Cassandra - Maggio 2012

Page 1


Editoriale

maggio 2012

2

Auschwitz ci insegna l’humanitas Essendo questo un editoriale, sarebbe mio dovere informarvi sui contenuti degli articoli di questo numero o passare in rassegna le ultime notizie dei quotidiani. Ma dopo il viaggio-pellegrinaggio nei campi di sterminio, organizzato dal prof. Mangini, che le classi seconda A e B hanno concluso poche settimane fa, non posso astenermi dal fare su questa esperienza qualche considerazione, che credo possa risultare interessante per tutti. Si sentano coinvolti anche, e soprattutto, gli studenti - la maggioranza dei sarpini -che non hanno preso parte al viaggio, perché la maledizione di Primo Levi, “meditate che questo è stato”/”o vi si sfaccia la casa,/la malattia vi impedisca,/i vostri nati torcano il viso da voi”, grava dal 1947 su ogni abitante del Pianeta. E si sentano coinvolti in quanto parte del genere umano, perché, dal mio punto di vista, se un imperativo possiamo portare a casa, insieme a qualche foto delle baracche di Birkenau, è quello della consapevolezza dell’appartenenza del singolo ad una natura condivisa da ognuno, da cui necessariamente conseguono la comprensione e la benevolenza verso gli altri. Ciò che gli antichi senza tante perifrasi definivano “humanitas”. Sembra assurdo pensare che sia necessario andare ad Auschwitz per comprendere profondamente, riempire di contenuto un concetto che studiamo a scuola, applicato a Terenzio e Cicerone. Infatti non è così: non si torna dalle fredde pianure polacche con la scienza infusa, con un amore indistinto per ogni esponente del genere umano o con un’ipersensibilità al tema del razzismo. Magari fosse così: una visita scolastica annuale ai campi di concentramento sarebbe sufficiente a vaccinarci contro la crudeltà umana. Eppure non si può negare che un viaggio del genere è in grado di cambiare l’approccio alla realtà, il punto di vista sulle cose. Non a caso molti dei partecipanti al “pellegrinaggio”, durante le due ore del viaggio di rientro dedicate dal prof. Mangini allo scambio di impressioni e sensazioni post-esperienza, hanno denunciato un cambiamento del loro atteggiamento, ad esempio nei confronti dei genitori, o la volontà di realizzarlo. Siamo ancora allo stesso presupposto: sembra quasi che, per approfondire il nostro sguardo sul nostro mondo, per capire l’importanza dell’affetto materno, così come per cogliere il senso dell’humanitas, dobbiamo raggiungere un’isolata località polacca. È comprensibile che penetrare il male assoluto, la massima abiezione mai raggiunta dall’uomo, costituisca un’occasione di riconoscimento della nostra condizione di “benedizione”: dopo aver visto i cumuli di capelli tagliati dalle SS ai prigionieri e i mucchi di scarpe sottratte ai bambini al loro arrivo, non si può non pensare che i nostri problemi quotidiani, se confrontati al dolore indicibile di chi ha vissuto la Shoah sulla propria pelle, siano meno che insignificanti. Ma non bisogna fare l’errore di portare ad Auschwitz solo il cuore. È necessario andarci anche con la testa. Il nostro viaggio è iniziato proprio con questo proposito, su suggerimento del prof. Mangini: non lasciare che i sentimenti e le reazioni emotive inevitabilmente suscitati dai luoghi della sofferenza si imponessero sulla necessità di riflettere “a mente fredda” né che avvenisse l’opposto. Apparentemente sono due obiettivi facilmente raggiungibili. In realtà, tuttavia, c’è il rischio di andare ad Auschwitz impreparati, dal punto di vista della “testa” o da quello del “cuore”. E se predisporre i cuori al viaggio non è difficoltoso - oggi siamo abituati fin da bambini a vedere i film sulla Shoah che vengono trasmessi nel giorno della Memoria e le immagini delle camere a gas, cosicché siamo tutto sommato poco impressionabili di fronte agli orrori dei campi reali - avere le teste pronte non è così semplice: significa essere culturalmente preparati, conoscere la Shoah dal punto di vista storico, leggere e ascoltare le parole dei testimoni. Il viaggio delle seconde A e B è iniziato l’anno scorso, con letture, incontri, lezioni; dal mio punto di vista la visita ai campi che abbiamo fatto ad aprile non è stata che una verifica di ciò che abbiamo studiato, la punta dell’iceberg.


3

maggio 2012

editoriale

Così deve essere conosciuta e ricordata la Shoah. Vedere Birkenau e Mauthausen senza aver letto il diario di Anne Frank o un’opera di Primo Levi vanifica l’importanza, l’utilità che la visita potrebbe assumere. Importanza e utilità che non hanno implicazioni esclusivamente private: un viaggio consapevole ad Auschwitz non è utile solo al singolo, per riconoscere la propria condizione privilegiata (la “benedizione” a cui accennavo sopra), ma è necessario alla sensibilità e all’elaborazione storica di un intero Paese, a quella che definiamo “Memoria”. Neppure conoscere la Shoah con un buon livello di approfondimento dei fatti ci rende completamente immuni alla possibilità di far accadere tutto nuovamente: nulla impedisce che gli studenti di seconda A e seconda B possano in futuro diventare neonazisti. Figuriamoci se ciò non è possibile con chi va ad Auschwitz impreparato o non ci va affatto. Perciò, lungi dall’essere positiva a priori, la visita ai luoghi dello sterminio non è connotata moralmente: ciò che possiamo connotare come “positivo”, “utile” o come “negativo”, “non funzionale” è il significato che attribuiamo a questa esperienza e le conseguenze che ne traiamo. Tra le conseguenze che possiamo trarre c’è, appunto, l’”humanitas”. Dopo il viaggio non ci si può non sentire più umani nel senso più alto del termine; dopo essersi addentrati negli esiti peggiori della razionalità umana non si può che, per reazione, assumere l’imperativo dell’uso positivo della nostra ragione. È banale, ma è forse l’unico precetto, oltre all’obbligo di ricordare, allo “scolpitele nel vostro cuore” di Primo Levi, che possiamo ricavare da un’esperienza storica, quella della Shoah, che, per la nostra lontananza fisica e temporale da essa, continua in gran parte a sfuggire alla nostra capacità di piena comprensione. Benedetta Montanini, II A


Sommario SARPI

- Intervista al prof. Moretti - Documento di Analisi Del POF - Commissione Stupidità: Un resoconto

Attualita'

- Musica specchio della società? - Il topless che fa riflettere - L’Opinione - Un grande pensatore classico

- Musica strana e adorabile per person strane - Zeus Viene Sconfitto - Simone Pianetti: Storia di Sangue (...) e Anarchia - Fili Spezzati

Cultura

- Milan VS Juventus: La Sfida Infinita

Sport Narrativa

- Le buone maniere prima di tutto

- Piccole cavolate da Sarpi per tirare su il morale ai quartini - Interview to Danny - Ipse Dixit - Joseph The Bunny - L’epopea Delle T-Shirt

Terza Pagina


Sarpi

maggio 2012

5

Intervista al Prof. Moretti Sul registro elettronico

1) Il registro elettronico è stato presentato agli studenti soprattutto come mezzo per registrare le assenze e comunicarle ai genitori pubblicandole in internet. È questo il suo principale scopo o è informatizzare gradualmente la maggior parte delle procedure burocratiche (circolari, permessi di entrata e uscita anticipata, comunicazioni varie)? Desidero innanzi tutto ringraziare i rappresentanti degli studenti in consiglio di istituto per avermi offerto la possibilità di chiarire alcuni aspetti relativi all’argomento “registro elettronico”, pur con la doverosa premessa che le opinioni da me espresse rappresentano solo ed esclusivamente il mio pensiero e non coinvolgono in nessun modo il consiglio di istituto o la dirigenza del Liceo. È evidente che la registrazione informatizzata delle assenze, dei ritardi e dei permessi è solo una delle molteplici funzioni che si richiedono a un registro elettronico e che quindi si tratta di un primo passo verso una completa informatizzazione delle procedure amministrative dell’istituto: in un’ottica di medio termine occorre cioè pensare, secondo me, alla totale sostituzione dei registri cartacei (sia quelli di classe, sia quelli personali) per adeguarci a quelli che sono ormai gli standard

“normali” della maggior parte degli istituti superiori (tanto per fare qualche nome: Lussana, Mascheroni, Vittorio Emanuele, per restare a Bergamo; se si vuol dare un’occhiata a ciò che accade nel milanese, si può vedere il glorioso liceo Berchet. E così via.). Non solo. Sarebbe opportuno estendere progressivamente tale processo anche ad altri aspetti della vita scolastica: le comunicazioni interne alla scuola, la gestione dei verbali dei consigli di classe e degli scrutini, le pagelle. Si comprende che di per sé la rilevazione delle assenze, se isolatamente considerata, non ha molto senso, in quanto svincola questo specifico aspetto dalla più generale gestione del registro di classe, con un meccanismo troppo complesso rispetto ai benefici che pur se ne possono ricavare. 2) Riguardo al sistema attualmente in uso per tutte le classi per la rilevazione delle assenze, quali sono le differenze rispetto al badge?

Ricordo che quello attualmente in uso è il terzo strumento introdotto al Sarpi in questi ultimi anni per la rilevazione delle assenze. Il penultimo in ordine di tempo, il badge appunto, presentava alcuni limiti oggettivi: le continue

dimenticanze (volontarie o meno), i possibili abusi da parte dei cosiddetti studenti-pianisti (mi riferisco ovviamente a quello che accade durante le votazioni in parlamento, non agli alunni del corso musicale!), l’onere eccessivo di lavoro per la segreteria, che ultimamente non controllava più i tagliandi con le giustificazioni e, aspetto non indifferente, i costi decisamente elevati. Lo strumento attuale risulta più semplice da gestire per la segreteria e non ha costi aggiuntivi per la scuola, poiché fa parte del pacchetto di applicativi della ditta Argo, di cui la nostra scuola si serve da anni per la gestione di tutti i dati relativi agli alunni e ai dipendenti. Sono tuttavia del parere, come ho detto prima, che questo strumento da solo sia sostanzialmente inutile se non inserito in un contesto più ampio di informatizzazione complessiva delle procedure amministrative. Mi permetto un’ultima osservazione su questo punto: ho sempre ritenuto irrilevante (come insegnante e soprattutto come genitore) l’obiezione secondo cui l’uso del registro elettronico sarebbe segno di scarsa fiducia da parte dei genitori nei confronti dei figli; io credo sinceramente che il rapporto di fiducia tra genitori e figli non dipenda dalla possibilità (che non è un


Sarpi

maggio 2012

per poi scoprire che il libretto ha finito le pagine, oppure che il docente deve scappare in un’altra obbligo) di verificare su internet classe e non ha tempo; a volte le assenze o i voti del proprio non sai nemmeno se quella era figlio ma da ben altri elementi. proprio un’interrogazione o cos’altro…); per il docente, il 3) Quali sono esattamente le vantaggio di avere strumenti funzioni di cui lo strumento statistici per analizzare dispone? l’andamento della classe o del singolo alunno; di vedere in Al pari del software una sola tabella le assenze senza precedentemente in uso (il dover contare le A nei quadratini badge, tanto per intenderci), del registro (e mai una volta anche quello attuale possiede che quando il coordinatore numerose potenzialità: le più consegna le pagelle ci sia perfetta importanti sono sicuramente la concordanza…); di avere un possibilità di eliminare i registri foglio di calcolo automatico che cartacei (quelli di classe, che fornisce la media dei voti come nella nostra scuola per alcune base per formulare la proposta classi sono addirittura doppi, di voto in sede di scrutinio, uno per la sede e uno per la senza doverseli ricopiare tutti in succursale, e quelli personali Excel o dover fare i conti con la dei docenti), di informatizzare calcolatrice (tutti passaggi che le procedure degli scrutini moltiplicano il rischio di errori (oggi gestite con anacronistici materiali); di non dover più sistemi artigianali che creano temere l’errore di trascrizione più problemi di quanti non ne nel verbale di scrutinio (perché risolvano), di pubblicare online i voti verrebbero “pescati” le pagelle, di prenotare i colloqui direttamente dal database sulla con i docenti (senza dover base del quale sono stampate le aspettare che il figlio, munito di pagelle); la possibilità di vedere libretto, si ricordi di chiederlo per tempo la pianificazione al docente). È naturalmente delle verifiche quadrimestrali legittimo chiedersi quali siano i (anche quelle che hanno fissato vantaggi di questa operazione e quando avevi l’influenza e quei quali i suoi costi. A me pare che i simpaticoni dei tuoi compagni vantaggi siano numerosi: innanzi si sono scordati di dirtelo!); la tutto la possibilità (prima possibilità per il dirigente di ancora per gli studenti che per verificare, per esempio, se il i genitori) di poter seguire in docente Tal dei tali dispone del tempo reale l’andamento del numero minimo di valutazioni programma rispetto a quanto previsto dal POF; il non dover previsto; la possibilità per lo più far scendere la signora Carla studente assente di sapere in nei sotterranei del Sarpi (dove tempo reale che cosa è stato si favoleggia che alberghino fatto quel giorno a scuola; un esseri mostruosi) a cercare i riepilogo continuo e costante registri di tre anni prima per dei voti assegnati (senza dover un ricorso; e così via. Il registro rincorrere il docente col libretto, elettronico, dunque, come strumento salvifico per una

6 scuola di qualità? Non diciamo sciocchezze. Solo uno strumento per risparmiare carta, snellire le procedure, garantire maggiore trasparenza. Nulla di più. Ma nulla di meno. 4) Riguardo alla sperimentazione in corso: quale è la sua durata? Da quali docenti è condotta? State sperimentando tutte le funzioni del registro elettronico? Si sono verificati problemi di malfunzionamento dall’inizio della sperimentazione? Attualmente nel nostro liceo mi risulta che ci siano due soli docenti autorizzati dal dirigente a sperimentare il registro elettronico in tutte le loro classi per l’a.s. in corso: il sottoscritto e il prof. Ricotta (e non vorrei sottovalutare l’importanza di questo strumento per un docente non vedente). Io avevo già sperimentato il registro elettronico della Mastercom (la ditta del badge, tanto per capirci), che era molto più completo e funzionale, ma costava anche di più. Il Mascheroni usa proprio quello della Mastercom; il Vittorio Emanuele e il Lussana utilizzano quello della Spaggiari (la stessa azienda che produce i nostri registri cartacei); il Berchet ne adotta uno “home made”. Subito dopo le vacanze di Natale si è registrato un problema di malfunzionamento del software sul versante dei docenti (mentre dal lato studente tutto continuava a funzionare correttamente) che è stato risolto qualche giorno fa, ma nel complesso il sistema, ancorché “spartano”, funziona bene.


7 5) Avete avuto riscontri positivi da studenti e genitori? Proprio perché è utilizzato solo da due docenti (che per un caso del tutto fortuito hanno in comune una classe, la prima I), non mi risulta che il suo utilizzo sia per ora particolarmente diffuso tra studenti e famiglie. Da questo punto di vista è forse più indicativa la mia esperienza come genitore di una figlia che frequenta il Lussana: il loro software è davvero funzionale, completo e anche graficamente gradevole; per dirla tutta, lo consulta più spesso mia figlia (anche perché di solito i voti delle verifiche compaiono sul registro elettronico prima che queste siano consegnate in classe) di quanto non faccia io (proprio per le ragioni che esponevo prima). 6) Se si dovesse decidere di estenderne l’utilizzo a tutto l’Istituto, quali strumenti richiederebbe e quali sarebbero i costi complessivi per la strumentazione necessaria e il programma? Oltre all’acquisto del software (360 euro che si pagano una volta sola al momento dell’acquisto) servirebbe un PC in ogni classe e l’estensione a tutto l’edificio della connessione wireless (operazione ormai in via di completamento). Naturalmente i PC e la connessione a internet potrebbero essere utilizzati anche per altre attività e non solo per la gestione del registro di classe. Si tenga conto, però, che ogni anno spendiamo quasi

maggio 2012 quattrocento euro per i registri cartacei delle classi e dei docenti. Fatevi un po’ i conti di cosa si risparmierebbe, per ipotesi, in dieci anni. 7) Come crede che sarà in una scuola tecnologicamente arretrata come la nostra il passaggio dal registro cartaceo a quello elettronico? Teme che incontrerà delle resistenze da parte di studenti, docenti e genitori? Come reagiranno i docenti se si dovesse effettuare questo cambiamento? Premesso che non ho letto sulla stampa notizie di moti insurrezionali nei licei che ho appena citato, penso che, dopo un po’ di rodaggio, tutti si sapranno adattare. Ai colleghi per loro natura più recalcitranti vorrei semplicemente ricordare che il mese scorso tutti abbiamo salutato come una grande comodità (a questo dovrebbe servire la tecnologia) la possibilità di inserire i voti di scrutinio direttamente da casa, senza più dover fare la coda per usare i computer della scuola, tra un’ora buca, una lezione e un ricevimento. Quello che invece temo è che la nostra scuola non sia in grado di andare oltre la rilevazione delle assenze per mancanza delle infrastrutture informatiche minime necessarie (nel qual caso sarei personalmente favorevole all’abolizione anche della rilevazione informatizzata delle assenze, che fatta in questo modo non comporta particolari vantaggi). Forse uno spiraglio potrebbe aprirsi (e anche qui parlo a titolo esclusivamente personale) nel caso in cui l’anno prossimo,

Sarpi abbandonata la succursale (se ne sta cercando una più vicina, che consenta l’uso dei soli laboratori della sede da parte di tutte le classi, ndI), fosse possibile utilizzare i trenta PC del laboratorio multimediale di via del Nastro Azzurro rendendo così possibile l’uso del registro di classe elettronico senza costi particolari per le infrastrutture (e non dimentichiamo che l’eventuale cablaggio non andrebbe a vantaggio solo del registro elettronico ma anche e soprattutto della normale attività didattica). Per quanto riguarda le reazioni degli studenti, credo che una corretta informazione sia in grado di dissipare molti pregiudizi che circondano da noi l’uso di questi strumenti, vissuti impropriamente come un Grande Fratello di orwelliana memoria proprio perché vengono sovraccaricati di funzioni e aspettative improprie. Spero che anche questa intervista possa fornire un contributo in questa direzione. A cura di: Sara Moioli II A e Arianna Piazzalunga II C


Sarpi

8

maggio 2012

DOCUMENTO DI ANALISI DEL POF Il Consiglio Direttivo ha steso un documento di analisi del POF per portare il punto di vista degli studenti nel più ampio lavoro di revisione in corso nei vari organi (CTS in primis). Il documento, presentato e discusso con la Preside, è stato apprezzato e condiviso. La componente studenti ha elaborato, tramite il lavoro dei membri del Consiglio Direttivo autorizzati dal Comitato Studentesco del 19 marzo 2012, il seguente documento di analisi del POF attualmente in vigore. Gli studenti si riconoscono nei principi del documento, e non intendono, quindi, proporre modifiche o integrazioni, quanto richiamare l’attenzione su alcuni elementi spesso disattesi, secondo quanto emerso nell’Assemblea d’Istituto del 17 febbraio 2012. Si fa riferimento ai principi generali elencati nella sezione I, di cui si riconosce la validità, ma verso i quali si rileva, spesso, negligenza e trascuratezza nell’applicazione. Il dibattito si è concentrato in particolare sul contenuti relativi alla sezione III (la programmazione del lavoro didattico). Gli studenti rilevano che il momento della valutazione spesso non viene considerato in tutti i suoi aspetti formativi: chiedono quindi che essa non si limiti a rappresentare un mero “rilevamento quantitativo” necessario per que-

stioni burocratiche, ma sia “parte integrante del processo educativo”, secondo quanto espresso nei punti a, b e c del paragrafo 3. La valutazione, inoltre, rappresenta, secondo il POF, un momento di autocritica del percorso impostato dall’insegnante e, dunque, un criterio per ridefinirlo in caso di necessità, funzione che non sempre sembra considerata. Gli studenti ritengono inoltre di ostacolo all’utilizzo completo della scala dei voti (rilevato in tutti i gruppi di lavoro durante l’assemblea) la descrizione delle valutazioni contenuta nel POF: il 9 e il 10, infatti, non sono distinti da nessun elemento, rendendo quasi impossibile l’assegnazione del 10 stesso. Suggeriscono quindi di distinguerli, con la proposta di inserire come discrimine, ad esempio, la capacità dello studente di integrare con approfondimenti autonomi gli argomenti di studio. Si ritiene inoltre importante ricordare che le linee guida che soggiacciono al documento sono da un lato la formazione dell’autonomia e della capacità critica e dall’altro l’educazione alla cittadinanza e al senso dell’interdipendenza; risulta da questo punto di vista importante che le diverse componenti dell’Istituto sviluppino in maniera condivisa una serie di azioni finalizzate a dare adeguato spazio e attenzione anche a questi aspetti, senza limitarsi a considerare le discipline come mere materie di studio. Spia di questa necessità è

la scarsissima conoscenza degli organi e del loro funzionamento emersa nell’Assemblea. Si rileva infine che l’assegnazione del voto di condotta non avviene in modo limpido, ma secondo applicazioni diverse di quanto scritto nel POF da parte dei singoli CdC. Si chiede, quindi, maggior trasparenza. In merito alla sezione IV, relativa ai progetti d’Istituto, si pone con urgenza la questione della settimana di sospensione della normale attività didattica: gli studenti si dicono insoddisfatti per la gestione che da due anni a questa parte viene riservata all’attività di recupero e potenziamento e chiedono il ripristino dell’organizzazione precedente. L’attuale impostazione, infatti, oltre ad essere stata ignorata da alcuni insegnanti, viene ritenuta inutile per quanto riguarda i recuperi (venendo mantenuta intera la classe e non concedendo maggiore spazio alle materie che, come latino, greco, matematica e inglese possono richiedere maggiore attenzione, non è possibile dare a chi ne ha bisogno la possibilità di consolidare carenze particolari) e pressoché inconsistente per quanto concerne gli approfondimenti. La modalità in vigore fino all’a.s. 2009/2010 invece consentiva recuperi più mirati ed efficaci e approfondimenti più articolati, con percorsi più vincolanti per i docenti. Si chiede riguardo alla sezione V di approntare un nuovo organi-


9

maggio 2012

gramma, vista la scarsa chiarezza e l’imprecisione (manca, ad esempio, il riferimento al Consiglio Direttivo) di quello attualmente pubblicato. Infine, circa la sezione VI relativa a Strutture, Risorse e Servizi si ravvisa che le strutture del laboratorio di lingua straniera sono assai datate e/o non funzionanti e si chiede una ristrutturazione dello spazio o la sua eliminazione in favore di soluzioni differenti. L’aula LIM e l’aula-laboratorio di scienze, inoltre, risultano nel POF due spazi diversi, mentre sono la stessa aula. Da ultimo si richiede il rendiconto dei lavori di messa in sicurezza degli spazi e delle strutture di cui si fa cenno nella sezione.

Sarpi

Commissione Stupidità: Un Resoconto

Su uno dei precedenti numeri di questo giornalino è apparso un articolo in cui la Commissione Volontariato si auto-elogiava, mostrando all’universo mondo quanto loro siano belli e bravi. Ebbene, la Commissione Stupidità non vuole essere da meno e abbiamo deciso di pubblicare questo articolo perché i nostri meriti vengano riconosciuti dal popolo sarpino (che tuttavia dovrebbe già conoscerli ed elogiarli!). Vi siete mai chiesti chi sia il geniale ideatore del Sistema di Smarrimento Circolari, grazie al quale comunicazioni di maggioIl Consiglio Direttivo re o minore importanza non arrivano nelle varie classi? Questo intricato e quasi incomprensibile meccanismo di selezione casuale è opera delle geniali menti della nostra Commissione, e da anni funziona senza mai incepparsi e difficilmente potrà smettere di funzionare. Ma voi vi chiederete che fine fanno le circolari che rimangono a noi, scartate dal SSC. Pochi infatti sanno che esiste anche un Sistema per la redistribuzione di questi gioiosi pezzi di carta: alcune di queste circolari vengono re-inserite nel circolo distributivo e perciò non è strano che alcune classi ricevano più volte la stessa circolare. La Commissione non si occupa solamente di burocrazia, non pensiate male! E’ di nostra gestione anche l’intero apparato amministrativo della scuola, così

le decisioni migliori di questi ultimi anni sono tutte da attribuire a noi! Dall’ormai storico Badge, la cui genialità non è stata mai compresa da nessuno dei lettori che ha vissuto quella vicenda e tanto meno da chi non l’ha vissuta, al modernissimo-utilissimo-fighissimo-arciultramegabello Registro Elettronico. Il Registro non è solo un sistema utile al controllo di assenze, presenze eccetera, ma ha anche risvolti sociali. La bidella, entrando in classe per richiedere il foglio, che il professore si è puntualmente dimenticato d’imbustare (eppure è così naturale!), concede agli studenti un brevissimo ma intensissimo momento di pausa utile per rilassarsi, chiedere suggerimenti e altre tipiche attività di voi studenti. La Commissione pensa a voi! E la Commissione pensava a voi anche quando ha proposto di svolgere quel gioioso, vivace, intenso incontro dedicato alla memoria di Guido Galli che poche settimane fa ha avuto luogo nella nostra aula magna. Desideriamo scusarci per le poche lacrime viste durante questo incontro, sappiamo che fanno spettacolo, ma non siamo riusciti ad ottenere di più. Abbiamo tuttavia da lamentarci ancora con voi, per il disturbo che la vostra presenza ha arrecato allo svolgimento di questo avvenimento. Niente di più sbagliato che invitare gli stu-


Sarpi

denti ad un evento pensato per gli studenti! Ma via, non pensiamo a queste brutte cose e torniamo alle gaie attività della nostra Commissione, responsabile anche della manutenzione degli ambienti (strano che così tante cose siano affidate a noi, dite? Si chiama Meritocrazia, imparate, ragazzi). Su questo punto non vorrei soffermarmi, già a lungo si è parlato della qualità dei laboratori, delle palestre, degli infissi e quant’altro, tuttavia vi invito a guardarvi costantemente attorno, nel caso qualche pezzo di intonaco o, chissà, di muro si dovesse staccare, sarebbe consigliabile per voi evitare di trovarvi proprio sulla sua traiettoria. Ma a questo punto non rimane che salutarvi, cari ragazzi. La Commissione Stupidità vi ama e si prende costante cura di voi e del Liceo.

10

maggio 2012

Musica, specchio della società?

Molto spesso è più facile privilegiare anni della storia in cui non si è vissuti, anni che appaiono perfetti al proprio pensiero e indole. La musica è sempre stata specchio della società dove ha preso forma. Ma allora cosa si può dire della società contemporanea e della sua musica? Questa inclinazione a preferire gli anni passati è sempre stata presente nella storia e soprattutto in questi anni si continuano a prediligere artisti, generi e gruppi del passato. Pensando alle recenti proteste, come gli Indignatos, risalta che ad accompagnare questi movimenti non ci sia alcuna colonna sonora; non ci sono più Glauco Barboglio, II C, canzoni che raccontano i disagi incaricato dell’immagine pub- di questo tempo, forse perché blica della Commissione ormai fanno parte della normalità e si riesce solo ad essere, a livello musicale, indifferenti? Le classifiche di questi anni sono dominate dal pop commerciale; non c’è una canzone simbolo di questi primi anni del millennio. I giovani vittime di questo sistema mediatico, votato al consumismo, tornano a considerare la musica come un semplice intrattenimento frivolo, da scaricare, condividere e dimenticare dopo un anno di vita. Che fine ha fatto quella musica capace di far fantasticare, capace di riunire, nata come moto di una rivolta, nata per protestare, capace di fornire emozioni per aggregare persone? Per colmare il vuoto dei nostri anni non si fa altro che rispol-

verare grandi gruppi del passato degli anni sessanta, settanta, ottanta, e tantissime vecchie band tornano in pista ed ottengono grande sostegno nei giovani. Ma nuove idee o progetti non ci sono, o almeno non riescono a farsi sentire e sembra che il rock e i grandi generi del passato non riescano a rinnovarsi e dare un contributo al presente. Ci sono gruppi forti e arrabbiati che cercano di far sentire la loro voce, ma che per colpa dell’intricato mercato non riescono ad emergere. Altri non fanno altro che ripetere stili e modalità vecchi e rimangono una copia di un tempo che è stato. Una Musica piena di sentimenti e sogni non trova spazio in una società sempre più individualista e materialista; perché uno strumento così potente non viene usato da chi vorrebbe cambiare le cose? Manca l’impegno? Ci rimangono i grandi inni nati dalla voglia di dare la propria opinione, ribellarsi a qualcosa che non andava bene, ma i nuovi problemi ai quali sembra quasi impensabile opporsi rimangono invece muti. Sara Colombo II I


11

maggio 2012

attualità

IL TOPLESS CHE FA RIFLETTERE

Quest’anno, come sempre, a Milano c’è stata la famosa “Fashion Week”. Probabilmente sarebbe passata inosservata dalla gente normale che dovrebbe fare un mutuo per comprarsi uno di quegli abiti, se la sera del 24 febbraio la sfilata di Versace non fosse stata bloccata da tre graziose ragazze sventolanti cartelli con la scritta “Fashion=Fascism”. E in topless. Già, perché le signorine sono tre esponenti del movimento “Femen” nato in Ucraina per la difesa della democrazia e dei diritti umani, in particolare di quelli del genere femminile. Le donzelle sono state fermate e portate via dalle autorità e hanno spiegato di voler lanciare un segnale forte contro il mercato della moda, che riduce la donna a un manichino muto e anoressico. Come biasimarle. Dal 2008 queste ragazze portano scompiglio in posti ed eventi importanti gridando seminude il loro dissenso nei confronti della sottomissione e della mercificazione della donna e della censura, dedicandosi in modo particolare ai problemi della loro patria: hanno fatto il giro del mondo le loro proteste contro la prostituzione, il turismo sessuale e la scarsa presenza di donne in politica in Ucraina, il potere per-

sistente di Putin e della Russia nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, l’incapacità dei loro politici di gestire problemi nazionali (come la scarsità d’acqua e le epidemie influenzali), la visione dell’uomo come padrone assoluto di moglie, figlie e sorelle negli Stati islamici e…e il divieto di stendere la biancheria sui balconi in vista degli

Europei di calcio del 2012 nel loro Paese. Ammetto che quest’ultimo tema sminuisce tutti i loro bei propositi, infatti è una delle argomentazioni che gli scettici usano per demolire il mito che le vedrebbe come delle eroine anticonformiste, delle moderne Amazzoni. La pulce che molti ci mettono nell’orecchio è il fatto che esse abbiano potuto protestare nello stesso modo (cioè in topless, con scritte sul corpo, cartelloni e grida) sia a favore di Sakineh (la donna condannata alla lapidazione per

adulterio in Iran) che contro il divieto di mettere ad asciugare le mutande sul balcone. Insomma, potrebbero essere solo delle esibizioniste? Io credo che l’azione di queste ragazze ucraine possa essere guardata da due punti di vista. Il primo è quello positivo, che ce le mostra come delle donne forti, che hanno delle idee (cosa non così scontata) di cui sono sicure e che sono

pronte a rischiare l’arresto per protestare contro una mentalità e uno stile di vita che ritengono sbagliati: potrebbero starsene a casa borbottando tra di loro che l’Ucraina non è un bordello (cito un loro slogan), invece girano il mondo e sfidano il gelo per farlo capire agli altri. Il secondo è quello negativo, o, meglio, critico: che senso ha contestare la donna-oggetto mostrando il seno per attirare l’attenzione? E’ come se un movimento per


Attualità l’energia pulita distruggesse una centrale nucleare con una bomba atomica (esempio un po’ esagerato, lo so). Perché manifestare in topless? Forse per mostrare che da donne (quale parte del corpo è più femminile del seno?) vogliono un altro atteggiamento nei loro confronti, o forse perché sanno che delle belle ragazze senza veli fanno più scalpore di un gruppo che protesta normalmente e che, quindi, senza questo escamotage non avrebbero avuto tutta l’attenzione che i temi che affrontano si meriterebbero. Sinceramente non so quali siano le reali intenzioni delle Femen, se raggiungere la fama o indurre alla riflessione, ma credo che se prendessimo in considerazione anche solo una parte del loro lavoro, cioè i problemi che presentano, otterremmo degli ottimi spunti per domandarci qual è il nostro ruolo e quale quello dei politici in tutto ciò. In fondo non importa quali siano i loro obiettivi, ma il messaggio che noi scegliamo di estrapolare da quello che fanno: possiamo sbavare davanti alle foto delle loro manifestazioni su Internet o decidere che per una volta il fine giustifica i mezzi. Perché il fine, magari, è quello di svegliarci.

12

maggio 2012

L’opinione

Chiunque, guardando un telegiornale, non può non soffermarsi a riflettere su cosa sia l’informazione. Oggi, in Italia. Io vi sto chiedendo che cosa è l’informazione. Perché credo – e non penso che la mia sia una visione troppo distorta della realtà – che oggi l’informazione sia confusa con qualcos’altro. In particolare, credo fortemente che l’informazione stia diventando gossip (preciso che i miei giudizi non valgono per tutti i servizi e per tutti i telegiornali). La TV è diventata un Grande Fratello dove gli esseri umani si esibiscono come animali da circo, dove non conta davvero quale sia l’importanza di una notizia, la sua vera portata e la sua ripercussione sull’opinione pubblica. Ciò che conta, ormai, è che i telegiornali, che dovrebbero essere l’espressione più sincera e genuina della realtà, si sono ridotti a “gonfiare” i loro servizi di scene di dolore. Ho parlato di “ripercussioni sull’opinione Sara Latorre, IV D pubblica” perchè quello che mi aspetto da un telegiornale è solo questo: che stimoli l’opinione pubblica. Ma per farlo, bisogna che l’informazione sia intesa in modo più sobrio. Perciò ho deciso di pubblicare questo articolo e di riportare un editoriale che mio nonno Mario Testa scrisse nel dimenticato numero di novembre-dicembre 1970 di “L’OPINIONE”, antico notizia-

rio del mio paese. Sento le sue parole molto vicine al mio modo di intendere l’informazione: o di sognarla, visto che non è più così che ormai viene vissuto il giornalismo. “Non rientra tanto nelle finalità del nostro impegno definire l’informazione per genere prossimo e differenza specifica, cioè in sede puramente teorica, quanto valutarne e sentirne (e farne sentire) l’importanza nella realtà della nostra esperienza. Da questo punto di vista, noi ci sentiamo di affermare che l’informazione è il respiro della libertà, la condizione indispensabile perchè ogni uomo possa formarsi un’opinione prima e un giudizio poi sulla complessa realtà che lo circonda: essa, cioè, si risolve in una necessità, un dovere, un diritto dell’uomo libero che vive in una democrazia. Soggettivamente, l’informazione è la professione del giornalista: oggettivamente, la quantità e la specie di notizie che i giornalisti forniscono ai lettori. Il veicolo naturale dell’informazione è quindi la stampa: e il termine “stampa” comprende, evidentemente, anche la radio, la televisione, il cinema, quando essi propongono documentari, inchieste, interviste. La strettissima parentela tra informazione e democrazia è un dato di fatto pacifico che

non è più così che ne ormai vie l vissuto i giornalismo.


13 nessuno osa ormai mettere in discussione: e proprio perchè l’informazione ha per oggetto la formazione di un’opinione pubblica che ha il compito di esercitare un certo controllo sul funzionamento dei pubblici poteri. Ecco perché la stampa è chiamata il “quarto potete”; per il suo controllo morale sui tre poteri costitutivi dello stato: il legislativo, l’esecutivo, il giudiziario. È ovvio che dove l’opinione pubblica non ha nessun peso – cioè dove la ragione unica dello stato è il tiranno o il partito unico o la concentrazione degli interessi economici di un gruppo – l’informazione non esiste o non le è permesso di esistere… […] Di per sé, l’informazione dovrebbe essere un fenomeno di conoscenza e, direi quasi, di “fotografia” della realtà […]”. Giulia Testa, I B

Un Grande Pensatore Classico

maggio 2012 Nel 1848 è stato pubblicato un piccolo libro che all'epoca contava appena ventitrè pagine. In apparenza un piccolo libro inoffensivo che, tuttavia, ha in realtà cambiato radicalmente la storia del mondo. Pubblicato in molti milioni di copie e in quasi tutte le lingue del mondo, negli ultimi centocinquant'anni è stato il testo che ha goduto della maggior fortuna editoriale secondo solo alla Bibbia. Sto parlando del Manifesto del Partito Comunista, un testo che la Lega dei comunisti commissiona a Marx ed Engels come il manifesto di questo partito. Di questo testo così influente e decisivo per la storia del mondo, Lenin disse :"Questo piccolo libretto pesa quanto interi volumi. Il suo spirito anima e muove tutto il proletariato organizzato e in lotta del mondo civile". Ma cosa c'è di tanto esplosivo in questo testo così breve? Lo si capisce già dall'incipit: tutta la storia è storia di lotta di

attualità classi; secondo Marx ed Engels a metà dell'Ottocento la lotta di classe si esprime nel conflitto aperto ed insanabile tra borghesia e proletariato. È la prima volta nella storia che qualcuno la interpreta come conflitto originario (prima tra liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba ecc.) che si ripropone anche se attraverso forme diverse. Inoltre Marx inizia già ad abbozzare un'interpretazione del capitalismo: egli infatti vi indica un soggetto storico che ha avuto la forza e - perchè non dirlo? anche il merito di aver permesso il superamento di quel periodo d'ombra rappresentato dal Medioevo e per aver posto la condizioni per ipotizzare l'avvento del proletariato al potere e, con esso e dopo esso, la cancellazione delle classi sociali. In qualche misura già qui Marx, anche se meno rispetto ai testi della maturità più completa, indica nel capitalismo una forza intimamente contraddittoria. Successivamente, negli anni cinquanta dell'Ottocento, Marx affronterà uno dei temi di più grande rilievo filosofico ed economico che vengono affrontati in un testo molto importante del filosofo tedesco, i Manoscritti del 1844: la teoria dell'alienazione. Marx sostiene cioè che, poiché il prodotto del lavoro dell'operaio è un prodotto che gli viene confiscato perché è proprietà del capitalista, quanto più l'operaio lavora, tanto più s'impoverisce, tanto più perde della sua essenza, tanto più viene alleggerito di ciò che invece ne rappresenta la grande potenzialità. Marx poi qui istituisce un paragone piuttosto significati-


Attualità vo: afferma che quanto accade nel processo della produzione capitalista, e cioè quanto accade quando l'operaio si trova di fronte come una potenza estranea a lui il prodotto del proprio lavoro, è la stessa cosa che accade nella religione. "Più l'uomo mette in Dio e meno serba in se stesso". L'idea cioè che non è Dio il creatore dell'uomo, bensì è l'uomo che crea Dio, che oggettiva in una presunta entità esterna a lui quelle che in realtà sono le proprie qualità. Da questo paragone tra l'ambito religioso e quello economicosociale risulta che, per quanto riguarda la condizione dell'operaio, quest'ultimo mette nel lavoro, nell'oggetto la propria vita, e questa non appartiene più a lui, bensì all'oggetto. Questo a mio avviso è un lascito enorme, è una piccolissima parte di quella spietata ed assolutamente scientifica analisi del capitalismo, delle sue cause e conseguenze, delle sue ragione smentite una ad una da Marx che ne condanna l'evoluzione futura. Ma Marx, come scrisse in una lettera ad Engels, non volle fornire ricette per le osterie dell'avvenire. Più che prefigurare quale sarebbe potuto essere l'assetto futuro delle relazioni politico-economiche, Marx preferiva l'analisi delle società del suo tempo, al cui interno egli coglieva le linee dinamiche dalle quali sarebbe potuto avvenire un cambio radicale, il cui protagonista era il proletariato (per Marx la classe degli operai salariati che, non possedendo alcun mezzo di produzione, sono costretti a vendere la loro forza-lavoro per

maggio 2012

14

vivere). Il risultato più compiuto di questa ricerca è Il Capitale. In quest'opera secondo Engels (che dopo la morte di Marx si preoccupò di commentare le sue opere e di dare un carattere quasi "dottrinario" alla sua filosofia) ci sono due fondamentali scoperte, non che le altre fossero necessariamente meno importanti: la prima e più importante scoperta che Marx stesso riconobbe di aver compiuto è l'analisi del plusvalore indipendentemente dalle sue forme particolari; la seconda il duplice carattere del lavoro incorporato nelle merci. Cominciando dalla prima, Karl Marx è il primo rispetto agli economisti classici che mostra il fondamento oggettivo dello sfruttamento capitalistico: lo sfruttamento dell'operaio da parte del padrone non è l'esito di una disposizione malvagia del padrone, non è l'effetto di un comportamento tale per cui si possa immaginare un padrone "buono" che si astenga dallo sfruttare l'operaio. Lo sfruttamento è un processo oggettivo che nasce dal processo capitalistico di produzione, che è insieme processo che produce delle merci che hanno un preciso valore d'uso (processo lavorativo concreto) e processo di valorizzazione del capitale che compare nel processo produttivo attraverso la forma del capitale fisso (quella parte di beni che costituisce una fonte di reddito nello svolgimento di un'attività produttiva). In altre parole questo carattere dello sfruttamento non è revocabile, è intrinseco nell'anima del capitalismo, e scaturisce dal fatto che l'operaio lavora più di quanto serva per reintegrare il valore del salario che gli viene elargito. Da qui si

può dire che l'operaio produce un "neovalore", il plusvalore appunto, che è eccedente rispetto al valore che egli produce come corrispettivo del salario che gli viene dato. Così sembra che l'origine del plusvalore sia assolutamente oggettiva e soltanto con il superamento del capitalismo avverrà la fine dello sfruttamento operaio. Non meno importante è la seconda scoperta. Così come la merce è qualcosa di duplice - è valore d'uso, ha valore di scambio - allo stesso modo anche il processo lavorativo che produce la merce è duplice: processo lavorativo concreto (produce la merce come valore d'uso) e processo lavorativo astratto (produce merce detentrice di valore di scambio). Insomma, Marx svela l'intrinseca e ineliminabile duplicità del capitalismo e l'arcano della sua produzione. Quindi non nell'ipotesi del materialismo storico o della dispensa di ricette per le osterie dell'avvenire, ma nell'analisi della dottrina economica più spietata della storia (e nei suoi anni di crisi più dura) si può riprendere tra le mani Marx e non considerarlo più come un filosofo da soffitta ma come un vecchio insegnante che ha ancora tanto da dire. Marx il profeta, dopo centocinquant'anni dalla morte, continua a dividere e ad insegnare, ponendo lo scomodo problema della sua attualità. E allora che cosa sono, che senso hanno il denaro, l'ingiustizia, la guerra? Terminando, ho scoperto che la tesi di laurea di Marx (datata 1841) si concludeva con l'evocazione della figura di Prometeo. Ma nella versione scelta da


maggio 2012

15

Marx, che è quella che c'è nel Protagora di Platone, Prometeo ha cercato di dare agli uomini, senza riuscirvi, la giustizia. Ecco, forse Marx ha "prometeicamente" cercato questa impresa, questo atto sacrilego: portare la giustizia nel mondo. E l'amara conclusione delle varie versioni del mito è che la giustizia se ne sta presso Dio, e noi conosciamo, nella migliore delle ipotesi, una buona applicazione del diritto. E nonostante gli sforzi di Marx e di coloro che alle sue idee si sono ispirati, ci rendiamo conto che "Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia..." (Francesco Guccini, Don Chisciotte).

CULTURA

MUSICA STRANA E ADORABILE PER PERSONE STRANE

Andrea Calini, II I

Parto dalla copertina. Allora, sulla copertina c’è, mmm, un pinocchio laureato con il volto oscurato trattenuto dai nonni in posa per una foto ricordo (ma perché la nonna sembra avere dei tratti asiatici?). Oh no un attimo c’è una chiazza come quelle che si formano quando guardi a lungo il sole e strizzi gli occhi! E sta facendo colare tutto come un acquerello...Sulla porta di una tipica villetta americana. L’album in questione è “dc snuff film” dei teen suicide (2012, una qualche etichetta underground). E se ho lasciato le iniziali in minuscolo, c’è un motivo. Dannazione, come si fa a mettere le iniziali maiuscole, quando la qualità della registrazione è così allegramente scarsa da lasciar fondere schitarrate voci e coretti in un marasma di crepitii

polverosi? Persino i momenti acustici sprizzano ruggine da ogni singola nota. Oggi non mi va di usare parole specifiche, ho smesso di cercare di catalogare tutto ciò che ascolto. Però a voler essere pignoli si dovrebbero usare parole che finiscono in –gaze, che iniziano con punk-, che c’è un –post- messo lì in mezzo da qualche parte. Fatto sta che quando ascolto i teen suicide la voce fradicia e malinconica del cantante, simile a quella di un tredicenne yankee che ha mangiato troppe ciambelle, la sua chitarra distorta eppure così dolce, così aahjskljh, con tutti quei cacchio di crepitii… vedo davvero una dolce carina e sensibile teen che magari pensa al suicide, ma tanto è solo perché sta


cultura

diventando grande in quest’anno domini 1989. E sono di nuovo in quel 1989 che non ho mai vissuto ma di cui ho un amorevole e nitido ricordo. Forse è pura nostalgia l’anima di questo ragazzo del Maryland che suona con indosso una calzamaglia lillà, le DC e una maglietta di un paio di taglie troppo grande con il volto di un gangsta rapper stampato sopra. Nostalgia profonda provata da gangsta delle caramelle verso un’infanzia sfuggita per inerzia, che viene tenuta in vita in uno strano ritaglio di tempo dove si rimarrà sempre a bocca semiaperta con i brufoli e gli occhialoni ad ascoltare i GesùeMariacatene. Dopotutto “non hanno lo skateboard ma gli piace fare skate allora rubano lo skate a tutti quelli che passano di lì”. Sono adolescenti in cerca di film snuff: adolescenti in cerca della vita, che altro non è se non un film snuff di quelli tosti, che a qualche adolescente pervertito può pure andar bene. <3.

maggio 2012

16

ZEUS VIENE SCONFITTO Sembra di essere un po’ tornati negli anni ’60 quando il progettista Marvin Glass creò -Rock ‘em Sock’em Robots- ossia quel simpaticissimo giocattolino in cui a suon di cazzotti si sfidavano due robot di plastica blu e rossa su un ring giallo fino a staccarsi la testa. Real Steel consiste più o meno nella stessa cosa, ma i robot sono il doppio di un essere umano e sono controllati a distanza da joystick tecnologicamente avanzatissimi. Il film è un po’ un “Rocky” in salsa uomo-robot. Hugh Jackman è un ex pugile deluso

iscrivere ad un Torneo. Max pulisce e lucida il robot e gli insegna anche qualche mossa di base della boxe (come un bambino a dieci anni sappia boxare rimane un mistero) tra cui una di sua invenzione (inventa anche nuovi colpi) il doppio montante che risulterà guarda caso fondamentale negli incontri successivi. Il grande lavoro di “addestramento” lo dovrà fare il signor Jackman in una scena che ricorda molto quelle di allenamento dello “Stallone italiano”. Vediamo qui il nostro ex pugile un

dalla vita e dal destino che lo ha colto, ora partecipa come player a dei piccoli incontri di Robot-Boxe che gli danno di che vivere. La sua vita tranquilla viene però sconvolta dall’affidamento del figlio Max e dal ritrovamento, da parte del figlio, di un vecchio robot da allenamento, Atom, creato per incassare e non rispondere, di cui Max si “invaghisce” e che vuole

po’ acciaccato che piano piano si riscalda e riprende vigore oltre a ritrovare la speranza in quello che sta facendo. Insomma vediamo il nostro caro Hugh che sferra ganci all’aria di fronte a un robot in tutone grigio e felpona con cappuccio con tanto di laccetti bianchi e ci pare quasi di vedere Stallone che saltella sulle scale di Philadelphia. Il rapporto padre e figlio si complica e la scalata di

Lorenzo Teli, II C


Atom e dei suoi due proprietari comincia. Il robot viene iscritto alla Lega della Robot-Boxe e inizia il campionato. Dopo una lunga serie di vittorie arriva in semifinale dove si trova per la prima volta in difficoltà, ma grazie alle passate esperienze da pugile di Charlie Kenton (Hugh Jackman) il piccolo robot riesce a salvarsi e a vincere. Poco prima della finale ricevono un offerta d’acquisto dalla proprietaria del robot campione in carica, Zeus. Padre e figlio rifiutano l’offerta e si buttano a capofitto nella finale. Atom non ha speranza di vincere e solo alla fine del terzo round riesce a sferrare qualche colpo a Zeus. Atom perde il controllo vocale durante il quarto round e la catastrofe sembra ormai alle porte, ma Max convince Charlie a combattere in “modalità ombra”, ossia a controllarlo come il personaggio di un gioco per Kinect. Charlie adotta una tattica difensiva e quando a Zeus si scaricano le pile, Atom inizia a combattere e manda in tilt l’avversario, senza però mandarlo in KO a causa del tempestivo termine del round. L’incontro viene sospeso e sebbene Atom sia acclamato dalla folla vincitore, i giudici ridanno a Zeus la cintura di campione. Padre e figlio, nonostante abbiano perso, vivranno per sempre felici e contenti. QUESTO FILM E’ STUPENDAMENTE FANTASTICO! La trama potrà essere banale e tutto quello che volete, ma io ho trovato una sola pecca in

CULTURA

maggio 2012 tutto l’assetto del film. Hugh Jackman senza basettoni e artigli non è Hugh Jackman, ma ha recitato in modo molto figoso come suo solito e il figlio non è da meno. La computer grafica è spettacolare e gli incontri ti fanno rimanere con il fiato sospeso durante tutto il film. Questa è la mia modesta opinione e vi consiglio di comprare il DVD (originale mi raccomando, la pirateria è un reato). Oah Oah a tutti Voah e a risentirci. P.S.: Il film è diretto da Shawn Levy, regista-mago del cinema per famiglie. Ha diretto anche i due “Una Notte al Museo” e “Una scatenata dozzina”. Andrea Sabetta, V C

Simone Pianetti: storia di sangue, vendetta e Anarchia

17

Recentemente, mi sono imbattuto in una storia particolare, scivolata tra le nostre valli, lontana nel tempo, ma che sarebbe bene non dimenticare. Come ogni storia, in ogni caso. E’ la storia di Simone Pianetti, di Camerata Cornello, paesello in cima alla Val Brembana. E’ la storia di un pazzo forse, o di un uomo particolarmente lucido e deciso, di un Anarchico, di un senza dio, di un disperato, di un vendicatore. E’ una storia, ma è anche una leggenda, come tutte le storie popolari, tramandate di bocca in bocca per anni. E la cosa migliore, quando si può, è confrontare storia e leggenda, capirne i punti di contatto, toccarne con mano le divergenze. Le “fonti” ci parlano di un uomo vissuto tra il XIX e il XX sec, di 56 anni, sposato, senza lavoro fisso e senza speranze per il futuro. I documenti dicono che aveva passato la giovinezza in America, a contatto con ambienti malavitosi, a cui si oppose e la cui minaccia lo indusse al ritorno in patria, che aveva trascorso la prima maturità a Camerata Cornello come taverniere, e l’ultimo periodo della sua vita a S. Giovanni Bianco (dove aveva installato il primo mulino elettrico della valle). Aveva moglie e


cultura

figli, che lo avevano abbandonato dopo anni di stenti. Si alzò un giorno, il 13 luglio del 1914, e uccise, seguendo un piano macabramente congegnato, sette persone influenti nel paese (parroco, sindaco, segretario comunale e via dicendo), con il suo fucile da caccia. Poi sparì sui monti: la caccia all’uomo durò giorni, ma il fuggiasco era appoggiato dai pastori e dai carbonai, e dopo pochissime notizie pervenute nei giorni appena successivi, di lui non si seppe più nulla. Una storia forse interessante per un criminologo, o poco più. Poi, la leggenda. Le versioni sono tante, e divergono soprattutto sulla sua vita americana e su quella post-strage. Per alcuni, in America avrebbe conosciuto il celebre Anarchico Gaetano Bresci, assassino, anni dopo, del re d’Italia Umberto I. Per altri, si sarebbe messo contro la Mano Nera di New York, che avrebbe mandato a monte i suoi sogni americani. Per molti, si era avvicinato a pensatori sovversivi, a circoli Anarchici e alle proteste operaie di piazza, nel pieno vigore, a quel tempo. Per tanti, era un incurabile donnaiolo, fin da quei tempi. Tornato a Camerata, aprì la propria taverna, e cominciò a importare i piaceri mondani impuri e diabolici nella cattolicissima e bigotta Alta Val Brembana. Si mise contro il parroco, il prete e il segretario comunale, per questioni sì ideali e politiche, ma soprattutto pratiche: i burocrati del paese lo avevano derubato della sua parte di eredità, donandola alla parrocchia, poiché era stato ritenuto morto anni addietro, e il parroco aveva circuito la sorella, e molestato la

18

maggio 2012 donna che sarebbe di lì a poco diventata sua moglie. Appoggiò un onorevole Liberale, contro il Cattolicissimo rappresentante dei Conservatori, nelle elezioni del 1907 e del 1913. Questi stessi personaggi, così accomodanti e benevoli, riuscirono a forza di calunnie e imposizioni a demolire la ben avviata attività del Pianetti: il Vino del Diavolo, servito nella Taverna di Belial, da un Ateo Spergiuro e dalla sua Impura e Concubina moglie, non si addiceva alle Sante Bocche dei Brembani. Lo spirito sanguigno dell’anarchico si faceva vivo sempre più spesso: aggredì il parroco, tuonò in pubblico contro il sindaco e i consiglieri, ma mai giunse ad azioni sovversive vere e proprie. Il Pianetti, distrutto e avvilito, partì con la moglie che ormai lo odiava e i figli nati nel frattempo per andare a occupare il mulino di S. Giovanni Bianco. La partenza fu salutata da un festante corteo di Figlie di Maria (giovanissime attiviste cattoliche) che insultava la famiglia degli Spergiuri Maledetti dal Signore: “Cacca al Diavolo, fiori a Gesù”. Occuparono il mulino, e il Pianetti diventava sempre più antisociale e aggressivo. Qui, un nuovo barlume di speranza: tentò di portare la modernità in valle, modificando il vecchio mulino ad acqua e rendendolo elettrico. Gli affari sembravano ben avviarsi, quando ecco, di nuovo: la farina del Diavolo. Una piccola epidemia di dissenteria (malattia frequentissima in quei

tempi, peraltro) diede l’occasione al parroco di additare la sua farina come impura e maledetta. Molti si rifiutavano di pagarla, e tra questi, spiccava una vecchia signora che, appoggiata dal prete, non aveva estinto un debito di centinaia di lire, perché “il diavolo non ha bisogno del mio denaro”. Il dottore, pappa e ciccia con i maggiorenti della valle, si era rifiutato di curare il figlio di un ateo anarchico, febbricitante e vicino alla morte, salvato solo portandolo in città in treno, all’Ospedale San Marco di Bergamo. Nel frattempo, la società elettrica, gestita da uno scagnozzo del sindaco, revocò al Pianetti l ’e r o g a z i o n e di energia. Il mulino elettrico era fermo, e il Pianetti distrutto. La rabbia covava sorda dentro di lui, s’interrogava sui motivi del proprio fallimento. Imputò tutto a quei potenti senza spina dorsale, quei preti, quelli che per lui erano infami venduti, servi dei servi, e la vendetta esplose. Ammazzò il dottore, il sindaco, il segretario comunale, la figlia di quest’ultimo (Presidentessa delle Figlie di Maria), il calzolaio, il parroco, la donna che lo aveva accusato per prima di vendere farina maledetta. Tutto questo in circa tre ore e mezza, il 13 di Luglio. Fugge sui monti, dove vive per un mese, braccato da centinaia di uomini (250 fra soldati, carabinieri e volontari), fino a un incontro con il figlio maggiore,

Su un muro si leggeva, poco dopo la strage: “W Pianetti, ce ne vorrebbe uno in ogni paese”.


19 che tenta di convincerlo a costituirsi, senza successo. Poi, il buio. Qualcuno dice sia morto sui monti. Qualcuno dice sia fuggito a valle, nascosto in un carro di legname e carbone. Qualcuno sostiene che sia passato al di là dei monti, verso la Svizzera, e poi da lì tornato in America. Qui avrebbe vissuto una ventina d’anni, per poi tornare a morire nelle sue valli. Alcune donne che negli anni 40 lo avrebbero incontrato di nuovo nei boschi sopra Camerata. Il personaggio è avvolto da un alone misterioso e ombroso. La valle non l’ha mai dimenticato. Su un muro si leggeva, poco dopo la strage: “W Pianetti, ce ne vorrebbe uno in ogni paese”. La popolazione cominciò lentamente a cancellare la memoria dell’assassino, e a ricordarlo come un raddrizzatore di torti, un eroe popolare, l’unico ad aver avuto il coraggio di opporsi a un dominio soffocante, senza spiragli, di quei piccoli borghesi ed ecclesiastici che facevano il buono e il cattivo tempo in ogni valle e valletta del bergamasco. E’ rimasto, a quanto pare, un detto, tra gli anziani dell’Alta Valle: c’è ancora chi minaccia di “fare come il Pianetti”. E forse, c’è anche qualcuno che pensa che sarebbe una soluzione piacevole. Elio Biffi – II I (Sòta la Sénder Bràsca) PS: Per chi fosse interessato ad approfondire, consiglio “La Taverna del Diavolo” di Trussardi, romanzo storico sulla vita del Pianetti, e “Briganti e Banditi Bergamaschi”, di ArrigoniBottani-Taufer, un’analisi storica delle principali figure della delinquenza bergamasca nei secoli. E chiaramente, consiglio

maggio 2012

CULTURA

una chiacchierata con i vostri nonni, specie se della zona. Chissà che non ne sappiano qualcosa. Elio Biffi, II I

Fili spezzati Possa un uomo vivere in un altro! sì, perchè io voglio che voi tutti viviate in me, ogni secondo Voi, i cui volti sono alla portata di occhi distratti e inconsapevoli Voi, di cui non rimangono che scarpe, capelli, e oggetti cari, testimoni di quotidianità interrotte. Voi tutti, cancellati da quelli che avrebbero dovuto essere per voi come fratelli. Quanti fili di vite spezzate un groviglio umano che è diventato polvere. Non capiamo. Non capiremo mai fino in fondo, mai come dovremmo. E vorrei chiedere scusa per questo. Ho vissuto un viaggio intenso, ho visitato la vostra tomba, universale, ma voglio scusarmi se ho camminato sui luoghi della vostra morte sicuro della mia vita, saldo sulle mie gambe, vicino ai miei affetti. Non capiamo. Non capiremo mai fino in fondo. Ma possiamo conservare la memoria delle vostre sofferenze e ridare vita alle vostre ceneri e ricostruire i fili spezzati delle vostre esistenze. Enrico Broggini, II B


20

mayo? 2012

sport

MILAN – JUVENTUS: LA SFIDA INFINITA Sono passati sei anni, da quando Del Piero in rovesciata scodellava in area un pallone sul quale, come un falco, David Trezeguet si sarebbe avventato, andando a decidere lo scontro diretto e, con esso, il campionato; un’altra storia, un altro mondo, prima di Calciopoli e di tutte le brutte storie che stano rovinando la passione di gran parte degli italiani. Sono passati sei anni, ma alla fine la sfida che nella storia è sempre stata considerata la più avvincente del calcio italiano, tra la squadra più titolata in Italia e quella più titolata al mondo (non me ne vogliano gli interisti, ma è davvero così) si ripropone, nuovamente decisiva: Milan e Juventus si contendono lo scudetto in una lotta senza esclusione di colpi, tra magie e polemiche, tradizione e novità. E’ attualmente impossibile stabilire chi abbia in questo momento maggiori possibilità di mettere la ruota davanti all’avversaria: al 16 Aprile la Juventus è in vantaggio di due punti, ed è in vantaggio anche negli scontri diretti, ma il Milan ha un calendario sulla carta più semplice. Vediamo però nel dettaglio i punti di forza e i punti deboli delle due compagini, in un duello che promette di rimanere aperto e avvincente fino alla fine. La Juventus di Conte è la vera sorpresa della stagione: una formazione relativamente giovane e senza stelle assolute, eccezion fatta per Pirlo, che ha trovato nell’allenatore pugliese un vero

e proprio “guru”, capace di dare un’impronta di sacrificio e sudore ai suoi ragazzi nel nome della maglia che aveva già difeso da capitano; una squadra soprattutto preparata in maniera perfetta, se è vero che in stagione la Signora è ufficialmente imbattuta e composta da giocatori che a un’ottima dose di qualità aggiungono dinamismo e corsa per tutti i 90 minuti. Il rovescio della medaglia è però l’incapacità di chiudere le patite con le “piccole”, dovuta forse alla mancanza di un risolutore (quale, fino a Marzo, è stato Ibrahimovic) in grado di vincere le partite da solo: questo giocatore potrebbe essere Vucinic, che quest’anno è stato troppo spesso poco incisivo; rimane soprattutto l’incognita, imponderabile, della forma fisica: punto di forza finora, non si ha la certezza che resti la stessa anche negli ultimi due mesi (ma la mancanza dell’impegno europeo infrasettimanale a lungo termine potrebbe avere peso a favore dei bianconeri). D’altro canto il Milan è storicamente squadra più compassata e tecnica, ma con un deficit di vivacità che ha comportato, in questa stagione, le sconfitte e i pareggi nelle partite con le squadre più forti (la stessa Juve, ma anche Napoli, Lazio, Inter); l’età dei rossoneri potrebbe farsi sentire, in una stagione costellata da continui infortuni (in media 7 indisponibili a partita, di cui almeno 2 titolari) e dall’impegno probante in Champions League; dal punto di vista psicologico

potrebbe fare la differenza il vantaggio negli scontri diretti della Juve, ma decisivo potrebbe anche risultare il successo sofferto di Verona dopo la sconfitta in casa con la Fiorentina e il controsorpasso subito. A suo favore il Milan ha invece la maggiore esperienza, il superiore tasso tecnico e soprattutto la presenza di uomini che sanno essere decisivi (Ibra, Boateng, Seedorf, Cassano): sarà importante per i rossoneri mantenere d’ora in poi un ruolino netto, avendo già collezionato ben 5 sconfitte, e soprattutto limitare per quanto possibile gli infortuni che durante la stagione hanno a più riprese fermato i vari Pato, Boateng, Thiago Silva, Nesta (capitolo a parte merita Cassano, dopo i problemi di natura cerebrale e il lieto fine culminato con l’ingresso in campo contro la Fiorentina); e importante sarà l’apporto dei giocatori più giovani e più dinamici (Nocerino, Abate, El Shaarawy, Boateng) per alzare il ritmo nelle partite in cui sarà necessario farlo. Una sfida avvincente, in ultima analisi, come poche se ne erano viste negli ultimi anni; una sfida in cui nessuna delle due squadre ha dimostrato di poter fare il vuoto, e quindi aperta a tutte le possibili conclusioni; una sfida che al di là delle questioni arbitrali che si spera non risultare decisivi dal punto di vista strettamente numerico si deciderà grazie alla genialità dei giocatori e al carattere degli allenatori; una sfida in cui, dopo tanto tempo,


21 anche tra allenatori e dirigenti è risorto il sano spirito di competizione e di fame di vittoria; una sfida, infine, in cui è splendido ritrovare, ancora decisivi, giocatori che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale – i vari Pirlo, Del Piero, Buffon, Ambrosini, Seedorf, Nesta – al fianco di giocatori in rampa di lancio o comunque ancora vergini di vittorie importanti (quali Marchisio, Thiago Silva, Bonucci, Chiellini, Matri, Nocerino, Boateng, El Shaarawy), che nella storia avranno la possibilità di entrarci da quest’anno.

maggio 2012

narrativa

Le buone maniere prima di tutto.

L’ aria fredda di un’ alba invernale mi tagliava le guance, la nebbia mista a smog della periferia avvolgeva il tutto con la sua coltre densa. Si intravedeva Un pensiero conclusivo, è dovu- solo il segnale della fermata del to, verso Piermario Morosini, un bus di un colore arancione fluo: ragazzo venticinquenne di Mon- mi ero perso. terosso crollato in campo mentre Ogni tanto la luce di qualche anabbagliante compariva spariva viveva il sogno suo e della sua sfortunata famiglia: troppe volte nel grigiume generale tremolante il Destino segue sentieri incom- come lo spirito di un’ anima prensibili, portandosi via giovani in pena. Come ci fossi arrivato vite (Simoncelli, Bovolenta sono sinceramente non me lo ricordo. solo gli ultimi) a cui aveva dona- Mi incamminai verso la fermata, to di poter realizzare le proprie confidando di prendere un passioni. pulmann che mi riportasse almeno in stazione o comunque Ciao Moro più vicino al centro. Lessi attentamente il segnale: Luca Parimbelli, 3°I “Linea 7” , gli avvisi degli orari erano stati stracciati. Non ne avevo mai sentito parlare, ma non mi restava che aspettare. Dopo qualche minuto, sentì un rumore ed un autobus uscì dalla coltre nebbiosa che lo avvolgeva. Si aprirono le porte, non vedevo alternative. Avevo appena preso posto quando mi accorsi di una vecchia signora che stava in piedi e si reggeva a stento sulle gambe stanche. Non potevo non cederle il posto. Sorpresa, mi disse: “Che bravo giovinotto! Capita raramente al giorno d’oggi che si lasci sedere un’anziana signora”- “Si figuri, le buone maniere prima di tutto” fu la risposta più scontata che mi

venne in mente. In quel momento, un segnale acustico avvisò “prossima fermata SAIUPBER”. Non avevo mai sentito di un quartiere che si chiamasse così. Mi accorsi che il pulmann cominciò a girare su sé stesso, come se avesse preso una rotonda alla massima velocità. Si aprirono le porte. Oliver era un ragazzo di vent’anni, molto alto di statura e aveva un ammasso confuso di capelli scuri laccati alla Danny Zuko, ma del suo aspetto fisico il particolare più interessante e insolito erano gli occhi. Aveva due splendidi occhi neri a mandorla, profondi e nitidi. Il suo sguardo esprimeva purezza d’animo e innocenza, ma allo stesso tempo era vigile e luminoso. Quella sera Oliver era seduto al bancone del bar sotto casa, in un vicolo buio di Londra. Come sempre ad alleviare la monotonia delle serate solitarie c’erano un bicchiere di whiskey e una sigaretta, che a breve si sarebbe aggiunta al mucchio di mozziconi abbandonati in un posacenere. Ad un certo punto notò una figura incappucciata alla sua sinistra, che subito gli mostrò interesse; era un uomo, probabilmente sulla cinquantina, che, a differenza di Oliver, aveva


narrativa uno sguardo spento e vacuo. Con grande stupore del ragazzo, la figura gli si avvicinò; i due iniziarono un lungo discorso, che avrebbe trasformato la vita di Oliver. L’uomo si presentò come autore di opere teatrali e gli propose il ruolo di protagonista nel suo prossimo spettacolo. Infatti l’autore era rimasto ammaliato dalla profonda intensità dello sguardo di Oliver, particolare che cercava da tempo. Passarono ore a discutere delle caratteristiche del ragazzo, soprattutto dei suoi occhi e in quel frangente nacque in lui una sensazione, o una vera e propria ammirazione di sé stesso. Con il trascorrere dei giorni quest’emozione si sedimentò dentro di lui, e ben presto Oliver diventò rude e arrogante. La sua anima era stata logorata dall’orgoglio e consumata dall’amor proprio. Il suo sguardo perse ogni traccia di purezza. L’ammirazione dell’uomo incontrato nel bar si trasformò il riluttanza, che lo spinse a licenziare Oliver. Il ragazzo poco dopo si suicidò, infatti la recitazione era una sorta di sottile filo che lo legava alla vita, una volta spezzato quello non gli sarebbe rimasto niente. Il resto era inutile, superfluo. La superbia è quel vizio, quell’ostinazione a considerarsi migliori e il suo effetto sull’animo umano è devastante e micidiale. Quell’ esperienza mi aveva shockato. Non riuscivo a capire, ma avevo avuto l’impressione

maggio 2012 di essere entrato per un attimo nella vita di una delle persone che erano scese alla fermata. Era come se le portiere del bus mi avessero proiettato in un’altra dimensione, aprendosi come le tende di un sipario sulla vita del ragazzo. Mentre mi arrovellavo tra questi pensieri. Il mezzo cominciò a girare, in un turbine sempre più vorticoso, il segnale acustico avvisò: “Prossima fermata AAVIAZRI”. Uno sbuffo, poi le portiere si aprirono. Avaro. Gliel’avevano detto talmente tante volte che aveva smesso di farci caso, aveva iniziato a fare finta di niente. “Avarizia”, secondo il dizionario,

significa “eccessivo attaccamento al denaro che si traduce in un atteggiamento di esagerata parsimonia” (sì, era andato anche a cercarlo sul dizionario) e le altre persone la intendevano proprio in questo modo perché, come lui stesso diceva, faceva fatica a donare quello che era suo agli altri. Tuttavia, lui intendeva l’avarizia come una mancanza di provare per gli altri sentimenti. Perché mai, si chiedeva, avrebbe dovuto mettere in gioco i suoi sentimenti nei confronti di

22 persone che non ne provavano a loro volta? Perché, in effetti, era così. La gente, tutta la gente, è avara di sentimenti, è incapace di donare perché ha paura di non ricevere in cambio niente. Sono tutti avari perché non vogliono donare senza ricevere, perché vogliono tenersi tutto per sé, perché non possono “permettersi” di perdere nulla. A questo punto, si disse, l’avarizia non è attaccamento al denaro, ma attaccamento a tutto ciò che riguarda la propria vita e la propria persona. Era successo, di nuovo. Cominciai a chiedermi dove mi trovassi, che razza di bus fosse questo. Mi guardai attorno,

ma gli altri passeggeri stavano seduti tranquilli, al loro posto, come se tutto fosse normale. Le braccia conserte, gli sguardi fissi nel vuoto, come degli automi, i volti pallidi come lenzuoli. Paradossalmente, solo la vecchina a cui aveva ceduto il posto sembrava viva e continuava a deglutire nervosamente. Il solito girare, il solito vortice e poi il segnale acustico “Prossima fermata LAISURUS”.


23

maggio 2012

narrativa Infine un’estrema pace, la quiete dopo la tempesta. -Ti fa niente se mi accendo una sigaretta?Non ce la facevo più, mi feci coraggio e chiesi alla vecchina se fosse solita prendere quel bus, al che lei mi ripose con tutta serenità: “Ogni giorno- deglutì- perchè?” “In quale zona della città ci troviamo? Non riesco a capire perchè alle fermate di questa linea tutti scendono ma nessuno sale” Le rughe attorno alla sua bocca lasciarono intuire un sorriso appena accennato, degluitì ancora: “Siamo tutti saliti dove è salito lei”. Ecco che il pulmann riprese a vorticare sempre più forte, mi girava la testa, mi sentivo come uno di quei pazzi che si beccano sui mezzi e che continuano a farfugliare qualcosa in una lingua tutta loro. “Prossima fermata, AINIVDI”. Le porte.

Lo so, ormai lo sento, sta arri... I muscoli si contraggono, i tendini si tirano, le membra tremano, la sua pelle freme sui miei polpastrelli, l’aria si fa pesante. Un’ iniezione di folle adrenalina sale sfrigolando fino al cervello, mi permea le ossa: ecco, il tempo si ferma, per un attimo pare arrestarsi anche il battito del mio cuore, la testa mi scivola all’indietro, mentre guardo il soffitto ho come l’impressione di essere diventato cieco, un flash bianco pervade la mia vista. Si svuota l’impeto nel basso ventre, l’anima si libera

e tende a qualcosa di più, è un’estasi- il tempo di un battitoe sento di varcare un ponte verso l’infinito.Sta per finire la mia ora di libertà da questo mondo che mi opprime con la sua cappa schiacciante di convenzioni sociali.Ecco, mi scivola già di mano, questa sensazione di aver vinto per un attimo la paura della morte. Quale religione, quale filosofia, quale scoperta scientifica riuscirà mai a darvi una sola piccola goccia di emancipazione dall’angoscia più grande? Voi mi chiamate schiavo del piacere, perchè disdegno la vostra libertà di essere repressi.

Credevo di sapere; credevo di conoscerlo benissimo. Catechismo, Prima Comunione, Cresima, dovevo ben sapere qualcosa sull’argomento. E’ un peccato, non si fa perché non si deve peccare in pensieri (come in parole opere e omissioni), ti confessi, cerchi di evitarlo di nuovo ed è finita lì. Liceo classico, università, buone letture, la passione per il cinema e per il teatro, credevo di aver capito qualcosa di un sentimento tanto celebrato! Ho conosciuto Livia quando avevo sedici anni. Mi sono subito affezionata a lei, ma ho sempre avuto un atteggiamento –come dire?- di condiscendenza, quasi sufficienza, nei suoi confronti.


narrativa Ero fermamente convinta di essere più intelligente di lei; se non altro, più brava a scuola. Pertanto, quando in prima sono stata rimandata mentre lei è passata con una media più che dignitosa sono stata… contenta per lei. Ma, ad essere sinceri, sono stata più che altro sorpresa. Durante il triennio, Livia mi aveva confidato più volte il suo desiderio di studiare Lettere classiche. Io, di rimando, le avevo parlato della mia passione per le Lingue straniere; provavo compassione per lei,che avrebbe passato faticosi anni di studi, mentre io sarei stata aiutata da mio padre, che non mi aveva mai negato niente che si potesse comprare con il denaro, e già mi riproponevo di darle una mano. Ma non potei mai: mio padre mi proibì categoricamente di studiare Lingue, mi costrinse a iscrivermi a Medicina, e durante gli anni dell’università io e Livia ci perdemmo completamente di vista. La rincontrai anni dopo, mentre passeggiavo in centro con Gabriele. Si era appena laureata; era tanto felice, e anch’io lo ero per lei. Ciò che avevo provato, fastidioso e

maggio 2012 sfuggente come una scheggia sottopelle, rendendomi conto che era sveglia quanto e più di me, e in più la sua famiglia la appoggiava e la mia no, era scomparso. Lei aveva il sostegno e la fiducia dei suoi, e una laurea e il futuro in tasca. Io una vita agiata, l’amore e tutta la vita davanti come lei. Non ci sentimmo quasi più da allora ma prima, quando, a neanche quattro mesi dalla rottura con Gabriele, ho aperto la busta e visto l’invito alle nozze di Livia, pur

continuando, giuro, a volerle bene, tutto ciò che mi era sfuggito o avevo di proposito ignorato è tornato su, invadendo lo stomaco e bruciando le vene e lì veramente, veramente ho capito. “Ma non è possibile, non ho visto nessuno alla mia fermata, non capisco” “E come ci sei arrivato a quella fermata?” “Mi ero perso”. La vecchina deglutì, e aggiunse: “Tutti quelli che salgono qua sopra lo fanno perchè si sono persi”. Continuavo

24 a non capire: “Scusi, signorachiamami pure Astana- ok, Astana, lei sa perchè ad ogni fermata mi sembra di entrare in contatto con un pezzo di vita di quelli che scendono?” “giovinotto, non credo di aver capito la tua domanda” sentii il solito turbinio, deglutì ancora, e il segnale acustico: “Prossima fermata, Anglö” “Ecco, volevo chiederle questo”. Fu un rumore lieve, quasi impercettibile quello con cui fece scattare la serratura della porta, chiudendosi dentro la stanza. Nessuno l’avrebbe mai udito, nessuno avrebbe saputo del suo ingresso. Circospetta, si diresse a passo lento verso il centro, verso quella tavola imbandita che sembrava chiamarla con la voce più suadente del mondo, come fosse stata il serpente della Genesi che, con il suo fascino ingannatore, esortava Eva a mangiare il frutto proibito. Perché era proprio questo ciò che la stava inducendo a fare: mangiare, anzi, divorare quelle prelibatezze immacolate, così splendidamente in armonia tra di loro da sembrare l’opera di un’artista. Osservandole con occhi affamati, la bocca le si riempì di saliva, pregustando già la sensazione che quei cibi avrebbero suscitato in lei una volta entrati in contatto con la sua bocca. Afferrò una delle fragole ricoperte di cioccolato fuso e, senza attendere un minuto di più, se la portò alle labbra. Dolce, caldo. E intenso. Ne voleva ancora. Si riempì le mani avide, lo sguardo sempre più acceso di una luce che non poteva essere


25

solo appetito. Era ebbrezza, gioia pura, un sollievo momentaneo troppo piacevole per essere represso. Ora masticava in fretta, ignorando i rivoli di crema e cioccolato che colavano su mani e vestiti, vorace come se fosse stata l’ultima volta che avrebbe ingerito del cibo. Stava per addentare l’ennesimo dolce quando i suoi occhi, di punto in bianco, caddero sul banalissimo specchio appeso alla parete di fronte a lei e non riuscirono più a staccarvisi, catturati dall’immagine riflessa, un viso che non credeva potesse essere il suo. Labbra scarlatte e sporche, guance chiazzate di rosso, mani macchiate di semplice cioccolato che sembravano insanguinate. E, al posto degli occhi, pozze scure, profonde: specchio del suo peccato. “Ah, questo. Beh diciamo che tu non vedi una parte della loro vita; è più corretto dire che tu vedi l’essenza della loro vita, il motivo per cui loro devono scendere alla loro fermata.” Deglutì

maggio 2012

e aggiunse: “Ecco giovinotto, tu vedi il loro peccato.” “Non è il genere di cose che mi capita di vedere quando prendo il pulmann, di solito” Astana per una volta non deglutì: “Beh, ma questo non è un autobus come gli altri, -disse abbozzando un sorriso- benvenuto all’ inferno.” Credetti di non aver sentito bene, ma dopo l’ennesima giravolta del mezzo, il segnale acustico risuonò come una sentenza “Prossima fermata, Iar.”

narrativa Ho in testa una bella corona. La bellezza, poi penso, è insita nella corona, ci sta dentro. Difatti penso che sulla mia testa non stia la corona, piuttosto la sua idea. Giro con in testa un’idea. Voi non la vedete. Nulla, niente e anzi chiedete, singolarmente è ovvio, se sono piuttosto io a vedere la corona sulle vostre singole teste. Non può essere la stessa corona, non penso esistano altre corone oltre la mia. Quando comincio a sbattere la testa, ho in testa la corona che non vuole uscire. Voi cominciate solo adesso. Lo scontro ci sembra il modo migliore per toglierci il peso che ci opprime la testa. “E uno come capisce a quale fermata scendere?” “Non penso che ci sia molto da capire, ognuno sa dove scendere, più o meno dove è salito” “Non credo di aver afferrato il discorso” “Beh, dove si è perso” Astana deglutì un’ultima volta. Il pulmann cominciò a girare


narrativa ancora su sé stesso, che fosse la mia fermata? “Prossima fermata,Aacidci” Uno spettatore, così si sarebbe definito, spettatore della propria esistenza. Gli piaceva moltissimo guardare film, questo non era differente, avrebbe dovuto, sicuramente, ma ogni giorno gli passava davanti senza che nemmeno un pensiero si fosse attivato per parteciparvi. Languire nella passività lo cullava nel sonno dell’oblio, lentamente stava finendo per dimenticarsi quello che avrebbe dovuto fare. Nemmeno qualche sporadico moto di orgoglio, sopravvissuto ad anni di repressione, faceva sì che si limitasse a fare più dello stretto indispensabile. La riuscita pareva lontana e l’impegno non era contemplato, nessuno dei suoi progetti di vita si era avverato, del resto sembrava non avrebbe potuto trovare miglior ostacolo che se stesso. Con il tempo aveva cominciato a trascurare anche i piaceri, inutile spreco di energie e imperante necessità di agire, sapeva che non l’avrebbe mai più fatto, era scivolato talmente a fondo fra coloro che non avevano le capacità necessarie per riuscire in questo mondo, da precludersi ogni possibilità. Con il tempo aveva messo a tacere il bisogno di gratificazione e soddisfazione personale, restavano soltanto un bicchiere di vino mezzo vuoto e l’inerzia del non-movimento. Non era ancora il mio turno, pensai. Mi rivolsi alla mia

maggio 2012 anziana compagna di viaggio: “Lei a che fermata scende?” Non deglutì. Sorrise, non il solito sorriso appena accennato tra una ruga e l’altra, ma il volto le si deformò in un ghigno beffardo. “Oh non si preoccupi”- il bus cominciò a girare vorticosamente un’ultima volta- “io scendo al capolinea”. E mentre il segnale acustico avvisava l’avvicinarsi della mia fermata, ogni lettera tornò al suo posto, ogni parola tornò al suo vero significato. Si aprirono le porte. Suberbia: Elena Moreschi, IV F Avarizia: Federica Zonca, IV D Lussuria: Pietro Valsecchi, III F Invidia: Marianna Tentori, V B Gola: Elena Occhino, IV F Ira: Davide “Accio” Gritti, II A Accidia: Marta Cagnin, I D

26

PICCOL E SARPI P CAVOLATE DA ER TIRA RE SU I MORAL L E AI QU ARTINI Dormite tre ore a notte? Fate degli incubi in cui la profe di greco è vostra madre? Fate degli incubi in cui vostra madre è la profe di greco? A volte chiamate vostro fratello “Donato”? Siete pieni di brufoli perché prima di una verifica vi strafogate di Nutella? Soffrite di bipolarismo, attacchi di panico, crisi isteriche, tremori, bruciori di stomaco, febbre improvvisa e vampate di calore? Poveri sfigati! Noi siamo messe un po’ meglio, ma abbiamo pensato anche a voi: dopo la piramide Boukassiana che ci voleva al terzultimo posto (a parte chi di noi ha votato Cattaneo, che era all’ultimo, mentre strano che lui non si sia messo al posto di Dio -.-“), è giunta l’ora che qualcuno dia a noi poveri quartini, schiacciati dal peso dei dizionari e degli anni che non abbiamo, qualche ragione di vita (e di iscrizione alla quinta). E’ sottointeso che le due salvatrici in questione siano le meravigliose, splendide, superlative, magnanime e modeste autrici di questo articolo. Per i regali, gli autografi e i riti propiziatori potete chiedere di Giulia e Sara dal lunedì al mercoledì in T11 e dal giovedì al sabato in S2. • Tutti conosciamo Febo Apollo, il luminoso e narcisista dio scaccia-topi, ma nessuno sa che egli aveva un fratello gemello mortale sceso nell’Ade alla nascita: potrete saperne di più seguendo “La vera storia di Flebo Apollo,


27 il fratello malato di Febo Apollo”, l’entusiasmante speciale di “Chi l’ha visto?” dedicato a questa divinità dimenticata; • Problemi con i complementi di luogo in Latino? Va beh, se ad aprile siete messi così forse fate bene a cambiare scuola … comunque potete usare il metodo INDA-PERA: la prima sigla vi aiuterà a ricordare che lo stato IN luogo e il moto DA luogo hanno l’ablativo, mentre la seconda che il moto PER luogo e il moto A luogo vogliono l’accusativo. Quindi: INDA->ablativo, PERA->accusativo… Ci siamo? [immaginatevi noi due ferme come Dora l’esploratrice che aspettiamo la vostra risposta e voi che urlate contro il foglio di sì] • Vi è mai capitato di chiedervi perché perdiamo il nostro tempo a tradurre frasi greche e latine che spesso non hanno senso? Ecco, noi abbiamo svelato il mistero: non sono proposizioni senza né capo né coda assemblate solo per farci esercitare, ma vere e proprie poesie ermetiche di autori sconosciuti ricche di significati nascosti!!! Non ci credete? Ecco due esempi: “L’AQUILA AFFERRA LA CAPRA CON GLI ARTIGLI” e “L’OLIO E’ NOCIVO PER IL PELO DEGLI ANIMALI”. Nella prima non cogliete la violenza del rapace, che rappresenta il ricco dei nostri tempi, il quale priva della libertà con i suoi mezzi meschine il più debole, una tenera capretta? E tra le righe della seconda non riuscite a leggere un monito, un avvertimento che vi dice che ciò che sembra buono e utile non ha lo stesso effetto su tutti, quindi che ognuno di noi è differente? Commovente, davvero; • Il poema omerico più affasci-

aprile 2012 nante, si sa, è l’Odissea. Essa ci presenta l’intelligenza, l’astuzia, la tenacia, il coraggio, la forza di volontà e la saggezza di Odisseo e la fedeltà di Penelope. Solo di Penelope, però, la fedeltà. Ok che suo marito la ama e vede i sorci verdi per tornare a casa, però mentre lei si fa un mazzo così per tenere a bada gli ormoni dei Proci (non ha dormito per vent’anni per disfare quella tela) lui se la spassa con tutte le ninfe e le dee del Mediterraneo!!! Diciamocelo, con Nausicaa non c’è andato solo perché lei era minorenne. Ody, noi ti ammiriamo tanto, ma ora ti presentiamo il tuo dialogo con Circe che ci ha sconvolto di più rivisitato in chiave moderna, poi tu ti fai un esame di coscienza e ci fai sapere: Circe:<<Vieni a letto con me>>, Ody:<<Come faccio, se mi hai trasformato i compagni in maiali???? Prometti che fai la brava>>, Circe:<<Ok>>, Ody:<<Brava, adesso andiamo a letto>>. No comment. • Abbiamo letto, dopo un’ analisi accuratissimissimissima del libro di storia, che quei Persiani erano proprio degli attaccabrighe: persino Erodoto si stacca dalle solite favolette per bambini con lupi divorano asini e volpi che con code mozzate tentano di mozzarle anche alle altre, per scrivere di questo grande, vastissimo impero Persiano che, a quanto pare, non aveva dalla sua parte Ahura Mazda, perché, come ben sapete, quel poveretto innocente/ generale arrogante (a seconda di come la si vede) di Mardonio, che governò la prima spedizione della prima guerra punica, tutto allegro baldanzoso si dirige verso Atene, credendo che non avrebbe avuto problemi a sistemare quei due soldati in croce che avevano i Greci, ma, disgrazia delle disgrazie, cosa succede?

terza pagina Tempesta, scogli…. BADABUM! Immaginate la scena: gli Ateniesi sulle scogliere del monte Athos con i pop-corn in mano che osservano i Persiani mentre senza nemmeno combattere si sfracellano contro i sassi…. poverini!! Almeno uccidere qualcuno, prima… (fonti non confermate dicono che qui sia nato il primo cinema). Ma la fortuna dei Persiani continua: sconfitti a Maratona perdendo 6000 soldati (che, ironia della sorte, si facevano chiamare “Immortali”)…. E dire che gli Spartani non erano neanche scesi in guerra perché (cosa ancora più strana) non potevano toccare le armi per un rito ad Apollo! Comunque stiamo organizzando una colletta per salvare un briciolo di dignità a questi poveri Persiani, aiutateci! • Abbiamo scoperto, per un fulminante colpo di genio, che la fanta e la coca-cola sono molto simili tra loro, cambia solo il colore, il sapore e i disegni della lattina! Sensazionale, non trovate? ASSOLUTAMENTE SI !!! Bene, adesso avremmo da pseudo-studiare qualcosa che ha a che fare con il participio in qualche lingua morta, quindi l’articolo finisce qua. Ora che la profe ha finito di interrogare potete dire al malcapitato, già in cerca di un po’ di cicuta, che è stato bravo e tornare a fissare la nuca di chi vi sta di fronte. Alla prossima. Sara Latorre e Giulia Vitale, IV D


terza pagina

28

maggio 2012

Interview to Danny

Bicòs not oll maderlìng son così pheegi Intervistatrici: Auarriù? Danny: I’m good [AIM GUD] I: First, the most important question: do you know you are the new Sarpi’s sex symbol? D: Oh, really? Ahah, sincerely, I don’t know what to say… I’m very embarrassed... My cheeks are going red… I: Is it the first time you come to Italy? D: No, that’s my sixth time. Once I travelled from North to South by train. I’ve visited Milan, Valtellina, Bologna, Perugia, Rome, Florence. But it’s the first time I live there. I: How many countries have you visited? D: I don’t know. I have been lucky to travel. I’ve been in Italy, Greece, Turkey, Spain, USA, Australia, Thailandia, Egypt, Morocco,… [I: …Narnia] Oh, no, Narnia the next year… I: What’s your favourite Italian dish? D: I love Italian food, above all “pizza alla diavola”. I love polenta, too, “taragna polenta”! And – can I say or is it rude? – “pasta alla puttanesca” I: Do you believe in stereotypes? D: I think that stereotypes are inevitable. Generally they are bad and false, but I found out

that others are true about Italy – I mean, good stereotypes… You have a lot of passion, you love food, you are sociable, I love these ones!

D: Pierpaolo Pasolini… I love his books and his films…

I: How did you get this job?

D: Good question! Ahah! There is some kind of cat in Sala Professori, a jaguar or a leopard… [I: Don’t you like Rudolf, the deer in the dungeon?] Oh, yeah, the deer… Rudolf?!

I: Which is your favourite dead animal in our school?

D: Do you know Justin [per chi non lo sapesse è il madrelingua che due anni fa era al Sarpi]? Well, I came to Italy and he told me about his job in this school. I got very interested and he helped I: Last question: where can we get your t-shirts? me to make contact with the school. D: Do you really like them? I made them on my own!!! I: What is the most grammatically scorrect thing you heard from the students?

I: So, do you mean the only way we can get them is rip you off?

D: That is a very difficult question… I mean, every day a student surprise me so it’s difficult to choose…

D: Ehm… I’d rather not…

I: What do you think is the funniest word in bergamasco? D: “Mochela fo’” (pronunciata mow-kee-laa-fow) I: In our first lesson you presented yourself as a poet. You feel very cool when you say it, don’t you? D: I wouldn’t say it’s cool… Sometimes I’m embarrassed when I say it. There is no so much people that think poetry is cool… However, poetry is my passion! I: Who is your favourite Italian poet? (Please don’t say Dante…)

I: Tenkiù en gudbai! D: Goodbye girls! [GUDBAI GORS]


29

aprile 2012

terza pagina

IPSE DIXIT il ritorno

IB

BERTAZZOLI: I guelfi neri appiccano il fuoco, non suonano il citofono! BERTAZZOLI: Perché, secondo voi Beatrice suscita un senso di noia? CLASSE: SIIIIIIIIIII BONAZZI: La produzione di olive comporta anche la produzione di… DIEGO: Legname? BONAZZI: -.-‘ BONAZZI: A questo punto per l’analisi del periodo ho due possibilità: la prima… GIULIA: Mi butto da un ponte… MANZONI: Cleopatra era una…seduttrice. MANZONI: E sentite l’accusa di Filippo IV contro i Templari: questi qui andavano a fare i loro rave nei luoghi sacri!

ZAPPOLI: Ganzo. BERTAZZOLI: Come dice la nota, è un’allusione oscena alla sua trascuratezza coniugale… MARIA: Ma me la può spiegare? Perché non l’ho capita… BERTAZZOLI: Violenti contro natura: i sodomiti, gli omosessuali… MARIA: I piromani? BERTAZZOLI: Guardate che per incontinenza Dante non condanna i settantenni dell’ospizio! ZAPPOLI: L’uovo è un pulcino in potenza. RIVAZ: No. ZAPPOLI: Come no? RIVAZ: In potenza è anche una frittata. RONDI: Metti via latino che questa è l’ora di inglese. MARIA: Ma è greco! RONDI: E’ uguale!!! PASSALACQUA: Chi mi dice la risposta?

GIULIA: Possiamo sparare? PASSALACQUA: Sì, ma non troppo alto perchè se no cade qualche aereo. CRI: ….cioè a Cicerone andava sempre male tutto… BONAZZI: Sì, come a Calimero: la filosofia di Calimero, povero me, son tutto nero! MARIA: “…fluttuava con lo Stato…” BONAZZI: Cos’è? Un ectoplasma?!? MILESI: Quello lì che sembra uno yeti in realtà è Giove Pluvio. Colombo è in ritardo BONAZZI: Da dove veniamo? COLOMBO: Dal pullman. BERTAZZOLI: Le anime degli ultimi cerchi sono immerse nel ghiaccio come in gelatina. RONDI: The Sabba was a ritual: they danced and…and…insomma ragazzi, the sex… MARIA: Come le Baccanti!!! ANDREA: No, le Baccanti ado-


mo! ravano Bacco, le streghe adoravano le divinità infernali: non solo la stessa cosa. RONDI: E vabe’, facevano sesso tutti. Il sesso si fa sempre alla stessa maniera. CONTINUA SU cassandra.liceosarpi.bg.it

TOBALDO: se riuscite a uscire da questa scuola non fatevi più vedere! PARIMBO: non si preoccupi... ALLIEVI: vi devo rivedere il prospetto della gita... non sono più 483 euro... ma... 482,50... PICCIRILLI: Adelchi (figlio di Desiderio, ndr) è pieno di ardore, di desiderio...ma non desiderio QUEL desiderio... TOBALDO: chi vuol farsi interrogare sabato? (Corbani alza la mano) il Corbani! CHIARA: no Corbani sabato non può!!! TOBALDO: Valli non siete ancora sposati, per ora non decidi tu!

III I

PICCIRILLI: Pezzotta quando parlo io si ascolta! e questo vale anche in Val Seriana TOBALDO: te lo scordi il 9 in pagella! sarà per l'anno prossi-

30

maggio 2012

terza pagina

(le ragazze in convivenza entrano in ritardo in prima ora) TOBALDO: sistemiamo le giustifiche dei ritardi... MA COME SALMO 126!!! PICCIRILLI: Parimbelli non sai leggere! PARIMBO: Prof guardi che io

leggevo a 3 anni e mezzo... PICCIRILLI: allora sei un ex bambino prodigio! (...) e non lo scrivere, maledettissimo Parimbelli!!! GIACONIA: a parte che la striscia gialla "bambini accompagnati dai genitori" spesso significa "bambino accompagnami che c'ho paura anch'io" GIULIA: profe possiamo correggerne ancora uno, dopo questo? TOBALDO: cinque euro, grazie ALLIEVI: è resistivo, esiste il termine resistivo.. PARIMBO: e significa...? ALLIEVI: coibente! PARIMBO: ah beh allora... PICCIRILLI (a Ile e Cece): che fate laggiù, vi menate? sadomaso? PICCIRILLI: la carne è debole... disse il macellaio... PICCIRILLI: possiamo conoscere il mondo attraverso tutti e 4 i sensi.... tutti e cinque, dai... anche il sesto, ls volete!


31 PICCIRILLI: raggiungere l'ignoto non è cosa per quelli che la mattina presto si alzano prendono la valigetta e vanno a scuola, come me... (pausa di riflessione) PARIMBO: va beh profe, non si butti giù così... TOBALDO: Curtò spostati, vai vicino alla Lugoboni. e dammi quella mela, che la mangio per merenda TOBALDO: Vavassori, hai trovato l'esercizio? GIULIA: no, mi serviva il numero solo per scriverlo sul quaderno TOBALDO: peccato, perché il numero l'avevo inventato (Cece si avvicina alla cattedra con in mano la sciarpa) PICCIRILLI: Cereda, che fai, mi vuoi sfidare?? GIACONIA: Stefano continua a leggere tu STE: "ma se veramente..." (dopo un paio di righe) GIACONIA: va bene Stefano, ma ora torna a pagina 591... STE: apprezzi però la sicurezza con cui mi sono buttato sulla prima riga che ho visto... TOBALDO: Curtò, dove vai? CURTO': in bagno! TOBALDO: no! CURTO': perché no?? TOBALDO: e perché si?!? TOBALDO: lo dice la parola stessa: equi-potenziale. equinozio. equi-librio PARIMBO: si, equi-tazione... (Giulia fa una domanda) TOBALDO: allora Vavassori innanzitutto questa è una do-

aprile 2012 manda opportunistica, perché tu chiedi le cose solo quando ti fa comodo GIULIA: certo, se capisco perché dovrei fare domande? TOBALDO: Giusto, esatto! (Ste alza la mano) ALLIEVI: dimmi Stefy, cioé Stefano... BUONINCONTRI: e cosa ci sarà nella bottiglia, Marta? OLLI: Pastis!! BUONINCONTRI:può essere, ma per fortuna non sono tutti ubriaconi come l'Oliviero! TOBALDO: me li sono segnata sull'agenda i vostri compiti, eccoli qui, 3°I, 14 Aprile, San Lamberto... (Parimbo interrogato e in difficoltà) TOBALDO: ma se fai questo casino in un'interrogazione programmata cosa combini all'orale di maturità??? PARIMBO: più le cose sono difficili, più mi escono facili TOBALDO: bella questa! Fosca segna giù al posto suo

II I Buonincontri: Eh, il significato della Gioconda lo troverete voi in futuro, frugando per gli archivi... Calini: Io ADORO andare per archivi! Calini (ad Allievi): vabbè lei ormai ha una certa età... IN SENSO BUONO! (Allievi rincorre Calini per tutte l’aula)

terza pagina Piccirilli: Sapete qual era il più grande divertimento di Leonardo? Dipingeva una quantità enorme di San Giovannino, nudo, ben dotato e... Molto attivo diciamo! Calini: Eh, Cicerone non rivisitò le Epistole... Perché fortunatamente è morto. Sighinolfi: Vabbè non è che mentre muore uno dice "Tu quoque brute fili mi... Oibò!" E' un po' lungo non trovate? Sighinolfi: eh mi sembra un po' depresso in questa lettera Cicerone... Aveva bisogno di un grappino magari! Piccirilli: Se mi mettono la sesta ora in terza I che faccio? Mi metto a ballare la rumba! Tobaldo: Ma che bell'8 Arnone... Se ci metti una scopa e una carota sembra un pupazzo di neve. Tobaldo: Bajeli scrivi tutto in base di 3. Come il voto che avrai in pagella. Tobaldo: Avete capito? Calini: Eh è un po' difficile... Tobaldo: Cambia scuola! (10 minuti dopo) Tobaldo: No devo aver sbagliato un calcolo... Calini: Cambi mestiere! Piccirilli: TANIII! Frigeni: Che sta facendo? Martini: Mangia... E' dalle 8 che mangia! Piccirilli: Tani sei una betoniera!! (entra Cubelli): Ragazzi domani uscite alle 12, manca la Tobaldo. Classe: SIIII NON INTERRO-


terza pagina GAAA! Buonincontri: Ma torniamo al palazzo di Michelozzo! Calini: Non è mai stato così bello... Zappa: Voi che sapete il latino, che significa aequa? Calini: CAVALLA! Carrara: ...era il nonno di Scipione. Sighinolfi: Ma non puoi dire "nonno" in un'interrogazione! Sembra Cappuccetto Rosso! Frigeni: Ma non c'è il nonno in Cappuccetto Rosso! Martini: C'è la nonna. Frigeni: Era brutta. Martini Sembrava un uomo. Piccirilli: Mio marito ha imparato la lingua ascoltando telegiornali tedeschi lavando piatti a Monaco! Frigeni: Che visione triste dell'esistenza. Zappa: Calini, io ti farò domande a cui dovrai rispondere in latino! Calini: La pagherò per non farlo! Zappa: Lo potrei prendere come un insulto... Almeno non hai detto "in natura"!

maggio 2012 Sighinolfi: Con "orior" mi viene in mente il tramonto... Frigeni: A me l'Orio Center... Tobaldo: CONSONNI!! Stiamo facendo fisica, mica le frittelline!! Piccirilli: Oddio c'è Tani che fa delle cose assurde davanti a me! Dovresti legarti i capelli... Con quella testa sembri il paggio Fernando! Zappa: Questo film ha i sottotitoli... Frigeni: Se, in russo antico... Biff, esiste il russo antico? Biffi: Boh, penso di sì! Benedetti: Esiste il rosa antico! Studente X: ma che verifica è?! Come faccio a sapere in che opera è il dettaglio?! Chi se ne frega di dov'è il... pelo... pubico... Di Donatello! Sighinolfi: Aira, di che colore sono le aquile in Eschilo? (Calini alza la mano) Sighinolfi: Sì Calini, vai in bagno... Calini: No volevo rispondere! Sighinolfi(stupefatta): davvero!? Calini!? Su, allora rispondi! Calini: bianche e nere, ora posso andare in bagno? Moro: profe, esco un attimo a

32 prendere un afsdafysc... Lombardi: Cos'è che va a prendere? Calini: Se, va a menarselo! Candeloro: So, what is happiness? Frigeni: "Risposta filosofica con citazione" Carminati F. : Food. Piccirilli: Ehi voi due! Smettetela di cicerare che altrimenti vi mando fuori con tutto il corpus bidellarum! Allievi: Ma perché a quell'HCl gli dai valenza 2, che è 5... Povera bestia! Ricotta: quando ci scarichiamo nel water lasciamo una parte di noi... Frigeni: Nel caso di Tani è come perdere un fratello... Zappa: Ma sì, quel ministro, Passera... Calini: l'unica analogia tra il governo Monti e il governo Berlusconi è il Profumo di Passera! (poco dopo) Zappa: Sì il luogo comune degli italiani e dediti al... Sì insomma, al profumo di Passera! Ecco, non soffermiamoci troppo sui discorsi ornitologici...


33 Tobaldo(su Calini e Biffi): ma non capisco come due tipi così diversi tra voi... Calini: E' l'amore profe! Tobaldo: CHE SCHIFO!! Tobaldo: Calini, dimostri come sempre che hai studiato in modo molto... Folkloristico. Perle di saggezza della quarta ora Buonincontri: Più conosco l'uomo e più divento miscredente. Perché se Dio ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza poteva darsi anche un po' più pena! (Marchiondi cancella la lavagna con la mano) Tobaldo: Marchiondi, esistono i cancellini, la scuola di Stato ce li ha forniti. Almeno quelli...

aprile 2012

terza pagina

(Tani è svaccato sul banco) Tobaldo: Sei comodo Tani? Calini: Sembra una partoriente!

forza, la forza magnetica, muscolare, di gravità... La forza dell'amore!

Buonincontri: Cosa può consolare dalla morte? I rapporti affettivi! Frigeni: Il cibo....

(Zappa abbaia): Provate a mettere questo su cassandra! (detto, fatto!)

Tobaldo: Domani andiamo nel laboratorio di fisica. Calini: E cosa facciamo? Tobaldo: SCHIFO!! Allievi: Il secondo classificato vince un iPod tucc... Cosa l'è l'iPod tucc?! Sighinolfi: ... Come nella Scizia! Frigeni: Oddio ancora gli Sciti... Benedetti: Tanto sono tutti morti. Hanno pagato.

Tobaldo: Ci sono macchine e leve vantaggiose, ma anche svantaggiose. Tipo la pinzetta per le sopracciglia è svantaggiosa. Perché? Romano: Perché fa male... Tobaldo: Perché il braccio della resistenza è così? Bajeli: Perché la forza... Tobaldo: Sia con te.

t r i h s T e l 'epopea del

Tobaldo: Ci sono tanti tipi di

Vorrei fare un aggiornamento sulla sorte delle magliette di Cassnadra rivolto a tutti i gentilissimi acquirenti. Innanzitutto vi informo che in data 23 aprile alle ore 16.47 mi è stato annunciato da un esponente di Zona Creativa, dove durante le vacanze pasquali ho ordinato l'ingente numero di 106 magliette, che le suddette saranno pronte entro due settimane. In secondo luogo mi sembra corretto, in nome della trasparenza che ha caratterizzato le linee editoriali del presente giornale sin dalla sua fondazione nel lontano 1996, fare alcune precisazioni circa il costo. Il prezzo inizialmente previsto, come ben sapete, era di 7 €. Purtuttavia nella settimana del 16 aprile mi è stata comunicata l'opportunità di utilizzare una differente tecnica di stampa, la serigrafia, che avrebbe comportato un doppio vantaggio: 1.garanzia di risultato (con la tecnica "tradizionale", invece, il disegno non sarebbe stato ben visibile); 2.abbassamento dei costi. Motivazioni evidentemente sufficienti per accettare questa seconda proposta. Vi è lecito domandarvi quale sia il destino del denaro così accortamente risparmiato. Ebbene, a seguito di lunghe consultazioni l'Eminentissima Redazione di Cassandra ha optato per un suo utilizzo a fini benefici. Cioè si è deciso di dare i soldi alla Commissione Volontariato. Tale soluzione non solo garantisce agli Esimi Membri della Redazione un posto nel regno dei cieli, ma risolve un problema logistico, la restituzione di una somma pari a circa 1,50 € a testa ai singoli acquirenti delle T-shirt, che avrebbe condotto la sottoscritta ad un precoce esaurimento nervoso. Chi, dunque, tra gli acquirenti accetterà la decisione della Redazione compierà una doppia opera di bene, procurando denaro alla Commissione Volontariato e un prolungamento minimo dell'equilibrio psicofisico a me. Chi desiderasse comunque riottenere il proprio euroecinquantacent può contattare il mio avvocato. Tale individuo è invitato ad essere consapevole che incorrerà nella mia ira, si esporrà al pubblico vilipendio e non avrà difese contro le plausibili vendette dei pericolosi membri della Commissione Volontariato. Ma siamo in democrazia, quindi chiunque è libero di scegliere tra una lunga vita e una ignobile e prematura morte. Ritengo necessario portare alla vostra cortese attenzione il fatto che la Redazione di Cassandra, nonostante tali cambiamenti di natura finanziaria, continua a "non guadagnarci 'na lira".

L

Benedetta Montanini, IIA


maggio 2012

34

La Redazione Direttore Responsabile: Davide Rocchetti, III A

Vicedirettrice: Martina Astrid Rodda, III C

Impaginatore-Grafico: Pietro Raimondi, V F

Segretaria: Benedetta Montanini, II A

Caporedattori: Arianna Piazzalunga, II C Sara Moioli, II A Glauco Barboglio, II C Pietro Valsecchi, III F Luca Parimbelli, III I Letizia Capelli, II A

Sarpi Attualità Cultura Narrativa Sport Terza Pagina

Commissione Togni: (copertine) Stefano Togni, II A (illustrazioni) Camilla Balbis, I I Chiara Piantanida, IV F

Vignette (Joseph The Bunny): Michele Paludetti, V C Federico Lionetti, V C

Redattori Davide Gritti - II A Alice Montanini - II A Benedetta Montanini - II A Sebastiano Rossi – II A Benedetta Campoleoni - II B Elena de Leo - II B Stefano Martinelli - II B Filippo Alessandro Boukas -II C Lorenzo Teli - II C Isabella Manenti – II C Alessandro Biella – II I Andrea Calini - II I Lucia Cappelluzzo – II I Sara Colombo – II I Paolo Sottocasa – I A Giulia Testa – I B Micaela Brembilla - I C Federico Ghislotti – I C

Patrizia Locatelli – I C Laura Rigoni- I C Marta Cagnin - I D Marianna Tentori – V B Andrea Sabetta - V C Leopoldo Biffi – V C Nuria Ghilardi – V C Federico Lionetti – V C Federica Sala - V E Pietro Raimondi - V F Chiara Ceresoli – IV C Chiara Donadoni – IV D Giulia Vitale – IV D Sara Zanchi - IV D Federica Zonca - IV D Elena Moreschi - IV F Elena Occhino - IV F


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.