopra dei 35 anni è risultata, come sopra ricordato, tradizionalmente sovradimensionata - è stata costretta dal ciclo di riforme previdenziali iniziate negli Anni ’90 a fare i conti con la restrizione crescente degli schemi che precedentemente avrebbero consentito, in numerosi casi, un ritiro volontario anticipato. In tal modo, il sistema di welfare italiano ha progressivamente abbandonato quella che la sociologa francese Guillemard ha definito “la cultura del ritiro anticipato” (Guillemard, 2013, pp.6468), per approdare ad una situazione in cui una larga parte di lavoratori e lavoratrici si è venuta a trovare, non per propria volontà, sostanzialmente
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bloccata nel mercato del lavoro. Questa situazione di prolungamento non desiderato della condizione di occupato può entrare in attrito, come è più sovente il caso della componente femminile, con le esigenze di conciliazione fra lavoro e vita familiare, connesse sia alla maggiore permanenza dei giovani in famiglia, sia alla necessità sempre più frequente di assistere genitori o parenti non autosufficienti in età avanzata. D’altro canto, sul versante previdenziale, storie contributive brevi e frammentate, causate da una pregressa posizione di debolezza e precarietà sul mercato del lavoro, anche qui più spesso caratteristiche delle lavoratrici, suggeriscono che le prossime generazioni di over 65 vedranno aumentare significativamente il rischio di povertà in età avanzata, che attualmente vede ancora gli anziani mediamente meno esposti rispetto alle altre classi di età della popolazione italiana. Come ricordato recentemente dal demografo Alessandro Rosina (Rosina, 2024), per fronteggiare efficacemente l’impatto economico di questa transizione demografica, i paesi avanzati - e fra loro l’Italia è certamente un caso paradigmatico - devono senza dubbio lavorare per sostenere la ripresa della fecondità e alimentare la propria forza lavoro, favorendo l’immigrazione legale di donne e uomini auspicabilmente con i livelli di preparazione e qualificazioni adeguati alle esigenze dei sistemi produttivi. Dall’altro lato possono però perseguire una sorta di secondo dividendo demografico, aumentando la partecipazione lavorativa di giovani e donne con livelli di qualificazione elevati e valorizzando la produttività della componente più matura della forza lavoro, aumentando, tra le altre cose, la qualità e il benessere della loro longevità lavorativa
e in generale agendo su tutte le dimensioni utili a creare un ambiente organizzativo age friendly. Per quanto riguarda questa seconda opzione, occorre operare avendo in mente un concetto ampio di age management, che, come afferma lo studioso inglese Alan Walker (Walker, 2005, p. 685), comprenda in primo luogo il livello delle politiche pubbliche e del lavoro, che forniscono alle parti sociali i riferimenti all’interno dei quali confrontarsi e operare le proprie scelte, individuali e collettive; in secondo luogo, le prassi di gestione delle risorse umane attuate nell’ambito delle singole organizzazioni; in terzo luogo, il sistema delle relazioni interpersonali e intergenerazionali che si sviluppano quotidianamente nell’ambito dei diversi gruppi di lavoratori e lavoratrici. A quest’ultimo riguardo è opportuno fare due osservazioni. La prima è relativa al fatto che, come messo in evidenza tra gli altri dalle ripe -
tute indagini condotte dall’Isfol e dall’Inapp (Isfol, 2015; Inapp, 2017; Aversa, Checcucci, Iadevaia, 2024), la percezione che i datori di lavoro - prevalentemente privati, ma anche pubblici - hanno dei lavoratori maturi porta ad identificare narrazioni apparentemente contrastanti. Come ricordato dalle Nazioni Unite (Unece 2919, p. 4), a seconda dei casi possono manifestarsi, nei confronti dei lavoratori maturi, stereotipi sia negativi che positivi. Fra i primi si possono elencare ad esempio una più bassa motivazione e produttività; la resistenza al cambiamento; la mancanza di adattamento; una scarsa propensione all’apprendimento; un maggior costo del loro lavoro; peggiori condizioni di salute che danno origine a più giorni di malattia. Fra gli stereotipi positivi, che possono risultare comunque insidiosi, possiamo trovare minore assenteismo; affidabilità e impegno; grande capacità relazionale e di mentorship;
PER APPROFONDIMENTI
-Aversa M., Checcucci P., Iadevaia V. (2024), Invecchiamento della forza lavoro nelle imprese italiane, seminario di presentazione dell’indagine INAPP presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 27 novembre
-Guillemard A. (2013), Prolonging working life in an aging world: A crossnational perspective on labor market and welfare policies to-ward active aging, in John Field, Ronald J Burke, Cary L Cooper (edi-ted by); The SAGE Handbook of Aging, Work and Society, SAGE, Los Angeles, London, New Delhi, Singapore, Washington D. DC
-Inapp, Checcucci P., Fefè R., Scarpetti G. (a cura di) (2017), Età e invecchiamento della forza lavoro nelle piccole e medie imprese italiane, Inapp Report n.1, Roma, Inapp
-Isfol, Aversa M.L., D’Agostino L., Parente M. (a cura di) (2015), L’age management nelle grandi imprese italiane. I risultati di un’indagine qualitativa, Roma, Isfol
-ISTAT (2023), Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese, Roma, 7 luglio
-OECD (2020), Promoting an Age-Inclusive Workforce: Living, Learning and Earning Longer, Paris, OECD Publishing
-Rosina A. (2024), Popolazione: chi è favorito dai numeri, 8 marzo
-Saraceno C. (a cura di) (2001), Età e corso della vita, Il Mulino, Bologna
-United Nations Economic Commission for Europe (2019), Combating ageism in the world of work, UNECE Policy Brief on Ageing No. 21, Fe-bruary
-Walker A. (2005), The emergence of age management in Europe, International Journal of Organisational Behaviour, Volume 10 (1), 685-697
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attitudine alla leadership; capacità di adattamento.
Uno degli effetti più evidenti di tale antinomia parrebbe essere, fra gli altri, la scarsa propensione dimostrata da questi stessi datori di lavoro ad investire nell’aggiornamento e rafforzamento delle competenze della loro forza lavoro più matura. Un atteggiamento che presumibilmente potrebbe rafforzare la già scarsa propensio-
ne degli adulti italiani in età più avanzata a partecipare ad iniziative formative, a paragone dei loro coetanei europei.
La seconda osservazione riguarda il fatto che, ad eccezione delle grandi imprese, il tema dell’age management sembra essere il grande assente nella negoziazione fra le parti sociali, come mostrato ancora dalle indagini Inapp, soprattutto nell’ambito della contrattazione di secondo livello e ancora in
prevalenza nelle piccole e medie imprese. In tale contesto, sembra urgente riflettere in quale modo il decisore pubblico possa sviluppare misure che facilitino l’affermarsi e il consolidarsi di una cultura della gestione dell’età e delle diversità nelle organizzazioni pubbliche e private, superando per l’appunto un dibattito pubblico troppo spesso imprigionato nella dicotomia fra prolungamento “costretto” della vita professionale e sfruttamento di ogni strumento ancora disponibile per il ritiro anticipato (come le varie “quote”, l’isopensione, l’esodo incentivato o la staffetta generazionale).
Le trasformazioni in corso ci chiedono di ricentrare in maniera chiara il dibattito sul rapporto fra sostenibilità del lavoro in età più avanzata ed eguaglianza sociale, avendo sempre in mente che, come argomentato da Chiara Saraceno, l’età, oltre che un dato socio-anagrafico, è una condizione socialmente costruita, nel cui contesto le norme e le aspettative di comportamento socialmente condivise possono anche non coincidere con le caratteristiche, le aspettative e i progetti di vita del singolo individuo (Saraceno, 2001). Poiché infine la questione delle diseguaglianze di genere rappresenta una dimensione chiave per affrontare le problematiche connesse alla longevità lavorativa, occorre elaborare strategie sinergiche con linee di policy già avviate in quest’ambito, ultima fra tutte quella relativa all’applicazione della Direttiva europea 970/2023, volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne.
Stiamo assistendo a una trasformazione netta del mondo dell’occupazione, a partire dall’utilizzo sempre più imponente dell’Intelligenza Artificiale, tra problemi etici ed evidente scetticismo. Il quadro lo fornisce un’analisi del McKinsey Global Institute del 2023, il quale afferma che, solo in America, entro il 2030 fino a 800 milioni di posti di lavoro potrebbero essere automatizzati da algoritmi, mentre se ne creerebbero fino a 974 milioni. Il saldo positivo indica che l’IA potrebbe creare più posti di lavoro di quanti ne distruggerà, ma la transizione è difficile e di sicuro richiede un adeguamento delle competenze delle funzioni operative. La frontiera dell’Intelligenza Artificiale, sconfinata ma sempre più vicina, può rappresentare però anche un nuovo punto di partenza per i lavoratori. Settori come la medicina, l’assistenza sanitaria e la finanza stanno già beneficiando dell’applicazione dell’IA. Ad esempio, gli algoritmi possono aiutare i medici nella diagnosi precoce delle malattie oppure ottimizzare gli investimenti finanziari per un consulente. Non solo. L’aiuto dell’intelligenza cibernetica sta imperversando nel settore, antico e manuale, dell’agricoltura con l’ottimizzazione degli impianti di irrigazione, la raccolta automatizzata e il monitoraggio dello stato delle colture.
C’è solo da sciogliere un nodo: la questione etica legata all’utilizzo dell’IA nel settore della creatività. Un algoritmo può generare contenuti originali che imitano lo stile di altri artisti con una tale precisione da rendere difficile distinguerli da opere create da esseri umani, irrompendo con veemenza incontrollata nei lavori d’ingegno, un tempo considerati bastione dell’ingegno e della sensibilità umana. Un dilemma che solleva non pochi dubbi sulla proprietà intellettuale e sulla creatività autentica. Scrittura, disegno,
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Primo
VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO TRA UOMO E MACCHINA
Oltre 970 milioni di potenziali nuovi impieghi e 20 milioni di robot utilizzati nei processi produttivi entro il 2030, grazie alle nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale e al progresso della tecnologia robotica. Gli studi pubblicati tra numeri, dati e possibili scenari
di Dario De Felicis
fotografia e arti grafiche: settori che fino a poco tempo fa erano impensabili da automatizzare, ora si trovano ad affrontare una rivoluzione che apre scenari affascinanti e inquietanti al tempo stesso. E la minaccia sembra arrivare da un numero sempre maggiore di software in grado di generare immagini, musica e testi con una qualità sorprendente.
Diffidenza a parte, la prospettiva è quella di una collaborazione sempre più stretta tra uomo e macchina in cui l’Intelligenza Artificiale non si sostituirà all’essere umano, ma ne amplierà le capacità e lo aiuterà a svolgere compiti più complessi.
Dall’algoritmo generativo alla mecca-
nica pura, il mondo del lavoro è destinato a cambiare ancora. Una fotografia del prossimo futuro ce la restituisce l’analisi dell’ultimo rapporto sul lavoro pubblicato nel 2020 dall’Oxford Economics How robots change the world, what automation really means for jobs and productivity (Come i robot cambiano il mondo, cosa significa davvero l’automazione per i posti di lavoro e la produttività ndr). Secondo lo studio, il numero di robot in uso nel mondo del lavoro si è triplicato negli ultimi due decenni, raggiungendo la ragguardevole cifra di 2,25 milioni. Si prevede che questa tendenza continuerà a crescere rapidamente nei prossimi 20 anni, con un possibile aumento fino a
20 milioni di robot utilizzati nei processi produttivi entro il 2030, di cui 14 milioni solo in Cina (con un impatto maggiore nel settore manifatturiero). Una situazione che, di conseguenza, fa sorgere non pochi dubbi sul futuro dell’occupazione. Il rapporto mostra infatti che l’impatto dei robot sulla disoccupazione non sarà uniforme in tutti i paesi e regioni del mondo; gli effetti negativi dell’automazione saranno maggiormente avvertiti nelle regioni a basso reddito. Inoltre, non tutti i lavori correranno lo stesso rischio di subire dei tagli. Le mansioni più vulnerabili sono quelle che prevedono compiti ripetitivi e codificabili, come l’inserimento dati o la gestione di magazzini. Al contrario, le professioni che richiedono inventiva, problem solving e capacità relazionali avranno maggiori probabilità di resistere all’automazione. Eppure, nonostante i timori riguardo alla diminuzione di posti di lavoro a livello globale, il documento sottolinea che l’attuale ondata di automazione avrà come effetto un incremento della produttività e di crescita economica globale, generando nuove opportunità di impiego, soprattutto in cinque settori chiave: sanità, commercio al dettaglio, ospitalità, trasporti e costruzioni e agricoltura. Per rimanere in tema, non esiste un algoritmo capace di dire con certezza come sarà il mondo del lavoro di domani. Ma una cosa è certa: queste tecnologie offriranno nuove opportunità per chi saprà coglierle. La chiave di tutto rimane la formazione continua, che permette di acquisire le competenze necessarie ad essere competitivi per affrontare il futuro del lavoro.
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LA SCIENZA DEL CONTROSENSO
Un gatto forse vivo o forse no, una nave che cambia nel tempo e altri enigmi che ci conducono in un viaggio ai confini del pensiero, dove la certezza vacilla e le domande si moltiplicano
Il termine paradosso deriva dal greco antico παράδοξος (parádoksos), significa letteralmente “contraddittorio rispetto a ciò che si crede” ed è considerato un rompicapo logico che sfida la comprensione del mondo. Se provassimo a considerarne qualcuno ci ritroveremmo immediatamente con le sopracciglia inarcate, cercando di capire se ciò che ci si presenta davanti sia vero o falso, reale o illogico. Prendiamone uno tra più conosciuti: è il dilemma del gatto di Schrödinger. Immaginiamo di avere un gatto in una scatola chiusa. Nella scatola c’è anche un marchingegno con una fiala di veleno. Non sappiamo se il marchingegno si romperà e il veleno ucciderà il gatto. Finché non apriamo la scatola, quindi, secondo la fisica quantistica il gatto è sia vivo che morto al tempo stesso. Oppure consideriamo il paradosso della nave di Teseo. È un’antica nave greca che nel corso del tempo cambia tutte le sue assi di legno, sostituendole con nuove. E qui arriva il paradosso: considerando che le assi di legno sono la parte fondamentale della nave, quando tutte le assi vengono sostituite, possiamo davvero dire che la nave è sempre la stessa? C’è poi il “paradosso della bugia”, un enigma che ci fa riflettere sulla natura della verità e della falsità. Immaginiamo di dire: “Questa frase è falsa”. Se la frase è vera, allora è falsa. Ma se è falsa, allora è vera. È un circolo vizioso che crea una contraddizione paradossale. Possiamo azzardare anche l’esempio di un essere onnipotente e la sua capacità di fare cose impossibili. La domanda è dunque la seguente: se una divinità è onnipotente, può creare una roccia così grande che nemmeno lei possa sollevarla? La risposta apre a dibattiti infiniti. Quindi, la prossima volta che vi imbattete in un paradosso, non arrendetevi. Sfidate la vostra mente e cercate di trovare una soluzione. Potreste scoprire qualcosa di nuovo e sorprendente sul mondo che vi circonda.
NOTE DI UN’ALTRA EPOCA
Il gruppo etnico dei Tuvani, originari della Siberia meridionale, è noto per la loro tecnica di canto gola, chiamata “khoomei” in cui un cantante può produrre più suoni contemporaneamente facendo vibrare la laringe in modi diversi. Una forma di canto difonico in cui si creano suoni armonici che risuonano sopra la nota fondamentale.
SCACCIARE OGNI MALE
L’usanza di dire “salute” dopo uno starnuto ha origini antiche legate alla superstizione. Nell’antichità, molte culture interpretavano lo starnuto come un segno di malattia imminente o come un tentativo del corpo di espellere influenze negative. Si pensava che un forte starnuto potesse addirittura far fuggire lo spirito maligno dal corpo.
PENDENTE, MA NON TROPPO
La Torre di Pisa, oltre ad essere un monumento simbolo del Belpaese, è certamente famosa per la sua pendenza. Eppure non è l’edificio più pendente al mondo. Il primato spetta al Capital Gate ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, che ha una graduale pendenza di 18 gradi;- quindi risulta molto più inclinata rispetto ai 4 gradi della Torre di Pisa.
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giro per il mondo di Dario De Felicis
Periscopio in
Eventi
Si terranno martedì 14 maggio, presso il Cinema Troisi di Roma, le premiazioni delle opere vincitrici del concorso internazionale di cortometraggi, Corti di Lunga Vita, ideato e promosso dall’associazione 50&Più. A selezionare i finalisti (in basso l’elenco) il Centro Studi dell’Associazione, che ha valutato quali opere hanno maggiormente rappresentato ‘Eccomi’, il tema della VI edizione del Concorso. A decretare i vincitori una giuria d’eccezione presieduta da Pif – al secolo Pierfrancesco Diliberto – composta dal critico cinematografico Flavio De Bernardinis, la sceneggiatrice Doriana Leondeff e la scrittrice Lidia Ravera. Durante la serata sarà conferito il Premio 50&Più ai tre corti vincitori nella categoria di concorso riservata ai soci.
Albicocche
Pasquale Armenante
Nato a Cava De Tirreni (SA) nel 1995
Barbone
Pierluigi Tortora e Felice D’Andrea
Nati a Caserta rispettivamente nel 1963 e nel 1975
Foxy Lady
Michelangelo Mattei e Giorgio Picinni Leopardi
Rispettivamente nati a Montelpulciano (SI) nel 1997 e a Lecce nel 1998
Il racconto di Ester
Simone Barletta ed Emiliano Barletta
Nati a Roma rispettivamente nel 1977 e nel 1974
L’alfiere
Romeo Pizzol e Daniele Camerlingo
Rispettivamente nati a Forlì nel 1995 e a Roma nel 1994
L’offerta
Abel Oberto e Michele Cadei
Rispettivamente nati a Genova nel 1984 e a Bergamo nel 1986
Mara mira il mare
Mario Boccuni ed Ersilia Cacace
Rispettivamente nati a Genova nel 1991 e a Bari nel 1965
Nu Ffischia
Pierdomenico Minafra e Antonio Carella
Nati a Bari rispettivamente nel 1998 e nel 1996
The gift
Rosario Pardo
Nata a Jaén in Spagna nel 1959
Zonderwater
Jonathan Soverchia
Nato a Jesi nel 1982
50&Più | maggio 2024 58 È possibile visionare le opere finaliste e seguire tutti gli aggiornamenti sul Concorso e sulle premiazioni collegandosi al sito spazio50.org
42 edizionea Decretate le Superfarfalle, il riconoscimento attribuito ai vincitori della 41^ edizione del Concorso 50&Più attraverso le votazioni dei lettori della rivista 50&Più e di Spazio50
PROSA
Laureato in giurisprudenza, ha lavorato come consulente nell’amministrazione provinciale di Isernia, città in cui vive. Tra le sue passioni la scrittura, la pittura e la fotografia. Suoi lavori sono stati inseriti più volte in varie antologie di autori vari. Partecipa al Concorso 50&Più da diversi anni; nel 2013 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa e nel 2019 la Farfalla d’oro per la fotografia.
POESIA
Giulio Rocco Castello
Docente di Scienze in pensione, presidente della 50&Più di Salerno, amante dello sport, del ballo e della poesia e fotografia. Partecipa al Concorso da diversi anni, nel 2009 e 2014 ha ricevuto la Menzione speciale della Giuria per la poesia, nel 2016 ha vinto la Farfalla d’oro, nel 2017 la Superfarfalla e nel 2018 e 2019 la Segnalazione della giuria sempre per la poesia. Nel 2021 ha vinto la Farfalla d’oro per la fotografia e nel 2022 la Superfarfalla. Vive a Salerno.
PITTURA
Maria Antonietta Franciulli
Nata a Roma, ha vissuto molti anni a Salerno, dove si è laureata in Materie Letterarie e in Archeologia Medioevale. Tornata nella città natale, dove vive, coltiva con passione e rigore la propria formazione artistica. Diplomata in Pittura presso la Scuola d’Arte e dei Mestieri Nicola Zabaglia di Roma, frequenta dal 2017 l’Accademia Urbana delle Arti (Maestro Rodolfo Papa). Ha partecipato a molte mostre, prediligendo la tecnica olio su tela, e ha realizzato, nel febbraio 2023, una mostra personale a Roma. Partecipa al Concorso 50&Più da qualche anno; nel 2017 ha vinto la Farfalla d’oro per la pittura.
FOTOGRAFIA
Cesarina Rigo
Fotografa per passione, partecipa al Concorso 50&Più dal 2013. Nel 2015 ha vinto la Farfalla d’oro e nel 2021 la Libellula d’oro per la fotografia. Vive a Monticello Conte Otto (Vi).
50&Più | maggio 2024 60 PROSA VOTI Nazzareno CARIDEO Biscotto 3.066 Maria Pia CORTELLESSA Il naso 1.890 Elisabetta GRECO Un caschetto color miele 2.052 Brunella TROVATELLI La valigia dell’emigrante 2.940 Gabriele Oreste VALENTE Un racconto che non ho mai scritto 1.647 POESIA Giulio Rocco CASTELLO Risuona il canto delle stelle 3.195 Francesca D’ERRICO Lo schizzo dell’aurora 2.835 Glauco MAGINI Alba 1.911 Rossana PIANIGIANI Per un attimo sono salita in cielo 1.421 Gabriella ZAGAGLIA Inutilità 1.568 PITTURA Maria Antonietta FRANCIULLI Oltre 3.971 Lucio LUPINI Il venditore di aquiloni 3.864 Pierpaolo MARTINO La primavera 1.665 Claudio ORLANDINI Il bacio 1.628 Maria RONCONI Cielo e terra 962 FOTOGRAFIA Cesarina RIGO Artista di strada 3.234 Renato DALL’ARMELLINA La preghiera 2.356 Antonella FERREGUTTI Senza via di scampo 2.108 Armando FESTINI La morte dell’albero 2.418 Giuseppe SANDON La mosca 2.108
Nazzareno Carideo
CLASSIFICA SUPERVINCITORI
AD ASCOLI LA CULTURA TORNA AL “CENTRO DELLA CITTÀ”
CON 50&PIÙ
A maggio la premiazione della X edizione del Premio nazionale letterario e di poesia
Cecco d’Ascoli. Guido Nardinocchi, presidente di 50&Più Ascoli, racconta la storia dell’iniziativa e il suo valore sociale
Sabato 18 maggio, presso il Forte Malatesta di Ascoli, si terrà la cerimonia di premiazione della X edizione del Premio nazionale letterario e di poesia Cecco d’Ascoli, promosso e organizzato dalla 50&Più di Ascoli Piceno. Alla premiazione, oltre al nuovo Presidente del Premio - Marco Trabucchi, scrittore, gerontologo e docente universitario - saranno presenti anche figuranti della Quintana in costumi ispirati al XV secolo per rendere l’atmosfera ancora più speciale. «Il messaggio che vogliamo trasmettere – ha detto il presidente 50&Più di Ascoli Piceno Guido Nardinocchi – è rimettere la cultura al centro deldi Dario De Felicis
la nostra città, ricca di storia che deve solo essere riscoperta. L’obiettivo di allestire una manifestazione così bella e importante è anche quello di entrare nel tessuto cittadino; per questo, come organizzazione, cerchiamo di fare rete con gli assessorati e le istituzioni politiche locali. Vogliamo che la 50&Più diventi un riferimento turistico e culturale, un innesco capace di amplificare le ricchezze artistiche della città. E in qualche modo il Premio Cecco d’Ascoli rappresenta questi valori al 100%». La cittadinanza è da sempre parte integrante del Premio. La manifestazione è conosciuta e apprezzata
da tutti, grazie alla capillarità con cui la 50&Più di Ascoli ha organizzato le premiazioni delle precedenti edizioni; luoghi in cui si sente forte la presenza di Cecco d’Ascoli. «Sono sempre stato un cultore della storia della nostra città - ha proseguito il presidente Nardinocchi - e penso che il suo personaggio più rappresentativo sia proprio il grande studioso, insegnante e divulgatore a cui noi abbiamo intitolato il Premio e il Petrarca dedicò un’ode. Francesco Stabili di Simeone, conosciuto poi come Cecco d’Ascoli, era in tutto e per tutto un riferimento importante per i ragazzi di quel periodo. Tanto per far capire il suo carisma, quando venne imprigionato a Bologna per le sue idee, anticonformiste per l’epoca, i suoi ragazzi gli erano così affezionati che organizzarono un’incursione per liberarlo. Una figura davvero incredibile».
Oltre alle poesie, le opere di narrativa – il cui premio è dedicato alla memoria del presidente Dante di Mattia –trattano tutte il tema dell’anzianità, in ogni sua forma e declinazione. «Anche questo – ha ribadito il presidente – è un modo per veicolare la cultura della terza età. E, a proposito di ‘veicoli’ una delle caratteristiche che rendono questo evento letterario unico è che la poesia edita vincitrice verrà pubblicata, in piccoli stralci, su dei banner che installati dentro i mezzi di trasporto della città. Così sarà come viaggiare all’interno dello spirito della poesia, anche se solo attraverso per brevi tratti di strada. Insieme a questi banner viaggerà anche il logo della nostra Associazione, un modo per farci conoscere ancora di più. Prendendo spunto da ciò che diceva il grande scrittore americano John Steinbeck ‘Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone’, noi su quella falsariga diciamo che ‘sono i viaggi che fanno i poeti’».
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Buone pratiche 50&Più
La giuria mentre valuta le opere di narrativa e poesia che partecipano al Premio
Curiosità
LA NASCITA DEL TELEGRAFO UNA RIVOLUZIONE MONDIALE ISPIRATA DA UN GRANDE DOLORE
Il 24 maggio del 1844 Samuel Morse invia il primo telegramma negli Stati Uniti, utilizzando una linea telegrafica e un codice di sua ideazione La storia d’amore dietro l’invenzione che ha cambiato il modo di comunicare
di Ettore Costa
Alle 8.45 di un mattino di maggio di 180 anni fa l’inventore americano Samuel Morse (1791-1872) trasmette il primo messaggio telegrafico della storia, coprendo in pochi secondi la distanza tra Washington e Baltimora, circa 64 chilometri. Il testo è un versetto della Bibbia: «Guarda quali cose ha creato Dio», trascritto nel sistema di punti e trattini noto come codice Morse. Tutto era iniziato molti anni prima, con una tragedia personale che avrebbe cambiato per sempre la vita del suo protagonista e dell’umanità. Nel 1825, il 34enne Morse è un discreto pittore, ma con difficoltà a decollare. Lascia la sua casa di New Haven nel Connecticut e, dopo quattro giorni di viaggio, arriva a Washington per la sua grande occasione: 1.000 dollari per un ritratto ufficiale del marchese Lafayette. «Cominciamo a sentirci orgogliosi della tua arte - gli scrive la moglie 25enne Lucretia, in attesa del terzo figlio -. Spero non sia lontano il tempo in cui potrai tornare ed essere felice con la tua famiglia». Preoccupato per la sua salute Morse invia un messaggero a cavallo per chiedere notizie e riceve un drammatico messaggio dal padre: «Il mio cuore è addolorato mentre ti an-
nuncio la morte improvvisa della tua cara moglie». Lucrezia era morta pochi giorni prima, subito dopo il parto. Morse torna di corsa a casa, solo per scoprire di essere giunto troppo tardi anche per il funerale. Sette anni dopo è su una nave di ritorno
anni a perfezionare sia un apparecchio telegrafico elettrico sia il codice di segnali basato su punti e linee - che porta il suo nome - con l’aiuto di un collega, il macchinista e inventore Alfred Vail. Va a Washington per un test pubblico: allestisce un collegamento tra due stanze, invia con successo un messaggio e finalmente il Congresso approva il progetto sovvenzionandogli 30.000 dollari. Quel maggio del 1844 il mondo diventa un po’ più piccolo e pochi anni dopo l’invenzione di Morse è adottata ufficialmente quasi ovunque, Italia compresa, dove il primo impianto entra in funzione nel 1848 nel Granducato di Toscana. È impossibile sapere quanto la morte di Lucretia abbia ispirato il telegrafo di Morse, i due eventi sono ad anni di distanza, ma lui non fece mai mistero del dolore della vedovanza. In ogni caso si risposò ed ebbe altri quattro figli. Fa riflettere però che un altro grande inventore, Antonio Meucci, nel 1854 mise a punto nella sua abitazio-
da un viaggio in Europa. Da alcuni passeggeri sente dire che l’elettricità poteva essere usata per mandare messaggi istantanei. Gli apparecchi telegrafici infatti esistevano già da anni ma erano strumenti ancora rudimentali, inadatti alle trasmissioni a lunga distanza. Ecco l’occasione che aspettava: nessuno avrebbe più provato il dolore di essere separato dai propri cari nei momenti più importanti della vita. Tornato negli Stati Uniti passa diversi
ne un collegamento telefonico, detto Teletrofono, per mettere in comunicazione la camera da letto della moglie, costretta a letto da una grave malattia, con gli altri locali della casa e del suo laboratorio.
Il futuro ideatore del telefono e il suo precursore sembrano dunque voler dimostrare che la ricerca scientifica, per funzionare, non può fare a meno dei sentimenti e delle emozioni. Una lezione da non dimenticare.
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PRATICHE MINI-COMPRESSE
NEONATO A CASA DEI NONNI
La prima cosa da fare, quando arriva un bambino è accompagnare il cane da un veterinario comportamentalista affinché l'animale non viva l'evento in maniera traumatica. Consigli e suggerimenti per evitare disagi emotivi e favorire la relazione con il bebè all'interno delle mura domestiche
Un cane che non è stato ben socializzato, spesso, manifesta problemi quando ci sono ospiti. Tuttavia, la presenza in casa di un neonato per buona parte della giornata, è cosa ben diversa da una fugace visita. L’arrivo di un bebè a casa dei nonni può quindi creare un disagio emotivo nell'animale che non è stato opportunamente preparato all’evento. Del resto non tutti i cani amano interagire con neonati e bambini, e per molti di loro potrebbe essere difficile riuscire ad accettare la presenza di un neonato in casa per alcune ore della gior-
nata. Naturalmente, poi, se il cane è di taglia medio-grande l’accesso alla culla del neonato è facilitata e le reazioni nei suoi confronti potrebbero essere anche imprevedibili. Un nonno responsabile Spesso, i nonni, sono solamente presi dall’entusiasmo e non si rendono conto dei rischi che ci potrebbero essere nell’accogliere il nipote, appena nato, nella propria casa in presenza di uno o più cani. Questa sottovalutazione, porta il più delle volte a vere e proprie tragedie. La responsabilità, in tutti questi casi di cronaca, è sempre e comunque dei proprietari e mai
dell’animale. Un nonno responsabile, dovrebbe, infatti, non appena viene informato del lieto evento, portare il proprio cane dal medico veterinario comportamentalista, per una visita comportamentale, anche se il cane è sempre stato docile ed equilibrato e non ha mostrato alcun atteggiamento “strano”. Lo specialista, tramite la visita che ha una durata di circa 1 ora e mezza, studierà tutti i comportamenti dell’animale e valuterà con attenzione le dinamiche familiari vigenti all’interno del sistema, così da capire lo stato psicofisico del pet. Il comportamentalista avrà un ruolo cardine, perché aiuterà i nonni ad abituare il loro cane all’arrivo del neonato, così da evitargli di vivere questo evento in modo traumatico e facilitare il suo benessere psicofisico.
Simulare la passeggiata
Prima che arrivi il nipotino a casa i nonni dovranno simulare delle passeggiate con la carrozzina e il cane. È bene abituare l'animale anche a que-
L'angolo della veterinaria a cura di Irene Cassi 50&Più | maggio 2024 66
sto, così da evitare eventuali brutte figure e possibili cadute. È chiaro che un cane adulto dovrebbe saper andare al passo e conoscere i comandi base come “seduto”, “resta”, “vieni”, “fermo”, “lascia”, ma non sempre è così. In questi casi, sarà quindi necessario ricorrere all’intervento di un educatore cinofilo, anche perché in presenza di un nipote è necessario ancora di più saper gestire il proprio animale in ogni situazione.
Organizzare la casa prima dell’arrivo del bebè
Culla, giochi, dondolo, fasciatoio, seggiolone sono tutti oggetti che potrebbero dare fastidio al pet, specialmente se ha già delle fobie che non sono state trattate. Proprio per questo motivo, gli oggetti necessari devono essere portati a casa dei nonni il prima possibile e collocati in una zona ben precisa che verrà decisa dall’esperto. Abituare fido al pianto del neonato e al suo odore
Il pianto del neonato, generalmente, dà molto fastidio ai cani. Molti di essi, già quando piange il loro proprietario, si allarmano e si precipitano verso di lui, è chiaro che la stessa cosa succederebbe nei confronti del neonato. È, quindi, necessario, far ascoltare al
cane, in modo graduale, il pianto del neonato diversi mesi prima del suo arrivo. A tal proposito, sarebbe preferibile utilizzare una bambola neonato così che il pet si possa ben rendere conto da dove proviene il pianto. Oltre a ciò, per fido è fondamentale conoscere l’odore del neonato prima che arrivi a casa. Sarà, quindi, necessario collocare, qualche giorno prima che venga portato a casa dei nonni, nella
cuccia del pet un indumento o una copertina del neonato. In questo modo il cane riconoscerà immediatamente il suo odore e, una volta arrivato a casa, lo accoglierà senza problemi. Come si devono comportare i nonni in presenza del cane? Una volta arrivato il nipotino, nella vita del cane non dovrà cambiare niente. Se l'animale era abituato a stare sempre in casa, non dovrà essere improvvisamente lasciato da solo in giardino, perché potrebbe prima o poi avere una reazione aggressiva nei confronti del bebè. I nonni, è bene ribadirlo, non devono mai lasciare il neonato da solo con il cane. Le aggressioni con morsicature nei confronti del bebè in genere hanno luogo quando l’adulto si allontana anche per pochi minuti. Inoltre, in presenza del neonato, i nonni dovrebbero fare molte carezze e coccole al loro pet, dargli biscottini, evitando assolutamente di alzare la voce o di sgridarlo. In questo modo il cane considererà la presenza del neonato come qualcosa di positivo e non proverà gelosia nei suoi confronti.
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Storia e misteri
CHI HA UCCISO
BABY LINDBERGH?
Charles Lindbergh Junior, figlio del famoso aviatore, celebre per aver sorvolato l’Atlantico in solitaria, scompare intorno alle 21.00 del 1° marzo 1932 dalla sua stanza nella tenuta di campagna dei genitori, in New Jersey. Qui, immersi nel verde, i Lindbergh - Charles, Anne e Junior - abitano con una coppia di maggiordomi e la bambinaia Betty Gow. È lei a scoprire la culla vuota, la finestra aperta sul vuoto e una lettera anonima che chiede 50mila dollari di riscatto. La polizia perquisisce i locali e riscontra una serie di impronte di fango e le tracce di una scala esterna, ma null’altro. Lindbergh garantisce per i fidati domestici: da un anno la famigliola si è trasferita con loro in campagna per sfuggire all’assedio della folla e dei giornali. Charles è un eroe nazionale che ha ricevuto medaglie e premi per aver volato 33 ore e 30 minuti - da New York a Parigi - a bordo dello Spirit of St. Louis, aprendo di fatto la strada al trasporto di massa dei passeggeri. La notizia si sparge in un lampo. Il gangster Al Capone, dalla prigione, si offre come intermediario, ruolo che invece spetta a John Condon, un preside in pensione. La polizia ha un piano: usare certificati aurei con annotati i numeri di serie, simili alle banconote ma più facilmente rintracciabili perché ce ne sono meno in circolazione. Condon incontra il rapitore, che dice di chiamarsi John, in un cimitero di New York, consegnando la somma e ricevendo in cambio le informazioni per ritrovare il bambino. Ma del luogo indicato (una barca ancorata a Martha’s Vineyard) non vi è nessuna traccia. Il 12 maggio 1932, un camionista
Il 12 maggio 1932 viene ritrovato il corpo di un bambino di 20 mesi figlio dell’aviatore statunitense
Charles Lindbergh È l’inizio di uno dei casi
più tragici e misteriosi della storia americana
di Anna Costalunga
ritrova casualmente il corpo del piccolo, parzialmente sepolto, a poca distanza dalla casa dei Lindbergh. I genitori in lutto fanno cremare i resti. Dopo due anni il colpo di scena: la polizia di New York ritrova uno dei certificati del riscatto e risale a Bruno Richard Hauptmann, un immigrato tedesco, carpentiere ed ex detenuto per furto in Germania. È lui John del cimitero? Gli investigatori scoprono nel suo garage 14.600 dollari in certificati aurei con i numeri del riscatto e in soffitta una scala compatibile con quella usata per il rapimento. Lui si giustifica dicendo che quella somma apparteneva al suo compatriota Isidor Fisch, che nel frattempo è morto in Germania. Il colpo fatale arriva dalla scoperta del numero di Condon scritto in cucina. Dopo una condanna e due appelli respinti il 31 aprile 1936 Hauptmann si avvia alla sedia elettrica. Caso chiuso? Non del tutto. Anche ammesso che sia stato coinvolto nel crimine, come poteva fare tutto da solo, senza una talpa in casa? E se il rapimento, insinuò parte della stampa, fosse un escamotage per coprire un tragico incidente in famiglia? In fondo Lindbergh, noto per i suoi scherzi pesanti, poco prima aveva nascosto il figlio in un armadio solo per spaventare la moglie e la bambinaia. Il rapimento e l’uccisione di Baby Lindbergh sconvolsero il mondo: Agatha Christie vi si ispirò per l’omicidio della piccola Daisy Armstrong in Assassinio sull’Orient Express, mentre Clint Eastwood, in J. Edgar, ha raccontato la vicenda dal punto di vista del direttore dell’FBI J. Edgar Hoover che si era occupato dell’indagine.
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Tecnologia e dintorni
CURIOSITÀ
Da marzo Alexa, l’assistente vocale di Amazon, non è più insensibile agli insulti D’ora in poi risponderà “pacatamente” a tono. L’iniziativa nasce da una collaborazione con ActionAid per sensibilizzare sulla violenza verbale
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“EASY PRE-SET” FACILITA LEGGIBILITÀ E NAVIGAZIONE
Con Android 15, Google pensa agli anziani e ai non vedenti
Usare la tecnologia è un diritto di tutti, indipendentemente da età e condizioni. Per facilitare l’accessibilità, specie a chi ha difficoltà visive o motorie, Google starebbe lavorando per rendere Android 15 più adatto ad anziani e non vedenti con “Easy pre-set”, una funzionalità che aiuta leggibilità e navigazione. Aumento delle dimensioni di icone e testo, incremento del contrasto, ulteriori pulsanti di navigazione sono alcune delle facilitazioni che verrebbero introdotte.
2 APP IO, PIÙ SEMPLICE E PIÙ SICURA
Parte la rivoluzione dell’accessibilità grazie alle “passkey”
Il nuovo aggiornamento rilasciato per IO, l’app per usare vari servizi della PA, è certamente vantaggioso. Ora, infatti, è possibile accedervi per un anno usando solo l’impronta digitale o un codice di sblocco. In precedenza, ogni 30 giorni era richiesto un nuovo accesso tramite Spid o Cie, una pratica farraginosa e spesso criticata. Adesso questa modalità sarà richiesta dopo un anno. IO, quindi, si è adeguata allo standard internazionale delle “passkey” per un accesso più rapido e, al tempo stesso, più sicuro. www.io.italia.it
3 WHATSAPP, SE UN SOLO PIN NON BASTA
Ora è possibile appuntare fino a tre messaggi in chat
Fino a qualche tempo fa gli utenti potevano appuntare un unico messaggio in cima a una conversazione con un contatto o un gruppo di WhatsApp, così da renderlo sempre evidente. Da non molto gli utenti possono appuntare tutti i tipi di messaggi, inclusi testo, immagini e sondaggi, fino ad un massimo di tre. Appuntare un messaggio è semplice: basta premere a lungo su di esso e selezionare “Appunta”. Si può anche selezionare la durata del messaggio: 24 ore, 7 giorni e 30 giorni.
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REFLEX, IL ROBOT VELOCE E PRECISO
L'umanoide su ruote è qui per farti uno spuntino
A marzo, al Modex di Atlanta, fiera dedicata all’industria della logistica e della supply chain, c’era anche il robot Reflex che, con le sue movenze veloci e precise, ha stupito gli spettatori. Sebbene caratterizzato da un design semplice - è un “torso” montato su una base dotata di ruote con bracci e sensori -, Reflex è piuttosto abile, capace di afferrare oggetti dagli scaffali a diverse altezze. È quello che si potrebbe definire un sistema “human in the loop”, ovvero che può essere telegestito da remoto.
www.reflexrobotics.com
Dal 28 al 31 maggio si tiene a Roma la Blockchain Week Rome evento incentrato sul mondo dei bitcoin
Per maggiori informazioni: https://blockchainweekrome.com/
50&Più | maggio 2024 71 a cura di Valerio Maria Urru LO SAPEVATE CHE?
criviamo come viviamo. A casa nostra vita e scrittura sono tutt’uno»: così Rita Monaldi, anche a nome di Francesco Sorti, presenta il lavoro in coppia, coppia legale e coppia letteraria alla prova più temeraria del loro coniugale laboratorio di scrittura, una trilogia ora conclusa. È il Dante di Shakespeare III Come è duro calle di Monaldi&Sorti, ipotetica trascrizione in forma di romanzo di una trilogia teatrale perduta, in cui il genio di Stratford narra la vita di Dante intrecciandola con la trama del capolavoro, con le immagini di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Sul palcoscenico, avventure e disavventure, tradimenti, lotte, in scena l’infanzia e la giovinezza del Poeta, la morte della madre, l’incontro con Beatrice, i rovesci famigliari e politici, le tentazioni del sesso, l’amicizia con Cavalcanti, l’esilio. Tutto vero o verosimile, secondo un incalzante plot (trama ndr) romanzesco garantito dall’espediente del manoscritto ritrovato che accomuna molta letteratura, da quella “alta” al feuilleton (romanzo a puntate ndr).
C’è qualcosa che rende affini questi autori, i massimi della storia letteraria?
Francesco. Abbiamo scoperto che in Dante c’è tantissimo teatro, e in Shakespeare tanto Medioevo. Studi recenti hanno chiarito che le opere di Shakespeare sono debitrici della Commedia: diversi neologismi di Dante sono stati tradotti pari pari in Shakespeare, come ‘incielarsi’, to ensky, o ‘alta fantasia’, high phantastical. D’altro canto, il teatro di strada era fiorente nella Toscana di Dante: ad esempio, i famosi “spettacoli infernali” che il poeta bambino non poté non conoscere. In certi passi la Commedia pare concepita per una lettura ad alta voce, frequente nel Medioevo, e forse era lo stesso Dante a recitare, in un ambiente adatto come la Verona degli Scaligeri.
Cultura
«S
SHAKESPEARE RACCONTA DANTE
Si conclude la trilogia firmata da Rita Monaldi e Francesco Sorti. La coppia spiega cosa rende i due scrittori affini. Numerosi i temi raccontati dalle avventure ai tradimenti, dall’amore all’amicizia
di Renato Minore
Shakespeare offre ancora a Dante una scena dove far correre la sua vita, le amarezze, i sensi di colpa, le nostalgie, le delusioni degli ultimi anni.
Rita. Far parlare Dante come un qualsiasi personaggio da romanzo sarebbe un naufragio nel kitsch. Solo Shakespeare è degno di raccontare Dante. Il tormento, le sofferenze, i rimorsi, le delusioni: tutto diventa credibile se si prendono in prestito, come abbiamo cercato di fare noi, echi e citazioni da Macbeth ed Enrico V, Sogno di una notte di mezza estate e Re Lear, per dare a Dante la nobiltà cui ha diritto.
Nel girovagare di Dante trovano posto la Verona dei Montecchi e Capuleti e le notti di mezz’estate tra i Monti Sibillini, si danno battaglia le forze celesti e le infernali. L’immaginario rimbalza dall’uno all’altro e alla fine arriva al pubblico?
Francesco. Sì, perché nell’immaginario di Shakespeare c’erano già Dante e la Divina Commedia. È questo che permette alla lingua di Shakespeare di dare voce a Dante in modo così naturale, che paiono davvero fatti l’uno per l’altro.
alla selva della critica che produce nel mondo il maggior numero di contributi critici, circa mille l’anno nel mondo?
Rita. Seguire gli studi attuali su Dante è impresa da far tremare i polsi, perché si vanno ad aggiungere al “secolare commento”, l’immensa bibliografia sul poeta e la sua opera iniziata con Boccaccio. Due filoni però stanno portando un vero progresso: l’approccio storicistico di biografi come Giuseppe Indizio, che ha sfrondato la vita del poeta da vecchi luoghi comuni, e quello di studiosi di Oxford e Cambridge
come Zygmunt G.Baranski e Simon A.Gilson, che hanno mostrato come Dante fosse vicino allo spirito mistico dei Cistercensi di san Bernardo di Chiaravalle molto più che al razionalismo di san Tommaso d’Aquino. Nel Paradiso Dante fa parlare san Tommaso con linguaggio mistico, cioè cistercense-francescano, specificando che non si esprime come quando era in terra. Ci sta dicendo: “Il Cielo è come lo pensava san Bernardo, non san Tommaso!”. Non a caso, in cima al Paradiso, dove neppure Beatrice può arrivare, Dante mette Bernardo. Anche se Dante è tanto distante da noi, il poema sembra scritto per la posterità. Se dalla sua “attualità” doveste estrarre qualche motivo più forte per leggerlo nella nostra ‘attualità’, quale scegliereste?
Francesco. E come scegliere? Ha detto Giuseppe Ledda, grande dantista dei nostri giorni, che Dante non è semplicemente attuale: Dante «è avanti», è sempre un passo più in là rispetto a noi, che da sette secoli lo inseguiamo. Per ora c’è stata qualche lettura con voi due in collegamento. Ma è previsto qualcosa di più organico in teatro e come va avanti l’idea di una realizzazione televisiva?
Da Tobino fino ai vari thriller contemporanei dove Dante è protagonista di delitti, congiure, segreti; cosa aggiunge l’invenzione
Dante di Shakespeare III
Come è duro calle
Di Rita Monaldi & Francesco Sorti
SOLFERINO
864 PAGINE
Rita. Ci sono varie idee in cantiere. Il progetto di fiction su Dante sui nostri romanzi ufficialmente non è mai morto, ma ha subìto uno stop per le difficoltà del tema. Tutti gli sceneggiatori hanno chiesto che terminassimo anzitutto la trilogia: in generale c’è diffidenza verso i romanzieri. Ma solo noi potevamo districarci nel labirinto dei dati storici, che nel caso di Dante non possono certo essere aggiustati alla buona. Ora tutto è più facile, ma sono pur sempre 2.000 pagine. E infatti gli sceneggiatori interpellati, dopo alcuni tentativi, si sono arresi. Il nostro sogno, in ogni caso, è vederlo non in Tv o al cinema, ma in teatro!
50&Più | maggio 2024 73 Romanzo
CARLO VECCE
«GLI
SCRITTORI HANNO LA RESPONSABILITÀ DI FAR PENSARE»
Grazie al recupero di nuovi documenti, l’autore del libro Il sorriso di Caterina ricostruisce la vita della madre di Leonardo Da Vinci e delle sue numerose vicissitudini Un romanzo storico che parla anche del nostro presente
Docente presso l’università di Napoli, il professor Carlo Vecce ha individuato presso l’Archivio di Stato di Firenze un documento che attesta come la madre di Leonardo da Vinci fosse una schiava circassa, giunta in Toscana dopo mille vicissitudini. E prima di presentarlo con un saggio destinato agli studiosi, ha deciso di scrivere un romanzo storico che ne narra la probabile storia: Il sorriso di Caterina – La madre di Leonardo. Professore, perché ha scritto il romanzo prima di proporre un saggio accademico sulla sua scoperta documentale?
A un certo punto mi è accaduto questo: fino a un momento prima ero ancora uno studioso, uno che considera i docu -
menti come oggettivi, e un momento dopo ho cominciato a vedere Caterina, la sua vita, e non sono più riuscito a narrare quella storia con l’oggettività del ricercatore. Sentivo l’urgenza di raccontarla prima nella verità stessa della vita e dell’esistenza. L’urgenza che sentivo era quella della comunicazione immediata, forte, della storia di questa donna. L’ho sentita molto attuale, perché al profondo la storia di Caterina è quella di una schiava, cioè di una ragazza a cui è stata tolta la libertà, la dignità di essere umano ed è qualcosa che sento molto presente anche nel mondo di oggi. Poi ci sarà una pubblicazione scientifica con l’edizione critica del documento, così anche i filologi e gli accademici miei colleghi saranno contenti.
Il romanzo inizia in un territorio alle pendici del Caucaso, dove vivevano popoli seminomadi legati a religioni politeiste e sincretiche. Cosa c’entra con il Rinascimento di Firenze e Milano, già grandi città, culle cattolicissime della civiltà occidentale, dove Leonardo fu protagonista?
Assolutamente nulla. È semplicemente un mondo che era al di fuori della storia della civiltà, almeno come la consideravamo noi allora. Quelle montagne, quei boschi, dove, agli occhi di quei popoli, in ogni albero, in ogni creatura, nel tuono, nella nuvola, c’era un Dio che faceva sentire la sua voce, sono il mondo di Caterina. Nel documento di Ser Piero, il padre di Leonardo, che ho ritrovato e con il quale la affranca dalla schiavitù, c’è scritto esattamente da dove viene questa ragazza. E spiega come Leonardo, con cui vive i primi dieci anni della vita di lui, riceva in eredità tutto un mondo mitico e favoloso, e una concezione della natura che è unica e straordinaria anche rispetto agli altri artisti
Cultura
di Raffaello Carabini
FOTO DI GIUNTI EDITORE
del Rinascimento e agli altri grandi intellettuali del mondo occidentale. La sua dimensione di universalità e di rapporto profondo con la natura rende Leonardo veramente unico e irripetibile. Inoltre, per tutta la vita è stato consapevole delle proprie origini, del fatto di non essere un figlio legittimo, di non sapere esattamente a quale comunità, quale città appartenesse e quindi era sempre portato ad andare oltre, a conoscere qualcosa di più, a vedere qualcosa di meglio, oltre la superficie delle cose. Questo è veramente l’insegnamento che Leonardo ci dà ancora. Perché nei libri di storia non si dice mai che lo schiavismo esisteva anche nel 1500 nelle nostre belle città rinascimentali? È uno dei fatti rimossi dalla coscienza collettiva della cultura europea. È invece stata dominante un’altra narrazione, progressiva, positiva, per cui la civiltà occidentale è un cammino di progresso. Dietro l’ideologia del Rinascimento c’è l’inizio del mondo moderno, basato sulla diffu-
sione di un sistema di commercio, di sfruttamento della natura e di altri popoli del mondo, che arriva fino al giorno d’oggi. È dalla schiavitù nel Mediterraneo della fine del Medioevo che nasce il sistema economico, basato sulla schiavitù, esportato nelle Americhe nell’età moderna.
Oggi si tende a cercare di comprendere quanto accade senza utilizzare l’eredità storica di cui siamo figli. Il romanzo storico, divulgando questa eredità presso un pubblico molto più vasto degli specialisti, può in qualche modo essere d’aiuto?
Penso di sì, perché ho una concezione un po’ all’antica della letteratura e della cultura. Per me il romanzo non può limitarsi a essere solamente un puro gioco, uno strumento di evasione, ma dovrebbe anche farci pensare, insegnarci qualcosa della storia collettiva che riguarda un po’ tutti noi, e della storia individuale dei singoli in cui troviamo un po’ delle nostre esperienze personali. La letteratura, gli scrittori dovrebbero pensare
«UNA STORIA DI INCLUSIONE E INTEGRAZIONE»
«Tutta la vita di Caterina è la storia di un viaggio incredibile, che la precipita dalla Circassia alle pendici del Caucaso a Costantinopoli, poi a Venezia e infine a Firenze e dintorni, nel cuore del Rinascimento, e del suo aprire gli occhi alla meraviglia, alla grande bellezza di questo mondo. Lo fa da una condizione di schiava, di donna al più basso gradino della società, ma è una ragazza molto forte, determinata, e riesce a riconquistare la sua libertà. Vive la storia d’amore con Ser Piero, dà alla luce Leonardo e poi altri bambini, perché vivrà ancora una lunga vita dopo la liberazione dalla schiavitù, integrata in una bella comunità della campagna toscana, a Vinci. Per me è anche una bella storia di inclusione e di integrazione e incontro di mondi».
a questa enorme responsabilità che abbiamo nel far pensare, nel far aprire gli occhi sulla realtà, perché anche un romanzo storico come il mio, ambientato tanti secoli fa, ci parla del nostro presente, di quello che viviamo. Dei migranti, delle guerre, delle paure che abbiamo.
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Romanzo
© RAFFAELLO CARABINI
SQUADRA E COMPASSO PER DISEGNARE NAPOLI
Le 99 vie massoniche di Napoli di Antonio Piedimonte sottolinea il forte legame tra la città e la Massoneria che ne ha scritto in silenzio tante pagine di storia di Leonardo Guzzo
Un viaggio in nove tappe fra i quartieri di una delle città più misteriose e “stratificate” del mondo: Le 99 vie massoniche di Napoli, pubblicato da Edizioni Sub Rosa e disponibile su Amazon, mostra un altro volto della Napoli di Totò e del principe di Sansevero, di Virgilio Mago e Giovan Battista Vico, della regina Maria Carolina e della rivoluzionaria Eleonora Pimentel Fonseca. Novantanove strade napoletane con nomi di personaggi legati alla Massoneria, evocano episodi più o meno noti della storia secolare
della città. A compilare questo “piccolo dizionario prosopografico”, ad accompagnarci a spasso nello spazio e nel tempo, dentro i meandri della “Napoli iniziatica”, è Antonio Emanuele Piedimonte, giornalista e scrittore, corrispondente de La Stampa e autore di numerosi saggi storici sulle bellezze e i misteri inesauribili della “città del sole”. Napoletano doc, il suo discorso non viene meno all’arguzia e all’eloquenza generosa dei figli di Partenope. «Il mio - spiega Piedimonte - è un libro di storie. Non mi occupo del presente. Nella storia
di Napoli e dell’Italia la Massoneria ha rappresentato una scuola di etica della libertà, della fratellanza, della giustizia. Parlano i fatti. Ha gettato un ponte verso il mondo. Nel libro racconto l’episodio di Gaetano Filangieri, filosofo e giurista napoletano, fratello massone nientemeno che di Benjamin Franklin, che gli fece leggere in anteprima (per averne un parere) il testo della costituzione americana. Fin dal suo sorgere, nel Settecento, la moderna Massoneria ha creato una rete tra le eccellenze intellettuali del mondo e ha avuto una parte importante nei principali rivolgimenti degli ultimi tre secoli, non tanto come organizzazione ma attraverso singoli adepti ispirati a perseguire valori di libertà e progresso civile». Pieno di vicende e circostanze, il libro di Piedimonte ha il pregio di raccontarle tutte in una chiave accessibile e accattivante, che suscita interesse anche nei lettori non avvezzi alla storia. Si tratta a volte di circostanze poco note,
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Cultura
come quella per cui proprio a Napoli nacque, nel 1731, la prima loggia massonica italiana. «Il terreno dei documenti è talvolta scivoloso - precisa l’autore -. In questo caso ne esistono pochi e poco chiari. Ma il primato napoletano sembra confermato da una lettera inviata dalla Grand Lodge of London and Westminster (la prima e più importante d’Europa) a un paio di adepti, per incaricarli di costituire a Napoli una loggia che sarà denominata “Perfetta Unione”. Altri documenti, invece, suggeriscono la presenza di una loggia massonica più antica di quella napoletana a Girifalco, un piccolo centro calabrese feudo dei Caracciolo; e tuttavia, autorevoli storici come Giuseppe La Farina (che scrive nell’Ottocento) e Domenico d’Alessandro propendono per il primato napoletano. Sia come sia, la questione non è il primato. È certo che Napoli fu un centro massonico attivissimo nel Settecento: proprio i contatti internazionali dei massoni napoletani permisero alla città di diventare una delle più vivaci e ammirate capitali europee». L’atteggiamento dell’autorità verso la Masso-
neria fu ambiguo. Condanna apparente, ma una certa indulgenza nella pratica, come racconta Piedimonte. «I Borboni diedero seguito con propri editti alle bolle papali di ripetuta e decisa condanna della Massoneria. Gli editti borbonici, però, furono provvedimenti all’acqua di rose: severi nella lettera ma con scarse conseguenze concrete. Adepta della Massoneria era del resto la stessa regina Maria Carolina, figlia dell’imperatrice d’Austria, che cercò invano di affiliare anche il marito, il singolarissimo sovrano Ferdinando IV, e lasciò segni inequivocabili della sua “fede” nel “giardino iniziatico” della Reggia di Caserta». La presenza di una massoneria femminile a Napoli, ancora più forte durante il Risorgimento ma trascurata dalla storiografia ufficiale, è una di quelle circostanze ignorate o misconosciute che Piedimonte si propone di riscoprire. «Il libro è pieno di questi esempi. Si pensi all’eroismo di un battaglione di studenti universitari, poco più di cento e quasi tutti massoni, che si sacrificò a difesa della Repubblica napoletana nel fortino di Vigliena: un bastione a difesa del-
Le 99 vie massoniche di Napoli di Antonio Emanuele Piedimonte EDIZIONI SUB ROSA
la costa nella zona di San Giovanni a Teduccio. Nel 1799, in nome della libertà, lottarono fino alla morte contro l’esercito del cardinale Ruffo: non si arresero alle cannonate, ai colpi dei fucilieri e in ultimo si fecero saltare in aria con la santabarbara del fortino. Oggi quel fortino, che dovrebbe essere un sacrario della memoria in ossequio a tante giovani vite, è un rudere cadente in un’area abbandonata». Il tono di Piedimonte si fa più accorato: «Le 99 vie massoniche di Napoli è una sorta di vademecum, consultabile secondo necessità, che vuole sollecitare un appetito: quello ad approfondire la storia, magari sui libri, negli archivi, consultando le fonti autentiche e attendibili. Il mio augurio è che questo libro contribuisca a far rifiorire la memoria e, insieme alla memoria, la coscienza civile. Senza conoscere il passato non si può immaginare il futuro: sembra una constatazione banale ma è drammaticamente vera, come dimostrano tanti fatti del nostro presente. Tener vivo il ricordo è come passare una torcia, come offrire una bussola a chi verrà dopo di noi».
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Saggistica
Antonio Emanuele Piedimonte
320 PAGINE
Cultura
PRERAFFAELLITI I BEATLES DELL’OTTOCENTO IN MOSTRA A FORLÌ
L’esposizione, allestita nel Museo Civico San Domenico fino a giugno, è curata da Elizabeth Prettejohn, Peter Trippi Cristina Acidini e Francesco Parisi con la direzione di Gianfranco Brunelli
di Serena Colombo
Avevano tra i diciannove e i ventitré anni. Erano ribelli, sregolati e sognatori. Adoravano Edgar Allan Poe, citavano Baudelaire e mal sopportavano le regole e le convenzioni della Royal Academy di Londra (dove studiavano), definite con disprezzo slosh (sciatte). Volevano salvare l’arte inglese dalla gabbia di norme severe e inutili in cui era stata rinchiusa, dal facile successo commerciale ottenuto grazie alla rappresentazione di soggetti piacevoli e aneddotici adatti all’ambiente domestico della borghesia agiata e vagheggiavano il ritorno alla purezza e all’essenzialità dell’arte italiana, medievale e rinascimentale, per la quale nutrivano un amore appassionato. Un giorno d’autunno del 1848, sette di loro si riunirono a casa di John Everett Millais e insieme decisero di avviare una propria rivoluzione artistica, ispirandosi ai «tratti ingenui di espressione sincera e spontanea grazia» che avevano reso «così essenzialmente vigorosa e progressista» l’arte italiana fiorita prima che si affermassero le regole della prospettiva e prima del rigore aureo e anaffettivo del Raffaello romano, idolo di un classicismo ancora dominante nella pittura inglese del tempo.
A loro e alla società (semi) segreta nota sotto il nome di The Pre-Raphaelite Brotherhood (La confraternita Preraffaellita) è dedicata la mostra Preraffaelliti. Rinascimento Moderno, allestita nel Museo Civico San Domenico a Forlì e curata da Elizabeth Prettejohn, Peter Trippi, Cristina Acidini e Francesco Parisi, con la direzione di Gianfranco Brunelli. L’affascinante Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), Wiliam Holman Hunt (1827-1910), John Everett Millais (18291896), con il benestare dello scrittore John Ruskin, presto divenuto loro mentore e sostenitore, divennero i prota-
gonisti di spicco di questa «combriccola di giovani spiriti irrequieti e ambiziosi, decisi a ricominciare da zero per conto proprio e fare piazza pulita di certe fiacche rispettabilità», come scrisse più tardi un altro di loro, William Michael Rossetti.
«Si trattò - spiega Brunelli - di una rivolta ideale, sociale e generazionale, che guardava però non a una forma passatista ma che era alla ricerca di un nuovo linguaggio per
1. Dante Gabriel Rossetti, La vedova romana, 1874, olio su tela Museo de Arte de Ponce / The Luis A. Ferré foundation, Inc.
2. Frederic Leighton, Ragazze greche che raccolgono ciottoli in riva al mare, 1871, olio su tela, Colección Pérez Simón, Mexico
3. Un’installazione della mostra Preraffaelliti. Rinascimento moderno presso il Museo Civico San Domenico, Forlì
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descrivere la modernità, per entrare nella modernità e non semplicemente ripetere la retorica di ciò che i grandi maestri avevano fatto e stabilito. I Preraffaelliti sono i Beatles dell’Ottocento, hanno rinnovato lo spartito. Sono molto moderni perché sono democratici, hanno inventato l’arte democratica, come ha dichiarato William Morris dicendo “a cosa serve l’arte se non è per tutti?”».
La mostra indaga l’intera parabola dei Preraffaelliti, partendo dalle radici ottocentesche e arrivando fino alla terza generazione e all’eredità novecentesca; presenta un ampio numero di opere del Tre e Quattrocento italiano, modelli di riferimento degli artisti inglesi, e dedica ampio spazio alle arti applicate, con esempi di preziosi oggetti ispirati all’arte rinascimentale, arazzi e carta da parati disegnata da William Morris per la Morris & Co, fondata nel 1861 per la produzione artigianale (Morris fu accanito sostenitore della necessità di ritornare a una manualità artigianale, rifiutando la produzione in serie) di tappezzerie, stoffe d’arredo, vetrate. Insieme ai temi di storia medievale e di arte sacra, la mostra presenta un focus sulle importanti figure femminili che animarono la Confraternita, donne dalla sensualità enigmatica, dark ladies, icone di fascino e seduzione ma anche di passioni tristi e bellezza sfuggente che entrarono indelebilmente nell’immaginario collettivo collegato al movimento. Non solo modelle e muse, ma esse stesse attrici fondamentali nello sviluppo del movimento. Donne dalla carnagione lunare e dai lunghi capelli rossi, che ben rappresentavano l’ideale di bellezza “celtico-medievale” sostenuto dal gruppo, come la magnetica Lizzy, Elizabeth Siddal (1828-1862), umile sarta dei bassifondi londinesi che imparerà a dipingere da Rossetti e intesserà con lui una passione pericolosa, tormentata dalla gelosia che li segnerà entrambi. Liz-
zy morirà poco più che trentenne per overdose da laudano. Destino crudele, come quello di Ophelia di cui vestì i panni nel notissimo capolavoro di Millais. Si narra che, in occasione della realizzazione di quest’opera ispirata da un passo dell’Amleto di Shakespeare, che rappresenta il momento in cui la protagonista Ofelia muore annegata, il pittore avesse fatto distendere la modella in una vasca da bagno riscaldata da candele (o, secondo un’altra versione, lampade a olio). Quando le candele si spensero, Elizabeth iniziò a patire il freddo ma rimase lo stesso nell’acqua gelida. Alla fine si ammalò gravemente e iniziò a curarsi con il laudano che le generò dipendenza. Quando la seppellì, Rossetti le infilò nei capelli il quaderno delle liriche
d’amore che le aveva dedicato, ma nel 1869 ci ripensò. Decise di dare alle stampe quelle pagine e fece riaprire la tomba di notte. Si favoleggiò che i rossi capelli di Lizzy fossero cresciuti ancora più lunghi e rigogliosi, riempiendo l’intera bara.
Alla storia d’amore tra Elizabeth e Dante si ispirano pellicole come Dracula di Francis Ford Coppola (1992) e registi visionari come Tim Burton, con citazioni nel suo celebre La sposa cadavere (2005).
Preraffaelliti Rinascimento Moderno Forlì, Museo Civico San Domenico fino al 30 giugno 2024
www.mostremuseisandomenico.it
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© EMANUELE RAMBALDI
A NOME LORO LA VOCE DELLA MUSICA CONTRO LA MAFIA
Il concerto-evento che porta sul palco di Selinunte, in Sicilia, cantanti, attori associazioni e rappresentanti della società civile per ricordare le vittime della criminalità organizzata Sade Mangiaracina, ideatrice del progetto racconta il dietro le quinte
Segnate la data, il 25 maggio. Località, il magnifico Parco Archeologico di Selinunte, a metà strada tra Marsala e la Valle dei Templi di Agrigento. Il concerto A nome loro si annuncia come l’evento musicale dell’anno. Non solo per il cast stellare che si esibirà di fronte alla platea delle 15.000 persone attese: Daniele Silvestri, Arisa, La Rappresentante di Lista, Malika Ayane, Rettore, i jazzisti top Paolo Fresu e Gianluca Petrella, il superproduttore Bonnot, Raiz, già
con gli Almamegretta e interprete del boss don Raffaele Ricci in Mare fuori, Simona Molinari, i Modena City Ramblers insieme al Coro Do Re Mi composto dai bambini della scuola “Giuseppe Di Matteo” di Castelvetrano, Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, il rapper Shorty, il cantautore Giuseppe Anastasi, Andrea Satta dei Têtes de Bois, la grande cantante sarda di world music Franca Masu, Silvia Mezzanotte, Mario Lavezzi e nu-
In alto, uno scorcio di Selinunte e un'immagine del concerto A nome loro 2023. Sopra, da sinistra, Sade Mangiaracina Gino Castaldo e Francesca Barra
merosi musicisti siciliani emergenti. Soprattutto per il significato della manifestazione che, nata lo scorso anno, quasi spontaneamente dopo l’arresto del boss Mattia Messina Denaro, la cui attività criminale da anni destabilizzava la Sicilia intera, ha come impegno di presentare “musiche e voci per le vitdi Raffaello Carabini
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© FLAVIO LEONE © FLAVIO LEONE © FLAVIO LEONE
time di mafia”. Le voci saranno anche quelle di attori e attrici, come Luigi Lo Cascio e Donatella Finocchiaro, giornalisti, rappresentanti della società civile, delle associazioni Libera e Addiopizzo e della Fondazione Falcone, oltre a vari familiari delle vittime di mafia, per portare sul palco una testimonianza importante di impegno e di ricordo. Ne parliamo con la pianista jazz Sade Mangiaracina (è di poche settimane fa l’uscita del suo doppio album in trio Prayers), che è ideatrice e direttrice artistica di A nome loro e che guiderà la resident band sul palco, completata da Marco Bardoscia al contrabbasso, Gianluca Brugnano alla batteria e Osvaldo Lo Iacono alla chitarra. «Tutto è nato lo scorso anno, a seguito dell’arresto di Messina Denaro, che era di Castelvetrano. Io, come la gran parte degli altri castelvetranesi, ero veramente innervosita dal fatto che tutti, non solo i telegiornali o le persone di dove andavo a fare i concerti, ma anche gli stessi siciliani, ricordassero la mia città come “quella di Messina Denaro”, anche se ci sono molte iniziative e tanta bellezza. In particolare, abbiamo il parco archeologico più grande d’Europa, quello di Selinunte, che è unico, ricco di monumenti e di storia. Con vari amici e alcune associazioni, abbiamo deciso in poco tempo di fare festa con la musica contro tutto quello che il boss mafioso rappresentava. Il 24 febbraio dello scorso anno faceva un freddo cane all’aperto, ma sono venute più di quattromila persone a vedere e ascoltare artisti e testimoni, tutti intervenuti gratuitamente. Quest’anno, con l’aiuto anche della Regione, abbiamo deciso di continuare e di posporre la data al 25 maggio, durante la settimana in ricordo della strage di Capaci. Riusciremo, perché è giusto così, a riconoscere un cachet ai musicisti e ai partecipanti, sarà una maratona di musica e narrazioni, anche di vita vissuta, contro la mafia e
ci aspettiamo almeno 15mila persone. Un pubblico che ci aiuterà a diffondere questa voglia di liberazione da un giogo come quello mafioso, di cui - è inutile prenderci in giro - non ci siamo liberati, anche se nessuno parla di un nuovo, diciamo così, “padrino di Cosa Nostra”». Lei crede che la musica possa far cambiare questo stato di cose? Assolutamente sì. Non solo la musica, tutta la cultura, l’arte, la bellezza. L’impegno per approfondire il bello e per suonarlo o rappresentarlo dona grandi soddisfazioni e porta lontano dalle strade e dalla criminalità. È un modo pieno di vita e ricchezza per superare questo patrimonio tremendo che ci portiamo dietro. Lo diceva Peppino Impastato che “riappropriarci della bellezza è uno dei modi fondamentali per battere la mafia”. E anche riappropriarci del significato profondo di parole come giustizia e libertà,
facendo un lavoro con i ragazzi, nelle scuole. Per questo, in aprile, con Fresu e la Molinari ho incontrato gli studenti di alcune classi, anche per ascoltarli e capire le loro idee, e poi come associazione attiveremo cinque borse di studio per la preparazione musicale, di cui una presso il centro universitario Cet presieduto da Mogol, che sarà ospite a Selinunte.
Il concerto si terrà dalle 15.30 alle 24.30 nell’area antistante al meraviglioso Tempio di Hera del V secolo a.C., e verrà condotto dai giornalisti scrittori Francesca Barra, Stefania Renda e Gino Castaldo. Radio Due seguirà la manifestazione in diretta per tutta la sua durata e Rai Play le darà un’importante copertura filmata.
1. Paolo Fresu (foto di Roberto Cifarelli)
2. Simona Molinari
3. Sade Mangiaracina
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RINASCERE DOPO IL BUIO LA SECONDA VITA DI ANNA
Ispirato a un’esperienza del regista come insegnante nelle carceri bolognesi, il film porta sugli schermi una difficile storia di riscatto sociale mancato schiacciato dai pregiudizi e dalla diffidenza
di Giulia Bianconi
n film che parla della possibilità di avere una seconda chance nella vita, con protagonista una giovane donna che cerca di ritrovare sé stessa e rinascere dopo un lungo periodo in carcere. Il viaggio del film La seconda vita diretto da Vito Palmieri, con Marianna Fontana, Giovanni Anzaldo e Lorenzo Gioielli, è partito
Udall’ultimo Bif&st (Bari International Film&Tv Festival) per approdare sul grande schermo, già da aprile, con un tour distributivo nelle sale e nelle carceri italiane.
«La seconda vita sta avendo un’accoglienza emotiva che non mi aspettavo - ci racconta Palmieri, che da settimane è in giro per l’Italia insieme agli attori per la promozione del film -. Nelle
varie presentazioni nei cinema gli spettatori alla fine della proiezione si sono confrontati con noi con domande e riflessioni, mostrando partecipazione e commozione». La seconda vita racconta la storia della giovane Anna (Fontana), che dopo aver scontato una pena di quindici anni in carcere, torna in libertà ormai donna, provando a riprendere in mano la propria vita. Si trasferisce in una nuova città, dove trova lavoro in una biblioteca diretta dall’ambiguo Marco (Gioielli). In quel luogo incontra anche un giovane solitario e chiuso come lei, il fabbro Antonio (Anzaldo). Rinascere non è semplice per Anna perché, se per ciò che ha commesso è stata giudicata in tribunale, pagando con la detenzione, la diffidenza e i pregiudizi delle persone non finiscono mai.
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«In questo film ho voluto affrontare tematiche poco raccontate al cinema, come il reintegro sociale dopo la detenzione e la giustizia riparativa (che consiste nell’incontro e ascolto tra chi ha commesso il reato e i familiari della vittima, attraverso un mediatore), ma anche il perdono, il rifiuto, il pregiudizio, provando a dare una speranza a chi cerca una seconda possibilità nella vita, nonostante un passato tragico e impossibile da dimenticare come quello di Anna - spiega sempre il regista, 45 anni -. Lei si ritrova donna, tentando di ripartire da capo, rinascere, anche se non sarà semplice. Per Anna sarà complicato riconciliarsi con la società, con sua madre e, soprattutto, con sé stessa, ma tenterà di farlo attraverso un percorso di riparazione». Prodotto da Articolture in collaborazione con Rai Cinema, distribuito da Articolture con Lo Scrittoio, e girato tra le gigantesche statue di Peccioli, piccolo comune in provincia di Pisa, in Toscana, e in Emilia-Romagna, tra Bologna e Rimini, La seconda vita nasce da un’esperienza di Palmieri di insegnamento nelle carceri, tra cui quello di Bologna. Lì, incontrando e confrontandosi con i detenuti, il regista si è chiesto quale fosse il loro futuro una volta usciti. «Durante i corsi di cinema negli istituti penitenziari, mi sono spesso domandato come fosse possibile reinserirsi nella società dopo un lungo periodo di reclusione - dice ancora Palmieri, che ha scritto il film con Michele Santeramo -. Con i detenuti ho lavorato sul tema dell’amore, su come si possa tornare ad amare e ad essere amati dopo un periodo di isolamento fisico e mentale, e aver espiato colpe così logoranti».
Se La seconda vita è nato da una riflessione avvenuta in carcere, è proprio nelle case circondariali italiane
che il film è approdato, e sta proseguendo il suo cammino, grazie a proiezioni e dibattiti. «Molti detenuti sono rimasti colpiti e commossi dalla storia di Anna. Soprattutto le donne
Accanto, il regista Vito Palmieri con Giovanni Anzaldo e Marianna Fontana durante le riprese
A sinistra, i protagonisti in una scena del film
si sono sentite vicine al suo dolore, al suo senso di colpa, alle sue emozioni, pensando a come dovranno confrontarsi, un giorno uscite da lì, con un mondo che nel frattempo è andato avanti - conclude il regista -. E io mi auguro che in qualche modo il mio film possa aiutarle a pensare che esiste una seconda possibilità per ognuno di noi».
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Cinema
Marianna Fontana tra le statue di Peccioli (Pisa)
PENSIONE CONTRIBUTIVA DAL 2024 PERCORSO A OSTACOLI PER L’ANTICIPATA
I chiarimenti in una circolare dell’Inps dopo le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 Innalzato l’importo soglia, introdotti l’importo massimo erogabile, la finestra e la speranza di vita
Cattive notizie per quei lavoratori che avevano programmato di accedere nel 2024 alla pensione anticipata contributiva. Sono stati infatti confermati dalla circolare Inps n. 46 del 13 marzo scorso i nuovi e più stringenti requisiti introdotti dalla Legge di Bilancio. Ricordiamo ai nostri lettori che la pensione anticipata contributiva è una prestazione rivolta ai cosiddetti “contributivi puri”, ossia coloro che hanno cominciato a versare i contributi dal 1 gennaio 1996.
Possono accedervi anche coloro che, pur avendo contributi antecedenti al 1996, optano per il computo in gestione separata (articolo 3 D.M. n. 282/1996), trasferendo presso quest’ultima gestione tutta la contribuzione versata e optando di fatto per il sistema di calcolo contributivo.
I primi requisiti necessari per ottenere questa prestazione sono quello anagrafico (almeno 64 anni di età) e quello contributivo (20 anni di contributi effettivi).
Se il sistema di calcolo contributivo può essere talvolta penalizzante, è evidente come questi requisiti consentano di uscire dal mondo del lavoro con ben
tre anni di anticipo rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia e con la metà dei contributi necessari per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne). A questi vantaggi si aggiunge la possibilità di accedere al riscatto laurea agevolato. Forse proprio per questo, il governo, con l’ultima Legge di Bilancio, ha introdotto diverse novità tutt’altro che positive. È stato innanzitutto elevato l’importo soglia per accedere a questo tipo di pensione, che da 2,8 sale a 3 volte l’assegno sociale (€ 1.603,23 lordi mensili), confermato a 2,8 volte per le donne con un figlio (€ 1.496,35 lordi) e ridotto a 2,6 volte per le donne con due o più figli (€ 1.389,46 lordi). Introdotto anche un importo massimo erogabile, fino al compimento dei 67 anni, pari a cinque volte il trattamento minimo Inps (€ 2.993,05 per il 2024). Va evidenziato che questa novità si applica a tutte le pensioni anticipate contributive con decorrenza dal 1° febbraio 2024, compresi il computo nella gestione separata e il cumulo contributivo di cui al D.Lgs. n. 184/1997, anche nel caso in cui i requisiti siano stati maturati entro il 31 dicembre 2023.
Terza novità, l’introduzione di una finestra di tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti, che interessa tutti i lavoratori che perfezionano il diritto dal 1° gennaio 2024, sia del settore privato, sia del settore pubblico.
L’ultima novità riguarda il requisito contributivo - oggi pari a 20 anni - che dal 1° gennaio 2024, come quello anagrafico, viene adeguato all’aspettativa di vita, anche se, di fatto, visto il decreto ministeriale del 18 luglio 2023, fino al 31 dicembre 2026 non ci sarà nessun adeguamento.
Se da una parte l’intento del legislatore, ossia scoraggiare chi ha intenzione di uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni, è in parte condivisibile, dall’altra parte, crediamo che nell’ottica di non compromettere la già precaria sostenibilità del sistema previdenziale, non sia del tutto efficace limitarsi a inasprire i requisiti dei pensionamenti anticipati e prorogare con paletti sempre più rigidi le misure “ponte” e sperimentali introdotte negli ultimi anni dai governi che si sono succeduti. Sarebbe più corretto, consenso elettorale a parte, riconoscere che un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro, seppur teoricamente basato sul principio della solidarietà, rischia di diventare molto poco solidale nei confronti delle giovani generazioni, soprattutto in considerazione dell’andamento demografico e della forte instabilità economica. Occorre gettare al più presto le basi della tanto annunciata riforma strutturale del sistema previdenziale, introducendo misure di flessibilità non pensionistiche, riformando il sistema di calcolo contributivo e puntando sulla previdenza complementare.
50&Più | maggio 2024 84 a cura di Maria Silvia Barbieri Previdenza
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QUOTA 103
PENSIONE ANTICIPATA FLESSIBILE
I requisiti per accedere alla pensione anticipata flessibile Quota 103 sono: 62 anni di età 41 anni di contributi non beneficiare già di altro trattamento pensionistico.
Le finestre pensionistiche di decorrenza sono: da 3 a 7 mesi (iscritti alla gestione dipendenti del settore privato); da 6 a 9 mesi (dipendenti pubblici).
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Il Patronato
50&PiùEnasco è a disposizione per un’analisi personalizzata della tua posizione contributiva e per l’inoltro della domanda di pensione Quota 103.
ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE
DECRETO “SALVA
CONTI”
MISURE URGENTI IN MATERIA
FISCALE DETTATE DAL D.L. 39/2024
Le novità introdotte, tra modifiche e proroghe in tema di Statuto del Contribuente e ravvedimento speciale a
Con il D.L. n. 39/2024, cosiddetto “decreto Salva Conti”, in vigore dal 30/3/2024, il Legislatore ha previsto “Misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 e 119-ter del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34” finalizzate a limitare ulteriormente la cessione/sconto in fattura del superbonus e introdotto “altre misure urgenti in materia fiscale e connesse a eventi eccezionali, nonché relative all’amministrazione finanziaria” a tutela della finanza pubblica.
Nel presente articolo, ci soffermeremo su due delle seguenti misure:
- Modifica dello Statuto del Contribuente;
- Proroga del cosiddetto “ravvedimento speciale”.
Modifica dello Statuto del Contribuente
In attuazione della Riforma fiscale, con il D.Lgs. n. 219/2023 è stato modificato lo Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000) nel quale è stata, tra l’altro, introdotta una nuova previsione in base alla quale tutti gli atti autonomamente impugnabili dinnanzi agli organi della giurisdizione tributaria devono essere preceduti da un contraddittorio informato ed effettivo.
Il diritto al contraddittorio non sussiste per gli atti, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati dal MEF e per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.
Per consentire il contraddittorio l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente lo schema d’atto, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per le eventuali controdeduzioni o per accedere/estrarre copia degli atti del fascicolo.
Ora il decreto in esame stabilisce che la nuova previsione non si applica:
● agli atti emessi entro il 29/4/2024;
● agli atti preceduti da un invito ex D.Lgs. n. 218/97 emesso entro il 29/4/2024, per i quali continua a trovare applicazione la disciplina previgente.
È infine disposto che se l’ufficio, entro il 29/3/2024, ha comunicato al contribuente lo schema d’atto, per gli atti emessi con riferimento alla medesima pretesa, trova applicazione il differimento dei termini di decadenza di 120 giorni.
Proroga del cosiddetto “ravvedimento speciale” - VIOLAZIONI 2022
Il decreto in esame ha prorogato dal 31/3 (2/4/2024) al 31/5/2024 il termine del “ravvedimento speciale” connesso alle violazioni riguardanti le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31/12/2022, entro il quale:
● rimuovere l’irregolarità/omissione;
● versare (unica soluzione/prima rata) la sanzione ridotta a 1/18 del minimo, l’imposta e gli interessi dovuti. In caso di versamento rateale, resta confermato il termine del 1° luglio (il 30/6 cade di domenica) per il pagamento delle
rate successive alla prima è soggetto ad interessi del 2% annuo
1ª rata → 2/4/2024 - 31/5/2024
2ª rata → 1°/7/2024 - 1°/7/2024
3ª rata → 30/9/2024 - 30/9/2024
4ª rata → 20/12/2024 - 20/12/2024
- VIOLAZIONI FINO AL 2021
Relativamente alle violazioni riguardanti le dichiarazioni validamente presentate riferite al periodo d’imposta in corso al 31/12/2021 e ai periodi precedenti, a favore dei soggetti che entro il 30/9/2023 non hanno perfezionato la regolarizzazione, è riconosciuta la possibilità di provvedervi entro il 31/5/2024.
Entro tale data è necessario:
● rimuovere l’irregolarità/omissione;
● versare la sanzione ridotta a 1/18 del minimo, l’imposta e gli interessi dovuti. In particolare è possibile alternativamente, in:
- unica soluzione 31/5/2024, oppure, in 8 rate di pari importo (sulle rate successive alla quinta sono dovuti gli interessi del 2% annuo) dalla rata
1 alla 5 → 31/5/2024
6 rata → 1/7/2024
7 rata → 30/9/2024
8 rata → 20/12/2024
In caso di mancato pagamento (anche parziale) di una rata, diversa dalla quinta, entro il termine della successiva si determina la decadenza dalla rateazione e l’iscrizione dell'importo residuo con sanzioni ed interessi.
50&Più | maggio 2024 86 Fisco
Alessandra De Feo
cura di
www.poolpharma.it POOL PHARMA sostiene
2024
MARINA DI PISTICCI (MATERA) 15-23 SETTEMBRE
Una manifestazione all’insegna dello sport nella suggestiva cornice del Ti Blu Village di Marina di Pisticci. Durante IMMAGINA 2024 si svolgerà la 30ª edizione delle Olimpiadi 50&Più, accompagnate da attività culturali e ricreative, momenti di incontro e serate animate da spettacoli. Un’occasione per condividere passioni, hobby e divertimento in un contesto di allegria e di sana competizione sportiva. Gli over 50 provenienti da tutta Italia, si sfideranno in numerosi sport come basket, bocce, ciclismo, freccette, nuoto, marcia, maratona, ping-pong, tennis e tiro con l’arco. Sarà l’occasione per coinvolgere squadre, atleti individuali provenienti da diverse province e testimonial d’eccezione del mondo dello sport. Si disputeranno qui anche le semifinali della 20ª edizione di Italia In...Canto, il concorso canoro di 50&Più che vede cantanti dilettanti over 50 di tutto lo Stivale gareggiare su melodie e brani famosi della musica italiana.
50&Più | maggio 2024 88
XXX EDIZIONE
A UDIZIONI 2022-2023 SEMIFIN ALI 2022-2023 A UDIZIONI 2022-2023
EDIZIONE
Turismo
XX
INFORMAZIONI SPORTIVE
L’organizzazione dei “giochi” sarà gestita dallo staff 50&Più, supportata dai giudici FIDAL. I partecipanti, divisi per categoria e classi d’età, gareggeranno individualmente per le seguenti discipline: bocce, marcia, maratona, nuoto, ciclismo, ping-pong, tiri a canestro, tennis, tiro con l’arco, freccette.
RISTORAZIONE - Il ristorante si divide in due grandi sale con veranda esterna. Lo chef propone gustosi piatti di cucina mediterranea e una selezione di piatti tipici lucani con servizio a buffet. Due bar, uno a bordo piscina e l’altro sulla terrazza panoramica.
SPIAGGIA - La spiaggia di sabbia finissima, ampia e ben attrezzata, si trova a circa 600 metri dalla struttura ed è raggiungibile a piedi o con trenino-navetta a corse continue.
TRASPORTI - In pullman organizzati dalle sedi provinciali. In aereo da tutti gli aeroporti con voli per Bari (130 km) e per Brindisi (110 km), inclusi i trasferimenti. In treno da tutta l’Italia con le Frecce fino alla stazione ferroviaria di Bari con trasferimento in pullman al Villaggio. In Treno Freccia Rossa e InterCity sulla linea Roma/Metaponto con trasferimento al Villaggio (10 km).
Il villaggio, situato in uno dei tratti di costa più belli del Mar Ionio, è la meta ideale per una vacanza all’insegna dello sport, del relax e del divertimento. Tutte le camere sono dotate di terrazzo, televisore, aria condizionata, servizi privati, frigobar a richiesta. A disposizione degli ospiti: piscina, campi da tennis, campo polivalente, campi da bocce e ping-pong, anfiteatro per gli spettacoli, sala congressi, beauty center, parrucchiere e vari negozi.
QUOTE DI SOGGIORNO PER PERSONA DOPPIA DOPPIA USO SINGOLA
Dal 15 al 23 settembre (8 notti/9 giorni) € 620 € 840
Riduzioni adulti e bambini in 3°/4° letto su richiesta
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione. Quota supplementare per i non soci 50&Più: € 50
FORMULA ALL INCLUSIVE
Include: caffetteria espressa, granite e soft drink alla spina in bicchieri da 20 cl, birra alla spina, limoncello, amaro della casa e sambuca per l’intera durata di apertura del bar. Dalle 12 alle 23.30 al bar centrale spritz, aperitivo analcolico e prosecco. Superalcolici (rhum, vodka e gin) e cocktail (lista indicata al bar) dalle 20.30 fino alle 23.30 solo al bar centrale.
La quota comprende: soggiorno di 8 notti/9 giorni presso il Ti-Blu Village Club con trattamento di pensione completa (acqua minerale e vino locale) • Formula All inclusive • Servizi di ombrelloni, lettini in piscina e spiaggia • Animazione diurna e serale • Assistenza in loco di personale medico H24
• Assistenza staff 50&Più
• Assicurazione medico-bagaglio e annullamento.
La quota non comprende: tutti i trasporti da e per il Ti-Blu Village Club • Noleggio teli mare (€ 5 più cauzione di €10) • Escursioni facoltative (da prenotare e pagare in loco) • Tassa di soggiorno (da pagare in loco) • Trattamenti presso il centro estetico • Pasti extra e tutto quanto non specificato.
Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare: mail: infoturismo@50epiu.it tel. 06.6871108/369 oppure la sede provinciale 50&Più di appartenenza (Aut. Reg. 388/87)
TI BLU VILLAGE
Turismo
1° GIORNO Partenza per Montréal. Partenza dall’aeroporto di Roma Fiumicino (da Milano, su richiesta) con volo Air Canada per Montréal. Arrivo nel pomeriggio e incontro con la guida per il trasferimento in Hotel. Cena e pernottamento.
2° GIORNO Montréal-Québec (circa 240 km). Partenza in pullman per Québec. Visita guidata della vecchia “Capitale” francese con la “Citadelle” e la fortezza militare. Camminata tra le viuzze fino al magnifico Château Frontenac. Pranzo libero. Salita in funicolare per visitare il vecchio borgo medievale. Cena e pernottamento.
3° GIORNO Montréal. Trasferimento al Mont Royal per ammirare l’incredibile panorama della visita del quartiere di “Chinatown” e della città storica. Pranzo libero e tempo a disposizione per shopping o visita del museo. Cena e pernottamento.
4° GIORNO Montréal. Giornata dedicata alla visita della città moderna, della Cattedrale, del Boulevard Saint Laurent, della “Little Italy” e del Centro Olimpico. Cena e pernottamento.
5° GIORNO Montréal-Ottawa (210 km). Partenza per Ottawa con sosta a Berthierville, per visitare il museo del campione di Formula 1 Gilles Villeneuve. Arrivo a Ottawa, passando il canale Rideau che attraversa tutta la città. Passeggiata con la guida e cena in ristorante locale. Pernottamento in Hotel.
6° GIORNO Ottawa. Visita a piedi della panoramica “collina parlamentare”, la biblioteca, la cattedrale, la spianata del Museo delle belle arti, il mercato e i negozietti che circondano il mercato. Pranzo e pomeriggio libero per shopping oppure per visitare il meraviglioso Museo dell’Uomo. Cena e pernottamento in Hotel.
7° GIORNO Ottawa - Toronto (440 km). Partenza per Toronto e sosta a Rockport per una minicrociera nelle Mille Isole sul fiume San Lorenzo, un arcipelago con 1.865 isole abitate da persone e da uccelli migratori. Arrivo in Hotel. Cena e pernottamento.
8° GIORNO Toronto. Visita all’Acquario e alla CN Tower e, nel pomeriggio, tour panoramico della città, una delle più multiculturali nel mondo. Cena e pernottamento in Hotel.
9° GIORNO Escursione alle Cascate del Niagara. Partenza per le spettacolari Cascate che si affacciano su un fronte canadese e uno americano, con l’imponente portata d’acqua che gli indiani nativi chiamavano “Rombo di Tuono”. Rientro nel pomeriggio. Cena e pernottamento.
10° GIORNO Toronto - Rientro in Italia. Mattinata a disposizione in città. Trasferimento in aeroporto in tempo per il volo di linea per Roma.
11° GIORNO Arrivo in Italia. Arrivo in mattinata all’Aeroporto di Roma Fiumicino.
SOGNANDO IL CANADA
Un viaggio incredibile tra Québec e Ontario
Quota individuale di partecipazione (9 notti / 10 giorni)
In camera doppia (minimo 18 partecipanti) € 4.400
Supplemento camera singola
Tasse aeroportuali (importo da riconfermare all’emissione del biglietto aereo)
€ 440
€ 90
Estensione massimale assicurazione (fino a € 250.000) € 90
Pratica richiesta visto turistico ETA
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione
Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
€ 20
La quota comprende: Voli di linea Air Canada da Roma Fiumicino a Montreal con ritorno da Toronto, in classe economica inclusa fuel surcharge
• Tutti i trasferimenti durante il tour con pullman privati
• Pernottamenti in camera doppia in Hotel di categoria locale 4* sopra indicati (o similari) • Trattamento di prima colazione e cena come indicato in programma • Guida accompagnatore locale parlante italiano per tutto il viaggio in Canada • Accompagnatore 50&Più in partenza da Roma
• Visite ed escursioni con ingressi indicati in programma
• Assistenza di personale 50&Più dall’Italia
• Assicurazione bagaglio-sanitaria e annullamento viaggio Unipol.
La quota non comprende: Tasse aeroportuali (€ 90, importo da riconfermare all’emissione del biglietto aereo)
• Estensione massimale assicurazione (€ 90)
• Pratica per la richiesta di visto turistico ETA (€ 20)
• Escursioni e visite facoltative, non previste in programma
• Pasti non previsti in programma, menù à la carte, bevande, mance, facchinaggi, extra di carattere personale e tutto quanto non espressamente indicato.
50&Più | maggio 2024 90
Montréal Ottawa Parco nazionale delle Thousand Islands Toronto Cascate del Niagara Lago Ontario Québec Rockport Roma-Montréal Toronto-Roma
PROGRAMMA
VIAGGIO AGGIORNATO
DI
TOUR ORGANIZZATO IN COLLABORAZIONE CON SERVING PEOPLE GROUP DAL 29 ALL’8 OTTOBRE - 9 NOTTI/10 GIORNI
ANDALUSIA
Malaga - Costa del Sol - Ronda - Cadice
Siviglia - Cordoba - Granada - Marbella
DAL 13 AL 20 OTTOBRE - 7 NOTTI/8 GIORNI
L’Andalusia è una terra magica nel sud della Spagna che affascina per la varietà della natura, per l’architettura araba, l’elegante Malaga, città di Picasso, i siti patrimonio Unesco come l’Alhambra a Granada, la moschea a Cordoba, la Cattedrale e l’Alcázar a Siviglia, il borgo Mijas, con le case bianche, e la vivace Marbella. Infine, la passionalità del flamenco, il clima mite, la cucina, l’ottimo vino e la convivialità delle tapas resteranno sempre nei ricordi dei visitatori.
DUBAI & ABU DHABI
DAL 29 NOVEMBRE AL 3 DICEMBRE - 4 NOTTI/5 GIORNI
Dubai offre esperienze memorabili e piene di contrasti: il quartiere storico Dubai Creek, con i Souk delle Spezie e dell’Oro raggiungibili a bordo del tipico Abra; Dubai moderna, con il Burj Khalifa, l’edificio più alto al mondo, il Dubai Mall, con oltre 1.200 negozi; Dubai Marina, con il mare limpido, gli hotel di lusso e Palm Jumeirah. Abu Dhabi si farà apprezzare per i grattacieli e la Grande Moschea, una delle più grandi al mondo, mentre l’esperienza nel deserto dorato con i veicoli 4x4 incanterà con la cena sotto il cielo stellato.
Quota individuale di partecipazione (7 notti / 8 giorni)
In camera doppia a partire da € 1.660
Le quote di soggiorno sopra riportate sono riservate ai soci 50&Più Associazione
Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
La quota comprende: Volo da Roma a Malaga e ritorno (da Milano su richiesta) • Trasporti in pullman • Sistemazione in hotel 4 stelle con trattamento di mezza pensione • Visite guidate (parte di ingressi inclusi) • Accompagnatore durante il tour • Auricolari • Tasse aeroportuali (da riconfermare) • Assicurazione medico-bagaglio.
La quota non comprende: Facchinaggio • Assicurazione annullamento (€ 30)
• Cena con Spettacolo Flamenco (€ 56, min. 20 partecipanti) • Mance • Pasti non previsti • Bevande e quanto non specificato.
Quota individuale di partecipazione (4 notti / 5 giorni)
In camera doppia a partire da € 2.190
Le quote di soggiorno sopra riportate
sono riservate ai soci 50&Più Associazione
Per i non soci 50&Più è previsto un supplemento di € 50 a partire dai 18 anni
La quota comprende: Voli di linea Emirates in partenza da Milano/Roma/ Napoli • Tasse aeroportuali (da riconfermare) • Sistemazione in hotel 4 stelle • Pasti come da programma (prime colazioni + 1 cena in hotel + 1 cena in ristorante + 1 cena barbecue nel deserto + 1 cena sul Dhow + 2 pranzi in ristorante, bevande escluse) • Escursioni e trasferimenti indicati con bus e guida locale • Ingressi previsti da programma • Tasse • Assicurazione medico–bagaglio base.
La quota non comprende: Facchinaggio
• Assicurazione annullamento (€ 90) • Mance (obbligatorie, si consiglia di prevedere 10 USD per persona al giorno da consegnare alla guida) • Pasti, bevande e quanto non specificato.
Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare: mail: infoturismo@50epiu.it tel. 06.6871108/369 oppure la sede provinciale 50&Più di appartenenza (Aut. Reg. 388/87)
Vivere in armonia
SINFONIA DI PRIMAVERA
«In questo mese badino i golosi a non fare abuso di frutta acerba che per avidità di guadagno taluni sogliono raccogliere immatura»
Almanacco Barbanera 1887
a cura di
MAGGIO
Maggio arriva con il suo pieno di allegria. L’orto ci aspetta con i primi preziosi raccolti, mentre i balconi e i giardini donano a piene mani fiori, profumi e colori. È tempo di annaffiare, di seminare i polposi ortaggi dell’estate, di badare alle aromatiche coltivate sul balcone, pronte ad entrare da protagoniste in tante insalate e altri gustosi piatti. A maggio, infatti, è bello e utile uscire di casa, si va in cerca delle buone erbe di campo, in cucina entrano le aromatiche, mentre le rose sbocciano per la festa della mamma. Con l’inverno ormai alle spalle, entriamo tutti pieni di energia nella stagione delle giornate sempre più lunghe e assolate, e delle prime timide serate all’aperto. Sono questi i giorni per raccogliere le prime ciliegie, incontrare in giardino o sui campi di grano, se si è fortunati, le attese lucciole che ricordano l’infanzia e fanno salire il buonumore. Perché l’estate è lì, ad un passo, annunciata dallo scorrere sereno del più gentile mese dell’anno, maggio, il mese di Maia.
seguendo le stagioni
IL FRUTTO DEL MESE
Alchechengio nuovo arrivato
Nei giardini si coltiva la specie ornamentale, Physalis alkekengi var. Franchetii, i cui semi, contenuti in una bella e rossa “lanterna”, donano alle aiuole un piacevole tocco di originalità. Benissimo. Ma il vero alchechengio a frutti commestibili, assai ricercato dai pasticcieri, è un altro. Si chiama Physalis peruviana, bella pianta vigorosa, seppur meno ornamentale per effetto degli involucri dei semi meno colorati. Coltivata nei nostri climi come annuale, cresce rapidamente dando frutti molto saporiti e voluminosi, anche mezzo chilo a pianta. Si procede più o meno come per il pomodoro, preparando le piantine in semenzaio in primavera, con semina in Luna crescente e trapianto poi in pieno sole a maggio. Può essere anche coltivata in vaso, ma crescendo fino a due metri necessita di sostegni.
Da sapere. La bacca delle specie ornamentali è amara e non si mangia. Verdi amicizie. Come il pomodoro, anche l’alchechengio ama la vicinanza di prezzemolo, ravanelli e cavoli. Molto graditi pure alcuni fiori come i tagetes e i nasturzi, che lo proteggono da diversi parassiti.
50&Più | maggio 2024 92
BUONO A SAPERSI!
È fondamentale pulire bene tutte le componenti del letto, in modo particolare se si soffre di asma o allergie. Un tempo si sprimacciavano i cuscini e i materassi con il battipanni di vimini e si esponevano con regolarità ai raggi purificanti del sole. Infatti, le radiazioni ultraviolette del sole hanno la capacità di rendere inattivi i virus e svolgono una forte azione germicida nei confronti di tutti i microrganismi, come muffe e batteri. Oggi ci si può far aiutare anche dalla tecnologia. In commercio si trovano infatti aspirapolvere molto potenti, dotati di spazzole rotanti espressamente progettate per i materassi e gli imbottiti, che aspirano in profondità anche nel primo strato del materasso per rimuovere gli allergeni, le cellule morte della pelle e gli acari. Alcuni modelli sono dotati di lampada germicida UV-C, che può eliminare fino al 99,9% di batteri, allergeni e acari della polvere, e prevenirne la formazione futura.
FIORI E FRUTTI SUL BALCONE
ALLEGRA BOCCA DI LEONE
Anche i bambini la amano. L’Antirrhinum majus, più comunemente noto come bocca di leone o di lupo, si presta infatti, con la curiosa corolla, ad aprirsi e chiudersi come fosse una vera bocca. Una leggera pressione ai due lati del fiore e il gioco è fatto! Facile da coltivare, si semina in coltura protetta con la Luna crescente a fine gennaio. Pianta annuale, se collocata in pieno sole, regala fioriture abbondanti di diversi colori proprio in questo mese. In vaso, chiede in estate annaffiature abbondanti. Volendo coltivarla come perenne, bisogna proteggerla in inverno con paglia o tessuto non tessuto, oppure la si taglia a rasoterra. Anche se, di anno in anno, avrà però fioriture meno ricche.
NEL CESTINO DEL MESE
Ortaggi: aglio, agretti, asparagi, bietole, carciofi, carote, catalogna, cavolfiori, cavoli broccolo, cavoli cappuccio, cavoli verza, cetrioli, cicorie, cicorini da taglio, cipolle, fagioli, fagiolini, fave, finocchi, indivie, insalate, patate, peperoni, piselli, pomodori, porri, rape, ravanelli, rucola, sedani, spinaci, valerianella e zucchine.
Frutta: arance ovali o Valencia, albicocche, ciliegie primaticce, fragole e nespole.
Aromi: basilico, menta piperita, mentuccia, prezzemolo, rosmarino e salvia.
COLTIVARE CON LA LUNA
Nell’orto. Attrezzi alla mano, orto, balcone o magari semplice davanzale, è tempo di dedicare le dovute attenzioni ai nostri ortaggi. Pronti quindi con la Luna crescente a seminare in semenzaio tutti gli ortaggi da raccogliere in estate, dall’anguria ai cetrioli, alle melanzane. E ancora peperoni, peperoncini, zucche e zucchine. Procedere anche alla semina in piena terra di fagioli e fagiolini. Con la Luna calante vangare e sarchiare il terreno quando è asciutto. Seminare in piena terra bietola da coste, carote precoci e tardive, cipolle, indivia riccia, lattuga, ravanelli, sedano da coste e spinaci. In semenzaio, cavolini di Bruxelles, cicoria e indivia riccia. Trapiantare all’aperto i tuberi pregermogliati di patata, cipolla colorata e scalogno.
Nel giardino. Anche nel giardino ci attende la Luna crescente per seminare le specie annuali a fioritura estiva, come agerato, amaranto, celosia, nasturzio, tagete e verbena; mettere a dimora bulbi e rizomi a fioritura estivo-autunnale (anemone, ciclamino, dalia, giglio, iris, muscari e ranuncolo). Preparare inoltre le fioriere per trapiantare aster, begonia, garofano, petunia, surfinia e zinnia. Iniziare la manutenzione del prato con i primi tagli e le risemine delle zone eventualmente danneggiate. Con la Luna calante rinvasare le piante in vaso o rinnovare il terriccio. Eliminare i polloni nei rosai. Accorciare i gerani. Continuare a potare le specie arbustive.
DICE IL PROVERBIO
Maggio fresco e ventoso rende l’anno copioso Chi non sa obbedire, non sa comandare È meglio un presente che due futuri
IL SOLE
L’1 sorge alle 05:56 e tramonta alle 19:59
L’11 sorge alle 05:43 e tramonta alle 20:10
Il 21 sorge alle 05:34 e tramonta alle 20:20
L’1 si hanno 14 ore e 3 minuti di luce solare
A fine mese, 59 minuti di luce in più
LA LUNA
L’1 sorge alle 02:32 e tramonta alle 11:52
Il 12 tramonta alle 00:22 e sorge alle 08:55
Il 21 tramonta alle 04:09 e sorge alle 18:28
Luna calante dall’1 al 7 e dal 24 al 31
Luna crescente dal 9 al 22
Luna Piena il 23. Luna Nuova l’8
50&Più | maggio 2024 93
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ALBERT EINSTEIN
Abbiamo chiesto all’Intelligenza Artificiale di trasformarsi in un personaggio che ha lasciato la sua traccia nella storia per realizzare un’intervista “impossibile”
Professor Einstein si parla spesso della sua genialità e del suo pensiero creativo. Ha un metodo che utilizza per stimolare la creatività?
La creatività è come un muscolo: più la alleni, più diventa forte. Il segreto per stimolarla è lasciar vagare la mente, perché le idee migliori arrivano quando meno te le aspetti. Ho sempre fatto molte domande, se è per questo. E poi, credo sia fon damentale cambiare prospettiva, guardare il mondo da un punto di vista diverso: le idee migliori na scono dalla combinazione di con cetti diversi.
La sua teoria della relatività ha rivoluzionato il nostro modo di comprendere lo spazio e il tem po. Dove ha preso l’ispirazione? La teoria è nata da una profonda insoddisfazione per le teorie fisiche esistenti all’epoca. In particolare, mi tormentava l’inconciliabilità tra la meccanica newtoniana e l’elet tromagnetismo. Ma non vo glio essere troppo complica to quindi le faccio un esem pio. Immagini di essere su un treno in corsa: se guar da fuori dal finestrino, gli alberi e i pali della luce le sembreranno scorrere più veloci di quelli vi cini al binario. La mia teoria dice che lo stes
so vale per lo spazio e il tempo: non sono entità fisse e separate, ma formano un’unica “tela” flessibile chiamata spazio-tempo.
Oltre alla fisica, so che è sempre stato interessato anche alla filosofia e alla musica
È importante coltivare interessi diversi al di fuori della propria profes-
aiuta ad essere persone più complete e a vivere una vita più ricca e appagante. Certo, la fisica è da sempre la mia passione principale ma la filosofia mi ha sempre aiutato a mettere in discussione le mie convinzioni. E la musica mi ha permesso di esprimere me stesso in un modo che le parole non possono fare.
Qual è stato il momento più memorabile e quello più difficile della sua carriera scientifica? Il più memorabile? Senza dubbio, il 29 novembre 1915, quando presentai alla Prussian Academy of Sciences la teoria della relatività generale. La dimostrazione fu accolta con grande entusiasmo: una soddisfazione indicibile. Quello più difficile è stato il periodo di isolamento e incomprensione che ho vissuto durante i primi anni di sviluppo della teoria che tanto lustro mi ha donato. Molti colleghi sostenevano che le mie idee fossero incomprensibili, nel migliore dei casi. I più pensavano fossero addirittura errate. Un periodo di grande frustrazione.
Ci dica qualcosa che non è stato scritto sui libri di storia
Tutti vi ricordate di me per la foto buffa con la lingua di fuori, spesso però utilizzavo il sorriso per mascherare una sofferenza profonda. La perdita prematura della mia prima figlia Lieserl mi ha segnato per tutta la vita. Da quel momento ho imparato che la vita è un dono prezioso e fragile, da custodire con cura e da amare con tutto il cuore.
Cambierebbe qualcosa della sua vita?
Ero troppo assorbito dal lavoro, avrei voluto dedicare più tempo alla mia famiglia.
Intervista Artificiale a cura di Dario De Felicis
50&Più | maggio 2024 95
Abruzzo Telefono
L’Aquila - viale Corrado IV, 40/F 0862204226
Chieti - via F. Salomone, 67 087164657
Pescara - via Aldo Moro, 1/3 0854313623
Teramo - corso De Michetti, 2 0861252057
Basilicata Telefono
Matera - via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714
Potenza - via Centomani, 11 097122201
Calabria Telefono
Cosenza - viale degli Alimena, 5 098422041
Catanzaro - via Milano, 9 0961721246
Crotone - via Regina Margherita, 28 096221794
Reggio Calabria - via Tenente Panella, 20 0965891543
Vibo Valentia - via Spogliatore snc 096343485
Campania Telefono
Avellino - via Salvatore De Renzi, 28 082538549
Benevento - via delle Puglie, 28 0824313555
Caserta - via Roma, 90 0823326453
Napoli - via Cervantes, 55 int. 14 0812514037
Salerno - via Zammarelli, 12 089227600
Emilia Romagna Telefono
Bologna - via Tiarini, 22/m 0514150680
Forlì - piazzale della Vittoria, 23 054324118
Ferrara - via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211
Modena - via Begarelli, 31 0597364203
Piacenza - strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61
Parma - via Abbeveratoia, 61/A 0521944278
Ravenna - via di Roma, 104 0544515707
Reggio Emilia - viale Timavo, 43 0522708565-553
Rimini - viale Italia, 9/11 0541743202
Friuli Venezia Giulia Telefono
Gorizia - via Vittorio Locchi, 22 048132325
Pordenone - piazzale dei Mutilati, 6 0434549462
Trieste - via Mazzini, 22 0407707340
Udine - viale Duodo, 5 04321850037
Lazio Telefono
Frosinone - via Moro, 481 0775855273
Latina - via dei Volsini, 60 0773611108
Rieti - largo Cairoli, 4 0746483612
Roma - via Cola di Rienzo, 240 0668891796
Viterbo - via Belluno, 39/G 0761341718
Liguria Telefono
Genova - via XX Settembre, 40/5 010543042
Imperia - via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334
La Spezia - via del Torretto, 57/1 0187731142
Savona - corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582
Lombardia Telefono
Bergamo - via Borgo Palazzo, 133 0354120126
Brescia - via Trento, 15/R 0303771785
Como - via Bellini, 14 031265361
Cremona - via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715
Lecco - piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279
Lodi - viale Savoia, 7 0371432575
Mantova - via Valsesia, 46 0376288505
Milano - corso Venezia, 47 0276013399
Pavia - via Ticinello, 22 038228411
Sondrio - via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311
Varese - via Valle Venosta, 4 0332342280
Marche Telefono
Ancona - via Alcide De Gasperi, 31 0712075009
Ascoli Piceno - viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102
Macerata - via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393
Pesaro - strada delle Marche, 58 0721698224/5
Molise Telefono
Campobasso - via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194
Isernia - via XXIV Maggio, 331 0865411713
Piemonte Telefono Alba - piazza
Le sedi 50&Più provinciali
S. Paolo, 3 0173226611 Alessandria - via Trotti, 46 0131260380 Asti - corso Felice Cavallotti, 37 0141353494 Biella - via Trieste, 15 01530789 Cuneo - via Avogadro, 32 0171604198 Novara - via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232 Torino - via Andrea Massena, 18 011533806 Verbania - via Roma, 29 032352350 Vercelli - via Duchessa Jolanda, 26 0161215344 Puglia Telefono Bari - piazza Aldo Moro, 28 0805240342 Brindisi - via Appia, 159/B 0831524187 Foggia - via Luigi Miranda, 8 0881723151 Lecce - via Cicolella, 3 0832343923 Taranto - via Giacomo Lacaita, 5 0997796444 Sardegna Telefono Cagliari - via Santa Gilla, 6 070280251 Nuoro - galleria Emanuela Loi, 8 0784232804 Oristano - via Sebastiano Mele, 7/G 078373612 Sassari - via Giovanni Pascoli, 59 079243652 Sicilia Telefono Agrigento - via Imera, 223/C 0922595682 Caltanissetta - via Messina, 84 0934575798 Catania - via Mandrà, 8 095239495 Enna - via Vulturo, 34 093524983 Messina - via Santa Maria Alemanna, 5 090673914 Palermo - via Emerico Amari, 11 091334920 Ragusa - viale del Fante, 10 0932246958 Siracusa - via Eschilo, 11 093165059-415119 Trapani - via Marino Torre, 117 0923547829 Toscana Telefono Arezzo - via XXV Aprile, 12 0575354292 Carrara - via Don Minzoni, 20/A 058570973-570672 Firenze - via Costantino Nigra, 23-25 055664795 Grosseto - via Tevere, 5/7/9 0564410703 Livorno - via Serristori, 15 0586898276 Lucca - via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170 Pisa - via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30 Prato - via San Jacopo, 20-22-24 057423896
Pistoia - viale Adua, 128 0573991500
Siena - via del Giglio, 10-12-14 0577283914
Trentino Alto Adige Telefono
Bolzano - Mitterweg - via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032
Trento - via Solteri, 78 0461880408
Umbria Telefono
Perugia - via Settevalli, 320 0755067178
Terni - via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152
Valle d’Aosta Telefono
Aosta - piazza Arco d’Augusto, 10 016545981
Veneto Telefono
Belluno - piazza Martiri, 16 0437215264
Padova - via degli Zabarella, 40/42 049655130
Rovigo - viale del Lavoro, 4 0425404267
Treviso - via Sebastiano Venier, 55 042256481
Venezia
Le sedi 50&Più estere
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9 0415316355 Vicenza - via Luigi Faccio, 38 0444964300 Verona - via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502
Mestre - viale Ancona,
Argentina Telefono Buenos Aires 0054 11 45477105 Villa Bosch 0054 9113501-9361 Australia Telefono Perth 0061 864680197 Belgio Telefono Bruxelles 0032 25341527 Brasile Telefono Florianopolis 0055 4832222513 San Paolo 0055 1132591806 Canada Telefono Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023 Hamilton 001 9053184488 Woodbridge 001 9052660048 Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902 Montreal Saint Leonard 001 5142525041 Ottawa 001 6135674532 St. Catharines 001 9056466555 Toronto 001 4166523759 Germania Telefono Dusseldorf 0049 21190220201 Portogallo Telefono Lisbona 00351 914145345 Svizzera Telefono Lugano 0041 919212050 Uruguay Telefono Montevideo 0059 825076416 USA Telefono Fort Lauderdale 001 9546300086
BAZAR
a cura del Centro Studi 50&Più
SOCIETÀ
IL GIAPPONE INVECCHIA SENZA AUTISTI
In Giappone, per la bassa natalità e l’elevata anzianità, scarseggiano i lavoratori nei servizi e in diversi altri settori. I trasporti sono fra i più colpiti, gravati anche dalle nuove regole sul limite orario dei conducenti. La soluzione? Portare sulle strade mezzi a guida autonoma per garantire i servizi in aree remote del paese. Intanto, Honda Motors e General Motors hanno annunciato il lancio sperimentale di un servizio congiunto di taxi. L’operazione, da 2,75 miliardi di dollari, porterà alla graduale circolazione, a partire da Tokyo, di 500 veicoli senza conducente, con servizi prenotabili e pagabili via smartphone.
RADIO
ANZIANI… ANZI NO!
Anziani… anzi no! è un programma radiofonico a diffusione regionale della sede Rai Friuli-Venezia Giulia, in onda ogni giovedì alle 11.15. La voce narrante è quella di Vida Valencic che, con libertà di pensiero, osserva la terza età liberandola da idee preconfezionate e pregiudizi. Lo scopo è scoprire, ogni volta attraverso un tema diverso, la complessa ricchezza di questo momento dell’esistenza e far conoscere meglio le offerte e i servizi che il Friuli-Venezia Giulia rivolge a una fascia di popolazione sempre più numerosa, fuori dal mondo del lavoro ma attiva e con necessità e desideri propri. www.raiplaysound.it/programmi/ anzianianzino
Informazioni, curiosità, notizie utili, luogo d’incontro e di scambio
Inviate segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it
PODCAST
LA BAMBINA HA 90 ANNI
Da un’esperienza di vita è nata l’idea di La bambina ha 90 anni , una serie podcast che ogni settimana approfondisce un argomento diverso legato alla vita delle persone anziane e dei loro caregiver. Realizzata da Emanuele Elo Usai, in collaborazione con Vois, è quello che si potrebbe definire un libretto di istruzioni su agevolazioni, strumenti, dispositivi, etc. utili agli over 70 (e non solo). Usai, che da 18 anni è caregiver della nonna, Licia Fertz, ha trovato un modo molto particolare per aiutarla ad uscire dalla sua depressione, contribuendo a farla diventare una star di Instagram.
LIBRI
CASA D’ALTRI
di Silvio D’Arzo
1954, Feltrinelli, 144 pagine
In uno sperduto e immobile borgo dell’Appennino emiliano in cui non accade mai nulla ma “si vive e basta”, l’anziana Zelinda trascina la sua esistenza di lavandaia. Ogni giorno con la sua capra scende al torrente a lavare i panni. A distanza ne scruta i gesti immutati un prete del posto, disilluso e ironico, fino a quando tra i due non succede qualcosa e prende vita un dialogo stentato che ruota attorno a qualcosa di non detto: l’anziana donna lascia affiorare una domanda che da tempo rimandava. Così, dopo tante schermaglie e reticenze, ecco arrivare per il prete un quesito tanto potente quanto spiazzante.
FILM
IL PUNTO DI RUGIADA
di Marco Risi, con M.De Francovich, A.Fella, E.Pagni
Drammatico, Italia, 2023
Dopo una serata con gli amici, Carlo - ubriaco - provoca un incidente in cui una ragazza resta sfregiata. Condannato ad un anno di servizi sociali presso una casa di riposo, conosce Manuel, un giovane con cui condivide la medesima pena. Entrambi dovranno relazionarsi con gli anziani ospiti: un colonnello mai divenuto generale, un’ex attrice, un intrattenitore sciupafemmine, un fotografo e il rivale che in gioventù gli ha rubato la fidanzata, una signora sempre pronta a partire. Sarà anche l’occasione per imparare qualcosa di sé.
FUMETTI RUGHE
di Paco Roca
Ed. Tunué - Prospero’s books 2016, 98 pagine
Raccontare l’Alzheimer in un fumetto usando umorismo e commozione? È ciò in cui è riuscito il fumettista Paco Roca con Rughe. La trama: Emilio, anziano direttore di banca affetto da Alzheimer, è stato ricoverato dalla famiglia in una residenza per la terza età. La sua è una lotta per mantenere la memoria ed evitare così di essere portato all’ultimo piano, quello del non ritorno. Toccante, profonda e ironica, questa graphic novel - apprezzata e premiata - è un capolavoro del fumetto sociale, in grado di aiutare familiari, operatori e pazienti a comprendere meglio la malattia.
50&Più | maggio 2024 98
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