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Il Terzo Tempo Lidia Ravera

A VOLTE BASTA UN GRAZIE

di Lidia Ravera

TSe non ne volete parlare, se saltate questa pensosa pagina, perché è l’argomento su cui intendo intrattenervi. Ho ricevuto una lettera, che voglio riportarvi, come si dice “para para” (salto soltanto i complimenti per il mio ultimo romanzo, Avanti, parla, che fanno piacere ma risultano autopromozionali). Scrive B.S. dalla Sardegna. «…mio bambini. Io li amo moltissimo, sono i miei nipotini. Hanno 5 e 9 anni. Saltano, ridono, sono la gioia della mia vita. Vengono a trovarmi d’estate, non viviamo nella stessa città. Io vivo in un paese di mare, la casa è grande, in pochi minuti sei su una bella spiaggia attrezzata con la sabbia bianca. Quando chiudono le scuole, Carlo e Roberto (i nipotini) vengono portati da me, il sabato, parte e i nipotini restano da me. Io sono felice, per carità. Li adoro. Ma la mia vita cambia: tutto il giorno mi dedico a loro, li nutro li vesto li inseguo con la crema protettiva, risolvo i litigi, cerco gli amichetti, li consolo se hanno qualche dispiacere, quando sono in acqua non li perdo di vista un istante. Non mi siedo mai, sto sempre con un occhio al più grande e un occhio al più piccolo… metti e togli i bracciolini che lo tengono a galla, urla se il più grande si allontana troppo… Sto sempre in ansia. Quando lasciavo correre, non ero sempre lì a guardarlo, ma se sei la nonna e i responsabile e lo stress ti consuma. Ad agosto, con le ferie, sono arriva vita si è complicata ancora: metti a tavola 5 persone due volte al giorno tutti i giorni. Fai la spesa, cucina. E certo non smetti di fare la baby sitter, perché loro, papà e mamma, sono in ferie e si vogliono riposare, e vogliono uscire… Mi sono ritrovata, con l’autunno, dopo che tutti sono partiti, sola e stanca. I primi giorni ho provato un senso di liberazione, ho ritrovato i miei tempi, ho potuto vedere le mie amiche, leggere qualche libro. Poi ho sentito un gran vuoto, i bambini ti riempiono le giornate, ma anche la vita…».

La lettera di B.S. mi ha davvero colpita, anche io ho avuto un’estate molto “nonnesca”: un mese e mezzo la nipotina americana che ha 5 anni, e un paio di settimane la nipotina che vive a Roma, che ha pochi mesi. Traboccavo di gioia, di tenerezza, di ansia, di voglia di giocare, di fatica, di attenzione a qualcuno che non ero io, di creatività applicata a qualcosa che non erano i miei romanzi: i bambini ti tirano fuori dai tuoi percorsi abituali, ti spediscono in un’altra dimensione. Vederli sorridere felici è un premio che non ha paragoni. Inventare un nuovo gioco, battezzare una famiglia di conchiglie, osservare

incantati la coccinella che ti cammina sul polso, costruire rifugi di sabbia per gattini di gomma: sono attività benedette che aprono la mente e fanno battere il cuore al ritmo giusto. Troppa melassa? Forse, ma non lettera che ho ricevuto. «Quello che partiti tutti, è un grazie». incline alla riconoscenza. Le cose fra le generazioni stanno così: i genito quando sono piccoli e dipendono in tutto da te, è così quando sono grandi e li aiuti a crescere i loro piccoli. C’era una specie di proverbio, che mio padre ripeteva spesso: “Un pa

PARLIAMONE...

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non mantengono un padre”. Io pensavo che fosse una delle sue scemenze da retrogrado. Invece conteneva un fondo di verità. Del resto, quando gli scaricavo a casa il mio bambino per non rinunciare ad un viaggio, gli tiravo addosso un “grazie” formale, distratto. Anche io, in fondo, pensavo che tutto mi fosse dovuto. Anche

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