Anno XXVII numero 72
L’editoriale
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Decisionem magni momenti pro Sarpis vitae communicem di Benedetta Montanini 3A
Eccola, la solita citazione da studenti del classico che non riescono a tenersi lontano dal latino. Abbiate pietà, semplicemente è un omaggio al discorso di dimissioni del papa: avrei voluto affrontare la questione, ma poi mi è sembrato più opportuno lasciare l’incombenza ai vaticanisti, che ultimamente hanno cominciato a spuntare come funghi, e relazionarvi un incontro molto interessante a cui ho partecipato il 4 febbraio. Siate indulgenti anche verso l’autoreferenzialità dei primi due articoli del giornale. Il primo è una lettera aperta alla Redazione da parte della Presidente dell’Associazione Genitori, Anna Pellizzari: è stato scritto tempo fa come intervento nel dibattito sul tipo di stampa di Cassandra e contiene alcuni apprezzabilissimi elogi al nostro lavoro. Il secondo è il resoconto di una delle serate (la prima tenuta a dicembre, la seconda a gennaio) in cui l’attuale Redazione ha incontrato ex membri di Cassandra: sono state due belle occasioni per conoscere ex sarpini di tutte le età, aneddoti sulla vita scolastica degli anni scorsi e episodi sull’esperienza di Cassandra. Infine, anche se siamo in tempi di “par condicio”, ci siamo affidati al vostro buon senso nell’evitare di censurare una vignetta del nostro artista Lio’s. Ad ogni modo la “decisionem” di grande importanza “pro Sarpis vitae” a cui alludo nel titolo è la questione della stampa di Cassandra. In realtà il risultato della votazione è evidente e limpido sotto i vostri occhi, ma ad onor del vero c’è da specificare che la stampa interna gode della maggioranza non solo all’interno della Redazione, ma anche tra i votanti del sondaggio (come annunciato, in realtà, via Facebook già ai tempi del sondaggio); chi vuole capire meglio i motivi della scelta può rileggere l’editoriale di Glauco Barboglio del mese di dicembre. Tutto qua. O meglio, personalmente ho molto da dire sulla vicenda sulla questione della stampa, e più in generale su un’esperienza, quella della direzione di Cassandra, che percepisco, con un po’ di anticipo rispetto ai ‘tempi tecnici’, come pressoché conclusa. Ma siccome i miei bilanci di vita, le mie impressioni e i miei pensieri non hanno nessun motivo di risultarvi interessanti, e questo non è certo il luogo per esprimerli, ribadisco il “tutto qua” di qualche riga sopra e mi limito a dichiararmi pronta a specificare il senso delle mie parole a chiunque voglia conoscerlo. Veniamo agli argomenti importanti. Il 4 febbraio la Biblioteca Comunale di Palazzolo sull’Oglio ha avuto un’ospite di eccezione, Lorella Zanardo, autrice del libro, nonché film-documentario pubblicato su Youtube, “Il corpo delle donne”; il cortometraggio e il libro denunciano lo sfruttamento del corpo femminile da parte dei media italiani e la necessità di creare una generazione di ‘spettatori consapevoli’ dei programmi televisivi delle emittenti pubbliche e private. L’iniziale attività di denuncia si è rapidamente evoluta in un’attività di formazione degli studenti di scuola superiore italiani: dal 2009 ad oggi Lorella Zanardo si è spostata freneticamente per tutto lo stivale, visitando un istituto ogni mattina, partecipando a incontri e conferenze quasi tutte le sere, ripetendo instancabilmente le stesse parole. La sua incredibile tenacia deriva dalla fiducia sincera nelle ragazze e nei ragazzi che conosce quotidianamente, e che la fanno sperare nella possibilità che noi saremo in grado di cambiare le cose ‘senza chiedere il permesso’, come sostiene nel suo ultimo libro (“Senza chiedere il permesso”, appunto), anch’esso, come “Il corpo delle donne”, abbinato a un documentario di cui vi consiglio la visione. [http://www.youtube.com/watch?v=qHLHlcMOrGE] Lorella Zanardo conduce la serata in modo stimolante; inizialmente seduta per essere intervistata, si alza per riuscire a vedere tutto il pubblico, lasciando inattiva l’intervistatrice; tratta le problematiche liberandosi di ogni ideologia (quando riporta dati o statistiche, sottolinea che gli studi no sono stati fatti dal ‘Comitato Internazionale delle Suffragette’); lontana da ogni forma di femminismo stantio e da ogni eventualità di politicizzazione tutta italiana del problema del maltrattamento del corpo femminile, e del conseguente svilimento della donna, da parte dei media, convince trasversalmente tutto l’uditorio dell’urgenza della questione; suggerisce modi concreti per reagire alla situazione. Della serata mi restano la gratitudine e la speranza di poter invitare una donna così singolare al Sarpi.
L’editoriale
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Sommario
SARPI -
Lettera alla redazione: Intervento sul dibattito stampa Speciale reimpatriata: io e cassandra Se studiassimo davvero quanto ci è richiesto Aggiornamenti dalla Scuola in Ospedale [Rubrica] Exchange Program [Fuso Orario] - La consulta [Politeia] Lingue [Ritorno al futuro]
ATTUALITA’
- Scuola e cittadinanza la lezione della costituzione - Autobus - Incontro nigeriano: l’alternativa all’odio
CULTURA
- The readers, anche oggi? - Lo Hobbit, un viaggio inaspettato - Telefilm: Sherlock e Doctor Who - Un film specchio della società - 007 Skyfall
NARRATIVA
- Lagathien, parte 2 - saga Sarpina di Amabile B. - Terza Puntata - Nuvole - L’ultimo viaggio di un sognatore illuso - Lago del destino - Sarpina Commedia
SPORT TERZA PAGINA
- homo sarpinus ≠ homo sportivus - resoconto approssimativo di un saltuario ferrarista della domenica
- Acronimi - De Merdae - Ipse dixit
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Lettera alla Redazione
Intervento sul dibattito stampa
di Anna Pellizzari, presidente dell’Associazione Genitori
Gentile redazione di Cassandra; Volevo intervenire a proposito del dibattito sul formato di Cassandra, che avete lanciato nell’ultimo numero, visto che, come Associazione, siamo stati chiamati in causa dai due articoli. Premetto che, indipendentemente dalle diverse opinioni, trovo che stiate facendo un lavoro fantastico: in sito è bellissimo, la rivista pure, l’impaginazione (e lo dico da professionista, non da mamma lettrice) super-raffinata; il giornalino è bello anche nella versione fotocopiata, figuriamoci in quella stampata. I contenuti sono sempre all’altezza: le riflessioni che vengono proposte sono intelligenti e scritte bene -anche se talvolta un po’ prolisse... :-) In particolare ho apprezzato il modo in cui avete affrontato il tema stampa-sì/stampa-no. Lanciare un dibattito pubblico e una consultazione aperta, per quanto con decisione ultima a insindacabile giudizio della redazione, mi pare un esercizio di buone prassi che dimostra come nella nostra scuola gli studenti sappiano maneggiare gli strumenti base della democrazia meglio di tanti adulti con ruoli anche più impegnativi. Ma veniamo dunque al tema del dibattito. Non entro nel merito specifico delle due posizioni espresse, entrambe a modo loro condivisibili, ed aventi entrambe limiti o rischi; ci tengo solo a precisare alcune cose: - l’Associazione Genitori è intervenuta solo per il primo numero e solo per sopperire ad una esigenza temporanea di rapida
soluzione del problema stampa (e anche perché, diciamolo, eravamo curiosi di vedere cosa sarebbe venuto fuori). Da noi avrete sempre un supporto logistico, mentre quello economico è stato un caso eccezionale. - non c’è relazione tra il fatto che la stampa sia pagata da altri e il fatto che il giornalino sia o meno del Sarpi. Ciò che rende una pubblicazione un “Giornalino di istituto” è la sua dipendenza dal CdI; nulla vieta che entità terze, evidentemente legate alla scuola, come l’AG o la costituenda AS, possano finanziarne la stampa in parte o in tutto, attraverso donazioni o altre modalità che si possono concordare con la DSGA (l’AG finanzia anche l’Agòn, e raccoglie anche sponsorizzazioni che poi gira alla scuola: questo non fa dell’Agòn un evento “privatizzato”). Insomma, aprire a sponsorizzazioni, o far pagare la rivista (anche con un prezzo simbolico, ma utile a sottolineare il valore del prodotto e ad evitare la pratica del guardo-e-butto), sono soluzioni che in nessun modo comprometterebbero l’autonomia dei contenuti, né renderebbero Cassandra meno Sarpino. Vi invito quindi a spostare il punto di vista un po’ più in alto e a staccarvi dalle questioni di tipo pratico (i tempi, i costi, eccetera), che sono importanti ma tutte, e sottolineo tutte, risolvibili anche nell’opzione stampa offset (non mi dilungo qui nei dettagli, ma 1. Il primo numero è stato oggettivamente pagato troppo, ci sono soluzioni tipografiche molto più economiche; 2.
le previsioni sui tempi di realizzazione indicate nell’articolo di Glauco sono parecchio pessimiste.). Trovo in realtà che uno dei punti più interessanti del confronto tra i due supporti sia l’effetto-fanzine della versione tradizionale vs l’effetto-rivista dell’eco-stampa offset, che costa indubitabilmente di più, ma traghetta Cassandra dal mondo dell’effimero e dell’usa-e-getta a quello dei prodotti editoriali duraturi (quindi con più alta lettura; a casa mia Cassandra staziona di fronte al water -che è il luogo d’elezione per le letture più profonde- assieme a Time e a Topolino; e non abbiamo avuto difficoltà a venderlo all’Open day perché era BELLISSIMO). Sulla fanzine fotocopiata non ho molto da osservare, perché è come è sempre stata. Ne comprendo l’indiscutibile fascino vintage-ciclostile, anche se vorrei sottolineare come la fotocopia parli il linguaggio della temporaneità e inviti al consumo immediato del boccone considerato più interessante (Ipse Dixit, sempre lui) e al successivo immediato lancio nel cestino. Quindi, se questa dev’essere la scelta, ALMENO usate carta riciclata. E soprattutto, fatene qualcuna in più anche per noi: vi leggiamo sempre volentieri! Ciao, Anna
Sarpi
SPECIALE REIMPATRIATA:
Io e cassandra: 8 anni dopo di Attilio Burti
Benedetta ha proposto a me e a tanti ex-sarpini di passare un sabato sera diverso dal solito: una cena per sabato 19 gennaio scorso al Circolino. Al Circolino era da una vita che non ci andavo. Quando poi ero adolescente il Circolino era un posto del tutto diverso da come si presenta ora: più piccolo (senza l’ala nuova), meno elegante, con un arredo che assomigliava a quello di un bar di paese frequentato da pensionati o di una vecchia trattoria persa tra le nebbie della bassa. Allora il locale puntava su prezzi popolari senza troppe pretese sulla qualità del mangiare e sulla cordialità dei camerieri. Ho accolto l’invito di Benedetta perché a quella cena avrebbero partecipato i componenti dell’attuale redazione di Cassandra, insieme ad alcuni ex redattori. È stata, quindi, l’occasione per rivedere alcune facce note (alcuni dei quali anche vecchi amici) e conoscere i ragazzi che oggi scrivono su Cassandra; e così, tra un casoncello ed un bicchiere di rosso, ho fatto un tuffo nei ricordi del passato, negli anni del liceo e in quelle ore del sabato in cui
ci trovavamo, finite le lezioni, sul lungo tavolo nero dell’aula magna (od in terrazza se faceva caldo) e ‘giocavamo’ a fare i giornalisti, pregustando la libertà del fine settimana. Cassandra per me è stata sempre un cosa seria in un’età – quella degli anni del liceo – in cui si rischia di prendere tutto troppo sul serio. Scrivere sul giornale, partecipare alle riunioni della redazione, pinzare il giornale, scegliere l’ordine degli articoli, l’immagine della copertina, i saluti e ringraziamenti finali ad Anna e Carla che avevano fotocopiato il giornale era un impegno importante. Attraverso quei momenti percepivo la scuola come un luogo, ma soprattutto una comunità di persone un po’ mia, di cui prendersi cura attraverso la preparazione di un giornale che potesse rappresentare un megafono delle idee, delle sensibilità e delle proposte degli studenti. Cassandra era una piccola agorà in cui noi ragazzi potevamo appassionarci e prendere posizione sui fatti che riguardavano il Sarpi ed il mondo, penetrando la realtà che ci circondava con il nostro sguardo.
5 Ma era anche l’occasione per appropriarsi fisicamente degli spazi della scuola: dell’aula magna durante le riunioni, delle sale vuote durante le interminabili ore di pinzatura del giornale, di quelle ore di lezione in cui avevamo il permesso di uscire per andare a distribuire il giornalino. La mia vita al Sarpi così non era circoscritta alle sole ore di letteratura, a quelle di matematica e di fisica (in cui lo sguardo immancabilmente si rivolgeva alla compagna di classe carina) ed a quelle di storia e filosofia dove montava l’indignazione per le idee del docente e/o partivano le partite a scopa durante le interrogazioni. Con Cassandra la scuola assumeva la fisionomia di una seconda casa che poteva essere abitata e vissuta: uno spazio in cui giocare la propria libertà insieme agli altri. Adesso che ho 26 anni e non faccio il giornalista, di Cassandra mi rimane tutto questo: le amicizie iniziate in quegli anni, le battaglie fatte dentro la redazione e fuori, il ricordo di qualche articolo scritto (ricordo quelli belli, gli altri sono finiti nel dimenticatoio) e di una bella pagina di vita che ho avuto il privilegio di vivere intensamente. Ecco, non so se sono stato nei limiti della consegna che Benedetta mi ha dato e, quindi, un buon redattore. Confido nell’indulgenza della direttrice. Quando lo facevo io chiudevamo spesso un occhio per consentire a tutti di scrivere. Ciao ragazzi! attilio.burti@gmail.com
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sE STUDIASSIMO DAVVERO QUANTO CI è RICHIESTO
OGNI GIORNO DAL LUNEDI’ AL VENERDI’: sveglia ore 6; mezzo di trasporto ore 7; scuola dalle 8 alle 13; arrivo a casa alle 14; fine pranzo alle 15; ipotizzando che il giorno dopo ci siano 5 ore di materie, STUDIO dalle 15 alle 20; dalle 20 alle 21 igiene personale; dalle 21 alle 22 cena; DIMOSTRAZIONE Analizziamo dalle 22 alle 6 sonno. la settimana tipo di uno Calcolando che certi giorni si studentello medio: ha la sesta ora, per cui tutto si SABATO: sveglia ore 6; mezzo sposta di un’ora; calcolando di trasporto ore 7; scuola dalle che ci sono alcuni bisogni 8 alle 13; arrivo a casa alle 14; biologici quali curare il proprio POMERIGGIO LIBERO come è apparato digestivo (per uno sacrosanto diritto di qualsiasi stomaco sano, un pasto lavoratore (c’è chi non studia come pranzo e cena va al sabato pomeriggio e c’è consumato in un’ora - chiedete chi invece non studia alla conferma ad un qualunque domenica: inseritevi nella gastroenterologo, oppure al categoria di sarpino disperato prof. Campanelli, con una che più vi aggrada, tanto il masticazione lenta e regolare.), numero di ore non cambia); DORMIRE (un individuo adulto aperitivo al BB, cena al dovrebbe dormire 9 ore per giapponese e serata al Setai notte: il sarpino medio che non (oppure cena con mamma e abita nella City dorme 8 ore per papà, gita all’UCI e nanna alle notte, a volte anche di meno) 23) e curare la propria igiene personale, risulta evidente che, DOMENICA: sveglia ore 10 (nella se davvero studiassimo quanto più rosea delle aspettative); ci è richiesto, NON AVREMMO in una domenica mattina TEMPO PER SPORT, SVAGHI ciascun individuo che ami la PERSONALI, INTRATTENIMENTI propria persona ha DIRITTO CULTURALI E RELAZIONI a 1 ORA di colazione, e nel INTERPERSONALI. concetto di colazione faccio rientrare anche il sacrosanto Come Volevasi Dimostrare diritto a stare seduti sul water in pace a fissare le tende della doccia (o a concentrarsi in sovraumani sforzi per i costipati), e 1 ORA dedicata ad un culto religioso (per chi è cristiano è di domenica, per chi è musulmano è di venerdì, per qualunque altra religione o filosofia sarà in un’altra ora di un altro giorno qualunque, resta il fatto che abbiamo DIRITTO anche a quest’ora); ore 13 pranzo; dalle 14 alle 18 STUDIO; dalle 18 alle 19 igiene personale; dalle 19 alle 20 cena; dalle 20 alle 22 STUDIO (perché non basta lo studio normale, bisogna anche leggere tutti i
di Giulia Testa e di Giulia Gotti Ricetta “IIB” Tempo di preparazione: 4 anni Difficoltà: max level plus plus Prendi due classi di trenta persone, setacciale per eliminare i grumi. Una volta che la metà della gente è fuggita (beati loro), accorpa le due classi mescolando dall’alto verso il basso. Metti in forno per un annetto, elimina qualsiasi forma di svago tranne un’uscita pomeridiana a Milano. Togli dal forno e caccia gli ulteriori eccessi. Otterrai una sola classe formata da 18 martiri. Immergi in olio bollente e alle prime avvisaglie di cedimento getta granate nell’olio. Più o meno dovresti ottenere la IIB a febbraio 2013. ---Certe volte i prof ci rimproverano di non studiare con costanza e di non impiegare nello studio il numero di ore se non necessario, almeno sufficiente. Ora vorremmo illustrarvi come questo sia fisicamente impossibile per mezzo di un’intaccabile dimostrazione che ai teoremi di Euclide je fa un baffo. IPOTESI: - In 7 giorni ci sono 168 ore (ipsa calculatrix dixit) - I professori richiedono che ogni pomeriggio si studi il numero di ore uguale alle ore di lezione del giorno dopo TESI: Un sarpino non può portarsi avanti con i compiti o studiare con costanza o prepararsi per due verifiche nella stessa giornata o tutte le altre cose che i prof. pretendono da noi:
libri che ci danno) con pausa per vedere la Litizzetto che si dimena sulla scrivania di Fazio; ore 22 a dormire.
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La Scuola in Pigiama
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a cura di Micaela Brembilla 2C e Benedetta Montanini 3A
Chiacchierata a distanza con gli studenti/professori della Scuola in Ospedale di Bergamo. Una 'scuola fuori dalla scuola' da cui il frenetico e attivo mondo sarpino puo' imparare tanto!
aggiornamenti dalla scuola in Ospedale 1. FINALMENTE NEL NUOVO OSPEDALE
di Claudia Canesi e Marco Pagnoncelli “La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte…” recita un vecchio adagio. Quando eravamo bambini nella calza trovavamo mandarini, caramelle, un piccolo gioco se eravamo stati bravi e, per ricordarci delle nostre marachelle, un pezzettino di carbone dolce. L’ Epifania “che tutte le feste porta via” rappresentava anche la fine delle vacanze e il ritorno a scuola, con il suo carico di ansie. Ma per noi e i nostri alunni quest’anno la befana aveva in
serbo un dono speciale: un’aula nuova di zecca, per la gioia di tutti, e persino la sala professori! In realtà un pochino l’abbiamo aiutata: durante le vacanze una truppa di volenterosi insegnanti ha traslocato con lei libri, cartine geografiche, computer, armadi e giochi per i più piccoli, per essere pronti, il 7 gennaio, a cominciare le lezioni. Il rientro dalle vacanze è stato dolce anche senza caramelle e ha segnato l’inizio di una nuova esperienza didattica.
2. KORTZAC IL DIRITTO A DORMIRE di un alunno della scuola in Ospedale "Ho dormito pochissimo e male, solo qualche pisolino come i gatti. Vabbè è normale, sono in Ospedale". No, non è normale. Anzi, è molto grave. E qualcuno ha iniziato a occuparsene seriamente, come spiega bene l'articolo di Giuseppe Remuzzi sul Corriere della Sera. Jeremy Ackerman da anni si batte perché medici e infermieri capiscano che è difficile che i malati in ospedale si riprendano se non dormono bene. Carrelli di medicine e medicazioni, infermiere che urlano a voce alta nei corridoi e davanti alle stanze, luce accesa di colpo alle sei di mattina, persiane alzate di botto all'alba, inservienti o infermiere che svegliano all'improvviso per provare febbre o pressione (sempre alle 6 di mattina, ma provarla alle 9 cosa cambia?). Se non si dorme la pressione del sangue si alza, questo fa male al cuore. Poi ci sono i disturbi dell'umore, le difese immunitarie che si abbassano, lo stress. In un periodo in cui si continua a parlare di "ospedale senza dolore", sottolinea il bravo collega Remuzzi sul Corriere della Sera, si riuscirà ad arrivare anche a un "ospedale senza rumore"? Dopo un mese di ricovero al fianco di una piccina, in un reparto pediatrico (dove c'erano bimbi anche di tre anni in dialisi o sottoposti a trapianto di rene)
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e dopo avere regolarmente litigato ogni mattina con l'infermiera di turno per evitare che svegliasse alle 6 di mattina (o notte?) urlando e accendendo di colpo la luce una bimba che passava le nottate in bianco a causa della febbre, mi auguro
solo che una parte dei finanziamenti per la sanità siano utilizzati per creare reparti più umani. E per assumere infermieri con il minimo sindacale di sensibilità e empatia verso chi è ricoverato. Soprattutto se sono bambini.
3. IL MIO ESAME DI TERZA MEDIA di Nico M. della Scuola in Ospedale Ciao sono Nico M., un ragazzo di 1° superiore che l'anno scorso si è sottoposto all'esame di terza media. Io, avendo subito un trapianto di midollo osseo, non ho potuto frequentare la scuola, quindi ho fatto l'esame di terza media in ospedale insieme a Filippo B. e a Salvatore E. chiamato anche "Sasy", un ragazzo della mia stessa età, simpaticissimo, che ho conosciuto a Monza in quel periodo. Ho trascorso dei fantastici giorni con lui, qualche volta di sofferenza, ma anche di divertimento. I primi test scritti li ho eseguito dentro un piccolo "sgabuzzino",** per lo scritto di italiano vi erano tre tracce, per inglese una lettera, per matematica operazioni e poliedri e per francese un'altra lettera. In quella settimana sono stato parecchio in tensione, ma
alla fine è andato tutto per il meglio. Il venerdì della stessa settimana invece mi hanno dato un po' di problemi le prove Invalsi, soprattutto per il poco tempo dato a disposizione. Mi sono agitato tanto il giorno dell'orale, che è stato il mercoledì della settimana successiva, fortunatamente mi è andata ancora bene, perché, essendo ricoverato, non tutta la commissione esterna poteva venirmi a sentire contemporaneamente. Mi dispiace per il mio amico Salvatore che ha dovuto soffrire molto davanti a tutte quelle persone! Alla fine è andata per tutti bene; io sono passato con un bel 9 e sono stato contentissimo, merito anche delle brave insegnanti. Un grazie anche a loro che ci hanno preparato bene!!!!!!!
4. LA SCUOLA: UN DIRITTO PER TUTTI di Chiara Ardigo’
Da circa un anno, sono una studentessa un po’ particolare , frequento, infatti, il Liceo Linguistico ‘’Don Milani’’ di Romano e la Scuola in Ospedale presso gli ‘’Ospedali Riuniti’,’ a causa di una malattia. Per presentare meglio il diritto all’istruzione, vorrei prima chiarire cos’è un diritto. Il diritto civile è un insieme di regole di comportamento che disciplinano i rapporti tra i com-
ponenti della società per realizzare un obiettivo comune; è un mezzo per realizzare i fini di una società. Tra questi vi è il diritto all’istruzione. Il diritto all'istruzione è fondamentale. Ogni individuo, indipendentemente dalla razza, dal sesso, dalla nazionalità, dall'etnia, dalla religione, dall’età o dall’invalidità, ha diritto ad un’istruzione gratuita. Tale diritto è espresso esplicitamente nel-
Sarpi
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1948 ed è uno strumento importante per poter migliorare la qualità della vita. L’istruzione è la chiave dello sviluppo economico e del godimento di molti altri diritti umani. Essa fornisce i mezzi attraverso i quali gli individui possono diventare consapevoli dei propri diritti e responsabilità, due elementi importanti per ottenere eguaglianza e pace. Ogni studente possiede diritti e doveri da rispettare affinché la scuola abbia successo e si svolga regolarmente. Lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti rappresenta il testo principale che sostanzia la cittadinanza studentesca e ne legittima il sistema di rappresentanza e partecipazione. Certezza delle regole, riconoscimento dei diritti, rispetto dei doveri e assunzione di responsabilità sono elementi essenziali per un sistema d'istruzione che ha fra i suoi compiti fondamentali l'educazione alla democrazia e alla cittadinanza. Dopo questa lunga premessa, presento due realtà che apparentemente potrebbero essere simili, ma che in realtà non lo sono . Ogni ragazzo che frequenta la scuola regolarmente, spesso la ritiene noiosa, inutile, una perdita di tempo. Quanti vorrebbero stare con gli amici in un bar a ridere e scherzare, invece di stare seduti per ore ad ascoltare un professore che magari non dice nulla di interessante, almeno per noi. Alzarsi regolarmente presto per arrivare puntuali, svolgere compiti, studiare per le verifiche, spesso e volentieri, rendono la scuola pesante, ma tutta questa fatica viene ricompensata dal bagaglio culturale che farà parte di noi, per sempre. La maggior parte degli studenti è inconsapevole della “fortuna” che ha di poter usufruire del servizio scolastico quotidiano, anche se faticoso e a volte noioso; forse dovrebbero pensare a chi, da un momento all’altro, si trova catapultato in
Sarpi un mondo che non gli appartiene a causa di una malattia; a chi, non per scelta, si trova a dover abbandonare la propria classe e, ancor peggio, abbandonare i libri: amici, nemici. Per fortuna qualcuno ha pensato anche a “noi” ed ha cercato di mantenere attivo quel diritto, quella fortuna … Da alcuni anni
9 anche in ospedale è presente il servizio “istruzione”. Gli alunni di questa ‘’Scuola Speciale’’ seguono le lezioni anche se non sono al massimo della forma fisica e mentale. Magari, qualcuno di voi potrà pensare che dovrebbero, mettere da parte la scuola per curarsi, ma non lo fanno; e non
Fuso Orario
per sentirsi superiori, anzi, frequentano le lezioni per sentirsi come tutti i loro compagni . Potrei essere più esplicita e raccontare in ogni dettaglio le mie sensazioni, ma sono sicura di aver reso l’idea dell’importanza della scuola, un diritto da garantire a tutti e un valore da non sottovalutare.
a cura di Giulia Testa 2B e Micaela Brembilla 2C Rubrica semiseria per chi crede in 'errando discitur', per chi desidera scoprire nuove realta': i nostri corrispondenti sarpini da Thailandia, Argentina, USA e Australia ci raccontano le loro acrobazie per sopravvivere, nella vita e a scuola, per vedere ancor meglio quanto e' strano il nostro Sarpi.
EXCHANGE PROGRAM di Elena Gelmi 2C Hey mates! Vi sto scrivendo nei panni dell' italian exchange student e cercherò di descrivere al meglio questa esperienza di sei mesi all'estero qui in Australia e che sto ancora vivendo. Sono arrivata nella terra dei canguri a luglio e da quel momento ho avuto molte più sorprese di quanto mi aspettassi e continuo tutt' ora ad averne. Innanzitutto ho dovuto cambiare totalmente stile di vita, vivere con un altra famiglia richiede il proseguimento di altre abitudini e di differenti ritmi durante il giorno, oltre al fatto che mi trovavo in un altra stagione e in mezzo a un differente anno scolastico. Fortunatamente sono capitata in una famiglia molto amichevole: la prima sera, per esempio, subito dopo il mio arrivo la mia host mum ha indicato il pollo per cena specificando “this is koala” e vedendo la mia espressione abbastanza terrorizzata ha pensato bene di aggiungere “just kidding”. Hanno senso dell' umorismo almeno.
Se per caso avete sentito dire che L'Australia è pericolosa perché ci sono coccodrilli, squali bianchi, meduse, canguri pugili, serpenti disgustosi, ragni velenosi e quant'altro, avete sentito proprio bene! Ci sono, ma solo i turisti incauti ne subiscono gli attacchi, a volte anche fatali. Ovviamente essendo la nuova arrivata, alcuni australiani si son piacevolmente dilettati a spaventarmi raccontando storie inquietanti sugli animali del luogo, come i megaledon: impressionanti creature marine simili agli squali della lunghezza pari a undici bus...mi astenni dalla spiaggia per due settimane finchè non seppi che i megaledon erano creature estinte da milioni di anni. Oppure c'era l'hoop snake, un serpente che attaccava dalle colline assumendo la forma di hula hop e difficilmente evitabile dagli esseri umani...gli hula hop sono killer, dicevano… un' altro animale curioso era il drop bear, un mammifero che si appostava
mimetizzato sugli alberi, aspettando di poter piombare sulla preda al di sotto....poi invece ho scoperto che drop bear era un secondo nome per i koala che infatti cadono dagli alberi durante le pennichelle post pranzo. Ma di esperienze traumatiche con la fauna australiana ce ne sono state, sfortunatamente. Come quando sono andata con un ' allegra combriccola a fare snorkeling lungo la costa, dove mi sono trovata al di sopra di due squaletti, padre e figlio, che passeggiavano lieti lungo le insenature, che dopo mi dissero essere due Port Jackson, squali con i denti non sharp come coltelli e che si cibano solo di pesci. E decisi che snorkeling la prossima volta si sarebbe potuto tranquillamente fare in piscina se non nella vasca da bagno. Di canguri poi ce ne sono un sacco appena si esce dalle zone abitate, e posso dire che no, non mi han mai tirato un pugno finora. Mentre per quanto riguarda gli insetti la faccenda si fa più interessante, quelli son come la frutta, vanno a stagione. Cè la stagione degli scarafaggi che teneramente si appostano davanti alle porte cosi non li vedi quando esci dalla tua stanza, poi ci sono le Christmas bugs, maggiolini che invadono i prati solo durante il periodo di Natale, poi la stagio-
Sarpi
10 ne delle mosche in estate che inarrestabilmente si riproducono a milioni nei mesi estivi e sono alquanto fastidiose se per di più si vive con due bulldogs dal non trascurabile olezzo. Per quanto riguarda il cibo l'Australia è il paese della cuccagna, mangiano di tutto, sono molto multiculturali proprio per questo, ci sono pietanze messicane, thailandesi, giapponesi, gli immancabili chinese, italiane ovviamente e i grandi imperi del fast food: KFC, mcDonald, Burger King, Red Rooster etc...credo che anche se ci si perdesse in mezzo alla foresta o nell' outback desertico non mancherà mai la mitica M gialla a tagliare il panorama. Per questo infatti molti exchange student tornano aumentati di tre taglie al ritorno a casa. Parlando di scuola, invece, cominciare a frequentarla qui è stato un continuo sorprendersi e confrontarsi: infatti, mi son trovata bene da subito, a parte per lo svolgimento delle lezioni totalmente diverso e decisamente meno impegnativo che da noi; tra l’altro essere l'unica studentessa italiana in tutta la scuola ha suscitato molto inte-
Politeia
resse negli studenti e nei professori, tant'è che quando mi hanno calorosamente accolto a scuola sembrava che dessero il benvenuto ad una profuga del Timbuctu, o una marziana, e solo in quel momento ho realizzato davvero quanto ero lontana dall'Italia. Le mie abilità di inglese quel primo giorno di scuola sono risultate più che inutili, inutilissime: la lingua australiana non è inglese; è la forma più divertente, varia e ricca di abbreviazioni e modi dire dell'inglese britannico. L'unico ostacolo è stato l'accento, soprattutto con i più anziani in cui era molto più marcato, più o meno come si nota da noi il bergamasco, alla fine. Ma fortunatamente ero sempre accompagnata dal mio inseparabile dizionario tascabile che mi ha garantito la sopravvivenza le prime settimane. Riguardo l' organizzazione scolastica ho trovato molte differenze, in parte dovute alle materie stesse e in parte ad un diverso approccio con lo studio: prima di tutto a scuola siamo tutti vestiti uguali con un fantastico maglioncino rosso assurdamente enorme, camicia pure quella bordata di
rosso, pantaloni ascellari grigi e immacolate scarpe di pelle nera, e se non indossi la divisa puoi sempre essere intrattenuto in una piacevole conversazione nell' ufficio del preside. Inoltre le materie sono totalmente l'opposto delle nostre: arte grafica, costruzione, cucina, lavorazione della creta, scienze del movimento, pittura, etc…e tutto questa varietà di materie le puoi scegliere tu, eccetto per matematica e inglese. Non interrogano mai, a parte per le temutissime ed occasionali interrogazioni di un minuto perfettamente cronometrate dalla professoressa. Quindi, per concludere, se qualcuno è invogliato a fare un semestre o un anno all'estero posso assicurare che è una delle scelte che più di tutte arricchisce la propria visione del mondo e anche della propria cultura, perché è proprio attraverso il confronto con qualcosa di diverso che si comprende la propria realtà, e poi durante il programma scambio culturale, posso assicurare, c'è solo da divertirsi.
a cura di Arianna Piazzalunga 3C
Una rubrica antinebbia nella densa foschia burocratica degli organi degli studenti, dei docenti, dell'Istituto e dei genitori.
La Consulta La Consulta Provinciale degli Studenti è l'organo istituzionale di rappresentanza degli studenti su base provinciale. Ogni istituto, statale o paritario, elegge due rappresentanti che restano in carica due anni; per il Sarpi i rappresentanti, in carica dall'anno 2011/2012, sono Benedetta Campoleoni III B e Omar Ezzine III A, le prossime elezioni si terranno all'inizio dell'anno 2013/2014. L'assemblea, di cui fanno parte i rappresentanti di tutti gli istituti, elegge una giun-
ta esecutiva che si occupa di rendere effettivi i progetti deliberati dall'assemblea. La presidentessa della Consulta è al momento Laura Carminati del liceo Falcone. La Consulta si occupa principalmente di creare una rete condivisa di eventi, progetti e attività extracurricolari, stipulare accordi con gli enti locali, la regione e le organizzazioni del mondo del lavoro, formulare proposte ed esprimere pareri agli organi del territorio. I progetti della Consulta ge-
neralmente sono volti a favorire da un lato la partecipazione degli studenti ad attività artistico-culturali (mostre, concorsi, “eventi creativi”, feste, corsi), dall'altro a promuovere l'educazione alla cittadinanza (progetti sulla legalità, spesso in collaborazione con Libera, incontri e conferenze di sensibilizzazione su vari temi come la violenza, la droga etc., concorsi di scrittura a tema).
Sarpi
Ritorno al Futuro
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a cura di Arianna Piazzalunga 3C
Una rubrica dedicata ad ex-sarpine ed ex-sarpini che tornano in piazza Rosate per narrarci la loro esperienza universitaria.
LINGUE di Franco Galdini Bishkek, 12.12.2012 Forse ora che le bombe piovono su Gaza e la Siria si sta sgretolando in una feroce guerra civile, è il momento opportuno per rispondere all’invito di scrivere agli attuali sarpini da sarpino d’altra generazione. Prima dell’università, il mio percorso formativo fu marcato da tre anni di volontariato nei campi profughi dell’ex-Iugoslavia. In quella terra martoriata, mi sono sforzato di capire la nuova realtà che mi circondava dopo aver trascorso un’adolescenza privilegiata in quella Bergamo, dove le più grandi preoccupazioni si potrebbero riassumere in discussioni sul nuovo bassista dei Metallica, o gli interrogativi sulla prossima versione di greco dell’equamente temuta ed amata Bonazzi. Gli anni in Iugoslavia sono stati fondamentali nell’indirizzare la mia scelta universitaria e, dal voler diventare un batterista professionista, mi sono ritrovato a studiare lingue in Inghilterra. Avrei poi scoperto che buona parte dei giovani inglesi, prima di proseguire gli studi, prende sistematicamente un anno sabbatico (‘gap year’), durante il quale lavora all’estero, viaggia e a volte impara una lingua straniera. Non sottolineerò mai abbastanza quanto ritengo sia importante quest’anno per maturare poi una scelta più consapevole. I vantaggi di studiare in Inghilterra alla fine degli anni ‘90 erano molti: una borsa di studio dell’Unione Europea che copriva le tasse universitarie; la prospettiva di vivere in un paese multi-
culturale, uscendo dunque dal provincialismo autoreferenziale della Bergamo di allora; la possibilità di apprendere l’inglese e di studiare all’interno di un sistema accademico anglosassone. Così nel 1998 ho varcato la soglia dell’Università di Manchester, Facoltà di Lingue Orientali (arabo) e Lingue Europee (spagnolo e russo). Il mio obiettivo era imparare le lingue prima di tutto per poter comunicare direttamente con le popolazioni di vari Paesi, come avevo appreso in Iugoslavia, per poter poi cercare di analizzare la complessità dei conflitti e comprenderne le radici. Dopo la laurea in lingue, mi sono iscritto ad un Master in politica economica per dare coerenza teorica alle informazioni accumulate durante i miei primi anni di viaggio. Il piano di studi a Manchesterprevedeva 4 anni: 3 all’università ed 1 obbligatorio all’estero, per potere metter in pratica ciò che s’era appreso e avvicinarsi alla realtà del paese, o paesi, in cui la lingua studiata viene usata. Per esempio, il mio terzo anno mi portò a studiare in Yemen, Siria, Libano, Giordania e Spagna (con una borsa di studio dell’università di circa 5,000 sterline). Nel sistema anglosassone, l’interdisciplinarità è incoraggiata e non è anomalo passare dalle lingue alle scienze politiche tra un livello di laurea ed il successivo, o nello stesso corso. Un compagno d’università, ad esempio, si è laureato contemporaneamente in spagnolo e matematica pura.
Molta enfasi viene data alla condivisione del sapere e allo sviluppo di un pensiero originale da parte dello studente. La prima avviene attraverso la collaborazione con altri studenti in progetti comuni di studio e ricerca. Il secondo viene stimolato all’interno dei cosiddetti ‘seminares’ che – al contrario delle ‘lectures’, dove solitamente un professore fa lezione, come accade in Italia – sono strutturati come un dibattito su un argomento predefinito e sul quale gli studenti hanno dovuto prepararsi, e dove il professore partecipa nelle veci di moderatore. Inoltre, altrettanta enfasi viene attribuita alla forma scritta del sapere, per cui gli esami – con l’eccezione dell’esame di lingua, che ha anche una parte orale – comprendono sempre la composizione di svariati saggi (‘essays’) in cui lo studente deve presentare il materiale in forma originale. Il formato di un esame standard è 3 ore / 4 essays. Infine, ad ogni studente è assegnato un ‘personal tutor’ che lo segue durante il percorso di studi. Nelle migliori università i ‘tutorials’, o lezioni d’approfondimento con il tutor, sono individuali e si tengono su base settimanale. Un’ultima cosa. Il formato di studio della maggior parte dei corsi universitari inglesi (con l’eccezione delle scienze applicate, che richiedono molte ore di laboratorio) lascia spazio per lavori part-time di qualsiasi tipo, che preparano il giovane alla futura indipendenza. Tra tanti, il lavoro più fantasmagorico che mi è capitato di fare è stato quello di guida per i tifosi italiani e spagnoli durante le partite di Champions League. Dopo il tour della città con i suoi vari ristoranti e pubs, accompa-
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12 gnavo i tifosi all’Old Trafford, lo storico stadio del Manchester United – dove assistevo gratuitamente alle partite. La preparazione del Sarpi per l’università è ottima. Nel caso specifico, conoscere la propria grammatica è l’unico modo d’apprendere una lingua straniera dopo i 6 anni d’età. Visto che le scuole inglesi raramente insegnano grammatica, a volte mi sono ritrovato a spiegare cosa fossero un soggetto, un
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verbo ed un oggetto ai miei compagni inglesi, che ricambiavano insegnandomi un vocabolo di slang piuttosto che un’espressione idiomatica. Ma a parte gli aspetti più tecnici, penso che una preparazione “sarpina” offra il suo meglio nel dubbio metodico, quel ‘cogito ergo sum’ cartesiano che sviluppa lo spirito critico necessario per affrontare qualsiasi esame, tanto all’università quanto nella vita.
Dopo la laurea, sono tornato a lavorare nel settore umanitario e dei diritti umani, prima per il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Gaza, Libano, Darfur), poi per Amnesty International (Libia, Egitto, Sahara Occidentale) ed infine per Medici senza Frontiere (Siria, Giordania, Cisgiordania, Iraq, Yemen, Kurdistan turco, Kyrgyzstan). Ma questa è un’altra storia. f.galdini@gmail.com
a cura di Benedetta Montanini 3A
'L'arte e la scienza sono libere e libero nell'insegnamento'. La Costituzione Italiana stabilisce che l'insegnamento non si puo' definire in modo univoco in quanto libero per sua stessa natura: una rubrica per capire quali idee di insegnamento, di scuola e di formazione sono possibili negli anni 2000.
Scuola e cittadinanza. La lezione della Costituzione di Filippo Pizzolato
Dal mio punto di vista, di studioso della Costituzione (sono docente di “Diritto pubblico” all’Università Bicocca di Milano), il tema sottoposto “scuola e cittadinanza” solleva alcune questioni centrali. Anzitutto: - che cosa c’entra la scuola con la cittadinanza? La domanda potrebbe sorgere spontanea, visto che sempre più spesso, anche per una diffusa e non priva di ambiguità - enfasi retorica sulla meritocrazia e sull’eccellenza, l’istruzione è concepita come un servizio che l’individuo (lo studente o, più spesso, la sua famiglia) acquista
in una specie di mercato per meglio attrezzarsi nella dura competizione della vita. Eppure, la scuola non è solo, e nemmeno principalmente, preparazione alla competizione attraverso l’acquisizione di abilità individuali, ma è soprattutto formazione della persona nella relazione con l’altro e dunque, in un’ottica democratica, formazione del cittadino e conseguentemente anche del popolo di domani. Inoltre, e non è cosa da poco, un percorso articolato e qualificato di istruzione è un presidio fondamentale di democrazia, in quanto prepara
e immette nella società cittadini più consapevoli e critici, meglio attrezzati per partecipare alla vita sociale e politica e per smascherare i frequenti inganni e ipocrisie del potere. La società, per rinnovarsi e non sclerotizzarsi, ha infatti bisogno vitale della forza contestativa delle nuove generazioni. A me pare invece di assistere a un tentativo, orchestrato e sicuramente interessato, di “spoliticizzare” e “banalizzare” la questione giovanile. Basta a riguardo dare un’occhiata ai palinsesti televisivi pensati per un pubblico giovane... La condizione dei giovani, danneggiati dall’impoverimento della scuola, esclusi o discriminati nel mondo del lavoro, è una questione politica fondamentale e prioritaria, che esigerebbe di mettere in discussione situazioni cristallizzate di potere e privilegio. Perché resta invece silenziata? L’attuale transizione demografica verso l’invecchiamento della popolazione e la negazione dei diritti politici (e della cittadinanza) agli immigrati rendono minoritaria, sul piano numerico del consenso
Attualita’ elettorale, la domanda che si leva dalle nuove generazioni. E la classe politica, che pure dovrebbe alimentare negli uomini - e nei giovani, in primis - la speranza che la società può essere pensata, anziché subita, e avviata alle necessarie trasformazioni, appare invece ripiegata nella gestione del potere o, peggio, tentata dall’alimentare paure e insicurezze che inibiscono la partecipazione. Il recupero del rilievo e della dimensione politica della scuola passa però attraverso un’assunzione di consapevolezza e di responsabilità da parte degli studenti. è infatti la cittadinanza (e la comunità studentesca soprattutto) a doversi riappropriare del valore pubblico della scuola, per evitare che questa cada - come è successo - vittima di un’azione politica dal respiro corto ed onnivora che, in nome della pretesa auto-sufficienza di maggioranze spesso risicate, tende a coinvolgere e travolgere il delicato sistema scolastico in un turbine incessante di riforme disorientanti, spesso poco meditate e a “investimento zero”. Proprio in questi tempi duri di crisi, l’investimento nella scuola (soprattutto pubblica) è fondamentale per tentare, come diceva don Milani, di “sortirne insieme”, e non cedere al “si salvi chi può”, inevitabile conseguenza di un processo già in atto di deresponsabilizzazione dello Stato dall’istruzione e di crescente polarizzazione tra scuole d’élite e scuole
13 (mediocri) per tutti. - perché la scuola pubblica? La Costituzione italiana, con una disposizione che sembra contraddire il proprio orientamento al pluralismo e alla sussidiarietà, obbliga lo Stato a istituire scuole d’ogni ordine e grado. Perché questa scelta? La scuola dello Stato non è un residuo ammuffito, come ancora si sente ripetere (perfino da parte di chi ha avuto responsabilità di governo…), di uno Stato-etico che pretenderebbe di “inculcare” la propria dottrina o ideologia ai giovani, anche contro gli orientamenti famigliari. Tutto il contrario! La scuola pubblica, e quella statale in particolare, è il luogo in cui, proprio in base alla Costituzione, sono garantiti al massimo grado la libertà e il pluralismo degli orientamenti ideali e metodologici: nella scuola statale, la libertà di insegnamento gode della massima tutela ed è garantita l’apertura a studenti e docenti di ogni condizione e orientamento. Proprio in nome del principio di sussidiarietà, allora, la scuola pubblica va tenacemente difesa. La scuola statale realizza cioè, potenzialmente al massimo livello, la missione dell’educazione-istruzione dei bambini e dei giovani entro una formazione sociale (per usare il termine dell’art. 2 della Costituzione), e cioè in una comunità autonoma di relazione, fatta di docenti, lavoratori, studenti, famiglie, che, in quanto non preselezionata in base a un qualche
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di Sara Latorre 5D
Un asino volante, un consigliere comunale che propone autobus diversi per italiani e africani, il premio Nobel per la pace a Putin. Secondo voi quale di queste tre assurdità è quella vera? Spiacente, nessun asino di mia conoscenza ha
le ali e il terribile Conte Vlad (senza offesa a Dracula, che è un gentiluomo in confronto) non ha ancora ricevuto un riconoscimento per il suo operato, anche se, dopo quello all’Unione Europea, non ci sarebbe da stupirsi. Ebbene
criterio o affinità ideologica, riproduce, nel piccolo e in un territorio particolare, le condizioni di pluralismo sociale che si presentano e si prospettano nella società. Non c’è pertanto assenza di indirizzo o imposizione dello stesso da parte dello Stato: l’indirizzo formativo si produce piuttosto e si rinnova nell’incontro, irripetibile e imprevedibile, tra le componenti plurali di questa comunità. Il grande pregio della scuola statale è proprio quello di situare l’educazione in un ambiente già di dialogo, plurale, favorendo, sin dalla fase della formazione della personalità, il confronto con filosofie, fedi, stili, culture famigliari diverse. Sottostante vi è l’idea, in linea con la Costituzione, che l’identità dell’uomo non possa formarsi in un contesto chiuso o in atmosfera “protetta”, ma solo nella relazione con la ricca diversità delle condizioni umane. Il concetto di comunità scolastica è importante ed è ripreso anche dalla normativa in vigore. Esso serve a scongiurare il ripiegamento della scuola pubblica entro una logica burocratica, permettendo una partecipazione che si incanala e si responsabilizza nella vita dell’istituzione. Serve ancora oggi per tentare di uscire - insieme - dal torpore dell’inefficienza e del disinteresse, senza però cadere tra le braccia, apparentemente accoglienti, della logica aziendalistica. sì, nel 2013 c’è ancora chi si fa venire brillanti idee che vertono verso la segregazione razziale: Andrea Vassallo, consigliere comunale socialista di Trapani e presidente della commissione per le problematiche del territorio urbano, ha pensato che istituire una linea di pullman riservata solo agli immigrati che vanno e vengono dal CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Salinagrande eliminerebbe il
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clima di tensione da essi creato che turba gli italiani sui mezzi pubblici; Vassallo, causa il rifiuto e lo sgomento dei suoi colleghi,si è scusato, ha dichiarato di volere solo il bene della sua città e ha giurato di non essere razzista. Bene, dato che anche io voglio il bene della mia città propongo di creare degli autobus a parte per i ragazzi con i cappelli a forma di animali, perché vedere un troglodita che alle 6.30 di mattina urla con uno scoiattolo in testa mi turba. E la mia proposta è più sensata di quella del consigliere siciliano, ammettetelo. Sarebbe banale e riduttivo pensare alla vicenda di Trapani come all’ennesimo caso di razzismo: questo fatto è la dimostrazione che non abbiamo la voglia e la capacità di risolvere i problemi, ma preferiamo arginarli, nasconderli; piuttosto che educare alla civiltà e provare a ottenere dei miglioramenti (sempre che questi passeggeri africani dessero davvero fastidio) preferiamo cacciare gli “elementi di disturbo” e creare una comunità a parte scollegata dal mondo esterno. Non so perché siamo spaventati da persone che non ci somigliano per apparenza, cultura e idee, ma è innegabile che non sappiamo rapportarci a loro: appena abbiamo a che fare con degli stranieri iniziamo a sfoderare la parola “tolleranza”, che ci fa sentire
buoni e magnanimi. Ma tolleranza di che?! Perché il colore della pelle, la religione o l’abbigliamento di una persona di un’altra nazionalità vanno sopportati come se ci disturbassero e interferissero con la nostra vita? Non riusciamo a capire l’importanza e la bellezza dell’integrazione: persone diverse che convivono senza conflitti e hanno uguali opportunità, diritti e doveri. “Eh, ma ci rubano il lavoro, sporcano e puzzano! Vadano al loro Paese!”, direbbe il leghista medio (probabilmente sbagliando il congiuntivo); leghista medio, io rispetto la tua opinione pur non condividendola, ma sii coerente con la tua ottusità: non sfruttare gli immigrati nel tuo cantiere per poi buttarli nel Po se muoiono lavorando in nero e non sperare che la tua squadra del cuore acquisti il nuovo talento nigeriano. Sono anni che ascoltiamo “Imagine” di John Lennon e diciamo che è una canzone meravigliosa, ma non riusciamo a far entrare nel nostro cervello il suo significato: ognuno di noi è nato in una Nazione per puro caso e ne ha assunto i costumi, ma se fosse venuto al mondo dall’altra parte del globo sarebbe stato una persona con abitudini diverse, perciò il leghista medio sarebbe potuto essere un profugo egiziano e l’amministratore delegato di
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una grande multinazionale americana un abitante delle favelas brasiliane. Se vivesse in una società in cui esiste l’integrazione, un ragazzo delle favelas potrebbe trasferirsi in un Paese che offre più possibilità di realizzarsi del suo, studiare senza subire discriminazioni e diventare uno stimato amministratore delegato. Un’utopia, calcolando che servirebbero anche Governi che assicurino l’uguaglianza e finanzino i meno abbienti in base alla meritocrazia. Nel 1955 una sarta di colore, Rosa Parks, si rifiutò di lasciare il suo posto sul pullman a un uomo bianco e venne arrestata; indignati, alcuni attivisti, tra i quali l’allora sconosciuto pastore Martin Luther King, diedero inizio al boicottaggio degli autobus di Montgomery (Alabama). A 57 anni di distanza, i mezzi di trasporto più comuni a noi studenti tornano ad essere lo sfondo del razzismo e dell’ottusità del genere umano. Tolleriamo credendo di fare un favore e allontaniamo gli immigrati come se fossero polvere da nascondere sotto al tappeto, danneggiando noi stessi: di questo passo l’Italia non sarà mai un luogo in cui le persone si sentono libere di esprimersi e, priva di nuovi progetti e idee, morirà.
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INCONTRO NIGERIANO:
l’alternativa all’odio
che i suoi occhi lasciano trasparire una forte emozione. Storie come quella della madre che ha perso il figlio chierichetto di 12 anni e che, quando Peter andò a consolarla, rispose sorridendo: “So che mio figlio è lassù ed io non temo: è meglio morire in chiesa che morire a casa mia”.
“C’è come un blackout sui problemi di Africa e Nigeria qui in Europa, ma viviamo una situazione molto difficile”. Padre Peter è un sacerdote nigeriano, parla piuttosto bene l’italiano, si è laureato a Roma in teologia biblica dieci anni fa, si trova in Italia per rivedere dei vecchi amici e, grazie ad una serie di incontri, ho potuto conoscerlo. È vicedirettore del seminario di S. Agostino a Jos, nel nord della Nigeria, e sorride continuamente. Sorriso chiaro, brillante, sincero e inaspettato. Come il suo seminario: quattrocento ragazzi che studiano filosofia e teologia cristiana nel cuore islamico di Nigeria. Peter racconta una Nazione grande e divisa: 170’000’000 abitanti in continua crescita, quasi perfettamente a metà cristiani e a metà islamici, gli uni prevalentemente a sud, gli altri a nord. La situazione si complica quando qualcuno decide che non si può e non si deve convivere; ci parla quindi degli integralisti musulmani legati ad Al Qaeda, della bomba che è scoppiata il 25 Dicembre del 2011 durante una celebrazione in una chiesa cattolica e di tutte quelle che da quel giorno, ogni domenica, uccidono i fedeli cristiani. Parla di attentati violenti, continui e insensati: apparentemente l’unico obbiettivo di tanto dolore è un governo musulmano, perché nella mentalità di questi gruppi armati, politica e religione devono coincidere e attualmente il presidente eletto è cristiano. Leggere storie come queste su di una rivista o sentirne parlare in tivù è facile: unico fine informazione, semplice sentito
Si tratta di una maturazione della fede. Solo una fede vissuta in profondità può generare una grazia simile di fronte ai drammi della morte e dell’assassinio. È la “logica della Croce”, come la chiama padre Peter, quella che fa rinascere lo zelo e la passione per la vita di fronte alla sofferenza e all’ingiustizia. Ascoltando queste storie, non posso non pensare alle chiese in Italia. Paese cattolicissimo,addirittura accusato di essere soggetto all’influenza tenebrosa della Chiesa che rischia di rovinare la sacrosanta laicità di Stato, ma, in verità, noi che viviamo nello Stato che ospita la Santa Sede, sul cui suolo ha vissuto San Pietro, verso il quale per millenni generazioni di pellegrini si sono messi in cammino, noi questa fede neanche la conosciamo. Abituati a guardare la religione con scetticismo, a considerarla soltanto se incasellata all’interno di un ordine culturale che non le dia troppa importanza oppure ridotta ad una preghierina alla sera ed una alla mattina, viviamo e sopravviviamo grazie ad un mix di valori laici a scelta, la fede, se c’è, è solo uno di questi. Padre Peter, invece, parla di una fede diversa, che rinnova e rigenera in continuazione: “senza fede la vita non ha il focus, diventa empty” dice cercando di esprimersi al meglio in italiano. Per lui la fede non è mortificazione, non è un delegare i propri problemi ad un entità superiore, “la fede è una cosa reale, una cosa di gioia”. La stessa gioia che non spiega nessuna teoria teologica, ma che si legge, come dato concreto, sul suo volto.
di Pietro Raimondi 1D
dire, ma quando a parlartene è un uomo che le vive quotidianamente ne capisci subito non solo l’entità, ma anche l’impatto umano reale. Non hai bisogno di cronache di guerra o inchieste internazionali, a me è bastata una frase: “Solo Domenica scorsa un mio amico ha subito un attentato mentre diceva messa, è in ospedale e non sono sicuro che ce la possa fare”. Ogni tanto alcune chiese protestanti, ma anche alcuni fedeli cattolici, vogliono imbracciare le armi e rispondere con la stessa violenza: “Il nostro vescovo, però, è uno in gamba, pacifista, che continua a chiedere di porgere l’altra guancia”. Davanti a questa realtà, così chiaramente e serenamente descritta, io, che ne sono lontano e che non ho a che farci, ho avvertito un senso di preoccupazione, una sorta di compassione, mentre l’uomo che avevo davanti – uomo profondamente calato negli orrori dell’odio – mi sorrideva. Fatico, adesso, a descrivere lo stupore che ho provato davanti a quel suo modo di parlare, gesticolare e ridere. Padre Peter non ha mai avuto paura: “Cristo ha vinto la morte, non dobbiamo averne paura. Il Signore mi ha fatto il dono di capire questa cosa”. Insomma, la certezza di Peter, la sua tranquillità, nasce da una fede immensa. È parlando di questa fede che il suo sguardo diventa appassionato, è parlando di come le chiese si riempiano di giorno in giorno, raccontando le storie dei fedeli sempre più numerosi e sempre più convinti
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Comunicazioni BANDO “SCRIBO...ERGO SUM” 2012/2013
SCRIBO ERGO SUM
Quarta edizione - a.s. 2012/2013 AGORA’ SARPI e Liceo Classico Statale Paolo Sarpi di Bergamo bandiscono il quarto concorso letterario “Scribo Ergo Sum”
TEMA DELLA QUARTA EDIZIONE:
“Il Viaggio: da Casa all’Altrove e ritorno” Casa è dove si vive, ma soprattutto dove si sta bene con se stessi e con chi ci circonda. Dove ogni cosa ha un posto noto, un affetto particolare. Casa è l’idea di ciò che è nostro, l’assodato, la routine, spesso difficile da abbandonare. Il viaggio è strappo, salto, a volte violenza con cui ci si spinge fuori dalle solite strade, dai soliti rumori, dai soliti pensieri, lingue, volti. In questo senso il viaggio è un’occasione per scoprire nuovi luoghi, naturali, umani, mentali, nuove relazioni e nuovi angoli di sè. Altrove è il luogo da cui guardare le cose con nuovi colori negli occhi. L’altrove può essere ovunque, si può andare lontano o scoprirlo per caso nel solito bar, durante un insolito pensiero. Altrove è un luogo da cui si può tornare con un bagaglio diverso da quello che si aveva alla partenza. O tornare solo un po’. O non tornare, perchè c’è una nuova casa. REGOLAMENTO PARTECIPANTI Il concorso è aperto agli studenti del Liceo Classico Paolo Sarpi. Sono invitati a partecipare anche gli studenti dei Licei Scientifici Lorenzo Mascheroni e Filippo Lussana con modalità sotto descritte. CARATTERISTICHE Il concorso Edizione 2012/2013 si articola in due premi: - Premio 1, a giuria tradizionale, a cui sono ammessi tutti gli studenti del Liceo Classico Paolo Sarpi e 12 studenti per ciascuno dei due licei sopra menzionati, per un totale di 24 studenti ospiti. Per i licei ospiti, verranno ammessi i primi 12 racconti pervenuti. Qualora uno dei licei sottoponga meno di 12 racconti, i posti rimanenti verranno assegnati all’altro liceo. - Premio 2, a giuria popolare (online), a cui sono ammessi tutti i racconti proposti senza limitazione. MODALITÀ DI INOLTRO DEL MATERIALE • I racconti andranno inviati via mail all’indirizzo agorasarpi@liceosarpi.bg.it. • Il racconto dovrà essere salvato in un file word avente per nome il titolo del racconto e il genere letterario (ESEMPIO: Jack_lo_squartatore_HORROR) cui l’autore riterrà appartenga il suo racconto; • Il racconto dovrà essere composto da un massimo di 8000 battute per racconto spazi inclusi. Il numero delle battute indicate è vincolante: non verranno accettati elaborati eccedenti tale numero. • Ciascun autore deciderà il titolo del proprio racconto. • E’ ammesso l’inoltro di 1 solo racconto per ogni autore. • Il testo del racconto non dovrà recare alcuna indicazione dell’autore ma indicherà in caratteri maiuscoli il titolo del racconto all’inizio di ogni pagina; in calce va inserito il numero di pagina;
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Comunicazioni
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SCRIBO…ERGO SUM | Edizione 2012/2013 s ,A MAIL DI INOLTRO SARË COSÖ COMPOSTA Oggetto: Concorso letterario SCRIBO ERGO SUM Testo della mail:.... Nome autore:.... Classe e scuola:.... Genere letterario:.... Titolo racconto:... s ,A SEGRETERIA DI !GORË 3ARPI PROVVEDERË A NUMERARE I lLE PERVENUTI CON ABBINAMENTO AL NOME DELL AUTORE indicato in ciascuna mail. La lista di abbinamento sarà consultata dalla giuria solo dopo aver selezionato i racconti da premiare. TEMPI: L’invio del file va effettuato entro giovedì 28 marzo 2013 (farà fede la data di ricevimento della mail). %NTRO VENERDÖ MARZO I RACCONTI VERRANNO PUBBLICATI ONLINE IN FORMA ANONIMA SU UN APPOSITA PAGINA ALLESTITA sul sito del Liceo Classico Paolo Sarpi. Le votazioni, sia online che per la Giuria tradizionale, saranno aperte dal 30 marzo al 15 aprile 2013. La premiazione avverrà il giorno 20 aprile, con modalità che verranno comunicate successivamente.
I PREMI: Premio 1 - Giuria tradizionale Saranno premiati 3 racconti: s A ciascuno dei 3 vincitori selezionati dalla giuria verranno assegnati dall’Associazione Genitori entro la fine dell’anno scolastico € 150 in denaro e € 100 in buoni libro. Premio 2 - Giuria popolare online Saranno premiati 3 racconti: s A ciascuno dei 3 vincitori selezionati dalla giuria popolare verranno assegnati dall’Associazione Genitori entro la fine dell’anno scolastico € 80 in denaro e € 40 in buoni libro. L’Associazione Genitori Liceo Sarpi si riserva il diritto di raccogliere e pubblicare i racconti dei partecipanti. Eventuali proventi derivanti dalla vendita della pubblicazione verranno utilizzati dall’Associazione per spese e progetti a sua discrezione con priorità a future edizioni del presente concorso ed eventuali ulteriori opportunità di attività condivise con altre scuole. Eventuali modifiche alle modalità e ai tempi di consegna verranno comunicate tempestivamente a tutti gli interessati. PAG.2/2
stampato su carta riciclata 100%
LA GIURIA: E’ formata da: Davide Gritti e Sara Moioli, studenti del Liceo Classico Paolo Sarpi Lorella Bonasia e Arturo Moretti, docenti del Liceo Classico Paolo Sarpi Ornella Bramani, editrice Adriana Lorenzi, scrittrice Susanna Pesenti, giornalista Alessandra Pozzi, Docente di Scrittura Creativa 0AOLA 3UARDI #OPYWRITER
Cultura
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THE READERS, ANCHE OGGI?
LO HOBBIT
E’ una buona domanda. Leggere non piace a tutti, per alcuni è noioso, per altri poco interessante. E anche se per gli amanti della lettura il giorno dura 24 ore, non c’è abbastanza tempo per leggere quanto si vorrebbe; qua bisogna organizzarsi o perire (e noi sarpini questo possiamo capirlo bene). Però indipendentemente dai gusti personali (che sono sacrosanti: ognuno deve dedicarsi e ciò che ama fare), io penso che la letteratura vada oltre al “noi leggevamo un giorno per diletto”, che già di per sé è meraviglioso. La cultura arricchisce l’uomo, questo è indubbio, ma c’è molto di più. La cultura può cambiare completamente la nostra prospettiva, è come un paio di occhiali che ci fanno vedere meglio il mondo, i fatti, le azioni degli uomini. Sapere ciò che gli uomini hanno fatto, pensato, scritto, cantato o dipinto nel corso dei millenni è utilissimo per capire e conoscere la storia, e capire e conoscere la storia (Tucidide docet) è il primo passo per non ripetere più gli errori del passato. Per non parlare del fatto che la cultura è ciò che ci distingue dalle bestie, e noi ne abbiamo un disperato bisogno, perché com-
Travolgente. Una parola che definisce perfettamente questo film è: travolgente. Un film che, dopo un inizio detto da alcuni (ma non dal sottoscritto) noioso e carente d’ azione, pigia il tasto del divertimento e anima la visione con ricchi e stupefacenti effetti speciali, con il susseguirsi di personaggi che ora scompaiono ora ritornano in scena e con le continue vicende al limite dello straordinario vissute del protagonista, il giovane Bilbo Baggins. Tutto il film consiste di un flashback dell’ anziano Bilbo Baggins, che rimembra le sue avventure da giovane mettendole per iscritto su una lettera indirizzata al nipote Frodo. Straordinario. Questa seconda parola riferita al lungometraggio non riguarda tanto la trama in sè, quanto più le scene mozzafiato che lo compongo e che rendono il 3D unica DEGNA modalità di visione. Gli spazi presenti nel film sono talvolta idilliaci, degni di uno splendido sogno (vedere Gran burrone), talvolta inquietanti e tenebrosi ( vedere la tana di Gollum). Sono comunque spazi che nello sviluppo del film contribuiscono al fattore sbalorditivo sopra citato, fungendo non solo da sfondi ma anche da agevolazioni o ostacoli per il protagonista (come ad esempio nel frangente in cui le rocce si animano in forma di giganti di pietra). Inaspettato. Nonostante la lunga durata de ‘ Lo Hobbit, un viaggio inaspettato’ (all’ incirca 180/190 ‘), veniamo sorpresi da un finale inaspettato che esula dal filo conduttore generale e lascia presagire l’ inizio di una saga che non terminerà prima di altre due puntate.
di Marianna Tentori 1B
piamo azioni bestiali anche se bestie non siamo e la cultura, la conoscenza, la saggezza sono le uniche zattere che possono salvarci. Un paese non può dirsi davvero progredito finchè non garantisce a tutti la possibilità di studiare; un uomo deve conoscere per adempire ai suoi doveri di cittadino, o verso la società in cui vive. E di nuovo, cosa più importante, la cultura aiuta la presa di coscienza, individuale e collettiva, fa rivedere azioni ed errori, fa di noi persone nuove e migliori. A proposito di quest’ultima affermazione c’è un film che consiglio vivamente a tutti di vedere: “The Reader – A voce alta”, una storia bellissima (con una Kate Winslet a dir poco meravigliosa) che, oltre che essere stata la fonte d’ispirazione di questo articolo mostra, molto meglio di quanto ho fatto io qui, quanto la cultura, nel caso specifico l’alfabetizzazione e la letteratura, possano illuminarci sui nostri tragici errori e cambiare radicalmente la nostra vita. E allora leggiamo, leggiamo romanzi, saggi, poesie, giornali, leggiamo e informiamoci sul mondo, sui nostri simili e su quello che hanno creato. Homines sumus: nihil humani a nobis alienum putemus!
di Pietro Micheletti 4B
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Cultura Unica critica che posso scrivere in questa recensione? Il film agli inizi è leggermente confusionario, di conseguenza spiazza un po’ lo spettatore non dando risposte a domande che nella vi-
sione sorgono spontanee; questo però potrebbe essere visto anche come un pregio, poichè suscita nell’ autore la voglia di vedere come il film prosegue e termina.
Concludendo è un film molto bello anche per i non amanti del genere, perciò, se volete un consiglio, guardatelo!
TELEFILM:
SherloCk e doctor who di GIulia Gotti 2B
Innanzitutto sono obbligata a rispondere a una domanda: perché scrivere di telefilm? Parce que, data la sconfinata mole dell’argomento, molte serie valide posso passare nel dimenticatoio offuscate dagli assurdi orari dei palinsesti televisivi e inoltre, e forse questo è il vero motivo, perché ne sono così invasata che rendere partecipi altre povere vittime del mio delirio mistico potrebbe farmi sentire un po’ meno un caso da manicomio. Per cominciare vorrei prendere in considerazione due tra i miei telefilm preferiti, entrambi trasmessi dalla BBC e che annoverano tra gli autori il leggendario Steven Moffatt diventati cult nel vecchio Regno Unito: Sherlock e Doctor Who. Sherlock, come si intuisce dal nome, racconta le vicende del più famoso investigatore della storia della letteratura – dopo Aristotele Detective, sia ben chiaro- ambientate nella Londra dei giorni nostri. Per ora sono state trasmesse due stagioni e ogni episodio dura circa un’ora e mezza, ragion per cui io li considero dei film veri e propri. La trama trae liberamente spunto dai romanzi di Doyle in parte contestualizzando certi temi presenti nei libri nella City del London Eye in parte rielaborandoli e inserendo delle novità che rendono evidente la bravura degli autori. Credo che questa sia la serie adatta non solo per tutti gli amanti del genere
giallo (ma dai?), ma anche per gli appassionati di telefilm e affini perché da un lato il lavoro della regia e della fotografia è encomiabile, dall’altro la sceneggiatura, avvantaggiata dal materiale che sta a monte, è magistrale. A ciò si aggiunge la scelta di un cast valido e convincente in grado di sdoganare i convenzionali ritratti dei personaggi vittoriani: è doveroso citare Benedict Cumberbatch nel ruolo di Holmes, Martin Freeman (noto a molti come il Bilbo Baggins de Lo Hobbit) che interpreta il buon Watson e Mark Gatiss, che è con Moffat autore della serie, nei panni del fratellone di Sherlock, Mycroft. Per Doctor Who invece bisogna intavolare un discorso completamente diverso: infatti, questa serie viene trasmessa dalla BBC dal 1963 e la trama ha un suo perché grazie ad un espediente che permette un continuo ricambio di attori. Il protagonista, il Dottore, un Signore del Tempo che esplora l’universo con il suo TARDIS, si rigenera ogni volta che muore: in soldoni, dopo il sufficiente numero di episodi gli sceneggiatori ammazzano il Dottore e nella stagione successiva scelgono un altro attore che ne interpreti il ruolo. Il genere di questa serie non è ben definibile dal momento che ogni puntata racchiude in sé temi che spaziano dalla fantascienza al thriller e dal sentimentale al giallo, ciò nonostante è spettacolare. Spettacolare, nel mio
modesto e ininfluente parere, perché il concetto alla base della serie (i viaggi nel tempo e nello spazio) permettono la creazione di situazioni sempre nuove e variazioni su tema. Chi avrebbe mai potuto pensare che a ispirare i celeberrimi Girasoli di Van Gogh sia stata una ragazza scozzese? O che Churchill abbia vinto la guerra grazie a dei robot alieni? Pur essendo di parte data la mia evidente e sterminata ammirazione per Doctor Who, devo ammettere che non tutte le puntate hanno lo stesso tono: infatti, purtroppo si risente del fatto che gli autori si alternino nella sceneggiatura, ma alcune sono talmente sensazionali e complete da oscurare gli aspetti negativi di quelle più mediocri. Così finisce il mio sproloquio nella speranza che vi possiate appassionare a queste serie e che le apprezziate perché ne vale davvero la pena.
Cultura
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UN FILM SPECCHIO DELLA SOCIETà di GIulia Argenziano 1B Yokohama, 1963. Una sedicenne di nome Umi vive con la nonna e i due fratellini su quella che, col passare degli anni, è stata denominata “La collina dei papaveri”. La ragazza è meticolosa, lavora ogni giorno all’ostello di famiglia seguendo una routine cadenzata e a tratti anche simbolica: tutte le mattine all’alba issa le bandiere augurali di buona navigazione, secondo il codice nautico, per i marinai che attraccano o salpano dal porto proprio ai piedi della collina, come le aveva insegnato il padre venuto a mancare durante la guerra di Corea. Parte di questa routine viene però stravolta da Shun, un giovane diciassettenne, estroverso e idealista, compagno di scuola di Umi. Lui, insieme a gran parte del corpo studentesco maschile, lotta per la difesa di un edificio storico, ormai fatiscente, da loro chiamato “Quartier Latin”. Questo luogo è per gli studenti un quartier generale, dove si riuniscono tutti i club di studio e ricerca della scuola, un rifugio del sapere e della conoscenza.
Purtroppo però questa sede è ormai vicina alla demolizione, per far posto a un nuovo edificio più moderno. Così, dopo molti dibattiti, i ragazzi si tirano su le maniche e decidono di ristrutturare con le loro sole forze il Quartier Latin, per evitarne l’abbattimento. Durante i lavori, Umi, che insieme alle sue amiche e compagne di scuola aveva deciso di aiutare nella ricostruzione, stringe un forte legame con Shun, tanto che alla fine se ne innamora. Le anime dei due si avvicinano e si scontrano, anche se attanagliate da un problema etico legato al loro passato, che li spinge a rinnegare i loro sentimenti. “La Collina Dei Papaveri” si aggiunge alla schiera di capolavori magistralmente realizzati dallo Studio Ghibli (studio di produzione cinematografica giapponese da paragonare alla Pixar) e sceneggiati dal maestro Hayao Miyazaki (vincitore di un premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2003) che per questa volta lascia il posto
di regia al figlio Goro, non meno capace o meno creativo. Questo lungometraggio d’animazione (non sono disposta a chiamarlo cartone animato) colpisce, come gli altri prodotti Ghibli, per la dolcezza e la ricerca di emozioni profonde, dei personaggi e degli spettatori. La predominanza di personaggi over 18 e la resa in forma di anime (cartone animato giapponese) non lo rendono per forza un film mirato a colpire solo gli infanti. Trovo che per un bambino il film apparirebbe solo come una semplice storia d’amore, a tratti anche un po’ noiosa. Un adulto o un ragazzo però noterebbe chiaramente che la storia non è tanto incentrata sull’amore tra i due ragazzi, quanto sul Quartier Latin e sulla sua ricostruzione. Il significato di tale scelta è infatti quello di rappresentare simbolicamente la ricrescita produttiva-economica-sociale avvenuta negli anni del dopoguerra proprio in Giappone. La voglia di ricostruire, di non abbandonare il proprio passato e le grandi aspettative verso il futuro, che il Giappone aveva in quel periodo, sono rappresentate perfettamente da una comunità studentesca che si dà da fare per far rinascere un edificio ormai fatiscente, logoro e sporco, ma allo stesso tempo sede della loro cultura. Tutto rievoca questa resurrezione della società. Per esempio, all’inizio del film le ragazze venivano lasciate fuori dal Quartier Latin e loro stesse avevano paura ad entrarvi, solo dopo che Umi si era proposta per aiutare nelle pulizie dell’edificio con la sorella, le ragazze entrano a far parte del club, partecipando attivamente, dicendo la loro. Dall’anno 1947 infatti in Giappone venne instituita una legge per la parità dei diritti a favore delle donne, che conquistavano la facoltà di ricevere la stessa educazione degli uomini e di intraprendere carriere la-
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Cultura vorative soddisfacenti, non essendo più solo spose relegate nelle proprie abitazioni. Il tema ispiratore del film è la memoria legata ai lutti della guerra, la malinconia, lo spirito di voler ricominciare da capo affidato in buona parte nelle mani delle nuove generazioni. È un film che si rivolge a chi come ieri e come oggi ha fiducia nel proprio Paese e vuole prendersene cura, un po’ come ci si prende cura di un animale ferito per riportarlo a correre felice nella natura. Lo stile non è basato, rispetto a molti film a noi contemporanei, su effetti speciali, non vuole colpire lo spettatore con grandi artifizi, non ne ricerca la meraviglia, vuole solo arrivare a trasmettere un messaggio pulito e limpido senza bisogno di grandi colpi di scena. Basti pensare che, per quanto la storia narri di due giovani innamorati, non c’è nemmeno un bacio che vada a sminuire le emozioni, solo piccoli gesti che fanno arrossire i protagonisti e vanno ad impreziosirne il sentimento. La perfezione delle immagini e della musica incorniciano il tutto rendendolo più simile ad un film con attori, piuttosto che con personaggi animati. Un vero e proprio capolavoro che non delude chi come me ha imparato a emozionarsi ancora come una bambina davanti a queste piccole perle. Vi lascio con una frase detta da Shun nel film: “Come si può pensare di costruire un futuro se si dimentica il proprio passato?” Ps: se vi ha interessato un po’ l’articolo e se vi interessa approfondire la conoscenza con queste tipologie di film, vi consiglio di vedere anche “La città incantata” e “Il castello errante di Howl” sempre di Miyazaki. Buona visione!
007 Skyfall di Giorgia Scotini 4C Oh finalmente è uscito il tanto atteso film 007-Sky Fall!! L’ultimo di questa grande saga ricca di spionaggio e folli corse contro il tempo. È proprio ciò che ci vuole per avere una scarica di adrenalina pura; è quasi impossibile star fermo o rimanere impassibile di fronte a un ultimo e fantastico episodio! Senza dilungarci troppo il film parla dell’agente segreto 007 che deve proteggere un hard-disc contenente importanti informazioni sui suoi compagni della MI6. Bond però non riesce ad evitare che il prezioso documento venga rubato, ed è appunto in questa sfida che l’agente viene colpito. Bond anche se con qualche difficoltà torna in servizio e cerca di recuperare l’hard-disc perduto, prima che le informazioni in esso contenute siano svelate. Parlando del personaggio: in questo ultimo capitolo si vede un nuovo James Bond, più umano, vivo e sentimentale. È sempre il solito spiritoso donnaiolo, ma grazie a quel colpo ricevuto per sbaglio riesce ad aprire gli occhi e a sciogliere (in parte) quella dura pietra che è il suo cuore. Accompagna que-
sto suo mutamento la famosa e meravigliosa Adele con il suo ultimo singolo: Sky Fall. Questo brano è molto profondo e riesce ad accompagnarci, a farci addentrare nel dolore di 007. Il testo ci fa capire il disperato bisogno di aiuto e comprensione da parte di James Bond di qualcuno che lo sostenga nel cambiamento ma anche che lo porti alla sua rinascita. Il regista del film ha scelto appunto di mostrare questo nuovo inizio nel 50° anniversario di 007. Il momento di presentare un nuovo Bond non poteva essere più azzeccato dell’ anniversario di questa saga che ha visto la nascita di un grande mito. È un film fantastico che penso possa emozionare anche chi non ha seguito tutta la storia e il mio consiglio è proprio quello di correre a vederlo!
Narrativa
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Lagathien Parte 2
immediatamente portare nella sala del Trono, dove il suo sovrano stava ancora studiando le strategie difensive migliori per l’ormai previsto assedio alla città. “Sire” il cavaliere si inginocchiò, ”Le forze nemiche hanno sbaragliato le nostre difese occidentali. Mi hanno seguito a poche leghe di distanza. Saper le Cappe Verdi, mille uomini ranno qui a momenti”. “Saranche rispondevano unicamente no qui a momenti”, una frase al volere del re. Gli abitanti delle che Re Janos non avrebbe mai regioni settentrionali e le Ombre pensato di sentir pronunciare non erano gli unici ad attraver- durante il suo governo, non era sare il regno; ogni giorno am- preparato, la città non era prebasciatori e Confratelli Oscuri parata, ma Lagathien avrebbe percorrevano le miglia verso la resistito, ce l’aveva già fatta Città Bianca dai confini orienta- in passato, perché non oggi? le e occidentale, guadando i “Preparate le catapulte! Tutti gli fiumi gemelli, Masco e Rotrhen, arcieri a disposizione vadano a e attraversano le pianure anti- posizionarsi sulle mura! Presto!”. che a est e le paludi del mare Il comandante delle Cappe a ovest. Mentre sempre più Verdi corse quanto più velocecontadini varcavano le soglie mente possibile fuori dalla sala della città, un malridotto cava- del Trono per dare ordini ai suoi liere guadò Masco, diretto agli uomini; mentre il Re si fermò a appartamenti del re. Gli eserciti interrogare lo sventurato cavadell’Ovest avevano ceduto: la liere sullo schieramento nemico cavalleria mercenaria era riu- e lo svolgimento della battaglia scita a fare breccia nel debole sul fronte occidentale. Poche muro di acciaio che separava i ore dopo una sentinella fece corpi degli inesperti soldati dello irruzione nella sala in cui il sovrastato dividendo il giovane eser- no stava vestendosi, portando cito in due e accerchiandolo; una spiacevole notizia: l’esergli Elfi e gli Spiriti avevano fatto il cito nemico era stato avvistalavoro sporco. Cento erano sta- to all’orizzonte e le prime linee ti presi in ostaggio, tutti gli altri stavano già facendo strage erano stati massacrati e dati in di profughi. I tamburi degli Elfi pasto ai vermi. Le ferite rallen- risuonavano nella pianura antavano lo sciagurato superstite, tistante la capitale del Regno. scampato al massacro grazie Le Cappe Verdi schierate sulle allo incredibile buon gusto del mura della città tremavano di generale elfico in fatto di vini; fronte alla maestosità dell’ecavalcava da un giorno e una sercito nemico e si chiedevanotte quando giunse in vista no se sarebbero sopravvissuti della cittadella. Una volta en- a quella notte. I cavalieri mertrato nella Città Bianca si fece cenari avanzavano, i lancieri seguivano a tutta velocità, quando improvvisamente uomini iniziarono a piovere sulle mura della cittadella. Gli Spiriti della Foresta erano riusciti ad avanzare senza essere notati e stavano lanciando i cento prigionieri, ancora vivi, catturati durante la battaglia dell’ovest. “Prepararsi alla battaglia!” Tuonò il Re, senza nascondere una velata incertezza; sussurrando aggiunse: “La grande guerra è appena iniziata”.
di Andrea Sabetta 1C (feat. draghi) L’avanzata delle Ombre dai confini settentrionali continuava incontrastata. Schiere di anime impalpabili proseguivano compatte e veloci verso il loro obiettivo, distruggendo agilmente ogni cosa intralciasse il loro cammino, fosse questa un esercito o un forte. La gente scappava lungo la strada maestra che collegava le più importanti regioni di Lagathien; lunghe colonne di profughi scampati alla distruzione di Rhaegal e del suo terribile cavaliere, Lestren. Molti erano i singoli e poche le famiglie in questo denso fiume di corpi in costante movimento. Bambini e vecchi, uomini e donne viaggiavano insieme attraverso la loro patria verso quella che ritenevano la loro unica possibilità di salvezza: la Città Bianca, capitale del Regno. Già durante la prima venuta di Lestren il popolo di Lagathien si era rifugiato nella fiorente capitale e lì erano stati al sicuro. Ora però i pericoli erano maggiori: le Ombre avevano già iniziato i loro attacchi e seguivano a un passo le carovane di profughi; l’esercito del Regno era impegnato a est e a ovest, ostacolato dalle forze oscure arruolate da Lestren e la capitale si trovava sguarnita di forza militare, eccezion fatta
Narrativa
SAGA SARPINA DI AMABILE B.
TERZA PUNTATA NELLA RISIBILE BREVITÀ DI DUE PERIODI E UNA PARENTETICA. di Davide Gritti 3A Io me Amabile B. guardo il ripiano vasto della mia libreria e vedo una unica macchia gialla, che si può spostare in drag and drop fino al soffitto e anche fuori, fino ai limiti dello spazio solcati da me stesso ed è evidente che questa non è metaletteratura, ma simbolismo, quantomeno, sta ad indicare una visione letteraria della realtà, occupata militarmente dai libri, non sostituita né filtrata, ma interpretata dai libri gialli di quell’editore là che non sono «gialli» ma iridescenti romanzi contemporanei. Ed è evidente ecco: il quoziente di oggettività dell’opera letteraria è bassissimo se rapportato al video, all’immagine in rapida successione, fotogrammatica. Alla vista degli occhi, retinica per dirla. Qualsiasi vostra raffigurazione ha un risibile margine di avvicinamento alle parole, o comunque ce ne sono troppe per dire che- [adesso provate a immaginare: si, lo ammetto ho tradito, io Amabile B. ho tradito il buon Paea W. L’ho atteso sottocasa di ritorno dallo Squash, si può giocare a squash nel mondo globalizzato, e l’ho maldestramente fotografato mentre scambiava un pesce rosso usb con Quinto Paris. Ho passato tutto sul vigilatissimo profilo d’istituto e ho atteso l’afflato di interesse come si attende un’iniezione intramuscolo. A volte il web è astenico, ossia si muove lentissimo e ti ci vogliono ore prima di avere quello che vuoi, vedi il caricamento di certi vi-
deo, il download di certi programmini, la ricezione di certe coordinate spaziali, le apps, gli aggiornamenti. Lo sapete, ovvio. Lui sostiene si tratti di un pack di upgrade per un videogioco multipiattaforma di cui sono entrambi appassionati. È cosa ben strana, dico, Paea tu non giochi ai videogiochi ( mi rendo conto che l’inesistenza del verbo inglese «to game» rende impossibile una traduzione che rispetti l’oggetto interno). Dice che lo conosco poco. Quando si mette in dubbio la mia capacità di stilare bollettini precisi mi sento come il Tonio Kroger di Thomas Mann, la sua lapide, ovvero sono stufo di «descrivere» la gente. Ho agito e adesso posso anche morire, Paea, l’ultimo dei Buddenbrock, il malaticcio. Mentre attendo la violenta reazione vedo gli occhi di W. emanare vettori verso il tavolo da pingpong, già perché non furono i tennisti ad inventarlo bensì coloro che neologisticamente chiameremo gli squashatori. A ciò li costrinse la pioggia monomaniacale dell’Essex. Cappotto mio quasi subito, partita mentale vinta. Si è immaginato la scena, tutto negli occhi, ho visto la sua sconfitta, ora posso essere azzerato. Paea afferra la racchetta da squash in lega di carbonio flex Dunlop con mano sulle corde e mi colpisce col manico, cioè è il manico a colpirmi quella zona biblica che si trova tra labbra e naso, il triangolo di Adamo. Ma la for-
23 za ce la mette lui. Se il pavimento fosse ricoperto totalmente di sangue avremmo una scena in ogni caso d’impatto. Se ci fosse solo il sangue, un sangue evocato come a dire «cominciava a fluire nel suo sangue uno speciale pigmento dovuto alla specifica composizione del granito», una cosa più neutra e meno enfatica, come solo ciò che è clinico può rivelarsi. Ma c’è solo il pavimento nella prima scena. Un pavimento per tutto lo spazio e il contenuto della narrazione è un mio furore quasi cieco ma lui è troppo troppo più temibile e io sporco di sangue non faccio altro che rendere il suo ardore inestinguibile. Mi sveglio traumatizzato sul letto, niente sangue né racchette, abiti puliti, nessun afrore diverso dal mio respiro speziato di mandorla. Deve avere senz’altro creato una tenda ad ossigeno con delle lenzuola di nylon, un secchio d’acqua e un nebulizzatore Aereosol alimentato dall’inverter della lavastoviglie, sterilizzando così il locale. Sul tavolo, rilegatura a mano in rafia puntocrociata, il dossier «Non dire mai ‹deve avere fatto senz’altro così’ quando si parla di Paea W». Ma io ho vinto, mi urlo in pancia mentre sento la stessa vibrare a tono, nella zona urdigestiva. Ho colto in fallo il mio amico, l’unico, il catalizzatore di tutta la perfezione del mondo. Adesso non ci sono più perfezioni a popolare il vuoto pneumatico della mia testa. Uno scontro che sarà la fine di cinque iniezioni di serotonina, pari a cinque anni di amicizia. Vedo già in lontananza il porto, il fuoco dell’ultima battaglia. Se la situazione non vi pare ben strana sono ben disponibile a sentire le vostre lamentele. - Ma dai è implausibile. Ma perché metti sempre degli inserti metanarrativi? - Per farvi capire che a meno che non abbiate le precise registrazioni della scena solo io conosco il colore del mio sangue, che voi subito avete pensato essere rosso, ma non è davvero questo. Se nell’universo narrativo il colore globulare primario
Narrativa
24 è nettamente giallo, come potete pensare di immaginare un emorragia biblica finita questa enorme parentetica trattinata-] potete proiettarvelo in testa: un pesce rosso usb che fluttua nel medio cavo esofageo.
puntata, sarà la fine di questa dimensione narrativa. D’altronde promette l’impossibile, una ultima puntata di inaudita piacevolezza, un diamante grezzo di pregevole fattura, sicché i lettori non rimpiangeranno certo la 5a,6a e 7a puntata che si NDA L’autore, su invito di acca- eran concordate con la direzioniti ma gentili e non violenti let- ne di Redazione. tori della rivista, ha deciso di ridurre la già breve prosecuzione “There’s more to life della saga e tiene quindi a in- than books, you know formare che la prossima, quarta But not much more”
nuvole
di Elena Occhino 5C Manette, catene, una palla attaccata alla caviglia per impedirgli di scappare, o anche solo di muovere più di un passo. Ecco a cosa si era ridotta la sua vita, quella che aveva sempre immaginato sarebbe diventata straordinaria. Tante volte, in un passato che ormai gli sembrava lontano anni luce, si era chiesto cosa si dovesse provare nell’essere imprigionato, nell’essere certi di non avere più alcun diritto, alcuna possibilità di salvezza, alcuna libertà. Be’, ora lo sapeva, per un crudele scherzo del destino. Seduto sull’unico, scomodo sgabello che gli era concesso, fissava lo sprazzo di cielo visibile dalla minuscola finestra che occupava un angolo della sua cella. Osservava quel lenzuolo grigio-azzurro come se lo vedesse per la prima volta in vita sua, ammirava le sagome bianche e soffici che lo ricoprivano, come tanti batuffoli di cotone, e cercava di capire cosa rappresentassero. Un lupo? Una pistola? Un fiocco? No, aspetta, un pennello! Non faceva a tempo ad elaborare un pensiero di senso compiuto che quelle cambiavano subito forma, si spostavano senza sapere dove andare, mosse da una forza invisibile che non riuscivano a controllare. Improvvisamente, tra quelle nuvole
vide se stesso, vide i suoi stessi occhi, le orecchie troppo sporgenti, i capelli perennemente scompigliati. Vide se stesso sorridere, come non faceva da tanto. Ma un attimo dopo, il tempo di sbattere le ciglia ed esalare un respiro, ecco che quella visione era già scomparsa, sostituita da qualcos’altro, spazzata via dal vento. Tante volte, in un passato che ormai gli sembrava lontano anni luce, si era posto domande, aveva riso, pianto, scherzato: aveva vissuto. Ma mai, in nessun momento, aveva pensato che, un giorno, avrebbe desiderato diventare una nuvola, vagare senza tempo e senza meta, e sparire. Sparire e divenire un tutt’uno con il cielo, con l’aria, con l’universo, libero di tornare ad esistere davvero.
Pubblichiamo di seguito l’articolo di Stefano Martinelli IIIB, che ci è sfuggito nella redazione dell’ultimo numero. Alleghiamo notevole quantità di scuse ai lettori e all’autore.
l’ultimo Viaggio di un sognatore illuso di Stefano Martinelli 3B Suicidio fu ciò che lesse sui giornali, subito si precipitò in camera e cercò nei numeri precedenti, senza trovare uno straccio di notizia al riguardo. Sconsolato, si trascinò in cucina e, scrutando nell’oscurità del frigo spento ne trasse una bottiglia dal contenuto vischioso e verdastro. Si gettò a terra, con la schiena schiantata contro il muro, strappò e bevve. L’iniziale senso di nausea che aveva pervaso il suo stomaco lasciò libero sfogo ad una sensazione di torpore e calore così dolcemente familiare, specialmente dopo gli ultimi trascorsi. Subito si addormentò, la testa ciondoloni accasciata sul petto. Aprì gli occhi, scosso da un ticchettio che lo turbava e lo costringeva a sbattere le palpebre ad ogni rintocco. Vagò con lo sguardo nella stanza e si accorse che la persiana della
Narrativa portafinestra era eccitata da qualche energia che proveniva dall’esterno, come un forte vento. Si sollevò e, avvicinatosi alla finestra, scostò due strisce di alluminio scorgendo la finestra aperta. Lo investì un fascio luminosissimo, abbagliante, che lo costrinse a ritrarsi rapidamente. Subito alzò la persiana e si spinse fuori, osservando l’enorme spazio bianco che gli si stagliava davanti. La casa si trovava al centro di una pianura, interamente ricoperta di ghiaccio. Esattamente di fronte all’osservatore un fiume si apriva la strada nel ghiaccio, dividendosi in prossimità della casa in modo da formare due rami distinti che si ricongiungevano alle spalle dell’abitazione. Di fronte esso si perdeva in lontananza assimilandosi al terreno pianeggiante, interrotto all’orizzonte da catene montuose che si stagliavano immense e disseminate di ghiacciai il cui riflesso brillava alimentato da un sole verticale e torrido. L’acqua era calma, perciò egli cominciò a tastarla con i piedi, finché riuscì a restare in equilibrio sulla superficie, e cominciò a risalire il fiume camminando nel suo centro. Dopo due o tre minuti, forse due o tre giorni, si voltò e vide la propria abitazio-
25 ne lontanissima, quasi un punto in mezzo al bianco. Scrutò meglio, socchiudendo lo sguardo, e rise, perché gialle gli parevano le finestre, blu le porte, verde brillante le pareti, il tetto di un nero brillante. Rise perché non ricordava che mai la casa avesse avuto una simile policromia e voltandosi di nuovo si stupì non poco della miriade di case multicolore da ciascuno delle quali altrettante persone avanzavano su innumerevoli ramificazioni del fiume. Si rimise in cammino, finché non raggiunse un punto dove numerosi rami del fiume si ricongiungevano, e miriadi di persone che camminando di disponevano su file composte e parallele per l’interezza dell’alveo. Si pose anch’egli tra le file e, camminando, si domandò se anche gli altri si fossero ritrovati catapultati lì senza un valido motivo. Sicuramente si sentiva bene, era pervaso da un meraviglioso calore, suscitato dall’astro dorato che implacabile incombeva sulle loro teste. A forza di camminare, si ritrovarono in vista del promontorio e penetrarono in una vallata dove il ghiaccio dominava l’intero paesaggio, e rocce e neve e acqua e uomini si alternavano alla sua vista. La processione umana si dirigeva len-
tamente verso il termine della conca: sul fondo si apriva uno spiraglio fra le rocce e i ghiacci, che conduceva probabilmente ad un’altra valle. Improvvisamente un gigantesco gaiser eruttò alla sua destra, così che il gruppo di persone al suo fianco fu sbalzato via. Il terreno tremò ancora, e ancora, e ancora: crepe si spalancarono ovunque, inghiottendo la moltitudine delle persone nel profondo del suolo gelato. D’improvviso lui si sentì drasticamente triste, deluso, sconfortato, tradito da quel suo mondo stupendo e colorato, tanto che scoppiò in un pianto sguaiato e singhiozzante. Le sue lacrime assumevano i colori dell’arcobaleno, ma spenti, opachi, insipidi. Lentamente si unirono alle lacrime di tutti i sopravvissuti, che riempirono la valle di un manto multicolore mortalmente cupo, tanto che anche il cielo si sentì in dovere di ricoprirsi di nembi marroni e lividi. Fu un istante, un rombo, una crepa nel terreno, anch’egli sprofondò nell’abisso. La porta della stanza si spalancò, due uomini entrarono e trovarono il suicida a terra, accasciato contro la parete. Nella mano destra, una bottiglia vuota. Nella sinistra, un giornale. Sopra, la sua foto.
Narrativa
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lago del destino Sarpina
Commedia
di Sara Pesenti 5F Un lieve soffio di vento originava un leggero moto ondoso incrinando la calma piatta del lago. Questo muoversi di piccole onde rendeva ancor più evidente il fluttuare di sagome evanescenti al di sotto del pelo dell'acqua, fino alle profondità del bacino. L'unico suono era quello delicato del vento al contatto con la superficie del lago, poiché Lui taceva. Stava ritto accanto alla riva, con lo sguardo rivolto in avanti, perso di fronte alla distesa di colore indistinto, quasi violacea in certi punti, illuminata da bagliori candidi e allo stesso tempo inconsistenti. Sembrava riflettere, ma in realtà nella sua mente c'era immobilità assoluta. Gli mancava il coraggio. Dopo tanti viaggi a vuoto, difficoltà, pericoli, era a un nulla dal suo obiettivo e non trovava la forza per compiere il passo decisivo. Aveva paura. Paura di ciò che avrebbe scoperto, di ciò che avrebbe conosciuto, dell'ignoto. Fissò le sagome all'interno del lago. Nomi, destini: due parole per indicare la stessa cosa. Grandi, piccoli, più allungati o meno a seconda della loro compiutezza. Guardandoli fluttuare si chiedeva tra questi quale fosse il suo e che aspetto avesse. Già, perché Lui non aveva un nome, non ancora almeno. Era semplicemente un generico Lui senza alcuno scopo o obiettivo. Era perso. La sua esistenza era vuota poiché non poteva avere un futuro rischiando di andare contro il suo destino. Per questo che era giunto fin lì. Tutte le persone che conosceva avevano già trovato da tempo il loro nome, che si era manifestato in diversi modi e ora vivevano felici senza paura di compiere lo Sbaglio, ovvero di contraddire il fato. Lui no. Ormai da molto, troppo tempo avrabbe dovuto ricevere un segnale, comprendere anche
solo scorci di ciò che doveva essere di lui, ma nulla. Allora si era deciso a favore dell'unica soluzione che l'avrebbe strappato da quello stato di ansia costante, ed eccolo lì, di fronte a Sheira, il lago del destino. Ci erano voluti anni per trovarlo e molte fatiche, nessuno conosceva la sua ubicazione, eccetto i Guardiani, coloro che vigilavano sulla sorte degli uomini. Al pensiero dei Guardiani si riscosse. Se lo avessero trovato in quel luogo sarebbe stato punito. Infatti era proibito cercare il proprio nome dentro il lago: esso andava compreso e scoperto durante la vita, all'interno di se stessi e attraverso piccoli segni rivelatori. Lui non ci era riuscito e per questo ora se ne stava lì, tremante di paura. Sapeva che alla fine l'avrebbe fatto, ma non riusciva a decidersi. Aveva mille dubbi in testa: come avrebbe fatto a riconoscere proprio il suo nome tra tutti quelli dell'umanità? E se avesse sbagliato? Cosa sarebbe successo se avesse preso il destino di un'altra persona? E poi: se il suo destino non gli fosse piaciuto? Se fosse stato inadatto a lui o malvagio? Tormentato da queste domande era immobile, con il volto contratto, quando vide un nome che si muoveva più velocemente degli altri nell'acqua del lago, un nome che sembrava guizzare più che ondeggiare. All'improvviso capì e subito si tuffò. Quando riemerse nei suoi occhi c'era una luce completamente nuova. Era felice. Avrebbe aiutato le persone perse come lo era stato lui. Perché era Alessandro, il Protettore degli uomini.
di Palu 1C
Faceva l’helio capolin tra i monti quel dì ch’a schola i’mi recavo e fummo per tornar più volte volti, ‘ché a del compito pensier i’già tremavo -d’analisi poetica era lo tema’n classee nel poeto non ardito i’speravo. Capitòmmi le rime poco lasse de lo “Mattin” di mastr’Ungaretto, sì brevi che manco vi pagasse tasse. Mi accinsi a scriver co lo Bic stiletto quel che ne le savie sue parole volea dir quell’hom che ho detto. Ma i’non pensava che tre sillabe sole potesse usar per dire altro se non che era sorto il sole. Ingegnòmmi allor con intelletto scaltro di trovar del monte valicamento che mi svelasse significato altro; forse d’una barza avea ridimento o più verisimilmente sul pitale trovato avea cagion di gioimento. Fatto sta che errore madornale mi costò d’essermi a lungo soffermato su la prima faccia del compito infernale, giacchè com’ebbi foglio girato vidi con la mia vista avvezza che tre poesie aveo dimenticato. Colto in pien da l’amarezza udii lo grido de la campana e persi la speranza de l’altezza.
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homo sarpinus ≠ homo sportivus di Alberto Balestra 3D E’ questa l’equazione che vorrei cancellare dal libro delle memorie di ogni Sarpino che è costretto a abbandonare il proprio sport per la propria scuola. Potrei citare una casistica sterminata: da chi ha dovuto lasciare la pallanuoto perché quattro ore di allenamento a settimana più la partita il sabato erano inconciliabili con lo studio a chi si è dovuto accontentare di qualche ora al mese di nuoto perché non riesce a sostenere un corso agonistico, da chi ha chiuso con l’atletica o la palla volo a chi non può più infilare la palla in un cesto. Vorrei farti un domanda caro lettore: quale figura rappresenta meglio lo stereotipo di Sarpino? Non rispondermi Usain Bolt o David Beckham perché ti farei ingoiare il Cassandra che stai leggendo, al massimo potresti rispondere il rachitico Leopardi. Tuttavia qualcuno potrebbe obbiettare che se uno la voglia ce l’ha può far tutto. Col cazzo!!! Prendiamo l’esempio di uno sport di squadra: potrei avere tutta la voglia del mondo, ma se il giorno dopo l’allenamento avessi un tema o una verifica di matematica (nonostante il mio totale menefreghismo della scuola) preferirei stare a casa a ripassare in modo da non prendere un quattro il giorno dopo, però saltare un allenamento, ai livelli a cui giocano quelli della mia età, significa saltare la partita del sabato, il che mi farebbe assai girare. D’altro canto “mens sana in corpore sano” dicevano i latini, o mi sbaglio? Non sono forse i latini e i greci che ci hanno insegnato il rispetto per il nostro corpo? Chi ha inventato le olimpiadi? Cosa avrebbe scrit-
to Pindaro senza eventi sportivi? E dove starebbe l’elmo di Temistocle senza le olimpiadi? (tanto per la cronaca è un elmo con scritto il suo nome donato per la vittoria alle olimpiadi, ora al museo di Olimpia) Guardiamoci intorno e riflettiamo su quello stupido nozionismo che ci infilano in testa i nostri professori di latino e greco (la maggior parte dei quali, detto tra noi, non sfoggia proprio una forma smagliante, ma va beh, neanche io sono proprio un bronzo di Riace): studiamo una cultura che metteva sullo stesso piano del’educazione lo sport, che a sua volta dovrebbe avere in sé un valore educativo. La stessa suddivisione della nostra scuola (derivante dal greco) dovrebbe essere sintomatica di un’estrema importanza data all’aspetto del “corpore sano”, visto che ginnasio e liceo erano luoghi in cui si praticava principalmente lo sport oltre che lo studio, ma evidentemente questi due termini hanno perso di significato. Ma la scuola si impegna a restituire sotto qualche forma lo sport che sottrae agli alunni? Direi proprio di no visto che non si riescono mai a fare campestre, gare di nuoto, selezioni di sci, selezioni di atletica nello stesso anno, e anche se ci sono, non tutti riescono a parteciparvi perché non recepiscono la comunicazione, e se tutti vi partecipano, non c’è la fase provinciale. Per di più il Sarpi non comunica (non so se per partito preso o altro) altri eventi sportivi come i campionati studenteschi di vela. Allora qualcosa potrebbe venire dagli stessi studenti: il buon Carletto si sta molto impegnando e gli faccio i complimenti (mi riferisco a Carlo Bellazzi), ma rimane
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pur sempre uno studente quindi non potrà mai organizzare cose troppo in grande; la consulta? Cinque anni che sono qui e non ho mai sentito parlare dei famigerati “tornei della consulta” al Sarpi (forse perché non esistono proprio?). Cosa possiamo dire per finire? Niente se non: “Correte froci!!!” (cit. Lino) P.S.: non vorrei che il messaggio di questo articolo fosse interpretato come “il Sarpi uccide lo sport, maledetto bastardo!!!”, ma come una riflessione sul fatto che se uno ragazzo del 21esimo secolo vuole fare bene questa scuola, il che è legittimo, deve rinunciare ad uno sport fatto seriamente, per colpa di una didattica ferma al 18esimo secolo.
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RESOCONTO APPROSSIMATIVO DI UN SALTUARIO FERRARISTA DELLA DOMENICA
Grosjean; probabilmente sotto l'effetto di stupefacienti, crede di essere trasparente e di poter passare attraverso le macchine. Chissà che sorpresa quando si è trovato a sbattere su Hamilton e su Alonso! è rimasto talmente traumatizzato dallo scoprire che non era trasparente che 3 gare dopo, in Giappone, ci ha riprovato. Purtroppo, per lui e per Webber, la situazione non è sembarata cambiare, altro incidente per Groasjean e per Alonso che alla prima curva urta Raikkonen. Da qui in poi tutto si mette male, la sopracitata fortuna del crucco colpisce Vettel e la Red Bull che tornano a vincere, fino ad arrivare all'ultima gara del mondiale in Brasile. Solo con un miracolo Alonso può portarsi a casa il mondiale: miracolo che sembra avvenire quando Bruno Senna manda Vettel in testa coda, i ferraristi, per la seconda volta in una stagione sono pronti ad appendere le bandiere sul terrazzo. Purtroppo però niente può battere lo spropositato fondo schiena della cancelliera Merkel e soci, infatti Vettel recupera brevemente le posizioni perse (anche con l'aiuto di due safety-car) chiudendo il mondiale in 7 posizione a più tre sul ferrarista ispanico, gli italiani sono costretti a riportare in cantina le bandiere con il cavallino, speranzose di trovare l'anno prossimo un posto sul balcone del ferrarista intenditore domenicale di formula 1
di Fabio Tandelli e Mattia Gamberoni 4A E' il 29 luglio,l' undicesimo gran premio della stagione è terminato, da quando i piloti hanno passato la bandiera a scacchi e l'arrivo, la loro testa è andata in vacanza, si tirano le somme di un avvio di stagione che ha visto un buon Alonso ma un Vettel che sembra avere perso il suo smalto, un Vettel che non riesce a far girare la macchina ( e la fortuna) come vorrebbe. Per questo il suo inizio è deludente: 1 sola vittoria in bahrein, ma soprattutto non si vede più quel pilota che aveva shockato il mondo con quelle sue gare fredde ma perfette. Gli intenditori improvvisati della domenica sono d'accordo sul fatto che ormai Alonso e la Ferrari hanno gia vinto il mon-
diale e che la Red Bull non è stata altro che un interruzione momentanea sul albo d'oro delle corse di Formula 1 che vede la Ferrari come unica vera scuderia che ha saputo rimanere competitiva con continuità nel corso degli anni, l'unica casa automobilistica che da sempre è protagonista. Questi intenditori però nei loro calcoli non avevano considerarto un fattore imprevedebile: non avevano calcolato che uno svizzero su una lotus avrebbe potuto rovinare il mondiale a noi poveri ferraristi che avevamo gia comprato le bandiere da appendere sul balcone a novembre. Infatti eccolo lì, puntuale alla gara in Belgio il signor Romain
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aCRONIMI
di Letizia Capelli e Sara Moioli 3A
Cortesemente Arresta Dovresti Ritornelli Essere Tediosi! Silenzioso! Ecco Accidenti, Sarai Non Influenzato Capisci??? Orsù! Tutte (Cartesio è morto di freddo in Interpretazioni Svezia) Sbagliate!!! Kazzo! Affogati Nel Torrente
Hai Estirpato Genitali, Esecrabile Lombrico Vai A Scrivere Armony Razza di Imbecille (licenza poetica) Certamente Io Consiglierei E Raccomanderei Orgasmi, Non Elucubrazioni Potevi Anche Restare Immobile Nell Inerzia Ma Omero Non Traduci, Inventi!!!!!!!!!!! (siamo in periodo di elezioni, non mi permetterei di parlare di politici contemporanei. Io parlo del cretino che crede di aver tradotto l’Iliade)
Domenica Io Ozio Ma Ancora Non Zittisci? Obliviati, Nonno Integralista! Come Obbi Mangio Umani Neonati Infanti. Sono Teneri Assai
de merdae di Paolo Bontempo 1D Once upon a temporibus, canis non cagavit never. Sed uan dies suo dominis perit. Canis in luctu pianget, tamen non cagavat. Medicus dietologus try to farlus cagares with novi medicinae metodi. Sed Stiticus a vitae pareva rimanere. Animus subdolus, varius, simulator ac dissimulator…but non cagavat! Canis decrevit cagare, erat troppus grassus. Sedit in publicus cessus et si sforzit di bbestia, sed cacca non uscivat. Disperatus erat, canis volevat suicidarsit. Et si suicidò, perit solus, sine domini, sine amicis, sine soldi, sine felicitàs….MERDAE VITA
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ipse dixit I^B
nale dove oggi costruiamo una sedia?!
Pusi: Galante, se non la smetti di fare queste battute ti faccio Frattini (correggendo la versiouscire dalla finestra attraverso ne): e questo lo deduco dall’ale grate, in piccoli pezzi! nalisi, non dalla compulsazione sfrenata di quel l’oggetto nefaRavi: dato che stiamo facendo sto chiamato vocabolario! matematica, potremmo parlare del più e del meno… Elzi: comunque profe il caso non esiste Divi: posso bloccare la sim Pusi: ecco Elzi, tu purtroppo sì e usare il cellulare? Pusi: no! Ma non hai una calcolatrice? (il paradosso di Achille e la tarCompra un fustino di detersivo taruga) Elzi: io e Pizzighini abche te la regalano! biamo ipotizzato che la tartaruga prima o poi si stanca Ravi: profe, ha una caramellino Pusi: e magari Achille si fa un per la gola? Pusi: no! e anche brodo di tartaruga se ce l’avessi non te la darei! (poco dopo) scherzavo RaPusi: Ravina spero che i cani ti vina… non ce l’ho, mi dispiasbranino ce…....anzi no, a dire la verità Ravi: profe sa che domenica non mi dispiace porto il mio cane ad una mostra di bellezza? Pusi: davvero? Pusi: tutti i fisici sono pazzi, ma Galante non l’hanno preso? non tutti i pazzi sono fisici, tipo Elzi! Pusi: Ma Di Vita, c’hai impacchettato il kebab con la verifiZappoli (parlando del giorno ca? dell’interrogazione): con calma, senza ansia…CI AVVICIRavi: his wife died last year. He’s NIAMO ALL’ORA X! L’ORA DECIa window SA DAL DESTINO!! Gentilini: window? no… widow Milesi (al computer): sì ragazzi, io parlo con le macchine…le insulto anche, ma qui mi trattengo…(poco dopo) su, macchina deficiente!
Danny(con il suo accento così fucking english): ehm… raspo? Classe: cosa?! Danny: grande rana… raspo? Classe: aaah ahahah rospo!
Zappoli: Ravina spostati davanGentilini: so, Argentario? ti…Dio lo vuole! Argi: Argenziano, prof! Zappoli (interrogando): ma c’è attenzione durante queste interrogazioni? Qui deve regnare il TERRORE!!............. Regna il terrore?? Pusi (riferito a Galante che maneggiava una sedia): Ma Galante siamo all’istituto professio-
2^B ZAPPOLI: "Ho fatto tanta gavetta nelle sezioni basse.. Ma ora sono nell'Olimpo!" ZAPPOLI: "Dovremmo fare Abelardo.. Ma non abbiamo tempo di fare Abelardo, quindi lo zompiamo clamorosamente!" ZAPPOLI: "Alberto, chiudi la porta!" MARIA: "Guardi che si chiama Federico.." ZAPPOLI: "Per voi è Federico, per me è Alberto. E' il suo nome di battaglia." ZAPPOLI: "Gotti, oggi sei attentissima, il tuo comportamento è en-co-mia-bi-le. Solo, tirerei su quella spallina.." GOTTI: "Ma è fatta apposta.." ZAPPOLI: "Il tuo abbigliamento è degno di CEN-SU-RA!" ZAPPOLI: "Oggi non mi capite proprio. Com'è quel sistema della Apple? Ah, sì. Voi siete in un cloud e io sono in un altro cloud." ZAPPOLI: "Meno vicini siete a me, più appunti dovete prendere: proporzionalità inversa tra vicinanza e attenzione, dovuta alla minor influenza del mio carisma!"
ZAPPOLI: "In effetti qui il libro non è molto chiaro.." MARIA: "Allora non ci può dare Frattini (traducendo) etsi! Elzi: un appunto?" ZAPPOLI: "No, non voglio didica! Frattini: no… Etsi. ventare l'oracolo della filosofia, Zappoli: leggete il paragrafo altrimenti se tra vent'anni non capite qualcosa cosa fate? Mi 6.3 chiamate al telefono?!" Ravi: ma non esiste! (poco dopo) Zappoli: avete letSCIARROTTA: "Anche la specie to il 6.3? Vi è piaciuto? umana ha bisogno di riprodursi. Ravi: era un po’ difficile!
Terza Pagina Io ho fatto la mia parte, ho avuto tre figli.. E anche Federico!" (la classe si volta, scandalizzata, verso Federico). SCIARROTTA: "Ma sì, Federico.. anche tu hai due fratelli, vero?"
31 MISSALE: "Noi al Sarpi non vediamo il mondo, vediamo una società di eletti. Per vedere il mondo bisogna andare all'Orio Center!"
terrogati. Colombo, faremo una colta conversazione sul primo Quattrocento!" COLOMBO: "Temo che la mia più che coLta sarà coRta.."
GOTTI: "Io pensavo che la FarBONAZZI: "Qui abbiamo biso- nesina fosse un posto vicino alla gno tutti di un rituale di purifica- Palestina.." zione.. Ma cosa stiamo facendo?!" ZAPPOLI: "Quanto è lunga la guerra dei sette anni?" SCIARROTTA (guardando lo GOTTI: "A occhio e croce, direi schermo del PC): "Ragazzi, sette anni.." perchè non mettete qualcosa ZAPPOLI: "Intendevo sul libro di di bello sullo sfondo, tipo Brad testo!" Pitt?" GOTTI: "Allora sicuramente troppo." ZAPPOLI: "..e giungiamo così alla fisica Newtoniana." ZAPPOLI: "I vostri banchi semMARIA: "Ah, la storia della mela!" brano un tavolo dell'osteria! ZAPPOLI: "Maria, tu hai la ten- E quelle cuffie?! Siamo sul filo denza a volgarizzare i concetti: dell'illegalità!" non va bene." MARIA: "Ah, l'interessante vicen- GENTILINI: "Se vi trovo ancora da attraverso la quale Newton disattenti il vostro 8 diventa un ha saggiamente compreso la 4; poi lo moltiplico per 6 e lo dilegge di gravità! Va meglio?" vido ancora per 2!" GOTTI: "sono disattenta, proBONAZZI: "Se voi mi dite che fe!!!!" fino a questo punto il testo era complesso, quella è la porta GRITTI: "Ovviamente le lettere di (dell'aula), quell'altra è la por- Cicerone erano private." ta (della scuola), e andiamo a BONAZZI: "Taglierei l'ovviamenspasso, che è meglio!" te.. Perchè, Gotti?" GOTTI: "Perchè Gritti non è CiMISSALE: "E tu cosa ne pensi, cerone, dunque non può sapeAndrea?" re cosa Cicerone volesse fare ANDREA: "Fosse per me, mi riti- delle sue lettere." rerei in campagna, lontano dal BONAZZI: -.-” consorzio umano." MILESI: "Vengano fuori gli in-
MILESI: "Mantegna o Piero della Francesca: chi fa miglior uso della prospettiva? Discutetene!" GOTTI: "Ma questa è una singolar tenzone!!" CAMILLA: "Ma poi lo nomina lei un vincitore?" MILESI: "Ssssh! Gli applausi alla fine!" BONAZZI (commentando la traduzione di Masserini): "Occorrerà precisare a cosa si riferisce quell'unum.." MASSERINI: "A una delle tre dottrine presentate in precedenza.." BONAZZI: "Ma nella tua traduzione non era così!" MASSERINI: "Lo so, perchè poi mi avrebbe chiesto a quale delle tre, e io non avrei saputo risponderle!" Riassunto e interpretazione della circolare sull'orientamento scolastico ad opera del prof. Zappoli:"Popolo Bue! Sollevate lo sguardo dalle mangiatoie, guardate le stelle: è il vostro destino. Cos'è quello, Gotti? Uno sguardo bovino? Non va bene." ZAPPOLI: "Che cosa pensate che faremo oggi?" GOTTI: "Secondo me oggi pomeriggio viene il sole.."
La commissione Cinema e il professor Cuccoro organizzano un cineforum per tutti i venerdì del mese di marzo in sede nel primo pomeriggio. Ecco date e titoli dei film: Venerdì 1: “I cannibali” di Liliana Cavani Venerdì 8: "2001:Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick Venerdì 15: “Iphigenia” di Michael Cacoyannis Venerdì 22: “Lola”di Rainer Werner Fassbinder
La REdazione Anno XXVII numero 72
DIRETTRICE: Montanini Benedetta IIIA VICEDIRETTORE: Barboglio Glauco IIIC SEGRETARIE: Brembilla Micaela IIC e Testa Giulia IIB CAPOREDATTORI (in ordine rigorosamente alfabetico): Attualita': Raimondi Pietro 1D Cultura: Teli Lorenzo IIIC Narrativa: Gritti Davide IIIA Sarpi: Piazzalunga Arianna IIIC Sport: Crippa Alberto IVZ ovvero Balestra Alberto IIID e Crippa Federico IIB Terza Pagina: Boukas Filippo Alessandro Ruggero IIIC COMMISIONE TOGNI Copertina: Togni Stefano IIIA Impaginazione: Raimondi Pietro ID Illustrazioni: Caldi Silvia IIB, Filippi Barbara ID, Ceresoli Chiara, Balbis Camilla REDATTORI: Argenziano Giulia IB Balestra Marco IVE Bontempo Paolo ID Cagnin Marta IID Calini Andrea III I Capelli Letizia IIIA Carraro Adele IV C De Leo Elena IIIB Donadoni Chiara VD Gnecchi Luca IIID Latorre Sara VD Lionetti Federico IC Marchionne Lucia IV E Martinelli Stefano IIIB
Micheletti Pietro IVB Moioli Sara IIIA Montanini Alice IIIA Moreschi Elena VF Nobile Niccolo' VF Occhino Elena VF Onori Silvia IIIA Paludetti Michele IC Paludetti Alice 4F Pesenti Sara VF Rigoni Laura IIC Ranaldo Francesca ID Sabetta Andrea IC Scotini Giorgia IV C Signori Valeria VD Sottocasa Paolo IIA
Questo numero è stato pinzato con la collaborazione di alcuni simpatici excassandrini!
Anche Così è Meglio di DSAS
Tentori Marianna IB Togni Aronne III I Vestri Altea ID Vitale Giulia VD Zanchi Sara VD Zinni Francesca IVA